giovedì, novembre 02, 2006

Come maltrattare Google e vivere felici/25

Il cinefilo
Deve trattarsi di un film d'animazione giapponese sulla malavita irlandese.

L'esigente
Ma gratis, mi raccomando.

Bianco Natal
Grotte di lichene, niente?

Attenti al canino
Bella domanda.

lunedì, ottobre 30, 2006

La seconda guerra dei blog russi/In the Sup

Circa tre settimane fa qualche piacevole coincidenza di troppo mi ha convinta ad avvicinarmi a un mondo che finora avevo frequentato in modo poco sistematico per una cronica mancanza di tempo, un aggregatore già molto affollato e un Grande Rimosso - l'URSS, la Russia, il russo - che ho tenuto a bada per anni focalizzando l'attenzione su alcuni temi e limitandomi ai soli siti di informazione (e a letture private, che a volte sono un'altra cosa da ciò che si scrive sui blog).
Circa tre settimane fa, dunque, ho fatto un bel respiro profondo e ho cominciato a osservare.
La blogosfera russa è enorme, varia, caotica: un milione e mezzo di blog, secondo il motore di ricerca Jandeks (dati recenti, diffusi il 28 settembre scorso). Un centinaio di nuovi blog al giorno. 3 post al secondo. Il 44,78% sta su Livejournal, che in russo si dice Živoj Žurnal (traduzione letterale), comunemente abbreviato in ŽeŽe.
O meglio ci stava.
Perché la Signora Miru, come direbbe Poligraf, è arrivata barcollando sulle sue zeppe da dieci centimetri con bagagli, beauty case, insostituibile dizionario di epoca sovietica ed ex-cane al seguito proprio mentre su Livejournal accadeva qualcosa di molto strano. Blog che chiudevano, altri che si trasferivano nel libero regno virtuale di Trinidad e Tobago, strani post postdatati - scusate il bisticcio - o scritti usando il font greco dove una Signora Miru avrebbe avuto il diritto di aspettarsi quello cirillico.
Era cominciata la seconda guerra dei blog.

Adesso vi spiego.
La società statunitense Six Apart, proprietaria di Livejournal, ha da poco annunciato che cederà il segmento cirillico della piattaforma a una compagnia russa, la Sup, fondata dall'oligarca russo Aleksandr Mamut e dall'imprenditore americano Andrew Paulson. A questo punto il fatto che Sup si pronunci come soup, e che "to be in the soup" in inglese significhi "essere nei guai", è un'ironia accessoria.
La popolarità di Livejournal in Russia aveva un suo bel perché: essenzialmente, era molto più rassicurante poter affidare informazioni personali a una piattaforma straniera, senza correre il rischio di attirare l'attenzione dei servizi segreti e del temuto sistema giudiziario russo.

Gli ingredienti per scatenare la seconda guerra dei blog dunque c'erano tutti: l'oligarca amico del regime e con il solito passato poco pulito nelle privatizzazioni, le prossime elezioni del 2007 e del 2008 e la presenza tra i manager di Sup di un blogger molto discusso (Anton Nosik, padre della rete russa ma anche legato in passato a Gleb Pavlovskij, politologo di fiducia e spin doctor del Cremlino). Poi sembra anche che parecchi non gradiscano che molti manager di Sup siano ebrei. Su questo punto però ci sono state smentite indignate; del resto i žežeisti sono tanti, più o meno autorevoli e più o meno impegnati, e soprattutto opinionano moltissimo e senza sosta. Litigano anche parecchio, su tutto. Uguali a noi, ma di più.
Il problema è soprattutto quanto controllo potrà avere il partner locale sui dati degli utenti e se questi dati saranno conservati sui server americani o su quelli russi. I blogger sono anche preoccupati perché la Sup ha istituito un Abuse Team russo che si occuperà di monitorare i blog e di individuare eventuali contenuti inappropriati (esisteva anche prima, ma era americano).

Finora in Europa e negli Stati Uniti questa seconda guerra dei blog russi (la prima si era scatenata nell'estate del 2005 quando l'Abuse Team americano aveva chiuso un blog per aver pubblicato un poster di propaganda sovietica in cui la scritta "Babbo, uccidi un tedesco!" era stata sostituita con "Babbo, uccidi un soldato della NATO!"), è stata abbastanza ignorata, come notava Evgenij Morozov nel suo articolo per l'International Herald Tribune (l'unico di un certo peso uscito in lingua inglese a beneficio di un pubblico più vasto e soprattutto non russo).
Lo stesso Morozov è stato poi attaccato sui blog russi, per aver parlato di Nosik come di una figura discutibile, ma soprattutto per aver osato dire che la vicenda è accaduta in un momento in cui "la blogosfera russa piangeva la morte di Anna Politkovskaja": "come ti permetti? non abbiamo mai fatto una cosa del genere", gli hanno risposto inviperiti in moltissimi. Ed è vero: come scrivevo nei commenti nelle scorse settimane, gli opinionanti blogger russi sono tutt'altro che compatti nella valutazione di Anna Politkovskaja e del suo lavoro, con punte di cinismo e - direi - di crudeltà.

Il problema di questa seconda guerra dei blog è dunque politico e di libertà di espressione: la compagnia russa ha tentato di rassicurare gli utenti, ma molti blog stanno chiudendo o migrando e c'è già chi dice che ŽeŽe ha i giorni contati.
Queste preoccupazioni potrebbero essere eccessive, forse isteriche, la mobilitazione prematura. Resta però il fatto che la blogosfera russa appariva fino ad ora come un luogo affollato, disordinato, multiforme, contaminato, vivacissimo, impegnato e litigioso. Ma libero, anche. In futuro, non si sa.
(Qui la Miru si allontana in punta di zeppe per dedicarsi a segmenti cirillici meno incandescenti e alla scoperta di cose bellissime, sconosciute e forse inutili. Però se vogliamo parlare di Russia e di libertà di espressione questa storia bisognava cercare di raccontarla).

Per le fonti, dovrei linkare metà ŽeŽe. Una buona ricostruzione in lingua inglese è su Global Voices Online qui, mentre l'articolo di Morozov, "Meanwhile: Russia's last refuge: the blogosphere" è qui.
I dati di Jandeks sulla blogosfera russa sono (in russo) qui. Invece della prima guerra dei blog si parlava su Exile.ru, qui. (la prossima volta, ve lo prometto, ci saranno anche quo e qua).

domenica, ottobre 29, 2006

Braccio destro numero basta: The Man with a Camera

Nome: Khalid al-Hayani.
Nazionalità: non ce la dicono perché potrebbe ostacolare altre operazioni.
Occupazione: cameraman personale di al Zarqawi.
Cosa: preso.
Come: vivo.
Dove: provincia di Diyala, a nordest di Baghdad.
Chi lo dice: il Ministero della Difesa iracheno.
Aveva con sé: videocassette e documenti.
Anche una foto ricordo di bin Laden, vero? Ma no!
Un moleskine scritto fitto fitto da destra a sinistra? Nemmeno.
Esplosivi, ne teneva? No.
Robba chimica? Ma cosa volete da me.

Siamo già al cameraman, gli scenografi e i costumisti del tenebroso giordano stanno tremando.

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Make-up:
DeMille Foundation #4 Warm Beige, Wonderscenic Mascara, Alidada* Precision Eyeliner, Perfect Close-up Pressed Powder, Great Escape Lipstick #406 Eternal Red. Come allover, consiglio il Sunset Blvd. Glistening Illuminator.

