martedì, maggio 18, 2004

5 cent. La piccola posta di Miro Van Pelt



Donne britanniche: una su cinque rinuncerebbe a un aumento o a una promozione pur di avere un corpo da bikini (strano diabolico scambio, vuole forse insinuare che gli aumenti in questo periodo andrebbero comunque a finire in fanghi e dimagranti?). Cellulite, cuscinetti, pelle a buccia d'arancia o a materasso, capillari che sembrano disegnati da Rambaldi, cerette tragiche: è dunque questo il fardello della donna bianca?

Ebbene, sbagliato! Sbagliato tutto!

Ecco qui, sto sfogliando un magazine femminile. Tenete presente che i prodotti di bellezza sono per lo più pubblicizzati da dodicenni russe passate attraverso varie sessioni di photoshop.

Ma andiamo con ordine:
– Rimodella. Rassoda. Scolpisce. Il trattamento corpo a effetto collant (esclusiva tecnologia "tight skin").
– Scent gloss. Te lo spalmi sul corpo, ti fa brillare e in più profuma. (Ricordatevi che agosto è il mese delle vespe, e voi somiglierete molto a un chiassoso fiore tropicale in decomposizione)
– Capsule anticellulite azione urto; il loro asso nella manica è il Recaptacell. Ah però, questa fa già più Esperimento del Dottor K.
– Agisce come un "velo tensore invisibile": si chiama bikini body firmer, e mi sembra giusto chiamare le cose con il loro nome.

Lentamente, ma si capisce: bisogna prendere la decisione che cambia la vita. Stimolare-drenare-ridurre o rimodellare-rassodare-scolpire?

Per fortuna c'è anche un prodotto globale, dall'appeal imagista:
amincit
lisse
raffermit

E ve lo dice anche in inglese:
slenderizing
smoothing
firming

Sono gli haiku del cuscinetto adiposo e dell'inestetismo localizzato.

Ma non è finita qui, perché è uscito il primo patch "specifico" per un ventre piatto, basato su un principio esclusivo di principi attivi chiamato "Ultraplat".

Ve lo dice la profetessa dei fanghi e del domopak: questi prodotti vi faranno sentire più leggere. Di alcune centinaia di euro, almeno. In compenso avrete una pelle più levigata per il 95%. Cioè, probabilmente lo stesso effetto dell'olio baby e della nivea in scatoletta tonda. Se la parola "patch", invece, vi ha fatto venire in mente soltanto problemi di software...

voilà, siete guarite!

Un caro saluto dalla vostra Miro Van Pelt.

sabato, maggio 15, 2004

Good News from Magic Venus

"Mio dio, dopo tanti anni di sofferenze,
privazioni, disinteresse per le mie
indubbie qualità artistiche e "vedutistiche".
Ho composto da virtuosa della tabla,
ho scritto in Messico,
non perdo mai un autobus di linea,
ho il brutto vizio di non pensare a quello che dico,
ma in questo sono sincera, se lo penso.
Insomma: adesso sto bene; sono uscita dal Chunnel!".

Oggi, dappertutto, Naomi Campbell

Test di ingratitudine

"Dopo averli bombardati, occupati e educati alle
limitazioni, possiamo solo dire questo
prima di andarcene: ce ne dispiace, ma non hanno
capito le nostre reali intenzioni".

Traduzione congiunta D.R. - Miru,
dall'ultimo comunicato dell'
"Istituto Nazionale Americano
per la Normalizzazione delle culture estere
".

Immediatamente, con tutta calma

Rase al suolo 88 case a Rafah, secondo l'UNRWA. Tutto per allargare il famoso corridoio "di sicurezza" chiamato "Philadelphi route". Il messaggio della radio pubblica israeliana era stato chiaro: tireremo giù prima gli edifici vuoti, poi le case disabitate, e ci assumiamo la responsabilità di trovare un nuovo alloggio alle persone evacuate. Le case disabitate alla fine non dovevano esser poi tante, se sono rimaste senza tetto 206 famiglie, per un totale di 1064 persone.
Tanto per complicare un po' la vita alle ruspe, Ashraf Qatshah, 38 anni, sua moglie e sua cognata hanno deciso di non lasciare la loro casa. Secondo alcune fonti sono rimasti sotto le macerie, secondo altre se la sono cavata. Pare che il sepolto vivo, alla fine, ci sia stato. Resta il fatto che quello del demolitore è un duro lavoro, e qualcuno deve pur farlo.
Il segretario generale dell'ONU, Annan, ha condannato "con forza" le azioni israeliane, chiamando Israele "a conformarsi ai suoi obblighi di potenza occupante mettendo immediatamente fine a queste azioni, che costituiscono una punizione collettiva e una chiara violazione della legge internazionale".
Immediatamente, con tutta calma.

