Il dottor al-Zawahiri ha annunciato un merger con certi amichetti sua, quelli del gruppo militante egiziano Al-Jamaa Islamiya, che pure recentemente avevano deciso di metter su un sito internet per spiegare la propria rinuncia alla violenza (notizia del 20 giugno 2006, qui) e per mettere in chiaro che gli attuali leader adesso pensano che l'assassinio di Sadat nel 1981 non sia poi stato quella grande idea. Apprendo inoltre che tra i fondatori della prima versione di Al-Jamaa Islamiya c'era lo stesso Zawahiri; alcuni membri del gruppo confluirono poi nell'Egyptian Islamic Jihad, che era comandata sempre da Zawahiri e che intorno al 1998 si fuse con Al Qaeda.
Insomma, li credi tranquilli e invece stanno solo studiando il rebranding.
Però.
La cosa un po' strana è che lo scorso aprile il governo egiziano ha scarcerato 900 membri (2000 sono ancora in prigione) di Al-Jamaa Islamiya, compreso il leader Nageh Ibrahim, visto che ormai avevano ripudiato i metodi violenti. Alcuni membri hanno anche scritto dei libri, in carcere: uno di questi, pubblicato con i soldi del Ministero degli interni egiziano, si intitola La strategia degli attentati di Al Qaeda: errori e rischi, e stigmatizza il ricorso alla violenza, gli attentati e l'uccisione di innocenti. Riassumiamo: 900 scarcerati perché hanno rinunciato alla lotta armata, 2000 ancora dietro alle sbarre che si dilettano con il tombolo e il mezzo punto. E adesso chiedetevi se questo non è un altro post da fondotinta.
(C'è chi dice che il dottor Zawahiri sia uno psichiatra, chi un pediatra, chi genericamente un chirurgo. Secondo l'ipotesi più accreditata è specializzato in chirurgia oculistica. Ma allora qualcuno mi spieghi perché il Mullah Omar sta in quelle condizioni lì).
Update:
Lia ne parla, però seriamente, qui.
[Disclaimer: nessuno sciita è stato maltrattato ortograficamente nella stesura di questo post].
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Make-up:
Fondotinta Lissage Optique, sulle guance Divinora Radiant Blush, kajal ayurvedico Mullah Beauty, mascara estremo Never Give Up, rossetto Kiss Me Again, Ayman. L'allover questa volta è il "Platinum Illuminator": vi vedranno fino in Pakistan, ve lo assicuro.
domenica, agosto 06, 2006
venerdì, agosto 04, 2006
Cosmoagonia di un giardino
"Poli, guarda! Forse comincia a piovere, stasera non innaffiamo le piantine", commenta osservando il cielo gonfio e plumbeo attraverso il vetro. "Sarà un sollievo per loro, questo fresco", aggiunge mentre raffiche di vento si frangono rabbiose contro la portafinestra.
Sollevo il muso, perplesso. La signora Miru è il braccio violento ma ottimista della Volontà, animata da uno spirito pari al furore evangelico di un prete in Cina. Piantine? Quali piantine? Sul terrazzo sfila un mesto e lugubre corteo funebre. I verdi smaglianti soccombono al giallo opaco, i rossi si smarriscono nel bruno, gli arancioni si suicidano, i rosa si spengono. Là dove turgidi si avvolgevano i tralci, prepotenti esplodevano i fiori, carnose palpitavano le foglie ora si estendono l'arida steppa, la selvaggia brughiera, la depressa torbiera, lo sterile deserto, la desolata tundra. Ricordo ancora i vasi traboccanti di lavanda, il loro profumo greve e intenso. Nemmeno il napalm poteva ridurli così, arsi moncherini levati in segno di resa. Stenta l'ulivo, segno dei tempi. Le fragranti e sensuali scie rivelano, da qualche parte, la presenza di un gelsomino. Gli indomiti oziorrinchi resistono ancora ma le provviste di cibo ormai scarseggiano. Tutte le speranze sono riposte nel girasole, ancora in convalescenza, tratto in salvo dal corridoio umanitario che lo ha condotto dalla signora Madre.
Il signor Padre ha avviato invece una massiccia produzione artigianale di trecce in filo di rame nei cui confronti, assicurano la moglie e la pubblicazione scientifica "Focus", la zanzara tigre nutre un sacro terrore. L'arma letale giace riversa nei sottovasi mentre nugoli di zanzare (come è noto, non sanno leggere) imperversano sul terrazzo.
Non c'è rosa senza spine? Errore. Dove non giungono le intemperie, l'incompetenza, l'incuria e la sfiga arriva inesorabile la paranoia. Non posso dimostrarlo perché ho solo prove indiziarie ma nottetempo (qui tutto succede di notte: gli ozini mangiano, le zanzare tigre si avventano, la signora Miru interviene) qualcuno ha estirpato tutte le spine delle sventurate rosacee. Lei nega, ma la coda di paglia la spinge a precisare che "le spine sono pericolose perché passano il tetano". "La nonna Vittoria raccontava sempre come il bisnonno fosse morto tra atroci dolori all'ospedale dopo essere stato ferito da un'infida spina di rosa", rivela. "La prima e ultima volta che metteva piede in un ospedale", ribadisce oscuramente. Ci preoccupiamo tanto di aids e terrorismo quando invece il vero nemico è molto più vicino e reale: le spore assassine sono tra noi.
La signora Miru mi chiama dalla cucina, sta scaldando il mio pasto: gli avanzi di una torta salata che sbocconcellava da una decina di giorni, molecola su molecola, alla faccia del Food Spammer. Quella donna è disarmante. Ama i piatti quadrati e vi compone il cibo come in un quadro di Kazimir Malevič. Il problema è che le dimensioni sono tali da non consentire la rotazione nel forno a microonde. Una persona normale userebbe un piatto differente, ma lei no. Lei adora solo i piatti quadrati e quindi, a brevi intervalli, interrompe la cottura, apre lo sportello, ruota di 90° la torta, richiude e riavvia il forno. "Vuoi anche una percocca?", mi propone. Taccio. O forse preferisci una saturnia?", incalza. Se mi fingo svenuto, forse la smette. "Dai, vuoi una pesca-albicocca o una pesca pelosetta e un po' schiacciata?", insiste minacciosa. Perché non compra banali banane o mere mele? Novella Seed Saver, mi offre percocche e saturnie. Proprio lei, potenziale massima causa di estinzione dell'intero mondo vegetale.
Ora la signora Miru si aggira per casa trascinando i piedi, la schiena e le spalle curve, una mano posata sull'impercettibile rigonfiamento del ventre, neanche fosse al settimo mese di gravidanza. "Ho mangiato troppo, lo sapevo!", si lamenta con un filo di voce. Già, stavolta le ho contate: una decina scarsa di ruote rituali, qualche scaglia di pecorino e alcuni frammenti di zucchina. Le ha fissate con aria sofferente per almeno un quarto d'ora nella speranza che si smaterializzassero, prima di infilzarne una e masticarla lentamente come se stesse affrontando un copertone.
Mentre con un misurino graduato degno di un chimico dosa l'acqua per un caffè con cremina, ne approfitto per sgattaiolare, pardon, svignarmela nello studio. Mi connetto ad internet ed inserisco la chiave di ricerca cane e news: mi piace leggere una pagina a caso sull'argomento e spesso "Google News" segnala notizie interessanti.
Ecco.
Barney ha sventrato Mabel.
Il dobermann, a guardia della mostra di peluche presso le Wookey Hole Caves (Galles) ha sbudellato l'orsacchiotto appartenuto a Elvis Presley, dopo averlo decapitato con un morso. Mabel, non Elvis Presley, rapito dal KGB e deportato a Vorkuta, dove allietava le serate dei minatori. Non contento, il cane ha aggredito anche altre bestiole di pezza, accanendosi sui poveri corpi dilaniati. I danni ammontano a circa 90 mila euro. Si avvicina intanto la signora Miru, che incuriosita ha posato la tazzina di caffè sulla scrivania e legge con me. La guardia giurata Greg West non riesce davvero a spiegarsi il gesto del suo cane, con oltre 6 anni di onorevole servizio. Io sì. Fu un esattore tedesco a selezionare il dobermann, come arma di difesa dai ladri e avviso di mora. L'orsacchiotto barbaramente assassinato era nato in Germania, nel 1909. Traete le vostre conclusioni.
Il padrone di Barney azzarda altre ipotesi: forse le vittime emanavano un odore fastidioso, forse un raptus di gelosia. La signora Miru si volta verso di me e mi guarda. Io mi volto verso l'ignaro signor G. e lo guardo. Scopro le zanne in un tentativo poco rassicurante di sorriso e lo stupido gatto si innervosisce all'istante. L'unico peluche presente nella casa, saggiamente, si eclissa. Eh. Fastidioso lo è di sicuro, il suo odore. Geloso io? Chi può mai dirlo.
Sollevo il muso, perplesso. La signora Miru è il braccio violento ma ottimista della Volontà, animata da uno spirito pari al furore evangelico di un prete in Cina. Piantine? Quali piantine? Sul terrazzo sfila un mesto e lugubre corteo funebre. I verdi smaglianti soccombono al giallo opaco, i rossi si smarriscono nel bruno, gli arancioni si suicidano, i rosa si spengono. Là dove turgidi si avvolgevano i tralci, prepotenti esplodevano i fiori, carnose palpitavano le foglie ora si estendono l'arida steppa, la selvaggia brughiera, la depressa torbiera, lo sterile deserto, la desolata tundra. Ricordo ancora i vasi traboccanti di lavanda, il loro profumo greve e intenso. Nemmeno il napalm poteva ridurli così, arsi moncherini levati in segno di resa. Stenta l'ulivo, segno dei tempi. Le fragranti e sensuali scie rivelano, da qualche parte, la presenza di un gelsomino. Gli indomiti oziorrinchi resistono ancora ma le provviste di cibo ormai scarseggiano. Tutte le speranze sono riposte nel girasole, ancora in convalescenza, tratto in salvo dal corridoio umanitario che lo ha condotto dalla signora Madre.
Il signor Padre ha avviato invece una massiccia produzione artigianale di trecce in filo di rame nei cui confronti, assicurano la moglie e la pubblicazione scientifica "Focus", la zanzara tigre nutre un sacro terrore. L'arma letale giace riversa nei sottovasi mentre nugoli di zanzare (come è noto, non sanno leggere) imperversano sul terrazzo.
Non c'è rosa senza spine? Errore. Dove non giungono le intemperie, l'incompetenza, l'incuria e la sfiga arriva inesorabile la paranoia. Non posso dimostrarlo perché ho solo prove indiziarie ma nottetempo (qui tutto succede di notte: gli ozini mangiano, le zanzare tigre si avventano, la signora Miru interviene) qualcuno ha estirpato tutte le spine delle sventurate rosacee. Lei nega, ma la coda di paglia la spinge a precisare che "le spine sono pericolose perché passano il tetano". "La nonna Vittoria raccontava sempre come il bisnonno fosse morto tra atroci dolori all'ospedale dopo essere stato ferito da un'infida spina di rosa", rivela. "La prima e ultima volta che metteva piede in un ospedale", ribadisce oscuramente. Ci preoccupiamo tanto di aids e terrorismo quando invece il vero nemico è molto più vicino e reale: le spore assassine sono tra noi.
La signora Miru mi chiama dalla cucina, sta scaldando il mio pasto: gli avanzi di una torta salata che sbocconcellava da una decina di giorni, molecola su molecola, alla faccia del Food Spammer. Quella donna è disarmante. Ama i piatti quadrati e vi compone il cibo come in un quadro di Kazimir Malevič. Il problema è che le dimensioni sono tali da non consentire la rotazione nel forno a microonde. Una persona normale userebbe un piatto differente, ma lei no. Lei adora solo i piatti quadrati e quindi, a brevi intervalli, interrompe la cottura, apre lo sportello, ruota di 90° la torta, richiude e riavvia il forno. "Vuoi anche una percocca?", mi propone. Taccio. O forse preferisci una saturnia?", incalza. Se mi fingo svenuto, forse la smette. "Dai, vuoi una pesca-albicocca o una pesca pelosetta e un po' schiacciata?", insiste minacciosa. Perché non compra banali banane o mere mele? Novella Seed Saver, mi offre percocche e saturnie. Proprio lei, potenziale massima causa di estinzione dell'intero mondo vegetale.
Ora la signora Miru si aggira per casa trascinando i piedi, la schiena e le spalle curve, una mano posata sull'impercettibile rigonfiamento del ventre, neanche fosse al settimo mese di gravidanza. "Ho mangiato troppo, lo sapevo!", si lamenta con un filo di voce. Già, stavolta le ho contate: una decina scarsa di ruote rituali, qualche scaglia di pecorino e alcuni frammenti di zucchina. Le ha fissate con aria sofferente per almeno un quarto d'ora nella speranza che si smaterializzassero, prima di infilzarne una e masticarla lentamente come se stesse affrontando un copertone.
Mentre con un misurino graduato degno di un chimico dosa l'acqua per un caffè con cremina, ne approfitto per sgattaiolare, pardon, svignarmela nello studio. Mi connetto ad internet ed inserisco la chiave di ricerca cane e news: mi piace leggere una pagina a caso sull'argomento e spesso "Google News" segnala notizie interessanti.
Ecco.
Barney ha sventrato Mabel.
Il dobermann, a guardia della mostra di peluche presso le Wookey Hole Caves (Galles) ha sbudellato l'orsacchiotto appartenuto a Elvis Presley, dopo averlo decapitato con un morso. Mabel, non Elvis Presley, rapito dal KGB e deportato a Vorkuta, dove allietava le serate dei minatori. Non contento, il cane ha aggredito anche altre bestiole di pezza, accanendosi sui poveri corpi dilaniati. I danni ammontano a circa 90 mila euro. Si avvicina intanto la signora Miru, che incuriosita ha posato la tazzina di caffè sulla scrivania e legge con me. La guardia giurata Greg West non riesce davvero a spiegarsi il gesto del suo cane, con oltre 6 anni di onorevole servizio. Io sì. Fu un esattore tedesco a selezionare il dobermann, come arma di difesa dai ladri e avviso di mora. L'orsacchiotto barbaramente assassinato era nato in Germania, nel 1909. Traete le vostre conclusioni.
Il padrone di Barney azzarda altre ipotesi: forse le vittime emanavano un odore fastidioso, forse un raptus di gelosia. La signora Miru si volta verso di me e mi guarda. Io mi volto verso l'ignaro signor G. e lo guardo. Scopro le zanne in un tentativo poco rassicurante di sorriso e lo stupido gatto si innervosisce all'istante. L'unico peluche presente nella casa, saggiamente, si eclissa. Eh. Fastidioso lo è di sicuro, il suo odore. Geloso io? Chi può mai dirlo.
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poligraf
Il figlio del satanasso
Cosa succede nelle soap quando il bello ma malvagio di turno parte per un lungo viaggio e viene dato per morto o dichiarato disperso (di solito naufraga nel mezzo dell'oceano, precipita sull'Himalaya con il suo jet privato, finisce coinvolto in uno scontro a fuoco tra guerriglieri e truppe governative in un paese africano di fantasia)? Dopo un po' fa la sua comparsa un giovane misterioso e affascinante dalle turpi inclinazioni: il figlio del satanasso.
Questo è un grande post da fondotinta.
Il New York Post (eh) è uscito ieri con questo articolo in cui riprende una notizia pubblicata dal tedesco Die Welt: un figlio di Osama bin Laden sarebbe andato dall'Iran al Libano con la missione di organizzare attacchi terroristici contro Israele. Sì.
Saad bin Laden, 27 anni, figlio dello sceicco del terrore, è stato liberato dalla Guardia Rivoluzionaria Iraniana venerdì scorso con il compito di organizzare cellule terroristiche islamiche e di prepararle a lottare al fianco degli Hezbollah. "Sembra che Teheran conti sul reclutamento di profughi libanesi in Siria per combattere contro Israele, con l'aiuto di bin Laden".
Ora. Mettiamo da parte il fatto che con un'unica notizia di questo genere si incasinano comodamente Hezbollah e Iran (chiaramente quest'ultimo non vede l'ora di farsi invadere, e così rilascia il figlio di bin Laden e lo manda ad accoppare gli israeliani, però già che c'è lo fa sapere a un giornale tedesco). Mettiamo anche da parte il fatto che il brand Al Qaeda è costituito da estremisti sunniti e che in Iraq si è messo a massacrare con impegno e dedizione gli sciiti. E che gli Hezbollah sono sciiti.
Quello che colpisce qui è la costruzione del personaggio:
L'investitura
Nell'ottobre del 2003, Osama stesso nomina Saad erede del suo regno del terrore. In un'audiocassetta che incita all'abbattimento di Israele, dice: "Quando quel giorno verrà, nostro figlio Saad guiderà trionfalmente la nostra grande causa".
Piccoli Laden crescono
Saad è cresciuto a fianco del padre in Afghanistan e probabilmente ha combattuto con lui contro i sovietici non appena è stato abbastanza grande da imbracciare un Ak-47 (cioè probabilmente mai, quando i sovietici si sono ritirati aveva dieci anni). Viene fatto entrare in Iran dall'Afghanistan nel 2002.
Tale e quale papà
Secondo un profilo della CIA Saad, che è stato tra i membri fondatori di al Qaeda pur essendo praticamente un ragazzino, somiglierebbe al padre come una goccia d'acqua, "fisicamente e mentalmente". Inoltre la sua "prontezza a uccidere è stata un prerequisito perché fosse addestrato al comando".
Di 23 che lui ce n'haL'apprendista capo del terrorismo mondiale è nato in Arabia Saudita nel 1979 ed è uno degli 11 figli di bin Laden e della sua prima moglie, Najwa Ghanem, siriana. Osama ha avuto almeno 23 figli dalle sue mogli. Saad e la madre vanno dapprima in Afghanistan negli anni Ottanta per stare accanto a papà e nel 1989 fanno ritorno in Arabia Saudita. Lì però a un certo punto non sono graditi, e vanno in Sudan. Poi Saad torna in Afghanistan con suo padre nel 1996, a 17 anni. I due combattono le truppe britanniche fianco a fianco, poi finiscono in Pakistan. A quando pare Osama spedisce poi Saad in Iran perché era non riesce più a dirigere le operazioni dalle montagne afghane. Come dargli torto. Solo che Saad viene imprigionato dal regime iraniano.
Il resto della storia, cioè il passaggio dagli arresti domiciliari in Iran all'organizzazione di cellule terroristiche sul confine libanese per dare una mano a Hezbollah, è ancora un po' macchinoso, c'è da lavorarci su. Però il personaggio c'è tutto.
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Make-up:
Fondotinta Sensual Clone Perfect Complexion Creator No. 30 Cognac, Surrealist Mascara #01 Surreal Black con applicatore brevettato Ultra Glide, eyeliner Cia Eyes Deep Black, blush Color Statement for Cheeks #04 Whisper Ginger, per le labbra Leb Kiss #306 Gold Topaz. Per finire con il solito allover, suggerisco la Guerrilla Crazy Loose Powder color cervo che fugge.
