Vladimir Vladimirovič™ Putin e il Patriarca Alessio II passeggiavano per il Cremlino.
- È fatta, bratello, - disse piano il Patriarca a Vladimir Vladimirovič™, - Abbiamo firmato l'atto di comunione canonica. Adesso si comincia a vivere!
- Noi invece già vivevamo… - borbottò Vladimir Vladimirovič™, - Non sappiamo più come spendere i soldi... tanti ne abbiamo guadagnati...
- Dalli a me! - rispose il Patriarca, - Non andranno sprecati. Costruiremo templi. Cominceremo a fare attività missionaria. Faremo diventare Roma ortodossa!
- Ma si può? - si meravigliò Vladimir Vladimirovič™.
- Tutto è possibile alla volontà di Dio, - rispose il Patriarca, - Se ci sono i soldi, certo, tutto è possibile alla volontà di Dio.
- Anche a me sarebbe venuta in mente una cosa... - disse piano Vladimir Vladimirovič™, - Unire qualcosa. Ecco, mi piacerebbe unire Russia, Ucraina e Bielorussia. Ma niente da fare!
- Non ne hai il tempo, - il Patriarca si fermò e guardò Vladimir Vladimirovič™ con i suoi saggi occhi, - Il mio mandato dura tutta la vita, ecco perché io ce l'ho fatta. Anche tu hai bisogno di un incarico a vita, per riuscirci.
- Eh sì, come no... - commentò tristemente Vladimir Vladimirovič™, - Per colpa del mandato a vita voi vivete come mille anni fa. Fate luce con le candele, leggete sempre lo stesso libretto in antico slavo ecclesiastico. Ma il mondo è cambiato! Guardati attorno!
E Vladimir Vladimirovič™ indicò con la presidenziale mano l'edificio del Cremlino moscovita.
Il Patriarca seguì la mano con lo sguardo e poi fissò stupito Vladimir Vladimirovič™.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
venerdì, maggio 18, 2007
D is for Dangerous
– Guido io, ti fidi?
Apre la portiera, sale, aspetta che mi sia allacciata la cintura:
– Perché non dovrei fidarmi di una donna che non chiude a chiave la macchina?
Giusto.
Apre la portiera, sale, aspetta che mi sia allacciata la cintura:
– Perché non dovrei fidarmi di una donna che non chiude a chiave la macchina?
Giusto.
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The Real Thing
giovedì, maggio 17, 2007
La mentalità del cambio
Ho dunque ricominciato a imparare a guidare. Non è facile, ma riserva piacevoli sorprese. Per esempio, ho elaborato uno stile di parcheggio in 5-6 manovre che consiste nel buttarmi dentro di muso e poi lavorarci su. Non è elegante, ma funziona.
La parte divertente però è la teoria, e cioè le sorprendenti risposte che ricevo chiedendo semplicemente: "Hai consigli di guida da darmi?".
Papà: "Il Vallone è più sicuro dello Stradone" e "Guarda sempre avanti, mai in basso".
Mamma: "Ricordati che in quel parcheggio c'eravamo solo io e un camion turco. E io sono riuscita a tamponare il camion. Con dentro il turco. Che dormiva, però. Scappata prima".
O.: "Fregatene delle altre marce. Le altre marce ti servono per arrivare alla quarta".
Amica D.: "Per me se la macchina è abbastanza vecchia puoi anche partire in seconda" e "Evitare carabinieri, polizia e finanza" ("Ma perché?" "Fanno nervoso" "Ma anche se non abbiamo niente da nascondere?" "Noi ce l'abbiamo sempre, qualcosa da nascondere").
Foodspammer: "Cambio... potenza motore... senti il motore, lo senti che qui la quarta suonerebbe male, no?... abbrivio. La smetti di parlare, ti allacci le cinture, hai mangiato?".
Daniele: "Posso dirti solo questo: se hai cinque marce, vai a 50 e sei in quinta hai un problema".
È il 17 maggio, ho un mio stile di parcheggio, ieri pomeriggio sono stata sorpassata da una bici. Qui ci starebbe il proverbio universale (chi va piano va sano e va lontano; l'equivalente russo, tìše èdeš', dàl'še bùdeš', non accenna alle condizioni di salute) o anche la frase che una volta sentii indirizzare da un benzinaio bergamasco a un guidatore frettoloso: "Uèi, chi ha fretta va a Imola!".
Tre giorni fa ho imboccato il raccordo Gorizia-Villesse, mi sono guardata attorno e finalmente ho messo la quinta (su-destra). Pensavo che per scendere alla quarta bisognasse fare il percorso inverso (sinistra-giù). Invece no, quello è il modo migliore per passare dalla quinta alla seconda e umiliare la scatola del cambio. Adesso lo so. Certe volte si capisce che "il motore soffre", come dicono loro, dal rumore asmatico che fa. Pensavo di risolvere il problema comprando un'autoradio.
Proprio nel delicato passaggio dalla quinta
alla seconda è saltato il pomello. Ora posso
sostituirlo con qualcosa di più consono alla
mia personalità dolce ma aggressiva.
La parte divertente però è la teoria, e cioè le sorprendenti risposte che ricevo chiedendo semplicemente: "Hai consigli di guida da darmi?".
Papà: "Il Vallone è più sicuro dello Stradone" e "Guarda sempre avanti, mai in basso".
Mamma: "Ricordati che in quel parcheggio c'eravamo solo io e un camion turco. E io sono riuscita a tamponare il camion. Con dentro il turco. Che dormiva, però. Scappata prima".
O.: "Fregatene delle altre marce. Le altre marce ti servono per arrivare alla quarta".
Amica D.: "Per me se la macchina è abbastanza vecchia puoi anche partire in seconda" e "Evitare carabinieri, polizia e finanza" ("Ma perché?" "Fanno nervoso" "Ma anche se non abbiamo niente da nascondere?" "Noi ce l'abbiamo sempre, qualcosa da nascondere").
Foodspammer: "Cambio... potenza motore... senti il motore, lo senti che qui la quarta suonerebbe male, no?... abbrivio. La smetti di parlare, ti allacci le cinture, hai mangiato?".
Daniele: "Posso dirti solo questo: se hai cinque marce, vai a 50 e sei in quinta hai un problema".
È il 17 maggio, ho un mio stile di parcheggio, ieri pomeriggio sono stata sorpassata da una bici. Qui ci starebbe il proverbio universale (chi va piano va sano e va lontano; l'equivalente russo, tìše èdeš', dàl'še bùdeš', non accenna alle condizioni di salute) o anche la frase che una volta sentii indirizzare da un benzinaio bergamasco a un guidatore frettoloso: "Uèi, chi ha fretta va a Imola!".
Tre giorni fa ho imboccato il raccordo Gorizia-Villesse, mi sono guardata attorno e finalmente ho messo la quinta (su-destra). Pensavo che per scendere alla quarta bisognasse fare il percorso inverso (sinistra-giù). Invece no, quello è il modo migliore per passare dalla quinta alla seconda e umiliare la scatola del cambio. Adesso lo so. Certe volte si capisce che "il motore soffre", come dicono loro, dal rumore asmatico che fa. Pensavo di risolvere il problema comprando un'autoradio.
Proprio nel delicato passaggio dalla quinta
alla seconda è saltato il pomello. Ora posso
sostituirlo con qualcosa di più consono alla
mia personalità dolce ma aggressiva.
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The Real Thing
mercoledì, maggio 16, 2007
A qualcuno piace il caldo (con piccolo sci-fi trip)
Arrivo. Freccia. Parcheggio in dieci manovre occupando precisamente un posto e mezzo. Folle, freno a mano, spegnere fari, tirar su finestrini, spegnere motore. Aprire portiera. No. Togliere cintura. Aprire portiera. Scendere. Risalire. Prendere chiavi. Fa caldo.
Cercare parchimetro. 5 euro per tutta la giornata, fatto bene a occupare un posto e mezzo. Esporre ticket, cambiare scarpette con sandali, prendere borsa e asciugamano. Chiudere macchina. Compiere giro rituale per ammirare parcheggio e, se necessario, fare autocritica. Sono una principiante.
Fa caldo. Spiaggia. Lettino.
– Dove ti metto oggi?
– Mi piacerebbe avanti ma non avantissimo.
– Non avantissimo.
– Perché pomeriggio si alza il vento.
– Ti sei studiata la situazione.
– Sì.
– La seconda volta che vieni. E.
– Esatto.
– Pomeriggio dovrebbe calare.
– Se ho caldo sto zitta.
– Se hai caldo ti compri un ghiacciolo.
– Sì.
Pomeriggio ho caldo. Però è ancora primavera, la spiaggia è un mondo a parte, un mondo in cui si sta in costume e ci si spettina. Sembra di stare in uno di quei film in cui all'improvviso si mette a fare troppo caldo, la gente va al mare fuori stagione, organizza grigliate all'aperto e fa il bagno di mezzanotte solo per scoprire che:
a) il sole si sta incazzando, e bisognerà centrarlo con venti bombe atomiche per riavere indietro le mezze stagioni;
b) un meteorite infuocato si sta avvicinando alla Terra, e per deviarlo toccherà mandar su una disperata spedizione suicida (se si tratta di un film europeo) o due astronauti che si contendono la stessa donna (se si tratta di un film americano);
c) il malvagio presidente russo Zvonimir Tupin, dopo aver avvelenato e ucciso la civile opposizione democratica, ha innescato il decrepito e mal custodito arsenale nucleare sovietico costringendo la popolazione a rifugiarsi sotto terra; fortunatamente gli americani hanno scoperto la Formula™ per riprodurre la vita e moltiplicare la vegetazione anche sotto la superficie terrestre (stranamente la Formula™ è molto simile a quella del milk-shake alla banana, bizzarra e miracolosa semplicità della scienza) e tutto è bene ciò che finisce bene (tranne che per un gruppo di musulmani, subito messo in minoranza);
d) gli ufi stanno facendo degli esperimenti sulle nostre capacità di termoregolazione; verso la fine del film si scoprirà che l'unico modo per sconfiggerli è sfruttare la loro allergia a cose banali come l'insalata trocadero, la frutta sciroppata o i ghiaccioli alla frutta.
