[Contesto: oggi su Vedomosti è uscito un pezzo del giornalista liberale di Kommersant Valerij Panjuškin. Panjuškin si rivolge in tono un po' retorico a coloro che considera qualunquisti e pavidi, dicendo loro di starsene a casa, domani, e di non partecipare alla Marcia dei Dissenzienti organizzata dallo schieramento antiputiniano "Altra Russia" guidato da Kasparov, Kas'janov e Limonov: "Non ci andate. Ci andranno le persone che si sentono soffocare. Io lo so. Io mi sento soffocare. Ho tutto, tranne la libertà. Ma spiegare perché mi sia così necessaria è difficile come spiegare a un pesce perché abbiamo bisogno dell'aria"].
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin uscì in incognito a farsi una passeggiata sul Čistoprudnyj Bulvar di Mosca. Era circondato da splendide ragazze con la primavera negli occhi, da bambini che correvano allegri nelle loro giacchine variopinte e da innamorati seduti sulle panchine.
Vladimir Vladimirovič™ sorrideva contento.
A un tratto Vladimir Vladimirovič™ scorse su una panchina un giovane calvo con gli occhiali e delle scarpe costose. L'uomo aveva la faccia arrossata e gli occhi fuori dalla testa; dalla bocca gli usciva un gorgoglio indistinto.
- Cosa le succede? - domandò Vladimir Vladimirovič™ all'uomo calvo.
- Soffoco! - rispose l'uomo, guardando impavido Vladimir Vladimirovič™, - Soffoco per la mancanza di libertà! Ho tutto, tranne la libertà!
- Dove la vede, la mancanza di libertà? - Vladimir Vladimirovič™ si guardò attorno sorpreso. Splendide ragazze con la primavera negli occhi, bambini in giacchette variopinte, innamorati che si baciavano sulle panchine.
- Che me ne frega di tutti i tuoi ragionamenti, - disse con voce roca l'asfissiato, che non vedeva né ragazze, né bambini, né innamorati, - Io soffoco.
- Chiamo un'ambulanza, - propose Vladimir Vladimirovič™, sfilando dalla tasca il governativo apparato di comunicazione mobile, - Come fa di cognome, lei?
- Panjuškin, - ansimò l'uomo calvo, - Pan... ju... škin... Va... le..
L'uomo scivolò a terra e dalla bocca gli uscì la lingua ingrossata.
All'improvviso Vladimir Vladimirovič™ ebbe paura.
da: vladimir.vladimirovich.ru
venerdì, aprile 13, 2007
giovedì, aprile 12, 2007
Non toccare
"Sì, era proprio così: quelle tane in cui passavamo tutta la vita in effetti erano buie e sporche e forse noi stessi eravamo l'esatto corrispettivo di quelle tane. Ma nel cielo blu sopra le nostre teste, in mezzo alle stelle rade e fioche, esistevano dei piccoli punti speciali, brillanti, artificiali, che scivolavano lenti fra le costellazioni e che erano stati creati qui, in terra sovietica, in mezzo al vomito, alle bottiglie vuote e al fumo puzzolente di tabacco, che erano fatti d'acciaio, di semiconduttori e di energia elettrica e che in quel momento volavano per il cosmo. E ognuno di noi, perfino quell'ubriacone cianotico che poco prima avevamo visto per strada, accovacciato come un rospo in mezzo a un cumulo di neve, perfino il fratello di Mitjak, e certo anche Mitjak e io, ognuno di noi aveva lassù, nel blu freddo e pulito, la sua piccola ambasciata.
Corsi fuori, in cortile, e piangendo a dirotto me ne restai a fissare il limpido cielo invernale e il globo giallo-azzurro della Luna, incredibilmente vicino".
Viktor Pelevin, Omon Ra.
[Nella foto, il cartello che segna il punto in cui atterrò Jurij Alekseevič Gagarin: "Non toccare - 12.04.61 - 10 e 55 ora di Mosca"].
Corsi fuori, in cortile, e piangendo a dirotto me ne restai a fissare il limpido cielo invernale e il globo giallo-azzurro della Luna, incredibilmente vicino".
Viktor Pelevin, Omon Ra.
[Nella foto, il cartello che segna il punto in cui atterrò Jurij Alekseevič Gagarin: "Non toccare - 12.04.61 - 10 e 55 ora di Mosca"].
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Vaghe stelle dell'URSS
mercoledì, aprile 11, 2007
La Mezzaluna di Marzapane
La signora Miru è tornata incolume da Napoli. Incolume non è un’esagerazione, quando si vola con un aereo Canadair costruito dalla Bombardier Aerospace. Dall’aeroporto è partita con un ritardo di un’ora e mezza perché è stato necessario ripulire la fusoliera dell’aereo, incrostata di cozze e parangali dopo il rifornimento d’acqua nel golfo triestino. Mi ha raccontato che il viaggio è stato piacevole, se si esclude la deviazione per spegnere un incendio in Sardegna. La cerimonia di premiazione si è svolta nella Chiesa dell’Incoronata in via Medina. Gli organizzatori hanno avuto qualche difficoltà con la signora Miru: l’hanno portata di peso sul palco, dopo averla scovata dietro il coro, dove si era nascosta finendo per addormentarsi, nell’attesa che la gente andasse via. Tra gli invitati c’era anche Fabrizio Gatti, che ha rivelato la propria identità solo al momento del suo intervento, dopo essersi aggirato a lungo tra i convenuti, travestito da perpetua petulante.
Io non comprendo perché non abbiano ancora premiato Totò Cuffaro. Eppure pochi italiani si dedicano con altrettanto vigore all'integrazione dei musulmani nel tessuto sociale ed economico italiano, senza pregiudizi o discriminazioni. Si impegna in prima persona da anni, portando alla causa risorse, energie e buon senso. Merita la gratitudine eterna della comunità islamica, come pure il suo visionario coraggio è degno di un riconoscimento come la mezzaluna d'oro. Che cosa ha valenza simbolica maggiore di un ponte, di un tunnel tra il mondo occidentale e il mondo arabo? È con grandi onori che è già stato ricevuto dal Presidente della Repubblica Tunisina: durante una sfarzosa e commovente cerimonia gli è stato conferito il nome di Al-tot Cuffah, Cannolo di Mare.
L’idea è nata pochi anni fa, nell’ambito delle discussioni in materia di interventi sociali e in particolare del reinserimento di manodopera mafiosa, tradizionalmente dedita all’imbalsamazione dei defunti in caratteristici sarcofagi cementizi. Proprio in occasione del congresso “The Role of the Mafia in the New Millennium: Perspectives, Opportunities, and New Markets” Totò Cuffaro ha esposto il suo brillante progetto: unire la Sicilia e la Tunisia, un legame fraterno foriero di benessere e sviluppo. Non si tratta soltanto di finalità turistiche ed opportunità di lavoro, in terre eternamente afflitte dalla povertà e dalla disoccupazione (si calcola un indotto, escludendo le infiltrazioni mafiose, pari a migliaia di addetti). Si prevede, infatti, un esplosivo sviluppo economico delle due regioni, trainato dai potenziali scambi commerciali sulla nuova e rapida rotta: arance, datteri, olio, fichi d’india e carrube verso l’Italia (merce rara), salsicce, nero d’Avola e know-how imprenditorial-edilizio in direzione magrebina. L’idea di sviluppare, potenziando e razionalizzando, i trasporti navali è inconcepibile. Il mare è tabù, solcare le acque irriterebbe Nettuno e Cola Pesce.
L’Enea (Ente Nazionale per l’Energia e l’Ambiente), su commissione della regione siciliana, ha dedicato una serie di studi serissimi ed approfonditi al tunnel sottomarino tra Pizzolato (borgata di poveri pescatori e disoccupati a nord di Mazara del Vallo) e Capo Bon in Tunisia. Si sottolinea come «il flusso di viaggiatori tra Italia e Tunisia risulta sempre piuttosto esiguo e di tipo turistico», perché «sia i turisti sia gli uomini d’affari hanno sempre poco tempo e privilegiano il trasporto aereo. Se però si focalizza l’attenzione sul solo trasporto merci, allora il risultato di punto in bianco diventa certamente molto più interessante e stimolante». Mi sembra una stima prudente: a me risulta che il Canale di Sicilia sia attraversato ogni anno da migliaia di persone su mezzi inadatti, lenti e pericolosi. Tuttavia «se per il variare delle condizioni socio-economiche dell’area interessata il trasporto passeggeri diventerà significativo, è auspicabile prevedere l’incremento e l’adeguamento dell’impiantistica in modo da rendere l’opera idonea al passaggio di convogli ferroviari passeggeri».
La soluzione proposta è l’uso di treni ad elevata remotizzazione, navette comandate a distanza che limiterebbero al minimo il rischio di vite umane, all’interno di un tunnel (lungo 150 km, profondo 45 m sotto il fondo del mare e con 4 isole artificiali di snodo) aperto dopo soli sette anni di lavori, con l’asporto di 25 milioni di metri cubi di terreno e la posa di 600 km di fibre ottiche per le comunicazioni. Sarà così possibile trasportare circa 30 milioni di tonnellate di merci l’anno con viaggi di soli 90 minuti tra la Tunisia e la Sicilia, terra di ferrovie borboniche a binario unico, dove i containers si areneranno come balene spiaggiate. L’Enea mette le mani avanti: per captare il traffico di oltre 500 milioni di tonnellate l’anno di merci scambiate nei porti mediterranei (la metà attraverso i porti nord africani) è indispensabile il prolungamento del tunnel con l’asse Berlino-Palermo tramite il ponte di Messina o, in alternativa, un convoglio di astronavi cargo.
Questo è quanto riportato nelle due relazioni depositate al dipartimento Trasporti della Regione, un progetto di fattibilità e le successive analisi. Per l’ing. Pietro La Mendola (di origini siciliane), che ha curato gli studi, non si tratta di fantascienza: fa notare che la stessa incredulità accolse l’idea dei canali di Suez e di Panama o l’ipotesi del Catania in serie A. Guardando a progetti recenti come la galleria ferroviaria del Gottardo, che cosa sarà mai un tunnel sotto il Mediterraneo? Da un punto di vista squisitamente tecnico, “l’acqua pesa molto meno della roccia” dichiara il meticoloso ingegnere. A pag. 22 del progetto di fattibilità, un’analisi scrupolosa del concorrente progetto (in fase molto avanzata) di collegamento tra Spagna e Marocco attraverso lo stretto di Gibilterra si conclude in pratica con un competente “noi siamo messi meglio e siamo pure più fighi”.
Il costo dell’opera si aggira sui venti miliardi di euro: il tunnel costerebbe solo una manciata di euro, ma purtroppo non sono ancora stati inventati gli operai ad elevata remotizzazione ed è necessaria un’apposita galleria con standard di sicurezza elevatissimi per cose e persone. I finanziamenti dovrebbero essere stanziati da una cordata di misteriosi imprenditori coreani e dalla “Buscemi Salvatore e Figli”, secondo le modalità del project finance. Totò Cuffaro guiderà (o forse ha già guidato) una delegazione in Estremo Oriente per studiare i tunnel sottomarini già realizzati o progettati in Corea e Giappone, i paesi più esperti in questo campo. I rapporti dell’Enea sono stati pubblicati nel 2003. Potrebbe essersi trattato solo di una trovata a fini elettorali o di uno dei molti e fantasiosi sperperi di denaro pubblico. E invece, un nuovo colpo di scena nel 2005. Allego la briosa presentazione (una minestra riscaldata delle vecchie relazioni cose), una serie di slides con corredino di disegni ed effetti di transizione patetici, elaborata per le conferenze al Rotary di Al-Tot Cuffah. Vi prego di notare, tra i progetti citati, la nuova highway americana (Transearth Russia-America 101): chi ne sarà il cantore, il novello Bob Dylan? Justin Timberlake o le t.A.T.u.?
Io non comprendo perché non abbiano ancora premiato Totò Cuffaro. Eppure pochi italiani si dedicano con altrettanto vigore all'integrazione dei musulmani nel tessuto sociale ed economico italiano, senza pregiudizi o discriminazioni. Si impegna in prima persona da anni, portando alla causa risorse, energie e buon senso. Merita la gratitudine eterna della comunità islamica, come pure il suo visionario coraggio è degno di un riconoscimento come la mezzaluna d'oro. Che cosa ha valenza simbolica maggiore di un ponte, di un tunnel tra il mondo occidentale e il mondo arabo? È con grandi onori che è già stato ricevuto dal Presidente della Repubblica Tunisina: durante una sfarzosa e commovente cerimonia gli è stato conferito il nome di Al-tot Cuffah, Cannolo di Mare.
L’idea è nata pochi anni fa, nell’ambito delle discussioni in materia di interventi sociali e in particolare del reinserimento di manodopera mafiosa, tradizionalmente dedita all’imbalsamazione dei defunti in caratteristici sarcofagi cementizi. Proprio in occasione del congresso “The Role of the Mafia in the New Millennium: Perspectives, Opportunities, and New Markets” Totò Cuffaro ha esposto il suo brillante progetto: unire la Sicilia e la Tunisia, un legame fraterno foriero di benessere e sviluppo. Non si tratta soltanto di finalità turistiche ed opportunità di lavoro, in terre eternamente afflitte dalla povertà e dalla disoccupazione (si calcola un indotto, escludendo le infiltrazioni mafiose, pari a migliaia di addetti). Si prevede, infatti, un esplosivo sviluppo economico delle due regioni, trainato dai potenziali scambi commerciali sulla nuova e rapida rotta: arance, datteri, olio, fichi d’india e carrube verso l’Italia (merce rara), salsicce, nero d’Avola e know-how imprenditorial-edilizio in direzione magrebina. L’idea di sviluppare, potenziando e razionalizzando, i trasporti navali è inconcepibile. Il mare è tabù, solcare le acque irriterebbe Nettuno e Cola Pesce.
L’Enea (Ente Nazionale per l’Energia e l’Ambiente), su commissione della regione siciliana, ha dedicato una serie di studi serissimi ed approfonditi al tunnel sottomarino tra Pizzolato (borgata di poveri pescatori e disoccupati a nord di Mazara del Vallo) e Capo Bon in Tunisia. Si sottolinea come «il flusso di viaggiatori tra Italia e Tunisia risulta sempre piuttosto esiguo e di tipo turistico», perché «sia i turisti sia gli uomini d’affari hanno sempre poco tempo e privilegiano il trasporto aereo. Se però si focalizza l’attenzione sul solo trasporto merci, allora il risultato di punto in bianco diventa certamente molto più interessante e stimolante». Mi sembra una stima prudente: a me risulta che il Canale di Sicilia sia attraversato ogni anno da migliaia di persone su mezzi inadatti, lenti e pericolosi. Tuttavia «se per il variare delle condizioni socio-economiche dell’area interessata il trasporto passeggeri diventerà significativo, è auspicabile prevedere l’incremento e l’adeguamento dell’impiantistica in modo da rendere l’opera idonea al passaggio di convogli ferroviari passeggeri».
La soluzione proposta è l’uso di treni ad elevata remotizzazione, navette comandate a distanza che limiterebbero al minimo il rischio di vite umane, all’interno di un tunnel (lungo 150 km, profondo 45 m sotto il fondo del mare e con 4 isole artificiali di snodo) aperto dopo soli sette anni di lavori, con l’asporto di 25 milioni di metri cubi di terreno e la posa di 600 km di fibre ottiche per le comunicazioni. Sarà così possibile trasportare circa 30 milioni di tonnellate di merci l’anno con viaggi di soli 90 minuti tra la Tunisia e la Sicilia, terra di ferrovie borboniche a binario unico, dove i containers si areneranno come balene spiaggiate. L’Enea mette le mani avanti: per captare il traffico di oltre 500 milioni di tonnellate l’anno di merci scambiate nei porti mediterranei (la metà attraverso i porti nord africani) è indispensabile il prolungamento del tunnel con l’asse Berlino-Palermo tramite il ponte di Messina o, in alternativa, un convoglio di astronavi cargo.
Questo è quanto riportato nelle due relazioni depositate al dipartimento Trasporti della Regione, un progetto di fattibilità e le successive analisi. Per l’ing. Pietro La Mendola (di origini siciliane), che ha curato gli studi, non si tratta di fantascienza: fa notare che la stessa incredulità accolse l’idea dei canali di Suez e di Panama o l’ipotesi del Catania in serie A. Guardando a progetti recenti come la galleria ferroviaria del Gottardo, che cosa sarà mai un tunnel sotto il Mediterraneo? Da un punto di vista squisitamente tecnico, “l’acqua pesa molto meno della roccia” dichiara il meticoloso ingegnere. A pag. 22 del progetto di fattibilità, un’analisi scrupolosa del concorrente progetto (in fase molto avanzata) di collegamento tra Spagna e Marocco attraverso lo stretto di Gibilterra si conclude in pratica con un competente “noi siamo messi meglio e siamo pure più fighi”.
Il costo dell’opera si aggira sui venti miliardi di euro: il tunnel costerebbe solo una manciata di euro, ma purtroppo non sono ancora stati inventati gli operai ad elevata remotizzazione ed è necessaria un’apposita galleria con standard di sicurezza elevatissimi per cose e persone. I finanziamenti dovrebbero essere stanziati da una cordata di misteriosi imprenditori coreani e dalla “Buscemi Salvatore e Figli”, secondo le modalità del project finance. Totò Cuffaro guiderà (o forse ha già guidato) una delegazione in Estremo Oriente per studiare i tunnel sottomarini già realizzati o progettati in Corea e Giappone, i paesi più esperti in questo campo. I rapporti dell’Enea sono stati pubblicati nel 2003. Potrebbe essersi trattato solo di una trovata a fini elettorali o di uno dei molti e fantasiosi sperperi di denaro pubblico. E invece, un nuovo colpo di scena nel 2005. Allego la briosa presentazione (una minestra riscaldata delle vecchie relazioni cose), una serie di slides con corredino di disegni ed effetti di transizione patetici, elaborata per le conferenze al Rotary di Al-Tot Cuffah. Vi prego di notare, tra i progetti citati, la nuova highway americana (Transearth Russia-America 101): chi ne sarà il cantore, il novello Bob Dylan? Justin Timberlake o le t.A.T.u.?
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poligraf
VVP e la lista dei successori
[Contesto: il quotidiano Gazeta è stato attaccato dai politici vicini al Cremlino per aver pubblicato un'intervista allo scrittore Eduard Limonov, leader del partito nazional-bolscevico NBP (dichiarato fuorilegge dalla Procura Generale russa perché ritenuto un'organizzazione estremista). Nell'intervista Limonov, che con Kasparov e Kas'janov forma lo schieramento anti-putiniano "Altra Russia", si era dichiarato a favore della secessione cecena e delle dimissioni di Putin].
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva nel suo studio all'interno del Cremlino e leggeva sul quotidiano Gazeta l'intervista allo scrittore Eduard Veniaminovič Limonov.
- Dice che secondo lui, - scosse il presidenziale capo Vladimir Vladimirovič™, - Bisogna lasciar andare la Cecenia... Ci abbiamo combattuto duecento anni, e adesso bisogna lasciarla andare. Eppure ci contavo ancora...
Vladimir Vladimirovič™ aprì un cassetto del presidenziale tavolo e ne estrasse un foglio di carta bollata con un lungo elenco di cognomi.
- Kas'janov, Kasparov... eccolo, - Vladimir Vladimirovič™ trovò la riga che cercava, - Limonov.
Vladimir Vladimirovič™ sfilò dal taschino della giacca la presidenziale "Parker" e cancellò risolutamente il cognome.
- È anche colpa mia, - mormorò Vladimir Vladimirovič™, - Bisogna ciarlare meno...
E Vladimir Vladimirovič™ schiacciò immediatamente il pulsante per chiamare il vice-capo della sua amministrazione, Vladislav Jur'evič Surkov.
- Ascolta, bratello, - disse Vladimir Vladimirovič™, - Ho cancellato quel Limonov dalla lista dei successori. Aveva cominciato a farsi notare. Bisogna essere discreti...
