giovedì, novembre 10, 2005

Segnatevi questo link/Timeline on Iraq

Enigma America pubblica una cronologia del coinvolgimento americano in Iraq dall'inizio della guerra Iran-Iraq al mese di giugno 2005.
Via Crooks and Liars.

Saluto alla bandiera di Blair



La prima pagina del Sun di martedì scorso mostrava il volto sofferente e coperto di sangue di John Tulloch, ferito negli attentati del 7 luglio a Londra. Il titolo era "Dite a Tony che ha ragione", e la pagina era composta in modo da far pensare ai lettori che la vittima approvasse le misure antiterrorismo messe in atto dal governo Blair.
Problema: John Tulloch, docente di comunicazione (e dunque abituato ad analizzare i media e le loro distorsioni), non pensa affatto che Tony abbia ragione:

Dal Guardian di oggi (via Davblog)

"Questo significa usare la mia immagine per fa approvare una legislazione draconiana e assolutamente non necessaria. È un'incredibile ironia che il Sun dica di rappresentare la gente, e che non chieda invece alle persone coinvolte, alle vittime, ciò che pensano veramente. Se volete proprio usare la mia immagine, le parole che escono dalla mia bocca devono essere 'Non a nome mio, Tony'. Niente di quel che ho letto o visto negli ultimi mesi mi ha convinto che queste leggi sono necessarie."

"È un classico caso di manipolazione dei media che dimostra la connivenza tra il New Labour e la stampa di Murdoch. Non c'è bisogno di un'analisi sofisticata per capire quello che stanno facendo con la retorica delle immagini e il testo. Le parole collegano la mia immagine a una particolare interpretazione politica di quell'evento, dando l'impressione che escano dalla mia bocca. Mi viene in mente il famoso saggio del semiologo Roland Barthes, il quale analizzò l'immagine di un soldato nero che faceva il saluto militare alla bandiera francese. Ecco cos'abbiamo qui: mi fanno salutare la bandiera di Blair."

Finalmente un'"immagine iconica" che sa il fatto suo.

giovedì, novembre 03, 2005

Loro ci stanno attenti

Purtroppo il problema va avanti da settembre, ma non per questo bisogna smettere di parlarne. Oggi sul Guardian è uscito un articolo del quale riporto alcuni estratti interessanti per capire quello che sta passando la popolazione della Striscia di Gaza:

"Israele sta impiegando una nuova terrificante tattica contro i civili palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza, ricorrendo ad assordanti "bombe sonore" che provocano terrore, causano aborti e traumatizzano i bambini. Dopo lo sgombero dei coloni ebrei dalla Striscia di Gaza sono cominciati i boom sonici provocati dagli aerei dell'aviazione israeliana che superano la barriera del suono, cosa che accade spesso di notte. I palestinesi hanno paragonato l'onda d'urto a un terremoto o a una grossa esplosione. Dicono che è some essere stati colpiti da un muro d'aria, che provoca dolore agli orecchi e causa talvolta sanguinamenti dal naso e 'lascia l'organismo in preda a un tremore interno'.
Il ministero della salute palestinese ha dichiarato che le bombe sonore hanno causato aborti e problemi cardiaci. Le Nazioni Unite hanno chiesto che si ponga fine a questa tattica, affermando che causa attacchi di panico nei bambini. Le scosse hanno anche danneggiato gli edifici causando crepe nei muri e mandando in pezzi i vetri di migliaia di finestre.
[...]
Durante la scorsa settimana gli aerei israeliani hanno causato 28 boom sonici volando ad alta velocità e a bassa quota sulla Striscia di Gaza, a volte a distanza di un'ora l'uno dall'altro e di notte. Nel mese di settembre l'aviazione israeliana ha causato 29 boom sonici in cinque giorni.
Un ufficiale dei servizi dell'esercito israeliano che ci è stato vietato di nominare ha detto che la tattica è stata pensata per incrinare il consenso dei civili nei confronti dei gruppi armanti palestinesi. 'Vogliamo mandare un messaggio senza far del male alla gente. Vogliamo incoraggiare i palestinesi a far qualcosa per risolvere il problema del terrorismo,' ha detto. 'Quali sono le alternative? Noi non siamo come i terroristi che sparano ai civili. Noi ci stiamo attenti. Ci assicuriamo che nessuno rimanga ferito.'
[...]
L'agenzia dell'ONU per i profughi palestinesi ha detto che una maggioranza dei pazienti ricoverati per le conseguenze dei boom sonici è costituita da minori di 16 anni che soffrono di sintomi come attacchi d'ansia, enuresi, spasmi muscolari, temporanea perdita dell'udito e difficoltà respiratorie.
Anche se gli israeliani dicono che le onde d'urto non causano feriti, i dottori dell'ospedale di Gaza affermano che i sorvoli hanno provocato numerosi aborti. Questi ultimi sono aumentati del 40%, secondo il chirurgo Jumaa Saqqa, che è anche il portavoce dell'ospedale. 'Non c'erano altri sintomi, e l'aumento ha avuto luogo dopo i boom sonici. Non vediamo altra spiegazione. Il numero di pazienti ricoverati in cardiologia è raddoppiato. Alcuni di essi hanno subito danni gravi.'
Il ministero della sanità palestinese ha stimato che gli aborti causati dalle onde d'urto sono almeno 20.
[...]
L'esercito è stato costretto a scusarsi dopo che un boom sonico è stato sentito in territorio israeliano, la scorsa settimana. Il quotidiano Maariv ha descritto il suono paragonandolo a 'un bombardamento pesante. Il rumore che ha scosso i cieli israeliani è stato terrorizzante. Migliaia di cittadini sono saltati giù dai loro letti in preda al panico, molti di loro hanno telefonato preoccupati alla polizia e ai pompieri. I centralini sono andati in tilt.'"

Fonte: "Palestinians hit by sonic boom air raids", The Guardian.

mercoledì, novembre 02, 2005

OGGI

"Cara M.,

Se non fosse per Pasolini e per la poesia che hai inserito nel blog, non ti avrei forse raccontato quanto segue, e che a questo punto diventa una specie di epigrafe personale a lui dedicata.

Giovedì scorso ero in viaggio per il Veneto assieme all'amministratore delegato della società per cui lavoro. È stata una giornata sgradevolissima, a fianco di un uomo con le impazienze, le intemperanze e le parole fastidiose di un bambino viziato. Avrei diversi episodi da descrivere: la sua incazzatura per avere modificato un programma che lui stesso aveva alterato; la sua incazzatura per essere salito nella mia macchina ed aver trovato il seggiolino ad impedirgli la giusta reclinazione del sedile; la sua incazzatura ripetuta ad ogni errore del navigatore satellitare; la sua incazzatura per essere entrato nel palazzo sbagliato all'ultimo degli appuntamenti; la sua incazzatura per non essere stato riportato tempestivamente in autostrada a causa della mia vista non all'altezza del compito.

Imboccando finalmente l'ultimo degli ingressi della Venezia-Milano, a Mestre, ho avuto modo di dirgli due cose. La prima, che se fosse stato un mio parente, lo avrei lasciato a piedi già da un pezzo; la seconda, una citazione di Popper riguardo al fatto che non occorre essere più precisi di quanto la situazione non richieda. Alla sua contestazione che quel tale non facesse il "nostro" lavoro, ho risposto che, purtroppo per lui, non solo il lavoro, ma le leggi, la morale e quant'altro dipendono da gente come Popper (non è del tutto vero, ma in quel momento doveva essere così). È seguito un silenzio di mezz'ora e un 'buonasera' finale.

Non sapevo di aver fatto tutto questo anche per mia madre, ma se lo dice Pasolini è certamente vero.

Un bacio,

D."

Il selvaggio dolore di esser uomini

Mi domando che madri avete avuto.
Se ora vi vedessero al lavoro
in un mondo a loro sconosciuto,
presi in un giro mai compiuto
d’esperienze così diverse dalle loro,
che sguardo avrebbero negli occhi?
Se fossero lì, mentre voi scrivete
il vostro pezzo, conformisti e barocchi,
o lo passate a redattori rotti
a ogni compromesso, capirebbero chi siete?

Madri vili, con nel viso il timore
antico, quello che come un male
deforma i lineamenti in un biancore
che li annebbia, li allontana dal cuore,
li chiude nel vecchio rifiuto morale.
Madri vili, poverine, preoccupate
che i figli conoscano la viltà
per chiedere un posto, per essere pratici,
per non offendere anime privilegiate,
per difendersi da ogni pietà.

Madri mediocri, che hanno imparato
con umiltà di bambine, di noi,
un unico, nudo significato,
con anime in cui il mondo è dannato
a non dare né dolore né gioia.
Madri mediocri, che non hanno avuto
per voi mai una parola d’amore,
se non d’un amore sordidamente muto
di bestia, e in esso v’hanno cresciuto,
impotenti ai reali richiami del cuore.

Madri servili, abituate da secoli
a chinare senza amore la testa,
a trasmettere al loro feto
l’antico, vergognoso segreto
d’accontentarsi dei resti della festa.
Madri servili, che vi hanno insegnato
come il servo può essere felice
odiando chi è, come lui, legato,
come può essere, tradendo, beato,
e sicuro, facendo ciò che non dice.

Madri feroci, intente a difendere
quel poco che, borghesi, possiedono,
la normalità e lo stipendio,
quasi con rabbia di chi si vendichi
o sia stretto da un assurdo assedio.
Madri feroci, che vi hanno detto:
Sopravvivete! Pensate a voi!
Non provate mai pietà o rispetto
per nessuno, covate nel petto
la vostra integrità di avvoltoi!

Ecco, vili, mediocri, servi,
feroci, le vostre povere madri!
Che non hanno vergogna a sapervi
– nel vostro odio – addirittura superbi,
se non è questa che una valle di lacrime.
È così che vi appartiene questo mondo:
fatti fratelli nelle opposte passioni,
o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo
a essere diversi: a rispondere
del selvaggio dolore di esser uomini.

Pier Paolo Pasolini, "Ballata delle madri"
da Poesia in forma di rosa, Garzanti, Milano 1964.

martedì, novembre 01, 2005

Souvenir d'Abu Ghraib

Ciascuno dei cinquecentosessantacinque prigionieri liberati oggi da Abu Ghraib ha ricevuto:
1. una copia del Corano;
2. 25 dollari;
3. una maglietta per papà, con la scritta "Mio figlio è stato ad Abu Ghraib e mi ha portato solo questa maglietta del cavolo."

Va bene, l'ultima me la sono parzialmente inventata. La maglietta c'è, ma è bianca.

lunedì, ottobre 24, 2005

The Big State

Quel che si dice partire con il piede giusto:

"Il mio stato del Texas è molto grande. Quindi potete immaginare quanto mi abbia sorpresa apprendere che il vostro paese, l'Indonesia, è tre volte più grande del mio grande stato del Texas."
Karen Hughes, sottosegretario di Stato per la Diplomazia Estera degli Stati Uniti, durante un incontro con un gruppo di studenti indonesiani.

Fonte: "US envoy fails to impress Muslim students", Financial Times.
Via John Brown.

The Big Sleep

Noi il lunedì siamo sempre un po' così.



E no, a quanto pare non funzionano i commenti.