Questo è un grande post da fondotinta.
Il New York Post (eh) è uscito ieri con questo articolo in cui riprende una notizia pubblicata dal tedesco Die Welt: un figlio di Osama bin Laden sarebbe andato dall'Iran al Libano con la missione di organizzare attacchi terroristici contro Israele. Sì.
Saad bin Laden, 27 anni, figlio dello sceicco del terrore, è stato liberato dalla Guardia Rivoluzionaria Iraniana venerdì scorso con il compito di organizzare cellule terroristiche islamiche e di prepararle a lottare al fianco degli Hezbollah. "Sembra che Teheran conti sul reclutamento di profughi libanesi in Siria per combattere contro Israele, con l'aiuto di bin Laden".
Ora. Mettiamo da parte il fatto che con un'unica notizia di questo genere si incasinano comodamente Hezbollah e Iran (chiaramente quest'ultimo non vede l'ora di farsi invadere, e così rilascia il figlio di bin Laden e lo manda ad accoppare gli israeliani, però già che c'è lo fa sapere a un giornale tedesco). Mettiamo anche da parte il fatto che il brand Al Qaeda è costituito da estremisti sunniti e che in Iraq si è messo a massacrare con impegno e dedizione gli sciiti. E che gli Hezbollah sono sciiti.
Quello che colpisce qui è la costruzione del personaggio:
L'investitura
Nell'ottobre del 2003, Osama stesso nomina Saad erede del suo regno del terrore. In un'audiocassetta che incita all'abbattimento di Israele, dice: "Quando quel giorno verrà, nostro figlio Saad guiderà trionfalmente la nostra grande causa".
Piccoli Laden crescono
Saad è cresciuto a fianco del padre in Afghanistan e probabilmente ha combattuto con lui contro i sovietici non appena è stato abbastanza grande da imbracciare un Ak-47 (cioè probabilmente mai, quando i sovietici si sono ritirati aveva dieci anni). Viene fatto entrare in Iran dall'Afghanistan nel 2002.
Tale e quale papà
Secondo un profilo della CIA Saad, che è stato tra i membri fondatori di al Qaeda pur essendo praticamente un ragazzino, somiglierebbe al padre come una goccia d'acqua, "fisicamente e mentalmente". Inoltre la sua "prontezza a uccidere è stata un prerequisito perché fosse addestrato al comando".
Di 23 che lui ce n'haL'apprendista capo del terrorismo mondiale è nato in Arabia Saudita nel 1979 ed è uno degli 11 figli di bin Laden e della sua prima moglie, Najwa Ghanem, siriana. Osama ha avuto almeno 23 figli dalle sue mogli. Saad e la madre vanno dapprima in Afghanistan negli anni Ottanta per stare accanto a papà e nel 1989 fanno ritorno in Arabia Saudita. Lì però a un certo punto non sono graditi, e vanno in Sudan. Poi Saad torna in Afghanistan con suo padre nel 1996, a 17 anni. I due combattono le truppe britanniche fianco a fianco, poi finiscono in Pakistan. A quando pare Osama spedisce poi Saad in Iran perché era non riesce più a dirigere le operazioni dalle montagne afghane. Come dargli torto. Solo che Saad viene imprigionato dal regime iraniano.
Il resto della storia, cioè il passaggio dagli arresti domiciliari in Iran all'organizzazione di cellule terroristiche sul confine libanese per dare una mano a Hezbollah, è ancora un po' macchinoso, c'è da lavorarci su. Però il personaggio c'è tutto.
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Fondotinta Sensual Clone Perfect Complexion Creator No. 30 Cognac, Surrealist Mascara #01 Surreal Black con applicatore brevettato Ultra Glide, eyeliner Cia Eyes Deep Black, blush Color Statement for Cheeks #04 Whisper Ginger, per le labbra Leb Kiss #306 Gold Topaz. Per finire con il solito allover, suggerisco la Guerrilla Crazy Loose Powder color cervo che fugge.
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giovedì, agosto 03, 2006
Israele contro Israele
Siamo in molti a nutrire dubbi sulla strategia militare israeliana, ma almeno il Wall Street Journal Online sembra avere le idee chiare, quando titola "Israel plans to move deeper into Israel".
via Regret the Error.
via Regret the Error.
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martedì, agosto 01, 2006
Come maltrattare Google e vivere felici/18
A questo proposito ho consultato il mio Food Spammer.
– Senti: cosa succede se non mangio carbiodrati? Carboidrati, scusa.
– Ad esempio perdi ogni competenza ortografica.
– Rispondi.
– Che cosa c'è, sotto? Non mangi carboidrati da quanto!
– Piantala e vai con lo scenario apocalittico.
– Si perde una fonte importante di glicogeno.
– Ah, il glicogeno! E il glicogeno c'entra con i muscoli. Si disfano i muscoletti.
– Brava, ogni tanto qualcosa la impari.
– E basta, tutto lì.
– Tutto lì, un cazzo.
– Cioè, se uno non mangia carbodrati si ritrova senza muscoli. Non riesco a scriverlo, carboidrati, oggi.
– Non è così semplice. Il corpo andrà a cercare altrove fonti di energia, dentro se stesso, con gravi danni. Te l'ho detto, quello è il primo sintomo.
– Ah, ok, e qui torna la vecchia storia fegato-milza. Va bene. Parte il fegato. Parte la milza. E si muore. Non subito.
– In lenta agonia.
– Lentissima. Tipo me a gennaio? Un fascio di nervi e di muscoli molli.
– Esatto. Un pesce gatto fuori dall'acqua.
– Ok, grazie.
– I braccini flaccidi li hai ancora.
– Grazie, basta così.
– E il cervello...
– Grazie!
Come maltrattare Google e vivere felici/17
Mi rendo conto che qui siamo un po' carenti nei fondamentali.
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sabato, luglio 29, 2006
Bollino giallo
Dal sito di Repubblica:
"A dare un po' di sollievo agli automobilisti in coda per dodici chilometri alla barriera di Villabona è arrivato il kit antistress della Regione Veneto, con una bottiglia di acqua minerale, una salvietta detergente, una bandana parasole, una maglietta, un frisbee e un depliant che spiega 'come si stia operando per realizzare il Passante, ponendo fine a uno dei maggiori nodi di ingorgo d'Europa'".
Un frisbee. Parliamone.
"A dare un po' di sollievo agli automobilisti in coda per dodici chilometri alla barriera di Villabona è arrivato il kit antistress della Regione Veneto, con una bottiglia di acqua minerale, una salvietta detergente, una bandana parasole, una maglietta, un frisbee e un depliant che spiega 'come si stia operando per realizzare il Passante, ponendo fine a uno dei maggiori nodi di ingorgo d'Europa'".
Un frisbee. Parliamone.
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The Real Thing
giovedì, luglio 27, 2006
Strangers when we meet
– Scudetto all'Inter, ti pareva.
– Io te lo devo dire.
– Cosa?
– Sono un po' interista.
– Eh?
– Ma sì, lo so, non mi interesso molto al calcio...
– L'hanno intuito in tanti: quando Grosso si è avvicinato al dischetto, tu hai cominciato ad accenderti la pipa.
– Però se devo tifare tifo Inter.
– La pipa. E prima di una partita chiedi "quanto dura?" come se fosse un film.
– Fin da bambino, ecco.
– Sei interista da cinque minuti e hai già vinto uno scudetto. È il culo del principiante.
– Adesso lo sai. Peccato, il prossimo anno le nostre squadre giocano in due serie diverse.
– Peccato, noi da stasera dormiamo in due letti diversi.
– Io te lo devo dire.
– Cosa?
– Sono un po' interista.
– Eh?
– Ma sì, lo so, non mi interesso molto al calcio...
– L'hanno intuito in tanti: quando Grosso si è avvicinato al dischetto, tu hai cominciato ad accenderti la pipa.
– Però se devo tifare tifo Inter.
– La pipa. E prima di una partita chiedi "quanto dura?" come se fosse un film.
– Fin da bambino, ecco.
– Sei interista da cinque minuti e hai già vinto uno scudetto. È il culo del principiante.
– Adesso lo sai. Peccato, il prossimo anno le nostre squadre giocano in due serie diverse.
– Peccato, noi da stasera dormiamo in due letti diversi.
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mercoledì, luglio 26, 2006
Come maltrattare Google e vivere felici/16
Per una volta siete capitate/i sul blog giusto. Orgogliosamente al primo posto su Google, mica i soliti bagigi.
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martedì, luglio 25, 2006
Apprezzamento
Nel finesettimana il presidente del parlamento iracheno, Mahmoud al-Mashhadani, aveva descritto l'occupazione degli Stati Uniti come "un lavoro di macelleria compiuto sotto la bandiera della democrazia e dei diritti umani".
Domenica il capo di gabinetto Josh Bolten ha detto di aver incontrato in privato al-Mashhadani e di ritenere che "apprezzi il sacrificio di tanti americani".
Lo apprezza così tanto che in una conferenza stampa ha poi detto: "Personalmente credo che chiunque uccida un soldato americano difendendo il proprio paese meriti che sia eretta una statua in suo onore in quel paese". E poi: "L'America non è venuta qui per il nostro bene. È venuta con obiettivi puramente sionisti".
-----
In effetti.
Democracy Arsenal riassume alcuni dati dell'Indice di Sicurezza Nazionale dell'Iraq, del Democratic Policy Committee:
Numero di iracheni che avevano accesso all'acqua potabile prima dell'invasione: 13 milioni.
Numero di iracheni che hanno accesso all'acqua potabile, secondo il rapporto SIGIR dell'aprile 2006: 8 milioni.
Numero delle cliniche che saranno effettivamente completate secondo il programma da 243 milioni di dollari del Genio Militare, che ne prevedeva 142: 20.
Numero dei progetti idrici e fognari che saranno completati, dei 136 previsti: 49.
Numero dei medici iracheni prima dell'invasione: 34.000.
Numero dei medici iracheni che sono stati uccisi o hanno lasciato il paese dall'inizio dell'invasione: 14.000.
Indice della mortalità infantile in Iraq: (la media del Medio Oriente è 37, dell'Africa sub-sahariana 105): 102.
Domenica il capo di gabinetto Josh Bolten ha detto di aver incontrato in privato al-Mashhadani e di ritenere che "apprezzi il sacrificio di tanti americani".
Lo apprezza così tanto che in una conferenza stampa ha poi detto: "Personalmente credo che chiunque uccida un soldato americano difendendo il proprio paese meriti che sia eretta una statua in suo onore in quel paese". E poi: "L'America non è venuta qui per il nostro bene. È venuta con obiettivi puramente sionisti".
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In effetti.
Democracy Arsenal riassume alcuni dati dell'Indice di Sicurezza Nazionale dell'Iraq, del Democratic Policy Committee:
Numero di iracheni che avevano accesso all'acqua potabile prima dell'invasione: 13 milioni.
Numero di iracheni che hanno accesso all'acqua potabile, secondo il rapporto SIGIR dell'aprile 2006: 8 milioni.
Numero delle cliniche che saranno effettivamente completate secondo il programma da 243 milioni di dollari del Genio Militare, che ne prevedeva 142: 20.
Numero dei progetti idrici e fognari che saranno completati, dei 136 previsti: 49.
Numero dei medici iracheni prima dell'invasione: 34.000.
Numero dei medici iracheni che sono stati uccisi o hanno lasciato il paese dall'inizio dell'invasione: 14.000.
Indice della mortalità infantile in Iraq: (la media del Medio Oriente è 37, dell'Africa sub-sahariana 105): 102.
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Come maltrattare Google e vivere felici/15
Richiestissimi, sembra che siano in grado di correre sulle acque.
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California rest in peace
Tutta la California sta dalla parte di Israele, pare. (Sapevo che prima o poi si sarebbe staccata, ma per andare alla deriva nel Pacifico. Misteri della tettonica).
Io sto con l'oziorrinco
La prima reazione davanti alle foglie sbranate della rosa è stata: tolleranza zero.
Ho tagliato un rametto, l'ho fotografato, l'ho messo in un sacchetto di plastica trasparente e sono andata dal vivaista:
– Mi è successa questa cosa qua. Non sono riuscita a individuare il proprietario delle mandibole. Se è un bruco, è un bruco invisibile.
Lui sorride indulgente.
– Deve trattarsi di un oziorrinco. Di giorno si nasconde nel terriccio, la notte esce a mangiare.
– Ah, però.
– Ci vogliono le armi chimiche.
E mi vende un insetticida.
Io sulle prime sono contenta.
Poi faccio una ricerca su Google, e lo vedo. L'oziorrinco. Che è un brutto coleottero, e le larve sono brutte come tutte le larve, però almeno non è un mostro come il grillotalpa (evocatomi da mia madre, l'ottimista di famiglia, per la quale quasiasi insetto non identificato è un infido grillotalpa; indovinate da chi ho ereditato il mio mortifero pollice verso).
E ha tanta fame, l'oziorrinco. Sta nascosto tutto il giorno e con questo caldo, a stomaco vuoto.
Il risultato è che sono passati sette giorni, la boccetta del potente insetticida è ancora chiusa, e sto seriamente pensando alla lotta biologica ad armi pari. Una di queste notti io e mandibola potremmo negoziare e arrivare a una soluzione. Sempre che nel frattempo gli afidi non mi aprano un secondo fronte sul caprifoglio.
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venerdì, luglio 21, 2006
Nicchie
Libreria, città di G.
Vi prego di notare (ho pixelato il nome dell'autore per decenza):
1. lo spessore del volume;
2. la fine scelta del font in copertina;
3. il titolo, che segnala subito l'astuto prodotto di nicchia: non Hitler e i curculionidi, Nazismo, pop e psichedelia o Il piccolo Adolf e il pas de deux, ma Hitler e il suo rapporto con il nazismo. Roba che scotta, pura dietrologia. Devo controllare, ma credo che non ci avesse ancora pensato nessuno.
Inspiegabilmente, si trovava nella sezione "storia locale".
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How soon is naoo?
Muro, città di G.
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giovedì, luglio 20, 2006
L'estate del sub
Erano le due del pomeriggio di un caldissimo sabato di luglio. Tornavamo dal mare.
– Antonia in avvicinamento su vialetto, osservò mio padre con tono piatto.
Mia madre sospirò.
In effetti Antonia, uscita precipitosamente di casa, ci veniva ora incontro ciabattando sulla ghiaia e agitando un mestolo di legno sporco di sugo.
– Nonna!
– A Trieste un motoscafo ha messo sotto un sub!
Poco importava che tornassimo da Sistiana e che nessuno in famiglia facesse il sub o manovrasse motoscafi. Eravamo abituati a queste emissioni quotidiane: Antonia ascoltava alla radio il Gazzettino Giuliano e si impadroniva con entusiasmo degli scarni fatti di nera accaduti nel raggio di almeno cinquanta chilometri. Poi non si limitava a riferirli, ma li imbottiva di particolari lugubri e fantasiosi nello stile di Cronaca Vera e Stop: due pubblicazioni vietatissime a casa nostra, dove pure circolavano di nascosto consentendomi di prendere le misure a un mondo smodatamente bizzarro e crudele che non avrei mai conosciuto.
– Un motoscafo ha messo sotto un sub!, ripeté Antonia agitando il mestolo.
Accogliemmo la notizia assorte, mentre mio padre si toglieva una macchia di sugo dalla maglietta. Un sub investito da un motoscafo come un ciclista da un camion sulla statale?
– Sedici anni, nuotava con la maschera e il tubo, e il motoscafo non l’ha visto.
Seguì, nonostante le proteste di mia madre, la descrizione di un’elica feroce, di giovani membra dilaniate, della macchia di sangue che si allargava sulla superficie del mare: tutti dettagli che il sobrio, cantilenante e burocratico Gazzettino Giuliano aveva di certo omesso. Nessun testimone, del resto. A parte il pilota del motoscafo, fuggito. E i pesci, indifferenti.
Antonia mi seguì fino in camera per assistere alla mia lotta con il costume da bagno ancora umido, e si bloccò sulla soglia per la rivelazione finale:
– E la cosa peggiore. La cosa peggiore è. Che non l’hanno trovato.
Rimasi a guardarla a bocca aperta, le braccia abbandonate lungo il corpo, le spalline del costume attorcigliate sul torace.
Avevo appena imparato a nuotare e a fare le capriole sott’acqua. Avrebbe potuto essere l’estate delle capriole. In quel momento divenne l’estate del sub.
Il sub non si trovava. Del motoscafo ancora nessuna traccia, i soccorsi erano arrivati in ritardo, quel giorno il mare era agitato. E noi intanto bisbigliavamo ipotesi.
– A quest’ora dove sarà.
– Bisognerebbe sapere qualcosa di correnti.
– E di maree.
– Magari la testa è da una parte…
– E un braccio…
– O una gamba.
– Da un’altra.
– Nonna, e il sangue?
– Il sangue, dappertutto.
E dato che un corpo dopo qualche giorno in mare non è un bello spettacolo, diceva Antonia, e pezzi di corpo dovevano esserlo ancora meno, finì che il sub cominciai a sognarmelo la notte. Arrivava mentre nuotavo felice sott’acqua con gli occhi spalancati. A volte era una faccia con la maschera e il tubo, altre era una mano staccata dal resto del corpo, che mi afferrava il braccio impedendomi di riemergere, altre ancora una presenza invisibile. Oppure ero io, il sub: e la macchia scura che si allargava sopra la mia testa era l’ombra del motoscafo, o il mio stesso sangue.
Da quel giorno Antonia sedette silenziosa sulla riva mentre perfezionavo cautamente le mie capriole. Io riemergevo e cercavo con gli occhi il suo costume intero a fiori bianchi e neri e la sua pelle bianchissima; ci guardavamo da lontano e lei mimava con le braccia un gesto che solo io potevo capire. Forse intuiva che per tenermi lontana dai pericoli non serviva evocare crampi, congestioni, brutali testate contro i pedalò, ma erano sufficienti il ricordo e la vaga minaccia di un sedicenne che fluttuava a pezzi chissà dove nell’Alto Adriatico. Forse intuiva tutto questo, o forse accadeva anche a lei che il sub le si parasse davanti in sogno, chiedendo pace o vendetta.
Quell’estate io riemergevo strizzando gli occhi e lei era là, costume a fiori, pelle bianchissima e il gesto a me sola comprensibile: le braccia tese davanti al corpo, il lento movimento alternato delle mani su e giù. Su e giù, Maria Vergine. Le pinne del sub.
In settembre mi iscrissero ai corsi di nuoto della piscina comunale.
Amavo nuotare: mi riconoscevo nella grazia paffuta delle foche viste in un documentario alla tv, mi piaceva scivolare sott’acqua con gli occhi fissi sul fondo geometrico della piscina e le orecchie piene di rumori e di voci distanti.
Poi riemergevo sbuffando e cercavo Antonia con lo sguardo. La vedevo – seduta sulle gradinate, il mio accappatoio sulle ginocchia, la borsa e l’ombrello accanto ai piedi – concentrata nella lettura di Oggi o Gente. Tranquilla, alle prese con i dolori di regine tristi e cantanti affranti.