- Finirai per cancellarli tutti, - disse Vladislav Jurevič.
- E cosa c'è di terribile? - si stupì Vladimir Vladimirovič™, - Certo che li cancelliamo tutti. Tutti meno uno. La Russia non può avere cinque presidenti. Non siamo mica l'Ucraina. Sì, e poi questo giornale che ha pubblicato l'intervista a Limonov: chiudiamolo. Altrimenti vanno avanti e tirano fuori tutta la lista dei successori.
- Cioè, in che senso chiudere il giornale? - Vladislav Jurevič non capiva, - Bratello, guarda che abbiamo la libertà d'espressione e robe così! Noi non chiudiamo i giornali! Forse però questo possiamo comprarlo.
- Comprarlo? - domandò Vladimir Vladimirovič™, - E a che diavolo ci serve? Ma come, non c'è proprio modo di chiuderlo? Tu mi deludi.
- Beh, vuoi... - propose Vladislav Jurevič, - Vuoi che chiudiamo una trasmissione televisiva, magari?
- Ma non se ne accorge nessuno, - disse Vladimir Vladimirovič™.
- Se ne accorgono sì, - assicurò Vladislav Jurevič, - Di quella che chiudiamo noi si accorgono, vedrai.
- Boh, come vuoi, - borbottò Vladimir Vladimirovič™, e interruppe la comunicazione, - Non si può neanche chiudere un giornale... Perché un cretino qualunque può aprire un giornale e non chiuderlo? Non è giusto...
da: vladimir.vladimirovich.ru
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva nel suo studio all'interno del Cremlino e leggeva sul quotidiano Gazeta l'intervista allo scrittore Eduard Veniaminovič Limonov.
- Dice che secondo lui, - scosse il presidenziale capo Vladimir Vladimirovič™, - Bisogna lasciar andare la Cecenia... Ci abbiamo combattuto duecento anni, e adesso bisogna lasciarla andare. Eppure ci contavo ancora...
Vladimir Vladimirovič™ aprì un cassetto del presidenziale tavolo e ne estrasse un foglio di carta bollata con un lungo elenco di cognomi.
- Kas'janov, Kasparov... eccolo, - Vladimir Vladimirovič™ trovò la riga che cercava, - Limonov.
Vladimir Vladimirovič™ sfilò dal taschino della giacca la presidenziale "Parker" e cancellò risolutamente il cognome.
- È anche colpa mia, - mormorò Vladimir Vladimirovič™, - Bisogna ciarlare meno...
E Vladimir Vladimirovič™ schiacciò immediatamente il pulsante per chiamare il vice-capo della sua amministrazione, Vladislav Jur'evič Surkov.
- Ascolta, bratello, - disse Vladimir Vladimirovič™, - Ho cancellato quel Limonov dalla lista dei successori. Aveva cominciato a farsi notare. Bisogna essere discreti...
- Finirai per cancellarli tutti, - disse Vladislav Jurevič.
- E cosa c'è di terribile? - si stupì Vladimir Vladimirovič™, - Certo che li cancelliamo tutti. Tutti meno uno. La Russia non può avere cinque presidenti. Non siamo mica l'Ucraina. Sì, e poi questo giornale che ha pubblicato l'intervista a Limonov: chiudiamolo. Altrimenti vanno avanti e tirano fuori tutta la lista dei successori.
- Cioè, in che senso chiudere il giornale? - Vladislav Jurevič non capiva, - Bratello, guarda che abbiamo la libertà d'espressione e robe così! Noi non chiudiamo i giornali! Forse però questo possiamo comprarlo.
- Comprarlo? - domandò Vladimir Vladimirovič™, - E a che diavolo ci serve? Ma come, non c'è proprio modo di chiuderlo? Tu mi deludi.
- Beh, vuoi... - propose Vladislav Jurevič, - Vuoi che chiudiamo una trasmissione televisiva, magari?
- Ma non se ne accorge nessuno, - disse Vladimir Vladimirovič™.
- Se ne accorgono sì, - assicurò Vladislav Jurevič, - Di quella che chiudiamo noi si accorgono, vedrai.
- Boh, come vuoi, - borbottò Vladimir Vladimirovič™, e interruppe la comunicazione, - Non si può neanche chiudere un giornale... Perché un cretino qualunque può aprire un giornale e non chiuderlo? Non è giusto...
da: vladimir.vladimirovich.ru
VVP e il campione di scacchi
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin era seduto nel suo studio all'interno del Cremlino e ascoltava su radio "Echo Moskvy" l'intervento del giornalista Evgenij Alekseevič Kiselev.
- La rivoluzione arancione, - diceva Evgenij Alekseevič, - È stata uno dei maggiori insuccessi di Putin. Più della Cecenia e dell'affare Jukos.
- Ma va'... - si stupì Vladimir Vladimirovič™, - Ma guarda un po' se...
In quel momento sul tavolo di Vladimir Vladimirovič™ si mise a squillare il telefono. Vladimir Vladimirovič™ afferrò prontamente il ricevitore.
- Ascolta, bratello, - nel ricevitore risuonò la voce del direttore del Servizio di Sicurezza Federale Nikolaj Platonovič Patrušev, - Ma tu lo sapevi che il Kasparov era una spia americana?
- In che senso? - si meravigliò Vladimir Vladimirovič™.
- In quel senso lì, - rispose Nikolaj Platonovič, - Sembra che sia membro del Consiglio di un certo Centro americano per una politica di sicurezza. Dal '91.
- Bella roba! - si rallegrò Vladimir Vladimirovič™, - Vuol dire che è dei nostri? Possiamo metterci d'accordo?
- Ma chiaro, - concordò Nikolaj Platonovič, - Ancora non è successo che una spia e un'altra spia non siano riuscite a mettersi d'accordo. Gli telefoni tu o gli telefono io?
- Io, io, - disse tutto contento Vladimir Vladimirovič™, - Fammi il numero.
- Pronto? - nella cornetta risuonò la voce del campione del mondo Garri Kimovič Kasparov.
- Garri Kimovič? - disse affabilmente Vladimir Vladimirovič™, - Salve!
- Chi parla? - domandò il campione, che non capiva.
- Sono Vladimir Vladimirovič™, - rispose Vladimir Vladimirovič™, - Il Presidente della Federazione Russa. Adesso, però... perché prima... prima anch'io, come lei, ero una spia.
- Che spia? - disse Garri Kimovič, - Ma con chi vuole parlare?
- Ma lei non è membro del Consiglio del Centro americano per una politica di sicurezza? - domandò un po' confuso Vladimir Vladimirovič™.
- Questa è una provocazione, - rispose Garri Kimovič, - La smetta di molestarmi.
- Ma non è una provocazione! - esclamò Vladimir Vladimirovič™.
- Sì che è una provocazione, - disse il campione del mondo, - Un'evidente provocazione nei confronti di "Altra Russia" alla vigilia della "Marcia dei dissenzienti". Mi lasci in pace o chiamo la polizia!
- Garri Kimovič, - lo supplicò Vladimir Vladimirovič™.
- Non voglio parlare con lei! - esclamò Garri Kimovič.
- Ma ci sta già parlando! - si meravigliò Vladimir Vladimirovič™.
- Interrompo questa conversazione! - disse il campione del mondo a Vladimir Vladimirovič™, - Troppo onore.
E Garri Kimovič mise giù.
- Non siamo riusciti a metterci d'accordo, - borbottò Vladimir Vladimirovič™, - Mi piacerebbe sapere cosa vuole, questo...
da: vladimir.vladimirovich.ru
- La rivoluzione arancione, - diceva Evgenij Alekseevič, - È stata uno dei maggiori insuccessi di Putin. Più della Cecenia e dell'affare Jukos.
- Ma va'... - si stupì Vladimir Vladimirovič™, - Ma guarda un po' se...
In quel momento sul tavolo di Vladimir Vladimirovič™ si mise a squillare il telefono. Vladimir Vladimirovič™ afferrò prontamente il ricevitore.
- Ascolta, bratello, - nel ricevitore risuonò la voce del direttore del Servizio di Sicurezza Federale Nikolaj Platonovič Patrušev, - Ma tu lo sapevi che il Kasparov era una spia americana?
- In che senso? - si meravigliò Vladimir Vladimirovič™.
- In quel senso lì, - rispose Nikolaj Platonovič, - Sembra che sia membro del Consiglio di un certo Centro americano per una politica di sicurezza. Dal '91.
- Bella roba! - si rallegrò Vladimir Vladimirovič™, - Vuol dire che è dei nostri? Possiamo metterci d'accordo?
- Ma chiaro, - concordò Nikolaj Platonovič, - Ancora non è successo che una spia e un'altra spia non siano riuscite a mettersi d'accordo. Gli telefoni tu o gli telefono io?
- Io, io, - disse tutto contento Vladimir Vladimirovič™, - Fammi il numero.
- Pronto? - nella cornetta risuonò la voce del campione del mondo Garri Kimovič Kasparov.
- Garri Kimovič? - disse affabilmente Vladimir Vladimirovič™, - Salve!
- Chi parla? - domandò il campione, che non capiva.
- Sono Vladimir Vladimirovič™, - rispose Vladimir Vladimirovič™, - Il Presidente della Federazione Russa. Adesso, però... perché prima... prima anch'io, come lei, ero una spia.
- Che spia? - disse Garri Kimovič, - Ma con chi vuole parlare?
- Ma lei non è membro del Consiglio del Centro americano per una politica di sicurezza? - domandò un po' confuso Vladimir Vladimirovič™.
- Questa è una provocazione, - rispose Garri Kimovič, - La smetta di molestarmi.
- Ma non è una provocazione! - esclamò Vladimir Vladimirovič™.
- Sì che è una provocazione, - disse il campione del mondo, - Un'evidente provocazione nei confronti di "Altra Russia" alla vigilia della "Marcia dei dissenzienti". Mi lasci in pace o chiamo la polizia!
- Garri Kimovič, - lo supplicò Vladimir Vladimirovič™.
- Non voglio parlare con lei! - esclamò Garri Kimovič.
- Ma ci sta già parlando! - si meravigliò Vladimir Vladimirovič™.
- Interrompo questa conversazione! - disse il campione del mondo a Vladimir Vladimirovič™, - Troppo onore.
E Garri Kimovič mise giù.
- Non siamo riusciti a metterci d'accordo, - borbottò Vladimir Vladimirovič™, - Mi piacerebbe sapere cosa vuole, questo...
da: vladimir.vladimirovich.ru
venerdì, aprile 06, 2007
Distrazioni, falsiallarmi, enigmi e le normative definitive
"It can hardly be a coincidence that no language on Earth has ever produced the phrase, 'as pretty as an airport.' Airports are ugly. Some are very ugly. Some attain a degree of ugliness that can only be the result of a special effort".
Douglas Adams
Ci si dà tanto da fare per mettere al bando le dosi inopportune di liquidi e i flaconi non regolamentari e poi si scopre che durante un'esercitazione i controlli di sicurezza dell'aeroporto di Denver sono riusciti a farsi sfuggire il 90% delle armi e degli esplosivi. Ti sequestrano la minerale ma ti lasciano portare una vistosa cintura da kamikaze: adesso lo hanno anche verificato, e non possono farci nulla. Sicurezza è consapevolezza.
Link
Volo della Delta Airlines: donna si chiude in bagno a fumare, va fuori di testa, appare sconvolta e bellicosa. Il pilota minaccia di ammanettarla e lei (bontà sua) lo colpisce al torace. Il volo diretto a Honolulu ripiega su Los Angeles: ambulanza, ospedale e ciao ciao signora. È un crimine federale fumare su un volo di linea, sapevatelo. Secondo me se c'è una cosa più inquietante del vedere uscire del fumo dalla toilette, è la prospettiva di assistere al ko tecnico del pilota. Ma magari sono paranoica io.
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Passeggeri schedati, controllati, perquisiti; portatili accesi ("mi faccia vedere le icone"); fotocamere e cellulari smontati (sì, sempre io); burrocacao guardati con sospetto ("può stapparlo, cortesemente"?). E poi il dipartimento del governo degli Stati Uniti che si occupa di proteggere dati tecnici segreti sulle armi nucleari perde, ehm, venti computer. È la tredicesima volta che fanno l'inventario e i conti non tornano mai. Non ditemi che siete nervosi.
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Hostess in uniforme ma non in servizio sale su un volo United da Atlanta a Washington con un'arma nella borsetta che è passata inosservata attraverso i controlli di sicurezza, scende dall'aereo e va dalla polizia ad autodenunciarsi. Arrestata. Boh. Mettete al posto dell'hostess il signor Brando di Suspense! della Settimana Enigmistica e cercate di trovare un senso all'episodio.
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E infine, miei cari.
Pasqua e i ponti sono ormai vicini. Forse prenderete un aereo, e il forse può non dipendere da voi: potreste trovare molti ostacoli prima della bramata scaletta, se non possedete armi o esplosivi.
Quali sostanze liquide, gelificate o semisolide e in quale misura e contenitore sono ammesse a bordo? È possibile pranzare al sacco? Sul desktop del vostro portatile vi sono icone sospette? Qual è la posizione corretta da assumere una volta seduti? L'enac [blink blink] ha redatto un documento contenente le nuove direttive recepite da tutti gli aeroporti europei: scaricate e leggete questo .pdf prima di preparare i bagagli, dirigervi all'aeroporto o anche solo acquistare un biglietto aereo.
Ricordate: security is awareness. Le Edizioni No-Fly Zone vi augurano una piacevole vacanza.
Douglas Adams
Ci si dà tanto da fare per mettere al bando le dosi inopportune di liquidi e i flaconi non regolamentari e poi si scopre che durante un'esercitazione i controlli di sicurezza dell'aeroporto di Denver sono riusciti a farsi sfuggire il 90% delle armi e degli esplosivi. Ti sequestrano la minerale ma ti lasciano portare una vistosa cintura da kamikaze: adesso lo hanno anche verificato, e non possono farci nulla. Sicurezza è consapevolezza.
Link
Volo della Delta Airlines: donna si chiude in bagno a fumare, va fuori di testa, appare sconvolta e bellicosa. Il pilota minaccia di ammanettarla e lei (bontà sua) lo colpisce al torace. Il volo diretto a Honolulu ripiega su Los Angeles: ambulanza, ospedale e ciao ciao signora. È un crimine federale fumare su un volo di linea, sapevatelo. Secondo me se c'è una cosa più inquietante del vedere uscire del fumo dalla toilette, è la prospettiva di assistere al ko tecnico del pilota. Ma magari sono paranoica io.
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Passeggeri schedati, controllati, perquisiti; portatili accesi ("mi faccia vedere le icone"); fotocamere e cellulari smontati (sì, sempre io); burrocacao guardati con sospetto ("può stapparlo, cortesemente"?). E poi il dipartimento del governo degli Stati Uniti che si occupa di proteggere dati tecnici segreti sulle armi nucleari perde, ehm, venti computer. È la tredicesima volta che fanno l'inventario e i conti non tornano mai. Non ditemi che siete nervosi.
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Hostess in uniforme ma non in servizio sale su un volo United da Atlanta a Washington con un'arma nella borsetta che è passata inosservata attraverso i controlli di sicurezza, scende dall'aereo e va dalla polizia ad autodenunciarsi. Arrestata. Boh. Mettete al posto dell'hostess il signor Brando di Suspense! della Settimana Enigmistica e cercate di trovare un senso all'episodio.
Link
E infine, miei cari.
Pasqua e i ponti sono ormai vicini. Forse prenderete un aereo, e il forse può non dipendere da voi: potreste trovare molti ostacoli prima della bramata scaletta, se non possedete armi o esplosivi.
Quali sostanze liquide, gelificate o semisolide e in quale misura e contenitore sono ammesse a bordo? È possibile pranzare al sacco? Sul desktop del vostro portatile vi sono icone sospette? Qual è la posizione corretta da assumere una volta seduti? L'enac [blink blink] ha redatto un documento contenente le nuove direttive recepite da tutti gli aeroporti europei: scaricate e leggete questo .pdf prima di preparare i bagagli, dirigervi all'aeroporto o anche solo acquistare un biglietto aereo.
Ricordate: security is awareness. Le Edizioni No-Fly Zone vi augurano una piacevole vacanza.
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giovedì, aprile 05, 2007
Little Brother is watching you
Niente da fare, i britannici si tengono stretto il Premio Orwell 2007. In 20 città del Regno Unito saranno installate delle telecamere munite di altoparlanti per redarguire e richiamare all'ordine chi si comporta male. Come ricorderete, il sistema è già stato sperimentato a Middlesbrough, dove da mesi le videocamere urlacchiano le proprie istruzioni a ubriaconi, sudicioni e vandali (va precisato che un anno fa dei potenziali "lampioni parlanti" erano stati notati anche a Londra).
Ma come rendere queste telecamere meno intimidatorie? Installandoci un microfono per garantire almeno il diritto di replica? No: dando loro la voce di un bambino ("Ehi, tu, signore co' malietta nera! Guadda che ti vedo, sa. Lascia impace cabina telefonica, gazzie").
Questa volta 1984 incontra Villaggio dei Dannati e Zecchino D'Oro: è ufficialmente nato il Little Brother.
Link
[I pigri neuroni del Capo ringraziano il Governo britannico per aver consentito la stesura di un altro post a inventività zero.]
Ma come rendere queste telecamere meno intimidatorie? Installandoci un microfono per garantire almeno il diritto di replica? No: dando loro la voce di un bambino ("Ehi, tu, signore co' malietta nera! Guadda che ti vedo, sa. Lascia impace cabina telefonica, gazzie").
Questa volta 1984 incontra Villaggio dei Dannati e Zecchino D'Oro: è ufficialmente nato il Little Brother.
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[I pigri neuroni del Capo ringraziano il Governo britannico per aver consentito la stesura di un altro post a inventività zero.]
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martedì, aprile 03, 2007
God bless those pagans
Cosa volete che sia non capire la differenza tra sunniti e sciiti? Il 60% degli americani non è in grado di nominare neanche cinque dei dieci comandamenti.
In compenso il 50% degli studenti americani delle scuole superiori pensa che Sodoma e Gomorra fossero sposati.
Mi tenta pensare che sarebbe stato un matrimonio un po' sopra le righe, ma divertente ("Chi abbiamo a cena, cara? No, non dirmelo: ancora Sodoma e Gomorra. Anche stasera possiamo scordarci il Trivial Pursuit").
Link (grazie, bracciodestro dei braccidestri :-))
In compenso il 50% degli studenti americani delle scuole superiori pensa che Sodoma e Gomorra fossero sposati.
Mi tenta pensare che sarebbe stato un matrimonio un po' sopra le righe, ma divertente ("Chi abbiamo a cena, cara? No, non dirmelo: ancora Sodoma e Gomorra. Anche stasera possiamo scordarci il Trivial Pursuit").
Link (grazie, bracciodestro dei braccidestri :-))
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VVP e il rinnovo automatico
"Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva nel suo studio all'interno del Cremlino e seguiva sul presidenziale televisore il discorso del Presidente del Consiglio della Federazione, l'androide Sergej Michajlovič Mironov.
- Quattro anni sono molto pochi, - diceva l'androide, - Bisogna aumentare il periodo di permanenza in carica del presidente a cinque, forse anche sette anni.
- Cosa? - Vladimir Vladimirovič™ sollevò stupito le presidenziali sopracciglia.
- Inoltre, considero sbagliata la disposizione della costituzione che impedisce alla stessa persona di ricoprire l'incarico per più di due termini consecutivi, - disse il presidente, - Io propongo tre termini.
- Tu cosa?! - esclamò Vladimir Vladimirovič™, che schiacciò immediatamente il pulsante per chiamare il vice-capo della sua amministrazione, Vladislav Jur'evič Surkov.
- Ascolta, bratello, - esclamò Vladimir Vladimirovič™, - Cosa sono queste fesserie?
- In che senso? - Vladislav Jur'evič non capiva.
- 'Sta cosa dei cinque anni, sette anni, - si accalorò Vladimir Vladimirovič™, - Cosa avevamo detto? Cosa avevamo detto del terzo mandato?