Aggiornamento: i commenti adesso funzionano.
Per chi non avesse già risolto il problema, il trucco è questo: in haloscan, si va in "settings", e poi in "beta features". In "spam filters" si seleziona "no" dove sta scritto "Enable Redirect". Infine si salva, ed ecco fatto.

domenica, ottobre 23, 2005

The suocera files/Mai vinto niente, in vita mia



A pranzo, bourguignonne dalla suocera. Carne cruda, furti di forchettine, abbondanti schizzi d'olio (quasi tutti assorbiti dalla maglia fucsia di L., subito cosparsa di borotalco su mia istigazione), pinzimonio e amenità. Niente pollo, "perché ho paura, insomma!". In compenso le salsine, opera di una misteriosa e non identificata "Sofia", avevano tutte una sfumatura verdina, di quel verdino che oggigiorno si porta tanto. Spero che questa "Sofia" si limiti ad esperimenti di cucina molecolare e non si gingilli con i veleni, ma questo sarò in grado di dirvelo solo domani mattina. Va detto che la padrona di casa ha mangiato tutt'altro, per la precisione un passato di verdure: "buonissime, fresche fresche, come mi ha raccomandato la mia gastroenterologa!"
Ho trovato consolante sapere che esiste una gastroenterologa di famiglia.

Naturalmente la conversazione a tavola vale sempre gli esperimenti di mille Sofie:

Miro: "E poi ci sarebbe la possibilità di fare questo viaggio..."
Suocera: "E vai, vai, tu che puoi!"
Miro: "Tra l'altro, le ore di volo sono davvero tante."
Suocera: "Ah, quando mio marito doveva prendere spesso l'aereo io ero preoccupata, allora lui mi diceva: 'Cara, pensa che poi i soldi dell'assicurazione vanno tutti a te!' E invece! Figurati, io sono pure sfortunata. Non ho mai vinto niente, in vita mia!'"

Ho visto il marito sorriderle raggiante dall'altro capo del tavolo, sorseggiando la sua dose consentita di pelinkovec.

venerdì, ottobre 21, 2005

Segretarie

– Pronto, senta, ci è tornata indietro una lettera che le avevamo mandato."
– Infatti, la aspettavo ma non è mai arrivata.
– Qui c'è scritto via xxxxxx 368.
– Ah, allora il motivo è questo: l'indirizzo esatto è via xxxxxx 36-barra-B-come-Bari.
– Ah! – Comunque seccata. – Ma come, possibile che non vi conoscano?
– Lo prendo come un complimento. Comunque c'è una differenza di 300 numeri civici.
– Ah.– Non convinta. – Allora le mando un fax, va'. Mi dia il numero.
– È lo stesso.
– No no, ascolti, me lo dia che è meglio.
– Uhm... ok.
Mi ferma alla terza cifra.
– Ah ma è lo stesso, scusi?
– Come le dicevo. Se ha il fax già pronto, le mando il segnale.
– Richiamo. Buongiorno!
– Buongiorno. E grazie a lei.

Ora, io mi chiedo. Come vengono assunte certe segretarie di istituti superiori? Con un concorso che prevede la soluzione di un sudoku facile o di uno schema di parole crociate facilitate? Per raccomandazione del locale club femminile di scala quaranta? Per sorteggio, tirando a sorte tra le candidate scartate alle selezioni di un call center? In base a complicate regole dinastiche che prevedono tra le varie deprecabili usanze anche il matrimonio tra consanguinei?
Chi sa, parli.

La leva della terza età

Sally-Alice Thompson ha ricevuto una lettera di reclutamento che la invita ad arruolarsi nel Corpo dei Marines per mettere a disposizione degli Stati Uniti la sua conoscenza della lingua araba.
Strano.
La signora Thompson non conosce l'arabo.
Svolge attività pacifista dai tempi della Guerra del Vietnam.
Ha 82 anni.
E, soprattutto, è una delle Raging Grannies, il movimento delle "nonnine infuriate" che lei stessa definisce "un gruppo di donne contrarie alle guerre d'aggressione e alle armi nucleari."
Naturalmente la signora non si è scomposta:
"Ho sentito dire che altre anziane hanno ricevuto lettere simili. Mi sa che qualcuno sta prendendo in giro i Marines".

giovedì, ottobre 20, 2005

Il numero 34

Il 15 ottobre i soldati americani hanno ucciso 12 "militanti" nell'aera di Ramadi, nell'Iraq occidentale. Tra questi, Sa'ad Ali Firas Muntar al-Dulaimi, noto anche con il nome di Abu Abdullah. Era tenuto in "alta considerazione" dai capi di al Qaeda, tra i quali il solito inafferrabile Abu Musab al-Zarqawi. Dulaimi era "responsabile della pianificazione e dell'esecuzione di tutti gli attacchi terroristici contro le truppe irachene e della coalizione nelle zone di Ramadi e Falluja".
Noi lo chiameremo semplicemente il numero 34.

lunedì, ottobre 17, 2005

Tutti i sunniti dentro quest'urna, prego

"...I was pleased to see that the Sunnis participated in the process. The idea of deciding to go into a ballot box is a positive development."
George W. Bush, qui (via First Draft).

Lo sviluppo sarà anche positivo, ma i sunniti staranno un po' stretti.

Per non cadere nei comunisti (Forza Italia Roundup)

Cmq comunisti
"Il corrieire 7 pagine repubbilca 8 poi dicono di non esssere di parte x una manifestazione dove i dati li da' solo chi deve essere eletti i soliti comunisti."

Diamoci una smossa
"Se c'è qualcosa di cui far tesoro dalle primarie del centrosn. è che la ns macchina organizzativa è praticamente inesistente:DIAMOCI TUTTI UNA SMOSSA E RADICHIAMOCI!WFI"

Repressione!
"L'uso di spinelli e coca oramai è all'ordine del giorno.Chi è di sinistra la usa come prendere una caramella. Molti di destra sono idioti e la usano.Serve REPRESSIONE!!"

La ricevuta
"domandina.... almeno un euro si sarebbe dovuto pagare? la ricevuta è stata emessa per la "donazione"? oltre 4 milioni di euro, una bella cifra, x meno Silvio in galera!"

Scendere dalle poltrone
"è ora di scendere dalle poltrone e coinvolgere i cittadini. bisogna scaldare gli animi impegnarci tutti affinché l'italia non cada nei comunisti. FORZA ITALIA FORZA CDL"

Acuni dei messaggi pubblicati oggi sul sito di Forza Italia, nella sezione "Il tuo pensiero in 168 caratteri".

venerdì, ottobre 14, 2005

Kids, don't try this at home



E certo, non facciamo altro, su questo blog. Ne mettiamo insieme una grande quantità, poi li annodiamo e ci facciamo tappetini di pregio.

giovedì, ottobre 13, 2005

Pollo letale

Per la serie "evitiamo gli allarmismi", oggi pomeriggio l'edizione online del Corriere della Sera apriva con la vendetta del pollo gigante:



Già che c'erano potevano almeno metterci la sagoma di Hitchcock, dietro. Faceva citazione.

Non fiori, ma...

Theodore Roosevelt Heller
Theodore Roosevelt Heller, 88, loving father of Charles (Joann) Heller; dear brother of the late Sonya (the late Jack) Steinberg. Ted was discharged from the U.S. Army during WWII due to service related injuries, and then forced his way back into the Illinois National Guard insisting no one tells him when to serve his country. Graveside services Tuesday 11 a.m. at Waldheim Jewish Cemetery (Ziditshover section), 1700 S. Harlem Ave., Chicago. In lieu of flowers, please send acerbic letters to Republicans.

Chicago Tribune, via News Hounds.

martedì, ottobre 11, 2005

A sostegno di Giorgio e Luciana Alpi/Appello

«Ci appelliamo alla sensibilità e alla passione di quanti ancora credono che si possa giungere alla verità sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, giornalisti del Tg3 uccisi a Mogadiscio – Somalia – il 20 marzo 1994.

È di ieri la notizia, diffusa dalle agenzie stampa e da “Reporter Associati International”, della lettera scritta dall’on. Carlo Taormina al presidente della Camera on. Pierferdinando Casini, contenente la minaccia di una querela per diffamazione contro i genitori di Ilaria Alpi, Giorgio e Luciana, colpevoli - a giudizio dell’on. Taormina - di aver “osato” criticare il metodo e le procedure che il presidente Taormina applica ai lavori della Commissione. Critiche che facciamo fin d’ora nostre assumendocene la piena responsabilità.

La minaccia di querela contro i genitori di Ilaria Alpi, e del loro difensore Domenico D’Amati, segna l’ultimo atto di una politica spregiudicata portata avanti dall’on. Carlo Taormina all’interno della Commissione parlamentare da lui presieduta, una politica che ha portato ad oggi quale unico risultato dopo due anni di lavori quello di indicare nei giornalisti allontanati dal compito di consulenti della Commissione dei“depistatori”, altri giornalisti che erano, a ragione, considerati memorie storiche del “caso Alpi” additati come “occultatori”, altri ancora, i colleghi del Tg3 di Ilaria Alpi ridotti a “inquinatori”. E da ieri perfino i genitori di Ilaria bollati come “diffamatori”.

Una politica spregiudicata che non ha trovato alcun contrasto all’interno della Commissione parlamentare non solo da parte dei deputati della maggioranza di governo ma neppure tra i deputati che avrebbero dovuto rappresentare l’opposizione parlamentare, perennemente in bilico tra il ritirare la loro presenza dall’Ufficio di Presidenza e il rimanere in Commissione senza mai contraddire le scelte del presidente.

Una politica spregiudicata che ha posto nei fatti la Commissione parlamentare sulla strada di un conflitto tra poteri dello stato con il rifiuto di ottemperare ad alcuni disposizioni della magistratura in occasione alcuni delicati passaggi operativi e procedurali. E per questo motivo la Procura della Repubblica di Roma, con una iniziativa definita “grottesca” dal presidente della Commissione Carlo Taormina nella lettera inviata all’On. Pierferdinando Casini, ha aperto un’indagine intorno al ritrovamento a Mogadiscio (a undici anni di distanza dal duplice omicidio...) dell’auto indicata come quella dove persero la vita i due giornalisti italiani. Un ritrovamento che, come altri passaggi dei lavori della Commissione, lascia non pochi dubbi e perplessità...

Ci appelliamo all’opinione pubblica, ai movimenti, alle associazioni, a tutti i cittadini che hanno a cuore la verità e il rispetto delle procedure necessarie a raggiungerla. Ci appelliamo perchè tutti ci possano stringere solidarmente intorno alle figure di Giorgio e Luciana Alpi che hanno dedicato questi undici anni alla ricera della verità sull’esecuzione alla quale vennero sottoposti Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.

Ci appelliamo a quanti ancora credono sia possibile arrivare a identificare i mandanti del duplice omicidio e l’ambiente dal quale venne ordinato di assassinare i due giornalisti.

Ci appelliamo ai parlamentari del centrosinistra perchè adoperino ogni mezzo e ogni strumento perchè firmino questo appello e lo facciano arrivare fin dentro la Camera dei Deputati e al presidente on. Casini.

Ci appelliamo a tutti i giornalisti, agli operatori dell’informazione perchè non abbassino la guardia sulla drammatica vicenda della morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, perchè non si accontentino di verità tanto “semplici” come inusitatamente e pubblicamente enunciate dall’on. Carlo Taormina, prima ancora delle conclusioni ufficiali dei lavori della Commissione parlamentare, e che vedono indicare come causa della morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin qualcosa di molto simile a un incidente: “un tentativo di rapina, o rapimento, finito male...”.