– Maria Vergine che labbri blu, te me par un cadavere.
– E il sub, nonna, eh?
– Mai più visto.
– E le ossa?
– Conchiglie.
– Gli occhi?
– Perline.
– E il sangue?
– Metti su l’accappatoio, svelta.
Il sub non fu mai trovato. Sbiadì, si disfece, come nei miei sogni acquatici dove ormai si allontanava lasciandomi risalire veloce in superficie: conchiglie le sue ossa, i suoi occhi perle. Non faceva paura. Quasi più paura. Quasi.
– Nonna, il sangue?
Ma avevo già capito, e mi mordevo le labbra fredde.
– Il sangue, dappertutto.
Il sub era diventato il mare.
– Antonia in avvicinamento su vialetto, osservò mio padre con tono piatto.
Mia madre sospirò.
In effetti Antonia, uscita precipitosamente di casa, ci veniva ora incontro ciabattando sulla ghiaia e agitando un mestolo di legno sporco di sugo.
– Nonna!
– A Trieste un motoscafo ha messo sotto un sub!
Poco importava che tornassimo da Sistiana e che nessuno in famiglia facesse il sub o manovrasse motoscafi. Eravamo abituati a queste emissioni quotidiane: Antonia ascoltava alla radio il Gazzettino Giuliano e si impadroniva con entusiasmo degli scarni fatti di nera accaduti nel raggio di almeno cinquanta chilometri. Poi non si limitava a riferirli, ma li imbottiva di particolari lugubri e fantasiosi nello stile di Cronaca Vera e Stop: due pubblicazioni vietatissime a casa nostra, dove pure circolavano di nascosto consentendomi di prendere le misure a un mondo smodatamente bizzarro e crudele che non avrei mai conosciuto.
– Un motoscafo ha messo sotto un sub!, ripeté Antonia agitando il mestolo.
Accogliemmo la notizia assorte, mentre mio padre si toglieva una macchia di sugo dalla maglietta. Un sub investito da un motoscafo come un ciclista da un camion sulla statale?
– Sedici anni, nuotava con la maschera e il tubo, e il motoscafo non l’ha visto.
Seguì, nonostante le proteste di mia madre, la descrizione di un’elica feroce, di giovani membra dilaniate, della macchia di sangue che si allargava sulla superficie del mare: tutti dettagli che il sobrio, cantilenante e burocratico Gazzettino Giuliano aveva di certo omesso. Nessun testimone, del resto. A parte il pilota del motoscafo, fuggito. E i pesci, indifferenti.
Antonia mi seguì fino in camera per assistere alla mia lotta con il costume da bagno ancora umido, e si bloccò sulla soglia per la rivelazione finale:
– E la cosa peggiore. La cosa peggiore è. Che non l’hanno trovato.
Rimasi a guardarla a bocca aperta, le braccia abbandonate lungo il corpo, le spalline del costume attorcigliate sul torace.
Avevo appena imparato a nuotare e a fare le capriole sott’acqua. Avrebbe potuto essere l’estate delle capriole. In quel momento divenne l’estate del sub.
Il sub non si trovava. Del motoscafo ancora nessuna traccia, i soccorsi erano arrivati in ritardo, quel giorno il mare era agitato. E noi intanto bisbigliavamo ipotesi.
– A quest’ora dove sarà.
– Bisognerebbe sapere qualcosa di correnti.
– E di maree.
– Magari la testa è da una parte…
– E un braccio…
– O una gamba.
– Da un’altra.
– Nonna, e il sangue?
– Il sangue, dappertutto.
E dato che un corpo dopo qualche giorno in mare non è un bello spettacolo, diceva Antonia, e pezzi di corpo dovevano esserlo ancora meno, finì che il sub cominciai a sognarmelo la notte. Arrivava mentre nuotavo felice sott’acqua con gli occhi spalancati. A volte era una faccia con la maschera e il tubo, altre era una mano staccata dal resto del corpo, che mi afferrava il braccio impedendomi di riemergere, altre ancora una presenza invisibile. Oppure ero io, il sub: e la macchia scura che si allargava sopra la mia testa era l’ombra del motoscafo, o il mio stesso sangue.
Da quel giorno Antonia sedette silenziosa sulla riva mentre perfezionavo cautamente le mie capriole. Io riemergevo e cercavo con gli occhi il suo costume intero a fiori bianchi e neri e la sua pelle bianchissima; ci guardavamo da lontano e lei mimava con le braccia un gesto che solo io potevo capire. Forse intuiva che per tenermi lontana dai pericoli non serviva evocare crampi, congestioni, brutali testate contro i pedalò, ma erano sufficienti il ricordo e la vaga minaccia di un sedicenne che fluttuava a pezzi chissà dove nell’Alto Adriatico. Forse intuiva tutto questo, o forse accadeva anche a lei che il sub le si parasse davanti in sogno, chiedendo pace o vendetta.
Quell’estate io riemergevo strizzando gli occhi e lei era là, costume a fiori, pelle bianchissima e il gesto a me sola comprensibile: le braccia tese davanti al corpo, il lento movimento alternato delle mani su e giù. Su e giù, Maria Vergine. Le pinne del sub.
In settembre mi iscrissero ai corsi di nuoto della piscina comunale.
Amavo nuotare: mi riconoscevo nella grazia paffuta delle foche viste in un documentario alla tv, mi piaceva scivolare sott’acqua con gli occhi fissi sul fondo geometrico della piscina e le orecchie piene di rumori e di voci distanti.
Poi riemergevo sbuffando e cercavo Antonia con lo sguardo. La vedevo – seduta sulle gradinate, il mio accappatoio sulle ginocchia, la borsa e l’ombrello accanto ai piedi – concentrata nella lettura di Oggi o Gente. Tranquilla, alle prese con i dolori di regine tristi e cantanti affranti.
– Maria Vergine che labbri blu, te me par un cadavere.
– E il sub, nonna, eh?
– Mai più visto.
– E le ossa?
– Conchiglie.
– Gli occhi?
– Perline.
– E il sangue?
– Metti su l’accappatoio, svelta.
Il sub non fu mai trovato. Sbiadì, si disfece, come nei miei sogni acquatici dove ormai si allontanava lasciandomi risalire veloce in superficie: conchiglie le sue ossa, i suoi occhi perle. Non faceva paura. Quasi più paura. Quasi.
– Nonna, il sangue?
Ma avevo già capito, e mi mordevo le labbra fredde.
– Il sangue, dappertutto.
Il sub era diventato il mare.
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mercoledì, luglio 19, 2006
Il chihuahua di Pavlov
Parliamo dei turisti israeliani, una giovane coppia con bambina piccola.
Mattino, spiaggia, silenzio. Sto leggendo un libro. Arrivano, si sistemano, portano la bambina a fare il bagno, la asciugano, le cambiano pannolino e costume. Tutto normale.
Poi tirano fuori il cibo. E impazziscono.
– Tarattatatà, canta lei.
– Chihuahua, fa lui.
– Tarattatatà!
– Chihuahua!
E vanno avanti a urlare così per un bel po', raggiungendo l'apice con un "Chihuahua!" trionfale, che lascia a bocca aperta sia me sia la bambina: letteralmente, perché lo stupore dell'infanta è tale che gli sciagurati riescono a scaraventarle in bocca un cucchiaio pieno di poltiglia che immagino essere un immondo manzo-banana o mela-nasello.
Poi ricominciano:
– Tarattatatà!
– Chihuahua!
Il cannoneggiamento va avanti per una decina di minuti, e si verifica con esasperante puntualità a ogni pasto. La creatura a diciott'anni saliverà ancora come il cane di Pavlov, quando le capiterà di ascoltare quella canzonetta.
Mattino, spiaggia, silenzio. Sto leggendo un libro. Arrivano, si sistemano, portano la bambina a fare il bagno, la asciugano, le cambiano pannolino e costume. Tutto normale.
Poi tirano fuori il cibo. E impazziscono.
– Tarattatatà, canta lei.
– Chihuahua, fa lui.
– Tarattatatà!
– Chihuahua!
E vanno avanti a urlare così per un bel po', raggiungendo l'apice con un "Chihuahua!" trionfale, che lascia a bocca aperta sia me sia la bambina: letteralmente, perché lo stupore dell'infanta è tale che gli sciagurati riescono a scaraventarle in bocca un cucchiaio pieno di poltiglia che immagino essere un immondo manzo-banana o mela-nasello.
Poi ricominciano:
– Tarattatatà!
– Chihuahua!
Il cannoneggiamento va avanti per una decina di minuti, e si verifica con esasperante puntualità a ogni pasto. La creatura a diciott'anni saliverà ancora come il cane di Pavlov, quando le capiterà di ascoltare quella canzonetta.
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lunedì, luglio 17, 2006
La generazione perduta del clic-clac
Lo credevo pietosamente sepolto con le altre trovate entusiasmanti ma indiscutibilmente autodistruttive degli anni Settanta. E invece rieccolo: è il clic-clac, il passatempo autolesionista costituito da due palline di plastica grandi quanto l'occhio del Mullah Omar, tenute insieme da uno spago. Al centro dello spago, un anello nel quale infilare le dita. Le palline oscillano, si scontrano, oscillano, prendono slancio, tracciano un angolo di 180 gradi e si scontrano dalla parte opposta. Sempre che tutto vada come deve andare, e non sfuggano di mano per andare a colpire l'ignaro passante a sua volta assorbito nell'affascinante e frustrante ricerca del moto perpetuo.
Il clic-clac impazzava all'epoca della mia infanzia nelle nostre località balneari, dove adulti e bambini si cimentavano in competizioni dementi: era la sagra dell'ematoma, l'apoteosi della contusione irresponsabile. Quanti pianisti, quanti neurochirurghi, quanti mastri orologiai (beh), quanti sublimi amanuensi (insomma) che avrebbero potuto essere e non furono mai: è la generazione perduta del clic-clac.
Io ne possedevo uno da gara, palline verde acido arricchite di piombo, anello di plastica tagliente, spago abrasivo. Faceva malissimo.
Qui il clic-clac prospera, a grappoli colorati, sulle bancarelle del lungomare: la sera è tutto uno schioccare crudele come di nacchere e un gemere prolungato. Rassegnata, ascolto quel toc-toc-toctoc-toctoctoctoc in attesa del breve silenzio che segue, quando le palline si fermano – perché sempre si fermano – e ricadono spietatamente sulle mani intrappolate dallo spago.
Poi, l'urlo.
Domani torno, forse.
Il clic-clac impazzava all'epoca della mia infanzia nelle nostre località balneari, dove adulti e bambini si cimentavano in competizioni dementi: era la sagra dell'ematoma, l'apoteosi della contusione irresponsabile. Quanti pianisti, quanti neurochirurghi, quanti mastri orologiai (beh), quanti sublimi amanuensi (insomma) che avrebbero potuto essere e non furono mai: è la generazione perduta del clic-clac.
Io ne possedevo uno da gara, palline verde acido arricchite di piombo, anello di plastica tagliente, spago abrasivo. Faceva malissimo.
Qui il clic-clac prospera, a grappoli colorati, sulle bancarelle del lungomare: la sera è tutto uno schioccare crudele come di nacchere e un gemere prolungato. Rassegnata, ascolto quel toc-toc-toctoc-toctoctoctoc in attesa del breve silenzio che segue, quando le palline si fermano – perché sempre si fermano – e ricadono spietatamente sulle mani intrappolate dallo spago.
Poi, l'urlo.
Domani torno, forse.
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venerdì, luglio 14, 2006
Strani compagni di scoglio
Per compensarmi del fatto che qui l'unico quotidiano disponibile a parte la Gazzetta e il Giornale è il Corriere della Sera, il destino ha voluto che come compagno di scoglio mi toccasse il sosia perfetto di Bill Murray, ingentilito da bermuda fucsia a fiori bianchi, occhiali scuri e maglietta nera con scritta "New Age Gym" sul dorso.
Lo osservo togliersi la maglietta, saggiare con aria smarrita la temperatura dell'acqua, giocherellare con il cordoncino del costume e infine immergersi con grazia dinoccolata.
Da lontano la moglie gli urla:
– Ma Giorgio, l'orologio!
Troppo tardi.
Spero che non parta domani. Ne avrò bisogno, con la Juve in C.
Lo osservo togliersi la maglietta, saggiare con aria smarrita la temperatura dell'acqua, giocherellare con il cordoncino del costume e infine immergersi con grazia dinoccolata.
Da lontano la moglie gli urla:
– Ma Giorgio, l'orologio!
Troppo tardi.
Spero che non parta domani. Ne avrò bisogno, con la Juve in C.
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giovedì, luglio 13, 2006
La Signora e il Neo
Da queste parti il terrorizzante oggetto del desiderio dei villeggianti sembra essere un modesto chiosco di legno sul lungomare con la scritta "Fast Food". A condurlo e a gestire graziosamente le relazioni con il pubblico è la Signora con il Neo. Il Neo sta sotto la guancia sinistra, è grande come una Golia e sembra governare come una piccola massa pensante le espressioni (più o meno cupe, più o meno contrariate) che si alternano sul volto della Signora.
La Signora del Neo è quasi sempre di malumore, e gode di un carisma da giustiziera: all'impressione generale contribuiscono lo stuzzicadenti che continua a spostare da un angolo all'altro della bocca e uno sguardo da Dirty Harry. Questa donna in una vita precedente mandava avanti con mano ferma un saloon, anche se in molti l'avrebbero preferita nei panni dello sceriffo per il suo spietato senso della giustizia.
La sua vittima-tipo è il maschio italiano sui trent'anni, settentrionale, bermuda lungo fino al ginocchio ma più frequentemente parigamba attillato. Sandali che probabilmente tra sé e sé si ostina a chiamare "tecnici". Nove volte su dieci porta il pizzetto.
Parigamba si avvicina al chiosco. Esita, sta per arretrare. Troppo tardi, la Signora e il Neo lo stanno già fissando, lo stuzzicadenti migra pigramente verso destra.
– Mi dica.
– Vorrei un panino.
Male, malissimo.
– Panin? Panin co cosa? Prsut, prsut co formagio, panin co cotoleta, sendvich, amburga, cisburga, hodog...
– Eh.
– Decidere!
– Ma.
– Decidere, prego!
– Un hamburger, grazie.
Risposta giusta.
Placati, la Signora e il Neo si voltano verso lo chef-marito-tuttofare:
– Elvino, un panin co polpeta!
Non ci crederete, ma c'è sempre la fila.
La Signora del Neo è quasi sempre di malumore, e gode di un carisma da giustiziera: all'impressione generale contribuiscono lo stuzzicadenti che continua a spostare da un angolo all'altro della bocca e uno sguardo da Dirty Harry. Questa donna in una vita precedente mandava avanti con mano ferma un saloon, anche se in molti l'avrebbero preferita nei panni dello sceriffo per il suo spietato senso della giustizia.
La sua vittima-tipo è il maschio italiano sui trent'anni, settentrionale, bermuda lungo fino al ginocchio ma più frequentemente parigamba attillato. Sandali che probabilmente tra sé e sé si ostina a chiamare "tecnici". Nove volte su dieci porta il pizzetto.
Parigamba si avvicina al chiosco. Esita, sta per arretrare. Troppo tardi, la Signora e il Neo lo stanno già fissando, lo stuzzicadenti migra pigramente verso destra.
– Mi dica.
– Vorrei un panino.
Male, malissimo.
– Panin? Panin co cosa? Prsut, prsut co formagio, panin co cotoleta, sendvich, amburga, cisburga, hodog...
– Eh.
– Decidere!
– Ma.
– Decidere, prego!
– Un hamburger, grazie.
Risposta giusta.
Placati, la Signora e il Neo si voltano verso lo chef-marito-tuttofare:
– Elvino, un panin co polpeta!
Non ci crederete, ma c'è sempre la fila.
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lunedì, luglio 10, 2006
Keep it up - 12 punti
Dovrei dire che stacco per poco più di una settimana e baciare e abbracciare tutti. Però su questo blog non si sa mai cosa succede.
Riassumendo:
1. Sono felice.
2. Vi bacio tutti.
3. Con Gattusino ho un transfert non da poco.
4. La sera della semifinale avevo avuto Il Segno: strade ormai completamente deserte, fermo all'incrocio davanti a me uno su una vecchia Cinquecento, tettuccio aperto e bandiera sventolante. Ci siamo fissati per una decina di secondi, poi ha sgommato e ha ripreso il giro dell'isolato. Mi è tornato in mente mio padre, e ho capito che la Cinquecento era tornata per farci vincere la finale, stavolta (ripetizione con variazione). Nota: l'ho rivisto ieri sera, si ricordava anche lui perché mi ha salutata agitando la mano dal tettuccio. Pensavate che adesso avessi le visioni, vero?
5. Ho un simpatico ritorno del rimosso che sta prendendo pieghe strane.
6. Parlo con le piastrelle del bagno e con le macchie sui muri.
7. La novità è che le piastrelle e le macchie mi rispondono.
8. Posterò, commenterò, leggerò la posta. Probabilmente.
9. Il signor G. è tra le braccia ansiose e amorevoli di mammamir.
10. Vi lascio una cosa sulla Palestina e poi interrogo.
11. Ribacio e riabbraccio tutti, quattro volte campionesse e campioni.
12. Ci sentiamo da lì.
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domenica, luglio 09, 2006
Sei punti facili facili
1. Melone, pesche, albicocche, uva nera, arancia, succo di limone, chiodi di garofano, vino rosso dal gusto fruttato, un po' di cognac. Io mi sento di metterci anche la gazzosa. Poi dico a voce alta perché sentano tutti che "con la gazzosa ho abbondato". Infine, a mano a mano che le caraffe si svuotano, rabbocco con altro vino. È la mia sangria da mondiali, fa perdere i sensi ma con stile, e non prima di aver intonato tutti insieme il mantra "Gattuso bellebravo".
2. La sera della semifinale, venti minuti prima dell'inno, mentre gli amici confluivano fiduciosi a casa mia mi è venuto in mente di andare a prendere i gelati. Sono uscita zampettando sulle zeppe da dieci centimetri (da qualche giorno ho perso di vista gli infradito-quota zero) limitandomi a mandare un sms: "esco a prendere i gelati, aspettatemi sotto casa". Ho trovato la fila. C'era anche un criminale che voleva tre banana split e due spaghetti eis. Ho mandato un sms: "ho otto persone davanti, ce la faccio".
Nervosismo. F. è venuto a cercarmi in macchina. Mi ha anche intravista, sulla traiettoria di rientro; dice però che a un certo punto gli sono scomparsa dal radar. Abbiamo giocato a pacman per un po' mentre io uscivo dallo schermo per rientrare dall'altra parte inanellando sensi unici.
Intanto andava l'inno. Quello se lo sono persi. Non io, che passando davanti a un bar con il maxischermo ho pensato bene di fermarmi quel mezzo minuto a studiare a bocca aperta l'espressione (convinta, meno convinta, aggressiva, meno aggressiva) dei nostri undici. Questo però a F. non l'ho detto.
Durante il primo tempo lo sentivo borbottare: "'sta pazza!" e "anche l'inseguimento!"