- C'è questa idea... - esordì Vladislav Jur'evič.
- Ma quale idea, ancora! - Vladimir Vladimirovič™ si alzò dalla presidenziale poltrona e si mise a camminare su e giù per lo studio, - Non si può mica sempre continuare a rinfacciarmi le mie idee! Sette anni sono sette anni! E tre mandati sono tre mandati! E cosa facciamo quando i tre mandati finiscono? Cambiamo di nuovo per farne un quarto? E poi un quinto? Ridicolo!
- C'è questa idea... - ripeté pazientemente Vladislav Jur'evič, - Rebilling automatico, si chiama. Mettiamo che ti compri qualcosa su internet, beh, diciamo... uh... mettiamo che ti compri un quadretto. Allora dai i dati della tua carta di credito, così loro possono prelevare una somma ogni mese, e tu neanche te ne accorgi.
- È come l'accordo del gas con l'Ucraina, sì? - domandò Vladimir Vladimirovič™, - Con il rinnovo automatico?
- Ecco, ecco, - confermò Vladislav Jur'evič, - Rinnovo automatico. Così facciamo anche noi. Finisce un mandato - parte automaticamente quello successivo. Io penso che vada bene.
- Beh, sì... - borbottò Vladimir Vladimirovič™ - Non c'è male, va'...
E Vladimir Vladimirovič™ chiuse il collegamento".
Da vladimir.vladimirovich.ru
- Quattro anni sono molto pochi, - diceva l'androide, - Bisogna aumentare il periodo di permanenza in carica del presidente a cinque, forse anche sette anni.
- Cosa? - Vladimir Vladimirovič™ sollevò stupito le presidenziali sopracciglia.
- Inoltre, considero sbagliata la disposizione della costituzione che impedisce alla stessa persona di ricoprire l'incarico per più di due termini consecutivi, - disse il presidente, - Io propongo tre termini.
- Tu cosa?! - esclamò Vladimir Vladimirovič™, che schiacciò immediatamente il pulsante per chiamare il vice-capo della sua amministrazione, Vladislav Jur'evič Surkov.
- Ascolta, bratello, - esclamò Vladimir Vladimirovič™, - Cosa sono queste fesserie?
- In che senso? - Vladislav Jur'evič non capiva.
- 'Sta cosa dei cinque anni, sette anni, - si accalorò Vladimir Vladimirovič™, - Cosa avevamo detto? Cosa avevamo detto del terzo mandato?
- C'è questa idea... - esordì Vladislav Jur'evič.
- Ma quale idea, ancora! - Vladimir Vladimirovič™ si alzò dalla presidenziale poltrona e si mise a camminare su e giù per lo studio, - Non si può mica sempre continuare a rinfacciarmi le mie idee! Sette anni sono sette anni! E tre mandati sono tre mandati! E cosa facciamo quando i tre mandati finiscono? Cambiamo di nuovo per farne un quarto? E poi un quinto? Ridicolo!
- C'è questa idea... - ripeté pazientemente Vladislav Jur'evič, - Rebilling automatico, si chiama. Mettiamo che ti compri qualcosa su internet, beh, diciamo... uh... mettiamo che ti compri un quadretto. Allora dai i dati della tua carta di credito, così loro possono prelevare una somma ogni mese, e tu neanche te ne accorgi.
- È come l'accordo del gas con l'Ucraina, sì? - domandò Vladimir Vladimirovič™, - Con il rinnovo automatico?
- Ecco, ecco, - confermò Vladislav Jur'evič, - Rinnovo automatico. Così facciamo anche noi. Finisce un mandato - parte automaticamente quello successivo. Io penso che vada bene.
- Beh, sì... - borbottò Vladimir Vladimirovič™ - Non c'è male, va'...
E Vladimir Vladimirovič™ chiuse il collegamento".
Da vladimir.vladimirovich.ru
lunedì, aprile 02, 2007
Niente cappucci, niente scosse, niente percosse
E quella la chiamate umiliazione?
Niente cappucci. Niente scosse elettriche. Niente percosse. Questi iraniani sono chiaramente una massa di incivili.
di Terry Jones
sabato 31 marzo, The Guardian
"Condivido l'indignazione espressa dalla stampa britannica per il trattamento del nostro equipaggio accusato dall'Iran di avere sconfinato illegalmente nelle sue acque territoriali. È una vergogna. Noi non ci sogneremmo mai di trattare così dei prigionieri, consentendo loro di fumare, per esempio, pur essendo stato dimostrato che il fumo uccide. E quando hanno obbligato la povera marine Faye Turney a indossare sul capo un velo nero, e poi hanno mandato in giro la foto? Gli iraniani non sanno proprio cosa sia comportarsi civilmente? Ecco quello che facciamo noi, con i musulmani che catturiamo: gli mettiamo un sacchetto in testa, così fanno fatica a respirare. Allora sì che si possono scattare foto e mandarle alla stampa, perché almeno i prigionieri non possono essere riconosciuti e umiliati come è capitato ai poveri marinai britannici.
È inaccettabile anche che gli ostaggi britannici siano stati fatti parlare alla televisione e abbiano detto cose delle quali potranno forse pentirsi. Se gli iraniani gli avessero tappato la bocca con del nastro isolante, come facciamo noi con i nostri prigionieri, non avrebbero parlato. Naturalmente avrebbero fatto fatica a respirare, soprattutto per via del sacchetto sulla testa, ma almeno non sarebbero stati umiliati.
E cos'è tutta questa storia di permettere ai prigionieri di scrivere lettere in cui dicono che stanno bene? Sarebbe ora che gli iraniani si allineassero con il resto del mondo civile: dovrebbero concedere ai loro prigionieri la privacy dell'isolamento. È uno dei tanti privilegi che gli Stati Uniti garantiscono ai loro detenuti a Guantánamo Bay.
Il vero segno di civiltà di un paese è che non ha tutta questa fretta di incriminare persone che ha arbitrariamente arrestato in un posto che ha appena invaso. I detenuti di Guantánamo, per esempio, hanno goduto di tutta la privacy che desideravano per quasi cinque anni, e c'è appena stata la prima incriminazione. Tutto il contrario degli indecorosi iraniani, che non vedevano l'ora di sfoggiare i loro prigionieri davanti alle telecamere!
Inoltre è chiaro che gli iraniani non concedono ai loro prigionieri britannici sufficiente esercizio fisico. L'esercito degli Stati Uniti assicura ai suoi prigionieri iracheni un allenamento fisico adeguato, sotto forma di magnifiche 'posizioni stressanti' da tenere per tempo indefinito, così da migliorare il tono muscolare degli addominali e dei polpacci. Un tipico esercizio è quello in cui devono stare in punta di piedi e poi accucciarsi fino ad avere le cosce parallele al pavimento. Questo produce intenso dolore e alla fine il cedimento del muscolo. È tutta salute e divertimento, e ha il vantaggio che i prigionieri confesseranno qualsiasi cosa pur di uscirne.
E questo mi porta all'ultima considerazione. È chiaro dall'apparizione televisiva che la soldatessa Turney è stata messa sotto pressione. I giornali hanno chiesto a esperti di psicologia comportamentale di esaminare il filmato e tutti hanno concluso che è 'infelice e sotto stress'.
Quello che stupisce è il modo subdolo in cui gli iraniani l'hanno resa 'infelice e sotto stress'. Non mostra segni di scosse elettriche o bruciature e sul volto non reca tracce di percosse. È inaccettabile. Se i prigionieri devono essere fatti oggetto di violenza, per esempio costringendoli a posizioni sessuali compromettenti o a subire scariche elettriche ai genitali, vanno fotografati come è stato fatto ad Abu Ghraib. Le fotografie poi devono essere fatte circolare nel mondo civile, così tutti possono sapere cos'è successo.
Come ha rilevato Stephen Glover sul Daily Mail, forse non sarebbe giusto bombardare l'Iran per vendicare l'umiliazione dei nostri soldati. Però chiaramente il popolo iraniano va fatto soffrire: o con delle sanzioni, come suggerisce il Mail, o semplicemente dicendo al Presidente Bush di sbrigarsi a invadere, cosa che intende fare comunque, e a portare nel paese la democrazia e i valori occidentali come ha fatto con l'Iraq".
Terry Jones è regista, attore e Python.
www.terry-jones.net
Link
Tradotto dall'inglese all'italiano da Mirumir, un membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica. Questa traduzione è in Copyleft per ogni uso non-commerciale: è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne l'autore e la fonte.
Niente cappucci. Niente scosse elettriche. Niente percosse. Questi iraniani sono chiaramente una massa di incivili.
di Terry Jones
sabato 31 marzo, The Guardian
"Condivido l'indignazione espressa dalla stampa britannica per il trattamento del nostro equipaggio accusato dall'Iran di avere sconfinato illegalmente nelle sue acque territoriali. È una vergogna. Noi non ci sogneremmo mai di trattare così dei prigionieri, consentendo loro di fumare, per esempio, pur essendo stato dimostrato che il fumo uccide. E quando hanno obbligato la povera marine Faye Turney a indossare sul capo un velo nero, e poi hanno mandato in giro la foto? Gli iraniani non sanno proprio cosa sia comportarsi civilmente? Ecco quello che facciamo noi, con i musulmani che catturiamo: gli mettiamo un sacchetto in testa, così fanno fatica a respirare. Allora sì che si possono scattare foto e mandarle alla stampa, perché almeno i prigionieri non possono essere riconosciuti e umiliati come è capitato ai poveri marinai britannici.
È inaccettabile anche che gli ostaggi britannici siano stati fatti parlare alla televisione e abbiano detto cose delle quali potranno forse pentirsi. Se gli iraniani gli avessero tappato la bocca con del nastro isolante, come facciamo noi con i nostri prigionieri, non avrebbero parlato. Naturalmente avrebbero fatto fatica a respirare, soprattutto per via del sacchetto sulla testa, ma almeno non sarebbero stati umiliati.
E cos'è tutta questa storia di permettere ai prigionieri di scrivere lettere in cui dicono che stanno bene? Sarebbe ora che gli iraniani si allineassero con il resto del mondo civile: dovrebbero concedere ai loro prigionieri la privacy dell'isolamento. È uno dei tanti privilegi che gli Stati Uniti garantiscono ai loro detenuti a Guantánamo Bay.
Il vero segno di civiltà di un paese è che non ha tutta questa fretta di incriminare persone che ha arbitrariamente arrestato in un posto che ha appena invaso. I detenuti di Guantánamo, per esempio, hanno goduto di tutta la privacy che desideravano per quasi cinque anni, e c'è appena stata la prima incriminazione. Tutto il contrario degli indecorosi iraniani, che non vedevano l'ora di sfoggiare i loro prigionieri davanti alle telecamere!
Inoltre è chiaro che gli iraniani non concedono ai loro prigionieri britannici sufficiente esercizio fisico. L'esercito degli Stati Uniti assicura ai suoi prigionieri iracheni un allenamento fisico adeguato, sotto forma di magnifiche 'posizioni stressanti' da tenere per tempo indefinito, così da migliorare il tono muscolare degli addominali e dei polpacci. Un tipico esercizio è quello in cui devono stare in punta di piedi e poi accucciarsi fino ad avere le cosce parallele al pavimento. Questo produce intenso dolore e alla fine il cedimento del muscolo. È tutta salute e divertimento, e ha il vantaggio che i prigionieri confesseranno qualsiasi cosa pur di uscirne.
E questo mi porta all'ultima considerazione. È chiaro dall'apparizione televisiva che la soldatessa Turney è stata messa sotto pressione. I giornali hanno chiesto a esperti di psicologia comportamentale di esaminare il filmato e tutti hanno concluso che è 'infelice e sotto stress'.
Quello che stupisce è il modo subdolo in cui gli iraniani l'hanno resa 'infelice e sotto stress'. Non mostra segni di scosse elettriche o bruciature e sul volto non reca tracce di percosse. È inaccettabile. Se i prigionieri devono essere fatti oggetto di violenza, per esempio costringendoli a posizioni sessuali compromettenti o a subire scariche elettriche ai genitali, vanno fotografati come è stato fatto ad Abu Ghraib. Le fotografie poi devono essere fatte circolare nel mondo civile, così tutti possono sapere cos'è successo.
Come ha rilevato Stephen Glover sul Daily Mail, forse non sarebbe giusto bombardare l'Iran per vendicare l'umiliazione dei nostri soldati. Però chiaramente il popolo iraniano va fatto soffrire: o con delle sanzioni, come suggerisce il Mail, o semplicemente dicendo al Presidente Bush di sbrigarsi a invadere, cosa che intende fare comunque, e a portare nel paese la democrazia e i valori occidentali come ha fatto con l'Iraq".
Terry Jones è regista, attore e Python.
www.terry-jones.net
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Tradotto dall'inglese all'italiano da Mirumir, un membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica. Questa traduzione è in Copyleft per ogni uso non-commerciale: è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne l'autore e la fonte.
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sabato, marzo 31, 2007
La delegazione russa e i pesci rossi della Cina
Episodio capitato durante la recente visita della delegazione russa all'Esposizione Nazionale Cinese a Mosca, come viene descritto da Andrej Kolesnikov del Kommersant:
"Dopo brevi e intensi discorsi, i capi e i membri delle delegazioni cominciano a visitare la mostra, che comprende sofisticati computer e una bella selezione di automobili cinesi.
[...]
Mentre Putin e Hu sostano davanti a uno stand circondati da giovani signore con ventagli e da monaci vestiti d'arancione intenti in una piccola dimostrazione di arti marziali, noto che alcuni membri della delegazione russa si staccano dal resto del gruppo e si avvicinano a uno stand d'angolo: sono il Ministro per lo sviluppo economico German Gref, il vice-premier Aleksander Žukov, Gennadij Žjuganov, il Ministro della cultura Aleksandr Sokolov... A un certo punto sono tutti chini su una vasca nella quale nuotano diversi pesci rossi.
'Come sono belli', dice ispirato il Ministro della cultura Aleksandr Sokolov.
'Non soffocheranno, lì dentro?' chiede qualcuno ansiosamente.
'Secondo me non sono veri', dice Aleksandr Sokolov, spezzando il silenzio sceso dopo l'ultima frase.
'Non può essere', dice Gennadij Žjuganov, immergendo un dito nel laghetto e cercando di toccare uno dei pesci. Il pesce muove la coda. 'E secondo te non erano veri', dice, scuotendo il capo.
'Ha la coda di plastica' fa il primo vice-Primo Ministro Aleksandr Žukov. 'Te lo dico io'.
Si sporgono tutti per scrutare più da vicino la superficie dell'acqua.
'Sono proprio di plastica, pare', dice Aleksandr Sokolov. 'Esistono cose così, sapete'.
Sembra del tutto convinto che la coda sia una protesi applicata a un pesce vivo, tanto più che la coda è leggermente più chiara del resto del pesce.
'Dev'essere una specie di pesce modello', decide il Ministro del commercio e dell'economia German Gref. 'Guardate - non affondano!'
'È vero!', gli fanno eco gli altri, molto colpiti.
'Ma non escono neanche dall'acqua!' continua German Gref. 'Questa sì che è alta tecnologia'.
'Mio Dio, pensi che possano essere telecomandati?' suggerisce Aleksandr Žukov.
'Ma chiaro!' esclama German Gref. 'Hanno delle antenne sul dorso!'
Ora basterebbe cercare i tecnici cinesi, nascosti da quale parte con i loro telecomandi e impegnati ciascuno a controllare il proprio pesce. Ma non li vedono. Sfortunatamente, in questi cinque minuti il resto della delegazione è passato avanti, e il gruppetto deve affrettarsi a raggiungerla".
Link: in russo, in inglese.
"Dopo brevi e intensi discorsi, i capi e i membri delle delegazioni cominciano a visitare la mostra, che comprende sofisticati computer e una bella selezione di automobili cinesi.
[...]
Mentre Putin e Hu sostano davanti a uno stand circondati da giovani signore con ventagli e da monaci vestiti d'arancione intenti in una piccola dimostrazione di arti marziali, noto che alcuni membri della delegazione russa si staccano dal resto del gruppo e si avvicinano a uno stand d'angolo: sono il Ministro per lo sviluppo economico German Gref, il vice-premier Aleksander Žukov, Gennadij Žjuganov, il Ministro della cultura Aleksandr Sokolov... A un certo punto sono tutti chini su una vasca nella quale nuotano diversi pesci rossi.
'Come sono belli', dice ispirato il Ministro della cultura Aleksandr Sokolov.
'Non soffocheranno, lì dentro?' chiede qualcuno ansiosamente.
'Secondo me non sono veri', dice Aleksandr Sokolov, spezzando il silenzio sceso dopo l'ultima frase.
'Non può essere', dice Gennadij Žjuganov, immergendo un dito nel laghetto e cercando di toccare uno dei pesci. Il pesce muove la coda. 'E secondo te non erano veri', dice, scuotendo il capo.
'Ha la coda di plastica' fa il primo vice-Primo Ministro Aleksandr Žukov. 'Te lo dico io'.
Si sporgono tutti per scrutare più da vicino la superficie dell'acqua.
'Sono proprio di plastica, pare', dice Aleksandr Sokolov. 'Esistono cose così, sapete'.
Sembra del tutto convinto che la coda sia una protesi applicata a un pesce vivo, tanto più che la coda è leggermente più chiara del resto del pesce.
'Dev'essere una specie di pesce modello', decide il Ministro del commercio e dell'economia German Gref. 'Guardate - non affondano!'
'È vero!', gli fanno eco gli altri, molto colpiti.
'Ma non escono neanche dall'acqua!' continua German Gref. 'Questa sì che è alta tecnologia'.
'Mio Dio, pensi che possano essere telecomandati?' suggerisce Aleksandr Žukov.
'Ma chiaro!' esclama German Gref. 'Hanno delle antenne sul dorso!'
Ora basterebbe cercare i tecnici cinesi, nascosti da quale parte con i loro telecomandi e impegnati ciascuno a controllare il proprio pesce. Ma non li vedono. Sfortunatamente, in questi cinque minuti il resto della delegazione è passato avanti, e il gruppetto deve affrettarsi a raggiungerla".
Link: in russo, in inglese.
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venerdì, marzo 30, 2007
Ancora a proposito di marinai e Iran
Nel frattempo la televisione iraniana ha diffuso un secondo video, nel quale uno dei marinai confessa lo sconfinamento e si scusa. Osserviamo che anche i nostri giornali mettono tra virgolette il verbo confessare (Lenin's Tomb lo osservava a proposito della stampa inglese), mentre altri generi di confessione - come quella esagerata, psichedelica e ottenuta sotto tortura del fantomatico Khaled Sheikh Mohammed - non godono di questo optional tipografico.
... E ora passiamo a Craig Murray parte seconda (la prima è qui):
I marines catturati
di Craig Murray
[traduzione a cura di Andrej Andreevič]
"Tristemente, ma forse prevedibilmente, sia il governo britannico che quello iraniano si stanno comportando da idioti.
Tony Blair ha detto di 'credere fermamente' che il personale britannico si trovasse in acque irachene. Blair ovviamente non è noto come esperto di legge marittima.
Ma confrontiamo questa certezza politica con la reali conoscenze del comandante della Marina Reale sull'operazione nella quale i marines sono stati catturati.
Prima che potessero fermarlo, il Capitano di Vascello Lambert ha detto 'Per me non ci sono assolutamente dubbi che fossero in acque territoriali irachene. Allo stesso modo gli iraniani possono dire che erano in acque territoriali iraniane. L'estensione e la definizione di acque territoriali in questa parte del modo sono molto complicate'.
È esattamente così. Il confine tra Iran e Iraq nel Golfo Persico settentrionale non è mai stato fissato. (All'interno di Shatt-al-Arab una linea è stata concordata, ma doveva essere aggiornata ogni dieci anni perché la via d'acqua si sposta, secondo il trattato. Dal momento che non viene aggiornata da vent'anni, che sia ancora valida o meno è un punto interessante. Ma sembra comunque che l'incidente sia avvenuto a sud di Shatt.) Si tratta di una disputa perfettamente legittima. L'esistenza di questa disputa sarà chiaramente indicata dalle carte della HMS Cornwall, che si trovano di fronte al Capitano di Vascello Lambert ma non sotto gli occhi di Blair.