La minaccia di querela per diffamazione contro Giorgio e Luciana Alpi ci indigna profondamente persino nella forma che è stata consapevolmente usata per diffonderla, ci indigna come cittadini che crediamo ancora nel valore della politica e degli strumenti democratici della politica per raggiungere la verità, ci indigna perchè segna il tentativo di delegittimare il lavoro e l’impegno di tutti coloro che per undici anni si sono impegnati e si sono battuti, senza alcun interesse personale, per cercare di arrivare a smascherare i mandanti dell’esecuzione di Ilaria e Miran. Ovunque si trovino, dentro e fuori la Somalia.

Noi firmatari di questo appello non ci accontenteremo fin quando non sarà raggiunta la verità, fino a quando non saranno chiarite tutte le dinamiche che hanno portato al duplice omicidio. Fino a quando non leggeremo nero su bianco i nomi dei mandanti.

Sentiamo di doverlo a Ilaria e Miran
Sappiamo di doverlo a Giorgio e Luciana
Noi siamo al loro fianco»

Vi invito a firmare l'appello qui: http://www.articolo21.info/appelli_form.php?id=51

lunedì, ottobre 10, 2005

Contattici!

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Not a good idea

Sembra che Jeremy Clarkson (conduttore di Top Gear, un noto programma per gli amanti delle quattro ruote) durante la sua recente visita a Bassora abbia chiesto ai soldati britannici se fosse possibile far saltar in aria una macchina per far un po' di scena. Gli è stato risposto che organizzare esplosioni in Iraq non è quel che si dice una buona idea.

Fonte: The Independent

Restare vivi a New Orleans

Se uno pensa di poter andar in giro ubriaco dalle parti di Bourbon Street, a New Orleans, si sbaglia, perché lì (adesso?) i poliziotti sono nervosi.
Un filmato mostra tre agenti che prendono a pugni e arrestano Robert Davis, 64 anni, per poi lasciarlo a terra ammanettato e ricoperto di sangue. Non è un bel vedere. Le hanno prese anche il programmista e il cameraman dell'Associated Press Television, autori del filmato.
Parole urlate da uno dei poliziotti: "Sono qua da sei settimane, cazzo, a cercare di restare vivo."
Ci riesce benissimo.

Il filmato è su Crooks and Liars.
Qui ci sono le foto.

sabato, ottobre 08, 2005

Iraq, Baviera

Nella base USA di Hohenfels, in Germania, c'è Rusafa, una finta città irachena che è poi la versione bavarese del distretto orientale di Baghdad: qui, con tecniche simili a quelle dei giochi di ruolo, i soldati americani dovrebbero imparare a usare le armi della diplomazia e della negoziazione. Insomma, il passaggio è da quick-shooters a smooth-talkers: da "prima spara e poi chiedi" a "chiedi, chiedi, chiedi" fino allo sfinimento del finto sceicco.
"È come attaccar discorso con una ragazza al bar," è l'analogia usata dal Capitano Chris Kuzio del 1° Battaglione, 36mo Reggimento di Fanteria, per far capire ai suoi ragazzi come devono andare le cose con gli iracheni. La raccomandazione "è stata seguita entusiasticamente, visto che molti dei finti abitanti del villaggio erano attraenti ragazze bavaresi".

Fonte: Stars&Stripes
Dei giochi di ruolo a Hohenfels aveva parlato, tempo fa, un articolo ripreso da Peacelink che si richiama a sua volta a un pezzo apparso su La Stampa.

La violenza causa violenza

Nella provincia irachena di Al-Anbar proseguono le operazioni militari statunitensi.
Secondo l'esercito americano e i media corporativi lo scopo di queste operazioni è "sradicare" i combattenti di al-Qaida in Iraq e i cosiddetti insorti.
Una giornalista irachena che scrive sotto il nome di Sabah Ali, appena tornata dall'area di Al-Qa’im, racconta una storia molto diversa. Avventurandosi nella zona dei combattimenti alla fine di settembre e agli inizi di ottobre, Sabah ha visitato il villaggio di Aanah, a 360 km a ovest di Baghdad, per testimoniare quali siano gli effetti sulla popolazione civile di queste operazioni. Il suo racconto, accompagnato da fotografie, è sul sito del giornalista indipendente Dahr Jamail:

“Ci sono 1500 famiglie di profughi in questa nuovissima e moderna città di Aanah (la vecchia Aanah fu inondata dall'Eufrate quando venne costruita una diga, negli anni ottanta). Il Comitato di Soccorso Umanitario di Aanah - Aanah Humanitarian Relief Committee (AHRC) ha detto che 7450 famiglie provenienti da Al-Qa’im e dintorni si trovano sparse in città, in villaggi e nel deserto dell'Iraq occidentale. Il rapporto dell'AHRC dice che alcune centinaia di famiglie sono ancora sotto assedio ad Al-Qa’im; non hanno lasciato la città per vari motivi: a causa di familiari disabili (ce ne sono ora molti ad Al-Qa’im), o perché non avevano il denaro per partire, oppure perché hanno preferito vivere sotto i bombardamenti piuttosto che in un campo profughi.
Sono molte le famiglie che non sono riuscite a fuggire. Abu Alaa’, per esempio: la sua casa è stata colpita poco tempo fa, sua moglie ha perso la vista durante quell'attacco. Abu Alaa’ non ha potuto andarsene perché sua moglie e suo padre sono stati di nuovo colpiti la scorsa settimana. Sua moglie è stata ferita all'addome ed è ancora all'ospedale.

Facciamo appello alla società internazionale perché a queste famiglie sia dato il modo di lasciare la città prima che venga distrutta. Le persone che rimangono indietro non sono necessariamente combattenti. Semplicemente, non sono state in grado di andarsene.

Le famiglie che sono rimaste si trovano nei seguenti villaggi/città/zone: area al-Mashari`-The Projects (2500 famiglie), Okashat (950 famiglie), Fheida (500), fabbrica di fosfato (400), fabbrica di cemento (350), Tiwan (400), Aanah (1500), Raihana (100), Hasa (200), Jbab (125), Nhaiya (100) e Ma’adhid (75).
Molte famiglie hanno cercato riparo nelle scuole, negli edifici pubblici, negli uffici e nei centri giovanili. Altre vivono in tende donate da comitati di soccorso locali.
I più fortunati sono quelli che hanno amici o parenti in grado di ospitarli in vere case. Molti di loro necessitano di cure mediche, i bambini e i ragazzi non vanno a scuola e hanno perso già un anno di lezioni, le donne stanno affrontando difficoltà incredibili per cercare di mantenere le loro famiglie in condizioni impossibili. Il centro giovanile di Aanah si è trasformato in un campo profughi: 45 famiglie vivono in tende, 17 nell'edificio.

Raja Yasin, una vedova originaria di Bassora, madre di 10 figli, dice: ‘Se non fossimo scappati saremmo morti sotto le bombe. Adesso non possediamo nulla. Abbiamo bisogno di coperte e di cibo.’ La famiglia di Raja è disperatamente povera. Solo il figlio adolescente riesce ad aiutarla a sfamare tutti. Ma Raja è felice di essere scappata con tutta la famiglia [perché]: ‘l'attacco comincerà domani,’ dice.

La situazione della signora Khamis, madre di otto figli e moglie di un insegnante, non è migliore: ‘Abbiamo dovuto scappare a piedi nudi. Ho lasciato il pranzo sulla stufa quando è cominciato l'attacco. Ci sono stati bombardamenti pesanti e colpi di mortaio, abbiamo dovuto correre per le strade secondarie sventolando bandiere bianche.’ Ma neanche la vita al campo è facile: ‘Non c'è acqua calda; devo fare dei bagni caldi ai bambini e il tempo sta cambiando. C'è solo un bagno per tutte queste famiglie, un unico bagno per uomini, donne e bambini. Mio fratello ha cercato per tre volte di ritornare ad Al-Qa’im per prendere dei vestiti e altre cose a casa nostra, ma non è riuscito ad attraversare i posti di blocco. Abbiamo bisogno di coperte, cibo, combustibile, medicine... e l'attacco comincerà domani.
La famiglia Khamis non ha ricevuto alcuna razione di cibo o salario nei due mesi precedenti l'ultimo attacco.
Molti casi avrebbero necessitato di cure mediche immediate (si trattava soprattutto di bambini), ma le famiglie erano bloccate nel campo profughi. Quando l'attacco ha avuto inizio, sabato 1 ottobre, e poi c'è stato il secondo attacco su Haditha con il nome di ‘Operation River Gate’, sono state bloccate tutte le strade.

Il dottor Hamdi Al-Aloossy, Direttore generale dell'ospedale di Al-Qa’im, si trovava ad Aanah per incontrare il dottor Walid Jawad, Direttore generale dell'ospedale di Aanah, e discutere su quel che bisognava fare per il problema dei profughi e dell'imminente invasione di Al-Qa’im.
Il dottor Hamdi ha confermato che la maggioranza della popolazione di Al-Qa’im (150.000 persone) aveva lasciato la città, e che erano rimasti solo i disabili e coloro che avevano scelto di restare. Ha anche confermato che molti dei feriti che aveva in cura erano donne e bambini (come aveva dichiarato già tre giorni prima sul canale Al-Arabia). Ha spiegato che le famiglie non temono tanto i bombardamenti e i colpi di mortaio quanto l'invasione iracheno-americana della città, cosa che è stata confermata da molte persone.
Secondo il dottor Hamdi, ‘Quando le famiglie hanno visto alla TV quello che è successo a Tal-Afar e hanno sentito il Ministro della Difesa minacciare un attacco ad Al-Qa’im si sono spaventate. È stata una dichiarazione irresponsabile, quella del Ministro della Difesa. Non ci sono stati ordini di evacuazione. Queste migliaia di bambini e di famiglie vivono in condizioni pessime. Un bambino di due mesi è stato punto sette volte dagli scorpioni. Altre due famiglie, ciascuna di 14 componenti, sono state intossicate dal cibo in scatola. La sicurezza sanitaria nel campo è pari a zero. E la sicurezza sanitaria nelle aree bombardate e attaccate è totalmente a rischio. Mi viene da piangere se penso a quelle famiglie. La mortalità infantile si è triplicata a causa di malattie banali perché non disponiamo né di vaccini, né di corrente elettrica per conservarli. Non possiamo controllare le condizioni di salute delle donne, molte sono scappate. Ne ricevevamo 200 al giorno, ora sono 15-20. Non abbiamo statistiche, ma possiamo dire approssimativamente che la percentuale di mortalità femminile è aumentata del doppio.

Ripariamo l'ospedale ogni due mesi; i vetri, l'acqua, l'elettricità... e poi lo bombardano di nuovo. Il governo dovrebbe fare qualcosa. La violenza porta solo ad altra violenza.

Il dottor Walid di Aanah ha detto che il suo ospedale non è in grado di accogliere il gran numero di profughi. ‘Riceviamo 500-600 pazienti al giorno; non abbiamo questa capacità, non abbiamo un chirurgo, un anestesista, medicine e scorte d'emergenza, sciroppi pediatrici, materiali di laboratorio, ecc.,’ ha detto il dottor Walid, ‘E ad Aanah adesso ci sono 3-5 famiglie in ciascuna casa.