martedì, maggio 11, 2004

Se le cose possono andare peggio, lo faranno

I numeri aiutano a capire. Li riporto.
L'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dell'assistenza ai profughi palestinesi (UNRWA) ha comunicato che in questi primi dieci giorni di maggio l'esercito israeliano a Gaza ha demolito o danneggiato irreparabilmente 131 edifici residenziali, privando 1100 persone della loro casa. Il numero dei senzatetto a Gaza sale così a 17.594. Questi dieci giorni sono stati uno dei periodi più intensi di distruzione e di "punizione collettiva" dall'inizio dell'intifada.
La stragrande maggioranza di quelle 17.594 persone ha la solita unica colpa che sappiamo: posto sbagliato, momento sbagliato.
Ma chi sa come la pensa il Segretario Generale dell'ONU, Annan, che in occasione delle incursioni del 21 e 22 aprile nella zona settentrionale di Gaza (che provocarono almeno dieci vittime civili tra i palestinesi, compresi cinque bambini sotto i quindici anni) si disse "allarmato dalle conseguenze mortali" dell'attacco?
E, visto che siamo in allegro clima di torture, è giusto sapere che attualmente 373 palestinesi sotto i 18 anni (ma almeno tre di loro di anni ne hanno meno di 14) sono sottoposti ad abusi fisici e psicologici nelle carceri dell'Autorità israeliana di occupazione. Qui la descrizione delle loro condizioni in un documento della sezione palestinese della Defence for Children International. Dallo stesso documento si apprende che secondo il codice civile israeliano, che si applica ai cittadini di Israele, la maggiore età si raggiunge a 18 anni; il codice militare israeliano applicabile nei territori occupati considera invece adulti i palestinesi che abbiano superato i 16 anni, e li tratta di conseguenza. Del resto, per un palestinese, 16 anni sono già un'età niente male.

I am a poet

I am not a painter, I am a poet.
Why? I think I would rather be
a painter, but I am not. Well,

for instance, Mike Goldberg
is starting a painting. I drop in
"Sit down and have a drink" he
says. I drink; we drink. I look
up. "You have SARDINES in it."
"Yes, it needed something there."
"Oh." I go and the days go by
and I drop in again. The painting
is going on, and I go, and the days
go by. I drop in. The painting is
finished. "Where's SARDINES?"
All that's left is just
letters, "It was too much," Mike says.

But me? One day I am thinking of
a color; orange. I write a line
about orange. Pretty soon it is a
whole page of words, not lines.
Then another page. There should be
so much more, not of orange, of
words, of how terrible orange is
and life. Days go by. It is even in
prose, I am a real poet. My poem
is finished and I haven't mentioned
orange yet. It's twelve poems, I call
it ORANGES. And one day in a gallery
I see Mike's painting, called SARDINES.

Frank O'Hara, "Why I am Not a Painter"

sabato, maggio 08, 2004

Uguale

Sabato sera, poco fa. Su Sky tg24 passano le solite storie sulle torture in Iraq, chi sapeva e chi non sapeva, lo sdegno del mondo e la rabbia degli iracheni. "In tutto il mondo arabo, ira e indignazione regnano incontrastati". Ah però.
A un tratto ho un sussulto da cortocircuito informativo: pacatamente, mentre scorrono immagini di anziani iracheni scamiciati e con il giornale in mano, una voce spigliata di giovane donna informa che gli iracheni condannano Rumsfeld, "e c'è già chi lo paragona a Milosevic".
Cosa, cosa, COSA? Scommetto che ve li immaginate come me li immagino io, i due vecchietti di Baghdad che così commentano:
"Uno schifo, uno schifo questa storia delle torture"
"Proprio, quel bastardo di Rumsfeld"
"Uguale uguale al Milosevic, ah?"
"Stavo pensando la stessa cosa".
Questo post finisce con tre puntini di sospensione, da riempire a piacimento.
...