– Ciao, un Solero giallo.
– Non ce l'ho, il Solero, mi dispiace. È troppo presto.
Troppo presto per un Solero giallo? È più freddo degli altri gelati, non fa voglia? E la granita, allora? Sta lì dentro a girare da settembre?
– Bòn, allora una granita all'arancia.
– Amarena.
– Amarena.
Pago.
– Io un cono da una pallina.
Indica con il dito.
– Un cono al pistacchio?...
– A me, non al pistacchio!
Lo guardo meglio. Piccolo, magro, sette anni mal portati.
– Momento.
Mi fissano tutti e due con curiosità.
– Offro io.
E poi, ti pareva se non si alzava il vento.
Cercare parchimetro. 5 euro per tutta la giornata, fatto bene a occupare un posto e mezzo. Esporre ticket, cambiare scarpette con sandali, prendere borsa e asciugamano. Chiudere macchina. Compiere giro rituale per ammirare parcheggio e, se necessario, fare autocritica. Sono una principiante.
Fa caldo. Spiaggia. Lettino.
– Dove ti metto oggi?
– Mi piacerebbe avanti ma non avantissimo.
– Non avantissimo.
– Perché pomeriggio si alza il vento.
– Ti sei studiata la situazione.
– Sì.
– La seconda volta che vieni. E.
– Esatto.
– Pomeriggio dovrebbe calare.
– Se ho caldo sto zitta.
– Se hai caldo ti compri un ghiacciolo.
– Sì.
Pomeriggio ho caldo. Però è ancora primavera, la spiaggia è un mondo a parte, un mondo in cui si sta in costume e ci si spettina. Sembra di stare in uno di quei film in cui all'improvviso si mette a fare troppo caldo, la gente va al mare fuori stagione, organizza grigliate all'aperto e fa il bagno di mezzanotte solo per scoprire che:
a) il sole si sta incazzando, e bisognerà centrarlo con venti bombe atomiche per riavere indietro le mezze stagioni;
b) un meteorite infuocato si sta avvicinando alla Terra, e per deviarlo toccherà mandar su una disperata spedizione suicida (se si tratta di un film europeo) o due astronauti che si contendono la stessa donna (se si tratta di un film americano);
c) il malvagio presidente russo Zvonimir Tupin, dopo aver avvelenato e ucciso la civile opposizione democratica, ha innescato il decrepito e mal custodito arsenale nucleare sovietico costringendo la popolazione a rifugiarsi sotto terra; fortunatamente gli americani hanno scoperto la Formula™ per riprodurre la vita e moltiplicare la vegetazione anche sotto la superficie terrestre (stranamente la Formula™ è molto simile a quella del milk-shake alla banana, bizzarra e miracolosa semplicità della scienza) e tutto è bene ciò che finisce bene (tranne che per un gruppo di musulmani, subito messo in minoranza);
d) gli ufi stanno facendo degli esperimenti sulle nostre capacità di termoregolazione; verso la fine del film si scoprirà che l'unico modo per sconfiggerli è sfruttare la loro allergia a cose banali come l'insalata trocadero, la frutta sciroppata o i ghiaccioli alla frutta.
– Ciao, un Solero giallo.
– Non ce l'ho, il Solero, mi dispiace. È troppo presto.
Troppo presto per un Solero giallo? È più freddo degli altri gelati, non fa voglia? E la granita, allora? Sta lì dentro a girare da settembre?
– Bòn, allora una granita all'arancia.
– Amarena.
– Amarena.
Pago.
– Io un cono da una pallina.
Indica con il dito.
– Un cono al pistacchio?...
– A me, non al pistacchio!
Lo guardo meglio. Piccolo, magro, sette anni mal portati.
– Momento.
Mi fissano tutti e due con curiosità.
– Offro io.
E poi, ti pareva se non si alzava il vento.
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sceneggiature,
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VVP e il surriscaldamento globale
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ ricevette una telefonata dal presidente francese Jacques Chirac.
- Ascolta, bratello, - disse Jacques Chirac, - Cosa farai quando non sarai più presidente?
- Non lo so ancora, - rispose Vladimir Vladimirovič™, - Mi troverò un posto tra le file.
- Ma allora vieni con noi, - propose Jacques Chirac, - Ho messo su una fondazione. Come Clinton. Ci occuperemo dei problemi del surriscaldamento globale.
- Surriscaldamento globale? - si incuriosì Vladimir Vladimirovič™, - Interessante. Posso venire anch'io? Sì, proprio interessante, interessante... Ecco, perché io avrei questo yacht...
- Uno yacht? - si meravigliò Jacques Chirac, - E da dove salta fuori?
- Beh... - Vladimir Vladimirovič™ era imbarazzato, - Beh, è così, vorrei comprarlo... l'ho rimandato per un sacco di tempo. Insomma, voglio comprarne uno. Solo che non so dove andare a navigare. Il Mediterraneo l'ho già fatto.
- Con cosa, l'hai fatto? - Jacques Chirac non capiva, - Ma se hai appena detto che non l'hai ancora comprato, lo yacht.
- Beh - Vladimir Vladimirovič™ si imbarazzò ulteriormente, - Questo sarebbe un segreto militare... però a te lo dico... uff, con un sottomarino.
- E cosa ci fanno i sottomarini russi nel Mediterraneo? - Jacques Chirac si stupì ancora di più.
- Che differenza fa per te? Ci navigano, - Vladimir Vladimirovič™ si stava innervosendo un po' - Sott'acqua.
- Strano, però... - borbottò pensosamente Jacques Chirac - Ma allora perché ti interessa il surriscaldamento globale?
- Beh, come perché? - si sbalordì Vladimir Vladimirovič™, - Riscalderemo, per così dire, i ghiacci artici, e ci potremo andare con lo yacht. Lì sì che è interessante. Solo che lo yacht non ci arriva, ci passi solo con i rompighiacci. Hai sentito che ci è entrato uno squalo nella Neva?
- Aspetta, - Jacques Chirac non capiva, - Io però con il surriscaldamento globale voglio fare il contrario: lottarci. Non bisogna sciogliere i ghiacci dell'Artico! La Russia finirà sott'acqua!
- Bratello! - Vladimir Vladimirovič™ scoppiò a ridere, - Ci finirà dopo il 2008!
- Beh, e allora? - domandò Jacques Chirac.
- E allora non sarà più affar mio! - rispose Vladimir Vladimirovič™, - Onorerò la costituzione! E allora mettimi pure nella tua fondazione. Sarà quello il mio posto tra le file.
E Vladimir Vladimirovič™ riagganciò.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
- Ascolta, bratello, - disse Jacques Chirac, - Cosa farai quando non sarai più presidente?
- Non lo so ancora, - rispose Vladimir Vladimirovič™, - Mi troverò un posto tra le file.
- Ma allora vieni con noi, - propose Jacques Chirac, - Ho messo su una fondazione. Come Clinton. Ci occuperemo dei problemi del surriscaldamento globale.
- Surriscaldamento globale? - si incuriosì Vladimir Vladimirovič™, - Interessante. Posso venire anch'io? Sì, proprio interessante, interessante... Ecco, perché io avrei questo yacht...
- Uno yacht? - si meravigliò Jacques Chirac, - E da dove salta fuori?
- Beh... - Vladimir Vladimirovič™ era imbarazzato, - Beh, è così, vorrei comprarlo... l'ho rimandato per un sacco di tempo. Insomma, voglio comprarne uno. Solo che non so dove andare a navigare. Il Mediterraneo l'ho già fatto.
- Con cosa, l'hai fatto? - Jacques Chirac non capiva, - Ma se hai appena detto che non l'hai ancora comprato, lo yacht.
- Beh - Vladimir Vladimirovič™ si imbarazzò ulteriormente, - Questo sarebbe un segreto militare... però a te lo dico... uff, con un sottomarino.
- E cosa ci fanno i sottomarini russi nel Mediterraneo? - Jacques Chirac si stupì ancora di più.
- Che differenza fa per te? Ci navigano, - Vladimir Vladimirovič™ si stava innervosendo un po' - Sott'acqua.
- Strano, però... - borbottò pensosamente Jacques Chirac - Ma allora perché ti interessa il surriscaldamento globale?
- Beh, come perché? - si sbalordì Vladimir Vladimirovič™, - Riscalderemo, per così dire, i ghiacci artici, e ci potremo andare con lo yacht. Lì sì che è interessante. Solo che lo yacht non ci arriva, ci passi solo con i rompighiacci. Hai sentito che ci è entrato uno squalo nella Neva?
- Aspetta, - Jacques Chirac non capiva, - Io però con il surriscaldamento globale voglio fare il contrario: lottarci. Non bisogna sciogliere i ghiacci dell'Artico! La Russia finirà sott'acqua!
- Bratello! - Vladimir Vladimirovič™ scoppiò a ridere, - Ci finirà dopo il 2008!