Ha portato bene; quasi quasi stasera lo rifaccio, il numero della lepre.
3. Le finali mi rendono vulnerabile. Nel Bar Da Teo sotto casa, quello frequentato da uno zoccolo duro di omenati baffuti con i capelli (grigi) lunghi e con il gilet di pelle sopra la t-shirt, hanno esagerato con gli anni Settanta: quando sono arrivati a "A Whiter Shade of Pale" sono crollata, a "Penny Lane" ero un mucchietto di ossa e lacrime. Tra oggi e domani comincerò a piangere e a dirvi quanto vi voglio bene: tutto normale, fa parte del decorso mondiali (se mi chiamano Piangina Boobie ci sarà un motivo).
4. Dal racconto di D., in agitazione da notte prima della partita e disturbata da un gruppo di trasfertisti polacchi:
– Alle due cantavano a squarciagola, e nessuno reagiva. Ho dovuto sistemarli io.
– Che hai fatto?
– Voce da prof: "Signori, la festa è finita! Avete 1 minuto per chiudere altrimenti chiamo la polizia e ve ne tornate a casa". E col dito segnavo 1 minuto.
– Ma sei un arbitro, sei.
– Uno ha anche detto "Scusa, buonanotte". E io, con il dito alzato: "Ricorda, 1 minuto".
– Non oso chiederti quale dito.
5. Vai, Gattusino, vai.
6. Intanto, su Google:
La mia ipotesi: slip bianchi con sobri disegnini raffiguranti tibie e peroni; sul retro, la scritta "campioni", in Palatino corpo 24.
[Credits: nella foto beneaugurante, il favoloso Mik]
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sabato, luglio 08, 2006
Gattusology
Non vi dico nulla: voi sapete chi merita un voto nel sondaggio di Repubblica.
(ci si prova sempre)
"The hard man of the midfield, the terrier, the spoiler, the warrior", secondo il Guardian. È lui.
Anche oggi il gattusometro è al 100%, stabile.
(ci si prova sempre)
"The hard man of the midfield, the terrier, the spoiler, the warrior", secondo il Guardian. È lui.
Anche oggi il gattusometro è al 100%, stabile.
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venerdì, luglio 07, 2006
Marina, la tarantola sasìna
Nella mia vita c'è stata una persona che mi ha insegnato più cose di tutti, e tutte rigorosamente sbagliate: Antonia.
Lei c'era sempre. C'era anche quando mamma e papà per dare una svolta decisiva alla mia vita mi iscrissero a un corso pomeridiano di inglese, certi che fosse la lingua del futuro: mi ci accompagnava lei.
– Sì ma cosa serve l'inglese.
– Serve.
– Ma fa schifo.
– Eh, schifo l'inglese. Son altre le cose che fa schifo.
– I vermi fa schifo.
– I sputi.
– Le pantegane.
– I scorpioni.
– Le scovazze.
L'elenco era già piuttosto lungo quando ci fermammo davanti al portone della scuola.
– Dove vai mentre io sono a lezione?
– Alla Standa.
– Mi compri un gioco che fa schifo?
– Se lo trovo.
Così, mentre io cantavo in coro con altri disgraziati "ui olìv ine ielo sotmarin, ielo sotmarin, ielo sotmarin", Antonia sostava pensosamente nel reparto giocattoli, interrogandosi sul significato di schifo.
– E allora, comprato?
– Sì sì.
– Ce l'hai?
– Ce l'ho in borsa.
– Fa tanto schifo?
– Ho paura di sì.
A casa, dalla borsa di cerata a quadri rossi spuntarono due deludenti scatoline di cartone.
– Gambaletti blu?
– No, aspetta.
Sbucò anche un sacchetto di plastica pieno di una cosa gommosa e nera, indefinibile.
– Cos'è!
– C'è scritto tarantola gigante, sarà un ragnone peloso.
– Uah, Madonna, e come lo chiamiamo.
– Marina, la tarantola sasìna.
– Apriamolo!
Aprimmo. Tutta quella gomma compressa cominciò a muoversi e a uscire dal sacchetto. Prese anche a ingrandirsi spiacevolmente.
– Oh!
– Oh! Come cresce, pensavo più piccolo.
– Ah che schifo, buttalo buttalo per terra.
– Che brutta roba.
– Orco, nonna, cos'hai comprato.
– Sembra vivo, Maria santa.
– È diventato grande.
– Si muove, salta.
– Nonna, adesso viene per di qua.
– Maria vergine, che schifo.
– Nonna, fa' qualcosa.
– Aspetta qua. Salta sulla sedia.
Andò a prendere scopa e paletta e con evidente raccapriccio, cercando di non guardare, raccolse la massa in movimento.
– Chiudi gli occhi sennò ti sogni!
– Chiudo, chiudo, ma tu portalo via.
– Eh, portarlo via...
– Fatto?
– Fatto.
– Faceva tanto schifo.
– Ah sì. Adesso ci facciamo un cacao con la panna e poi tiriamo fuori la dama.
Antonia barava, a dama. Stava vincendo la terza partita, muovendo le sue pedine su percorsi arbitrari, quando sentimmo aprire la porta di casa.
– Ciao mami!
– Ciao, tutto bene?
– Bene.
– Inglese?
– Ielo sotmarin.
– Ancora?
– Sì sì.
– Brava.
La sentimmo salire in camera, scendere, entrare in cucina, aprire il frigorifero.
– Dove l'hai buttato il robo, nonna?
– Nelle scovazze.
Ci guardammo negli occhi, preparando un'espressione mite e assorta: nonna e nipotina intente a giocare a dama, nella luce fioca del crepuscolo invernale.
– Mangio, mangio, mangio.
– Ma non puoi mangiare così!
– Mi pare che hai perso ancora.
– Sì, ma...
– Come fa? Ui olìv...
– ine ielo sotmarin...
Dalla cucina, un urlo come quelli delle attrici nei film di paura, quando aprono la bocca, la coprono con il dorso della mano aperta e spalancano gli occhi. L'urlo disperato poco prima di perdere i sensi.
– ... ielo sotmarin.
– Ielo sotmarin.
Da allora me la cavai inaspettatamente bene con l'inglese, che cominciò a piacermi, e trascurai del tutto le tarantole. Marina si trasformò presto in un grumo di gomma fusa, per tornare di tanto in tanto nei miei incubi dell'alba. Mia madre sviluppò un'improvvisa fobia per i ragni, dai più ritenuta inspiegabile. Antonia continuò a barare a dama, e a vincere.
Lei c'era sempre. C'era anche quando mamma e papà per dare una svolta decisiva alla mia vita mi iscrissero a un corso pomeridiano di inglese, certi che fosse la lingua del futuro: mi ci accompagnava lei.
– Sì ma cosa serve l'inglese.
– Serve.
– Ma fa schifo.
– Eh, schifo l'inglese. Son altre le cose che fa schifo.
– I vermi fa schifo.
– I sputi.
– Le pantegane.
– I scorpioni.
– Le scovazze.
L'elenco era già piuttosto lungo quando ci fermammo davanti al portone della scuola.
– Dove vai mentre io sono a lezione?
– Alla Standa.
– Mi compri un gioco che fa schifo?
– Se lo trovo.
Così, mentre io cantavo in coro con altri disgraziati "ui olìv ine ielo sotmarin, ielo sotmarin, ielo sotmarin", Antonia sostava pensosamente nel reparto giocattoli, interrogandosi sul significato di schifo.
– E allora, comprato?
– Sì sì.
– Ce l'hai?
– Ce l'ho in borsa.
– Fa tanto schifo?
– Ho paura di sì.
A casa, dalla borsa di cerata a quadri rossi spuntarono due deludenti scatoline di cartone.
– Gambaletti blu?
– No, aspetta.
Sbucò anche un sacchetto di plastica pieno di una cosa gommosa e nera, indefinibile.
– Cos'è!
– C'è scritto tarantola gigante, sarà un ragnone peloso.
– Uah, Madonna, e come lo chiamiamo.
– Marina, la tarantola sasìna.
– Apriamolo!
Aprimmo. Tutta quella gomma compressa cominciò a muoversi e a uscire dal sacchetto. Prese anche a ingrandirsi spiacevolmente.
– Oh!
– Oh! Come cresce, pensavo più piccolo.
– Ah che schifo, buttalo buttalo per terra.
– Che brutta roba.
– Orco, nonna, cos'hai comprato.
– Sembra vivo, Maria santa.
– È diventato grande.
– Si muove, salta.
– Nonna, adesso viene per di qua.
– Maria vergine, che schifo.
– Nonna, fa' qualcosa.
– Aspetta qua. Salta sulla sedia.
Andò a prendere scopa e paletta e con evidente raccapriccio, cercando di non guardare, raccolse la massa in movimento.
– Chiudi gli occhi sennò ti sogni!
– Chiudo, chiudo, ma tu portalo via.
– Eh, portarlo via...
– Fatto?
– Fatto.
– Faceva tanto schifo.
– Ah sì. Adesso ci facciamo un cacao con la panna e poi tiriamo fuori la dama.
Antonia barava, a dama. Stava vincendo la terza partita, muovendo le sue pedine su percorsi arbitrari, quando sentimmo aprire la porta di casa.
– Ciao mami!
– Ciao, tutto bene?
– Bene.
– Inglese?
– Ielo sotmarin.
– Ancora?
– Sì sì.
– Brava.
La sentimmo salire in camera, scendere, entrare in cucina, aprire il frigorifero.
– Dove l'hai buttato il robo, nonna?
– Nelle scovazze.
Ci guardammo negli occhi, preparando un'espressione mite e assorta: nonna e nipotina intente a giocare a dama, nella luce fioca del crepuscolo invernale.
– Mangio, mangio, mangio.
– Ma non puoi mangiare così!
– Mi pare che hai perso ancora.
– Sì, ma...
– Come fa? Ui olìv...
– ine ielo sotmarin...
Dalla cucina, un urlo come quelli delle attrici nei film di paura, quando aprono la bocca, la coprono con il dorso della mano aperta e spalancano gli occhi. L'urlo disperato poco prima di perdere i sensi.
– ... ielo sotmarin.
– Ielo sotmarin.
Da allora me la cavai inaspettatamente bene con l'inglese, che cominciò a piacermi, e trascurai del tutto le tarantole. Marina si trasformò presto in un grumo di gomma fusa, per tornare di tanto in tanto nei miei incubi dell'alba. Mia madre sviluppò un'improvvisa fobia per i ragni, dai più ritenuta inspiegabile. Antonia continuò a barare a dama, e a vincere.
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giovedì, luglio 06, 2006
Codice verde in famigliamir
Che non si dica che in famigliamir ci si risparmia davanti a un gol di Del Piero.
Referto medico:
Mentre esultava per la vittoria della nazionale italiana ai mondiali di calcio trauma distorsivo del primo dito piede sin. Da allora dolore (al dito) ed ecchimosi.
20 giorni di prognosi.
Compagne e compagni, vi presento fratellobbuono. Se vedete uno alto, magro, abbracciabile al 98%, che zoppica per Milano zona Loreto/viale Monza con una scarpa da ginnastica tagliata (la sua personale intepretazione della raccomandazione "indossare calzature aperte"), baciatelo per me.
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mercoledì, luglio 05, 2006
Chi l'ha vista
Sms di mia madre in gita, a questo punto non so dove (notare il vago sapore esterofilo):
"Entriamo da Pulfaro Italy. Baci mamma"
Google Earth deve farne, di strada.
"Entriamo da Pulfaro Italy. Baci mamma"
Google Earth deve farne, di strada.
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Respect
– No, madonna, dentro Del Piero.
– Noooo.
– È finita.
– Sentite un attimo. Del Piero, stagione 1997-98. Respect.
[Silenzio. Mi fissano diverse paia di occhi tra lo sbalordito e l'ostile.]
– Fanno otto anni fa.
E adesso io, Ales e anche il passero esigiamo delle scuse.
Gattusometro oltre i limiti consentiti, oggi.
– Noooo.
– È finita.
– Sentite un attimo. Del Piero, stagione 1997-98. Respect.
[Silenzio. Mi fissano diverse paia di occhi tra lo sbalordito e l'ostile.]
– Fanno otto anni fa.
E adesso io, Ales e anche il passero esigiamo delle scuse.
Gattusometro oltre i limiti consentiti, oggi.
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martedì, luglio 04, 2006
L'ibrida
– Papà, scusa, c'è un motivo per cui stiamo andando a 5 chilometri all'ora?
– Siamo a cinquanta giusti, c'è il limite.
– Ah.
– Ma sei, eh. Mi ritirano la patente e poi mi tocca andare al mare con l'auto elettrica.
– Ok.
– E se te la devo dire tutta, mi sembra anche che uno mi abbia fatto un segnale con i lampeggianti.
– Eh come no. Non incrociamo una macchina da un quarto d'ora.
– Tu sai come funziona l'ibrida?
– No.
– Te lo spiego?
– No.
– Ha un motore a benzina e un motore elettrico che aiuta il motore a benzina a spingere e fa anche da generatore per ricaricare le batterie. E anche altre cose.
– Si risparmia?
– Non poi tanto.
– Andando a cinque chilometri all'ora ci basterebbe il motorino elettrico, però. A pile ricaricabili, anche. A molla, forse.
– Lina, nostra figlia è deficiente. E tu, hai capito cos'è l'ibrida?
– Sì, bicolore, come la Lancia del figlio della Ines.
– Mamma.
– Voi pensate sempre che non stia ad ascoltare.
– Siamo a cinquanta giusti, c'è il limite.
– Ah.
– Ma sei, eh. Mi ritirano la patente e poi mi tocca andare al mare con l'auto elettrica.
– Ok.
– E se te la devo dire tutta, mi sembra anche che uno mi abbia fatto un segnale con i lampeggianti.
– Eh come no. Non incrociamo una macchina da un quarto d'ora.
– Tu sai come funziona l'ibrida?
– No.
– Te lo spiego?
– No.
– Ha un motore a benzina e un motore elettrico che aiuta il motore a benzina a spingere e fa anche da generatore per ricaricare le batterie. E anche altre cose.
– Si risparmia?
– Non poi tanto.
– Andando a cinque chilometri all'ora ci basterebbe il motorino elettrico, però. A pile ricaricabili, anche. A molla, forse.
– Lina, nostra figlia è deficiente. E tu, hai capito cos'è l'ibrida?
– Sì, bicolore, come la Lancia del figlio della Ines.
– Mamma.
– Voi pensate sempre che non stia ad ascoltare.
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lunedì, luglio 03, 2006
Non tutto il male vien per suocere
"Sono appena tornato da un viaggio di piacere: ho accompagnato mia suocera all'aeroporto".
Henny Youngman
Di tutto questo potremo ridere, un giorno. Forse anche questo pomeriggio.
Mia suocera è logorroica. Non semplicemente molto chiacchierona, no: l'ho sentita parlare anche in bagno, in completa solitudine. E non declamava versi, parlava con il coperchio del water.
(Prego visualizzare me - lampeggia la scritta "drammatizzazione" - con l'orecchio appoggiato alla porta del bagno, manine a ventosa, mentre suocera dice: "Su, stai su, avanti, cosa ti prende". Fine della drammatizzazione).
Gli argomenti di mia suocera sono ripetitivi e normalmente autoriferiti: vanno dall'infanzia ai mobili svedesi, dalle cadute dal fasciatoio dei figli neonati allo scriteriato acquisto di un tecnigrafo (pena e sventura, pena e sventura) per il wannabe architetto di famiglia, dalla confusa mappa alimentare dei congiunti e dei loro partner (per esempio, fratellobbuono non mangia più la pizza marinara da almeno quindici anni, ma la cosa non è stata ancora registrata nella costellazione familiare) alla descrizione burocratica di travagli e parti, con lunghe divagazioni sulla sfortuna e la tristezza di non avere figlie femmine.
Mio padre, al secondo incontro, si trovò costretto dalle regole della buona educazione a darle un passaggio in macchina. Fu la mezz'ora d'autostrada più lunga della sua vita: in confronto il viaggio spazio-tempo di Bowman era una gita a Posillipo con l'aggiunta di qualche modesto effetto speciale. "Allora, papà, com'è andata?" "Bene. Ore 10.30, lezione di ginecologia". Ormai sarebbe in grado di gestirsi un podalico.
Ora, per un'imprevedibile scherzo del copriletto della sua camera d'albergo in Sardegna la sera dell'ultimo giorno di vacanza mia suocera è inciampata, è spettacolarmente caduta e si è fratturata la quarta vertebra lombare.
Vi risparmio le vicende alterne delle impegnative spoglie: ospedale a Nuoro, ambulanza a Olbia, aereo per Malpensa, ambulanza, ospedale alla periferia di Milano. I tempi sono stati così rapidi da indurre a pensare che per sveltire le pratiche ella sia stata semplicemente dichiarata persona non grata nella natzione sarda. Si mormora che le vicine di letto abbiano festeggiato con un'offerta sontuosa alla Madonna dei Martiri, con uno spettacolo pirotecnico e con il concerto sotto le stelle di un sosia di Fred Bongusto.
A chi legge, tutto questo sembrerà moderatamente semplice, ma durante le sue vicissitudini vertebrali mia suocera parlava. Parlava tanto che la Tac è venuta male. È riuscita perfino a convincere il personale dell'ambulanza a una deviazione: "Mi scusino, ma mio marito ha dimenticato il cellulare in albergo e adesso sta già all'aeroporto. A questo proposito, non so se le ho già raccontato di mio figlio Luca, volevo dire Giovanni, volevo dire Alberto..." "Signora non si preoccupi eravamo quasi di strada". È riuscita a dettare al telefono le sue ultime volontà dalla sala partenze, dove giaceva imbarellata e imbustata come una faraona: "Perché adesso ci manca solo che cada l'aereo".
Poi, a Milano, la tragedia. Stanza linda e moderna, tutti i comfort, televisore, telefono diretto. Ma nessuna vicina di letto. (Visualizzare mia suocera in posizione forzatamente orizzontale che fissa con aria smarrita il vuoto giaciglio accanto al suo e che tenta timide conversazioni con il telecomando).
Tre giorni fa, la svolta. Fa la sua comparsa La Vicina di Letto, l'idealtipo della donna sofferente ma coraggiosa con cui condividere finalmente i mille piccoli disturbi, le foto delle tragiche vacanze a Orosei e i pregi e i difetti della nuora evoluta e comunista, quella che "scrive anche su un block".
Appena entrato nella cameretta for two, fratellobbuono si accorge subito che qualcosa non va: mamma insolitamente zitta e vistosamente agitata. Lo vede, e prende a fare gesti ampi e incomprensibili, in un'estasi di cenni e ammiccamenti.
"Mamma? Quante parole? E congiunzioni?"
Gesti, cenni, nervosismo.
"Mettiamoci almeno d'accordo: film o libro?"
Cos'è il genio, cos'è l'istinto, a questo punto cos'è il karma: la Vicina di Letto è sordomuta.
E mia suocera, che avrebbe potuto trillare con voce da soprano "La signora non parla e non ci sente!", ha preferito mimare la propria disperazione con la stucchevole grazia di un clown triste.