Durante la nostra visita allo studio del dottor Walid c'era un andirivieni continuo di pazienti. La maggioranza viene da Al-Qa’im o Rawa, un'altra città dell'Iraq occidentale che ha conosciuto una brutta invasione tre mesi fa. Una giovane di 18 anni, Sabreen, zoppica e ha bisogno di un'operazione e di terapie. È una delle cinque operaie della fabbrica tessile di Rawa che sono state colpite dalle truppe americane tre mesi fa. Il dottor Walid l'ha mandata da un chirurgo suo amico a Ramadi.

Alla scuola superiore di Aanah abbiamo incontrato 14 famiglie; la maggioranza era di Rawa. Hanno trasformato le aule in soggiorni, cucine e stanze da letto. I banchi vengono usati come tavoli da cucina, e i piatti e i vestiti si lavano in cortile. Inutile dire che tutte le scuole delle zone vicine sono chiuse. Invece ad Aanah, dove la situazione è relativamente tranquilla, le scuole sono aperte, ma utilizzano per le lezioni solo 2-3 aule, lasciando il resto alle famiglie sfollate.
La cosa più triste è che queste famiglie non sanno perché devono affrontare questo destino. Aala’ Ahmad, 15 anni, non capisce perché l'esercito americano abbia occupato la casa della sua famiglia e li abbia cacciati via, solo perché dalla loro casa si poteva vedere tutta Rawa: ‘Non ci hanno permesso di rientrare in casa, hanno detto che dovevano tornarci regolarmente,’ dice. Aala’ ha perso l'anno scolastico.
Um Ismael, madre di sei figli, non capisce perché gli americani abbiano fatto saltare in aria la porta della sua casa, che era aperta. ‘Hanno perquisito e distrutto ogni cosa, e non hanno trovato niente,’ dice, 'Non c'erano nemmeno degli uomini giovani che potessero arrestare. Cosa faremo adesso?

Le famiglie con le quali abbiamo trascorso la nostra prima notte ad Aanah avevano trovato riparo in un edificio in costruzione vuoto. È un casa di due piani, abbastanza grande. Il proprietario è un avvocato che appartiene a una famiglia molto conosciuta. Le donne hanno pulito la casa, hanno spazzato via gli animali morti, le macerie e le immondizie, hanno fatto in modo che ci fosse l'acqua, la corrente elettrica, hanno steso tappeti di plastica sul pavimento, hanno schermato le aperture delle finestre. Però non è facile viverci, la notte è pieno di pipistelli, entra aria fredda, le scale non hanno protezioni, ecc.

Afaf, che fa la maestra e ha quattro figli, racconta quello che è successo: ‘Ce ne siamo andati 3 settimane fa quando sono cominciati i bombardamenti su Al-Qa’im. Alcune famiglie erano scappate prima, quando il ministro della Difesa, Sadoon Al-Duleimi, ha minacciato un attacco all'area di Al-Garbiya. Hanno fatto bene, perché così sono riuscite a portare con sé un po' di mobili, dei vestiti e del cibo. Quando sono cominciati i bombardamenti abbiamo dovuto scappare il più presto possibile. È stato un giorno molto triste. La gente correva sventolando bandiere bianche, terrorizzata; fuggivano tutti, chi in auto, chi a piedi; alcuni avevano dei furgoni e hanno dato una mano agli anziani e alle famiglie.

Tutte queste persone avevano ragioni più o meno simili per scappare, ma tutte erano d'accordo su una cosa: avevano paura dell'invasione di americani e iracheni. ‘Ci preoccupiamo per le nostre figlie. Tutto si può aggiustare, tranne l'onore,’ ci dice Afaf. Avevano paura che gli invasori avrebbero violentato le loro ragazze. ‘Abbiamo visto quello che è successo a Tal-Afar. Arrestano gli uomini, le donne vengono lasciate sole, le strade sono bloccate. Non vogliamo trovarci in questa situazione.
Altre famiglie vivono in condizioni orribili in vari campi profughi sparsi in tutta la provincia nordoccidentale di Al-Anbar."

Nota: La visita ha avuto luogo prima che le operazioni militari in corso avessero inizio. Le notizie da quella zona confermano che la situazione è molto peggiorata.

venerdì, ottobre 07, 2005

Lost Before Translation

George W. Bush riceve il Primo Ministro ungherese, e scommetto che nessuno vorrebbe trovarsi nei panni dell'interprete.

Cioè, cioè
The Prime Minister also brought up some issues of concern to the people of Hungary, one of which, of course, is visa policy. He understands that his job, when talking to the President, is to -- is to say, the people of my country -- which he did -- are concerned about the visa policy.

Una visita è una visita è una visita
All in all, I found it to be a great visit. The visit, by the way, started yesterday when his good wife and my wife visit -- had a -- had a strong visit.

Cos'è successo in Ungheria nel '56?
Q: I would like to raise the question to President Bush, as well, if, as far as you know, you've got an invitation from the Hungarian government for next year for the 50th anniversary of the 1956 revolution? So would you accept this invitation?
[...]
PRESIDENT BUSH: Well, he did extend the invitation, and I appreciate the invitation, because 1956 means a lot to a lot of Americans. A lot of Americans came from Hungary to live here after the '56 incidents. They can trace their history to our country because of those -- of what took place in Hungary. Plus, a lot of Americans followed the incidents in 1956, and appreciated and respected the courage of folks who were willing to stand up for freedom and liberty.
See, 1956 says to us, there are key moments in history when ordinary citizens are willing to defend the right for all to be free. And so it's an important event. I told the Prime Minister, I'm not my own scheduler. I will pass the word on how important this event is, and I will look very carefully at the invitation.

Fonte: Whitehouse.org, via First Draft.

giovedì, ottobre 06, 2005

The Madness of President George

Nel 2003 George Bush raccontò ai ministri palestinesi che Dio gli aveva detto di invadere l'Afghanistan e l'Iraq e di creare uno Stato Palestinese. Lo rivela una serie televisiva in tre parti che andrà in onda su BBC TWO lunedì 10, 17 e 24 ottobre, e nella quale Abu Mazen e il suo ministro degli esteri Nabil Shaath descrivono il loro primo incontro con Bush nel giugno del 2003.
Racconta Nabil Shaath: "Il presidente Bush disse a tutti noi: 'ho una missione per conto di Dio. Dio mi ha detto, 'George, va' a combattere quei terroristi in Afghanistan.' E io l'ho fatto, e Dio allora mi ha detto, 'George, va' a metter fine alla tirannia in Iraq...' E io l'ho fatto. E ora, di nuovo, sento venire a me le parole di Dio, 'Va' a dare ai palestinesi il loro stato e agli israeliani la loro sicurezza, e porta la pace in Medio Oriente.' E in nome di Dio io lo farò.'"
Abu Mazen, che era presente, racconta che Bush gli disse: "Ho un obbligo morale e religioso. E dunque vi darò uno Stato Palestinese."

Secondo Ralph Waldo Emerson, Dio entra in ogni individuo attraverso una porta privata. Il problema è che la porta privata di Bush è probabilmente quella del suo mobile bar.

Fonte: BBC, via Angry Arab.

La famiglia, qualche vestito, qualche imprevisto

Sulla Repubblica di oggi Antonello Caporale intervista il forzista Guido Crosetto, secondo il quale il taglio del 10% metterà in crisi i parlamentari che già vivono "al limite delle loro possibilità": mutui da pagare, questioni di dignità che impediranno le dimissioni, bocconi amari. E tutto questo per 800 euro in meno in busta paga, signori.

Con quattordicimila euro al mese si tira la cinghia.
Dopo le spiego che fine fanno quei quattordicimila euro.

Lo spieghi adesso.
Parta da questa premessa: i politici vivono al di sopra delle loro possibilità.

E chi glielo ordina di vivere al di sopra delle loro possibilità?
L'immagine pubblica richiede molte volte che si comportino come se avessero più soldi in tasca di quelli che in effetti hanno. Un parlamentare del sud spende anche un terzo in più di uno del nord. Dove l'economia è più debole la politica è il potere che deve farsi riconoscere. Al sud sei uno straccione se non giri con l'auto blu e l'autista. [...]
Di quei quattordicimilia euro tolga duemila che servono per pagare una segreteria a Roma. Altri duemila per la segreteria nel proprio collegio.

Ne rimangono sempre diecimila.
Ne tolga altri 1500 per il partito.

Ne tolgo duemila, ma restano ottomila.
Vivere a Roma ha un costo.

Quanto?
Mille, duemila euro, a seconda delle persone.

E siamo a seimila.
Sa quanto costa una campagna elettorale? Mi tengo basso e le fornisco una cifra in lire: duecento milioni. Sono quaranta milioni l'anno che dovrebbe mettere da parte. Almeno 1500 euro al mese.

E siamo a 4500 euro.
Lei fa il parlamentare, vuol essere rieletto, organizza incontri e cene. Chi paga?

E chi paga?
Lo so io chi paga.

Poi c'è la famiglia.
La famiglia, qualche vestito, qualche imprevisto. Si fa presto a bussare alla porta della banca.

Strano, meschino, ingiusto paese.

martedì, ottobre 04, 2005

Tattiche di umiliazione

I prigionieri al guinzaglio, le piramidi di corpi nudi, l'utilizzo di cani per terrorizzare i detenuti non sono mica forme di tortura. Sono tecniche di umiliazione, approvate e incoraggiate dai superiori. Il soldato Lynndie England dice che ad Abu Ghraib succedeva ben di peggio. Una notte per esempio le capitò di sentire urla da far gelare il sangue. "Non gridavano mai così quando li stavamo umiliando". Dice che quelle urla la perseguitano ancora, che riesce ancora a sentirle come se fosse successo ieri.
Invece le tecniche usate da lei e da altri (denudare, umiliare, ammanettare ai letti e al soffitto) erano tattiche per ammorbidire i detenuti prima degli interrogatori, normale amministrazione. E gli ufficiali della polizia militare la mattina dopo vedevano le foto e approvavano: "Oh, buon lavoro, continuate così!".
Ma quelle urla erano un'altra cosa, roba da far accapponare la pelle a una Lynndie England. Dice lei. Mi permetto di dubitare che sia ancora perseguitata dal ricordo.

Altre 87 fotografie di abusi e torture a Abu Ghraib saranno presto rese pubbliche per decisione di un giudice federale dopo il ricorso dell'American Civil Liberties Union. Ma il Dipartimento della Difesa probabilmente farà di tutto per impedirlo, perché queste cose finiscono sempre per alimentare la propaganda antiamericana. Chissà come mai.

Link: "Lynndie England speaks of worse abuse at Abu Ghraib", Mail&Guardian Online.

lunedì, ottobre 03, 2005

Cento di questi anni

"In un certo senso non ho niente da dire, ma molto da aggiungere."



Cento di questi anni a Gore Vidal, che oggi ne compie ottanta.

giovedì, settembre 29, 2005

President Evil e compagni di merende

La lista completa dei soprannomi usati da George W. Bush per compari e collaboratori. Pensavo che avesse esaurito i due unici neuroni sobri nel sublime texanismo "Turd blossom" riservato a Karl Rove. Però Pootie-Poot per Putin non è male.
Via Metafilter, Dubya Nickname.

Nuove frontiere della chirurgia



Titolo di Google News.

mercoledì, settembre 28, 2005

Di trentatrè che lui ce n'ha

È finalmente giunto il momento di contare i vice/assistenti/importantissimi collaboratori/luogotenenti/alter ego di Zarqawi catturati, uccisi o ricercati negli ultimi due anni e mezzo.
Con quello di ieri sono 33.