*è sempre consigliabile applicare l'eyeliner con l'aiuto un istrumento fatto per pigliare la misura degli angoli.

sabato, ottobre 28, 2006

Le uova della Regina Elisabetta

Cosa succede quando alla Reuters attivano il correttore automatico? Che un articolo sul genoma delle api esce con un errore tipografico irresistibile: queen bee, ape regina, è sostituito da Queen Elizabeth. Si apprende così che "la Regina Elisabetta vive dieci volte più a lungo delle operaie e depone più di 2000 uova al giorno", più altre particolarità che dai Windsor non ci saremmo mai aspettati (cioè, cervello piccolo sì, accentuate capacità cognitive: ma quando mai).
Ecco l'articolo, non più online:



via Regret the Error

venerdì, ottobre 27, 2006

Come finire a Guantanamo in poche semplici mosse

Questa pagina web, realizzata da Christopher Soghoian, genera una carta d'imbarco che può essere utilizzata per superare i controlli della TSA (l'ente americano per la sicurezza dei trasporti) ed entrare nelle aree "sicure" del terminal (ma non per salire su un aereo: per quello bisogna comprare un biglietto vero).
A cosa serve questa carta d'imbarco? Per andare a prendere i nonni o a salutare la fidanzata alla porta d'imbarco, per dimostrare che i controlli della TSA sulle carte d'imbarco sono inutili ed è possibile (nei voli interni) passare sotto il radar della "no-fly list", o anche per vincere un viaggio di sola andata a Guantanamo nel caso che qualcosa non funzionasse.

Ci sono due tecniche:

1. compri un biglietto online sotto falso nome, usando una carta di credito prepagata comprata in un 7/11 pagando in contanti. Non usare nomi come "John Smith" o "Robert Johnson", stanno sulla "no-fly list".
2. ti presenti all'aeroporto e dici al personale del check in della compagnia aerea che non hai il documento di identificazione. Ti daranno una speciale carta d'imbarco con la scritta "NO ID" e "SSSS" che ti permetterà di passare i controlli senza autenticare la tua identità.
3. ti imbarchi sull'aereo.

oppure:
1. compri sempre un biglietto online sotto falso nome (no John Smith, no Robert Johnson) usando una prepagata acquistata in contanti.
2. fai il check in online 24 ore prima della partenza e stampi la carta d'imbarco.
3. editi il codice HTML della carta di imbarco oppure (se voli con la Northwest) stampi con il generatore una carta d'imbarco identica in tutto, con la differenza che qui scrivi il tuo vero nome. Stampi.
4. Vai all'aeroporto, presenti la carta d'imbarco falsa con il tuo vero nome e il tuo vero documento d'identità. Controlleranno che corrispondano e ti lasceranno passare i controlli.
5. Presenti la carta d'imbarco con il nome falso all'addetto al gate. Dato che il biglietto è stato acquistato sotto questo falso nome, tutto andrà liscio.
6. Ce l'hai fatta!

La tecnica 1 è più semplice e richiede una sola carta d'imbarco. Però ti sottoporrà comunque a un controllo della TSA perché non hai il documento di identità. La tecnica 2 è più complessa ma ti permette di passare tranquillamente il controllo della TSA. Sarai un passeggero come tutti gli altri e verrai sottoposto a un normale controllo (a patto che tu non sia arabo o asiatico).

La tecnica 2 e il Boarding Pass Generator sfruttano una ben nota falla della security aeroportuale americana: l'intervallo tra il momento in cui viene emessa o stampata una carta d'imbarco e il momento in cui il passeggero passa il controllo per salire sull'aereo, oltre al fatto che la possibilità di stampare a casa la carta d'imbarco rende molto facile la contraffazione.

Christopher Soghoian sta facendo un dottorato in informatica all'Università dell'Indiana, dove studia in particolare i problemi della security aeroportuale. Gli avvocati della sua Università invece stanno studiando il modo per impedire che prima o poi le sue ricerche lo facciano finire a Guantanamo.
Ha sfidato anche la proibizione di liquidi a bordo. Ora vuole stamparsi da solo etichette con la scritta 3 once da attaccare su bottigliette da 10: la TSA, infatti, non permette di portare con sé flaconi di liquido che possano contenere più di 3 once, anche se sono flaconi da 4 pieni solo a metà.
"Si possono portare 5 flaconi da 3 once, e allora perché non un flacone da 15?".
Eh.

Teniamolo d'occhio, questo ragazzo prima o poi ci procura il padre di tutti i falsi allarmi.

Via Boing Boing

Come maltrattare Google e vivere felici/24

A chi dirlo, se non a Google?


Un problema di facile soluzione


Come si chiama, già, il compagno della ex?

giovedì, ottobre 26, 2006

Tanti saluti dal Grande Revisore



Hello,

Your blog has been reviewed, verified, and cleared for regular use so that
it will no longer appear as potential spam. If you sign out of Blogger and
sign back in again, you should be able to post as normal. Thanks for your
patience, and we apologize for any inconvenience this has caused.

Sincerely,
The Blogger Team

Mi hanno letta, verificata e scagionata, quindi il mio blog non sarà più considerato potenziale spam. Se esco da Blogger e rientro* dovrei essere in grado di postare normalmente. Mi ringraziano per la pazienza e il disturbo e si scusano.

Bene, I'm clean, era proprio un falso allarme. Testo ripetitivo, irrilevante, talvolta privo di senso, ma la bionda non è spam. Non avete più alibi per evitare di rispondere alle mie mail.

Firmato:
Il Capo

* Non mi fido. Se esco cinque minuti da Blogger questi cambiano la serratura, lo sento. (Ehi! Cosa? Sono io, fatemi entrare. Io chi? Io la Miru. Lamiru chi? Fatemi almeno prendere Poli! Poligraf adesso lavora per noi. E cosa fa? Cambia serrature).

mercoledì, ottobre 25, 2006

Di orsi, boschi e re

C'era un orso nei boschi
"C'è un orso nei boschi": così cominciava un famoso filmato realizzato per la campagna presidenziale del 1984 di Reagan, candidato al secondo mandato contro il democratico Mondale. Vi si vedeva un orso bruno che vagava in una foresta, mentre la cupa voce del narratore suggeriva che l'Unione Sovietica (tradizionalmente simboleggiata dall'orso) era una grave minaccia alla stabilità mondiale e che Reagan sarebbe stato la persona adatta a combatterla. L'ultima inquadratura mostrava un cacciatore che si apprestava ad affrontare l'orso; il filmato finiva con un'immagine di Reagan e la frase "President Reagan: Prepared for Peace". Era uno con le carte in regola per la pace, Reagan.
"L'orso" è considerato uno dei più efficaci filmati elettorali mai realizzati, soprattutto per le immagini semplici e il messaggio "sottile e vagamente ottimista" (e subdolo). Non vi si nomina mai l'Unione Sovietica, l'avversario Mondale, le spese per la difesa né la guerra nucleare, che poi è la minaccia implicita in tutto il video.

Il video è qui
, e questo è il testo:
"C'è un orso nei boschi. Per alcuni l'orso è facilmente visibile. Altri non lo vedono affatto. Alcuni dicono che l'orso è ammaestrato, altri che è cattivo e pericoloso. Giacché nessuno può sapere chi ha davvero ragione, non sarebbe bello essere forti quanto l'orso? Se c'è un orso".

Reagan vinse le elezioni con una valanga di voti.
Io tifavo per l'orso. Diciamo che a un certo punto lui mi è svenuto tra le braccia.

Mitrofan
Mitrofan è un pacifico e allegro (proprio dobrodušnyj e vecelyj, scrive il Kommersant) orso ammaestrato che vive in una fattoria nel villaggio di Novlenskoe, nella regione di Vologda. Verso la fine dell'agosto scorso Juan Carlos di Spagna è in visita da quelle parti: il re non fa mistero del fatto che se si trova in mezzo al nulla è esclusivamente per amore della caccia. Allora qualcuno per rallegrarlo pensa di prendere Mitrofan, di metterlo in una gabbia, di ubriacarlo di vodka e miele e di lasciarlo libero nella zona di caccia del re. Mitrofan è visibile, ammaestrato, non pericoloso e soprattutto barcollante: ucciso con un solo colpo, complimenti al cacciatore e al suo brillante seguito.