Oggi, al telefono, mi ha detto: "Con la vicina non c'è male, mi intendo a gesti, così". Voglio vederla, a mimare le emorroidi di Tina o il mestiere del moroso della figlia di Pia o la disgraziata faccenda del tecnigrafo.
Poi ha aggiunto, inquietante: "Te, è come se ti avessi sempre davanti".
Comincerò a preoccuparmi quando chiederà un set di freccette in tungsteno.
[Disclaimer: ogni riferimento a fatti, persone o luoghi reali è puramente casuale. Si ringrazia il personale del reparto di radiologia per le amorose cure prestate alla paziente e (beh, sì) per il senso dell'umorismo]
Henny Youngman
Di tutto questo potremo ridere, un giorno. Forse anche questo pomeriggio.
Mia suocera è logorroica. Non semplicemente molto chiacchierona, no: l'ho sentita parlare anche in bagno, in completa solitudine. E non declamava versi, parlava con il coperchio del water.
(Prego visualizzare me - lampeggia la scritta "drammatizzazione" - con l'orecchio appoggiato alla porta del bagno, manine a ventosa, mentre suocera dice: "Su, stai su, avanti, cosa ti prende". Fine della drammatizzazione).
Gli argomenti di mia suocera sono ripetitivi e normalmente autoriferiti: vanno dall'infanzia ai mobili svedesi, dalle cadute dal fasciatoio dei figli neonati allo scriteriato acquisto di un tecnigrafo (pena e sventura, pena e sventura) per il wannabe architetto di famiglia, dalla confusa mappa alimentare dei congiunti e dei loro partner (per esempio, fratellobbuono non mangia più la pizza marinara da almeno quindici anni, ma la cosa non è stata ancora registrata nella costellazione familiare) alla descrizione burocratica di travagli e parti, con lunghe divagazioni sulla sfortuna e la tristezza di non avere figlie femmine.
Mio padre, al secondo incontro, si trovò costretto dalle regole della buona educazione a darle un passaggio in macchina. Fu la mezz'ora d'autostrada più lunga della sua vita: in confronto il viaggio spazio-tempo di Bowman era una gita a Posillipo con l'aggiunta di qualche modesto effetto speciale. "Allora, papà, com'è andata?" "Bene. Ore 10.30, lezione di ginecologia". Ormai sarebbe in grado di gestirsi un podalico.
Ora, per un'imprevedibile scherzo del copriletto della sua camera d'albergo in Sardegna la sera dell'ultimo giorno di vacanza mia suocera è inciampata, è spettacolarmente caduta e si è fratturata la quarta vertebra lombare.
Vi risparmio le vicende alterne delle impegnative spoglie: ospedale a Nuoro, ambulanza a Olbia, aereo per Malpensa, ambulanza, ospedale alla periferia di Milano. I tempi sono stati così rapidi da indurre a pensare che per sveltire le pratiche ella sia stata semplicemente dichiarata persona non grata nella natzione sarda. Si mormora che le vicine di letto abbiano festeggiato con un'offerta sontuosa alla Madonna dei Martiri, con uno spettacolo pirotecnico e con il concerto sotto le stelle di un sosia di Fred Bongusto.
A chi legge, tutto questo sembrerà moderatamente semplice, ma durante le sue vicissitudini vertebrali mia suocera parlava. Parlava tanto che la Tac è venuta male. È riuscita perfino a convincere il personale dell'ambulanza a una deviazione: "Mi scusino, ma mio marito ha dimenticato il cellulare in albergo e adesso sta già all'aeroporto. A questo proposito, non so se le ho già raccontato di mio figlio Luca, volevo dire Giovanni, volevo dire Alberto..." "Signora non si preoccupi eravamo quasi di strada". È riuscita a dettare al telefono le sue ultime volontà dalla sala partenze, dove giaceva imbarellata e imbustata come una faraona: "Perché adesso ci manca solo che cada l'aereo".
Poi, a Milano, la tragedia. Stanza linda e moderna, tutti i comfort, televisore, telefono diretto. Ma nessuna vicina di letto. (Visualizzare mia suocera in posizione forzatamente orizzontale che fissa con aria smarrita il vuoto giaciglio accanto al suo e che tenta timide conversazioni con il telecomando).
Tre giorni fa, la svolta. Fa la sua comparsa La Vicina di Letto, l'idealtipo della donna sofferente ma coraggiosa con cui condividere finalmente i mille piccoli disturbi, le foto delle tragiche vacanze a Orosei e i pregi e i difetti della nuora evoluta e comunista, quella che "scrive anche su un block".
Appena entrato nella cameretta for two, fratellobbuono si accorge subito che qualcosa non va: mamma insolitamente zitta e vistosamente agitata. Lo vede, e prende a fare gesti ampi e incomprensibili, in un'estasi di cenni e ammiccamenti.
"Mamma? Quante parole? E congiunzioni?"
Gesti, cenni, nervosismo.
"Mettiamoci almeno d'accordo: film o libro?"
Cos'è il genio, cos'è l'istinto, a questo punto cos'è il karma: la Vicina di Letto è sordomuta.
E mia suocera, che avrebbe potuto trillare con voce da soprano "La signora non parla e non ci sente!", ha preferito mimare la propria disperazione con la stucchevole grazia di un clown triste.
Oggi, al telefono, mi ha detto: "Con la vicina non c'è male, mi intendo a gesti, così". Voglio vederla, a mimare le emorroidi di Tina o il mestiere del moroso della figlia di Pia o la disgraziata faccenda del tecnigrafo.
Poi ha aggiunto, inquietante: "Te, è come se ti avessi sempre davanti".
Comincerò a preoccuparmi quando chiederà un set di freccette in tungsteno.
[Disclaimer: ogni riferimento a fatti, persone o luoghi reali è puramente casuale. Si ringrazia il personale del reparto di radiologia per le amorose cure prestate alla paziente e (beh, sì) per il senso dell'umorismo]
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domenica, luglio 02, 2006
Il gattusometro, oggi
Frase del giorno: "Il cartellino? Me lo mangio!"
Gennaro Gattuso, 2 luglio 2006.
Gattusometro*: 96%.
*(cito dalla definizione di Anna)
Gattusometro: raffinato strumento di alta tecnologia che mette insieme l'influenza di diverse variabili (lunghezza del capello, barba o no, sudato o no, occhietto luccicoso o cupo, divisa o tenuta borghese, tibia o omero in bocca, vicinanza della prossima partita, se sta giocando col Milan o con la Nazionale, ormone femminile, varie ed eventuali) per calcolare l'abbracciabilità del piccolo e ingenuo Ringhio.
Update fondamentale: e che non si dica che qua ci piace buttar via le domeniche. Tamas l'aveva detto, non l'ha fatto, ci siamo rimaste/i male, l'ha fatto, si è già pentito: gattusometro.blogspot.com, un'idea del cazzo, ma forse anche no.
Gennaro Gattuso, 2 luglio 2006.
Gattusometro*: 96%.
*(cito dalla definizione di Anna)
Gattusometro: raffinato strumento di alta tecnologia che mette insieme l'influenza di diverse variabili (lunghezza del capello, barba o no, sudato o no, occhietto luccicoso o cupo, divisa o tenuta borghese, tibia o omero in bocca, vicinanza della prossima partita, se sta giocando col Milan o con la Nazionale, ormone femminile, varie ed eventuali) per calcolare l'abbracciabilità del piccolo e ingenuo Ringhio.
Update fondamentale: e che non si dica che qua ci piace buttar via le domeniche. Tamas l'aveva detto, non l'ha fatto, ci siamo rimaste/i male, l'ha fatto, si è già pentito: gattusometro.blogspot.com, un'idea del cazzo, ma forse anche no.
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venerdì, giugno 30, 2006
Prepartita
– Ciao mamma.
– Oh ciao stiamo guardando Germania-Argentina.
– Ecco appunto: come sta andando?
– Supplementari.
– Ah.
– Comunque l'arbitro sta da quella parte là.
Al momento: toniometro 75%, gattusometro 95%.
– Oh ciao stiamo guardando Germania-Argentina.
– Ecco appunto: come sta andando?
– Supplementari.
– Ah.
– Comunque l'arbitro sta da quella parte là.
Al momento: toniometro 75%, gattusometro 95%.
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mercoledì, giugno 28, 2006
Mirumir LE/Ometti barbuti sempre piaciuti
1. Eddie ha ragione: "scuro, barba folta, impegnato nello sterminio di agnelli come propaganda anticristiana": Bruno era inconfondibilmente il braccio destro numero 54. Esperto in jihad valligiana, dicono gli esperti.
2. Bipedi astenersi. È sanguinario, veste il turbante nero più elegantemente del Mullah Omar, sa usare la mitragliatrice meglio di Big Al, è più fotogenico di Bin Laden, è un ciclotimico non da poco ("Per un po' può essere di buon umore, improvvisamente si incupisce e resta così per ore") e apparentemente una gamba gli basta e gli avanza. È il Mullah Dadullah Akhund, mi permetto di tenerlo d'occhio.
3. Dr Omar is in tha house. Il Mullah si è rifatto vivo, in un'audiocassetta trasmessa da una televisione privata. Solo perché abbiamo perso la capitale dell'Afghanistan non significa che noi talebani siamo finiti, ha detto. Poi ha lanciato la pubblicità di una scopa ruotante (sic) di ultima generazione e di un set di padelle in Nano-Flon.
4. È scuro, ha la barba folta, è aggressivo, per fortuna tiene due gambe. Oggi il gattusometro segna il 90%.
2. Bipedi astenersi. È sanguinario, veste il turbante nero più elegantemente del Mullah Omar, sa usare la mitragliatrice meglio di Big Al, è più fotogenico di Bin Laden, è un ciclotimico non da poco ("Per un po' può essere di buon umore, improvvisamente si incupisce e resta così per ore") e apparentemente una gamba gli basta e gli avanza. È il Mullah Dadullah Akhund, mi permetto di tenerlo d'occhio.
3. Dr Omar is in tha house. Il Mullah si è rifatto vivo, in un'audiocassetta trasmessa da una televisione privata. Solo perché abbiamo perso la capitale dell'Afghanistan non significa che noi talebani siamo finiti, ha detto. Poi ha lanciato la pubblicità di una scopa ruotante (sic) di ultima generazione e di un set di padelle in Nano-Flon.
4. È scuro, ha la barba folta, è aggressivo, per fortuna tiene due gambe. Oggi il gattusometro segna il 90%.
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lunedì, giugno 26, 2006
Lightblogging e regola estiva
Inauguro un breve periodo di lightblogging. Entra pertanto in vigore la mia unica regola estiva: "No leopardato, no rosa corallo. Parolacce, vediamo".
Quello che davvero mi preoccupa al momento è che ultimamente ho cominciato a trovare attraente Gattuso. Durante la partita contro la Repubblica Ceca mi sono anche sorpresa a mormorare: "Ma si è imbellito, o cosa? Più capelli, meno capelli? Più barba, meno barba? Cos'è? Il caldo?"
Oggi il gattusometro segna una percentuale di abbracciabilità dell'85%.
Probabilmente ho il transfert facile. Potrei aver bisogno di parlarne.
Quello che davvero mi preoccupa al momento è che ultimamente ho cominciato a trovare attraente Gattuso. Durante la partita contro la Repubblica Ceca mi sono anche sorpresa a mormorare: "Ma si è imbellito, o cosa? Più capelli, meno capelli? Più barba, meno barba? Cos'è? Il caldo?"
Oggi il gattusometro segna una percentuale di abbracciabilità dell'85%.
Probabilmente ho il transfert facile. Potrei aver bisogno di parlarne.
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sabato, giugno 24, 2006
Ezio l'Ufo
"Eine stillstehende Uhr hat doch täglich zweimal richtig gezeigt".
"Un orologio fermo fa pur sempre l'ora giusta due volte al giorno".
Marie Von Ebner-Eschenbach
(citata in Woody Allen, Anything Else)
– Ho visto Ezio, l'altro giorno.
– Poveretto.
– Io non me la ricordo bene, la storia di Ezio, ero troppo piccola quando ne ho sentito parlare per la prima volta. Vostro coetaneo, più o meno?
– Più giovane, l'età di tua zia.
– Ezio era strano fin da bambino. Sensibile e intelligente, ma strano.
– I nonni vivevano a Trieste.
– Poi la nonna è morta, il nonno era malato.
– E i genitori di Ezio lo portavano spesso dal nonno, perché gli tenesse compagnia. Si metteva accanto al letto, giocavano a carte...
– Leggevano...
– Una sera Ezio prende un'ascia. Avrà avuto quindici anni.
– E spacca la testa del nonno.
– Manicomio criminale, elettroshock, cliniche. Psichiatrico, poi legge Basaglia.
– Adesso vive con i genitori anziani, è figlio unico.
– Tutto bene. Loro si chiudono a chiave in camera, la sera.
– Da ragazzo era fissato con gli Ufo. Lo chiamavamo Ezio l'Ufo.
– Adesso invece ascolta Radio Maria.
– Poveretto.
– Credo che i suoi fossero consanguinei, il problema era lì.
– I nostri però non erano consanguinei, Elio, e neanch'io sono tanto normale.
– Me l'ha detto anche il dentista, ieri: "Suo fratello non è tanto normale, sa". Forse non dovresti chiamarlo dottor Živago.
– La somiglianza c'è. Comunque neanche i miei figli sono tanto tanto normali.
– Eh.
[Mi guardano. Zitti.]
– Papà, zio. Cazzo volete.
– Ezio ha sempre avuto la passione del volo. Ti ricordi, aveva quell'aereo che suo padre gli aveva saldato in fonderia...
– Sì, solo che ce lo tirava in testa. Aveva la passione degli aerei, ma anche delle teste. Per non parlare delle asce.
– Scusate, ma Ezio qualche volta esce di casa?
– Sì, ha anche un lavoretto in una comunità.
– Ah, e cosa fa?
– Lavora in una falegnameria.
– Tra tutti i lavori.
– Papà, a te capita di restare solo con lui?
– Sì. Parliamo, e poi lo aiuto a spostare le casse dello stereo. Le sposta di continuo.
– Certe volte chiede di quella scema di nostra sorella. Lei gli telefona apposta dicendogli che passerà a trovarlo, in realtà è per evitare che lui vada da lei.
– Che genio.
– Il genio della famiglia.
– Certe volte Ezio chiede anche di te: "Che intelligente, tua figlia", dice. "Che brava".
– Sì, capita che chieda di te.
– Ah.
– È un uomo in gamba, ma sfortunato. L'importante è che non ci siano in giro oggetti contundenti.
[Mi fissano.]
– Beh, io andrei. Ciao.
– Che fai stasera, sei sola?
– Sì.
– Chiudi bene la porta.
– Lo farò.
[Mi allontano. Quando mi volto a guardarli mi accorgo che mi stanno ancora fissando.]
– Ohi. Papà, zio.
– Eh.
– Se non date a Ezio il mio indirizzo è meglio, però.
– Ma no.
– Il tuo, figurati.
– Diceva sempre: "Com'è gentile vostra s-sorella, mi t-telefona spesso".
– E noi gli abbiamo dato quello della z-zia.
"Un orologio fermo fa pur sempre l'ora giusta due volte al giorno".
Marie Von Ebner-Eschenbach
(citata in Woody Allen, Anything Else)
– Ho visto Ezio, l'altro giorno.
– Poveretto.
– Io non me la ricordo bene, la storia di Ezio, ero troppo piccola quando ne ho sentito parlare per la prima volta. Vostro coetaneo, più o meno?
– Più giovane, l'età di tua zia.
– Ezio era strano fin da bambino. Sensibile e intelligente, ma strano.
– I nonni vivevano a Trieste.
– Poi la nonna è morta, il nonno era malato.
– E i genitori di Ezio lo portavano spesso dal nonno, perché gli tenesse compagnia. Si metteva accanto al letto, giocavano a carte...
– Leggevano...
– Una sera Ezio prende un'ascia. Avrà avuto quindici anni.
– E spacca la testa del nonno.
– Manicomio criminale, elettroshock, cliniche. Psichiatrico, poi legge Basaglia.
– Adesso vive con i genitori anziani, è figlio unico.
– Tutto bene. Loro si chiudono a chiave in camera, la sera.
– Da ragazzo era fissato con gli Ufo. Lo chiamavamo Ezio l'Ufo.
– Adesso invece ascolta Radio Maria.
– Poveretto.
– Credo che i suoi fossero consanguinei, il problema era lì.
– I nostri però non erano consanguinei, Elio, e neanch'io sono tanto normale.
– Me l'ha detto anche il dentista, ieri: "Suo fratello non è tanto normale, sa". Forse non dovresti chiamarlo dottor Živago.
– La somiglianza c'è. Comunque neanche i miei figli sono tanto tanto normali.
– Eh.
[Mi guardano. Zitti.]
– Papà, zio. Cazzo volete.
– Ezio ha sempre avuto la passione del volo. Ti ricordi, aveva quell'aereo che suo padre gli aveva saldato in fonderia...
– Sì, solo che ce lo tirava in testa. Aveva la passione degli aerei, ma anche delle teste. Per non parlare delle asce.
– Scusate, ma Ezio qualche volta esce di casa?
– Sì, ha anche un lavoretto in una comunità.
– Ah, e cosa fa?
– Lavora in una falegnameria.
– Tra tutti i lavori.
– Papà, a te capita di restare solo con lui?
– Sì. Parliamo, e poi lo aiuto a spostare le casse dello stereo. Le sposta di continuo.
– Certe volte chiede di quella scema di nostra sorella. Lei gli telefona apposta dicendogli che passerà a trovarlo, in realtà è per evitare che lui vada da lei.
– Che genio.
– Il genio della famiglia.
– Certe volte Ezio chiede anche di te: "Che intelligente, tua figlia", dice. "Che brava".
– Sì, capita che chieda di te.
– Ah.
– È un uomo in gamba, ma sfortunato. L'importante è che non ci siano in giro oggetti contundenti.
[Mi fissano.]
– Beh, io andrei. Ciao.
– Che fai stasera, sei sola?
– Sì.
– Chiudi bene la porta.
– Lo farò.
[Mi allontano. Quando mi volto a guardarli mi accorgo che mi stanno ancora fissando.]
– Ohi. Papà, zio.
– Eh.
– Se non date a Ezio il mio indirizzo è meglio, però.
– Ma no.
– Il tuo, figurati.
– Diceva sempre: "Com'è gentile vostra s-sorella, mi t-telefona spesso".
– E noi gli abbiamo dato quello della z-zia.
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giovedì, giugno 22, 2006
Come maltrattare Google e vivere felici/14
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Il Grande Backup
– Come scalda, questo portatile.
– Sì, sembra che tutti gli HP scaldino parecchio.
– Certo, solo che al tuo si è anche rotta la ventola.
Ecco cos'era il silenzio di certi pomeriggi, tra lo stormire dei tigli, il tubare delle tortore e gli echi del dolce idioma degli avventori del Bar Da Teo: una banale questione di ventola rotta.