Sensazione, Estasi e Vacanza a New Orleans

"Hasty negotiations"? Trattative affrettate?
Ci sarebbe già da discutere sul fatto che per risolvere il problema degli sfollati di New Orleans alla FEMA sia venuto in mente di noleggiare tre navi da crociera della Carnival ("Dunque, posti letto, posti letto, tanti posti letto... idea! Gli mandiamo la Sensation, l'Ecstasy e l'Holiday!"). Che poi sono rimaste mezze vuote. Del resto, uno che ci fa ormeggiato in un porto, dopo aver perso tutto, senza la possibilità di cercarsi un lavoro?
Ma vogliamo definirlo "un ottimo prezzo", "date le circostanze"?
236 milioni di dollari significano almeno cabina esterna superior gran balcone per tutti, animazione e buffet di mezzanotte inclusi. Cena al tavolo del comandante, inclusa. Ragazzini sotto i 12 anni gratis. E che cavolo.

A proposito degli sfollati di New Orleans, i media hanno un po' esagerato - e soprattutto non verificato - i racconti di stupri, violenze e omicidi al Superdome e al centro congressi nei giorni del disastro. Niente mucchi di cadaveri, niente bambini fatti a pezzi. Dieci morti al Superdome, quattro al centro congressi. Solo due sono sospetti omicidi; sembra che una delle due vittime -- trovata al Superdome -- sia stata uccisa altrove e poi portata lì.
La versione apocalittica era piaciuta tanto anche ai nostri quotidiani, ma tant'è: i bagni non funzionavano, mancavano il cibo e le medicine, faceva molto caldo, però si è scoperto che i neri e i disperati non vanno in giro a stuprare e uccidere donne e bambini.

martedì, settembre 27, 2005

Bored with Empire

"Yeeha is not a foreign policy"
"Ex-Republican. Ask me why"
"Blind Faith in Bad Leadership is not Patriotism"
"Osama bin Forgotten"
"Make levees not war"
"W's the Devil, One Degree of Separation"
"Dick Cheney Eats Kittens"
"Bush busy creating business for morticians worldwide"
"Liar, born liar, born-again liar"
"Dude -- There's a War Criminal in My White House!!!"
"Motivated moderates against Bush"
"Bored with Empire"
"War is Terrorism with a Bigger Budget."
"No Iraqis Left Me on a Roof to Die"

Scritte viste alla manifestazione di Washington D.C., in questo articolo di Tom Engelhardt.

(confesso un debole per il Cheney magnagatti e per i "moderati motivati contro Bush")

lunedì, settembre 26, 2005

Sex, booze or religion?

Il National Enquirer, che è un giornalaccio, ha scritto che Bush ha ripreso a bere dopo l'Uragano Katrina. Lo sguardo assente, le amnesie, la sintassi confusa, i neologismi da doposbronza e l'apparente incapacità di elaborare ragionamenti lineari fanno pensare che non abbia mai smesso.
Intanto il sito di scommesse sportive Betcris (nella sezione entertainment, con qualche problema di visualizzazione per chi usa Firefox) ha pubblicato le quote:



Con calma, c'è tempo fino al 1° maggio 2009.

domenica, settembre 25, 2005

Armed & Dangerous



"It is an important and popular fact that things are not always what they seem. For instance, on the planet Earth, man had always assumed that he was more intelligent than dolphins because he had achieved so much - the wheel, New York, wars and so on -- whilst all the dolphins had ever done was muck about in the water having a good time. But conversely, the dolphins had always believed that they were far more intelligent than man - for precisely the same reasons."
Douglas Adams, The Restaurant at the End of the Universe.

36 delfini armati di frecce avvelenate e addestrati dalla US Navy ad attaccare e uccidere si aggirano nel Golfo del Messico, apparentemente fuori controllo dopo l'Uragano Katrina. "Hanno imparato a sparare agli uomini in tuta da sub che simulavano attacchi terroristici durante le esercitazioni. Se dovessero scambiare semplici nuotatori o surfisti per spie o terroristi suicidi, potrebbero lanciare le loro frecce tossiche".
I delfini sono molto intelligenti; questi però, essendo stati addestrati dalla marina americana, potrebbero esserlo un po' meno.
Cose che capitano sul pianeta Terra.

Fonte: "Armed and dangerous - Flipper the firing dolphin let loose by Katrina", The Observer.

sabato, settembre 24, 2005

La vita è una cipolla OGM

L. ha una vecchia zia che alla domanda "Come va?" ha l'abitudine di rispondere "La vita è come una cipolla, più la sbucci e più ti fa piangere". In dialetto, lo dice: "La vita xe una zevolla...". Da sempre, con fare rassegnato: "Come va, zia?" "La vita xe una zevolla..."
Poi, un giorno.
L. dà un passaggio in auto alla zia, e mentre sono fermi a un semaforo, le dice:
– Eh, zia? Come va?
– Bene.
– ...
– Bene.
– Zia, la vita è come la cipolla, più la sbucci... Eh, zia?
– Sì.
– Vero?
– Sì – Lunga pausa. – Ultimamente però hanno inventato le cipolle che non fanno piangere.

venerdì, settembre 23, 2005

Nobody named Bianca

Su Crooks and Liars, per WMP e QT:

- aaaaahm, Bianca.
- ...
- Nessuno che si chiami Bianca?
- ...
- Beh, mi dispiace, Bianca non c'è. Sarei stato felice di rispondere alle sue domande.

Sembra che Bush abbia ricominciato a bere.

mercoledì, settembre 21, 2005

Un fallimento senza paragoni

"Non fatevi ingannare una seconda volta. Vi hanno detto che la Gran Bretagna doveva invadere l'Iraq a causa delle armi di distruzione di massa. Avevano torto. Ora dicono che le truppe britanniche devono restare in Iraq, altrimenti sarà il caos.
Questa seconda bugia sta infettando tutti. Ne vanno parlando i laburisti e i conservatori contrari alla guerra e perfino il portavoce liberaldemocratico, Sir Menzies Campbell. Il suo assioma è che i soldati occidentali sono così competenti che, ovunque vadano, ne può solo venir del bene. È loro dovere non lasciare l'Iraq finché l'ordine non sarà stato ristabilito, le infrastrutture ricostruite e la democrazia inculcata.
Notate la congiunzione "finché". Nasconde un sanguinoso mezzo secolo fatto di illusioni e di arroganza. Il fardello dell'uomo bianco è ancora vivo e vegeto nei cieli sopra Baghdad (le strade sono ormai troppo pericolose). Possono morire centinaia di soldati e di civili. Si possono sperperare milioni. Ma Tony Blair ci dice che solo i valori occidentali imposti con la canna di un fucile sono in grado di salvare il povero musulmano dal suo peggior nemico, se stesso.
[...]
Blair ha fatto quello che nessun primo ministro dovrebbe fare. Ha messo i suoi soldati alla mercé di una potenza straniera. Prima quella potenza era l'America. Ora, secondo il ministro della difesa, John Reid, è una banda di coraggiosi ma disperati iracheni sepolti nella Zona Verde di Baghdad. Dice che resterà finché non gli chiederanno di andarsene, finché le truppe irachene non saranno ben addestrate e le infrastrutture ricostruite. Significa fino al giorno del giudizio. Tutti lo sanno.
[...]
Le infrastrutture non sono state ricostruite. A Baghdad l'acqua, la corrente elettrica e le fognature stanno peggio di dieci anni fa. Ingenti somme di denaro - come il miliardo di dollari per forniture militare - vengono rubate e riposte in banche giordane. La nuova costituzione è lettera morta, eccetto la parte della sharia, che è già di fatto in vigore nelle aree sciite.
I soldati britannici combattono una guerra sul cui corso, condotta ed esito i loro governanti non hanno alcun controllo. La strategia di uscita non è più realistica, anzi, è disonesta. Non si parla più di ridurre il numero delle truppe da 8000 a 3000 il prossimo anno.
[...]
Le presunta ragione dell'occupazione dell'Iraq era di portarvi sicurezza e democrazia. Abbiamo smantellato la prima e mancato di costruire la seconda. L'Iraq è un fallimento senza paragoni nella recente politica britannica. Adesso ci dicono che dobbiamo "mantenere la rotta" o accadrà il peggio. Questo è il codice che usano i ministri che si rifiutano di ammettere un errore e che sperano che lo faccia qualcun altro dopo di loro. Per quella volta i curdi si saranno ancora più separati, i sunniti saranno ancora più infuriati e gli sciiti più fondamentalisti. Saranno morti un centinaio di soldati britannici.
L'America ha lasciato il Vietnam e il Libano al loro destino. Sono sopravvissuti. Noi abbiamo lasciato Aden e altre colonie. Alcune, come la Malaya e Cipro, hanno conosciuto scontri sanguinosi e la divisione. Abbiamo giustamente detto che erano affari loro. Lo è anche l'Iraq per gli iracheni. Abbiamo già fatto abbastanza guai laggiù.
Può davvero essere che i soldati britannici siano i migliori del mondo. Ma perché allora Blair li sta portando all'umiliazione?"

Simon Jenkins, "To say we must stay in Iraq to save it from chaos is a lie", The Guardian.

Avanzo di galera

Avete presente i saccheggi di New Orleans il giorno dopo l'uragano? I disordini, la minaccia di esecuzioni sommarie, la situazione ingestibile.
Ecco qua: questo avanzo di galera ha 73 anni e ha passato 16 giorni in carcere con l'accusa di aver rubato generi alimentari per un valore di 63 dollari.

"Il martedì dopo l'uragano avevano un bel po' d'acqua, stavamo al Motel Six, e loro avevano un bel po' d'acqua. Allora sono scesa a prendere un po' d'acqua per il gabinetto. Poi sono tornata giù e c'era tanta gente, sono andata in macchina a caricare il telefono e a prendere delle salsicce che tenevo nel bagagliaio.
Beh, ho visto parecchia gente, ma non sapevo cosa stesse succedendo. Così ho preso le mie salsicce e mi sono guardata attorno, e ho visto un poliziotto. Mi ha chiamata, 'venga qui', e io sono andata. Mi sono avvicinata e lui mi ha detto che quelle cose venivano da un negozio e che stavo saccheggiando.
Prima di tutto, sa, non sapevo cosa voleva dire saccheggiare, così ho detto 'non sono andata in nessun negozio. non sono entrata con la forza in nessun negozio. E Dio mi sia testimone, non sono andata in nessun negozio.' Sa, sono diabetica, perché mai dovrei andare a rubare in un negozio?"

Ma è accusata anche di aver rubato della birra:
"Come prima cosa, non bevo. Non avevo della birra. Ho sempre una borsa frigo nel bagagliaio. Mi porto sempre del cibo nel bagagliaio. Tutti quelli che mi conoscono sanno che tengo del cibo nel bagagliaio quando vado da qualche parte. Ero andata a prendere il resto del cibo per dar da mangiare a mio marito. Ho un marito di 80 anni e l'avevo lasciato di sopra quando mi hanno arrestata, non l'ho più visto fino a venerdì scorso."