Questo post è motivato dall'idiosincrasia del Capo verso i monarchi (soprattutto quelli armati) e dalla sua evidente, storica, indifendibile debolezza per gli orsi.

martedì, ottobre 24, 2006

On the Google

Dall'intervista a George W. Bush sulla CNBC:

– Sono curiosa: mai cercato su Google qualcuno? Ha mai usato Google?
– Occasionalmente. Una delle cose che ho usato sul Google sono le mappe. È molto interessante, questa cosa. Mi sono dimenticato il nome del programma, ma si va sul satellite e si può... tipo a me piace guardare il ranch su Google, mi ricorda dove vorrei essere in certi momenti. Ma sì, un po'.

Link


La morte di Anna Politkovskaja e i media occidentali

Bene, è giunto il momento di prendere in considerazione altri punti di vista. Quello di John Laughland è anche una riflessione sulla presunta pluralità e indipendenza dei mezzi di informazione occidentali. Può essere un buon modo per ampliare il discorso partendo sempre dalla morte di Anna Politkovskaja.

Chi ha ucciso Anna Politkovskaja?

John Laughland

Nel romanzo distopico di C. S. Lewis Quell'orribile forza, l'organizzazione che controlla lo stato fa sì che i suoi agenti scrivano su giornali appartenenti a tutte le fazioni dello spettro politico per mascherare il potere dietro un falso pluralismo. Oggi in Occidente è caduta perfino quell'apparenza di pluralismo.

L'omicidio della giornalista russa Anna Politkovskaja, il 7 ottobre scorso, è stato accolto con l'unanimità monolitica che è diventata il segno distintivo della cosiddetta stampa libera occidentale. Il 9 gennaio il quotidiano di destra Daily Telegraph ha dedicato un fondo all'omicidio, che cominciava con la frase:

"'Talvolta le persone pagano con la propria vita per dire ad alta voce quello che pensano,' disse lo scorso anno Anna Politkovskaja a proposito della Russia di Putin".

Quello stesso giorno anche il quotidiano di sinistra Guardian ha pubblicato un fondo sull'omicidio, che cominciava così:

"'Talvolta le persone pagano con la propria vita per dire ad alta voce quello che pensano,' disse Anna Politkovskaja a una conferenza sulla libertà di stampa lo scorso dicembre.

Tutta la stampa britannica, americana e dell'Europa occidentale ha esaltato la Politkovskaja come "uno dei giornalisti russi più coraggiosi e brillanti" (The Guardian), "una delle poche voci che osavano contraddire la linea del partito" (The Daily Telegraph), "una forza incendiaria che lottava per la libertà" (The Independent), "la più famosa giornalista investigativa russa" (The Times), "una delle più coraggiose giornaliste russe" (The New York Times); "una vittima di raro coraggio" (The Washington Post). Tutte queste citazioni provengono dagli articoli di fondo che ciascuno di questi giornali ha ritenuto di dover dedicare alla sua morte. In realtà, Anna Politkovskaja era praticamente sconosciuta in Russia. La reazione esemplare di un ricco uomo d'affari russo durante una cena a Buxelles la sera dell'omicidio è stata:

"Politkovskaja? Mai sentita nominare".

Sotto questo aspetto la Politkovskaja ricorda un altro giornalista che aveva rapporti con il Caucaso, Georgij Gongadze, il cittadino ucraino dal cognome georgiano il cui omicidio nel 2000 fu strumentalizzato dagli Stati Uniti nel tentativo di compromettere l'allora presidente ucraino, Leonid Kučma. La Politkovskaja non era sconosciuta come Gongadze, che si limitava ad avere un semplice sito web (anche se a Washington DC fu ricevuto dal Segretario di Stato Madeleine Albright), mentre il giornale per il quale lavorava la giornalista russa ha una diffusione di 250.000 copie. Non è comunque moltissimo in un paese di quasi 150 milioni di abitanti e certamente non abbastanza per meritarle gli elogi esagerati che le sono stati rovesciati addosso dopo la morte.

I media britannici e americani hanno anche fatto a gara nell'indicare come colpevole il presidente Putin. Il Financial Times ha scritto che:

"In senso ampio, il signor Putin ha la responsabilità di aver creato, attraverso l'attacco del Cremlino ai media indipendenti, un'atmosfera in cui possono aver luogo omicidi di questo tipo".

Il Washington Post ha affermato pomposamente che:

"È possibile, senza svolgere alcun lavoro di indagine, indicare ciò che è in definitiva la causa di queste morti: il clima di brutalità che ha prosperato sotto il governo di Putin".

Tutti i giornali insinuavano che la Politkovskaja fosse stata uccisa da alleati del presidente russo per aver raccontato la verità sulla guerra in Cecenia. Secondo loro la Russia è quasi una dittatura in cui il governo non è disposto a tollerare alcuna forma di dissenso, e hanno illustrato questa teoria facendo riferimento - anche se in termini stranamente vaghi - al numero dei giornalisti che sono stati vittima di omicidi su commissione simili a questo.

È qui che possiamo chiamarli bugiardi. Alcuni di questi articoli contenevano sbrigativi riferimenti all'ultimo giornalista ucciso a Mosca prima della Politkovskaja, il direttore americano di Forbes magazine, Paul Klebnikov, senza aggiungere che nessuno aveva mai suggerito che fosse stato il governo russo a far uccidere Klebnikov. Al contrario: mentre la Politkovskaja era un'oppositrice di Putin, Klebnikov si opponeva agli oligarchi. Scrisse un brillante libro su Boris Berezovskij - uno dei libri più informativi sulla transizione russa negli anni Novanta, in cui accusava Berezovskij di omicidio e di collusione con la malavita e i trafficanti di droga ceceni - e pubblicò una serie di interviste con uno dei capi separatisti ceceni, intitolate poco diplomaticamente "conversazioni con un barbaro". Per il suo lavoro fu premiato con un proiettile in testa. Quando morì, sulla stampa occidentale non fu celebrato il suo coraggio, anche se era americano, perché Klebnikov per tutta la vita aveva affermato che la politica occidentale in Russia è basata su un'alleanza con criminali, e che gli "uomini d'affari" che l'occidente esalta come combattenti per la libertà - Berezovskij ha asilo politico in Gran Bretagna - sono di fatto un mucchio di spietati assassini.

All'opposto di Klebnikov e della Politkovskaja, l'unico giornalista russo ucciso che tutti i russi conoscevano - e il cui nome è praticamente sconosciuto in Occidente - era Vlad List'ev.
Quando cadde sotto i proiettili del suo assassino, la notte del 1° marzo 1995, List'ev era il più popolare conduttore russo di talk show e una delle persone più ascoltate del paese, una vera stella della televisione. Era appena diventato direttore del canale principale, ORT (ora Primo Canale). Nonostante la sua immensa fama, i media occidentali non hanno mai citato il suo omicidio come un esempio dell'illegalità o dell'intolleranza incoraggiate dall'allora presidente Boris El'cin (che è quello che stanno facendo adesso con Putin). Questo è certamente dovuto al fatto che - per usare i leggiadri eufemismi di Wikipedia - "Quando List'ev tagliò fuori l'intermediazione delle agenzie pubblicitarie privò molti uomini d'affari corrotti di una fonte di enormi profitti". In parole povere, significa che secondo la maggior parte dei russi List'ev fu assassinato o da Boris Berezovskij - che assunse il controllo di ORT immediatamente dopo l'omicidio, e ampiamente a causa di esso - o da Vladimir Gusinskij, un magnate televisivo rivale che, come Berezovsky, è un oligarca dell'era El'cin ora in esilio. L'unico giornalista occidentale che discusse apertamente della possibilità che il mandante dell'omicidio List'ev fosse Berezovsky, Gusinskij o un alleato di Berezovskij, e cioè il magnate della pubblicità Sergej Lisovskij, fu, stranamente, Paul Klebnikov.