venerdì, maggio 07, 2004

Liste

Sgarbi in accoppiamento funzionale con La Malfa ha presentato il Partito della Bellezza e della Ragione "perché la bellezza sia inevitabile e la sua difesa ineluttabile". Il patrimonio culturale in Italia va difeso (soprattutto contro Urbani), ma Sgarbi e La Malfa, accidenti! È troppo.
Mi riprendo con la notizia che alle Europee francesi correrà anche la lista Euro-Palestinese. Il motto, "la paix en Europe passe par la justice au proche-Orient", mi starebbe bene. Il programma, anche.
Tipico: escono le liste, che più varie non si può (esempio, tra i comunisti ci sono un comico, un vignettista, un astronauta e perfino due ex diessini; e rifondazione presenta lo stesso capolista ovunque, caspiterina), e io ho la faccia perplessa di quelli che in pizzeria sfogliano un menù di dieci pagine e poi chiedono "ma non ce l'avete quella con sopra le patatine?"

La ragazza con l'iracheno al guinzaglio

I"Entra nell'esercito, vedi il mondo, conosci gente interessante... e uccidila."
Woody Allen

Lynndie R. England, 21 anni, 372simo battaglione di polizia militare, è la ragazzina sorridente che trascina al guinzaglio un iracheno in uno scatto ormai famoso (e indica – simulando con le mani una pistola – i genitali di un prigioniero incappucciato, e ancora posa su sfondo di piramidi di prigionieri nudi). Leggiamo che "si era arruolata per pagarsi il college". E che fin da bambina ha avuto una propensione per le "emozioni forti": amava temporali e cicloni, e se c'era un tornado, hanno detto i genitori, non c'era verso di farla rientrare.
Secondo alcuni studiosi, la "trasformazione" in aguzzino non sarebbe nulla di straordinario: chiunque potrebbe superare il limite. Immagino. (Ma mettere in scena l'umiliazione e il dolore, fotografarli e far circolare le immagini – 1000, si dice, masterizzate su compact disc – è un'altra cosa ancora: è forse questa tortura in formato jpeg che rende il tutto ancora più ripugnante.)
Parenti e amici descrivono oggi il soldato England come una donna dura e indipendente, una che "non ha paura di spezzare con le mani un chiodo", come ha detto una compagna d'armi.

Ci sono cose che mi fanno rimpiangere le infermierine zombie di Silent Hill 1 e 3. Quelle armate di accetta, quelle che bisognava colpire tre volte perché sotto di loro si allargasse una definitiva, pacificante pozza di sangue.

giovedì, maggio 06, 2004

Il fanatico del gore+velocità

"Andiamo a vedere Dawn of the Dead?"
"Ma è solo un remake!"
"Sì, però qui gli zombi si muovono ve-lo-cis-si-mi!"

mercoledì, maggio 05, 2004

L'equivoco del torturatore

"Berlusconi: siamo addolorati per torture,
ma missione va avanti".

Dopo un momento di perplessità
(si riferiva forse all'esasperante
più che craxiana longevità?)
ho capito che parlava dell'Iraq.

lunedì, maggio 03, 2004

Getsemani

"E se sulla croce cambio idea e non mi riconosco più.
Nelle mie idee intendo. E se la Maddalena ritorna col Battista, ah no, è morto,
ma, insomma se cambiasse idea su di me? E se Giovanni si stufasse
della mia evidente predilezione nei suoi confronti e, per farmi un torto si unisse ai sadducei?
E se Maria, mia madre, mi ripudiasse come figlio, nel senso che, sai,
forse aveva delle idee su di me, cose che avrei dovuto realizzare... insomma,
sai cosa ti dico, la cosa di Giuda è ben fatta, ma lasciamo perdere tutto.
È troppo rischioso! A monte".

Da, La crocifissione incompiuta. La vera storia di Simon Mago,
di Calcide Muziato

domenica, maggio 02, 2004

Incantesimo balcanico

Il concerto di Goran Bregovic è stato bello. Lo è stato anche per un motivo speciale che ora dirò.

Senza farci caso (intenti a studiare la postazione migliore, e sempre lì a far foto) eravamo finiti nella zona slovena. Mi spiego: sulla piazza della Transalpina da ieri è possibile passeggiare liberamente; a ricordare il confine (il cippo 57/15 e la rete che non ci sono più) resta solo una linea simbolica tracciata sul mosaico e sull'asfalto. Prima del concerto, però, sloveni e italiani si sono spontaneamente disposti ciascuno sul proprio versante, con poche sbadate eccezioni. Gli uni provenivano dal valico di Salcano, gli altri dalla via Caprin. Sul lato italiano si poteva comprare una birra al bar Transalpina (dove c'era una coda lunghissima), sul lato sloveno c'era un chiosco accanto alla stazione (dove c'era una coda lunghissima). Tenere le distanze viene ancora naturale.
Così ci siamo ritrovati accanto all'edificio della Stazione, in piena "zona B" ("mi sembra di essere all'estero", ha commentato T.).