"Mi hanno portata a Gretna dove credo di esser stata circa una settimana da martedì a martedì, a Gretna. Da là mi hanno portata alla stazione degli autobus o alla stazione dei treni, e lì ho dormito sul pavimento tutta la notte. Non ci volevano dire - non mi volevano dire dove mi avrebbero portata. Semplicemente continuavano a portarmi in giro. Il mattino dopo mi hanno messa su un autobus e così mi hanno portata a Saint Gabriel [il penitenziario di stato], e lì sono rimasta fino a venerdì."

La cauzione sarebbe stata di 50.000 dollari, ma sembra che il giudice si sia impietosito.

martedì, settembre 20, 2005

Il piccolo problema di Usamah

Usamah Nabil, un bambino iracheno di 10 anni che vive a Baghdad, ha un problema che non dipende in alcun modo da lui, che gli è toccato suo malgrado e nonostante i suoi tentativi di liberarsene:
"Questo problema lo segue ovunque vada. Non è un problema di salute, o sociale, o umanitario: il problema è che questo bambino assomiglia moltissimo a George W. Bush. Al punto che i suoi genitori e i suoi amici e compagni di scuola hanno smesso di chiamarlo con il suo vero nome, e lo chiamano 'Bush'."
Dice suo padre: "Mio figlio Usamah ha un'intelligenza vivace e lavora molto bene nel mio negozio. Ma il problema è il suo aspetto che somiglia a quello di... Bush, tanto che i clienti non lo chiamano più con il suo nome, lo chiamano "Piccolo Bush", e questo gli dà dispiacere, e qualche volta mi mette in imbarazzo quando reagisce a quel nome usando parole forti... Ha cominciato a odiare la scuola per quel soprannome... Ma io cerco di convincerlo che Bush verrà dimenticato tra qualche anno, e solo pochi lo ricorderanno, e che lui potrà vivere con il suo vero nome e il suo vero aspetto."

Ho capito, ma intanto.

La porastella è qui. Via Angry Arab.

Sì, va bene: Usamah Nabil "Bush".
Non c'è niente da ridere.

Negoziati

Sai di vivere in un paese occupato "quando non puoi arrestare persone che sparano ai tuoi poliziotti e non puoi tenerle in carcere. Un esercito straniero demolisce i muri della tua prigione, porta via i suoi connazionali e consente la fuga di 150 detenuti".
[...]
"Oh, di certo qualcuno dirà che il sistema giudiziario iracheno è ingiusto, poco credibile, e che non gli si può affidare delle persone, ecc. Tutto questo può anche essere vero, e io non sono il genere di persona che pensa che un arresto sia un fatto indiscutibile. Ma questo non spiega la situazione dei soldati britannici: dopo tutto non erano stati rapiti in Gran Bretagna mentre badavano ai loro affari. Erano in Iraq, armati, "sotto copertura", e sparavano ai civili per la strada.
Secondo le autorità irachene questi uomini avevano aperto il fuoco contro ufficiali di polizia iracheni a un posto di blocco, e questo mi sembra molto verosimile. Dopo tutto, quale iracheno ha il diritto di chiedere all'Uomo occidentale di fermarsi a un posto di blocco? Nessuno, ovviamente, e se qualcuno osa farlo bisogna reagire sparando.
Naturalmente questi uomini erano anche sotto copertura, vestiti da arabi. Ma, anche così, gli iracheni avrebbero dovuto rendersi conto che questi erano Soldati Occidentali "con compiti speciali di sicurezza" e tenersene ben lontani. Possibile che non abbiano un po' di giudizio, questi indigeni?"
Under the Same Sun

Il portavoce del Ministro della Difesa inglese ha detto: "Non abbiamo avuto conferma dei dettagli. Non abbiamo appreso nulla che suggerisca che abbiamo assaltato la prigione. Sappiamo che ci sono stati negoziati."
E infatti. Non c'è niente di male a negoziare con i carri armati.
Nuova versione: "Due soldati britannici sono stati fermati e portati a un commissariato di polizia iracheno. Abbiamo cominciato a negoziare con le autorità irachene per ottenere la loro liberazione. Pensiamo che le autorità abbiano ordinato la loro liberazione, ma purtroppo non sono stati liberati e ci siamo preoccupati per la loro sicurezza e quindi un blindato di fanteria Warrier ha sfondato il muro di cinta in quel posto".
(
a proposito: le mie traduzioni sono stranine, ma quelle di Repubblica di più)

Tutta colpa dell'Iran, comunque.

Aggiornamento con foto: "Minor damage was caused to the prison compound wall and to the house in which our two soldiers were held."
Brigadiere John Lorimer, Comandante della 12ma Brigata Meccanizzata.

lunedì, settembre 19, 2005

Macabro puzzle/The sunshine girls

Esterno giorno, spiaggia. Due donne sui settanta, sedute in riva al mare. Bassa marea, gabbiani, luce settembrina.
– E poi, quei tocchi trovati a Doberdò?
– Nei sacchi delle scovazze, sì sì.
– L'altro giorno un torso...
– E poi dei arti: bracci, gambe.
– Ma niente teste.
– Niente. Per forza...
– Colle teste...
– Se fa il brodo!

martedì, settembre 13, 2005

Il macabro puzzle

A causa di elaborati lavori di rifacimento del vialetto sotto casa che prevedono un impiego smodato e mattiniero di martello pneumatico e ruspa mi assento per qualche giorno, metto pianeta e colonie in vacation mode e vi affido i commenti del blog per i soliti festini (ai quali potrei partecipare anch'io).
Questo per dire che, se sentite parlare del ritrovamento di un numero x di sacchetti contenenti resti umani in località Medeazza (Medja Vas) tra il Carso triestino (competenza del Calavera) e quello goriziano (doline mie), io ho ancora tutti i miei pezzetti al loro posto: il "macabro puzzle" con il quale sono alle prese "gli inquirenti" non condurrà alla mia foto segnaletica o al mio grazioso dna. Qui l'unico puzzle sarà il vialetto in questione, che i miei pretenziosi vicini vorranno lastricare di mattonelle zebrate Dolce e Gabbana o di mosaici pornosoft fintoromani.
Insomma, non sono stata depezzata.
Né ho bevuto del succo di frutta avvelenato da acquabomber.
Né (benché mi piaccia raccontarlo in giro e ne manifesti tutti i sintomi) sono stata rapita dagli alieni.
Vi bacio.

lunedì, settembre 12, 2005

L'innocente prima o poi si risente

Secondo fonti dell'esercito statunitense una buona parte (circa il 75%) degli iracheni catturati dagli americani in Iraq vengono rilasciati per mancanza di prove che attestino la loro pericolosità (traduzione: "perché sono innocenti"). Molti - circa la metà - sono rimessi in libertà pochi giorni dopo il loro arresto, ma altre migliaia di persone finiscono in carceri come Abu Ghraib, dove attendono in media sei mesi prima di esser scarcerate. Lo dice il tenente Kristy Miller, portavoce del sistema di dentenzione militare in Iraq.
Dall'inizio dell'invasione dell'Iraq fino agli inizi dello scorso mese 42.228 detenuti iracheni sono entrati in questo sistema di detenzione, e la maggior parte di essi è stata poi liberata. Venerdì scorso i detenuti erano 12.184.
Due membri iracheni del comitato che si occupa delle scarcerazioni hanno rivelato gli errori più comuni che portano all'arresto di innocenti. Un caso per tutti: i soldati statunitensi hanno arrestato un iracheno perché aveva con sé un manifesto con scritte in caratteri arabi e raffigurante un uomo decapitato. I soldati hanno subito pensato che si trattasse di propaganda terroristica e hanno trascinato l'uomo ad Abu Ghraib. Mesi dopo, quando gli avvocati iracheni hanno esaminato il caso si sono immediatamente resi conto che il manifesto era un innocente tributo a Imam Hussein, decapitato nel settimo secolo e profondamente venerato dagli Sciiti.

Se me ne vado in giro con il poster che raffigura (metti, e non ridere) la Salomè con la testa del Battista o il David con la testa di Golia e di consequenza - nell'impossibilità di spiegare l'equivoco ed essendo scambiata per una che va a tagliare la testa alle persone - mi faccio qualche mese di villeggiatura a spese del governo che occupa (ops, democratizza) il mio paese, mentre una commissione con calma si decide a scoprire l'esistenza del Caravaggio-questo-sconosciuto, magari quando esco non voglio tanto bene a quel paese che occupa (ops, democratizza) il mio. Magari a quel punto mio padre e tutti i miei cugini maschi anche di secondo grado si vorranno un po' vendicare. E io ne ho tanti, di cugini maschi anche di secondo grado.

Ovviamente a forza di arrestare innocenti si crea un certo risentimento: "Insurrezione dopo insurrezione, è diventato chiaro che se si gestiscono male le detenzioni si creano più insorti di quanti se ne vogliano eliminare", ha detto Anthony Cordesman del Centro per gli Studi Strategici Internazionali di Washington. Secondo Cordesman tutto questo succede perché gli americani hanno tardato a sviluppare un'accurata rete di intelligence. Semplicemente, non hanno reclutato un numero sufficiente di interpreti arabi.
Niente che non si sapesse già, vero? Però i numeri fanno una certa impressione.

Fonte: ajc.com

sabato, settembre 10, 2005

L'amico di John

Aggiornamento: colui che è entrato nel nostro album dei bei ricordi come "amico di John" si chiama Ben Marble ed è un giovane medico del pronto soccorso che nel tempo libero canta e suona in una rock band. La sua casa è stata distrutta dall'uragano, gli è appena nata una bambina, ha perso quasi tutto. Tranne la macchina. Ma i poliziotti costringono lui e gli altri che ancora hanno un'auto a lunghe deviazioni, con quel che costa la benzina. E così, quando sa che Cheney si trova da quelle parti e che verrà intervistato dalla tv, chiama un amico, prende la videocamera e con indosso una vecchia maglietta con su scritto "I pity da fool" parte per la sua piccola missione.
Ma non finisce qui.
Dopo un po' due della polizia militare lo vengono a cercare, mentre scava tra le macerie di casa sua, e lo ammanettano in attesa di ricevere informazioni sul suo conto. Dodici minuti dopo lo lasciano andare: "Hanno detto che non avevo infranto nessuna legge e che ero libero."

Poi il nostro eroe ha messo tutto il video in vendita su Ebay. Però ha dovuto togliere la parola fuck.
Santo paese.

Fonte: OpEdNews

Il pianeta cadavere

Vi presento la colonia* Antipova, universo sette, quinta galassia:



Lo so, fa paura anche a me. Le luci e i colori sono quelli di un horror spaziale di Mario Bava (ma lui ci avrebbe aggiunto anche il fucsia), e la nube malefica è impossibile da ignorare.
Commento di A: "è come il lato oscuro della mente, l'imprevedibile pazzia, la follia di un impiegato del catasto che spara sulla folla."
Ancora adesso quando accedo alla schermata di riepilogo e vedo la mia nuova creatura (accanto alle più armoniose karenina, rostova, maslova e al pianeta principale mirumir) ho un lieve sobbalzo.
Adesso capisco come si sentiva la mamma del piccolo Charles Manson.

*per colonizzazione si intende prendere possesso di uno spazio vuoto, inospitale, completamente disabitato, e costruirci fabbrichette e laboratori. No, perché lo so che siete sospettosi per natura.

venerdì, settembre 09, 2005

Non una, ma due volte

Voce fuori campo:
"Go fuck yourself Mr. Cheney. Go fuck yourself."