Tra i colleghi della Politkovskaja alla Novaya Gazeta ci sono celebri commentatori filoamericani come l'analista della difesa Pavel Felgenhauer, che lavora anche come articolista per la Jamestown Foundation: il direttore di quell'organizzazione, Glen Howard, è direttore esecutivo del Comitato americano per la pace in Cecenia, un gruppo neocon che appoggia un "compromesso politico" con i terroristi della provincia del Caucaso Settentrionale della Federazione Russa. Questo può spiegare perché si riesca a trovare una sola, monolitica opinione sulla Politkovskaja in tutti i media occidentali.
Allo stesso tempo, però, nella stessa presunta dittatura russa c'è una grande varietà di ipotesi sul suo omicidio. Le teorie che ora circolano a Mosca sull'assassinio comprendono (oltre a quella che indica come responsabili il governo russo o le autorità cecene):

- la vendetta di poliziotti corrotti ricercati o incarcerati in seguito ai suoi articoli sensazionalistici;
- una cospirazione degli oppositori del presidente russo e del primo ministro ceceno, Ramzan Kadyrov, per screditarli;
- la vendetta di ex-militanti ceceni;
- un omicidio voluto dai nazionalisti russi che si oppongono a Putin (il suo nome era sulle liste di morte di vari gruppi neonazisti);
- la provocazione politica per screditare le autorità cecene o innescare reazioni in quella provincia;
- una cospirazione di oppositori dell'ex repubblica sovietica della Georgia, con la quale Mosca è attualmente impegnata in un acceso scontro diplomatico.

Scegliete l'ipotesi che vi sembra più plausibile, ma soprattutto notate che la varietà stessa di punti di vista smentisce l'affermazione che la Politkovskaja si trovasse a combattere contro una macchina mediatica monolitica controllata dal governo.

Tra i molti punti di vista espressi, pochi sono più efficaci come questo, scritto da un commentatore di Lentacom.ru:

"L'omicidio Politkovskaja produce inequivocabili benefici per l'Occidente. Nell'ultimo mese c'è stato un ufficioso giro di vite nei confronti della Russia. I tentativi di far entrare l'Ucraina nella NATO. L'intenso dialogo dell'alleanza con la Georgia. Il comportamento di Saakašvili (il presidente georgiano), molto umiliante per la Russia e certamente concordato precedentemente con le potenze occidentali. Teoricamente, l'omicidio Politkovskaja distoglie l'attenzione dalla Georgia e fa sì che crescano le pressioni occidentali sulla Russia: da questo, oggi, la Georgia può trarre solo vantaggi.
Credo tuttavia che coloro che hanno commissionato il crimine siano più globali. Non ci sono prove dirette del fatto che qualcuno a Ovest possa aver fornito istruzioni. Non c'è dubbio, però, che l'Occidente ne sia un beneficiario diretto".

Non dobbiamo credere a questa o ad altre teorie del complotto. Ma in Russia il lettore ha un gran numero di diversi punti di vista da prendere in considerazione, tutti facilmente accessibili all'uomo comune che compri un giornale o che navighi su internet. A Ovest, invece, anche il più assiduo e incallito teorico della cospirazione troverà molto difficile trovare qualcosa di diverso dall'ipotesi che indica Putin come colpevole.
Che cosa vi dice tutto questo sul pluralismo politico e mediatico in Occidente?

John Laughland è membro del British Helsinki Human Rights Group e socio di Sanders Research.

Link


venerdì, ottobre 20, 2006

Falso Positivo per Intrinseca Incoerenza

Mi sono appena accorta che Blogger mi ha attivato la verifica delle parole. Cioè, prima di pubblicare o modificare un post devo digitare le parole strane e tutte storte tipo cvpcici o plinkvz o pljskvca.
Che brutta roba.
E perché, Blogger? Ci siamo forse litigati?

"I robot di prevenzione dello spam di Blogger hanno rilevato che il tuo blog mostra le caratteristiche di un blog di spam. Dal momento che tu stai leggendo, il tuo blog non è verosimilmente un blog di spam. Il rilevamento dello spam automatizzato è intrinsecamente incoerente. Ci scusiamo per questo falso positivo".

Sono un falso positivo.
Allora mi faccio coraggio e vado a leggere la sezione "Che cos'è un blog di spam?".
E lì, capisco:

"[I blog di spam] sono riconoscibili per la presenza di testo irrilevante, ripetitivo o senza senso".

Sono io.

"Prima di poter disattivare la verifica delle parole obbligatoria sui tuoi post, è necessario che il tuo blog venga revisionato da un nostro responsabile per verificare che non si tratti di un blog di spam. Compila il seguente modulo per ottenere una revisione".

Ho compilato (c'erano delle paroline storte da copiare anche lì), adesso aspettiamo che passi questo responsabile che ci guarderà strano, frugherà dappertutto come una suocera e non si farà andar bene niente (e cosa sono 'ste parolacce, e come mai nei commenti parlate tutti insieme, e perché il tostapane e il server di Blogger stanno collegati alla stessa presa elettrica, e mai nessuno che faccia la polvere, cosa ci fa il capo in cucina, sono queste le ore di mangiare, ci sono briciole di patatine dappertutto).
Per ora sto sul giro d'aria.
E se mi mandano in rieducazione? E se all'improvviso mi costringono a scrivere solo cose intelligenti? E se vengo espulsa da Blogger e mi tocca chiedere asilo a Splinder? Lì su Splinder però esiste già un mirumir, e io ho due ipotesi:
1. è un camionista degli Urali che ha rinunciato per sempre all'idea di un blog e ha messo su un salone di acconciature Lui&Lei alla periferia di Ekaterinburg (probabilità: 5%);
2. sono sempre io che mi sono dimenticata la password (probabilità: 95%).
Allora ho chiesto a Splinder di rispedirmi questa benedetta parola chiave dei miei stivaletti (a questo punto almeno avessi scelto "alidada", che poi sarebbe tornata utile anche in un altro modo), ma la mail o arriva a un mio indirizzo ormai estinto oppure va dritta a Ekaterinburg dove non sanno che farsene ("Nu, Sergej, što že takoe Splinder?"). Come che sia, su consiglio di Anna mi sono registrata come m1rum1r, però in compenso mi filano solo i tredicenni. Ho anche riperso la password.
Come è duro calle lo scendere 'l salir per l'altrui piattaforme. Due palle, chioserebbe m1rum1r.

Falso Allarme per Ragazzina Canaglia

Sul suo MySpace Julia Wilson, 14 anni, scrive "E così Bush è un idiota, sai che novità?"; poi posta un'immagine con la faccia del presidente, il coltello conficcato in una mano e la scritta "Kill Bush".
Gli agenti del Servizio Segreto degli Stati Uniti vanno a prelevarla a scuola durante la lezione di biologia per sottoporla a un interrogatorio di venti minuti.
A sua madre hanno già fatto alcune intriganti domande: che lavoro fa suo marito? appartenete a qualche organizzazione che pianifica il rovesciamento dell'attuale governo? lo sa che se un terrorista straniero arriva sul sito di sua figlia e vede quello che ci ha scritto può trarne ispirazione? lo sa che quell'immagine è considerata una grave minaccia nei confronti del Presidente degli Stati Uniti?
Il fatto che la creazione antibush di Julia risalga a diversi mesi fa e sia stata rimossa dal sito l'estate scorsa sembra non fare alcuna differenza.
"Ho detto loro che semplicemente non sono d'accordo con la politica di Bush. Non intendo fargli del male in alcun modo. Sono un tipo molto pacifico. Semplicemente non mi piace Bush", ha dichiarato Julia nostra. Ce l'hanno fatta anche piangere, i federali.
Il Servizio Segreto non ha commentato il fatto.
Peter Scheer, della California First Amendment Coalition, ha detto: "La soglia si è abbassata. È stato per far capire ai ragazzini di MySpace che postare una cosa come 'Uccidete il Presidente' non è come dirlo via e-mail o al telefono. Il governo controlla la rete".