- Beh, e allora? - domandò Jacques Chirac.
- E allora non sarà più affar mio! - rispose Vladimir Vladimirovič™, - Onorerò la costituzione! E allora mettimi pure nella tua fondazione. Sarà quello il mio posto tra le file.
E Vladimir Vladimirovič™ riagganciò.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
martedì, maggio 15, 2007
VVP e Surkov
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin e il vice capo della sua Amministrazione Vladislav Jur'evič Surkov sedevano sul tetto del palazzo presidenziale a bere birra e a mangiare vobla*.
- Ascolta, bratello, - disse Vladimir Vladimirovič™, osservando un gruppo di turisti cinesi che passeggiava per la Piazza Rossa, - Tu cosa farai, dopo?
- Dopo quando? - Vladislav Jur'evič non capiva.
- Ma sì, quando tutto questo finirà, - rispose Vladimir Vladimirovič™, - Quando smetterò di essere presidente.
- Ma io non smetterò di essere vice capo, - Vladislav Jur'evič si strinse nelle spalle, - I capi se ne vanno, i vice restano. Per me è già il terzo capo, e io... nulla, resterò.
- Non capisci, - disse Vladimir Vladimirovič™, - Che non piaci a nessuno. Come Zurabov**.
- Beh, e allora? - Vladislav Jur'evič fece spallucce, - Zurabov non piace a nessuno, eppure se ne resta lì. Anche se non sa far altro che sgraffignare soldi. Invece io ho il cannone psicotronico. E poi...
Vladislav Jur'evič fece vagare pensosamente lo sguardo oltre la Piazza Rossa, oltre il Museo Storico, oltre lo scheletro di cemento dell'hotel "Moskva", fino alla massa grigia del palazzo della Duma.
- E poi sono l'unico a sapere dove stanno i pulsanti di quelli lì, - disse piano Vladislav Jur'evič.
Vladimir Vladimirovič™ sospirò.
*pesce del Caspio, che salato e affumicato si accompagna tradizionalmente alla birra (pivo i vobla, appunto).
**Michail Jur'evič Zurabov, ministro della sanità e dello sviluppo sociale, molto contestato per una riforma che ha privato i pensionati dei benefici sociali concessi in epoca sovietica, compensandoli con indennizzi ritenuti insoddisfacenti.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
- Ascolta, bratello, - disse Vladimir Vladimirovič™, osservando un gruppo di turisti cinesi che passeggiava per la Piazza Rossa, - Tu cosa farai, dopo?
- Dopo quando? - Vladislav Jur'evič non capiva.
- Ma sì, quando tutto questo finirà, - rispose Vladimir Vladimirovič™, - Quando smetterò di essere presidente.
- Ma io non smetterò di essere vice capo, - Vladislav Jur'evič si strinse nelle spalle, - I capi se ne vanno, i vice restano. Per me è già il terzo capo, e io... nulla, resterò.
- Non capisci, - disse Vladimir Vladimirovič™, - Che non piaci a nessuno. Come Zurabov**.
- Beh, e allora? - Vladislav Jur'evič fece spallucce, - Zurabov non piace a nessuno, eppure se ne resta lì. Anche se non sa far altro che sgraffignare soldi. Invece io ho il cannone psicotronico. E poi...
Vladislav Jur'evič fece vagare pensosamente lo sguardo oltre la Piazza Rossa, oltre il Museo Storico, oltre lo scheletro di cemento dell'hotel "Moskva", fino alla massa grigia del palazzo della Duma.
- E poi sono l'unico a sapere dove stanno i pulsanti di quelli lì, - disse piano Vladislav Jur'evič.
Vladimir Vladimirovič™ sospirò.
*pesce del Caspio, che salato e affumicato si accompagna tradizionalmente alla birra (pivo i vobla, appunto).
**Michail Jur'evič Zurabov, ministro della sanità e dello sviluppo sociale, molto contestato per una riforma che ha privato i pensionati dei benefici sociali concessi in epoca sovietica, compensandoli con indennizzi ritenuti insoddisfacenti.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
lunedì, maggio 14, 2007
VVP e il re dell'alluminio
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva nel suo studio all'interno del Cremlino e lavorava ad alcuni documenti. A un tratto sulla scrivania di Vladimir Vladimirovič™ squillò il telefono. Vladimir Vladimirovič™ sollevò immediatamente la cornetta.
- Ascolta, bratello, - nel ricevitore risuonò la voce del presidente della compagnia "Russkij Aljuminij" Oleg Vladimirovič Deripaska, - Non è che potresti prestarmi dei soldi?
- Quanti? - domandò con tono professionale Vladimir Vladimirovič™.
- Un miliardo, - rispose Oleg Vladimirovič, - Sì, boh, anche un po' meno... quanto ce n'è.
- Un miliardo?! - ripeté allibito Vladimir Vladimirovič™, - E a cosa ti serve?
- Voglio comprarmi la Chrysler, - disse Oleg Vladimirovič, - Ma non mi bastano i soldi.
- Per un miliardo?! - Vladimir Vladimirovič™ si stupì ancora di più, - Cos'è, un nuovo modello?
- Ma no, - spiegò Oleg Vladimirovič, - Voglio comprarmi tutta la compagnia. Però ho solo cinque miliardi. Mi sembra poco.
- Bratello, - disse Vladimir Vladimirovič™, - Adesso spiegami una cosa semplicissima. Perché continui a comprare le peggiori compagnie automobilistiche del mondo? Eh? Perché non ti compri anche solo una compagnia di quelle normali? Non so... la BMW, per esempio? O, nella peggiore delle ipotesi, la Toyota?
- E che me ne faccio, per quei soldi? - borbottò Oleg Vladimirovič, - Io mica voglio produrre automobili.
- E cosa vuoi fare? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Ma chiaro, - rispose Oleg Vladimirovič, - Vendere alluminio. Peggiore è la fabbrica, più alluminio compra. E, tra l'altro, peggiori sono le automobili, più benzina consumano. E anche questo è ottimo per gli affari.
- Ma allora... - Vladimir Vladimirovič™ continuava a non capire, - Vuoi venderti da solo l'alluminio? Come Chodorkovskij?
- Vorrei, sì, - rispose tranquillamente Oleg Vladimirovič, - E allora, me li dai 'sti soldi?
- Beh, qui non ne ho così tanti... - disse Vladimir Vladimirovič™, - Magari dopo gli stipendi?
- Sarà già tardi, - disse Oleg Vladimirovič, e riagganciò.
Vladimir Vladimirovič™ volse pensosamente lo sguardo verso la presidenziale finestra.
da: vladimir.vladimirovich.ru
A proposito di Deripaska e la Chrysler, link. È notizia delle ultime ore che l'80% della Chrysler è stato venduto al fondo di private equity Cerberus.
- Ascolta, bratello, - nel ricevitore risuonò la voce del presidente della compagnia "Russkij Aljuminij" Oleg Vladimirovič Deripaska, - Non è che potresti prestarmi dei soldi?
- Quanti? - domandò con tono professionale Vladimir Vladimirovič™.
- Un miliardo, - rispose Oleg Vladimirovič, - Sì, boh, anche un po' meno... quanto ce n'è.
- Un miliardo?! - ripeté allibito Vladimir Vladimirovič™, - E a cosa ti serve?
- Voglio comprarmi la Chrysler, - disse Oleg Vladimirovič, - Ma non mi bastano i soldi.
- Per un miliardo?! - Vladimir Vladimirovič™ si stupì ancora di più, - Cos'è, un nuovo modello?
- Ma no, - spiegò Oleg Vladimirovič, - Voglio comprarmi tutta la compagnia. Però ho solo cinque miliardi. Mi sembra poco.
- Bratello, - disse Vladimir Vladimirovič™, - Adesso spiegami una cosa semplicissima. Perché continui a comprare le peggiori compagnie automobilistiche del mondo? Eh? Perché non ti compri anche solo una compagnia di quelle normali? Non so... la BMW, per esempio? O, nella peggiore delle ipotesi, la Toyota?
- E che me ne faccio, per quei soldi? - borbottò Oleg Vladimirovič, - Io mica voglio produrre automobili.
- E cosa vuoi fare? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Ma chiaro, - rispose Oleg Vladimirovič, - Vendere alluminio. Peggiore è la fabbrica, più alluminio compra. E, tra l'altro, peggiori sono le automobili, più benzina consumano. E anche questo è ottimo per gli affari.
- Ma allora... - Vladimir Vladimirovič™ continuava a non capire, - Vuoi venderti da solo l'alluminio? Come Chodorkovskij?
- Vorrei, sì, - rispose tranquillamente Oleg Vladimirovič, - E allora, me li dai 'sti soldi?
- Beh, qui non ne ho così tanti... - disse Vladimir Vladimirovič™, - Magari dopo gli stipendi?
- Sarà già tardi, - disse Oleg Vladimirovič, e riagganciò.
Vladimir Vladimirovič™ volse pensosamente lo sguardo verso la presidenziale finestra.
da: vladimir.vladimirovich.ru
A proposito di Deripaska e la Chrysler, link. È notizia delle ultime ore che l'80% della Chrysler è stato venduto al fondo di private equity Cerberus.
La Pobeda era bella per il nonno e sua sorella
Nei commenti si parlava di nomi d'auto più o meno appropriati: ho appena scoperto un link perfettamente in tema. "Avtomobilnaja azbuka", l'alfabeto automobilistico, edizioni "Biblioteca Giardino d'Infanzia". Quasi tutte le lettere sono associate a una marca e accompagnate da una rima. Per esempio - traduzione liberissima - "Gli zietti nostri cari - in garage han la Ferrari", "Con la Volga zio Tobia - con la Volvo zia Maria" e "La Pobeda era bella - per il nonno e sua sorella". Straordinariamente educativo.