Immaginate l'edificio della stazione (lo vedete bene nella foto di Luca, qua sotto); pensate alla città di G., che non è una città come le altre; aggiungeteci una notte tiepida e asciutta; metteteci la luna tra poche nuvole veloci.

Abbiamo capito subito che gli sloveni non sarebbero stati un pubblico facile. A concerto iniziato molti (giovani e meno giovani) continuavano a chiacchierare a voce alta, a fischiare, a commentare i vestiti delle cantanti bulgare: in breve, sfoggiavano emancipato distacco in quel modo brusco con cui a volte trattano gli italiani. Tutto Troppo Balcanico? Troppo zum-zum? Chi lo sa. Questi altissimi giovani sloveni sembravano proprio un po' scocciati.

Poi si sono scatenati. Hanno cantato, saltato, applaudito.

Alla fine ci siamo incamminati, due folle divise, su via Caprin e verso Salcano. In testa due cose: "bum bum bum bum" e "dove cazzo ho lasciato la macchina?".

La Slovenia è entrata in Europa emancipandosi con destrezza dal suo passato, eppure Gorizia non è mai stata così slava come in questi giorni.

Oggi pomeriggio siamo tornati alla Transalpina. Alla gente non è ancora passata la voglia di attraversare e riattraversare quella linea simbolica sulla piazza. C'era molta gente, sul palco tutti i cori di Gorizia e Nova Gorica uniti.
Si era detto che sulla piazza si può "passeggiare, ma non passare": qui non c'è un valico. Però oggi era possibile entrare nella stazione: l'ho fatto per la prima volta, ho sostato accanto al binario, gironzolato nell'atrio che sapeva di vernice fresca. Dalle vetrate dell'ingresso ho osservato a lungo la piazza dall'altra parte.
Io ho un carattere un po' sognatore, a volte, e mi piace la musica corale. Così per un attimo la città di G. - insolitamente aperta, stranamente bella - mi è sembrata un luogo in cui vivere volentieri, e non senza serenità. Un quarto d'ora a mezzanotte. Domani torno cattiva.

sabato, maggio 01, 2004

Cronache delle città di G e di N.G./This is the end




Ecco fatto. Siamo arrivati sotto una pioggia sottile giusto in tempo per sentire il sottosegretario agli Esteri Roberto Antonione pronunciare nel suo discorso il nome di Silvio Berlusconi ed essere sommerso da fischi e da proteste ("buffone!", o anche semplicemente "buuu" e "a casa!").
Il goriziano-base, in faccende di dissenso, ha due atteggiamenti tipici:
– si sente un trasgressivo, un rivoluzionario. In pratica, un bolscevico; si aspetta di essere messo su una lista nera, e che domani mattina due agenti in divisa (due giustizieri) passeranno a prelevarlo a casa (lo getteranno in una fossa);
– si stupisce che altri condividano il suo legittimo malumore (ancora mezz'ora dopo un signore, in chiaro aftermath adrenalinico, commentava incredulo alla moglie: "ma te ga sentì aha come che lo gavemo fis'cià").

Continuava a venir giù una pioggia sottile. A un certo punto, da una gru sono scesi anche due angeli biancovestiti, agitandosi un po'. Lontana citazione del Cielo sopra Berlino? Saperlo.
Poi gli inni (riusciremo mai a ricordarci quello sloveno?), il conto alla rovescia (che fa tanto capodanno in piazza), l'Inno alla gioia. Presentava l'Alessandro Cecchi Paone (con espressioni universali come "All together now!": il tipo accanto a me si è messo a canticchiare la musica di "Giochi senza frontiere").

Alla fine - nonostante tra i goriziani, per stile di vita e per costituzione, serpeggiasse un certo scetticismo ("i sarà bagnadi!") – i fuochi artificiali, molto belli.
Ho sentito di persone che ieri hanno attraversato il confine solo per usare l'ultima volta il lasciapassare; ho visto la bandiera slovena sulla scritta Nas Tito; ho visto moltissimi tricolori fuori luogo, tra i quali anche alcuni listati a lutto, e poche bandiere europee; qualcuno ha avuto l'idea di mettere in vendita a dieci euro una maglietta con la scritta Gorizia nelle diverse lingue e il simbolo dell'Europa.
Però i fuochi erano belli; poi, tra tanta pioggia, una lacrima cosa volete che sia.