Disponibile in Quicktime e WMP su Crooks and Liars, qui.
E anche sul blog what tian has learned (link diretto, qui).

giovedì, settembre 08, 2005

Ventiquattro volte al secondo

La photographie, c'est la vérité
et le cinéma, c'est vingt-quatre fois la vérité par seconde.

Jean-Luc Godard

Grafica rivoluzionaria, stile inconfondibile, grandi contenuti: correte a vedere Kinobit, il vlog di Strelnik!

Il Terzo Mondo in casa

Di fronte agli umiliati e offesi di New Orleans il dubbio era venuto a molti, ma ora il rapporto delle Nazioni Unite sullo sviluppo umano conferma che ci sono zone degli Stati Uniti povere come quelle del Terzo Mondo: il documento di 350 pagine - che può essere visto come una risposta insolitamente esplicita agli attacchi degli Stati Uniti all'ONU - critica la politica americana nella lotta alla povertà e afferma che "c'è urgente necessità di sviluppare una rete di sicurezza collettiva che vada oltre le risposte militari al terrorismo."

Per mezzo secolo gli Stati Uniti hanno assistito a un notevole calo della mortalità tra i bambini sotto i cinque anni, ma a partire dal 2000 questa tendenza si è invertita.
Anche se gli Stati Uniti sono primi al mondo nella spesa sanitaria - spendendo pro capite il doppio di quello che spendono in media le altre nazioni ricche dell'OCSE, e cioè il 13 per centro delle entrate nazionali - questo va sporporzionatamente a favore degli americani bianchi.
Il tasso di mortalità infantile negli Stati Uniti è oggi lo stesso della Malesia. Le spese in campo sanitario riflettono le sofisticate tecnologie americane. Ma il paradosso che sta al centro del sistema sanitario americano è che paesi che spendono molto meno degli Stati Uniti hanno in media una popolazione più sana, e questo a causa delle disparità e delle disuguaglianze americane. Un bambino appartenente al 5% costituito dalle famiglie più ricche d'America vivrà il 25% più a lungo di un bambino nato nel 5% costituito dalle famiglie più povere, e il tasso di mortalità infantile è lo stesso della Malesia che ha un quarto delle entrate degli Stati Uniti.
Tra i neri di Washington DC c'è una percentuale di mortalità infantile più alta dello stato indiano del Kerala.

La salute dei cittadini statunitensi dipende da molti fattori: l'assicurazione sanitaria, il reddito, la lingua e il livello di istruzione. Le madri nere hanno una doppia probabilità di mettere al mondo bambini sottopeso rispetto alle madri bianche, e i loro bambini hanno una probabilità maggiore di ammalarsi.
In tutti gli Stati Uniti i bambini neri hanno una doppia probabilità di morire prima di compiere un anno rispetto ai bambini bianchi.
Gli ispanoamericani hanno una doppia probabilità di non possedere un'assicurazione sanitaria.

Gli Stati Uniti sono l'unico paese ricco a non avere un sistema universale di assicurazione sanitaria. Più di una persona su sei in età lavorativa è priva di assicurazione. Tra le famiglie che vivono sotto la soglia della povertà, una su tre non è assicurata. Solo il 13% degli americani bianchi sono privi di assicurazione, in contrasto con il 21% dei neri e il 34% degli ispanoamericani. Nascere in una famiglia priva di assicurazione aumenta di circa il 50% le probabilità di morire entro il primo anno di vita.
Se fosse colmato il divario tra bianchi e neri nell'assistenza sanitaria, si salverebbero 85.000 vite all'anno.
La percentuale di povertà infantile (definita come l'appartenenza a una famiglia che ha un reddito inferiore al 50% del reddito medio nazionale) è attualmente superiore al 20%.

Fonti:
Human Development Report 2005
"UN hits back at US in report saying parts of America are as poor as Third World", The Independent

Di questo non si parla

Oggi è il nono giorno di sciopero della fame dei sette compagni che chiedono al Ministero degli Esteri e al governo italiano di garantire i visti ai sei esponenti della società civile irachena invitati alla Conferenza di Chianciano dell'1-2 ottobre 2005.

È bene ricordare chi sono questi esponenti:
Sheikh Jawad al Khalesi, leader dell'Iraqi National Foundation Congress; professore universitario sciita che si è opposto alle elezioni del 30 gennaio. Sta cercando di formare un fronte politico interconfessionale dell’opposizione. È già intervenuto diverse volte all’estero ed anche in Europa.
Ayatollah Sheikh Ahmed al Baghdadi, una delle più importanti autorità religiose sciite.
Salah al Mukhtar, già ambasciatore iracheno in India e Vietnam. Intellettuale dell’ambiente nazionalista-progressista. Attualmente esiliato in Yemen, collabora con numerosi giornali arabi.
Sheikh Hassan al Zargani, Portavoce internazionale del movimento di Muqtada al Sadr e editore del giornale Hawza chiuso dagli americani. Attualmente esule in Siria.
Mohamad Faris, Comunista patriottico iracheno residente in Siria. Sta lavorando per l’unificazione delle forze della Resistenza.
Ibrahim al Kubaisi, Medico di Falluja, fratello del segretario dell’Alleanza Patriottica Irachena, rapito dagli americani il 4 settembre 2004. Anch’egli ha già avuto modo di lasciare alcune volte l’Iraq.

Va ricordato anche che (come si è appreso agli inizi di agosto) 44 membri del Congresso degli Stati Uniti hanno inviato una richiesta formale al governo italiano, invitandolo ad impedire lo svolgimento del convegno. L’ambasciata italiana a Baghdad, nei giorni successivi, ha comunicato che i visti richiesti per gli esponenti iracheni non sarebbero stati più concessi per decisione politica del Ministero degli Esteri.

Ora, l'impressione è che i mezzi di informazione ad ampia diffusione siano finora stati indecisi tra il non parlare affatto di questa vicenda e il parlarne in modo confuso e poco informato (per fare un esempio, si confonde tra l'organizzazione della conferenza e la presunta raccolta di fondi a favore della resistenza irachena).
Non sto parlando di solidarietà con il popolo iracheno e di critica dell'occupazione angloamericana (benché le trovi legittime e perfettamente sensate), mi fermo molto prima: non capisco perché quei sei esponenti della società civile irachena sono considerati pericolosi dal nostro Ministero degli Esteri (e lasciamo perdere discorsi vaghi sul terrorismo e la sicurezza del nostro paese: quellesei persone, e i loro tre interpreti, via), e se la decisione di non rilasciare i visti è conseguenza diretta delle pressioni americane e della lettera dei 44 membri del congresso degli Stati Uniti. A questo punto sono curiosa: c'è il pericolo che questi signori vengano qui ad "attentare alla nostra sicurezza"? E come? Ah, già, parlando: di elezioni irachene, di governi fantoccio, di Abu Ghraib, degli scontri interconfessionali alimentati dagli Stati Uniti, di guerra e di occupazione.

Un grazie ai "pericolosi" Sette che digiunano.

Tutte le informazioni sullo sciopero e le iniziative in corso, qui.

martedì, settembre 06, 2005

Guarda chi si rivede

La FEMA, l'Agenzia federale per la gestione delle emergenze, qualche giorno fa aveva elencato sul suo sito le associazioni a cui mandare contributi in denaro per aiutare le vittime dell’uragano Katrina. Oggi quella pagina non esiste più (io ho fatto in tempo a vederla grazie a una segnalazione di Pino), ma, in breve, metteva a disposizione i nomi e i numeri di telefono della Croce Rossa, di Operation Blessing e di America's Second Harvest, una rete nazionale di banche del cibo.
Operation Blessing, con il suo bilancio di 190 milioni di dollari, è parte integrante dell'impero di Pat Robertson, il telepredicatore fondatore della Christian Coalition. E questo si sa.
Quello che si sa meno sta scritto oggi sul New York Daily News.
Nel 1994, durante il genocidio del Ruanda, Robertson usò il suo circuito televisivo 700 Club per raccogliere donazioni pubbliche a favore dei profughi ruandesi.
Nel 1999 un'indagine dell'ufficio del procuratore generale della Virginia concluse che gli aerei acquistati per portare nello Zaire gli aiuti umanitari per i rifugiati furono in realtà principalmente usati per trasportare apparecchiature in una miniera di diamanti gestita da una compagnia chiamata African Development Corp.
Chi dirigeva quella compagnia mineraria e ne era l'unico azionista? Pat Robertson stesso.
Si era assicurato la concessione mineraria da Mobutu Sese Seko, suo amico di lunga data e all’epoca dittatore dello Zaire.

Fonte: “Disaster used as political payoff”, New York Daily News.
(via War and Piece)

Fallimenti

Scrive oggi Eugene Robinson sul Washington Post:

"Ogni città grande o piccola della Louisiana che non sia stata colpita dall’uragano è piena di sfollati. E poi ci sono le decine di migliaia in Texas e le moltitudini che si ritrovano sparse negli stati vicini. Le comunità che ospitano queste persone hanno le migliori intenzioni, ma molte non saranno in grado di sostenere economicamente il peso aggiuntivo. Dove andranno queste persone? Perché non c’era un piano?

Ed è qui che comincio a puntare il dito, perché pochi giorni sul posto del disastro mi hanno convinto che due sono le cose in cui il governo federale ha fallito, e che di questo fallimento possiamo incolpare unicamente il presidente.

Primo, un’amministrazione che a partire dall’11 settembre 2001 ci ha detto che un grande attentato terroristico è inevitabile avrebbe dovuto prevedere un buon piano per evacuare una grande città americana. Anche se non ci fosse stato un piano specifico per New Orleans – benché si sapesse che una rottura degli argini era una delle catastrofi naturali più probabili – avrebbe dovuto esserci un piano generico. George W. Bush ci ha detto più volte che le nostre città erano minacciate. Non avrebbe dovuto ordinare un piano per sgomberarle?

Secondo, qualcuno avrebbe dovuto pensare a cosa fare di centinaia di migliaia di sfollati, sia nell’immediato sia a lungo termine. Mentre la gente lasciava in massa New Orleans, sono state le autorità locali e statali a far fronte alla sfida, inventandosi cosa fare man mano che i problemi si ponevano. Portate quel gruppo di persone all’Astrodome. Abbiamo un albergo vuoto che possiamo usare. Mandatene un centinaio in chiesa e faremo del nostro meglio.

Le tendopoli non sono un’ipotesi entusiasmante, ma neanche l’improvvisazione. Qual è il problema? Il fervore ideologico dell’amministrazione Bush per lo “small government” (“meno governo”)? La Casa Bianca pensa davvero che la responsabilità maggiore debba ricadere sui volontari, sulle parrocchie, sugli individui? O si tratta solo di incredibile incompetenza e scarsa lungimiranza?"

Fonte: "It's your failure too, Mr Bush"

lunedì, settembre 05, 2005

Il problema di questi graffiti



- Stai dipingendo il muro, lo fai sembrare bello.
- Grazie.
- Non vogliamo che sia bello, odiamo questo muro, vattene via.

Il problema è che i graffiti di Banksy in Cisgiordania sono proprio belli.