Dunque pare che il mio portatile abbia deciso di reincarnarsi quanto prima in una poltiglia anaeroba: ha detto che il primo che arriva al Nirvana aspetta l'altro (come direbbe tonii, ci siamo entrambi formati sui manga; oltretutto, il povero notebook al Nirvana è convinto di arrivarci con le mappe di ViaMichelin). Sto facendo il Grande Backup, vorrei essere tenuta per mano. Adesso, e soprattutto quando staccherò la spina.
– Sì, sembra che tutti gli HP scaldino parecchio.
– Certo, solo che al tuo si è anche rotta la ventola.
Ecco cos'era il silenzio di certi pomeriggi, tra lo stormire dei tigli, il tubare delle tortore e gli echi del dolce idioma degli avventori del Bar Da Teo: una banale questione di ventola rotta.
Dunque pare che il mio portatile abbia deciso di reincarnarsi quanto prima in una poltiglia anaeroba: ha detto che il primo che arriva al Nirvana aspetta l'altro (come direbbe tonii, ci siamo entrambi formati sui manga; oltretutto, il povero notebook al Nirvana è convinto di arrivarci con le mappe di ViaMichelin). Sto facendo il Grande Backup, vorrei essere tenuta per mano. Adesso, e soprattutto quando staccherò la spina.
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mercoledì, giugno 21, 2006
Pericoloso esponente della guerriglia sciita n. 15346
"Blitz delle forze governative irachene, all'alba, nel quartiere Khadimiyah di Bagdad, dove è stato catturato uno dei più pericolosi esponenti della guerriglia sciita. Nouri Abu Haider Al Oqabi è considerato il capo di una "cellula dedita all'assassinio sistematico" nei confronti di chi viene ritenuto estraneo alla sua organizzazione".
Link.
Non so voi, ma io mi iscrivo subito alla loro mailing list.
Intanto, su segnalazione di Kerub e Cala annotiamo l'uccisione del bracciodestro numero 53 di al Zarqawi, lo sceicco Mansour: "esponente chiave", "tutte le prerogative per succedere a Zarqawi verso il comando, per via delle sue capacità di guida, l'esperienza militare e l'istruzione religiosa", "emiro spirituale". Il portavoce dell'esercito americano lo ha definito "multifunctional". In effetti si dice in giro che sapesse fare anche un ottimo caffè con la cremina.
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Non so voi, ma io mi iscrivo subito alla loro mailing list.
Intanto, su segnalazione di Kerub e Cala annotiamo l'uccisione del bracciodestro numero 53 di al Zarqawi, lo sceicco Mansour: "esponente chiave", "tutte le prerogative per succedere a Zarqawi verso il comando, per via delle sue capacità di guida, l'esperienza militare e l'istruzione religiosa", "emiro spirituale". Il portavoce dell'esercito americano lo ha definito "multifunctional". In effetti si dice in giro che sapesse fare anche un ottimo caffè con la cremina.
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martedì, giugno 20, 2006
The importance of being Elio
– Ciao senti domani ricordati di fare gli auguri a tuo padre per l'onomastico.
– Va bene. Però il mio onomastico cade alla fine di marzo e voi non me li fate, gli auguri.
– Uh, piccola. È che in famiglia non siamo per queste cose.
– Ma com'è che papà si offende se non gli facciamo gli auguri per San Luigi?
– Perché è un onomastico importante.
– Ma si chiama Elio.
– Va bene. Però il mio onomastico cade alla fine di marzo e voi non me li fate, gli auguri.
– Uh, piccola. È che in famiglia non siamo per queste cose.
– Ma com'è che papà si offende se non gli facciamo gli auguri per San Luigi?
– Perché è un onomastico importante.
– Ma si chiama Elio.
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lunedì, giugno 19, 2006
Come maltrattare Google e vivere felici/13
Se vuole, vuole.
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Come maltrattare Google e vivere felici/12
Rotoli del marmotte. Un genio.
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giovedì, giugno 15, 2006
Osama bin Landen, circa
Americablog: perché gli Stati Uniti non sono ancora riusciti a prendere Osama bin Laden? Perché lo hanno sempre chiamato con il cognome sbagliato*. Se n'era accorto perfino il correttore ortografico di Word. Doh!
* l'estratto fa parte di un documento di 73 pagine sulla "Guerra al terrore" che l'ufficio di Rumsfeld ha prima diffuso via e-mail e in seguito tentato di recuperare. Troppo tardi...
* l'estratto fa parte di un documento di 73 pagine sulla "Guerra al terrore" che l'ufficio di Rumsfeld ha prima diffuso via e-mail e in seguito tentato di recuperare. Troppo tardi...
mercoledì, giugno 14, 2006
Precet(ta)ti
Riordinare la cucina, annaffiare le piantine, sottoporre ad alimentazione forzata il signor G., impacchettare la Patetica Madonna bandita da tutte le liste di nozze, verificare ed eliminare le ciliegie arricchite di vermetti. Tutto entro le 4, quando la signora Miru farà ritorno in un trionfo di libri e in un tripudio di bestemmie. Mi è andata bene: voleva portarmi con sé per aiutarla a trasportare le scatole ma si è resa conto che come bestia da soma valgo poco, a meno che il signor Leonzio non le procuri un carretto siciliano. Sulla soglia, ha aggiunto: "Fai anche la polvere!" ed è zampettata giù per le scale come una cutrettola prima che le potessi chiedere spiegazioni. Che cosa vuole insinuare? La mia folta e pregiata pelliccia emana un suo odore, a mio avviso inebriante, ma non è polverosa! Forse era un ordine ma non riesco a comprendere l'espressione fare la polvere. Devo sbatacchiare quello strofinaccio di gatto e diffonderla per le stanze? Non ne capisco la ragione.
Quando ho spiegato alla signora Miru di essere un cane polivalente non immaginavo di ritrovarmi badante, colf e cat-layer: pensavo a un ruolo di alto profilo e grande responsabilità nel Mondo dell'Editoria o nella Galassia Linguistica. E invece sono qui, in cucina, a rabboccare di pasta tricolore gli incantevoli vasi espositivi e di croccantini altrettanto tricolori la ciotola dello stupido gatto. La cosa peggiore, però, è che in me prevale l'istinto zelante e pinolo del sommergibilista anche nelle mansioni più noiose o avvilenti. Ad esempio, quel contenitore: non riesco a tollerarlo, è più forte di me. Graziosi vasi bianchi decorati con motivi floreali e lepidotteri in blu cobalto, sul modello della ceramica Blueware. Ma ogni volta che il mio sguardo cade su quella mensola, non posso evitare gli sgrisoli. Un elegante corsivo ne indica il contenuto, potete guardare anche voi: coffee, sugar, tea e sale. Sale, non salt, in uno stampatello da geometra! Incuriositi, sollevate il tappo di legno: rilucenti e opalescenti grani di sale? Macché, fino! Diffidate dalle donne che usano il sale fino per la pasta, sono capaci di tutto.
Sboccia la primavera, l'estate è alle porte, maturano i referendum, si svegliano dal letargo i vescovi della CEI. Infatti, proprio un anno fa, la Chiesa Cattolica si era mobilitata suggerendo l'astensione allo scopo di far fallire la consultazione popolare in tema di procreazione medicalmente assistita. I vescovi avevano rifiutato sdegnati l'accusa di ingerenza, trascurando il fatto che quanto non viene ingerito può essere assunto per altre vie. Ora ci riprovano, più compatti e incoerenti che mai: gli −ismi sono un veleno potente, mala fede è con loro. Il SIR (Servizio Informazione Religiosa), sorta di agenzia stampa della CEI, afferma che "in caso di referendum confermativo partecipare è un dovere civico ancora più rilevante". Si noti bene: non rilevante ma ancora più rilevante. Il signor Edoardo Patriarca, portavoce dell'associazione Scienza e Vita, un attimo prima di precipitare dallo specchio su cui tentava di arrampicarsi, si stupisce che "alcuni esprimano stupore o parlino di paradosso rispetto all'invito all'astensionismo per il referendum sulla procreazione assistita, quando è chiara a tutti la profonda differenza".
La differenza tra referendum abrogativo e confermativo è chiara. Ciò che non è chiaro è a quale titolo e per quali fini esponenti religiosi e presunte associazioni a carattere etico esprimano opinioni o rilascino dichiarazioni su un argomento privo di connotazioni religiose, scientifiche ed etiche come l'assetto costituzionale della Repubblica Italiana, stato libero e sovrano e non un protettorato del Vaticano. Da quale pulpito i vescovi si scaglino (purtroppo senza schiantarsi al suolo) contro le dichiarazioni del Presidente della Telecamera, che osa "dare lezioni al Papa" a proposito di Pacs, lo sa solo Dio.
Per fortuna la società Trenitalia, covo di senzaddio, accoglie le parole del presuntuoso Fausto Bertinotti ("Il Papa è preoccupato della secolarizzazione che investe il mondo, è angosciato da un mondo in cui la modernizzazione gli fa paura perché mette in discussione certi valori"), naturalmente a modo suo. Da luglio l'offerta Famiglia cambierà e gli sconti sui biglietti non riguarderanno più la sola rigida e monolitica famiglia ma tutti i gruppi da 3 a 5 persone costituiti da almeno un adulto e un ragazzo. Con buona pace del papa.
Sento la chiave girare nella toppa, il Capo è tornato. Sbuffa come il Lokomotiv Mosca, dice che non ne può più e se ne va a Gravo (?) a farsi baciare dal sole, dal mare e dai pappataci. Ha passato il dito su tutti i mobili della casa, rimproverandomi di non aver spolverato nulla: "Sono Lema, sai? Non li fanno più così!". Ora si lamenta anche del blog, mi accusa perfino di aver scardinato le Categorie del Tempo e i Fusi Orari dell'Universo Mondo. A me pare che Haloscan sia semplicemente entrato in una bolla spazio-temporale, rotolando ovunque.
Ecco, lo sapevo:
- Hai sete, vuoi bere?
- No, grazie.
- Ecco qua.
Davanti a me, sulla scrivania, troneggia minaccioso e sfrigolante un bicchiere grande come un secchiello da ghiaccio, colmo di acqua e idrolitina, additivo chimico di cui la signora Miru abusa in quantità industriali. "Mi piace, conferisce all'acqua un lieve gusto salato", trilla. Mi saluta ed esce di casa, trascinando a fatica un'enorme borsa da mare. Bene. Questo bicchiere fa la fine degli altri, nel vaso dell'agonizzante girasole.
Quando ho spiegato alla signora Miru di essere un cane polivalente non immaginavo di ritrovarmi badante, colf e cat-layer: pensavo a un ruolo di alto profilo e grande responsabilità nel Mondo dell'Editoria o nella Galassia Linguistica. E invece sono qui, in cucina, a rabboccare di pasta tricolore gli incantevoli vasi espositivi e di croccantini altrettanto tricolori la ciotola dello stupido gatto. La cosa peggiore, però, è che in me prevale l'istinto zelante e pinolo del sommergibilista anche nelle mansioni più noiose o avvilenti. Ad esempio, quel contenitore: non riesco a tollerarlo, è più forte di me. Graziosi vasi bianchi decorati con motivi floreali e lepidotteri in blu cobalto, sul modello della ceramica Blueware. Ma ogni volta che il mio sguardo cade su quella mensola, non posso evitare gli sgrisoli. Un elegante corsivo ne indica il contenuto, potete guardare anche voi: coffee, sugar, tea e sale. Sale, non salt, in uno stampatello da geometra! Incuriositi, sollevate il tappo di legno: rilucenti e opalescenti grani di sale? Macché, fino! Diffidate dalle donne che usano il sale fino per la pasta, sono capaci di tutto.
Sboccia la primavera, l'estate è alle porte, maturano i referendum, si svegliano dal letargo i vescovi della CEI. Infatti, proprio un anno fa, la Chiesa Cattolica si era mobilitata suggerendo l'astensione allo scopo di far fallire la consultazione popolare in tema di procreazione medicalmente assistita. I vescovi avevano rifiutato sdegnati l'accusa di ingerenza, trascurando il fatto che quanto non viene ingerito può essere assunto per altre vie. Ora ci riprovano, più compatti e incoerenti che mai: gli −ismi sono un veleno potente, mala fede è con loro. Il SIR (Servizio Informazione Religiosa), sorta di agenzia stampa della CEI, afferma che "in caso di referendum confermativo partecipare è un dovere civico ancora più rilevante". Si noti bene: non rilevante ma ancora più rilevante. Il signor Edoardo Patriarca, portavoce dell'associazione Scienza e Vita, un attimo prima di precipitare dallo specchio su cui tentava di arrampicarsi, si stupisce che "alcuni esprimano stupore o parlino di paradosso rispetto all'invito all'astensionismo per il referendum sulla procreazione assistita, quando è chiara a tutti la profonda differenza".
La differenza tra referendum abrogativo e confermativo è chiara. Ciò che non è chiaro è a quale titolo e per quali fini esponenti religiosi e presunte associazioni a carattere etico esprimano opinioni o rilascino dichiarazioni su un argomento privo di connotazioni religiose, scientifiche ed etiche come l'assetto costituzionale della Repubblica Italiana, stato libero e sovrano e non un protettorato del Vaticano. Da quale pulpito i vescovi si scaglino (purtroppo senza schiantarsi al suolo) contro le dichiarazioni del Presidente della Telecamera, che osa "dare lezioni al Papa" a proposito di Pacs, lo sa solo Dio.
Per fortuna la società Trenitalia, covo di senzaddio, accoglie le parole del presuntuoso Fausto Bertinotti ("Il Papa è preoccupato della secolarizzazione che investe il mondo, è angosciato da un mondo in cui la modernizzazione gli fa paura perché mette in discussione certi valori"), naturalmente a modo suo. Da luglio l'offerta Famiglia cambierà e gli sconti sui biglietti non riguarderanno più la sola rigida e monolitica famiglia ma tutti i gruppi da 3 a 5 persone costituiti da almeno un adulto e un ragazzo. Con buona pace del papa.
Sento la chiave girare nella toppa, il Capo è tornato. Sbuffa come il Lokomotiv Mosca, dice che non ne può più e se ne va a Gravo (?) a farsi baciare dal sole, dal mare e dai pappataci. Ha passato il dito su tutti i mobili della casa, rimproverandomi di non aver spolverato nulla: "Sono Lema, sai? Non li fanno più così!". Ora si lamenta anche del blog, mi accusa perfino di aver scardinato le Categorie del Tempo e i Fusi Orari dell'Universo Mondo. A me pare che Haloscan sia semplicemente entrato in una bolla spazio-temporale, rotolando ovunque.
Ecco, lo sapevo:
- Hai sete, vuoi bere?
- No, grazie.
- Ecco qua.
Davanti a me, sulla scrivania, troneggia minaccioso e sfrigolante un bicchiere grande come un secchiello da ghiaccio, colmo di acqua e idrolitina, additivo chimico di cui la signora Miru abusa in quantità industriali. "Mi piace, conferisce all'acqua un lieve gusto salato", trilla. Mi saluta ed esce di casa, trascinando a fatica un'enorme borsa da mare. Bene. Questo bicchiere fa la fine degli altri, nel vaso dell'agonizzante girasole.
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martedì, giugno 13, 2006
La segretissima Operazione Volga parte seconda
Ricordate l'Operazione Volga, 300 agenti, irruzione alle 4 del mattino in un'abitazione di Forest Gate, arresto di due fratelli bengalesi e ferimento di uno dei due (chi poteva immaginare che non portasse un giubbotto esplosivo sotto il pigiama?), il tutto seguito dalla disperata e infruttuosa ricerca della famosa bomba chimica (quella roba che se la respiri muori)?
I due fratelli (uno dei quali aveva un pericolosissimo precedente per possesso d'arma contentente gas nocivo, cioè ehm, uno spray antiaggressione, via) sono stati rimessi in libertà senza alcuna imputazione, con le scuse della polizia.
Oggi, durante una conferenza stampa, Mohammed Abdul Kahar, 23 anni, ha raccontato: "Dalla mia stanza ho sentito mio fratello gridare, così mi sono alzato". Poi gli hanno sparato: "Ero steso sul pavimento, mi sono accorto che il mio torace sanguinava e ho visto il buco lasciato dal proiettile". Ha aggiunto che mentre era steso a terra sanguinante gli hanno dato un calcio in faccia e gli hanno detto di "chiudere quel cazzo di bocca".
La sorella, Humeya Kalam, ha dichiarato: "Era buio pesto, poi all'improvviso c'erano luci e armi ovunque. Hanno cominciato a buttarci per terra, puntandoci le pistole alla testa, e ad ammanettarci". "Ho sentito sbattere delle porte e un rumore di vetri infranti. Mi sono svegliata, ho aperto la porta e ho visto una persona completamente vestita di nero che mi puntava contro una pistola. Ho richiuso la porta. L'hanno aperta a calci e una persona ha gridato: 'A terra! A terra!' un istante dopo ero stesa sul pavimento, pietrificata, ammanettata".
Per tutto quel tempo la famiglia ha pensato di essere in balia di un gruppo di rapinatori: "Mi hanno trascinata giù e mi hanno fatta salire su un camioncino della polizia. Quando ho visto il camioncino mi sono resa conto che si trattava di poliziotti. Pensavo che fossero ladri armati, e che volessero uccidermi".
Intelligence failure, si chiama, ma scommetto che esistono definizioni migliori.
I due fratelli (uno dei quali aveva un pericolosissimo precedente per possesso d'arma contentente gas nocivo, cioè ehm, uno spray antiaggressione, via) sono stati rimessi in libertà senza alcuna imputazione, con le scuse della polizia.
Oggi, durante una conferenza stampa, Mohammed Abdul Kahar, 23 anni, ha raccontato: "Dalla mia stanza ho sentito mio fratello gridare, così mi sono alzato". Poi gli hanno sparato: "Ero steso sul pavimento, mi sono accorto che il mio torace sanguinava e ho visto il buco lasciato dal proiettile". Ha aggiunto che mentre era steso a terra sanguinante gli hanno dato un calcio in faccia e gli hanno detto di "chiudere quel cazzo di bocca".
La sorella, Humeya Kalam, ha dichiarato: "Era buio pesto, poi all'improvviso c'erano luci e armi ovunque. Hanno cominciato a buttarci per terra, puntandoci le pistole alla testa, e ad ammanettarci". "Ho sentito sbattere delle porte e un rumore di vetri infranti. Mi sono svegliata, ho aperto la porta e ho visto una persona completamente vestita di nero che mi puntava contro una pistola. Ho richiuso la porta. L'hanno aperta a calci e una persona ha gridato: 'A terra! A terra!' un istante dopo ero stesa sul pavimento, pietrificata, ammanettata".
Per tutto quel tempo la famiglia ha pensato di essere in balia di un gruppo di rapinatori: "Mi hanno trascinata giù e mi hanno fatta salire su un camioncino della polizia. Quando ho visto il camioncino mi sono resa conto che si trattava di poliziotti. Pensavo che fossero ladri armati, e che volessero uccidermi".
Intelligence failure, si chiama, ma scommetto che esistono definizioni migliori.