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Vaghe stelle dell'URSS
domenica, maggio 13, 2007
I tibla, gli hacker e la NATO
Il ministro degli esteri estone chiede alla NATO di equiparare i ciber-attacchi ad azioni militari - Il ministro degli esteri estone Jak Aaviksoo lunedì parteciperà a Bruxelles all'incontro tra i ministri degli esteri dell'Unione Europea, dove tra le altre questioni intende proporre che i ciber-attacchi contro un paese della NATO vengano considerati alla stregua di azioni militari.
Gli hacker hanno preso di mira siti istituzionali e altri siti estoni dopo la decisione del governo di dare il via ai lavori di esumazione dei soldati russi sepolti sotto il memoriale sovietico nel centro di Tallinn e allo spostamento del monumento. Sotto attacco sono finiti in particolare i siti del presidente, del governo, del parlamento, del ministero degli esteri, della polizia e di altri dipartimenti, nonché quello del partito riformista.
"Attualmente per la NATO i ciber-attacchi non equivalgono ad attacchi militari. Questo significa che alle loro vittime non si estende automaticamente l'articolo quinto della NATO sulla difesa militare. Attualmente nella NATO nessun ministro degli esteri ha riconosciuto che i ciber-attacchi sono azioni militari. Ma è una questione che dovrà essere risolta prossimamente", ha affermato Aaviksoo secondo l'ufficio stampa del ministero degli esteri. (RIA-Novosti)
Ok. L'Estonia vuole applicare l'articolo 5 della NATO e attaccare gli hacker russi. Cioè, la Russia. Mica bagigi.
Tra le vittime degli hacker, tra l'altro, non ci sono solo le istituzioni. Ci sono anche siti di oneste compagnie private che hanno dovuto subire oltraggi come questo:
(Più o meno: "Il nostro onore - la nostra libertà - la nostra vittoria.
Ronda web - Infamia estone").
Sono davvero brutte cose. Anche perché il sito dell'agenzia di affittanze era ben lindo e carino:
e si preoccupava di specificare "tiblasi (venelasi) me ei teeninda!", "non serviamo tibla (russi)!".
(Fonte: Regnum.ru)
Russi in estone si dice venelased. Tibla è un termine dispregiativo: così venivano chiamati i soldati dell'Armata Rossa negli anni 1918-20, 1940-41 e 1944. Sull'uso del termine c'è ovviamente una reciproca attribuzione di colpa tra russi ed estoni; comunque deriva dal russo "Ty, blja" (blja è una parola molto versatile, che può essere usata come imprecazione o come insulto). L'espressione è tornata in auge nel lessico estone nel 1991. Nel 2002 su uno dei maggiori quotidiani estoni, l'Eesti Päevaleht, è apparsa una pubblicità con la scritta: "Ei loe Eesti Päevalehte? Järelikult tibla!", "Non leggi l'Eesti Päevaleht? Significa che sei un tibla!"
Che eleganza.
(Non vedo l'ora di poter applicare l'articolo 5 della NATO agli Haloniomi. Il modo di dire di oggi, quindi, è "нет худа без добра", net chùda bez dobrà, non tutto il male vien per nuocere).
Gli hacker hanno preso di mira siti istituzionali e altri siti estoni dopo la decisione del governo di dare il via ai lavori di esumazione dei soldati russi sepolti sotto il memoriale sovietico nel centro di Tallinn e allo spostamento del monumento. Sotto attacco sono finiti in particolare i siti del presidente, del governo, del parlamento, del ministero degli esteri, della polizia e di altri dipartimenti, nonché quello del partito riformista.
"Attualmente per la NATO i ciber-attacchi non equivalgono ad attacchi militari. Questo significa che alle loro vittime non si estende automaticamente l'articolo quinto della NATO sulla difesa militare. Attualmente nella NATO nessun ministro degli esteri ha riconosciuto che i ciber-attacchi sono azioni militari. Ma è una questione che dovrà essere risolta prossimamente", ha affermato Aaviksoo secondo l'ufficio stampa del ministero degli esteri. (RIA-Novosti)
Ok. L'Estonia vuole applicare l'articolo 5 della NATO e attaccare gli hacker russi. Cioè, la Russia. Mica bagigi.
Tra le vittime degli hacker, tra l'altro, non ci sono solo le istituzioni. Ci sono anche siti di oneste compagnie private che hanno dovuto subire oltraggi come questo:
(Più o meno: "Il nostro onore - la nostra libertà - la nostra vittoria.
Ronda web - Infamia estone").
Sono davvero brutte cose. Anche perché il sito dell'agenzia di affittanze era ben lindo e carino:
e si preoccupava di specificare "tiblasi (venelasi) me ei teeninda!", "non serviamo tibla (russi)!".
(Fonte: Regnum.ru)
Russi in estone si dice venelased. Tibla è un termine dispregiativo: così venivano chiamati i soldati dell'Armata Rossa negli anni 1918-20, 1940-41 e 1944. Sull'uso del termine c'è ovviamente una reciproca attribuzione di colpa tra russi ed estoni; comunque deriva dal russo "Ty, blja" (blja è una parola molto versatile, che può essere usata come imprecazione o come insulto). L'espressione è tornata in auge nel lessico estone nel 1991. Nel 2002 su uno dei maggiori quotidiani estoni, l'Eesti Päevaleht, è apparsa una pubblicità con la scritta: "Ei loe Eesti Päevalehte? Järelikult tibla!", "Non leggi l'Eesti Päevaleht? Significa che sei un tibla!"
Che eleganza.
(Non vedo l'ora di poter applicare l'articolo 5 della NATO agli Haloniomi. Il modo di dire di oggi, quindi, è "нет худа без добра", net chùda bez dobrà, non tutto il male vien per nuocere).
sabato, maggio 12, 2007
Comunicazione di servizio
Il branco di Haloniomi che gestisce i commenti è oggi assente per partecipare all'Haloniomo Day e a Coraggio Haloniomo. I commenti verranno pertanto registrati ma non visualizzati. Portate pazienza ancora per un po'.
Operazione nostalgia: e quella volta che gli Haloniomi hanno fatto esperimenti spaziotemporali?
Era il 13 giugno; non eravamo ancora quattro volte campioni del mondo.
Che botta di tenerezza.
Baci,
Operazione nostalgia: e quella volta che gli Haloniomi hanno fatto esperimenti spaziotemporali?
Era il 13 giugno; non eravamo ancora quattro volte campioni del mondo.
Che botta di tenerezza.
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Voglio quella sulla pulizia etnica, ce l'ha la Large?
Da Burton's, un nota catena britannica di abbigliamento maschile, fino pochi giorni fa era in vendita una t-shirt: economica, sobria, quasi anonima, non fosse stato per una scritta in cirillico attorno al disegno dell'aquila a due teste, "Очистим Русь от Всех Нерусских!", "Ripuliamo la Russia da tutti i non russi!" (la scelta di Русь, versione arcaica, sottolinea il sentimento etnico), tipica frase neonazista.
Un giovane cliente se ne accorge e avverte il personale. È risultato che la compagnia era già stata allertata da una dipendente, che aveva tradotto più blandamente la scritta con "La Russia a quelli che parlano russo", e ha deciso di ritirare la maglietta da tutte le filiali e dal negozio online. Odio etnico non buono.
Una portavoce della compagnia ha detto al Guardian che 6000 di quelle magliette erano state acquistate da un fornitore abituali. La libera traduzione che era stata data era "Sii orgoglioso della Russia". Come no.
Il Guardian elenca altre celebri gaffe di alcuni marchi commerciali:
Lo slogan della birra Coors, "Turn it Loose", tradotto in spagnolo diventava "Ti venga un attacco di diarrea". È stato sostituito con "Won't Slow You Down", che suonava decisamente meno allarmante all'orecchio spagnolo.
Nel 1996 la Reebok ha chiamato una scarpa da tennis femminile "Incubus". Purtroppo Incubus, secondo la mitologia medievale, era un demone che piombava sulle donne addormentate, violentandole e a volte uccidendole (e comunque, per usare l'eufemismo di Wikipedia, lasciandole "in pessime condizioni di salute").
Pare che lo slogan della Coca Cola, "Coke Adds Life", sia stato tradotto in tailandese "Coca cola riporta i tuoi antenati dal regno dei morti".
Quando la Ford lanciò la Pinto in Brasile fu costretta a cambiarle il nome: "pinto" sarebbe un termine gergale per "genitali maschili di piccole dimensioni". Figuriamoci.
Link
Un giovane cliente se ne accorge e avverte il personale. È risultato che la compagnia era già stata allertata da una dipendente, che aveva tradotto più blandamente la scritta con "La Russia a quelli che parlano russo", e ha deciso di ritirare la maglietta da tutte le filiali e dal negozio online. Odio etnico non buono.
Una portavoce della compagnia ha detto al Guardian che 6000 di quelle magliette erano state acquistate da un fornitore abituali. La libera traduzione che era stata data era "Sii orgoglioso della Russia". Come no.
Il Guardian elenca altre celebri gaffe di alcuni marchi commerciali:
Lo slogan della birra Coors, "Turn it Loose", tradotto in spagnolo diventava "Ti venga un attacco di diarrea". È stato sostituito con "Won't Slow You Down", che suonava decisamente meno allarmante all'orecchio spagnolo.