Fino a che non verrà deciso un confine, potrete solo essere certi che il personale era in acque territoriali irachene se si trovava entro venti miglia dalla costa e, allo stesso tempo, a più di dodici miglia da qualsiasi isola, lingua di terra, barriera o banco sabbioso reclamati dall'Iran (o dal Kuwait).
Questo è davvero difficile da giudicare dal momento che il governo britannico si rifiuta di dare le coordinate del punto in cui gli uomini sono stati catturati. Se davvero sono così sicuri, lo trovo incomprensibile. Tutti sanno che il Golfo brulica di navi e personale britannico, quindi le posizioni tenute dalle unità pochi giorni fa non possono essere un segreto così prezioso.
Fino a che un confine non viene stabilito, non è facile decidere con certezza dove possa essere. Deve essere stabilito con un negoziato o un arbitrato. Ho partecipato a questi negoziati, per esempio a proposito del confine tra le Channel Islands e la Francia.
In presenza di una linea costiera diritta senza isole, e un confine netto tra due paesi che colpisce la costa ad angolo retto, si avrebbe un chiaro confine marittimo ad angolo retto tra i due paesi. Questo non accade mai.
In pratica bisogna accordarsi su una serie di punti di triangolazione su entrambe le linee costiere e fare un esercizio di triangolazione geometrica per trovare una linea che parta dalla costa. Le coste ovviamente hanno forme strane ed irregolari. Disegnate una linea immaginaria su un foglio e provateci da soli. Capirete presto perché le regole vi permettano di tenere conto della tendenza generale della linea della costa e perfino dell'angolo del confine terrestre. Questo non è geometria, è puro mercato delle vacche.
Anzitutto, ovviamente, le due parti devono accordarsi sui punti di triangolazione sulla costa da prendere in considerazione. È permesso, per esempio, tracciare una linea attraverso l'entrata di una baia e usarla come fosse una costa, ma l'altra parte ha ampiamente il diritto di discutere da quale punto quella linea può essere tracciata.
Questo è solo l'inizio. Per i mari territoriali (ma non le 200 miglia esclusive di zona economica) vengono prese in considerazione anche le rocce disabitate e i banchi sabbiosi. E anche qui si può discutere all'infinito: il possesso di un inutile banco di sabbia non è necessariamente una cosa definita. Porre il punto di triangolazione su un banco di sabbia a dodici miglia dalla costa può fare un'enorme differenza.
Allora la cosa diventa veramente complessa. Cosa succede se il banco sabbioso appare solo con la bassa marea? E se rimane a secco tutto il giorno, ma solo in alcuni periodi dell'anno? E se si muove anche solo di un po'?
Su cose del genere si mercanteggia da impazzire. 'Non potete avere quel banco sabbioso a meno che noi non abbiamo questo più quella lingua di terra'. Poi si può discutere sull'attribuzione di valore. 'Questo pezzo di terra resta emerso solo per un terzo del tempo, quindi vi daremo solo un terzo di valore' – in altre parole vi permetteremo di avere il 33,3% di mare in più di quello che otterreste se non esistesse e se stessimo usando come riferimento un punto sulla costa.
Sono stati scritti corposi volumi sui principi di queste negoziazioni, ma tendono ad ignorare il fatto che in definitiva si finisce per affidarsi alle capacità di negoziazione politica tra una vasta gamma di possibili giustificabili accordi. Questo perché noi non possiamo sapere dove sia il confine tra Iran e Iraq in questa area, che ha abbastanza banchi sabbiosi da rendermi felice per secoli al solo pensarci. Se una delle due parti dovesse aver bisogno di un negoziatore...
Comunque, il Regno Unito ha sbagliato ad esagerare con le provocazioni in acque che sono oggetto di disputa. Avrebbero potuto avere il permesso di entrare in acque iraniane alla ricerca di terroristi, pirati o mercanti di schiavi, ma non per compiere altre azioni militari.
Gli iraniani avevano il diritto di trattenere gli uomini se erano in mari legittimamente reclamati come propri dall'Iran. Anzi, si suppone che se un governo rivendica la sovranità deve anche metterla in atto, visto che il possesso costituisce i nove decimi delle leggi internazionali. Ma ora il governo iraniano ha fatto una sciocchezza, e sta anch'esso agendo illegalmente non rilasciando gli uomini che hanno confessato.
La storia trapelata dall'intelligence russa su un piano statunitense per attaccare l'Iran il 6 aprile è stata molto pubblicizzata in Iran, e poco qui. Personalmente dubito che sia vera. Ma il fatto che gli iraniani decidano di tenere i marinai in tale eventualità mi sembra decisamente un rischio.
Sarebbe del tutto inopportuno. Il governo iraniano, continuando a trattenere il personale britannico, sta stupidamente dando nuovi incentivi a Bush e Blair, i cui tentativi di suonare i tamburi di guerra contro l'Iran sono stati finora accolti con profondo scetticismo dall'opinione pubblica. Non abbiamo bisogno di altre guerre per il petrolio.
Se Blair mirasse davvero a ottenere il rilascio della nostra gente, piuttosto che a diffondere propaganda anti-iraniana, smetterebbe di strepitare e mostrare i muscoli e ci assicurerebbe che intende risolvere non solo questo problema ma tutte le divergenze con l'Iran attraverso mezzi pacifici, dicendo chiaramente che non c'è un attacco imminente.
Ma se il governo iraniano aspetta che Blair si comporti bene, i marines sono destinati a marcire in Iran per sempre. Dovrebbero lasciare andare gli uomini (e la donna) ora, con dimostrazioni di amicizia, spiazzando ulteriormente Bush e Blair".
Link
... E ora passiamo a Craig Murray parte seconda (la prima è qui):
I marines catturati
di Craig Murray
[traduzione a cura di Andrej Andreevič]
"Tristemente, ma forse prevedibilmente, sia il governo britannico che quello iraniano si stanno comportando da idioti.
Tony Blair ha detto di 'credere fermamente' che il personale britannico si trovasse in acque irachene. Blair ovviamente non è noto come esperto di legge marittima.
Ma confrontiamo questa certezza politica con la reali conoscenze del comandante della Marina Reale sull'operazione nella quale i marines sono stati catturati.
Prima che potessero fermarlo, il Capitano di Vascello Lambert ha detto 'Per me non ci sono assolutamente dubbi che fossero in acque territoriali irachene. Allo stesso modo gli iraniani possono dire che erano in acque territoriali iraniane. L'estensione e la definizione di acque territoriali in questa parte del modo sono molto complicate'.
È esattamente così. Il confine tra Iran e Iraq nel Golfo Persico settentrionale non è mai stato fissato. (All'interno di Shatt-al-Arab una linea è stata concordata, ma doveva essere aggiornata ogni dieci anni perché la via d'acqua si sposta, secondo il trattato. Dal momento che non viene aggiornata da vent'anni, che sia ancora valida o meno è un punto interessante. Ma sembra comunque che l'incidente sia avvenuto a sud di Shatt.) Si tratta di una disputa perfettamente legittima. L'esistenza di questa disputa sarà chiaramente indicata dalle carte della HMS Cornwall, che si trovano di fronte al Capitano di Vascello Lambert ma non sotto gli occhi di Blair.
Fino a che non verrà deciso un confine, potrete solo essere certi che il personale era in acque territoriali irachene se si trovava entro venti miglia dalla costa e, allo stesso tempo, a più di dodici miglia da qualsiasi isola, lingua di terra, barriera o banco sabbioso reclamati dall'Iran (o dal Kuwait).
Questo è davvero difficile da giudicare dal momento che il governo britannico si rifiuta di dare le coordinate del punto in cui gli uomini sono stati catturati. Se davvero sono così sicuri, lo trovo incomprensibile. Tutti sanno che il Golfo brulica di navi e personale britannico, quindi le posizioni tenute dalle unità pochi giorni fa non possono essere un segreto così prezioso.
Fino a che un confine non viene stabilito, non è facile decidere con certezza dove possa essere. Deve essere stabilito con un negoziato o un arbitrato. Ho partecipato a questi negoziati, per esempio a proposito del confine tra le Channel Islands e la Francia.
In presenza di una linea costiera diritta senza isole, e un confine netto tra due paesi che colpisce la costa ad angolo retto, si avrebbe un chiaro confine marittimo ad angolo retto tra i due paesi. Questo non accade mai.
In pratica bisogna accordarsi su una serie di punti di triangolazione su entrambe le linee costiere e fare un esercizio di triangolazione geometrica per trovare una linea che parta dalla costa. Le coste ovviamente hanno forme strane ed irregolari. Disegnate una linea immaginaria su un foglio e provateci da soli. Capirete presto perché le regole vi permettano di tenere conto della tendenza generale della linea della costa e perfino dell'angolo del confine terrestre. Questo non è geometria, è puro mercato delle vacche.
Anzitutto, ovviamente, le due parti devono accordarsi sui punti di triangolazione sulla costa da prendere in considerazione. È permesso, per esempio, tracciare una linea attraverso l'entrata di una baia e usarla come fosse una costa, ma l'altra parte ha ampiamente il diritto di discutere da quale punto quella linea può essere tracciata.
Questo è solo l'inizio. Per i mari territoriali (ma non le 200 miglia esclusive di zona economica) vengono prese in considerazione anche le rocce disabitate e i banchi sabbiosi. E anche qui si può discutere all'infinito: il possesso di un inutile banco di sabbia non è necessariamente una cosa definita. Porre il punto di triangolazione su un banco di sabbia a dodici miglia dalla costa può fare un'enorme differenza.
Allora la cosa diventa veramente complessa. Cosa succede se il banco sabbioso appare solo con la bassa marea? E se rimane a secco tutto il giorno, ma solo in alcuni periodi dell'anno? E se si muove anche solo di un po'?
Su cose del genere si mercanteggia da impazzire. 'Non potete avere quel banco sabbioso a meno che noi non abbiamo questo più quella lingua di terra'. Poi si può discutere sull'attribuzione di valore. 'Questo pezzo di terra resta emerso solo per un terzo del tempo, quindi vi daremo solo un terzo di valore' – in altre parole vi permetteremo di avere il 33,3% di mare in più di quello che otterreste se non esistesse e se stessimo usando come riferimento un punto sulla costa.
Sono stati scritti corposi volumi sui principi di queste negoziazioni, ma tendono ad ignorare il fatto che in definitiva si finisce per affidarsi alle capacità di negoziazione politica tra una vasta gamma di possibili giustificabili accordi. Questo perché noi non possiamo sapere dove sia il confine tra Iran e Iraq in questa area, che ha abbastanza banchi sabbiosi da rendermi felice per secoli al solo pensarci. Se una delle due parti dovesse aver bisogno di un negoziatore...
Comunque, il Regno Unito ha sbagliato ad esagerare con le provocazioni in acque che sono oggetto di disputa. Avrebbero potuto avere il permesso di entrare in acque iraniane alla ricerca di terroristi, pirati o mercanti di schiavi, ma non per compiere altre azioni militari.
Gli iraniani avevano il diritto di trattenere gli uomini se erano in mari legittimamente reclamati come propri dall'Iran. Anzi, si suppone che se un governo rivendica la sovranità deve anche metterla in atto, visto che il possesso costituisce i nove decimi delle leggi internazionali. Ma ora il governo iraniano ha fatto una sciocchezza, e sta anch'esso agendo illegalmente non rilasciando gli uomini che hanno confessato.
La storia trapelata dall'intelligence russa su un piano statunitense per attaccare l'Iran il 6 aprile è stata molto pubblicizzata in Iran, e poco qui. Personalmente dubito che sia vera. Ma il fatto che gli iraniani decidano di tenere i marinai in tale eventualità mi sembra decisamente un rischio.
Sarebbe del tutto inopportuno. Il governo iraniano, continuando a trattenere il personale britannico, sta stupidamente dando nuovi incentivi a Bush e Blair, i cui tentativi di suonare i tamburi di guerra contro l'Iran sono stati finora accolti con profondo scetticismo dall'opinione pubblica. Non abbiamo bisogno di altre guerre per il petrolio.
Se Blair mirasse davvero a ottenere il rilascio della nostra gente, piuttosto che a diffondere propaganda anti-iraniana, smetterebbe di strepitare e mostrare i muscoli e ci assicurerebbe che intende risolvere non solo questo problema ma tutte le divergenze con l'Iran attraverso mezzi pacifici, dicendo chiaramente che non c'è un attacco imminente.
Ma se il governo iraniano aspetta che Blair si comporti bene, i marines sono destinati a marcire in Iran per sempre. Dovrebbero lasciare andare gli uomini (e la donna) ora, con dimostrazioni di amicizia, spiazzando ulteriormente Bush e Blair".
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Falsi confini marittimi
Come dicevamo. Craig Murray parte prima:
Falsi confini marittimi
di Craig Murray
[traduzione a cura di Andrej Andreevič]
"Il Governo britannico ha pubblicato una mappa che riportava le coordinate dell'incidente, ben all'interno di un confine marittimo tra Iran e Iraq.
I media ufficiali e perfino la blogosfera hanno completamente abboccato.
Ma ci sono due colossali problemi:
a) Il confine marittimo tra Iraq e Iran mostrato dalle mappe del Governo britannico non esiste. È stato tracciato dal governo britannico. Solo iraniani e iracheni possono accordarsi bilateralmente sui propri confini, cosa che non hanno mai fatto riguardo il Golfo ma solo riguardo la zona di Shatt, perché lì passa anche il confine di terra. Il confine pubblicato è un falso e non ha validità legale.
b) Accettando le coordinate britanniche per la posizione sia della HMS Cornwall che dell'incidente, entrambi erano più vicini alla terra iraniana che a quella irachena. Prendete la mappa, stampatela e controllate le distanze. Questo sottolinea che il confine tracciato dagli inglesi non è affidabile.
Niente di ciò cambia il fatto che gli iraniani, dopo aver chiarito il loro punto di vista, avrebbero dovuto restituire immediatamente i catturati. Prego che lo facciano prima che la cosa vada fuori controllo. Ma inventando una mappa falsa del confine Iran/Iraq notevolmente sfavorevole all'Iran possiamo solo inasprire la posizione iraniana".
Link
Falsi confini marittimi
di Craig Murray
[traduzione a cura di Andrej Andreevič]
"Il Governo britannico ha pubblicato una mappa che riportava le coordinate dell'incidente, ben all'interno di un confine marittimo tra Iran e Iraq.
I media ufficiali e perfino la blogosfera hanno completamente abboccato.
Ma ci sono due colossali problemi:
a) Il confine marittimo tra Iraq e Iran mostrato dalle mappe del Governo britannico non esiste. È stato tracciato dal governo britannico. Solo iraniani e iracheni possono accordarsi bilateralmente sui propri confini, cosa che non hanno mai fatto riguardo il Golfo ma solo riguardo la zona di Shatt, perché lì passa anche il confine di terra. Il confine pubblicato è un falso e non ha validità legale.
b) Accettando le coordinate britanniche per la posizione sia della HMS Cornwall che dell'incidente, entrambi erano più vicini alla terra iraniana che a quella irachena. Prendete la mappa, stampatela e controllate le distanze. Questo sottolinea che il confine tracciato dagli inglesi non è affidabile.
Niente di ciò cambia il fatto che gli iraniani, dopo aver chiarito il loro punto di vista, avrebbero dovuto restituire immediatamente i catturati. Prego che lo facciano prima che la cosa vada fuori controllo. Ma inventando una mappa falsa del confine Iran/Iraq notevolmente sfavorevole all'Iran possiamo solo inasprire la posizione iraniana".
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Marines, confessioni, confini marittimi e false mappe
Parliamo un po' della crisi dei marines inglesi in Iran.
Lenin's Tomb ieri ha pubblicato un ottimo post dal titolo "L'Iran e gli ostaggi: immagine e significato" che ora vi riassumo (un grazie enorme a Andrej "bracciodestro" Andreevič per il materiale e le traduzioni).
Certa gente, dice LT, non è mai contenta. Si scopre che il Foreign Office, che dovrebbe essere contento di vedere che i marines sono salvi e in buone condizioni, è infuriato perché l'Iran ha mostrato il video nel quale gli ostaggi mangiano e ammettono di essere colpevoli. Continua LT:
"Ogni resoconto che ho visto mette la parola 'confessione' tra virgolette, o la fa precedere da 'presunta' o da un suo sinonimo, il che pare perfettamente sensato. Cioè, la gente è in grado di separare l'immagine dal significato di cui l'ha rivestito il governo iraniano.
Però ci sono altre immagini con altri tipi di messaggio che vi si sovrappongono. Prendete questa mappa tratta dalle incredibili prove fotografiche. La versione del governo di ciò che è avvenuto è fornita ampiamente da questo articolo. Dicono che i marines erano per 3,1 chilometri all'interno delle acque irachene e che gli iraniani hanno cambiato versione dopo che gli è stato detto che il punto in cui sostenevano di aver compiuto l'arresto era all'interno delle acque irachene. Quindi, ci sono un'immagine e una storia. Meno scetticismo, questa volta. The Independent chiama i marines ostaggi. Altrettanto fa il Telegraph. Idem la Press Association. E i media statunitensi di destra? Basta andare a dare un'occhiata.
Un ostaggio è una persona presa per ottenere qualcosa in cambio della sua incolumità o liberazione. L'Iran non ha posto richieste, condizioni o termini, a quanto ne so. Ma, ovviamente, l'uso del termine indica l'ampia accettazione della versione del governo britannico: se gli arrestati sono 'ostaggi', chiaramente l'arresto non può essere in alcun modo legittimamente avvenuto in acque iraniane. (O forse, più insidiosamente, la storia della Colpa Iraniana è tale che, anche se fossero stati in territorio iraniano, l'Iran non ha diritto di controllo su quel territorio. La sua sovranità è sempre de facto in questione, qualcosa che può essere compromesso in ogni momento da un'invasione con bombardamenti aerei, o l'uso di squadre del terrore)".
L'autore poi cita Craig Murray, secondo il quale ci vuole molta ingenuità per accettare la mappa del Ministero della Difesa, giacché il confine marittimo tra Iraq e Iran mostrato dalle mappe del governo britannico non esiste. È stato tracciato dal governo britannico. Solo iraniani e iracheni possono accordarsi bilateralmente sui propri confini, cosa che non hanno mai fatto riguardo il Golfo ma solo riguardo la zona di Shatt, perché lì passa anche il confine di terra. Il confine pubblicato è falso e non ha validità legale.
Ancora Craig Murray ricorda l'affermazione fatta dal Capitano di Vascello Lambert prima che potessero fermarlo: "Non ci sono dubbi per me che fossero in acque territoriali irachene. Allo stesso modo gli iraniani possono dire che erano in acque territoriali iraniane. L'estensione e la definizione di acque territoriali in questa parte del modo sono molto complicate".
Conclusione di LT: "Visto come avvengono rapidamente le cose? Visto quanto la gente sia semplicemente impaziente e desiderosa di credere, e come sospenda in fretta la propria incredulità? Sappiamo che i marines sono 'ostaggi' perché è questo che gli iraniani fanno, perché questa mappa ce lo dice, e perché il governo ha detto così".
Confini confusi? Mappe arbitrarie? Falsi senza validità legale?
Ci sembrano cose da lasciar perdere? Eh, no.
Seguono a breve post con le traduzioni dal blog di Craig Murray.
Lenin's Tomb ieri ha pubblicato un ottimo post dal titolo "L'Iran e gli ostaggi: immagine e significato" che ora vi riassumo (un grazie enorme a Andrej "bracciodestro" Andreevič per il materiale e le traduzioni).