L'immagine di apertura è di Luca d'Agostino, il miglior fotografo in circolazione (grazie!).

venerdì, aprile 30, 2004

Esco, piove

Domani 1° maggio tutto confermato: Goran Bregovic con la W&F Band, ore 21.00, piazza Transalpina a Gorizia e Nova Gorica.
Se non vi secca, il matrimonio e il funerale noi li celebriamo stasera a mezzanotte. Na zdravje!

Fortunoso all'eccesso

"Detto di colui che svolge attività fissa per lo Stato, routine che non lo impiega nel corpo e non lo impegna nello Spirito.
Stanco e sovraccarico per chissà quali attività salariali, lascia il posto a 55 primavere con pensione-baby, non facendosi più vedere da nessuna parte, se non, per i meno discreti, a Grado, o al Lido del Carabiniere".

Alla voce "fortuna" da Dizionario delle virtù, anche se solo sognate, dei goriziani, Gorian Ediz., Loqua 1949.

Raccontino amazzonico

"Si dice che due famiglie slovene si trovassero
a vivere in piena foresta pluviale, in Amazzonia,
agli inizi del '900.
Dopo un furioso e irrimediabile litigio che ebbe luogo
a seguito di un semplice bisticcio di parole, i due gruppi famigliari non vollero più vedersi, né comunicare.
Così, si separarono, vivendo molti anni ancora dopo quel doloroso fatto. Due chilometri di fogliame e perigliosi acquitrini li separavano stabilmente.
Finché, trent'anni dopo, quando i testimoni del fatto erano molto, molto anziani, e continuavano a non salutarsi, i parenti e gli amici più prossimi, nella dolce Patria, seppero della comune e indipendente decisione di voler essere seppelliti tutti quanti, e separatamente, nella dolce terra degli avi".

Da esploratori a litiganti. Storie slovene e slovacche nel Nuovo Mondo

L'ora è giunta

Draga: "Finalmente, lo desideravano così tanto!"
Mirko: "Sì, perchè chiudersi quando il mondo vuole qualcosa da te".
Draga: "Tutta la città è in festa, mio caro".
Mirko: "E il mondo dopo di loro".

Da Per un Grande Isonzo, di Gigi Molinar e Blanco Kusterle

mercoledì, aprile 28, 2004

Sogno prima felice, poi dolentissimo e funesto

È l'estate del 1989. Sono nella città di G., in piazza del Municipio, all'uscita di via Garibaldi. Nel sole di giugno osservo i tavolini all'aperto del bar che nel 1989 è ancora il bar gelateria Boni, diretto concorrente del bar gelateria De Rocco. A uno di questi tavoli sono seduti Achille Occhetto e Bettino Craxi. Mi avvicino, chiedo permesso e mi siedo accanto a loro (evidentemente ci conosciamo). Ordino due palline di gelato con la panna e l'amarena (anzi, una "berlina all'amarena", perché è il 1989 e siamo nella città di G.). Poi, con molta calma ("permette, compagno Occhetto?"), espongo freddamente a Bettino Craxi quello che penso di lui e che da anni vorrei dirgli. Il discorso mi riesce bene come solo nei sogni può accadere (quante volte ho socializzato in lingue sconosciute, in fase rem?). Tanto che lui rimane senza parole, si alza e si allontana a capo chino, forse per furbizia. Il compagno Occhetto ed io ci scambiamo uno sguardo stralunato.
Poi lui si alza - solo adesso mi accorgo che indossa un cappotto pesante, nonostante la bella stagione - e dice: "Devo assentarmi per qualche minuto. Sarebbe così gentile da tenermi il colbacco?". "Ma certo", rispondo.
Rimango seduta al tavolino del bar Boni, con il colbacco in grembo, a guardare l'orologio del Municipio. La berlina si sta squagliando, mi sudano le mani. Il tempo passa così, fino al risveglio.

Il racconto di questo sogno suscitò grandi risate tra gli amici di allora, alcuni dei quali odiosamente socialisti, e anche qualche pacca sulla spalla; del resto, poco tempo prima avevo sognato di volare di notte su Porto Marghera come una specie di Superman proletario, e questo non giocava a mio favore.
Qualche volta ci ripenso.
Ho smesso con i voli notturni su Marghera: era una cosa che non poteva durare.
Ma liberarsi del colbacco, capite, è tutta un'altra storia.