Nel 1996 la Reebok ha chiamato una scarpa da tennis femminile "Incubus". Purtroppo Incubus, secondo la mitologia medievale, era un demone che piombava sulle donne addormentate, violentandole e a volte uccidendole (e comunque, per usare l'eufemismo di Wikipedia, lasciandole "in pessime condizioni di salute").
Pare che lo slogan della Coca Cola, "Coke Adds Life", sia stato tradotto in tailandese "Coca cola riporta i tuoi antenati dal regno dei morti".
Quando la Ford lanciò la Pinto in Brasile fu costretta a cambiarle il nome: "pinto" sarebbe un termine gergale per "genitali maschili di piccole dimensioni". Figuriamoci.
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venerdì, maggio 11, 2007
Il ladro e il cappello
La Russia ha assicurato agli Stati Uniti che Putin non li ha paragonati al Terzo Reich - Il capo ufficio stampa della Casa Bianca ha dichiarato che l'amministrazione degli Stati Uniti ha ricevuto da parte russa l'assicurazione che il presidente russo Vladimir Putin non intendeva paragonare la politica americana a quella della Germania fascista nel discorso tenuto in occasione del 62° anniversario della Vittoria sul nazismo. (Interfaks)
Cosa ci ha combinato stavolta Putin nel suo discorso del 9 maggio? Traduciamo letteralmente da qui (vado al punto saliente).
"La Giornata della Vittoria non unisce e accomuna solo i cittadini russi ma anche i nostri vicini della Comunità degli Stati Indipendenti. Siamo profondamente grati alla generazione di persone alle quali è toccato il duro destino della guerra. Ci hanno consegnato la loro tradizione di fratellanza e solidarietà, la loro esperienza ottenuta davvero dopo molte sofferenze. E noi conserveremo come cose sacre questa memoria e la sua eredità storica.
Coloro che cercano oggi di sminuire quest'esperienza inestimabile e profanano i monumenti agli eroi di guerra insultano il popolo e seminano l'inimicizia e la diffidenza tra i paesi e tra le persone.
Non abbiamo il diritto di dimenticare che le cause di ogni guerra vanno anzitutto ricercate negli sbagli e nei calcoli errati fatti in tempo di pace, e che le loro radici sono nell'ideologia dello scontro e dell'estremismo. Tanto più oggi che queste minacce non stanno diminuendo. Si stanno semplicemente trasformando, cambiano aspetto. E in queste nuove minacce, come ai tempi del Terzo Reich, c'è lo stesso disprezzo per la vita umana e la stessa aspirazione a stabilire una supremazia esclusiva sul mondo.
Sono convinto che solo la responsabilità collettiva e la collaborazione alla pari possano far fronte a queste sfide e possano permetterci di unire le nostre forze per contrastare qualsiasi tentativo di scatenare nuovi conflitti armati e minare la sicurezza mondiale".
Disprezzo per la vita umana e pretese al dominio esclusivo del mondo: non saranno mica gli Stati Uniti, come hanno affermato tra gli altri il New York Times, l'International Herald Tribune e il Chicago Tribune rendendo necessaria la smentita ufficiale? In casi come questo i russi dicono na vore šapka gorit: "al ladro sta bruciando il cappello", cioè chi si scusa si accusa (sapevatelo: un giorno, nella necessità di smascherare un ladro, qualcuno in mezzo alla folla disse "guardate, al ladro sta bruciando il cappello!", al che il ladro si portò le mani alla testa, tradendosi. È che stavolta gli Stati Uniti un po' di caldo alla testa dovevano sentirlo, per forza).
Cosa ci ha combinato stavolta Putin nel suo discorso del 9 maggio? Traduciamo letteralmente da qui (vado al punto saliente).
"La Giornata della Vittoria non unisce e accomuna solo i cittadini russi ma anche i nostri vicini della Comunità degli Stati Indipendenti. Siamo profondamente grati alla generazione di persone alle quali è toccato il duro destino della guerra. Ci hanno consegnato la loro tradizione di fratellanza e solidarietà, la loro esperienza ottenuta davvero dopo molte sofferenze. E noi conserveremo come cose sacre questa memoria e la sua eredità storica.
Coloro che cercano oggi di sminuire quest'esperienza inestimabile e profanano i monumenti agli eroi di guerra insultano il popolo e seminano l'inimicizia e la diffidenza tra i paesi e tra le persone.
Non abbiamo il diritto di dimenticare che le cause di ogni guerra vanno anzitutto ricercate negli sbagli e nei calcoli errati fatti in tempo di pace, e che le loro radici sono nell'ideologia dello scontro e dell'estremismo. Tanto più oggi che queste minacce non stanno diminuendo. Si stanno semplicemente trasformando, cambiano aspetto. E in queste nuove minacce, come ai tempi del Terzo Reich, c'è lo stesso disprezzo per la vita umana e la stessa aspirazione a stabilire una supremazia esclusiva sul mondo.
Sono convinto che solo la responsabilità collettiva e la collaborazione alla pari possano far fronte a queste sfide e possano permetterci di unire le nostre forze per contrastare qualsiasi tentativo di scatenare nuovi conflitti armati e minare la sicurezza mondiale".
Disprezzo per la vita umana e pretese al dominio esclusivo del mondo: non saranno mica gli Stati Uniti, come hanno affermato tra gli altri il New York Times, l'International Herald Tribune e il Chicago Tribune rendendo necessaria la smentita ufficiale? In casi come questo i russi dicono na vore šapka gorit: "al ladro sta bruciando il cappello", cioè chi si scusa si accusa (sapevatelo: un giorno, nella necessità di smascherare un ladro, qualcuno in mezzo alla folla disse "guardate, al ladro sta bruciando il cappello!", al che il ladro si portò le mani alla testa, tradendosi. È che stavolta gli Stati Uniti un po' di caldo alla testa dovevano sentirlo, per forza).
VVP e il cimitero
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin e il vice capo della sua Amministrazione Vladislav Jur'evič Surkov sedevano nello studio all'interno del Cremlino a guardare le fotografie dei funerali del pensionato Boris Nikolaevič El'cin e del musicista Mstislav Leopol'dovič Rostropovič.
- Va' che bel cimitero... - borbottò pensosamente Vladimir Vladimirovič™, rigirando le fotografie tra le presidenziali dita, - Eh, bratello?
- Già, niente male, - annuì Vladislav Jur'evič, - Peccato che sia tanto piccolo. Praticamente non c'è più posto.
- Ma va'? - si stupì Vladimir Vladimirovič™, - Peccato. A me... lì... certo, sarebbe piaciuto...
- Tocchiamo ferro, - rispose Vladislav Jur'evič, - Noi tutti abbiamo un gran bisogno di te.
- Ohi, per favore, non ricominciare... - Vladimir Vladimirovič™ agitò una mano, - Terzo mandato... trentatreesimo mandato... tutta la vita... No. Ma che bel cimitero. Forse si potrebbe ampliare?
- Lì vicino c'è un monastero, - rispose Vladislav Jur'evič, - Possiamo chiuderlo.
- No, no non va bene, - Vladimir Vladimirovič™ scosse il presidenziale capo, - Il patriarca non capirebbe. A proposito, lui dove lo seppelliremo? Di fronte a El'cin?
- Tocchiamo ferro! - disse Vladislav Jur'evič, - Ma che idee ti vengono, io non capisco. Non vuoi buttar giù il monastero? Allora ci limitiamo a chiudere Novodevič'e. Diciamo che non c'è più posto. E il posto che rimane ce lo prendiamo noi. In futuro.
- Ecco, buona idea... - borbottò Vladimir Vladimirovič™, - Chiudiamolo. Telefona a qualcuno. A Kožin, il capo della tesoreria, per esempio. Che faccia un annuncio...
- Ecco, me lo sono scritto, - annuì Vladislav Jur'evič, prendendosi un appunto, - Dove ti piacerebbe stare: sul viale centrale o vicino ai loculi?
Vladimir Vladimirovič™ fissò stupito Vladislav Jur'evič.
Vladislav Jur'evič si strinse nelle spalle e prese un altro appunto sul suo bloc notes.
da: vladimir.vladimirovich.ru
- Va' che bel cimitero... - borbottò pensosamente Vladimir Vladimirovič™, rigirando le fotografie tra le presidenziali dita, - Eh, bratello?
- Già, niente male, - annuì Vladislav Jur'evič, - Peccato che sia tanto piccolo. Praticamente non c'è più posto.
- Ma va'? - si stupì Vladimir Vladimirovič™, - Peccato. A me... lì... certo, sarebbe piaciuto...
- Tocchiamo ferro, - rispose Vladislav Jur'evič, - Noi tutti abbiamo un gran bisogno di te.
- Ohi, per favore, non ricominciare... - Vladimir Vladimirovič™ agitò una mano, - Terzo mandato... trentatreesimo mandato... tutta la vita... No. Ma che bel cimitero. Forse si potrebbe ampliare?
- Lì vicino c'è un monastero, - rispose Vladislav Jur'evič, - Possiamo chiuderlo.
- No, no non va bene, - Vladimir Vladimirovič™ scosse il presidenziale capo, - Il patriarca non capirebbe. A proposito, lui dove lo seppelliremo? Di fronte a El'cin?
- Tocchiamo ferro! - disse Vladislav Jur'evič, - Ma che idee ti vengono, io non capisco. Non vuoi buttar giù il monastero? Allora ci limitiamo a chiudere Novodevič'e. Diciamo che non c'è più posto. E il posto che rimane ce lo prendiamo noi. In futuro.