Certa gente, dice LT, non è mai contenta. Si scopre che il Foreign Office, che dovrebbe essere contento di vedere che i marines sono salvi e in buone condizioni, è infuriato perché l'Iran ha mostrato il video nel quale gli ostaggi mangiano e ammettono di essere colpevoli. Continua LT:
"Ogni resoconto che ho visto mette la parola 'confessione' tra virgolette, o la fa precedere da 'presunta' o da un suo sinonimo, il che pare perfettamente sensato. Cioè, la gente è in grado di separare l'immagine dal significato di cui l'ha rivestito il governo iraniano.
Però ci sono altre immagini con altri tipi di messaggio che vi si sovrappongono. Prendete questa mappa tratta dalle incredibili prove fotografiche. La versione del governo di ciò che è avvenuto è fornita ampiamente da questo articolo. Dicono che i marines erano per 3,1 chilometri all'interno delle acque irachene e che gli iraniani hanno cambiato versione dopo che gli è stato detto che il punto in cui sostenevano di aver compiuto l'arresto era all'interno delle acque irachene. Quindi, ci sono un'immagine e una storia. Meno scetticismo, questa volta. The Independent chiama i marines ostaggi. Altrettanto fa il Telegraph. Idem la Press Association. E i media statunitensi di destra? Basta andare a dare un'occhiata.
Un ostaggio è una persona presa per ottenere qualcosa in cambio della sua incolumità o liberazione. L'Iran non ha posto richieste, condizioni o termini, a quanto ne so. Ma, ovviamente, l'uso del termine indica l'ampia accettazione della versione del governo britannico: se gli arrestati sono 'ostaggi', chiaramente l'arresto non può essere in alcun modo legittimamente avvenuto in acque iraniane. (O forse, più insidiosamente, la storia della Colpa Iraniana è tale che, anche se fossero stati in territorio iraniano, l'Iran non ha diritto di controllo su quel territorio. La sua sovranità è sempre de facto in questione, qualcosa che può essere compromesso in ogni momento da un'invasione con bombardamenti aerei, o l'uso di squadre del terrore)".
L'autore poi cita Craig Murray, secondo il quale ci vuole molta ingenuità per accettare la mappa del Ministero della Difesa, giacché il confine marittimo tra Iraq e Iran mostrato dalle mappe del governo britannico non esiste. È stato tracciato dal governo britannico. Solo iraniani e iracheni possono accordarsi bilateralmente sui propri confini, cosa che non hanno mai fatto riguardo il Golfo ma solo riguardo la zona di Shatt, perché lì passa anche il confine di terra. Il confine pubblicato è falso e non ha validità legale.
Ancora Craig Murray ricorda l'affermazione fatta dal Capitano di Vascello Lambert prima che potessero fermarlo: "Non ci sono dubbi per me che fossero in acque territoriali irachene. Allo stesso modo gli iraniani possono dire che erano in acque territoriali iraniane. L'estensione e la definizione di acque territoriali in questa parte del modo sono molto complicate".
Conclusione di LT: "Visto come avvengono rapidamente le cose? Visto quanto la gente sia semplicemente impaziente e desiderosa di credere, e come sospenda in fretta la propria incredulità? Sappiamo che i marines sono 'ostaggi' perché è questo che gli iraniani fanno, perché questa mappa ce lo dice, e perché il governo ha detto così".
Confini confusi? Mappe arbitrarie? Falsi senza validità legale?
Ci sembrano cose da lasciar perdere? Eh, no.
Seguono a breve post con le traduzioni dal blog di Craig Murray.
Diventa più intelligente con Google/3
Esistono limitazioni delle quali non sono al corrente? Idee?
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giovedì, marzo 29, 2007
Falso Allarme per Jihad'Or
Due pericolosissime signore sui cinquant'anni in compagnia di due ragazzini sono state fermate ai controlli di sicurezza del Terminal 3 dell'Aeroporto di Manchester, martedì pomeriggio. Il losco quartetto stava cercando di imbarcarsi su un volo della British Airways per Heathrow con due flaconcini di liquido.
I due flaconcini sembravano in tutto e per tutto campioni di profumo e si trovavano nel bagaglio a mano delle signore, le quali avevano malvagiamente omesso di dichiararli. Non solo: in un primo momento è sembrato che il liquido risultasse positivo al test per le sostanze esplosive. "Risultato anomalo", allerta della polizia, donne fermate e interrogate, volo perso.
Ma di falso allarme si trattava, perché i test successivi hanno rivelato che nei campioncini di profumo c'era - oh! - del profumo.
Però evviva, la buona notizia è che i controlli casuali funzionano.
Ah, scusate. Dimenticavo di dire che le due signore erano - pare - siriane. Si sa: le europee si profumano, le siriane esplodono allegramente in volo.
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I due flaconcini sembravano in tutto e per tutto campioni di profumo e si trovavano nel bagaglio a mano delle signore, le quali avevano malvagiamente omesso di dichiararli. Non solo: in un primo momento è sembrato che il liquido risultasse positivo al test per le sostanze esplosive. "Risultato anomalo", allerta della polizia, donne fermate e interrogate, volo perso.
Ma di falso allarme si trattava, perché i test successivi hanno rivelato che nei campioncini di profumo c'era - oh! - del profumo.
Però evviva, la buona notizia è che i controlli casuali funzionano.
Ah, scusate. Dimenticavo di dire che le due signore erano - pare - siriane. Si sa: le europee si profumano, le siriane esplodono allegramente in volo.
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martedì, marzo 27, 2007
Agli americani non far sapere/2
"Talibanistan": l'edizione di Time per l'Europa...
"Talibanistan": l'edizione di Time per l'Asia...
"Talibanistan": l'edizione di Time per il Sud Pacifico...
... e l'edizione di Time per gli Stati Uniti: "Why We Should Teach the Bible in Public School".
Link all'articolo sull'Afghanistan, qui.
via Huffington Post.
Ricordate?
"Talibanistan": l'edizione di Time per l'Asia...
"Talibanistan": l'edizione di Time per il Sud Pacifico...
... e l'edizione di Time per gli Stati Uniti: "Why We Should Teach the Bible in Public School".
Link all'articolo sull'Afghanistan, qui.
via Huffington Post.
Ricordate?
Perché usare il cervello quando puoi fidarti dell'istinto?
Ecco un altro di quei post che si scrivono da soli. La Metropolitan Police ha lanciato a Londra, Greater Manchester, West Yorkshire e West Midlands la campagna "Trust you instincts: it could disrupt terrorist planning and save lives" ("Dai retta all'istinto: potresti mandare all'aria i piani dei terroristi e salvare delle vite"). Insomma: "Terrorismo: se lo sospetti, riferiscilo".
In particolare ci sono due poster.
Il primo raffigura una macchina fotografica, un computer, un trolley, un furgone e un telefonino.
La macchina fotografica: "I TERRORISTI HANNO BISOGNO DI INFORMAZIONI. L'osservazione e la sorveglianza contribuiscono all'organizzazione di attacchi. Hai visto qualcuno che fotografava postazioni di sicurezza?" Come si fa a distinguere un "pericoloso terrorista" da un "cretino con una digitale e un Flickr account pro"?
Il trolley: "I TERRORISTI HANNO BISOGNO DI VIAGGIARE. Un incontro, un addestramento, una riunione per pianificare un attentato possono aver luogo ovunque. Conoscete qualcuno che viaggia ma è vago a proposito delle proprie destinazioni?" Magari non è vago. Magari si fa solo i cazzi suoi.
Il computer: "I TERRORISTI USANO COMPUTER. Conosci qualcuno che visita siti collegati con il terrorismo?" Com'è, un sito collegato con il terrorismo? Tipo quello della Casa Bianca?
Il furgone: "I TERRORISTI HANNO BISOGNO DI MEZZI DI TRASPORTO. Se lavori in una concessionaria o in un autonoleggio di veicoli commerciali, ti sei insospettito di una vendita o un noleggio?" Per esempio? Persone con il turbante, nervose, che parlottano di abbandonare la macchina da qualche parte per poi prendere un treno, e ti salutano dicendo "ka-boom"?
Il cellulare: "I TERRORISTI HANNO BISOGNO DI COMUNICARE. È tipico l'uso di cellulari rubati, anonimi, con schede prepagate. Hai visto qualcuno con un gran numero di cellulari? Ti ha insospettito?" Nel Regno Unito la maggioranza dei cellulari è anonima e funziona con schede prepagate. Ma quanto sarà, un gran numero?
Il secondo poster è, se possibile, più inquietante.
Lucchetto made in China, mascherine per occhi e bocca, passaporto, flacone con scritta "CORROSIVO" e carta di credito.
Lucchetto: "I TERRORISTI HANNO BISOGNO DI MAGAZZINI. Ti insospettisce che qualcuno abbia affittato una proprietà commerciale?" Tutti, abbiamo bisogno di magazzini. Non si butta mai via nulla, nel terzo millennio. Soprattutto da quando è partita la raccolta differenziata.
Mascherine per occhi e bocca: "I TERRORISTI FANNO USO DI EQUIPAGGIAMENTO PROTETTIVO, perché maneggiare sostanze chimiche è pericoloso. Non è che hai visto in giro mascherine come queste?" Non è che avete sentito parlare di normativa antiinfortunistica?
Passaporto: "I TERRORISTI USANO IDENTITÀ MULTIPLE. Conosci qualcuno che possiede senza ovvi motivi documenti con nomi diversi?" ("Caro, guarda, ti è caduta la carta d'identità! Oh, non sapevo ti chiamassi Khalid Sheikh Mohammed. E perché qui c'è scritto 'coniugato'?").
Flacone: "I TERRORISTI USANO SOSTANZE CHIMICHE. Conosci qualcuno che compra grandi o insolite quantità di sostanze chimiche?" A questo non dovrebbe già pensarci la polizia? Devo denunciare la mia parrucchiera o chiudiamo un occhio, agente?
Carta di credito: "I TERRORISTI HANNO BISOGNO DI FINANZIAMENTI. I terroristi generano contanti con assegni e carte di credito falsi. Hai assistito a transazioni sospette?" Tipo una signora che alla cassa del supermercato insisteva per pagare con la Benessere-Card della profumeria, avendola scambiata per il bancomat? (Sì, chiaro: mia madre).
O siamo tutti un casino sospetti, o sarebbe stato meglio entrare un po' più nel dettaglio invece di incoraggiare un clima di generica diffidenza investendo in una campagna di poster raffiguranti oggetti di consumo piuttosto diffusi.
Ma la Met ama le campagne a effetto, se ricordate i manifesti realizzati nel 2002 da un grafico dedito al consumo intensivo di peyote:
"Sicuri sotto occhi vigili". Sicuri, certo. Anche un po' nervosi, però. Propaganda bellica incontra George Orwell e Il Giorno dei Trifidi, vorrei ben vedere.
Ve lo ricordate uno dei poster di Brazil? "Non sospettare un amico. Denuncialo". Eccoci.
In particolare ci sono due poster.
Il primo raffigura una macchina fotografica, un computer, un trolley, un furgone e un telefonino.
La macchina fotografica: "I TERRORISTI HANNO BISOGNO DI INFORMAZIONI. L'osservazione e la sorveglianza contribuiscono all'organizzazione di attacchi. Hai visto qualcuno che fotografava postazioni di sicurezza?" Come si fa a distinguere un "pericoloso terrorista" da un "cretino con una digitale e un Flickr account pro"?
Il trolley: "I TERRORISTI HANNO BISOGNO DI VIAGGIARE. Un incontro, un addestramento, una riunione per pianificare un attentato possono aver luogo ovunque. Conoscete qualcuno che viaggia ma è vago a proposito delle proprie destinazioni?" Magari non è vago. Magari si fa solo i cazzi suoi.
Il computer: "I TERRORISTI USANO COMPUTER. Conosci qualcuno che visita siti collegati con il terrorismo?" Com'è, un sito collegato con il terrorismo? Tipo quello della Casa Bianca?
Il furgone: "I TERRORISTI HANNO BISOGNO DI MEZZI DI TRASPORTO. Se lavori in una concessionaria o in un autonoleggio di veicoli commerciali, ti sei insospettito di una vendita o un noleggio?" Per esempio? Persone con il turbante, nervose, che parlottano di abbandonare la macchina da qualche parte per poi prendere un treno, e ti salutano dicendo "ka-boom"?
Il cellulare: "I TERRORISTI HANNO BISOGNO DI COMUNICARE. È tipico l'uso di cellulari rubati, anonimi, con schede prepagate. Hai visto qualcuno con un gran numero di cellulari? Ti ha insospettito?" Nel Regno Unito la maggioranza dei cellulari è anonima e funziona con schede prepagate. Ma quanto sarà, un gran numero?
Il secondo poster è, se possibile, più inquietante.
Lucchetto made in China, mascherine per occhi e bocca, passaporto, flacone con scritta "CORROSIVO" e carta di credito.
Lucchetto: "I TERRORISTI HANNO BISOGNO DI MAGAZZINI. Ti insospettisce che qualcuno abbia affittato una proprietà commerciale?" Tutti, abbiamo bisogno di magazzini. Non si butta mai via nulla, nel terzo millennio. Soprattutto da quando è partita la raccolta differenziata.
Mascherine per occhi e bocca: "I TERRORISTI FANNO USO DI EQUIPAGGIAMENTO PROTETTIVO, perché maneggiare sostanze chimiche è pericoloso. Non è che hai visto in giro mascherine come queste?" Non è che avete sentito parlare di normativa antiinfortunistica?
Passaporto: "I TERRORISTI USANO IDENTITÀ MULTIPLE. Conosci qualcuno che possiede senza ovvi motivi documenti con nomi diversi?" ("Caro, guarda, ti è caduta la carta d'identità! Oh, non sapevo ti chiamassi Khalid Sheikh Mohammed. E perché qui c'è scritto 'coniugato'?").
Flacone: "I TERRORISTI USANO SOSTANZE CHIMICHE. Conosci qualcuno che compra grandi o insolite quantità di sostanze chimiche?" A questo non dovrebbe già pensarci la polizia? Devo denunciare la mia parrucchiera o chiudiamo un occhio, agente?
Carta di credito: "I TERRORISTI HANNO BISOGNO DI FINANZIAMENTI. I terroristi generano contanti con assegni e carte di credito falsi. Hai assistito a transazioni sospette?" Tipo una signora che alla cassa del supermercato insisteva per pagare con la Benessere-Card della profumeria, avendola scambiata per il bancomat? (Sì, chiaro: mia madre).
O siamo tutti un casino sospetti, o sarebbe stato meglio entrare un po' più nel dettaglio invece di incoraggiare un clima di generica diffidenza investendo in una campagna di poster raffiguranti oggetti di consumo piuttosto diffusi.
Ma la Met ama le campagne a effetto, se ricordate i manifesti realizzati nel 2002 da un grafico dedito al consumo intensivo di peyote:
"Sicuri sotto occhi vigili". Sicuri, certo. Anche un po' nervosi, però. Propaganda bellica incontra George Orwell e Il Giorno dei Trifidi, vorrei ben vedere.
Ve lo ricordate uno dei poster di Brazil? "Non sospettare un amico. Denuncialo". Eccoci.
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sabato, marzo 24, 2007
Parrucche, occhiali, barbe finte e agenti della CIA
"Don't point that beard to me, it might go off".
Groucho Marx
La CIA vuole che un suo agente si presenti a testimoniare sotto false spoglie e con un finto nome per proteggerne l'identità e le future missioni all'estero. Il travestimento non comprometterebbe la credibilità dell'agente durante il processo, e consisterebbe in una parrucca ("wig"), occhiali ("eyeglasses") o "minor facial hair". Fingiamo di non aver letto "parrucca" e soffermiamoci un momento su questo "minor facial hair": saranno baffini, baffi alla Dalì, imperiali, ungheresi, stile libero? Si tratterà di pizzetti o favoriti? Le barbe piene o da cappuccino, con tanto di baffi acconciati, sembrerebbero escluse. (L'inglese ha una gamma interessante di termini per barbe, baffi, basette e favoriti: dai vintage ed eccentrici Hollywoodian, Mutton Chops, A la Souvarov, French Fork, Van Dyke, Hulihee, Napoleon III Imperial ai più moderni Jawline Beard, Five O'Clock Shadow e Zappa. Ma quale di questi potrà dirsi "minor"?).
Il processo è quello di Jose Padilla, accusato di appartenere a una cellula nordamericana di Al Qaeda. L'agente camuffato dovrebbe testimoniare sulle modalità di reclutamento di un campo d'addestramento: pare che Al Qaeda chiedesse di firmare un modulo di ammissione. Su uno di questi moduli, trovati dentro un raccoglitore in Afghanistan poco dopo l'invasione del 2001, ci sarebbero le impronte digitali di Padilla.
Padilla, ricorderete, era quello che voleva separare il plutonio centrifugando a mano.
Link(via Wonkette)
Se li amo, i post in cui non devo inventarmi nulla.
Groucho Marx
La CIA vuole che un suo agente si presenti a testimoniare sotto false spoglie e con un finto nome per proteggerne l'identità e le future missioni all'estero. Il travestimento non comprometterebbe la credibilità dell'agente durante il processo, e consisterebbe in una parrucca ("wig"), occhiali ("eyeglasses") o "minor facial hair". Fingiamo di non aver letto "parrucca" e soffermiamoci un momento su questo "minor facial hair": saranno baffini, baffi alla Dalì, imperiali, ungheresi, stile libero? Si tratterà di pizzetti o favoriti? Le barbe piene o da cappuccino, con tanto di baffi acconciati, sembrerebbero escluse. (L'inglese ha una gamma interessante di termini per barbe, baffi, basette e favoriti: dai vintage ed eccentrici Hollywoodian, Mutton Chops, A la Souvarov, French Fork, Van Dyke, Hulihee, Napoleon III Imperial ai più moderni Jawline Beard, Five O'Clock Shadow e Zappa. Ma quale di questi potrà dirsi "minor"?).
Il processo è quello di Jose Padilla, accusato di appartenere a una cellula nordamericana di Al Qaeda. L'agente camuffato dovrebbe testimoniare sulle modalità di reclutamento di un campo d'addestramento: pare che Al Qaeda chiedesse di firmare un modulo di ammissione. Su uno di questi moduli, trovati dentro un raccoglitore in Afghanistan poco dopo l'invasione del 2001, ci sarebbero le impronte digitali di Padilla.
Padilla, ricorderete, era quello che voleva separare il plutonio centrifugando a mano.
Link(via Wonkette)
Se li amo, i post in cui non devo inventarmi nulla.
venerdì, marzo 23, 2007
Si sta riprendendo
Mamma: Allora, vediamo.
Io: Eccola.
Papà: Fa' vedere. Pesante. Saranno quattro etti. Lina, prendi la bilancia.
Io: Ma dai, adesso.
Mamma: Tre etti...
Papà: Impossibile.
Mamma: ...e settantatré grammi.
Papà: Dicevo, io. Da' qua: ci facciamo un buco qui.
Mamma: Non può appoggiarla sulla scrivania?
Papà: Oppure qui.
Mamma: O sulla libreria.
Papà: O anche qui.
Io: Papà, non so se è il caso di bucarla.
Papà: Non puoi mica incollarla. Se cade finisce al piano di sotto.
Mamma: Se la buchi devi anche metterci una catenella.
Io: Basta, su.
Papà: Comunque l'importante è che ti sei divertita.
Io: Certo.
Papà: Hai comunicato che mi sto riprendendo bene, sì?
Io: Papà, tu forse non hai idea di cosa scrivo sul blog.
Mamma: No, non ce l'ha.
Papà: Mi fido.
Mamma: Lui entra solo nel sito della banca.
Io: L'importante è che poi ne esca.
Papà: So fare, so fare. Scrivo anche le mail.
Mamma: A chi?
Papà: Al mio giro di reumatiche.
Mamma: Scemo.
Papà: Vuoi una foto che mi hanno fatto a Carnevale?
Io: Pubblicabile?
Papà: Certo. Elio prima della cura. Chiaro che se sapevo cosa mi toccava...
Mamma: Cosa!
Papà: Beh, insomma...
Mamma: Ma cosa, Elio, cosa!
Papà: Non è che due giorni prima andavo a far il mona con la parrucca bionda.