Perché come ha detto ier Michael Chertoff, segretario per la Sicurezza Nazionale, la rete è un utile strumento per gli aspiranti terroristi: "Adesso possono addestrarsi su Internet. Non devono necessariamente andare in un campo d'addestramento né parlare con qualcuno, e il diffondersi di questa combinazione di odio e di competenze tecniche in cose come la fabbricazione di bombe è pericoloso".

Sciocchezze.
Ora spiegatemi di nuovo con calma, gentilmente e per la terza volta come si carica questo stupido Ak47.

Adesso, su consiglio di un'insegnante bastarda, Julie modera un gruppo che promuove la pace nel mondo.

[Pling plong! Questo falso allarme ci è stato gentilmente offerto da: Petrolio]

Motori

"Quando penso al Presidente Bush e alla sua politica estera mi viene in mente quella vecchia barzelletta sul tale che sale per la prima volta su un aereo. Quando si ferma un motore si tranquillizza all'annuncio che non c'è nessun pericolo ma che l'aereo atterrerà con mezz'ora di ritardo. Resta tranquillo anche quando si ferma il secondo motore e gli dicono che ci saranno solo due ore di ritardo. Quando si ferma il terzo motore, e viene annunciato un ritardo di quattro ore, si gira verso il suo vicino e dice: 'Se si ferma anche anche il quarto, finiremo per star quassù tutto il giorno'".

H.D.S. Greenway, A Foreign Policy Meltdown, The Boston Globe.

giovedì, ottobre 19, 2006

Falso Allarme per Lassativo

Tra gli attentati terroristici con armi di distruzione di massa sventati dal Governo americano nel 2006 (raccolti in un documento propagandistico diffuso da un senatore repubblicano) non figura nessun presunto terrorista islamico.
In compenso c'è William Krar, che potremmo chiamare obiettore fiscale e che aveva messo insieme un bel po' di materiale chimico e di letteratura in cui si spiegava come abbattere governi tirannici e uccidere il papa e le persone di pelle scura. Con lui ci sono anche la moglie e l'amico, solo che sono considerati come casi separati (e fanno tre).
E poi c'è Casey Culter. A quanto pare Culter soffre di problemi mentali e si sta "curando da solo" con la marijuana e altre droghe. Per vendicarsi dei suoi disonesti spacciatori decide di avvelenarli con la ricina. Scarica da internet le istruzioni per fabbricare la sostanza tossica - che prevedono tra le altre cose la macinazione di semi di ricino - e scopre che gli mancano i semi e non sa come procurarseli. Allora va in farmacia a comprare dell'olio di ricino, che ovviamente non contiene ricina.
Però Cutler non lo sa, e fa bollire l'olio di ricino "per ridurlo" e utilizza l'acetone come da istruzioni per estrarre la famosa ricina.
Ma com'è che si è fatto beccare dai federali?
Cutler ha un compagno di stanza, anche lui un po' confuso e di certo not the sharpest knife in the drawer: il tizio si prende una bronchite, ma siccome sa quello che sta combinando Cutler pensa di essere stato avvelenato e corre al pronto soccorso.
Lì a un certo punto viene pronunciata la magica parola "ricina", che porta al tempestivo intervento della squadra SWAT di Phoenix, delle unità antiterrorismo e dell'FBI.
Il Documento della corte federale si trova a un certo punto nell'imbarazzo di dover ammettere che Casey era ben lontano dalla fabbricazione di un'arma di distruzione di massa. E allora scrive che "L'imputato ha fatto qualcosa che costituiva un passo importante verso la produzione di una tossina biologica".
Certo: il più potente lassativo in circolazione.

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Filo spinato

Dalle Q&A del New York Times Magazine con John Ashcroft:

– Il suo nuovo libro sul dopo-11 settembre si intitola Never Again (Mai più). Non trova che sia inappropriato usare una frase tradizionalmente riferita all'Olocausto?
– L'ho usata perché il Presidente Bush si girò e guardò nella mia direzione e disse "Fa' in modo che questo non accada mai più".

– Oltre a scrivere canzoni lei si diletta d'arti visive. Qual è il suo genere?
– Faccio sculture con il filo spinato.
– Perché proprio filo spinato?
– Perché ce n'era in eccesso, nella mia fattoria.