- Ecco, buona idea... - borbottò Vladimir Vladimirovič™, - Chiudiamolo. Telefona a qualcuno. A Kožin, il capo della tesoreria, per esempio. Che faccia un annuncio...
- Ecco, me lo sono scritto, - annuì Vladislav Jur'evič, prendendosi un appunto, - Dove ti piacerebbe stare: sul viale centrale o vicino ai loculi?
Vladimir Vladimirovič™ fissò stupito Vladislav Jur'evič.
Vladislav Jur'evič si strinse nelle spalle e prese un altro appunto sul suo bloc notes.
da: vladimir.vladimirovich.ru
giovedì, maggio 10, 2007
Falso Allarme per Papavero su Monetina
Nel 2004 il Canada, per commemorare i suoi 117.000 caduti in guerra, ha coniato 30 milioni di monetine da 25 centesimi che raffigurano un papavero rosso al centro della tradizionale foglia d'acero. Il papavero, in Canada come in altri paesi, è il fiore dei veterani di guerra: l'uso risale agli anni Venti del secolo scorso, ed è condiviso almeno da America, Gran Bretagna, Francia, Australia, Nuova Zelanda e - appunto - Canada. Neanche a noi italiani l'associazione d'idee è del tutto estranea, sarà per la rima fossi-papaveri rossi. Comunque: se sei americano, britannico, francese, australiano, neozelandese o canadese e ti trovi in tasca un quarto di dollaro con un papavero rosso e la scritta "remember souvenir", dovresti sapere come reagire.
Eccezione: alcuni contractor dell'Esercito degli Stati Uniti, che trovano la monetina sospetta e fanno rapporto, descrivendola come "anomala" e riempita di "qualcosa di artigianale che sa di nanotecnologia".
La "nanotecnologia" è un normale rivestimento applicato dalla Zecca canadese per impedire che il rosso del papavero sbiadisca.
Mettiamoci nei panni del diligente contractor: trova questa strana monetina nel vano portaoggetti di una macchina a noleggio. La gira e la rigira tra le dita, pensa "diversi stati... uhm... natura non elettronica... analogica... bla... nanotecnologie...". Un altro contractor pensa che qualcuno gli abbia messo due di quelle monetine in tasca. Perché lui le svuota sempre, le tasche, e tiene gli spiccioli in una busta di plastica.
Così il Dipartimento della Difesa americano lancia un allarme spionaggio. Resta solo da determinare se si tratti di spionaggio militare o industriale. Naturalmente in seguito l'allarme rientra, ma l'Associated Press riesce a procurarsi il rapporto di 29 pagine e lo diffonde.
Questa è chiara disinformazione, una manovra dei media ostili per screditare il Dipartimento della Difesa americano. Come possono gli Stati Uniti scambiare una monetina per una microspia? Dopotutto i soldi passano di mano, no? Chi potrebbe ricorrere alle nanotecnologie e poi smaltarle di rosso? Avete mai visto una cimice che brilla al buio? In questo caso non si chiamerebbe lucciola? Perché non metterci, già che ci siamo, un piccolo dispositivo sonoro che emette un inquietante "uiiiiiuuuuuu-uiuuuuuuuu"? Quindi la notizia è falsa come una monetina da 30 cent. Chiaro.
Link
A questo punto, aprirei un dibattito sui cavalli lipizzani raffigurati sulla moneta da 20 centesimi slovena. Non solo c'è il sospetto di una contesa con l'Austria (Lipica è in Slovenia, però la fama della razza è merito della Scuola di Equitazione di Vienna), ma l'altro giorno mentre intascavo il resto mi è sembrato che Pino Silvestre e il suo amichetto mi facessero l'occhiolino. Io le nanotecnologie non le reggo.
Eccezione: alcuni contractor dell'Esercito degli Stati Uniti, che trovano la monetina sospetta e fanno rapporto, descrivendola come "anomala" e riempita di "qualcosa di artigianale che sa di nanotecnologia".
La "nanotecnologia" è un normale rivestimento applicato dalla Zecca canadese per impedire che il rosso del papavero sbiadisca.
Mettiamoci nei panni del diligente contractor: trova questa strana monetina nel vano portaoggetti di una macchina a noleggio. La gira e la rigira tra le dita, pensa "diversi stati... uhm... natura non elettronica... analogica... bla... nanotecnologie...". Un altro contractor pensa che qualcuno gli abbia messo due di quelle monetine in tasca. Perché lui le svuota sempre, le tasche, e tiene gli spiccioli in una busta di plastica.
Così il Dipartimento della Difesa americano lancia un allarme spionaggio. Resta solo da determinare se si tratti di spionaggio militare o industriale. Naturalmente in seguito l'allarme rientra, ma l'Associated Press riesce a procurarsi il rapporto di 29 pagine e lo diffonde.
Questa è chiara disinformazione, una manovra dei media ostili per screditare il Dipartimento della Difesa americano. Come possono gli Stati Uniti scambiare una monetina per una microspia? Dopotutto i soldi passano di mano, no? Chi potrebbe ricorrere alle nanotecnologie e poi smaltarle di rosso? Avete mai visto una cimice che brilla al buio? In questo caso non si chiamerebbe lucciola? Perché non metterci, già che ci siamo, un piccolo dispositivo sonoro che emette un inquietante "uiiiiiuuuuuu-uiuuuuuuuu"? Quindi la notizia è falsa come una monetina da 30 cent. Chiaro.
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A questo punto, aprirei un dibattito sui cavalli lipizzani raffigurati sulla moneta da 20 centesimi slovena. Non solo c'è il sospetto di una contesa con l'Austria (Lipica è in Slovenia, però la fama della razza è merito della Scuola di Equitazione di Vienna), ma l'altro giorno mentre intascavo il resto mi è sembrato che Pino Silvestre e il suo amichetto mi facessero l'occhiolino. Io le nanotecnologie non le reggo.
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Salve per la Regina
"La Regina è stata salutata con 21 colpi a salve. 22, se contiamo anche quello che è partito accidentalmente a Cheney".
Jay Leno, citato da USNews.
Jay Leno, citato da USNews.
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mercoledì, maggio 09, 2007
VVP e l'Estonia
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva nel suo studio all'interno del Cremlino intento a colorare con i pastelli le presidenziali carte mute. Vladimir Vladimirovič™ disegnò con molta cura un cerchietto rosso al posto di San Pietroburgo. Poi tracciò in nero i confini della Lituania e della Finlandia. In seguito Vladimir Vladimirovič™ prese un pastello blu e con esso dipinse diligentemente l'Estonia. Sul blu Vladimir Vladimirovič™ scrisse a lettere gialle: "Golfo di Finlandia".
Vladimir Vladimirovič™ si rilassò sulla presidenziale poltrona, contemplò la carta e si fece un'allegra risata.
A un tratto sulla scrivania di Vladimir Vladimirovič™ si mise a suonare l'apparato di comunicazione con i capi di stato stranieri. Vladimir Vladimirovič™ sollevò il ricevitore.
- Prontoooo! - nel ricevitore risuonò una voce lontana e sconosciuta. - Bratelloooo!
- Chi parla? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Sono Andruuss… - spiegò lentamente la voce lontana, - Andruuss Ansiipp. Priimo miniistro Estooonia.
- Chi? - si meravigliò Vladimir Vladimirovič™, - Ma quale Estonia, ancora? L'ho appena cancellata…
- Senti, bratellooo, - continuò imperturbabile la voce, - Non è che afete altro broonzo?
- Che bronzo? - Vladimir Vladimirovič™ continuava a non capire, - Con chi vuole parlare?
- Bratellooo, - rispose a Vladimir Vladimirovič™ il primo ministro dell'Estonia, - Noi esportiaamo mettallli non ferrooosi. E li appiamo finitti. Restaaava solllo fostro soldatto di brooonzo. Lo appiamo segato und venduto..
- Ma nel cimitero allora cosa c'è? - domandò Vladimir Vladimirovič™.
- Plastika! - rispose il primo ministro, - I nostri afefano pisogno di altro broonzo! Non zapevate?
- Ma va' al… - borbottò Vladimir Vladimirovič™ buttando giù il ricevitore.
Vladimir Vladimirovič™ guardò di nuovo la sua carta da colorare, poi prese un pastello verde e con decisione tracciò la linea del gasdotto baltico, che passava proprio per quel punto del Golfo di Finlandia dove un tempo si trovava l'Estonia.
da: vladimir.vladimirovich.ru
Vladimir Vladimirovič™ si rilassò sulla presidenziale poltrona, contemplò la carta e si fece un'allegra risata.
A un tratto sulla scrivania di Vladimir Vladimirovič™ si mise a suonare l'apparato di comunicazione con i capi di stato stranieri. Vladimir Vladimirovič™ sollevò il ricevitore.
- Prontoooo! - nel ricevitore risuonò una voce lontana e sconosciuta. - Bratelloooo!
- Chi parla? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Sono Andruuss… - spiegò lentamente la voce lontana, - Andruuss Ansiipp. Priimo miniistro Estooonia.
- Chi? - si meravigliò Vladimir Vladimirovič™, - Ma quale Estonia, ancora? L'ho appena cancellata…
- Senti, bratellooo, - continuò imperturbabile la voce, - Non è che afete altro broonzo?
- Che bronzo? - Vladimir Vladimirovič™ continuava a non capire, - Con chi vuole parlare?