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Siamo tutti CT/1
Vi è piaciuto di più il primo o il secondo tempo? Siete tra quelli che "Ok, Iaquinta, ma Lucarelli al posto suo ne avrebbe fatti due", o "Totti ha giocato normale", "Oggi l'arbitro se le sente da Blatter, e io vorrei tanto esserci", e "Meglio il Brasile agli ottavi perché è una squadra che spende poco"? Sono curiosa.
Ma le magliette. Blu, numeri dorati e una scelta di font discutibilissima, e delle enigmatiche zone scure posizionate più o meno sotto le ascelle: giuro, per tutto il primo tempo ho pensato che stessero sudando follemente, ero preoccupata che si accartocciassero sul campo come pomodori secchi. E Buffon, con il pigiamino dell'Oviesse. Ma ci rendiamo conto che poi le imitazioni vanno a finire sulle bancarelle e i bambini se le fanno regalare e poi le indossano? Mandereste in giro vostro figlio incartato come un cioccolatino Quality Street? Curiosa, sono.
Ma le magliette. Blu, numeri dorati e una scelta di font discutibilissima, e delle enigmatiche zone scure posizionate più o meno sotto le ascelle: giuro, per tutto il primo tempo ho pensato che stessero sudando follemente, ero preoccupata che si accartocciassero sul campo come pomodori secchi. E Buffon, con il pigiamino dell'Oviesse. Ma ci rendiamo conto che poi le imitazioni vanno a finire sulle bancarelle e i bambini se le fanno regalare e poi le indossano? Mandereste in giro vostro figlio incartato come un cioccolatino Quality Street? Curiosa, sono.
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lunedì, giugno 12, 2006
Dai Cristiani mi guardi iddio...
... che da Al Qaeda mi guardo io. Via Lying Media Bastards, due simpatiche notizie di cronaca dagli Stati Uniti:
A Riverdale, Maryland, un uomo aveva costruito una pipe-bomb, un tubo bomba con cui voleva attaccare una clinica abortista. Lui è stato arrestato, la bomba è esplosa mentre la polizia cercava di disinnescarla, e ha mandato in fumo il piano superiore di una casa. L'aspirante terrorista intendeva anche aiutarsi con una pistola calibro 40, con la quale aveva pensato di sparare ai medici in fuga dall'edificio. Il tizio andava in giro con una macchina con sopra gli adesivi "Choose Life" e "God is pro-Life".
Link
A Waldo, Florida, alcuni cittadini benpensanti non erano contenti dell'imminente apertura di una libreria-sex shop, l'adult supercenter dall'evocativo nome "Cafè Risque". Prima hanno tentato con veglie di preghiera, ma non ha funzionato. Così hanno escogitato quello che la polizia ha definito un "atto terroristico" basato su un congegno rudimentale con cui (la faccio breve) avrebbero pompato dell'acido all'interno dell'edificio attraverso un'apertura sopra il condizionatore d'aria. Secondo la legge dello stato si tratta di un'"arma di distruzione di massa". Al Cafè Risque in effetti qualcosa hanno rischiato.
Link
Fortuna che ogni tanto possiamo ancora contare su un bel Leoni-Cristiani 1-0.
A Riverdale, Maryland, un uomo aveva costruito una pipe-bomb, un tubo bomba con cui voleva attaccare una clinica abortista. Lui è stato arrestato, la bomba è esplosa mentre la polizia cercava di disinnescarla, e ha mandato in fumo il piano superiore di una casa. L'aspirante terrorista intendeva anche aiutarsi con una pistola calibro 40, con la quale aveva pensato di sparare ai medici in fuga dall'edificio. Il tizio andava in giro con una macchina con sopra gli adesivi "Choose Life" e "God is pro-Life".
Link
A Waldo, Florida, alcuni cittadini benpensanti non erano contenti dell'imminente apertura di una libreria-sex shop, l'adult supercenter dall'evocativo nome "Cafè Risque". Prima hanno tentato con veglie di preghiera, ma non ha funzionato. Così hanno escogitato quello che la polizia ha definito un "atto terroristico" basato su un congegno rudimentale con cui (la faccio breve) avrebbero pompato dell'acido all'interno dell'edificio attraverso un'apertura sopra il condizionatore d'aria. Secondo la legge dello stato si tratta di un'"arma di distruzione di massa". Al Cafè Risque in effetti qualcosa hanno rischiato.
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Fortuna che ogni tanto possiamo ancora contare su un bel Leoni-Cristiani 1-0.
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domenica, giugno 11, 2006
Atto di guerra asimmetrica
Ecco una bella nomination per il premio Orwell 2006.
Tre detenuti che si impiccano usando i propri vestiti e le lenzuola, secondo il Contrammiraglio Harry Harris, comandante della Joint Task Force-Guantanamo, lo fanno per screditare gli Stati Uniti: non è disperazione causata da anni di sofferenze e di detenzione arbitraria senza un giusto processo, è un atto concertato di guerra asimmetrica.
Leggo sul sito della CNN che "si definisce 'guerra asimmetrica' 'un conflitto in cui un antagonista molto più debole usa tattiche non ortodosse o basate sulla sorpresa per attaccare i punti deboli del più forte'".
Ieri TalkLeft ha pubblicato l'e-mail appena ricevuta dal professore di Seton Hall Mark Denbeaux, che con il figlio Joshua rappresenta alcuni detenuti di Guantanamo, compreso uno di quelli che stanno facendo lo sciopero della fame. La traduco:
"Joshua ed io siamo appena tornati da Guantanamo. Uno dei nostri clienti è stato portato via durante il colloquio perché tentava di uccidersi e necessitava di essere alimentato a forza. Ha detto che avrebbe preferito morire piuttosto che restare lì, e ci hanno confiscato gli articoli di giornale in cui Bush annunciava di voler chiudere Guantanamo. A quello stesso detenuto che era così depresso da voler morire è stato impedito di leggere una notizia che avrebbe potuto dargli speranza.
Il nostro cliente Mohammad Rahman si trova in gravi condizioni di salute che non vengono curate. A 32 anni gli è stato impiantato un pacemaker e gli è stata sostituita una valvola cardiaca. Ora sembra che la valvola abbia ricominciato a dare dei problemi. Abbiamo cercato di ottenere la sua cartella medica, ma senza risultato, e di procurargli delle vere cure per i suoi gravi problemi cardiaci e altri seri disturbi. Loro non solo non forniscono nulla di tutto ciò, ma interrompono il colloquio 'per proteggere la sua salute e la sua vita' sottoponendolo ad alimentazione forzata.
Sono stati i tre giorni peggiori della mia vita. E c'è molto di più. E adesso il governo offre questa assurda descrizione dei suicidi".
Tre detenuti che si impiccano usando i propri vestiti e le lenzuola, secondo il Contrammiraglio Harry Harris, comandante della Joint Task Force-Guantanamo, lo fanno per screditare gli Stati Uniti: non è disperazione causata da anni di sofferenze e di detenzione arbitraria senza un giusto processo, è un atto concertato di guerra asimmetrica.
Leggo sul sito della CNN che "si definisce 'guerra asimmetrica' 'un conflitto in cui un antagonista molto più debole usa tattiche non ortodosse o basate sulla sorpresa per attaccare i punti deboli del più forte'".
Ieri TalkLeft ha pubblicato l'e-mail appena ricevuta dal professore di Seton Hall Mark Denbeaux, che con il figlio Joshua rappresenta alcuni detenuti di Guantanamo, compreso uno di quelli che stanno facendo lo sciopero della fame. La traduco:
"Joshua ed io siamo appena tornati da Guantanamo. Uno dei nostri clienti è stato portato via durante il colloquio perché tentava di uccidersi e necessitava di essere alimentato a forza. Ha detto che avrebbe preferito morire piuttosto che restare lì, e ci hanno confiscato gli articoli di giornale in cui Bush annunciava di voler chiudere Guantanamo. A quello stesso detenuto che era così depresso da voler morire è stato impedito di leggere una notizia che avrebbe potuto dargli speranza.
Il nostro cliente Mohammad Rahman si trova in gravi condizioni di salute che non vengono curate. A 32 anni gli è stato impiantato un pacemaker e gli è stata sostituita una valvola cardiaca. Ora sembra che la valvola abbia ricominciato a dare dei problemi. Abbiamo cercato di ottenere la sua cartella medica, ma senza risultato, e di procurargli delle vere cure per i suoi gravi problemi cardiaci e altri seri disturbi. Loro non solo non forniscono nulla di tutto ciò, ma interrompono il colloquio 'per proteggere la sua salute e la sua vita' sottoponendolo ad alimentazione forzata.
Sono stati i tre giorni peggiori della mia vita. E c'è molto di più. E adesso il governo offre questa assurda descrizione dei suicidi".
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venerdì, giugno 09, 2006
Estadio Azteca, città di G.
Sia gli italiani sia i tedeschi hanno fatto l'impossibile per perderla.
Vi sono riusciti i tedeschi.
Gianni Brera
A mio papà piace Gigi Riva, e a quei tempi tifa Cagliari. A me sembra strana questa fedeltà estrema al personaggio, perché a Gorizia non si tifa Cagliari ma Juve, Milan, Inter, al limite Pro Gorizia. Lui minimizza: "Non tifo, simpatizzo", oppure: "Sono un amante del bel gioco".
"Abbiamo vinto gli Europei, il Cagliari ha vinto lo scudetto, quest'anno è fatta", è il suo calcolo.
Quella sera di giugno del 1970 mio papà si inventa il carosello preventivo: mette su una bandiera con un lenzuolo bianco e la scritta "FORZA ITALIA FORZA GIGI SON FINITI I TEMPI BIGI", la fissa sul sedile della Cinquecento in modo che sporga dalla cappotta alzata e pare per fare tre giri dell'isolato prima di raggiungere la casa di un amico.
E così l'uomo sul cinquino sgomma sulla ghiaia del vialetto facendo ciao con la mano, esce trionfalmente dal cancello, scala, curva e si allontana accelerando, bandiera svolazzante e clacson allegro.
Alle due e mezzo rientra fischiettando piano, con la bandiera arrotolata appoggiata sulla spalla.
Quando sento aprire la porta di casa salto giù dal letto e vado a controllare la situazione, perché chi mi ferma?, è la notte del secolo, e poi siamo selvaggi, tifiamo Cagliari.
"Elio, ma non hai mica bevuto?", dice mia madre sottovoce.
"No, ho mangiato un boero", fa lui, e posa tre cioccolatini sul tavolo.
Gli ridono anche le orecchie.
Quattro giorni dopo perdiamo la finale. Non importa.
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Will the real Zarqawi please stand up?/Post in continuo aggiornamento
Update:
Su segnalazione di Miguel nei commenti: i bracci destri salgono a 51 (mai distrarsi per più di cinque minuti).
A proposito del modello Zarqawi appena ritirato dal commercio, i dietrologi di tutto il mondo intanto osservano che:
- Big Al sembra più uno tirato fuori da una cella frigorifera (dove era entrato qualche anno fa) che la vittima di un bombardamento;
- "Questa è la faccia", "L'abbiamo riconosciuto dalle impronte", "Il DNA dice che è lui", ma non bastava contargli le gambe? Ma sì, non ne aveva persa una in Afghanistan?
- E poi: il portavoce dell'esercito statunitense ha detto che il corpo è stato parzialmente identificato anche in base ai tatuaggi. Di una versione tatuatissima di Zarqawi in serie limitata (nota come "green man") si sapeva, e questo contrasta un po' con i precetti del Profeta, pare. Come l'anello d'oro a un dito della mano sinistra del presunto Zarqawi (modello "beheader", serie limitata e numerata) ripreso nell'atto di decapitare Berg. Insomma, fedele seguace dell'Islam, jihadista da manuale, e se andava zoppicando in giro ingioiellato come Dj Goldie e colorato come un maori. Son cose.
Ok, incorniciateci anche la foto della gamba finta e per oggi stiamo contenti.
Ah, già: tra le macerie della casa distrutta sono stati trovati anche documenti importantissimi e molto utili, ovviamente in buone condizioni.
Su First Draft notano che è stata trovata anche questa. Turns out Zarqawi was a big Bush fan. Ha ha.
Update dell'update:
Biancheria intima femminile sexy, camicia da notte leopardata e altri succinti vestiti da donna? Sta' a vedere che si trattava dell'introvabile Al Zarqawi versione Wanda. Quello che ci è andato più vicino è Lusky con il suo Zarqawi Reginetta del Ballo. Applauso.
Intanto, per la fortunata serie "Ask Google":
Make up:
Fondotinta Matmate, eyeliner Tattooo Eyes, mascara Open Eyes Ultimate Longueur Infinie, ombretto Piiink my Triiicky, sulle guance un tocco di Flush Blush, sul corpo niente meno che Crème de Diamant.
Su segnalazione di Miguel nei commenti: i bracci destri salgono a 51 (mai distrarsi per più di cinque minuti).
A proposito del modello Zarqawi appena ritirato dal commercio, i dietrologi di tutto il mondo intanto osservano che:
- Big Al sembra più uno tirato fuori da una cella frigorifera (dove era entrato qualche anno fa) che la vittima di un bombardamento;
- "Questa è la faccia", "L'abbiamo riconosciuto dalle impronte", "Il DNA dice che è lui", ma non bastava contargli le gambe? Ma sì, non ne aveva persa una in Afghanistan?
- E poi: il portavoce dell'esercito statunitense ha detto che il corpo è stato parzialmente identificato anche in base ai tatuaggi. Di una versione tatuatissima di Zarqawi in serie limitata (nota come "green man") si sapeva, e questo contrasta un po' con i precetti del Profeta, pare. Come l'anello d'oro a un dito della mano sinistra del presunto Zarqawi (modello "beheader", serie limitata e numerata) ripreso nell'atto di decapitare Berg. Insomma, fedele seguace dell'Islam, jihadista da manuale, e se andava zoppicando in giro ingioiellato come Dj Goldie e colorato come un maori. Son cose.
Ok, incorniciateci anche la foto della gamba finta e per oggi stiamo contenti.
Ah, già: tra le macerie della casa distrutta sono stati trovati anche documenti importantissimi e molto utili, ovviamente in buone condizioni.
Su First Draft notano che è stata trovata anche questa. Turns out Zarqawi was a big Bush fan. Ha ha.
Update dell'update:
Biancheria intima femminile sexy, camicia da notte leopardata e altri succinti vestiti da donna? Sta' a vedere che si trattava dell'introvabile Al Zarqawi versione Wanda. Quello che ci è andato più vicino è Lusky con il suo Zarqawi Reginetta del Ballo. Applauso.
Intanto, per la fortunata serie "Ask Google":
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Fondotinta Matmate, eyeliner Tattooo Eyes, mascara Open Eyes Ultimate Longueur Infinie, ombretto Piiink my Triiicky, sulle guance un tocco di Flush Blush, sul corpo niente meno che Crème de Diamant.
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giovedì, giugno 08, 2006
Svegliatevi!
Segnalazione: il sito di Tlaxcala è pronto e funzionante.
Mi sento come il mio ex vicino di casa, testimone di Geova, che il primo sabato mattina del mese passa a lasciarmi la rivista dal titolo "Svegliatevi!" (mai titolo fu più azzeccato: a quell'ora mi trova sempre in pigiama e con i rotoli del Mar Morto impressi sulla guancia).
Mi sento come il mio ex vicino di casa, testimone di Geova, che il primo sabato mattina del mese passa a lasciarmi la rivista dal titolo "Svegliatevi!" (mai titolo fu più azzeccato: a quell'ora mi trova sempre in pigiama e con i rotoli del Mar Morto impressi sulla guancia).
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Il braccio destro numero zero
Era il più attivo e multiforme dei leader morti di Al Qaeda. Eliminato, dicono.
Mh. Post in aggiornamento, preparate il fondotinta.
Ehi, e si è portato dietro anche sette bracci destri. Saliremmo a 50, così.
Mh. Post in aggiornamento, preparate il fondotinta.
Ehi, e si è portato dietro anche sette bracci destri. Saliremmo a 50, così.
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Teste di premier
Uno dei 17 sospetti terroristi arrestati in Canada nei giorni scorsi è accusato di aver progettato la decapitazione del primo ministro canadese.
Ora. Non entrerò nel merito del geniale piano o dell'ardita tesi dell'accusa. Voglio solo dichiarare che non intendo affiancare alla collezione di braccidestri anche una raccolta di teste di premier. Escluso, proprio.
Ora. Non entrerò nel merito del geniale piano o dell'ardita tesi dell'accusa. Voglio solo dichiarare che non intendo affiancare alla collezione di braccidestri anche una raccolta di teste di premier. Escluso, proprio.
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mercoledì, giugno 07, 2006
Effetti positivi sul bersaglio
Lunedì le forze armate americane hanno aperto il fuoco contro quattro uomini con un carico d'armi, nella stazione ferroviaria di Ramadi.
Secondo un medico iracheno hanno ucciso cinque civili e ne hanno feriti quindici.
L'esercito statunitense ha negato che ci siano state vittime e ha dichiarato che la missione ha avuto "effetti positivi sul bersaglio".
via First Draft
Secondo un medico iracheno hanno ucciso cinque civili e ne hanno feriti quindici.
L'esercito statunitense ha negato che ci siano state vittime e ha dichiarato che la missione ha avuto "effetti positivi sul bersaglio".
via First Draft
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martedì, giugno 06, 2006
El Dia de la Bestia
Non è vero che oggi 06/06/06 non sta accadendo nulla: io sto rischiando un raffreddore di proporzioni catastrofiche, con febbre, mal di testa e mal di gola. Dal di fuori si capisce subito che qualcosa non va: la vocetta diventa tremula, gli occhi si fanno improvvisamente grandi e palustri come il Lago di Doberdò dopo una settimana di pioggia e ho il lamentino facile. E così arrivano, puntuali, i consigli di chi mi ama alla follia:
– Ce l'hai le erbette giuste?
– Magari. E non ho intenzione di strofinarmi dell'aglio sotto la pianta dei piedi, stavolta, grazie.
– Devi picchiettarti 19 volte i punti sopra lo sterno e sopra l'ombelico, il tutto per tre volte di fila, tre volte al giorno.
– Ma va'.
– Alza le difese immunitarie.
– Se a 'sto punto c'entrano i chakra non voglio saperlo.
– Spray al propoli, in gola.
– Brucia.
– Vuol dire che fa bene.
– Possiamo escludere con sicurezza l'aviaria?
– Scema.
– Latte e cognac forever.
– Così mi piace.
– Non starai meglio, ma canterai l'Internazionale in quattro lingue.
– Ci vuole acquamarina.
– Ci spalmo sopra un po' di vicks raporub, però.
– Provato con la Spirea Ulmaria?
– È legale?
Sono confusa. Più del solito, voglio dire. Mi sono lasciata tentare da questo spray dall'evocativo nome "Prima Difesa" che dovrebbe combattere il virus ai primi sintomi. Nel Manuale delle Giovani Marmotte non lo trovate sotto la voce rimedi, ma sotto la voce armi non convenzionali. Se è un virus lui lo trova e lo distrugge, il problema è che ti asfalta anche le mucose.
Danno collaterale, si chiama.