martedì, ottobre 17, 2006

Il pelo sullo stomaco

"Quello è un fissato strabico."
Rosa Russo Iervolino

Ero in salotto, ai piedi del divano, impegnato nella quotidiana rassegna stampa. Il mio nuovo compito è Seek&Stress, evidenziare i temi Hot&Hidden, che poi la signora Miru approfondirà per "In My Humble Opinion, rubrica di "Leggiadria", nota ginerivista. Un lavoro complesso e delicato: siamo in corsa per l'ambìto "Bleachspot Blog Awards 2006", mica pigne. Finalmente sono stato assegnato ad un incarico decoroso e adeguato alla mia preparazione, anche se, non essendo dotato di pollice opponibile ed incapace di maneggiare le forbici, sono costretto a stringere tra le fauci un grosso pennarello rosso. L'abbondante produzione di bava è lesiva della mia dignità, oltre che causa di deterioramento per gli articoli evidenziati.
Insomma, era sabato e mi trovavo in salotto. Come al solito non la sento arrivare, adora avvicinarsi sottovento e in punta di zeppe. "Poli, me l'hanno ammazzata, hanno ammazzato Annuška..." sussurra prima di zeppettare via, sconsolata. Povera Anja, simpatica e coraggiosa. La conobbi a Rybač'e, nel Cimitero dei Sommergibili Perduti, quando venne per parlare col mio capitano. Quanta gioia e amarezza, nell'affidare a quella donna le nostre paure e le nostre speranze. Lasciati cadere nell'oblio, ad eterna guardia di un arsenale così potente e pericoloso, così inutile e in rovina.
Da allora non si vive più. La signora Miru si è barricata in casa. Non solo per la tristezza e lo sconforto, no: "Il mondo deve sapere!" ha scritto nel screensaver. Draga internet e legge qualunque pagina associata alla chiave di ricerca politkovskaja, traduce e pubblica perché Anna Politkovskaja non diventi un santino scolorito e spiegazzato, scivolato sotto il sedile o seppellito nel cruscotto. Pavimenti e ripiani sono disseminati di libri, grammatiche, vocabolari e giornali. "C'è da dire che ultimamente traduco tantissimo, sono diventata anche veloce ma mi piacerebbe curare di più. Sono velocissima, nel mio genere.", si vanta. Quale genere, lo sa solo lei. Ha perfino riesumato il Majzel' - Skvorcova, dizionario andata e ritorno per la Russia, in due volumi, compilato in era sovietica e quindi ignaro di lemmi come tostapane (cuocevano i toast negli altoforni), azionariato diffuso o chinotto. Cito: "Edizione terza stereotipata con tavole morfologiche della lingua russa compilate dal dottore in filologia A. A. Zaliznjak". Stereotipato non solo dal punto di vista tipografico: si può leggere "Gli studenti e i professori dell'università di Mosca non sono mai rimasti estranei agli avvenimenti sociali", come pure "Grazie al fatto che era stato adottato un nuovo metodo, la costruzione dell'impianto procedeva a ritmi accelerati". Vi allego l'esilarante prefazione, nella quale si predice un futuro radioso in cui il russo sarà la lingua franca dell'umanità (con l'attachment comunismo).
Ma la cosa peggiore è un'altra: se non si esce di casa, non si fa la spesa. Il frigo e la dispensa sono ormai vuoti e da due giorni mi nutro di fiocchi d'avena impastatati con acqua. La signora Miru sintetizza proteine e glicogeno dai dispiaceri, lo stupido gatto è in convalescenza e se ne frega. Mi è proibito toccare le sue scatolette personali, una pila alta così di Anatra & Fagioli Zolfini, Lepre & Broccoletti o Agnello & Lampascioni, anche se il signor G. non le degna di un'annusata. Ho trafugato un Cavedano & Cuori Di Carciofo ma sono stato scoperto mentre tentavo di forzare la latta e ora le leccornie sono nella No-Grab Zone, sopra i pensili della cucina.
Ormai non ho più bisogno di scendere in giardino per le urgenze, non avendo nulla da smaltire. La signora Miru me lo avrebbe proibito in ogni caso, dopo la volta in cui mi sono sottratto alla sorveglianza e ho mangiato una cinquantina di minuscole pere abbandonate tra l'erba, con ripercussioni letali sul mio intestino. Ha poco da ridere, lo stupido gatto. Gli è venuta la gastrite a forza di inghiottire pelo: nello stomaco aveva un maglione infeltrito, ormai, era ridotto come un peluche imbottito. Il veterinario, il mio eroe personale, gli ha ordinato un farmaco dal nome evocativo, il Remover. Così assimila, ha pudicamente precisato la signora Miru. Chiamalo assimilare: il signor G. si è svuotato come un tubetto di dentifricio. Quella donna premurosa ha celato il farmaco in una crema di crema di Edgar e quando il gatto si è rifiutato di mangiarne ancora era troppo tardi: il Processo di Assimilazione era già iniziato. Ora sembra essersi ripreso ma ogni sera, prima di dormire, la signora Miru gli dà cento colpi di spazzola. E se ti sta a cuore la vaghezza intestinale del tuo gatto, la profilassi prevede la regolare assunzione degli inquietanti croccantini Haarballen Kontrolle, a base di fibre di crauti.
Neanche in Italia si scherza, sarà per questo che finora non ho sofferto di nostalgia. Durante il Seek & Stress di questi giorni, ho appreso di un tale Roberto Saviano. Un giovanissimo giornalista e scrittore di cui avevo letto alcuni articoli pubblicati sull'Espresso, settimanale che in casa gode dello status e della libertà di movimento di un palestinese dei territori occupati ("A volte non lo compro", ha deciso arbitrariamente la signora Miru). Roberto Saviano vive tra lettere minatorie, telefonate mute, l'ostracismo di panettieri e camerieri, il disprezzo di Rosa Russo Iervolino che, consegnandogli il premio Siani, riesce ad offendere in un colpo solo il giornalista e il cronista alla cui memoria è dedicato il riconoscimento ("Simbolo di quella Napoli che lui denuncia"). Sono anni che gli infilano stuzzicadenti nel campanello, bucano le gomme dell'auto, orinano sulla sua bouganville, zampizzano il cane. Ma ora ha passato il segno: a causa del successo del suo libro "Gomorra" (premiato al Viareggio-Repaci, viaggia sulle 100mila copie), in questi mesi i camorristi e i loro traffici godono di una pubblicità sgradita. Opera tra il romanzo e l'inchiesta, è narrata in prima persona e non solo attraverso il filtro di documenti giudiziari o rapporti di polizia: Saviano è capace di infiltrarsi come cameriere al matrimonio di un capoclan e di travestirsi da manovale o spacciatore di pulcinella in gesso per turisti. I genitori gli hanno tolto il saluto, il fratello è scappato al Nord sotto il nome di Bepi Favaro, militante della Liga Veneta (una copertura rischiosa). Saviano ha osato perfino partecipare alla recente mobilitazione anticamorra indetta a Casal di Principe (che negli anni '90 deteneva il record mondiale di omicidi), esortando i non pochi cittadini presenti a rifiutare una vita organica alla malavita, indicando il cancro con nomi e cognomi. All'appello erano assenti giustificate le autorità: "Tengo 'o male 'e panza", si è difeso un parlamentare eletto in città. C'era invece il capoclasse Schiavone, cugino di Francesco "Sandokan" Schiavone (convinto che la Tigre della Malesia fosse un eroico trafficante di oppio che lottava contro il cartello dell'assenzio inglese), che con solerzia annotava sul registro i presenti e coloro che applaudivano troppo forte, disturbando la lezione.
Ora Saviano si è preso una pausa lontano dalla Campania, ma sembra che finalmente il Comitato Provinciale per l'Ordine Pubblico di Caserta stia valutando l'adozione urgente di misure di protezione. Non siamo mica nella Russia di Putin, qui. Un valente metronotte passerà ogni notte sotto casa, finché non esploderà, e apporrà l'apposito bollino; il cane sarà deportato in un canile rifugio della Val Brembana; al giornalista sarà assegnata una nuova identità: dopo un nuovo taglio di capelli (biondo e con la frangia), si chiamerà Savino Roberato e lavorerà come un giornalista normale, col culo sprofondato nella sedia dell'ufficio, scrivendo violenti articoli di denuncia mediante aggiunta di avverbi ed aggettivi ai comunicati ansa.
Per la sua vicenda si sono mobilitate diverse personalità della politica e della cultura, come il ministro degli Interni Giuliano Amato, il sindaco di Caserta, lo scrittore Massimo Carlotto. Ha fatto scalpore l'appello di Umberto Eco davanti alle telecamere del TG1: un raffinato, enigmatico e spiritoso componimento in stile rosacrociano, in rime latine e provenzali.

L'errore di Putin

Quello che nuoce alle indagini
di Dmitrij Muratov, direttore responsabile della Novaja Gazeta

Il Presidente del paese ha il pieno diritto di non amare A. S. Politkovskaja. Del resto, sappiamo che A. S. Politkovskaja lo ricambiava. Probabilmente per la dichiarazione fatta in Germania il Presidente ha fatto riferimento alle pubblicazioni della Politkovskaja.
Penso che abbia fatto un errore. Quando il leader di una nazione, al quale sono soggette tutte le strutture del potere, offre nei primi giorni, nelle prime ore delle indagini la sua versione personale, cioè la versione del presidente secondo la quale gli assassini sono i nemici esterni della Russia, gli inquirenti possono interpretarlo come un ordine del comandante in capo e tralasciare le altre ipotesi. I giornalisti l'hanno già interpretato così. La "Selezione" (cioè il compendio di tesi significative che vale la pena di sviluppare) che viene passata alle televisioni e alle redazioni giornalistiche dal Cremlino, evidentemente, sta già funzionando.
E già non esistono altre ipotesi, oltre a quella presidenziale? Capisco che il presidente interpreti questo assassinio come un'azione criminosa e abbia voglia di passar sopra il fatto che è accaduto il giorno del suo compleanno. Il Presidente, a quanto pare, capisce che non è stato un duro colpo solo per i figli di Anna, per sua sorella, per sua madre, per tutta la famiglia, per noi del giornale, ma anche per lui. Ma non so se sappia da che parte è arrivato. Come non so se ci sia già nel paese un "Partito del Terzo Termine". Quello che per proteggere i propri interessi sarebbe pronto a tutto per fare del presidente una figura inaccettabile per la comunità internazionale ma tuttavia capace ("alla Lukašenko") di durare al potere.