- Bratellooo, - rispose a Vladimir Vladimirovič™ il primo ministro dell'Estonia, - Noi esportiaamo mettallli non ferrooosi. E li appiamo finitti. Restaaava solllo fostro soldatto di brooonzo. Lo appiamo segato und venduto..
- Ma nel cimitero allora cosa c'è? - domandò Vladimir Vladimirovič™.
- Plastika! - rispose il primo ministro, - I nostri afefano pisogno di altro broonzo! Non zapevate?
- Ma va' al… - borbottò Vladimir Vladimirovič™ buttando giù il ricevitore.
Vladimir Vladimirovič™ guardò di nuovo la sua carta da colorare, poi prese un pastello verde e con decisione tracciò la linea del gasdotto baltico, che passava proprio per quel punto del Golfo di Finlandia dove un tempo si trovava l'Estonia.
da: vladimir.vladimirovich.ru
9 maggio
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Vaghe stelle dell'URSS
martedì, maggio 08, 2007
La città, il vento: Buràn
Liberi tutti: è online il nuovo numero di Buràn. 28 scritture da 26 paesi, rinnovata veste grafica, tema "La Città" più una bella sezione "Immaginario".
Leggetelo con calma (è anche possibile scaricare i .pdf dei testi), dopo la sfibrante trasferta estone del Miro ve lo meritate.
Herr Effe ne parla qui.
[Grazie, di cuore: per il lavoro, la cura, l'attenzione. Per avermi fatto capire che una parte di me aveva bisogno di continuare a leggere il cirillico, e per la scia di meraviglie che lasciano queste scoperte].
Leggetelo con calma (è anche possibile scaricare i .pdf dei testi), dopo la sfibrante trasferta estone del Miro ve lo meritate.
Herr Effe ne parla qui.
[Grazie, di cuore: per il lavoro, la cura, l'attenzione. Per avermi fatto capire che una parte di me aveva bisogno di continuare a leggere il cirillico, e per la scia di meraviglie che lasciano queste scoperte].
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lunedì, maggio 07, 2007
Il punto di vista russo
Ed ecco l'opinione di un cittadino estone di etnia russa, dalla sezione russa di Delfi.
"L'autore non approva in alcun modo gli sciacalli e i provocatori di qualsiasi nazionalità. Assolutamente sobrio e - gli sembra - d'animo ragionevole, si è limitato a stare nei pressi della Biblioteca Nazionale in segno di protesta per le insincere e - secondo il suo punto di vista - illegali azioni del governo di Andrus Ansip nella notte del 27 aprile.
Integrazione europea
Le autorità estoni un po' di anni fa hanno fatto chiaramente capire una cosa ai russi che vivono in questo paese: 'Voi avete il vostro orticello, noi il nostro'. I russi obiettarono, 'Scusate, ma stiamo nello stesso cortile, a che serve un secondo orticello?'. No, niente da fare, hanno risposto loro. No voleva dire no. I russi organizzarono il loro orticello e cominciarono a farcela anche senza l'aiuto delle autorità. Be', lo stato ha voltato le spalle a un terzo della popolazione, ha detto che avrebbe aiutato chi si fosse aiutato da sé. E così i russi hanno fatto.
A un certo punto è risultato che i russi stavano troppo bene, così. E bisognava sottrarre qualcosa al loro orto. Perché il cortile adesso era di tutti. E sono arrivati poliziotti da tutto il paese, corpi speciali, cani, sono stati tirati fuori i lacrimogeni, le granate sonore, i proiettili di gomma ed è stato detto: adesso togliamo dal vostro orticello quello che ci dà fastidio. E quando i russi hanno chiesto 'scusate, ma per quale motivo?', è arrivata loro addosso tutta la macchina repressiva dello stato.
Dopo l'ingresso dell'Estonia nell'Unione Europea e nella NATO la nazione ha perso di vista i propri scopi, l'economia ha cominciato a svilupparsi in modo selvaggio, il bilancio dello stato si è gonfiato di denaro e si è presentata la possibilità di spartire somme che erano molto alte per gli standard locali. È cominciato il commercio di cariche, posti, posizioni. E la politica si è allontanata dalla vita.
La politica è stata semplicemente rimpiazzata dall'accettazione delle decisioni. Gli estoni sono un popolo ligio alle leggi: se gli si dice che è stata presa un certa decisione loro eseguono. Se qualcuno chiede perché la decisione è proprio quella, gli rispondono che è una questione di sicurezza nazionale.
A suo tempo un gruppo di sociologi ha cercato di spiegare alle autorità che non si fa così in uno stato democratico. Ma già allora i politici pensavano di essere loro, lo stato. Quando scoppiò la crisi di Lihula [nell'agosto del 2004 a Lihula fu inaugurato un monumento a un soldato estone in uniforme nazista; venne rimosso in seguito alle numerose proteste - anche della comunità internazionale - per riapparire in seguito a Lagedi, vicino a Tallinn. n.d.T.] il governo non riuscì a trovare in sé né le forze, né le competenze, né le conoscenze per una gestione democratica della società. In mancanza di questo la cosa più semplice è il ricorso alla forza. Di notte. Le conseguenze sono note.
Integrazione estone
L'attuale governo è tornato ai vecchi sistemi. Tra l'altro, la gente si è rivelata più intelligente delle autorità che continuavano a ripetere che bisognava rimuovere il Soldato di Bronzo dal Tõnismäe. Quando è diventato difficile continuare a ignorare le domande scomode dei giornalisti, si è consultata l'opinione pubblica: non un solo serio sondaggio ha dato i risultati su cui Ansip contava. La maggioranza della popolazione non si è pronunciata a favore della rimozione del monumento. E allora le autorità, a me sembra, hanno deciso di organizzare la provocazione alla Biblioteca Nazionale. Così l'operazione notturna è culminata nell'infuriare dei vandalismi, e il giorno successivo nelle manifestazioni di protesta e in altri disordini, e il governo si è non poco spaventato. La paura, come si sa, genera crudeltà. E con crudeltà sono stati trattati i manifestanti. E i curiosi che si erano uniti a loro. I russi sono stati picchiati per il loro disaccordo, ma i finlandesi, i tedeschi e gli svedesi, per quale motivo?
Le decisioni e le azioni del governo hanno infranto il fragile equilibrio della società, un equilibrio che le autorità definivano stabile e sicuro e che è stato spezzato da una decisione del governo. Ora il premier e i suoi ministri giustificano con tutte le forze le proprie iniziative, continuando a sottolineare l'illegalità delle azioni dei teppisti. Ma chi vuole mai difenderli?
Ma non interessa a nessuno sapere chi protestava davvero? E contro cosa protestava? E per quali motivi?
Se si considera questo, si vede che la politica di integrazione dell'Estonia finanziata dall'Unione Europea ha portato alla decisione di investire decine di milioni di corone nell'insegnamento della lingua estone. L'enorme bolla di denaro dell'integrazione è scoppiata e la coalizione di destra guidata da Ansip si è messa convulsamente a seguirne le tracce.
Ma se si spiegassero le origini della tragedia, allora Ansip farebbe meglio a dimettersi. Ha represso così bene questi russi che protestavano. Un morto, decine di feriti, migliaia di persone umiliate: questo è il prezzo che bisognava pagare per spostare il Soldato di Bronzo a due chilometri dal centro.
Ho già vissuto una situazione simile in epoca sovietica. Allora i problemi scomodi venivano soffocati con la forza nel sottosuolo. Si metteva in moto la macchina di repressione del dissenso, e in superficie era tutto tranquillo. Sento ancora sulla pelle l'atmosfera di allora: le persone che non erano d'accordo con il partito e con il governo erano oggetto di intimidazione e di repressione. Quando l'atmosfera di paura nella società si fa tesa, i siloviki sono quelli che stanno meglio: completa impunità e libertà di mentire. Che importa se bisognava rispettare una regola: per legge i poliziotti dovevano portare dei distintivi sul petto con il loro cognome. I distintivi chissà come cadevano quando cominciavano le operazioni di polizia!
Ricordo bene quei tempi. E mi dispiace molto per la società estone e per le persone ragionevoli che cercano di far capire alla gente il proprio disaccordo con le azioni del governo di Ansip, che ha mentito più volte pubblicamente alla società a proposito del monumento. Per molto meno altri si sarebbero dimessi, ma Ansip rimane: la delegazione della Duma russa, giunta in Estonia, ha dichiarato contravvenendo a tutte le norme della buona educazione che bisognava mandare a casa quell'Ansip. E la risposta è stata: non cederemo alle interferenze esterne.
Nella società si è cominciato a sentire odore di revanscismo: è apparsa finalmente la possibilità di pareggiare i vecchi conti con i russi. Adesso abbiamo la polizia, le granate sonore e tutto il resto, come ha osservato con amara ironia l'intellettuale estone Mjart Vjal'jataga. Il nazionalismo si è manifestato violentemente nella vita quotidiana: nei negozi e nelle trattorie possono rifiutarsi di servirvi se non parlate estone, a scuola (!) i colleghi estoni possono togliere il saluto al professore di lingua russa, al cui fianco hanno lavorato per decenni. Da qualche parte questo è già successo...
Il disaccordo con le decisioni del governo viene considerato tradimento della patria, ed è stato già deciso chi sono i nemici del popolo estone. Se gli osanna cantati in questi giorni taceranno, forse si sapranno i nomi delle persone che hanno dato l'ordine di scatenare sulla folla di manifestanti una squadra specializzata nella repressione delle rivolte nei carceri, armata di mazze di ferro.