(via electronic intifada)

domenica, settembre 04, 2005

Chiedo scusa se parlo di Cuba

E adesso se permettete parliamo anche di Cuba.
Ne parliamo partendo da quello che scrive sulla catastrofe di New Orleans Stan Goff nel suo Feral Scholar:

"Niente di tutto questo è naturale. La guerra non è naturale, e non lo è neanche la povertà. Di questo sta morendo la gente, non di un uragano.
[...]
Cuba ha evacuato 660.000 persone prima dell’Uragano Dennis, un Categoria 4 che l’ha colpita in luglio, e ha contato dieci morti. E questo perché Cuba non solo investe nella preparazione alle calamità e in difesa civile, ma perché c’è un forte coinvolgimento sociale nelle infrastrutture mediche, nel conseguimento di alti livelli di alfabetismo, nell’appoggio che il governo offre agli organizzatori delle comunità locali, solo per citare alcune delle ragioni.
Noi abbiamo fatto un’evacuazione da libero mercato, abbiamo detto alle persone di andarsene con i propri mezzi e quando era troppo tardi. Cuba è povera di risorse. Gli Stati Uniti sono ricchi di risorse. Immaginate un po’.”

Goff cita un rapporto dell'Oxfam America sul modello cubano di preparazione ai disastri. Il documento sottolinea l'importanza di alcuni elementi di fondamentale importanza nell'arginare gli effetti delle calamità:

- Accesso universale ai servizi (istruzione, salute, ecc.)
- Politiche per ridurre le disparità sociali ed economiche
- Notevole investimento in capitale umano
- Investimenti del governo nelle infrastrutture
- Organizzazione economica e sociale

Secondo il rapporto dell'Oxfam gli ultimi tre elementi del modello di sviluppo cubano producono effetti moltiplicatori che migliorano la prevenzione del rischio in vari modi. Basti considerare che il 95,9% della popolazione è alfabetizzata e in grado di accedere al materiale informativo sulle calamità. I bambini vanno a scuola fino alla nona classe. In tutto il paese c’è un sistema di strade adeguato che facilita le rapide evacuazioni. Ci sono regole edilizie che contribuiscono a limitare la vulnerabilità degli edifici. E poi il 95% delle case ha l’elettricità, così che le persone possano ricevere le notizie sui disastri dalla televisione e dalla radio.

Di Cuba, ma questa volta in relazione all'Uragano Ivan, parla anche Marjorie Cohn in un pezzo dal titolo "The Two Americas":

"Nel settembre dello scorso anno un uragano di categoria 5 ha spazzato la piccola isola di Cuba con venti di 250 chilometri orari. Più di 1,5 milioni di cubani sono stati evacuati in zone sicure prima dell’arrivo dell’uragano. Sono state distrutte 20.000 case, ma non c’è stato nessun morto.
Qual è il segreto di Fidel Castro? Secondo il Dr. Nelson Valdes, professore di sociologia all’Università del New Mexico e specializzato in America Latina, 'tanto per cominciare, l’intera difesa civile è radicata nella comunità. La gente sa in anticipo dove deve andare.'
'I capi cubani vanno in TV e prendono in mano la situazione,' ha detto Valdes.
[...]
Limitarsi a pigiare la gente in uno stadio è impensabile' a Cuba. 'In tutti i rifugi è presente personale medico del quartiere. A Cuba i medici di base prendono parte all’evacuazione con i loro assistiti, e sanno già, per esempio, chi può avere bisogno di insulina.'
Vengono portati via anche gli animali, gli apparecchi TV e frigoriferi, 'così che le persone non esitino ad andarsene per timore che qualcuno rubi le loro cose.'
Dopo l’uragano Ivan il Segretariato Internazionale delle Nazioni Unite per la Riduzione dei Disastri ha citato Cuba come un modello per la preparazione agli uragani. Il direttore dell’ISDR Salvano Briceno ha detto: 'Il sistema cubano potrebbe facilmente essere applicato ad altri paesi con condizioni economiche simili e perfino a paesi con risorse più ingenti che però non riescono a proteggere la popolazione come fa Cuba.'
[...]
Quando l’Uragano Ivan ha colpito Cuba non è stato imposto nessun coprifuoco. Non ci sono stati saccheggi o violenze. Tutti erano nella stessa barca.
Fidel Castro, che ha paragonato i preparativi del governo per l’Uragano Ivan ai preparativi per l’invasione degli Stati Uniti a lungo temuta, ha commentato: 'Ci prepariamo a questo da 45 anni.'"

Imparare (anche) dal Bangladesh

Nei commenti abbiamo parlato delle inondazioni che ogni anno provocano migliaia di morti in Cina. C'è più di un paese che potrebbe insegnare qualcosa agli Stati Uniti nella gestione di queste emergenze, soprattutto quando si tratta di provvedere nell'immediato alla salute dei più deboli e degli indifesi.
Nel blog di Daniel Brett c'è un post molto interessante sull'alluvione del Bangladesh di poco più di un anno fa:

"Sono stati colpiti 41 distretti su 64, 30 milioni di abitanti hanno perso o abbandonato le loro abitazioni e ci sono stati almeno 600 morti.
Rispetto all'uragano Katrina si è trattato di una catastrofe di proporzioni ben maggiori, e il numero di morti è stato probabilmente inferiore. Ma il disastro è stato contenuto grazie all'istinto di sopravvivenza del popolo del Bangladesh, alla sua capacità di ingegnarsi di fronte alle avversità e a un forte senso del lavoro.
Invece di sparare e saccheggiare, i bangladesi hanno immediatamente usato le loro modeste risorse per limitare l'impatto delle inondazioni prima che giungessero gli aiuti internazionali.
Scrisse allora il blogger bangladese Rezwan:

'Adesso la vera sfida sta nel tenere lontane le vittime dalle epidemie e dalle malattie e nel riabilitarle. Sul territorio si sono distribuite quasi 5000 unità mediche per cercare di contenere il diffondersi di malattie. In tutto il paese si è fatto molto per fornire cibo alle vittime dell'alluvione, che ora si trovano raccolte in rifugi improvvisati (di solito le istituzioni scolastiche governative). Nel mio quartiere in una sola via ci sono ben due iniziative per raccogliere le donazioni sotto forma di farina, sale, acqua e porzioni di cibo da mandare alle vittime.'

Paragonate questo con New Orleans, dove si spara agli elicotteri dei soccorritori, dove i corpi marciscono per strada, gli ospedali non hanno capacità né medicine e solo i mass media sembrano essere in grado di mobilitarsi.
Il Bangladesh è uno dei paesi più poveri del mondo, ma è riuscito comunque a raggiungere una crescita dello 0,3% del prodotto agricolo tra il luglio 2004 e il giugno 2005, rispetto al 4,3% dell'anno finanziario precedente. Se il raccolto totale di grano è sceso del 4,0%, il riso raccolto nel febbraio-marzo del 2005 è aumentato del 9,4% rispetto all'anno precedente, e questo accadeva meno di sei mesi dopo l'inondazione. Il prodotto interno lordo è crollato dell'1,1%, ma è stata una conseguenza dell'abolizione delle quote di commercio nei mercati occidentali più che dell'inondazione.
Il fatto che l'economia sia stata capace di riprendersi così presto dall'inondazione testimonia la capacità dei bangladesi di rimettersi in piedi e ricominciare a costruire. Questo istinto di sopravvivenza probabilmente deve molto alla guerra di liberazione del 1970-71 contro il Pakistan, in cui sono morte centinaia di migliaia di bangladesi.
Gli americani non hanno mai veramente dovuto affrontare avversità di questo tipo. La loro società è stata atomizzata dal capitalismo del libero mercato e i legami sociali sono deboli, rendendo molto più difficile la solidarietà e l'aiuto reciproco. Invece i bangladesi attribuiscono una grande importanza ai legami sociali e familiari, che li hanno accompagnati attraverso una moltitudine di disastri umani e naturali. Le esperienze del Bangladesh ci dimostrano che, di fronte alle catastrofi, il denaro non rende la società più compatta o meglio organizzata.
Gli americani hanno molto da imparare dal Bangladesh in termini di ordine sociale e di gestione delle emergenze. È tempo di rinunciare a questo atteggiamento di superiorità."

venerdì, settembre 02, 2005

Coloro che hanno scelto di restare

"Nella distruzione di New Orleans sono confluite molte delle tendenze più pericolose della politica e della cultura americane: la povertà, il razzismo, il militarismo, l'avidità delle élite del potere, i danni ambientali, la corruzione e il decadimento della democrazia a ogni livello.
Molto di tutto ciò si rispecchia nello strano linguaggio che anche i mezzi di informazione più cauti hanno usato per descrivere le vittime maggiormente colpite dall'uragano e dalle sue devastanti conseguenze: "coloro che hanno scelto di restare." La situazione è stata subito descritta in modo da lusingare i pregiudizi dei benestanti e negare la realtà dei più vulnerabili.
È ovvio che la grande maggioranza di coloro che non sono scappati sono poveri: non avevano un luogo dove andare, non avevano la possibilità di andarci, non avevano i mezzi per mantenere se stessi e le proprie famiglie in posti estranei. Se ci sono sicuramente state delle persone che sono rimaste per scelta, i più sono rimasti perché non avevano scelta.

Sono rimasti intrappolati dalla loro povertà, e hanno pagato con la vita.
E tuttavia, attraverso lo spettro mediatico, dagli osservatori privilegiati filtra una leggera sfumatura di disapprovazione, la chiara insinuazione che le vittime sono semplicemente state troppo pigre o incapaci per mettersi in salvo. Non c'è comprensione - nemmeno un tentativo di comprensione - per la miseria, l'isolamento, l'immobilità dei poveri, dei malati e dei disperati che vivono tra noi.

[...]

Per quanto colpevole, criminale e odiosa sia l'amministrazione Bush, è solo l'apoteosi di una tendenza della società americana che è diventata sempre più forte e che dura da decenni: la distruzione dell'idea di un bene comune, di un settore pubblico i cui benefici e le cui responsabilità sono condivisi da tutti, e amministrati con il consenso dei cittadini. Per più di trent'anni la destra corporativa ha condotto un'implacabile e concentrata campagna contro il bene comune, cercando di atomizzare gli individui in isolate "unità di consumo" le cui energie politiche - tenute in uno stato di scarsa informazione dagli onnipresenti mezzi di informazione corporativi - possono essere sviate a piacimento verso temi "caldi" (i matrimoni gay, la preghiera a scuola, il vilipendio alla bandiera [...] la minaccia del terrorismo, ecc. ecc.] che non mettono mai in pericolo la realtà del Big Money, dei soldi veri."
Chris Floyd, "The Perfect Storm. New Orleans and the Death of the Common Good", su Counterpunch.

Google mon amour

Il Premio "Chiave di Ricerca" di oggi è già stato assegnato:
"e 'corretto' dire che ho battuto la testa vicino un letto?"



Ha anche avuto la sensibilità di mettere "corretto" tra virgolette, ché non si sa mai.

giovedì, settembre 01, 2005

Un due tre via: Aserejé in tibetano

Toni_i scrive:

"Ho sentito (ma purtroppo non sono riuscito a trovare nei negozi di cd) una versione di Aserejé (il tormentone delle Las Ketchup!) in... tibetano! Propongo una gara tra i frequentatori del blog per trovare la versione in mp3. La proporrei come nuovo inno dei lavoratori e delle lavoratrici della regione himalaiana.
'Aserejé, ja deje tejebe tude jebere
Sebiunouba majabi an de bugui an de buididipí...'"

E così, per celebrare il 40° anniversario della fondazione della Regione Autonoma Tibetana, la gara parte... ora! e durerà fino all'esaurimento dei concorrenti.
Sebiunouba a tutti.