Io: Eccola.
Papà: Fa' vedere. Pesante. Saranno quattro etti. Lina, prendi la bilancia.
Io: Ma dai, adesso.
Mamma: Tre etti...
Papà: Impossibile.
Mamma: ...e settantatré grammi.
Papà: Dicevo, io. Da' qua: ci facciamo un buco qui.
Mamma: Non può appoggiarla sulla scrivania?
Papà: Oppure qui.
Mamma: O sulla libreria.
Papà: O anche qui.
Io: Papà, non so se è il caso di bucarla.
Papà: Non puoi mica incollarla. Se cade finisce al piano di sotto.
Mamma: Se la buchi devi anche metterci una catenella.
Io: Basta, su.
Papà: Comunque l'importante è che ti sei divertita.
Io: Certo.
Papà: Hai comunicato che mi sto riprendendo bene, sì?
Io: Papà, tu forse non hai idea di cosa scrivo sul blog.
Mamma: No, non ce l'ha.
Papà: Mi fido.
Mamma: Lui entra solo nel sito della banca.
Io: L'importante è che poi ne esca.
Papà: So fare, so fare. Scrivo anche le mail.
Mamma: A chi?
Papà: Al mio giro di reumatiche.
Mamma: Scemo.
Papà: Vuoi una foto che mi hanno fatto a Carnevale?
Io: Pubblicabile?
Papà: Certo. Elio prima della cura. Chiaro che se sapevo cosa mi toccava...
Mamma: Cosa!
Papà: Beh, insomma...
Mamma: Ma cosa, Elio, cosa!
Papà: Non è che due giorni prima andavo a far il mona con la parrucca bionda.
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famigliamir
Di premi, santi, poeti, alberi e foto mai scattate
Insomma, eccomi: un donnino di formato tascabile, sconosciuto alla maggioranza dei presenti e premiato per un blog. Sul manifesto stavo in mezzo ai nomi di persone di ben altro spessore e impegno; insomma, sembravo un fotomontaggio.
In più sono un animale timido, e avevo deciso solo all'ultimo di andarci sul serio e di approfittarne per rivedere Napoli.
Mia suocera, senza peraltro capire di che si trattasse, mi aveva comunicato:
1. "La Chiesa dell'Incoronata! Mia madre era devota alla Madonna dell'Incoronata!" (naturalmente sarebbe stato lo stesso se avessi nominato la Madonna della Sfogliatella o Santa Maria della Burrata).
2. "Pregherò Sant'Espedito, non si sa mai". Sant'Espedito è il santo personale di mia suocera, quello delle cause urgenti e disperate. Capirete che siamo in pieno paganesimo di ritorno.
Fratellobbuono aveva commentato: "Ma dai, ci sarà un bambino che ti accompagnerà a ritirare il premio? Bellissimo. Sarà più alto di te, come faranno a capire la differenza?"
La mia amica Damiana: "Guarda che se andiamo negli Stati Uniti la devi dichiarare, la Mezzaluna. C'è il rischio che non ti facciano entrare, io per sicurezza ti farei viaggiare in stiva" e "Quand'è che vinci il Big Ben d'Oro? A Londra ti ci accompagno, sai".
Poligraf: "Signora Miru, lo sa che per il volo Trieste-Napoli usano un Canadair? Di quelli che spengono gli incendi sul Carso, sicuro. Viaggi leggera, mi raccomando".
Lì alla Chiesa dell'Incoronata il clima era bello, erano tutti rilassati, c'era pure della buona musica. E io che dovevo fare? Ho parlato velocissimo (credo di aver nominato pure voi, e il fatto che nel tempo si è formata una specie di comunità affettiva, non gerarchica, poco virtuale, e che il blog è il prodotto di tutto questo), e poi ho letto una poesia di Jeremy Cronin.
Jeremy Cronin è un sudafricano bianco che ha partecipato alle lotte degli anni Settanta e Ottanta contro l'apartheid; ha composto le poesie della raccolta Inside/Dentro durante gli anni di carcere nella prigione municipale di Pretoria. Ho scelto una di queste, perché il 21 marzo era la giornata internazionale contro il razzismo, perché Jeremy Cronin merita di essere conosciuto, perché parla di lotta, di resistenza, della necessità di ricordare, della condivisione di codici comuni, di affetto per i compagni.
È, molto semplicemente, una poesia che descrive una foto mai scattata accanto a un albero che non c'è più.
Il contesto: in Sud Africa i prigionieri politici non avevano la possibilità di ricevere notizie dall'esterno, e imparavano presto a ipotizzare elaborate (e spesso fantasiose) versioni su quello che accadeva fuori, soprattutto osservando attentamente le espressioni e i comportamenti dei carcerieri.
Un giorno i guardiani sradicarono un albero di fico che stava al centro del cortile dell'aria. I prigionieri accolsero quell'atto brutale, gratuito e inutile come il segno che fuori era accaduto qualcosa di importante. Solo un anno dopo riuscirono a capire di che si trattava.
Da allora, il posto dove un giorno c'era stato quell'albero è diventato il punto in cui si celebravano anniversari importanti come il primo maggio, il Giorno di Soweto, il Giorno degli Eroi, e l'anniversario stesso dell'eliminazione dell'albero.
Foto di gruppo a Pretoria Local nell'occasione di un quarto anniversario (mai scattata)
Un albero divelto lascia
dietro a sé un buco per terra
Ma pochi mesi dopo
Dovevi essere tu a sapere
che lì era cresciuto qualcosa.
E una persona divelta?
Lascia un buco anche quella, penso, ma poi
qualche anno dopo...
Eccoci qui
seduti in cerchio,
Per lo più in braghette, alcuni scalzi,
Attorno al punto dove quattro anni prima
Quando le truppe sudafricane furono respinte davanti a Luanda
Il nostro fico venne abbattuto
per ripicca. - Quello è Raymond
Che mi fa segno, indicandomi
Dave K che guarda pensoso
Verso l'obiettivo. Denis siede su una lattina
Di petrolio capovolta. Quando l'istantanea fu scattata
Doveva aver fatto
17 anni della sua prima
Condanna all'ergastolo.
Dietro, David R sta dicendo
Qualcosa a John, che guarda Tony che
Scuote la mano di scatto
per cui in parte è mossa.
Eccoci, sette di noi
(ma perché quel sorriso?)
Sette di noi, seduti in cerchio,
Il posto vuoto al centro
indica quello che è successo
Ben fuori dalla cornice della foto.
Allora SORRIDI adesso, sta' fermo e
clic
Le do un nome: Luanda.
Perché certo un albero divelto
lascia dietro a sé un buco per terra.
Qualche anno dopo
Dovevi essere tu a sapere
che un tempo era qui. E una persona?
Eccoci
seduti nel nostro cerchio, sorridenti,
per lo più in braghette,
alcuni scalzi.
Jeremy Cronin, Inside/Dentro, pubblicato in Italia da Supernova nel 1991, a cura di Armando Pajalic.
Questo è più o meno quello che ho farfugliato nella luce calante del pomeriggio, con l'aiuto di Sant'Espedito. Sono una causa urgente e disperata, io.
In più sono un animale timido, e avevo deciso solo all'ultimo di andarci sul serio e di approfittarne per rivedere Napoli.
Mia suocera, senza peraltro capire di che si trattasse, mi aveva comunicato:
1. "La Chiesa dell'Incoronata! Mia madre era devota alla Madonna dell'Incoronata!" (naturalmente sarebbe stato lo stesso se avessi nominato la Madonna della Sfogliatella o Santa Maria della Burrata).
2. "Pregherò Sant'Espedito, non si sa mai". Sant'Espedito è il santo personale di mia suocera, quello delle cause urgenti e disperate. Capirete che siamo in pieno paganesimo di ritorno.
Fratellobbuono aveva commentato: "Ma dai, ci sarà un bambino che ti accompagnerà a ritirare il premio? Bellissimo. Sarà più alto di te, come faranno a capire la differenza?"
La mia amica Damiana: "Guarda che se andiamo negli Stati Uniti la devi dichiarare, la Mezzaluna. C'è il rischio che non ti facciano entrare, io per sicurezza ti farei viaggiare in stiva" e "Quand'è che vinci il Big Ben d'Oro? A Londra ti ci accompagno, sai".
Poligraf: "Signora Miru, lo sa che per il volo Trieste-Napoli usano un Canadair? Di quelli che spengono gli incendi sul Carso, sicuro. Viaggi leggera, mi raccomando".
Lì alla Chiesa dell'Incoronata il clima era bello, erano tutti rilassati, c'era pure della buona musica. E io che dovevo fare? Ho parlato velocissimo (credo di aver nominato pure voi, e il fatto che nel tempo si è formata una specie di comunità affettiva, non gerarchica, poco virtuale, e che il blog è il prodotto di tutto questo), e poi ho letto una poesia di Jeremy Cronin.
Jeremy Cronin è un sudafricano bianco che ha partecipato alle lotte degli anni Settanta e Ottanta contro l'apartheid; ha composto le poesie della raccolta Inside/Dentro durante gli anni di carcere nella prigione municipale di Pretoria. Ho scelto una di queste, perché il 21 marzo era la giornata internazionale contro il razzismo, perché Jeremy Cronin merita di essere conosciuto, perché parla di lotta, di resistenza, della necessità di ricordare, della condivisione di codici comuni, di affetto per i compagni.
È, molto semplicemente, una poesia che descrive una foto mai scattata accanto a un albero che non c'è più.
Il contesto: in Sud Africa i prigionieri politici non avevano la possibilità di ricevere notizie dall'esterno, e imparavano presto a ipotizzare elaborate (e spesso fantasiose) versioni su quello che accadeva fuori, soprattutto osservando attentamente le espressioni e i comportamenti dei carcerieri.
Un giorno i guardiani sradicarono un albero di fico che stava al centro del cortile dell'aria. I prigionieri accolsero quell'atto brutale, gratuito e inutile come il segno che fuori era accaduto qualcosa di importante. Solo un anno dopo riuscirono a capire di che si trattava.
Da allora, il posto dove un giorno c'era stato quell'albero è diventato il punto in cui si celebravano anniversari importanti come il primo maggio, il Giorno di Soweto, il Giorno degli Eroi, e l'anniversario stesso dell'eliminazione dell'albero.
Foto di gruppo a Pretoria Local nell'occasione di un quarto anniversario (mai scattata)
Un albero divelto lascia
dietro a sé un buco per terra
Ma pochi mesi dopo
Dovevi essere tu a sapere
che lì era cresciuto qualcosa.
E una persona divelta?
Lascia un buco anche quella, penso, ma poi
qualche anno dopo...
Eccoci qui
seduti in cerchio,
Per lo più in braghette, alcuni scalzi,
Attorno al punto dove quattro anni prima
Quando le truppe sudafricane furono respinte davanti a Luanda
Il nostro fico venne abbattuto
per ripicca. - Quello è Raymond
Che mi fa segno, indicandomi
Dave K che guarda pensoso
Verso l'obiettivo. Denis siede su una lattina
Di petrolio capovolta. Quando l'istantanea fu scattata
Doveva aver fatto
17 anni della sua prima
Condanna all'ergastolo.
Dietro, David R sta dicendo
Qualcosa a John, che guarda Tony che
Scuote la mano di scatto
per cui in parte è mossa.
Eccoci, sette di noi
(ma perché quel sorriso?)
Sette di noi, seduti in cerchio,
Il posto vuoto al centro
indica quello che è successo
Ben fuori dalla cornice della foto.
Allora SORRIDI adesso, sta' fermo e
clic
Le do un nome: Luanda.
Perché certo un albero divelto
lascia dietro a sé un buco per terra.
Qualche anno dopo
Dovevi essere tu a sapere
che un tempo era qui. E una persona?
Eccoci
seduti nel nostro cerchio, sorridenti,
per lo più in braghette,
alcuni scalzi.
Jeremy Cronin, Inside/Dentro, pubblicato in Italia da Supernova nel 1991, a cura di Armando Pajalic.
Questo è più o meno quello che ho farfugliato nella luce calante del pomeriggio, con l'aiuto di Sant'Espedito. Sono una causa urgente e disperata, io.
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mercoledì, marzo 21, 2007
Cabaret Bisanzio e il filobus numero 75
Ve la ricordate la favola di Rodari sul filobus numero 75, che una mattina invece di scendere verso Trastevere svolta per l'Aurelia e si mette a correre tra i prati fuori Roma come una lepre in vacanza?
A bordo ci sono quasi solo impiegati e seri funzionari che leggono il giornale: c'è chi deve andare al Tribunale, chi al Ministero, e tutti si mettono a protestare con il povero conducente, finché il filobus non esce di strada per fermarsi sulle soglie di un boschetto profumato. Così i passeggeri scendono a sgranchirsi le gambe o a fumarsi una sigaretta e improvvisamente riscoprono il buonumore: uno coglie un fiore per infilarlo all'occhiello, una signora mette insieme un mazzetto di ciclamini, un altro scopre una fragola acerba e ci mette sopra il proprio biglietto da visita per tornare a riprenderla quando sarà matura. Altri impiegati si mettono a giocare a calcio con un giornale appallottolato, mentre i tanvieri fanno picnic sull'erba.
Poi il filobus riparte per tornare al suo percorso abituale, lasciando loro solo il tempo di saltar su, un po' delusi e nuovamente preoccupati di far tardi al lavoro.
Poi guardano l'orologio e si accorgono che segna ancora le nove e dieci: "era stato tempo regalato, un piccolo extra, come quando si compra una scatola di sapone in polvere e dentro c'è un giocattolo".
"Si meravigliavano tutti. E sì che avevano il giornale sotto gli occhi, e in cima al giornale la data era scritta ben chiara: 21 marzo. Il primo giorno di primavera tutto è possibile".
Oggi parte Cabaret Bisanzio, pronto a scartare per i prati come il filobus numero 75, con la leggerezza di una lepre in vacanza.
Tutto è possibile, il primo giorno di primavera.
[Torno domani. I commenti sono vostri, non vi litigate ché gli halognomi hanno l'ordine di sparare a vista. Bacio].
Filed in: dobraroba cabaretbisanzio
A bordo ci sono quasi solo impiegati e seri funzionari che leggono il giornale: c'è chi deve andare al Tribunale, chi al Ministero, e tutti si mettono a protestare con il povero conducente, finché il filobus non esce di strada per fermarsi sulle soglie di un boschetto profumato. Così i passeggeri scendono a sgranchirsi le gambe o a fumarsi una sigaretta e improvvisamente riscoprono il buonumore: uno coglie un fiore per infilarlo all'occhiello, una signora mette insieme un mazzetto di ciclamini, un altro scopre una fragola acerba e ci mette sopra il proprio biglietto da visita per tornare a riprenderla quando sarà matura. Altri impiegati si mettono a giocare a calcio con un giornale appallottolato, mentre i tanvieri fanno picnic sull'erba.
Poi il filobus riparte per tornare al suo percorso abituale, lasciando loro solo il tempo di saltar su, un po' delusi e nuovamente preoccupati di far tardi al lavoro.
Poi guardano l'orologio e si accorgono che segna ancora le nove e dieci: "era stato tempo regalato, un piccolo extra, come quando si compra una scatola di sapone in polvere e dentro c'è un giocattolo".
"Si meravigliavano tutti. E sì che avevano il giornale sotto gli occhi, e in cima al giornale la data era scritta ben chiara: 21 marzo. Il primo giorno di primavera tutto è possibile".
Oggi parte Cabaret Bisanzio, pronto a scartare per i prati come il filobus numero 75, con la leggerezza di una lepre in vacanza.
Tutto è possibile, il primo giorno di primavera.
[Torno domani. I commenti sono vostri, non vi litigate ché gli halognomi hanno l'ordine di sparare a vista. Bacio].
Filed in: dobraroba cabaretbisanzio
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martedì, marzo 20, 2007
Grandi Passi per l'Umanità: gli stivaletti a razzo
Secondo il New York Times gli scienziati russi, e prima di loro quelli sovietici, hanno spesso avuto problemi a far decollare le loro invenzioni nel mondo capitalistico: una compagnia di Saratov aveva progettato un aereo da trasporto senza coda chiamato "disco volante", che non si è mai alzato in volo; l'inventore del Tetris non poté brevettare la sua invenzione, perdendo così grandi somme di denaro; gli ingegneri russi crearono delle pompe sommergibili per pozzi petroliferi, ma poi non furono in grado di svilupparle per mancanza di investimenti e ora le compagnie russe sono costrette a comprare dall'Halliburton.
Ne parla questo articolo, segnalato da Sean's Russian Blog.
Ma l'ho presa larga, perché in realtà voglio raccontarvi degli stivaletti a benzina di Viktor Gordeev. Nei primi anni Settanta il loro inventore pensava che un bel giorno sarebbero diventati il sistema che avrebbe fatto muovere l'umanità. Non fu così. Gordeev e i suoi colleghi dell'Università di Ufa proposero gli stivali all'esercito sovietico, ma ottennero solo di farli classificare come segreto militare fino al 1994. E poi fu troppo tardi: scoprirono infatti che nel mercato capitalistico non c'era più spazio per gli stivaletti a benzina. Secondo il New York Times si tratterebbe appunto di un esempio lampante di incapacità di convertire il talento in prodotti utili e commerciali, invece di convogliarlo nel settore militare.
Va bene, sarà come dicono loro: però, intanto, contempliamo questa sgangherata, bizzarra e inutile meraviglia. Gli stivaletti (anche detti "stivali delle sette leghe" e "stivaletti a razzo russi") hanno il loro piccolo carburatore, un sistema d'accensione e dei serbatoi in grado di contenere una quantità di benzina tale da garantire un'autonomia di tre miglia.
Naturalmente sono pericolosissimi, più un sistema per uccidere l'umanità (o spezzarle le gambe) che per farla muovere. E pesano così tanto da rendere più stancante calzarli che coprire la stessa distanza correndo.
Come ha dichiarato al New York Times un ex studente che fece una dimostrazione degli stivaletti a Disney World nel 1998, "Dovrebbero essere in grado di funzionare come un Kalašnikov. Cioè risultare affidabili nelle mani di chiunque".
Ho guardato questo video su YouTube con tenerezza e apprensione per il paperinik ansimante e traballante de noantri: certo, esempio di cattiva gestione russa del talento, meno affidabili di un Kalašnikov, un grande passo dell'umanità dentro un vicolo cieco o in un fosso.
Ma che passo, che passo.
Ne parla questo articolo, segnalato da Sean's Russian Blog.
Ma l'ho presa larga, perché in realtà voglio raccontarvi degli stivaletti a benzina di Viktor Gordeev. Nei primi anni Settanta il loro inventore pensava che un bel giorno sarebbero diventati il sistema che avrebbe fatto muovere l'umanità. Non fu così. Gordeev e i suoi colleghi dell'Università di Ufa proposero gli stivali all'esercito sovietico, ma ottennero solo di farli classificare come segreto militare fino al 1994. E poi fu troppo tardi: scoprirono infatti che nel mercato capitalistico non c'era più spazio per gli stivaletti a benzina. Secondo il New York Times si tratterebbe appunto di un esempio lampante di incapacità di convertire il talento in prodotti utili e commerciali, invece di convogliarlo nel settore militare.
Va bene, sarà come dicono loro: però, intanto, contempliamo questa sgangherata, bizzarra e inutile meraviglia. Gli stivaletti (anche detti "stivali delle sette leghe" e "stivaletti a razzo russi") hanno il loro piccolo carburatore, un sistema d'accensione e dei serbatoi in grado di contenere una quantità di benzina tale da garantire un'autonomia di tre miglia.
Naturalmente sono pericolosissimi, più un sistema per uccidere l'umanità (o spezzarle le gambe) che per farla muovere. E pesano così tanto da rendere più stancante calzarli che coprire la stessa distanza correndo.
Come ha dichiarato al New York Times un ex studente che fece una dimostrazione degli stivaletti a Disney World nel 1998, "Dovrebbero essere in grado di funzionare come un Kalašnikov. Cioè risultare affidabili nelle mani di chiunque".