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Viaggi gratis dal Governo degli Stati Uniti

Dal conservatore New York Sun:

"Sospetto membro di Al Qaeda: il Governo degli Stati Uniti mi ha dato l'LSD".

Il sospetto terrorista è Jose Padilla, imprigionato 3 anni e mezzo fa come combattente nemico perché accusato di voler preparare una bomba sporca. Sì, quello che credeva che si potesse separare il plutonio dal materiale nucleare facendo ruotare sopra la testa un secchio pieno di materiale fissile. Strano che non gli fosse venuto in mente di usare almeno la centrifuga per l'insalata.

Sospendendo per un momento l'incredulità, una si chiede: ma per il Governo degli Stati Uniti sarebbe stato legale somministrare l'LSD e il PCP durante gli interrogatori?
TPMuckracker cita il famigerato Bybee Memo del 2002, che prendeva il nome dal capo dell'ufficio legale del Dipartimento di Giustizia, Jay S. Bybee, e conteneva le linee guida sul trattamento dei detenuti. Il memo concludeva che la somministrazione di sostanze stupefacenti (purchè non causasse profondi disturbi della personalità e danni mentali prolungati*) secondo il Dipartimento della Giustizia era in effetti legale.
Viaggi gratis dal Governo degli Stati Uniti, che notizia. Certo, c'era il rischio che il detenuto volasse fuori dalla finestra perché pensava che gli fossero spuntate le ali, però non era tortura.

* il Bybee Memo specificava questi danni: "incapacità di trattenere nuove informazioni o ricordare informazioni del passato", "deterioramento della funzione del linguaggio, cioè ripetizione di suoni o parole", "incapacità di eseguire semplici attività motorie, come vestirsi e fare ciao con la mano", "incapacità di riconoscere e identificare oggetti 'come sedie o matite'", "l'instaurarsi di un 'breve stato psicotico' con sintomi come allucinazioni o uno stato catatonico che può durare da un giorno a un mese".

lunedì, ottobre 16, 2006

Una condannata, di Anna Politkovskaja

Ieri il Guardian ha pubblicato la traduzione inglese di un articolo inedito di Anna Politkovskaja.
L'ho tradotto:
1. perché è interessante e rivela molto dell'atteggiamento e delle motivazioni della giornalista, della sua sensazione di isolamento ma anche della sua testardaggine: c'era una forte consapevolezza, nel suo lavoro, più che una vocazione al martirio. Per quanto mi riguarda, preferisco questa Politkovskaja in versione da combattimento a quella semplificata ad uso emotivo-sentimentale che è spesso emersa nei giorni successivi alla sua morte;
2. perché dopo tre giorni non se ne parlava più;
3. perché adesso che ho un tag "Russia" questo è un buon modo per cominciare a occuparmi dell'argomento, dal mio punto di vista (i media, la percezione che la Russia ha di se stessa oggi, l'immagine spesso distorta e riduttiva fornita dai mezzi di informazione europei e americani). Sempre che ci riesca e che sia possibile, altrimenti il tag "Russia" cadrà pacificamente nell'oblio.

Una condannatadi Anna Politkovskaja

Sono un paria. Questo è il risultato principale del mio lavoro giornalistico negli anni della seconda guerra cecena e dell'aver pubblicato all'estero alcuni libri sulla vita in Russia e sulla guerra cecena. A Mosca non mi invitano alle conferenze stampa né alle riunioni alle quali siano presenti personalità del Cremlino, perché non pensino che gli organizzatori covano simpatie nei miei confronti. Nonostante questo, tutti i più alti rappresentanti del governo mi parlano, se interpellati, quando scrivo i miei articoli o faccio delle inchieste, ma solo segretamente, dove non possono essere visti: all'aperto, in qualche piazza, in case sicure alle quali arriviamo prendendo strade diverse, come spie. Agli alti dirigenti piace parlare con me. Sono felici di darmi delle informazioni. Mi incontrano e mi raccontano quello che succede ai vertici. Ma solo in segreto.

A questo non ci si abitua, ma si impara a conviverci. È esattamente così che ho dovuto lavorare durante la seconda guerra cecena. Mi nascondevo dall'esercito federale russo, ma ero sempre in grado di entrare in contatto clandestinamente con le singole persone attraverso intermediari di fiducia, così che i miei informatori non corressero il rischio di essere denunciati ai generali.
Quando il progetto di cecenizzazione di Putin ebbe successo (facendo sì che i ceceni "buoni" leali al governo uccidessero quelli "cattivi" che vi si opponevano), ricorsi allo stesso sotterfugio per parlare con gli ufficiali ceceni "buoni", che naturalmente conoscevo da molto tempo e che prima di diventare "buoni" mi avevano accolto nelle loro case nei mesi più difficili della guerra. Adesso possiamo incontrarci solo clandestinamente perché sono un paria, un nemico. Anzi, un nemico incorreggibile che non si presta a essere rieducato.

Non sto scherzando. Tempo fa Vladislav Surkov, vice presidente dell'amministrazione presidenziale, ha spiegato che esistono dei nemici che possono essere ricondotti alla ragione e nemici incorreggibili con i quali ragionare è impossibile e che devono essere semplicemente "epurati" dall'arena politica.

E così stanno cercando di togliere di mezzo me e altri come me.

Il 5 agosto del 2006 mi trovavo in mezzo a una folla di donne nella piccola piazza di Kurčaloj, un polveroso villaggio ceceno. Indossavo sulla testa una sciarpa ripiegata e annodata come fanno molte donne della mia età in Cecenia, senza coprire completamente il capo ma anche senza lasciarlo scoperto. Era essenziale che mantenessi l'anonimato, altrimenti chissà cosa sarebbe successo.
Su un lato della piazza, sulla tubazione del gas che attraversa tutto il villaggio di Kurčaloj, erano stesi dei pantaloni di tuta maschili, imbrattati di sangue. Allora era già stata portata via la testa mozzata dell'uomo, che non vidi.

Nella notte tra il 27 e il 28 di luglio alla periferia di Kurčaloj due combattenti ceceni erano caduti in un'imboscata tesa loro dalle unità di Ramzan Kadyrov, leader amico del Cremlino. Uno, Adam Badaev, era stato catturato, mentre l'altro, Hoj-Ahmed Dušaev, di Kurčaloj, era stato ucciso. Verso l'alba una ventina di macchine Žiguli, piene di uomini armati, entrarono nel villaggio e andarono alla stazione di polizia. Avevano con sé la testa di Dušaev. Due di loro la appesero. Sotto stesero i pantaloni insanguinati che ora stavo vedendo.

Gli uomini armati passarono due ore a fotografare la testa con i cellulari.

La testa rimase lì per 24 ore, poi i miliziani la portarono via ma lasciarono i pantaloni dove stavano. Gli agenti dell'ufficio del procuratore generale cominciarono a ispezionare la scena dello scontro e la gente del posto sentì uno degli ufficiali chiedere a un sottoposto: "Hanno finito di ricucire la testa?".

Il corpo di Dušaev, con la testa ricucita al suo posto, fu portato sul luogo dell'imboscata e gli agenti del procuratore generale cominciarono a esaminare la scena del crimine seguendo le normali procedure investigative.

Scrissi di questo sul mio giornale, astenendomi dal commentare e limitandomi a mettere un po' di puntini sulle "i" a proposito di quello che era successo. Arrivai in Cecenia quando uscì l'articolo sul giornale. Le donne nella folla cercarono di nascondermi perché erano sicure che gli uomini di Kadyrov mi avrebbero uccisa sul posto se avessero saputo che mi trovavo lì. Mi ricordarono che Kadyrov aveva pubblicamente giurato di uccidermi. Durante una riunione del suo governo aveva detto che ne aveva abbastanza, e che la Politkovskaja era condannata. Me l'avevano riferito membri di quello stesso governo.