I consigli nei commenti, grazie. In cambio vi canto l'Internazionale in quattro lingue.
– Ce l'hai le erbette giuste?
– Magari. E non ho intenzione di strofinarmi dell'aglio sotto la pianta dei piedi, stavolta, grazie.
– Devi picchiettarti 19 volte i punti sopra lo sterno e sopra l'ombelico, il tutto per tre volte di fila, tre volte al giorno.
– Ma va'.
– Alza le difese immunitarie.
– Se a 'sto punto c'entrano i chakra non voglio saperlo.
– Spray al propoli, in gola.
– Brucia.
– Vuol dire che fa bene.
– Possiamo escludere con sicurezza l'aviaria?
– Scema.
– Latte e cognac forever.
– Così mi piace.
– Non starai meglio, ma canterai l'Internazionale in quattro lingue.
– Ci vuole acquamarina.
– Ci spalmo sopra un po' di vicks raporub, però.
– Provato con la Spirea Ulmaria?
– È legale?
Sono confusa. Più del solito, voglio dire. Mi sono lasciata tentare da questo spray dall'evocativo nome "Prima Difesa" che dovrebbe combattere il virus ai primi sintomi. Nel Manuale delle Giovani Marmotte non lo trovate sotto la voce rimedi, ma sotto la voce armi non convenzionali. Se è un virus lui lo trova e lo distrugge, il problema è che ti asfalta anche le mucose.
Danno collaterale, si chiama.
I consigli nei commenti, grazie. In cambio vi canto l'Internazionale in quattro lingue.
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lunedì, giugno 05, 2006
Non sparate
Stephen Colbert, durante il suo discorso alla cerimonia di conferimento dei diplomi al Knox College di Galesburg, Illinois:
"È ora che gli immigrati illegali se ne vadano, appena finiscono di costruire quei muri. Tutti continuano a dire che gli immigrati hanno costruito l'America, ma ormai è fatta. Credo che abbiano finito di costruirla intorno agli anni Settanta. Da allora ci sono stati solo ritocchi e di riparazioni".
Sull'inglese come lingua ufficiale degli Stati Uniti:
"Dio ha scritto la Bibbia in inglese per un motivo: perché potesse essere insegnata nelle nostre scuole pubbliche".
A proposito del fatto che Time lo ha messo tra le 100 persone più influenti del mondo:
"Se fate i conti, nel mondo ci sono 6,5 miliardi di persone. Significa che oggi io rappresento 65 milioni di persone. Corrisponde al numero di abitanti di un paese. Quale paese ha circa 65 milioni di persone? L'Iran? Allora, a tutti gli effetti, io sono qui per rappresentare l'Iran, oggi. Non sparate".
Fonte: Editor and Publisher
"È ora che gli immigrati illegali se ne vadano, appena finiscono di costruire quei muri. Tutti continuano a dire che gli immigrati hanno costruito l'America, ma ormai è fatta. Credo che abbiano finito di costruirla intorno agli anni Settanta. Da allora ci sono stati solo ritocchi e di riparazioni".
Sull'inglese come lingua ufficiale degli Stati Uniti:
"Dio ha scritto la Bibbia in inglese per un motivo: perché potesse essere insegnata nelle nostre scuole pubbliche".
A proposito del fatto che Time lo ha messo tra le 100 persone più influenti del mondo:
"Se fate i conti, nel mondo ci sono 6,5 miliardi di persone. Significa che oggi io rappresento 65 milioni di persone. Corrisponde al numero di abitanti di un paese. Quale paese ha circa 65 milioni di persone? L'Iran? Allora, a tutti gli effetti, io sono qui per rappresentare l'Iran, oggi. Non sparate".
Fonte: Editor and Publisher
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domenica, giugno 04, 2006
La segretissima Operazione Volga
"Sono stati là per circa tre mesi, alle due estremità della strada, dalle 9 del mattino alle 6 di sera. Erano in borghese, ma noi sapevamo che erano della polizia per via dei telefoni, delle tazze di tè e dei giornali. Sapevamo che erano poliziotti".
Con queste parole un vicino di casa ha rivelato al Telegraph che la segretissima e sofisticata Operazione Volga (quella che ha portato all'arresto di due fratelli e al ferimento di uno di essi a Forest Gate, nella zona orientale di Londra) era in realtà nota a tutto il vicinato. Un po' perché anni di polizieschi ti insegnano a riconoscere un appostamento quando ne hai uno sotto casa, un po' perché comunque 250 poliziotti vogliono dire un bel traffico di tazze di tè.
Intanto la polizia sta ancora cercando disperatamente la famosa bomba chimica artigianale. Di che si tratti ancora non si sa. Una fonte ha rivelato: "Pensiamo che se fosse scoppiata sarebbe bastato respirare per morire". (Detto così, potrebbe essere anche la Lagostina con cui mia suocera prepara un celebre brasato letale).
I due asiatici arrestati con l'accusa di aver cercato di preparare uno o più sacchetti al cianide avevano precedenti rispettivamente per "furto, furto con scasso e possesso di un'arma proibita costituita da 'gas liquido nocivo'" (spray antiaggressione, pare) e "furto, furto con scasso e possesso di un coltello Stanley". Però.
La buona notizia è che la polizia londinese non mira più alla testa.
Fonte: Telegraph.
Con queste parole un vicino di casa ha rivelato al Telegraph che la segretissima e sofisticata Operazione Volga (quella che ha portato all'arresto di due fratelli e al ferimento di uno di essi a Forest Gate, nella zona orientale di Londra) era in realtà nota a tutto il vicinato. Un po' perché anni di polizieschi ti insegnano a riconoscere un appostamento quando ne hai uno sotto casa, un po' perché comunque 250 poliziotti vogliono dire un bel traffico di tazze di tè.
Intanto la polizia sta ancora cercando disperatamente la famosa bomba chimica artigianale. Di che si tratti ancora non si sa. Una fonte ha rivelato: "Pensiamo che se fosse scoppiata sarebbe bastato respirare per morire". (Detto così, potrebbe essere anche la Lagostina con cui mia suocera prepara un celebre brasato letale).
I due asiatici arrestati con l'accusa di aver cercato di preparare uno o più sacchetti al cianide avevano precedenti rispettivamente per "furto, furto con scasso e possesso di un'arma proibita costituita da 'gas liquido nocivo'" (spray antiaggressione, pare) e "furto, furto con scasso e possesso di un coltello Stanley". Però.
La buona notizia è che la polizia londinese non mira più alla testa.
Fonte: Telegraph.
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venerdì, giugno 02, 2006
Leghe
"Abbiamo erroneamente affermato che Adriano Galliani, vicepresidente del Milan, è anche presidente della Lega Nord, il partito italiano di destra. Non lo è. È presidente della Lega Calcio (Lippi fights to keep focused as the sky falls in, page 5, Sport, May 30)".
The Guardian, Corrections di oggi.
The Guardian, Corrections di oggi.
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giovedì, giugno 01, 2006
È una lunga guerra
"L'invasione dell'Iraq da parte delle forze armate statunitensi e britanniche è cominciata nel marzo del 2003, non del 2001".
The Guardian, Corrections di oggi.
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mercoledì, maggio 31, 2006
L'occhio mancante del Mullah Omar
Che emozione, è il momento che aspettavo da mesi: con 43 braccidestri e un modesto contributo mi è arrivato l'occhio mancante del Mullah, grazie all'inestimabile mediazione di Andrea, che scrive:
"Gentile Signora Miru,
dopo giorni di attesa siamo lieti di inviarLe il premio da Lei desiderato: l'occhio mancante del Mullah Omar.
L'articolo, oltre che essere un pezzo unico da collezione, può anche essere usato per simpatici scherzi* e applicazioni accessorie**.
Ecco l'occhio. Non è granché, in effetti, ma è il valore simbolico quello che conta.
In omaggio con l'occhio ci pregiamo di inviarLe anche quale premio fedeltà (essendo in effetti Lei l'unica nostra cliente) altri due occhi che immaginiamo potranno comunque entrare a far parte della Sua collezione. Trattasi di due foto degli occhi di Abu Musab al Zarqawi dopo aver seguito i Suoi consigli di make-up.
La prima è una versione simil acqua-e-sapone:
[riconosco, in effetti: ombretto Métamorphose (quattro tinte iridate ed evanescenti) e un tocco di Nature Nacrée, eyeliner Divinora e mascara a fibre ottiche, N.d.B)]
La seconda è un tentativo di maquillage estremo riuscito grazie anche all'applicazione di speciali lenti a contatto colorate:
[si notano immediatamente: una spalmata generosa di Kitty Glitter, Ombretto Moonage Daydream nella versione grigio eternit, ciglie finte T-Rex, mascara Lash Queen, lenti a contatto cosmetiche "Over the Rainbow", N.d.B.]
Con ciò speriamo di non averla delusa né nell'entità né nella qualità del prodotto e del servizio.
Con ossequi e stima
andrea"
* Il manuale con i simpatici scherzi che è possibile realizzare con l'occhio non è incluso nella strenna gratuita, ma va ordinato presso di noi al modico costo di un milione di marchi tedeschi (rigorosamente in valuta pre-1915: in caso di pagamento effettuato con altra valuta la domanda d'acquisto sarà respinta).
** Il manuale che illustra le applicazioni accessorie dell'occhio non è incluso nella strenna gratuita, ma va ordinato presso la nostra filiale numero 154/b. Questa è al momento chiusa a causa della fuga del direttore della suddetta con la cassa dell'agenzia. Ci scusiamo per il temporaneo inconveniente.
"Gentile Signora Miru,
dopo giorni di attesa siamo lieti di inviarLe il premio da Lei desiderato: l'occhio mancante del Mullah Omar.
L'articolo, oltre che essere un pezzo unico da collezione, può anche essere usato per simpatici scherzi* e applicazioni accessorie**.
Ecco l'occhio. Non è granché, in effetti, ma è il valore simbolico quello che conta.
In omaggio con l'occhio ci pregiamo di inviarLe anche quale premio fedeltà (essendo in effetti Lei l'unica nostra cliente) altri due occhi che immaginiamo potranno comunque entrare a far parte della Sua collezione. Trattasi di due foto degli occhi di Abu Musab al Zarqawi dopo aver seguito i Suoi consigli di make-up.
La prima è una versione simil acqua-e-sapone:
[riconosco, in effetti: ombretto Métamorphose (quattro tinte iridate ed evanescenti) e un tocco di Nature Nacrée, eyeliner Divinora e mascara a fibre ottiche, N.d.B)]
La seconda è un tentativo di maquillage estremo riuscito grazie anche all'applicazione di speciali lenti a contatto colorate:
[si notano immediatamente: una spalmata generosa di Kitty Glitter, Ombretto Moonage Daydream nella versione grigio eternit, ciglie finte T-Rex, mascara Lash Queen, lenti a contatto cosmetiche "Over the Rainbow", N.d.B.]
Con ciò speriamo di non averla delusa né nell'entità né nella qualità del prodotto e del servizio.
Con ossequi e stima
andrea"
* Il manuale con i simpatici scherzi che è possibile realizzare con l'occhio non è incluso nella strenna gratuita, ma va ordinato presso di noi al modico costo di un milione di marchi tedeschi (rigorosamente in valuta pre-1915: in caso di pagamento effettuato con altra valuta la domanda d'acquisto sarà respinta).
** Il manuale che illustra le applicazioni accessorie dell'occhio non è incluso nella strenna gratuita, ma va ordinato presso la nostra filiale numero 154/b. Questa è al momento chiusa a causa della fuga del direttore della suddetta con la cassa dell'agenzia. Ci scusiamo per il temporaneo inconveniente.
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Numero 43: il decapitatore
Definizione: sospetto terrorista, in cima alla lista.
Nome: Ahmed Hussein Dabash Samer Al Battawi.
Catturato a: Firdos, quartiere di Baghdad.
Quando: lunedì.
Da chi: l'unità antiterrorismo delle forze di sicurezza irachene.
Ha confessato: sì, di aver decapitato centinaia di innocenti iracheni.
Possiede: una lista di obiettivi civili.
Gli sono stati sequestrati: documenti, cellulari e computer contenenti i nomi di altri terroristi e informazioni su altri gruppi islamici.
Numero articolo: 43
----------------
Make up:
Acti'Mine Base de Teint, Fondotinta Teint Idole, Mascara Hypnose, Gloss Lube in a Tube, per il corpo Body Bling Le Platinium. Per i capelli, shampoo volumizzante al Guaranà, e poi Shine Shock Gloss Perfecteur de Brillance.
Nome: Ahmed Hussein Dabash Samer Al Battawi.
Catturato a: Firdos, quartiere di Baghdad.
Quando: lunedì.
Da chi: l'unità antiterrorismo delle forze di sicurezza irachene.
Ha confessato: sì, di aver decapitato centinaia di innocenti iracheni.
Possiede: una lista di obiettivi civili.
Gli sono stati sequestrati: documenti, cellulari e computer contenenti i nomi di altri terroristi e informazioni su altri gruppi islamici.
Numero articolo: 43
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Make up:
Acti'Mine Base de Teint, Fondotinta Teint Idole, Mascara Hypnose, Gloss Lube in a Tube, per il corpo Body Bling Le Platinium. Per i capelli, shampoo volumizzante al Guaranà, e poi Shine Shock Gloss Perfecteur de Brillance.
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martedì, maggio 30, 2006
Insalubre Insubria
La signora Miru rivela una pericolosa deriva a destra nel regno vegetale. Si è incattivita, ora che le piantine sul terrazzo cominciano a crescere e si rende conto che non ne vogliono sapere di seguire le direttive del suo Pjatiletnij Plan, il suo Piano Quinquennale. Le sciagurate non manifestano particolari tendenze anarchiche, le definirei solo spontanee. Quella donna inflessibile non ha voluto sentire ragioni: ha subito indetto una riunione del Comitato. Io ho espresso le mie perplessità, mentre il signor G. come al solito si asteneva e defilava, ma la signora Miru ha deliberato secondo la propria relazione di maggioranza. È uscita di casa per tornare con reti, tralicci e sostegni vari da stendere, affiggere e piantare per l'applicazione dei provvedimenti correttivi. Con foga ha piantato nella terra dei vasi stecchi e bastoni a cui stringere rami flessuosi e giovani fusti. Ha adottato subdole e sottili misure di contenzione, come infilare i boccioli di rosa tra le maglie delle reti: ora che si sono aperti, i miseri fiori si sono ritrovati alla gogna. Ho visto con i miei occhi una sventurata passiflora rinchiusa in una Vergine di Norimberga. Il girasole ha già subito due richiami: al terzo, sarà internato in un campo di rieducazione in Umbria.
A quanto pare, rigurgiti autoritari emergono ovunque. A Duno, per esempio, teatro delle prime battaglie partigiane. L'Insubria è il territorio compreso tra le province di Varese, Como e Verbano Cusio Ossola (nata per partenogenesi da quella di Novara). In occasione delle ultime elezioni amministrative, in diversi comuni insubri si è presentata (ma non è la prima volta) una recente realtà del panorama politico italiano, il Nationalsozialistische Arbeiter Bewegung o Movimento Nazionalsocialista dei Lavoratori (NSAB - MLNS), fondato nel 2002. Sulle prime, ho rizzato le orecchie: non avevamo fatto pulizia di certa feccia, entrando a Berlino? Vi sono molti punti di contatto con il comunismo, chiariscono gli esponenti del movimento. Ah, ma allora. Ma... contatto nel senso di attrito, forse, o inteso come comunanza di idee? approfondisco. No, no, proprio punti in comune. Agli albori del nazionalsocialismo era evidente una certa attenzione per il popolo e in particolar modo per i lavoratori. L'Olocausto e altre stragi sono banali errori umani, scagli la prima pietra chi non ha mai commesso errori, fanno notare. Darci del nazista è come dare del terrone ai meridionali, precisano, e poi in Italia è previsto il reato di apologia fascista, mica nazista. I rappresentanti delle associazioni partigiane e delle comunità ebraiche hanno avanzato qualche dubbio ma gli organizzatori del NSAB - MLNS commentano: non avete di che preoccuparvi. Beh, se lo dite voi, penso. Brandelli di questo delirio sono rintracciabili nella cache di Google, all'indirizzo www.geocities.com/nsab_mlns/, o qui.
Ora riempio l'annaffiatoio, reco un po' di sollievo a quelle sciagurate sul terrazzo.
A quanto pare, rigurgiti autoritari emergono ovunque. A Duno, per esempio, teatro delle prime battaglie partigiane. L'Insubria è il territorio compreso tra le province di Varese, Como e Verbano Cusio Ossola (nata per partenogenesi da quella di Novara). In occasione delle ultime elezioni amministrative, in diversi comuni insubri si è presentata (ma non è la prima volta) una recente realtà del panorama politico italiano, il Nationalsozialistische Arbeiter Bewegung o Movimento Nazionalsocialista dei Lavoratori (NSAB - MLNS), fondato nel 2002. Sulle prime, ho rizzato le orecchie: non avevamo fatto pulizia di certa feccia, entrando a Berlino? Vi sono molti punti di contatto con il comunismo, chiariscono gli esponenti del movimento. Ah, ma allora. Ma... contatto nel senso di attrito, forse, o inteso come comunanza di idee? approfondisco. No, no, proprio punti in comune. Agli albori del nazionalsocialismo era evidente una certa attenzione per il popolo e in particolar modo per i lavoratori. L'Olocausto e altre stragi sono banali errori umani, scagli la prima pietra chi non ha mai commesso errori, fanno notare. Darci del nazista è come dare del terrone ai meridionali, precisano, e poi in Italia è previsto il reato di apologia fascista, mica nazista. I rappresentanti delle associazioni partigiane e delle comunità ebraiche hanno avanzato qualche dubbio ma gli organizzatori del NSAB - MLNS commentano: non avete di che preoccuparvi. Beh, se lo dite voi, penso. Brandelli di questo delirio sono rintracciabili nella cache di Google, all'indirizzo www.geocities.com/nsab_mlns/, o qui.
Ora riempio l'annaffiatoio, reco un po' di sollievo a quelle sciagurate sul terrazzo.
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Il nemico e la Tv
"Un fronte nella guerra al terrore è, naturalmente, l'Iraq. E la gente del nostro paese è inquieta a causa della guerra, e io lo capisco. Capisco perfettamente perché gli americani sono in ansia per quello che vedono alla Tv. Si chiedono preoccupati se riusciremo a vincere o no. Nella mia mente non c'è alcun dubbio che vinceremo. E il nostro obiettivo è avere un Iraq che riesca a governarsi, reggersi e difendersi da solo, un alleato nella guerra al terrore, e un esempio per coloro che in quella regione ambiscono disperatamente alla libertà.
Il nemico non può sconfiggerci sul campo di battaglia, ma quello che può fare è portare immagini orribili sui nostri schermi televisivi".
George W. Bush a Philadelphia, 24 maggio 2006.
Il nemico non può sconfiggerci sul campo di battaglia, ma quello che può fare è portare immagini orribili sui nostri schermi televisivi".
George W. Bush a Philadelphia, 24 maggio 2006.
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