Ho guardato questo video su YouTube con tenerezza e apprensione per il paperinik ansimante e traballante de noantri: certo, esempio di cattiva gestione russa del talento, meno affidabili di un Kalašnikov, un grande passo dell'umanità dentro un vicolo cieco o in un fosso.
Ma che passo, che passo.
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Vaghe stelle dell'URSS
Spam per una migliore Linea Politica
"Ammettiamo che sarebbe da post?"
"Ammettiamolo".
Vorrei conoscere il genio in incognito che ha spedito questa mail al nostro Ministro per la Linea Politica toni_i: quando si dice lo spam personalizzato.
"Subject: COLONNE A TROMBA PROCESSIONALI
Si sta avvicinando la Settimana Santa di Pasqua 2007 vi proponiamo dei sistemi audio PROFESSIONALI per i servizi liturgici del periodo.
Si tratta di prodotti non cinesi ma costruiti in Italia con una alta affidabilita' e resistenza dei materiali e la continua possibilita' di assistenza e riparazione anche a distanza di anni".
Grassetto mio.
(Però i sistemi audio professionali non cinesi potrebbero essere messi al servizio del compagno di manifestazione, quello che "urla slogan al megafono con voce identica identica a quella di Al Bano e che, a richiesta, canta El Pueblo Unido come fosse Felicità". No?)
"Ammettiamolo".
Vorrei conoscere il genio in incognito che ha spedito questa mail al nostro Ministro per la Linea Politica toni_i: quando si dice lo spam personalizzato.
"Subject: COLONNE A TROMBA PROCESSIONALI
Si sta avvicinando la Settimana Santa di Pasqua 2007 vi proponiamo dei sistemi audio PROFESSIONALI per i servizi liturgici del periodo.
Si tratta di prodotti non cinesi ma costruiti in Italia con una alta affidabilita' e resistenza dei materiali e la continua possibilita' di assistenza e riparazione anche a distanza di anni".
Grassetto mio.
(Però i sistemi audio professionali non cinesi potrebbero essere messi al servizio del compagno di manifestazione, quello che "urla slogan al megafono con voce identica identica a quella di Al Bano e che, a richiesta, canta El Pueblo Unido come fosse Felicità". No?)
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lunedì, marzo 19, 2007
Il numero
Dal racconto di Sahar, corrispondente del blog Inside Iraq:
"Ogni volta che mi dico che il mio prossimo blog sarà finalmente dedicato a ricordi piacevoli mi scontro con una storia difficile che va raccontata.
Un'amica mi ha chiamato per raccontarmi delle cattive notizie. Avevano rapito suo fratello e chiesto un riscatto di 100.000 dollari.
Per un iracheno una simile somma significa la rovina.
Sono stati coinvolti tutti i parenti, costretti a vendere tutto ciò che potevano per salvare il pover'uomo. Hanno detto ai rapitori che non riuscivano a mettere insieme più di 20.000 dollari. (È noto che non si può vendere la casa o la macchina, perché l'odore dei contanti attirerebbe altri criminali).
A sorpresa i rapitori hanno detto 'OK, mandate una donna con il denaro a...'. Dopo averla fatta girare a vuoto per un po', un ragazzo di sedici o diciassette anni le si è avvicinato, ha preso i soldi e ha detto 'Vi contatteremo noi'. E poi non ne hanno più saputo nulla.
Per due settimane le donne della famiglia hanno setacciato prima gli ospedali e poi gli obitori senza trovare traccia di Hani.
Poi hanno detto loro di parlare con l'impresario. 'Quale impresario?!', 'Quello che si occupa di seppellire i cadaveri non identificati che ci arrivano'. 'Cosa?!'
Così hanno chiesto in giro e sono state mandate da un tizio dall'aspetto ordinario che davanti alle loro domande non ha fatto una piega.
'Sì, io mi occupo di seppellire i corpi che non vengono reclamati. Negli obitori non c'è posto per tutti quei cadaveri. Prima dovete identificarlo, e poi io vi indico la sua tomba'.
'Come possiamo identificare nostro fratello!'
'Non preoccupatevi; sono ben organizzato!' Si incammina verso una bella macchina elegante, apre la portiera, prende un portatile di ultima generazione e lo appoggia sul cofano. 'Qua ho le foto di tutti i cadaveri che seppellisco. Ciascuno ha un numero che viene inciso sulla sua lapide a Nejef. Ecco, cercate pure'. E così, dice Iyman, sua sorella si è messa a scorrere centinaia di fotografie di persone ammazzate per le strade senza che le loro famiglie lo sapessero; ma non ha trovato la foto di suo fratello.
'Provate con Abu Haider, o un altro', è stato il consiglio dell'impresario. 'Sono precisi e coscienziosi quanto me'.
E così, 'Abbiamo trovato la sua foto! Abbiamo il suo numero!' ha detto piangendo la mia amica. 'Aveva la faccia piena di lividi e un buco in fronte. Sahar, è morto soffrendo. Aveva le mani legate sopra la testa'.
Sono andate in quel luogo sperduto che viene usato come cimitero, alla periferia di Nejef. Ma della tomba di Hani non c'era traccia. Hanno cercato il suo numero su tutte le tombe, una per una. Ma lui non c'era. Hanno cercato in tutti i cimiteri, non solo in questo, ma non hanno trovato il suo numero da nessuna parte".
Link
"Ogni volta che mi dico che il mio prossimo blog sarà finalmente dedicato a ricordi piacevoli mi scontro con una storia difficile che va raccontata.
Un'amica mi ha chiamato per raccontarmi delle cattive notizie. Avevano rapito suo fratello e chiesto un riscatto di 100.000 dollari.
Per un iracheno una simile somma significa la rovina.
Sono stati coinvolti tutti i parenti, costretti a vendere tutto ciò che potevano per salvare il pover'uomo. Hanno detto ai rapitori che non riuscivano a mettere insieme più di 20.000 dollari. (È noto che non si può vendere la casa o la macchina, perché l'odore dei contanti attirerebbe altri criminali).
A sorpresa i rapitori hanno detto 'OK, mandate una donna con il denaro a...'. Dopo averla fatta girare a vuoto per un po', un ragazzo di sedici o diciassette anni le si è avvicinato, ha preso i soldi e ha detto 'Vi contatteremo noi'. E poi non ne hanno più saputo nulla.
Per due settimane le donne della famiglia hanno setacciato prima gli ospedali e poi gli obitori senza trovare traccia di Hani.
Poi hanno detto loro di parlare con l'impresario. 'Quale impresario?!', 'Quello che si occupa di seppellire i cadaveri non identificati che ci arrivano'. 'Cosa?!'
Così hanno chiesto in giro e sono state mandate da un tizio dall'aspetto ordinario che davanti alle loro domande non ha fatto una piega.
'Sì, io mi occupo di seppellire i corpi che non vengono reclamati. Negli obitori non c'è posto per tutti quei cadaveri. Prima dovete identificarlo, e poi io vi indico la sua tomba'.
'Come possiamo identificare nostro fratello!'
'Non preoccupatevi; sono ben organizzato!' Si incammina verso una bella macchina elegante, apre la portiera, prende un portatile di ultima generazione e lo appoggia sul cofano. 'Qua ho le foto di tutti i cadaveri che seppellisco. Ciascuno ha un numero che viene inciso sulla sua lapide a Nejef. Ecco, cercate pure'. E così, dice Iyman, sua sorella si è messa a scorrere centinaia di fotografie di persone ammazzate per le strade senza che le loro famiglie lo sapessero; ma non ha trovato la foto di suo fratello.
'Provate con Abu Haider, o un altro', è stato il consiglio dell'impresario. 'Sono precisi e coscienziosi quanto me'.
E così, 'Abbiamo trovato la sua foto! Abbiamo il suo numero!' ha detto piangendo la mia amica. 'Aveva la faccia piena di lividi e un buco in fronte. Sahar, è morto soffrendo. Aveva le mani legate sopra la testa'.
Sono andate in quel luogo sperduto che viene usato come cimitero, alla periferia di Nejef. Ma della tomba di Hani non c'era traccia. Hanno cercato il suo numero su tutte le tombe, una per una. Ma lui non c'era. Hanno cercato in tutti i cimiteri, non solo in questo, ma non hanno trovato il suo numero da nessuna parte".
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iraq
venerdì, marzo 16, 2007
Dalla A alla Z, passando per la W di waterboarding
Dunque la notizia è che Khalid Sheikh Mohammed ha dichiarato a un tribunale militare di essere responsabile dei seguenti atti o azioni semplicemente pianificate (segue lista, con l'aiuto del New York Times):
1. Attentato del 1993 al World Trade Center.
2. Attacchi dell'11 settembre, dalla A alla Z.
3. Fallito attentato con scarpe imbottite d'esplosivo per abbattere due aerei americani.
4. Sparatoria in Kuwait, 2002, un marine morto.
5. Attentato di Bali, 2002, più di 180 morti.
6. Pianificazione di attacchi contro vari importanti grattacieli americani.
7. Pianificazione di attacchi contro navi militari e petroliere americane.
8. Pianificazione del bombardamento del Canale di Panama.
9. Pianificazione dell'assassinio di vari ex-presidenti americani, compreso Jimmy Carter.
10. Pianificazione di attacchi contro vari siti newyorkesi, compresi la Borsa e i ponti.
11. Pianificazione di attacchi contro vari siti londinesi, compresi l'Aeroporto di Heathrow e il Big Ben.
12. Pianificazione di attacchi contro edifici della città israeliana di Eilat, utilizzando aerei decollati dall'Arabia Saudita.
13. Pianificazione di attacchi contro ambasciate israeliane e americane nel mondo.
14. Invio di combattenti in Israele per sorvegliare bersagli strategici.
15. Bomba in un albergo di Mombasa, Kenya, frequentato da turisti israeliani.
16. Lancio di un missile terra-aria contro un aereo della El Al decollato da Mombasa.
17. Sorveglianza di impianti nucleari negli Stati Uniti.
18. Intenzione di colpire il quartier generale della NATO a Bruxelles.
19. Intenzione di far esplodere 12 aerei americani pieni di passeggeri.
20. Tentato assassinio del Presidente Clinton nelle Filippine, nel 1994 o 1995.
21. Condivisione della responsabilità nel tentato omicidio di Papa Giovanni Paolo II nelle Filippine.
22. Pianificazione dell'assassinio del Presidente pakistano Pervez Musharraf.
23. Tentata distruzione di una compagnia petrolifera americana a Sumatra, di proprietà dell'ex segretario di stato Kissinger.
24. Decapitazione di Daniel Pearl.
E la lista continua, per un totale di più di 30 presunte malefatte o male pensate.
Grazie a Think Progress vado a ripescare un vecchio articolo sulle tecniche di interrogatorio della CIA a Guantanamo, in particolare quel waterboarding al quale Khalid Sheikh Mohammed fu ripetutamente sottoposto, e leggo che "il prigioniero di al Quaeda più tenace, Khalid Sheik Mohammed, si conquistò l'ammirazione degli addetti agli interrogatori quando fu in grado di resistere due minuti-due minuti e mezzo sott'acqua prima di supplicare che lo lasciassero confessare".
Ah, già, e poi pare che la CIA nel 2003 gli avesse rapito i figli di 7 e 9 anni per costringerlo a parlare.
Nella dichiarazione ufficiale rivista dal Pentagono Khalid Sheikh Mohammed ha affermato: "So che gli americani ci torturano dagli anni Settanta. So che parlano di diritti umani. E so che va contro la costituzione americana, contro le leggi americane". E poi: "Mi hanno detto: ogni legge ha le sue eccezioni, per tua sfortuna tu sei parte di quelle eccezioni".
Considerazioni:
1. Bene, avete il braccio destro tuttofare, il capro espiatorio definitivo; e se adesso prendete Bin Laden (o un sosia del defunto, non importa), cosa gli resta da confessare? Eh? Un furto di bagigi?
2. Record di due minuti e passa in apnea e neanche un riferimento agli ufi, nella confessione. Strano.
3. Tre anni e mezzo di cura dell'acqua, comunque, trasformerebbero in un braccio destro di alcàida anche mia suocera (lei per puro protagonismo avrebbe aggiunto "c'ero anch'io a Dallas, quel giorno là"; e guardate che come anni ci siamo).
4. Ammazzare Carter. Su.
Il .pdf con il verbale è qui.
1. Attentato del 1993 al World Trade Center.
2. Attacchi dell'11 settembre, dalla A alla Z.
3. Fallito attentato con scarpe imbottite d'esplosivo per abbattere due aerei americani.
4. Sparatoria in Kuwait, 2002, un marine morto.
5. Attentato di Bali, 2002, più di 180 morti.
6. Pianificazione di attacchi contro vari importanti grattacieli americani.
7. Pianificazione di attacchi contro navi militari e petroliere americane.
8. Pianificazione del bombardamento del Canale di Panama.
9. Pianificazione dell'assassinio di vari ex-presidenti americani, compreso Jimmy Carter.
10. Pianificazione di attacchi contro vari siti newyorkesi, compresi la Borsa e i ponti.
11. Pianificazione di attacchi contro vari siti londinesi, compresi l'Aeroporto di Heathrow e il Big Ben.
12. Pianificazione di attacchi contro edifici della città israeliana di Eilat, utilizzando aerei decollati dall'Arabia Saudita.
13. Pianificazione di attacchi contro ambasciate israeliane e americane nel mondo.
14. Invio di combattenti in Israele per sorvegliare bersagli strategici.
15. Bomba in un albergo di Mombasa, Kenya, frequentato da turisti israeliani.
16. Lancio di un missile terra-aria contro un aereo della El Al decollato da Mombasa.
17. Sorveglianza di impianti nucleari negli Stati Uniti.
18. Intenzione di colpire il quartier generale della NATO a Bruxelles.
19. Intenzione di far esplodere 12 aerei americani pieni di passeggeri.
20. Tentato assassinio del Presidente Clinton nelle Filippine, nel 1994 o 1995.
21. Condivisione della responsabilità nel tentato omicidio di Papa Giovanni Paolo II nelle Filippine.
22. Pianificazione dell'assassinio del Presidente pakistano Pervez Musharraf.
23. Tentata distruzione di una compagnia petrolifera americana a Sumatra, di proprietà dell'ex segretario di stato Kissinger.
24. Decapitazione di Daniel Pearl.
E la lista continua, per un totale di più di 30 presunte malefatte o male pensate.
Grazie a Think Progress vado a ripescare un vecchio articolo sulle tecniche di interrogatorio della CIA a Guantanamo, in particolare quel waterboarding al quale Khalid Sheikh Mohammed fu ripetutamente sottoposto, e leggo che "il prigioniero di al Quaeda più tenace, Khalid Sheik Mohammed, si conquistò l'ammirazione degli addetti agli interrogatori quando fu in grado di resistere due minuti-due minuti e mezzo sott'acqua prima di supplicare che lo lasciassero confessare".
Ah, già, e poi pare che la CIA nel 2003 gli avesse rapito i figli di 7 e 9 anni per costringerlo a parlare.
Nella dichiarazione ufficiale rivista dal Pentagono Khalid Sheikh Mohammed ha affermato: "So che gli americani ci torturano dagli anni Settanta. So che parlano di diritti umani. E so che va contro la costituzione americana, contro le leggi americane". E poi: "Mi hanno detto: ogni legge ha le sue eccezioni, per tua sfortuna tu sei parte di quelle eccezioni".
Considerazioni:
1. Bene, avete il braccio destro tuttofare, il capro espiatorio definitivo; e se adesso prendete Bin Laden (o un sosia del defunto, non importa), cosa gli resta da confessare? Eh? Un furto di bagigi?
2. Record di due minuti e passa in apnea e neanche un riferimento agli ufi, nella confessione. Strano.
3. Tre anni e mezzo di cura dell'acqua, comunque, trasformerebbero in un braccio destro di alcàida anche mia suocera (lei per puro protagonismo avrebbe aggiunto "c'ero anch'io a Dallas, quel giorno là"; e guardate che come anni ci siamo).
4. Ammazzare Carter. Su.
Il .pdf con il verbale è qui.
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mercoledì, marzo 14, 2007
VVP e gli androidi
[Contesto: domenica si sono svolte in Russia le elezioni regionali per rinnovare le assemblee legislative di 14 soggetti della Federazione Russa. Affluenza molto bassa (a Kurgan si sono presentati a votare in due, il candidato e il suo amico: il candidato è stato eletto), risultati ottimi per il partito di Putin Russia Unita, e onesti per il nuovo partito Russia Giusta creato da Sergej Mironov (presidente del Consiglio della Federazione), che ha superato ovunque lo sbarramento e a Stavropol ha vinto. Russia Unita ha dichiarato di essere pronta ad appoggiare l'elezione di Mironov a senatore. Va detto che Russia Giusta - soprannominata Partito del Potere n. 2 - è considerata un clone di Russia Unita, utile a quest'ultima per contrastare l'influenza dei Comunisti.
Ieri, poi, Aleksandr Vešnjakov è stato escluso con decreto presidenziale dalla Commissione Elettorale Centrale, anche se aveva espresso il desiderio di ricoprire quella carica per altri quattro anni. Aveva un po' criticato la nuova legge elettorale (che ha abolito il quorum minimo di partecipazione, ha alzato al 7% la soglia di ingresso in parlamento per i partiti e reso più complessa la loro registrazione), questo sì. Questo proprio sì].
"Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva nel suo studio all'interno del Cremlino a inventarsi degli auguri per il trentaseiesimo compleanno del babbeo che scriveva su Internet quelle storielle villane sul suo conto.
All'improvviso le imponenti porte dello studio si aprirono per lasciar entrare il vice capo dell'Amministrazione Vladislav Jurevič Surkov. Vladislav Jurevič aveva un'espressione malinconica dipinta sul volto.
- Salve, - lo salutò Vladimir Vladimirovič™. - Su, non fare quella faccia triste! Pensa! Mironov si è rimesso in riga. Adesso lo fate senatore, no?
- Ma no, non è per Mironov... - disse mestamente Vladislav Jurevič. - Mi si è rotto Vešnjakov.
- Cos'è 'sta storia? Come, rotto? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Ma sì, sono quelle pilette atomiche, - Vladislav Jurevič allargò le braccia, - Dicevano che sarebbe andato avanti cent'anni. E invece, otto anni e si è rotto. E adesso a chi presenteremo tutti i ricorsi?
- Falli ricadere su Zubarov [il ministro della sanità e dello sviluppo sociale, n.d.T.], - rispose Vladimir Vladimirovič™, - Tanto, quello, peggio di così. Invece... questo significa che non abbiamo più un presidente della Commissione Centrale Elettorale. Che ci tocca fare?
- Eh, io non ne ho più, di androidi liberi, - sospirò Vladislav Jurevič.
- Non ho capito... - e qui Vladimir Vladimirovič™ spalancò i presidenziali occhi. - Con questo vuoi dirmi che dovremo nominare un umano?
- Non lo so mica, - rispose Vladislav Jurevič. - E perché non un umano?
- Certo che anche tu... - Vladimir Vladimirovič™, - Hai letto Omon Ra*?
Vladislav Jurevič emise un altro profondo sospiro".
*Il romanzo di Pelevin si incentra su una missione suicida sulla luna, concepita per non far capire agli occidentali che l'URSS non ha i soldi per inviare mezzi automatizzati: dentro il modulo lunare apparentemente automatizzato in realtà c'è un omino che suda, soffre, sogna e sa che non esiste la tecnologia che gli permetterà di rientrare sulla Terra.
da: vladimir.vladimirovich.ru
Ieri, poi, Aleksandr Vešnjakov è stato escluso con decreto presidenziale dalla Commissione Elettorale Centrale, anche se aveva espresso il desiderio di ricoprire quella carica per altri quattro anni. Aveva un po' criticato la nuova legge elettorale (che ha abolito il quorum minimo di partecipazione, ha alzato al 7% la soglia di ingresso in parlamento per i partiti e reso più complessa la loro registrazione), questo sì. Questo proprio sì].
"Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva nel suo studio all'interno del Cremlino a inventarsi degli auguri per il trentaseiesimo compleanno del babbeo che scriveva su Internet quelle storielle villane sul suo conto.
All'improvviso le imponenti porte dello studio si aprirono per lasciar entrare il vice capo dell'Amministrazione Vladislav Jurevič Surkov. Vladislav Jurevič aveva un'espressione malinconica dipinta sul volto.
- Salve, - lo salutò Vladimir Vladimirovič™. - Su, non fare quella faccia triste! Pensa! Mironov si è rimesso in riga. Adesso lo fate senatore, no?
- Ma no, non è per Mironov... - disse mestamente Vladislav Jurevič. - Mi si è rotto Vešnjakov.
- Cos'è 'sta storia? Come, rotto? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Ma sì, sono quelle pilette atomiche, - Vladislav Jurevič allargò le braccia, - Dicevano che sarebbe andato avanti cent'anni. E invece, otto anni e si è rotto. E adesso a chi presenteremo tutti i ricorsi?
- Falli ricadere su Zubarov [il ministro della sanità e dello sviluppo sociale, n.d.T.], - rispose Vladimir Vladimirovič™, - Tanto, quello, peggio di così. Invece... questo significa che non abbiamo più un presidente della Commissione Centrale Elettorale. Che ci tocca fare?
- Eh, io non ne ho più, di androidi liberi, - sospirò Vladislav Jurevič.
- Non ho capito... - e qui Vladimir Vladimirovič™ spalancò i presidenziali occhi. - Con questo vuoi dirmi che dovremo nominare un umano?
- Non lo so mica, - rispose Vladislav Jurevič. - E perché non un umano?
- Certo che anche tu... - Vladimir Vladimirovič™, - Hai letto Omon Ra*?
Vladislav Jurevič emise un altro profondo sospiro".
*Il romanzo di Pelevin si incentra su una missione suicida sulla luna, concepita per non far capire agli occidentali che l'URSS non ha i soldi per inviare mezzi automatizzati: dentro il modulo lunare apparentemente automatizzato in realtà c'è un omino che suda, soffre, sogna e sa che non esiste la tecnologia che gli permetterà di rientrare sulla Terra.
da: vladimir.vladimirovich.ru
martedì, marzo 13, 2007
Will the real Marija please stand up?
Nel finesettimana il britannico Sunday Times è uscito con un pezzo in cui si affermava che la giornalista russa "Marija Ivanovna" nei prossimi giorni fuggirà negli Stati Uniti, dove le è stato garantito asilo politico.
Di Marija Ivanovna si dice che è una giornalista pluripremiata, che è un'esperta di Caucaso e che è abituata a essere perseguitata, tormentata, perfino picchiata. Ma gli eventi presero una piega davvero sinistra lo scorso ottobre, scrive il Times, quando degli estranei le entrarono in casa mentre era via. Lei fece cambiare le serrature, si bevve un caffè e andò a dormire. La mattina dopo si svegliò in preda a dolori atroci, gonfiori, bocca escoriata, pelle che le si staccava di dosso. Finì in terapia intensiva. Per tornarci un mese dopo, sempre secondo il Times, quando si sentì nuovamente male dopo aver bevuto una tazza di tè.
L'articolo prosegue con un classico doppio carpiato con avvitamento e ciao con la manina del Times, e cioè:
"La lunga mano dei Servizi di Sicurezza Federali russi (FSB), da quando il Parlamento ha dato loro licenza di uccidere all'estero, si estende ormai oltre i confini della Russia.
Difficile dire quale paese sia sicuro dopo la morte a Londra per avvelenamento da Polonio 210 dell'ex agente del KGB Aleksandr Litvinenko. In America Paul Joyal, esperto di spionaggio russo e critico del presidente Vladimir Putin, è in gravi condizioni dopo essere stato vittima di una sparatoria vicino a casa sua a Washington. Potrebbe anche essersi trattato di una rapina, ma nessuno lo sa con certezza".
(Ritorneremo sul caso Joyal, per il momento volevo segnalarvi questo grande momento di giornalismo)
E poi via mettendo insieme Politkovskaja, Litvinenko, il giornalista del Kommersant Safronov: Putin ammazza la gente, sapevatelo? E se non sta attento, dice il Times, corre il rischio di essere arrestato quando si trova all'estero.
Ma torniamo alla misteriosa Marija Ivanovna, chiaramente un nome finto. Domenica la notizia si è diffusa in Russia, soprattutto in rete, dando origine a una serie di ipotesi (a proposito, c'è un'interessante e utilissima comunità di livejournal chiamata "paparazzi", luogo di discussione e di scambio di informazioni tra giornalisti): secondo alcuni l'Ivanovna sarebbe la Julia Latinina di Echo Moskvy e Novaja Gazeta, secondo altri Marina Litvinovič, corrispondente del giornale Čečenskoe Obščestvo, per altri ancora potrebbe trattarsi della vedova di Basaev, Elina Ersenoeva.
La versione più accreditata era che dietro lo pseudonimo si celasse Fatima Tlisova, corrispondente dell'Associated Press e redattore capo dell'agenzia di informazione Regnum. Commentando l'articolo del Sunday Times su un blog, Marina Litvinovič ha ricordato che lo scorso anno Fatima Tlisova fu avvelenata, e la notizia fu commentata dalla stampa internazionale (in particolare, ne scrisse lo spagnolo La Vanguardia) ma sfuggì all'attenzione di quella russa. Dell'avvelenamento della Tlisova parlava anche il Kommersant di lunedì. Il sito internet Stringer è andato oltre, scrivendo che "la giornalista Fatima Tlisova ha chiesto asilo politico in occidente, perché stufa delle minacce e preoccupata per la propria vita". Niente fonte, però.
Che dice la Tlisova? Nega: "Non ho parlato con i giornalisti del Sunday Times. Certo, intendo recarmi prossimamente in un'università americana con un permesso di studio concessomi dall'agenzia Regnum. Però ho intenzione di continuare a lavorare sul Caucaso. Non so cosa né chi stia dietro l'articolo del Sunday Times né dietro questa insistenza sul mio nome". Anche il suo direttore responsabile, Konstantin Kazenin, ritiene che non si tratti di lei.
Un bel round-up di notizie, qui (in russo). Qui l'articolo del Sunday Times.
Oggi il Marijometro, soprattutto per un articolo di Izvestija, è fermo su Elina Ersenoeva, la vedova di Basaev.
[Tanto per chiarire le cose. Attenzione a questi nomi:
Artëm Borovik, Igor Domnikov, Sergej Novikov, Iskandar Chatloni, Sergej Ivanov, Adam Tepsurgajev, Eduard Markevič, Natalja Skryl, Valeryj Ivanov, Dmitrij Švets, Jurij Šcekočichin, Aleksej Sidorov, Paul Klebnikov, Pavel Makeev, Magomedzagid Varisov, Aleksandr Piterskij, Evgenij Gerasimenko, Vjačeslav Plotnikov, Anna Politkovskaja, Ivan Safronov.
Sono i venti giornalisti uccisi o morti in circostanze poco chiare da quando Putin è presidente, e ci aggiungo anche Antonio Russo.
Non sottolineerò che è altamente improbabile che Putin ne abbia commissionato l'uccisione o abbia qualcosa a che fare con la loro morte; la sua già grave responsabilità consiste nel governare un paese in cui questi omicidi sembrano restare impuniti. Detto questo, credo che la stampa britannica degli ultimi mesi - con articoli come quello che ho citato, che nel caso migliore sono sciatta propaganda antirussa e nel peggiore mettono in pericolo una persona rendendola riconoscibile ed esponendola - stia dando il peggio di sé sull'argomento: lunga mano dell'FSB, caccia a Putin, licenza d'uccidere ovunque, nomi messi insieme a caso e le solite tazze di tè assassine].
Di Marija Ivanovna si dice che è una giornalista pluripremiata, che è un'esperta di Caucaso e che è abituata a essere perseguitata, tormentata, perfino picchiata. Ma gli eventi presero una piega davvero sinistra lo scorso ottobre, scrive il Times, quando degli estranei le entrarono in casa mentre era via. Lei fece cambiare le serrature, si bevve un caffè e andò a dormire. La mattina dopo si svegliò in preda a dolori atroci, gonfiori, bocca escoriata, pelle che le si staccava di dosso. Finì in terapia intensiva. Per tornarci un mese dopo, sempre secondo il Times, quando si sentì nuovamente male dopo aver bevuto una tazza di tè.
L'articolo prosegue con un classico doppio carpiato con avvitamento e ciao con la manina del Times, e cioè:
"La lunga mano dei Servizi di Sicurezza Federali russi (FSB), da quando il Parlamento ha dato loro licenza di uccidere all'estero, si estende ormai oltre i confini della Russia.
Difficile dire quale paese sia sicuro dopo la morte a Londra per avvelenamento da Polonio 210 dell'ex agente del KGB Aleksandr Litvinenko. In America Paul Joyal, esperto di spionaggio russo e critico del presidente Vladimir Putin, è in gravi condizioni dopo essere stato vittima di una sparatoria vicino a casa sua a Washington. Potrebbe anche essersi trattato di una rapina, ma nessuno lo sa con certezza".
(Ritorneremo sul caso Joyal, per il momento volevo segnalarvi questo grande momento di giornalismo)
E poi via mettendo insieme Politkovskaja, Litvinenko, il giornalista del Kommersant Safronov: Putin ammazza la gente, sapevatelo? E se non sta attento, dice il Times, corre il rischio di essere arrestato quando si trova all'estero.
Ma torniamo alla misteriosa Marija Ivanovna, chiaramente un nome finto. Domenica la notizia si è diffusa in Russia, soprattutto in rete, dando origine a una serie di ipotesi (a proposito, c'è un'interessante e utilissima comunità di livejournal chiamata "paparazzi", luogo di discussione e di scambio di informazioni tra giornalisti): secondo alcuni l'Ivanovna sarebbe la Julia Latinina di Echo Moskvy e Novaja Gazeta, secondo altri Marina Litvinovič, corrispondente del giornale Čečenskoe Obščestvo, per altri ancora potrebbe trattarsi della vedova di Basaev, Elina Ersenoeva.
La versione più accreditata era che dietro lo pseudonimo si celasse Fatima Tlisova, corrispondente dell'Associated Press e redattore capo dell'agenzia di informazione Regnum. Commentando l'articolo del Sunday Times su un blog, Marina Litvinovič ha ricordato che lo scorso anno Fatima Tlisova fu avvelenata, e la notizia fu commentata dalla stampa internazionale (in particolare, ne scrisse lo spagnolo La Vanguardia) ma sfuggì all'attenzione di quella russa. Dell'avvelenamento della Tlisova parlava anche il Kommersant di lunedì. Il sito internet Stringer è andato oltre, scrivendo che "la giornalista Fatima Tlisova ha chiesto asilo politico in occidente, perché stufa delle minacce e preoccupata per la propria vita". Niente fonte, però.
Che dice la Tlisova? Nega: "Non ho parlato con i giornalisti del Sunday Times. Certo, intendo recarmi prossimamente in un'università americana con un permesso di studio concessomi dall'agenzia Regnum. Però ho intenzione di continuare a lavorare sul Caucaso. Non so cosa né chi stia dietro l'articolo del Sunday Times né dietro questa insistenza sul mio nome". Anche il suo direttore responsabile, Konstantin Kazenin, ritiene che non si tratti di lei.
Un bel round-up di notizie, qui (in russo). Qui l'articolo del Sunday Times.
Oggi il Marijometro, soprattutto per un articolo di Izvestija, è fermo su Elina Ersenoeva, la vedova di Basaev.
[Tanto per chiarire le cose. Attenzione a questi nomi:
Artëm Borovik, Igor Domnikov, Sergej Novikov, Iskandar Chatloni, Sergej Ivanov, Adam Tepsurgajev, Eduard Markevič, Natalja Skryl, Valeryj Ivanov, Dmitrij Švets, Jurij Šcekočichin, Aleksej Sidorov, Paul Klebnikov, Pavel Makeev, Magomedzagid Varisov, Aleksandr Piterskij, Evgenij Gerasimenko, Vjačeslav Plotnikov, Anna Politkovskaja, Ivan Safronov.
Sono i venti giornalisti uccisi o morti in circostanze poco chiare da quando Putin è presidente, e ci aggiungo anche Antonio Russo.
Non sottolineerò che è altamente improbabile che Putin ne abbia commissionato l'uccisione o abbia qualcosa a che fare con la loro morte; la sua già grave responsabilità consiste nel governare un paese in cui questi omicidi sembrano restare impuniti. Detto questo, credo che la stampa britannica degli ultimi mesi - con articoli come quello che ho citato, che nel caso migliore sono sciatta propaganda antirussa e nel peggiore mettono in pericolo una persona rendendola riconoscibile ed esponendola - stia dando il peggio di sé sull'argomento: lunga mano dell'FSB, caccia a Putin, licenza d'uccidere ovunque, nomi messi insieme a caso e le solite tazze di tè assassine].
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lunedì, marzo 12, 2007
Bracci Destri: l'Altro Emiro e il Macellaio
"We captured a figure who was a senior al-Qaeda member and we suspected that he was Abu Omar al-Baghdadi, but after initial investigations it was proven it was not Abu Omar al-Baghdadi. But he was a senior al-Qaeda leader".
Nome: sconosciuto.
Detto: l'Emiro.
Cosa: catturato con sette altre persone.
Dove: a nordovest di Karmah, 80 km a ovest di Baghdad.
Pensavano che fosse: Abu Omar al-Baghdadi, il vero emiro dello Stato Islamico iracheno.
Invece era: un altro emiro, poi definito anche "media emir"; forse (notizia di agenzia italiana) Mohammed Younis al Haiyali, se questo nome ci dicesse qualcosa.
Del resto al-Baghdadi: non si sa chi sia.
Nome: sconosciuto.
Detto: il Macellaio.
Specializzazione: rapimenti, decapitazioni, operazioni suicide.
Cosa: preso.
Dove: a Mosul.
Un link a caso.
Benzinai, macellai, organizzatori di eventi, prestatori di servizi: così si fa. Gli si smantella il commercio e il terziario, ad alcàida.
Nome: sconosciuto.
Detto: l'Emiro.
Cosa: catturato con sette altre persone.
Dove: a nordovest di Karmah, 80 km a ovest di Baghdad.
Pensavano che fosse: Abu Omar al-Baghdadi, il vero emiro dello Stato Islamico iracheno.
Invece era: un altro emiro, poi definito anche "media emir"; forse (notizia di agenzia italiana) Mohammed Younis al Haiyali, se questo nome ci dicesse qualcosa.
Del resto al-Baghdadi: non si sa chi sia.
Nome: sconosciuto.
Detto: il Macellaio.
Specializzazione: rapimenti, decapitazioni, operazioni suicide.
Cosa: preso.
Dove: a Mosul.
Un link a caso.
Benzinai, macellai, organizzatori di eventi, prestatori di servizi: così si fa. Gli si smantella il commercio e il terziario, ad alcàida.
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domenica, marzo 11, 2007
VVP e il Libro Nero
[Per la comprensione di questo VVP vi sarà utile il post precedente. Ve l'avevo detto, che serviva, n.d.T.]
"Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva nel suo studio all'interno del Cremlino accanto a un tavolino rotondo. Al suo fianco si trovava il vice capo dell'Amministrazione Vladislav Jurevič Surkov. Sul tavolino davanti ai due uomini c'era una grande scatola di legno con aquile dorate a due teste incise sui lucchetti di platino.
Vladimir Vladimirovič™ tese le presidenziali mani verso la scatola, fece scattare i lucchetti e sollevò con cura il coperchio. Vladislav Jurevič trasse un profondo sospiro.
Nella scatola, adagiato su un cuscino di velluto rosso, c'era un piccolo libro antico con la copertina di legno.
Sul margine superiore della copertina era intagliato un grosso gufo.
- Si narra, - sussurrò Vladislav Jurevič, - Che l'ultima settimana del secondo mese dell'anno che precede le elezioni il Libro Nero sia in grado si svelare il nome dell'erede del trono degli zar per volere divino.
- Non è tanto per me, ma... - borbottò Vladimir Vladimirovič™, - Se poi ci sta scritto il nome di uno sconosciuto? Di un estraneo?
- D'accordo, - rispose Vladislav Jurevič, - E cosa si fa se c'è scritto il tuo nome? Non lo so proprio...
- Cosa si fa, cosa si fa, - brontolò Vladimir Vladimirovič™, - Si cambia la costituzione, cosa si fa...
E Vladimir Vladimirovič™ aprì con cura l'antico volume.
Il libro cominciò a ronzare ed emise un anello di fumo. Le pagine presero a sfogliarsi da sole con un fruscio inquietante.
Vladimir Vladimirovič™ e Vladislav Jurevič spalancarono gli occhi per lo stupore.
Il libro si sfogliò, poi tornò indietro di qualche pagina, e infine sotto gli occhi dei due uomini allibiti si aprì su due pagine attigue: sulla prima c'era scritta una parola, e sulla seconda un'altra parola.
- Alksnis e Tarlit, - lesse Vladimir Vladimirovič™, e guardò perplesso Vladislav Jurevič, - Chi?!
- Alksnis e Tarlit... - pronunciò pensosamente Vladisilav Jurevič, lo sguardo perso nelle profondità dello studio presidenziale, - Beh, allora, Alksnis e Tarlit siano... Ma adesso chi cazzarola appoggiamo, dei due?
Vladislav Jurevič si voltò, si strinse nelle spalle e uscì in fretta dallo studio di Vladimir Vladimirovič™".
Fonte: vladimir.vladimirovich.ru
"Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva nel suo studio all'interno del Cremlino accanto a un tavolino rotondo. Al suo fianco si trovava il vice capo dell'Amministrazione Vladislav Jurevič Surkov. Sul tavolino davanti ai due uomini c'era una grande scatola di legno con aquile dorate a due teste incise sui lucchetti di platino.
Vladimir Vladimirovič™ tese le presidenziali mani verso la scatola, fece scattare i lucchetti e sollevò con cura il coperchio. Vladislav Jurevič trasse un profondo sospiro.
Nella scatola, adagiato su un cuscino di velluto rosso, c'era un piccolo libro antico con la copertina di legno.
Sul margine superiore della copertina era intagliato un grosso gufo.
- Si narra, - sussurrò Vladislav Jurevič, - Che l'ultima settimana del secondo mese dell'anno che precede le elezioni il Libro Nero sia in grado si svelare il nome dell'erede del trono degli zar per volere divino.
- Non è tanto per me, ma... - borbottò Vladimir Vladimirovič™, - Se poi ci sta scritto il nome di uno sconosciuto? Di un estraneo?
- D'accordo, - rispose Vladislav Jurevič, - E cosa si fa se c'è scritto il tuo nome? Non lo so proprio...
- Cosa si fa, cosa si fa, - brontolò Vladimir Vladimirovič™, - Si cambia la costituzione, cosa si fa...
E Vladimir Vladimirovič™ aprì con cura l'antico volume.
Il libro cominciò a ronzare ed emise un anello di fumo. Le pagine presero a sfogliarsi da sole con un fruscio inquietante.
Vladimir Vladimirovič™ e Vladislav Jurevič spalancarono gli occhi per lo stupore.
Il libro si sfogliò, poi tornò indietro di qualche pagina, e infine sotto gli occhi dei due uomini allibiti si aprì su due pagine attigue: sulla prima c'era scritta una parola, e sulla seconda un'altra parola.
- Alksnis e Tarlit, - lesse Vladimir Vladimirovič™, e guardò perplesso Vladislav Jurevič, - Chi?!
- Alksnis e Tarlit... - pronunciò pensosamente Vladisilav Jurevič, lo sguardo perso nelle profondità dello studio presidenziale, - Beh, allora, Alksnis e Tarlit siano... Ma adesso chi cazzarola appoggiamo, dei due?
Vladislav Jurevič si voltò, si strinse nelle spalle e uscì in fretta dallo studio di Vladimir Vladimirovič™".
Fonte: vladimir.vladimirovich.ru
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