Perché? Perché non scrivevo quello che voleva Kadyrov? "Chiunque non sia dei nostri è un nemico". Così ha detto Surkov, e Surkov è il principale sostenitore di Ramzan Kadyrov nella cerchia di Putin.

"Ramzan mi ha detto, 'È così stupida da non conoscere il valore del denaro. Le ho offerto dei soldi ma non li ha presi'", mi raccontò quello stesso giorno un vecchio conoscente, un alto ufficiale delle forze speciali della milizia. Lo avevo incontrato in segreto. Essendo "uno dei nostri", diversamente da me, avrebbe avuto dei problemi se ci avessero visti insieme. Quando venne l'ora di andarmene era già sera, e insistette perché mi fermassi in quel luogo sicuro. Temeva che potessero uccidermi.
"Non devi uscire", mi disse. "Ramzan è infuriato con te".

Decisi di andarmene comunque. Quella notte mi aspettavano a Groznij per un altro colloquio segreto. Propose di farmici accompagnare con un'auto della milizia, ma mi sembrò ancora più rischioso. A quel punto sarei diventata un bersaglio per i combattenti.

"Sono almeno armati, là dove stai andando?", domandò ansiosamente. Durante tutta la guerra mi ero sempre trovata tra due fuochi. Quando qualcuno minaccia di ucciderti sei protetto dai suoi nemici, ma domani il pericolo verrà da qualcun altro.

Perché corro tutti questi rischi? Solo per spiegare che la gente in Cecenia ha paura per me, e lo trovo molto commovente. Hanno paura per me più di quanto ne abbia io, ed è così che sopravvivo.

Perché Ramzan ha giurato di uccidermi? Una volta lo intervistai e mandai in stampa l'intervista esattamente come l'aveva rilasciata, con la sua tipica stupidità da idiota, con la sua ignoranza e le sue inclinazioni diaboliche. Ramzan era convinto che l'avrei riscritta completamente, presentandolo come un uomo intelligente e onesto. Dopotutto così si comporta oggi la maggioranza dei giornalisti, quelli che "stanno dalla nostra parte".

È abbastanza perché qualcuno giuri di ucciderti? La risposta è semplice quanto la morale personalmente incoraggiata da Putin. "Siamo spietati con i nemici del Reich". "Chi non è con noi è contro di noi". "Coloro che sono contro di noi devono essere annientati".

"Perché te la prendi tanto per quella testa mozzata?", mi chiede Vasilij Pančenkov quando ritorno a Mosca. Dirige l'ufficio stampa delle truppe del Ministero degli Interni, ma è una brava persona. "Non hai niente di meglio di cui preoccuparti?". Gli sto chiedendo di commentare i fatti di Kurčaloj per il nostro giornale. "Scordatelo. Fingi che non sia mai successo. Te lo dico per il tuo bene!".

Ma come posso dimenticarlo, se è successo?

Disprezzo la linea del Cremlino elaborata da Surkov, che divide le persone tra coloro che stano "dalla nostra parte", "non dalla nostra parte" o perfino "dall'altra parte". Se un giornalista è "dalla nostra parte", riceverà premi e rispetto, forse anche un invito a candidarsi alla Duma. Se un giornalista "non è dalla nostra parte", invece, sarà considerato un sostenitore delle democrazie europee, dei valori europei e diventerà automaticamente un paria. È il destino di tutti quelli che si oppongono alla nostra "democrazia sovrana", alla nostra "tradizionale democrazia russa". (Cosa mai sia, non lo sa nessuno, eppure giurano di esserle fedeli: "Siamo per la democrazia sovrana!")

Non sono un animale politico. Non ho mai aderito a un partito e lo considererei uno sbaglio per un giornalista, almeno in Russia. Non ho mai sentito il bisogno di candidarmi alla Duma, anche se in passato sono stata invitata a farlo.

Dunque quale crimine mi ha meritato questa etichetta di "non una dei nostri"? Mi sono limitata a riferire quello che ho visto, niente di più. Ho scritto e, meno frequentemente, ho parlato. Sono perfino riluttante a commentare, perché mi ricorda le opinioni impostemi durante la mia infanzia e la mia giovinezza sovietiche. Mi sembra che i nostri lettori siano capaci di interpretare da soli quello che leggono. Ecco perché il mio genere è il reportage, con limitati interventi personali. Non sono un magistrato ma qualcuno che descrive la vita che ci circonda per coloro che non riescono a vederla con i loro occhi, perché quello che viene mostrato alla televisione e di cui scrive la schiacciante maggioranza dei giornali è ammorbidito e indebolito dall'ideologia. Le persone sanno molto poco di quello che succede in altre parti del loro paese, a volte perfino nella loro regione.

Il Cremlino reagisce cercando di bloccarmi l'accesso alle informazioni: i suoi ideologi suppongono che sia il modo migliore per rendere inoffensivo quello che scrivo. Però è impossibile fermare qualcuno fanaticamente dedito alla professione di raccontare il mondo che ci circonda. La mia vita può essere difficile, più spesso umiliante. A 47 anni non sono, dopotutto, così giovane da accettare di imbattermi costantemente nei rifiuti e di farmi sbattere in faccia la mia condizione di paria. Però posso conviverci.

Non voglio dilungarmi sulle altre gioie della strada che ho scelto: l'avvelenamento, gli arresti, le lettere e le e-mail minatorie, le minacce di morte al telefono, il fatto che mi convochino ogni settimana nell'ufficio del procuratore generale per firmare dichiarazioni praticamente su tutti gli articoli che scrivo (la prima domanda è sempre: "Come ha ottenuto questa informazione?"). Ovviamente non mi piacciono gli articoli costantemente derisori che appaiono su altri giornali e su siti internet che mi hanno a lungo presentata come la pazza di Mosca. Trovo disgustoso vivere così; mi piacerebbe ricevere un po' più di comprensione.

La cosa più importante, però, è continuare il mio lavoro, descrivere la vita che vedo, ricevere tutti i giorni in redazione persone che non hanno un altro luogo in cui portare i loro guai perché il Cremlino trova le loro storie inopportune, e così il solo luogo che può dar loro voce è il nostro giornale, la Novaja Gazeta.

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domenica, ottobre 15, 2006

Tutta un'altra logistica

Oggi mi sono imbattuta nell'intervista di Lucia Annunziata a Flavio Briatore.
Quando l'ho sentito parlare di income, di UK e di Italia che grazie al bel tempo potrebbe diventare la Florida d'Europa ho cominciato a prendere appunti.

– Noi nasciamo con una logistica. Uno nasce ai Caraibi, uno nasce in Africa, uno nasce a Cuneo e uno nasce a Milano. Sicuramente se uno nasce in Africa o a Cuneo è già meno fortunato di uno che nasce a Milano. Perché a Milano uno che anche è senza soldi e deve fare un provino alla Rai cammina e arriva qua, uno di Cuneo deve prendere il treno e l'aereo privato e arrivare qua. [...]
Poi nasci ricco... Un esempio. Un amico mio americano mi chiama, i figli hanno sempre viaggiato con l'aereo privato. Il figlio ha cinque anni, l'aereo privato ha avuto un problema, ha preso un aereo di linea, è tornato a casa e ha detto: "Papà, sul nostro aereo c'era un casino di gente". Ecco, allora questa qui è un'altra logistica.
– Lei trova educativo per un bambino non essere mai stato su un aereo di linea? [l'Annunziata, le domande del cavolo che fa.]
– No no no. Parliamo di logistica.