Mi dispiace per questa spaventata società estone: per gli estoni pensanti, quelli che non hanno visto le delizie totalitarie del potere sovietico e ora sono confusi, e quelli che le hanno viste e sono traumatizzati. Il governo non ha solo ignorato la comunità russa, ha liquidato anche i seri avvertimenti di dozzine di professori: non giocate con il fuoco.
Hanno causato un incendio. Adesso il governo ci getta sopra le leali dichiarazioni dei professori di due istituti privati. Ma così facevano i sovietici: quando bisognava condannare l'esercito israeliano, le autorità sovietiche trovavano senza difficoltà decine di ebrei disposti a condannarlo pubblicamente. Andava così. Venivano falsificati i fatti e confuse le citazioni, proprio come fanno ora i giornalisti 'democratici'. I cani da guardia della democrazia sono diventati cani da compagnia, e sono accorsi in difesa della polizia e del governo, perché lo spettacolo deve continuare. Noi non lo permetteremo, noi non cederemo, noi non lo ammetteremo. È un'infamia.
Aneddoto
Un vecchio armeno sta morendo, circondato dai figli e dai nipoti:
Si riprende una prima volta e dice:
- Figli miei, ricordate: costi quel che costi, proteggete gli ebrei!
E una seconda volta:
- Figli miei, costi quel che costi, proteggete gli ebrei!
E una terza:
- Figli, proteggete gli ebrei!
Il figlio maggiore, confuso, chiede:
- Papà, ma perché proprio gli ebrei?
- Ricorda, figliolo: quando finiscono gli ebrei passano agli armeni..
Ricordatevi, estoni pensanti: proteggete i russi, perché quando finiranno i russi passeranno a voi.
Vitalij Belobrovcev, cittadino estone
4 maggio 2007"
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"L'autore non approva in alcun modo gli sciacalli e i provocatori di qualsiasi nazionalità. Assolutamente sobrio e - gli sembra - d'animo ragionevole, si è limitato a stare nei pressi della Biblioteca Nazionale in segno di protesta per le insincere e - secondo il suo punto di vista - illegali azioni del governo di Andrus Ansip nella notte del 27 aprile.
Integrazione europea
Le autorità estoni un po' di anni fa hanno fatto chiaramente capire una cosa ai russi che vivono in questo paese: 'Voi avete il vostro orticello, noi il nostro'. I russi obiettarono, 'Scusate, ma stiamo nello stesso cortile, a che serve un secondo orticello?'. No, niente da fare, hanno risposto loro. No voleva dire no. I russi organizzarono il loro orticello e cominciarono a farcela anche senza l'aiuto delle autorità. Be', lo stato ha voltato le spalle a un terzo della popolazione, ha detto che avrebbe aiutato chi si fosse aiutato da sé. E così i russi hanno fatto.
A un certo punto è risultato che i russi stavano troppo bene, così. E bisognava sottrarre qualcosa al loro orto. Perché il cortile adesso era di tutti. E sono arrivati poliziotti da tutto il paese, corpi speciali, cani, sono stati tirati fuori i lacrimogeni, le granate sonore, i proiettili di gomma ed è stato detto: adesso togliamo dal vostro orticello quello che ci dà fastidio. E quando i russi hanno chiesto 'scusate, ma per quale motivo?', è arrivata loro addosso tutta la macchina repressiva dello stato.
Dopo l'ingresso dell'Estonia nell'Unione Europea e nella NATO la nazione ha perso di vista i propri scopi, l'economia ha cominciato a svilupparsi in modo selvaggio, il bilancio dello stato si è gonfiato di denaro e si è presentata la possibilità di spartire somme che erano molto alte per gli standard locali. È cominciato il commercio di cariche, posti, posizioni. E la politica si è allontanata dalla vita.
La politica è stata semplicemente rimpiazzata dall'accettazione delle decisioni. Gli estoni sono un popolo ligio alle leggi: se gli si dice che è stata presa un certa decisione loro eseguono. Se qualcuno chiede perché la decisione è proprio quella, gli rispondono che è una questione di sicurezza nazionale.
A suo tempo un gruppo di sociologi ha cercato di spiegare alle autorità che non si fa così in uno stato democratico. Ma già allora i politici pensavano di essere loro, lo stato. Quando scoppiò la crisi di Lihula [nell'agosto del 2004 a Lihula fu inaugurato un monumento a un soldato estone in uniforme nazista; venne rimosso in seguito alle numerose proteste - anche della comunità internazionale - per riapparire in seguito a Lagedi, vicino a Tallinn. n.d.T.] il governo non riuscì a trovare in sé né le forze, né le competenze, né le conoscenze per una gestione democratica della società. In mancanza di questo la cosa più semplice è il ricorso alla forza. Di notte. Le conseguenze sono note.
Integrazione estone
L'attuale governo è tornato ai vecchi sistemi. Tra l'altro, la gente si è rivelata più intelligente delle autorità che continuavano a ripetere che bisognava rimuovere il Soldato di Bronzo dal Tõnismäe. Quando è diventato difficile continuare a ignorare le domande scomode dei giornalisti, si è consultata l'opinione pubblica: non un solo serio sondaggio ha dato i risultati su cui Ansip contava. La maggioranza della popolazione non si è pronunciata a favore della rimozione del monumento. E allora le autorità, a me sembra, hanno deciso di organizzare la provocazione alla Biblioteca Nazionale. Così l'operazione notturna è culminata nell'infuriare dei vandalismi, e il giorno successivo nelle manifestazioni di protesta e in altri disordini, e il governo si è non poco spaventato. La paura, come si sa, genera crudeltà. E con crudeltà sono stati trattati i manifestanti. E i curiosi che si erano uniti a loro. I russi sono stati picchiati per il loro disaccordo, ma i finlandesi, i tedeschi e gli svedesi, per quale motivo?
Le decisioni e le azioni del governo hanno infranto il fragile equilibrio della società, un equilibrio che le autorità definivano stabile e sicuro e che è stato spezzato da una decisione del governo. Ora il premier e i suoi ministri giustificano con tutte le forze le proprie iniziative, continuando a sottolineare l'illegalità delle azioni dei teppisti. Ma chi vuole mai difenderli?
Ma non interessa a nessuno sapere chi protestava davvero? E contro cosa protestava? E per quali motivi?
Se si considera questo, si vede che la politica di integrazione dell'Estonia finanziata dall'Unione Europea ha portato alla decisione di investire decine di milioni di corone nell'insegnamento della lingua estone. L'enorme bolla di denaro dell'integrazione è scoppiata e la coalizione di destra guidata da Ansip si è messa convulsamente a seguirne le tracce.
Ma se si spiegassero le origini della tragedia, allora Ansip farebbe meglio a dimettersi. Ha represso così bene questi russi che protestavano. Un morto, decine di feriti, migliaia di persone umiliate: questo è il prezzo che bisognava pagare per spostare il Soldato di Bronzo a due chilometri dal centro.
Ho già vissuto una situazione simile in epoca sovietica. Allora i problemi scomodi venivano soffocati con la forza nel sottosuolo. Si metteva in moto la macchina di repressione del dissenso, e in superficie era tutto tranquillo. Sento ancora sulla pelle l'atmosfera di allora: le persone che non erano d'accordo con il partito e con il governo erano oggetto di intimidazione e di repressione. Quando l'atmosfera di paura nella società si fa tesa, i siloviki sono quelli che stanno meglio: completa impunità e libertà di mentire. Che importa se bisognava rispettare una regola: per legge i poliziotti dovevano portare dei distintivi sul petto con il loro cognome. I distintivi chissà come cadevano quando cominciavano le operazioni di polizia!
Ricordo bene quei tempi. E mi dispiace molto per la società estone e per le persone ragionevoli che cercano di far capire alla gente il proprio disaccordo con le azioni del governo di Ansip, che ha mentito più volte pubblicamente alla società a proposito del monumento. Per molto meno altri si sarebbero dimessi, ma Ansip rimane: la delegazione della Duma russa, giunta in Estonia, ha dichiarato contravvenendo a tutte le norme della buona educazione che bisognava mandare a casa quell'Ansip. E la risposta è stata: non cederemo alle interferenze esterne.
Nella società si è cominciato a sentire odore di revanscismo: è apparsa finalmente la possibilità di pareggiare i vecchi conti con i russi. Adesso abbiamo la polizia, le granate sonore e tutto il resto, come ha osservato con amara ironia l'intellettuale estone Mjart Vjal'jataga. Il nazionalismo si è manifestato violentemente nella vita quotidiana: nei negozi e nelle trattorie possono rifiutarsi di servirvi se non parlate estone, a scuola (!) i colleghi estoni possono togliere il saluto al professore di lingua russa, al cui fianco hanno lavorato per decenni. Da qualche parte questo è già successo...
Il disaccordo con le decisioni del governo viene considerato tradimento della patria, ed è stato già deciso chi sono i nemici del popolo estone. Se gli osanna cantati in questi giorni taceranno, forse si sapranno i nomi delle persone che hanno dato l'ordine di scatenare sulla folla di manifestanti una squadra specializzata nella repressione delle rivolte nei carceri, armata di mazze di ferro.
Mi dispiace per questa spaventata società estone: per gli estoni pensanti, quelli che non hanno visto le delizie totalitarie del potere sovietico e ora sono confusi, e quelli che le hanno viste e sono traumatizzati. Il governo non ha solo ignorato la comunità russa, ha liquidato anche i seri avvertimenti di dozzine di professori: non giocate con il fuoco.
Hanno causato un incendio. Adesso il governo ci getta sopra le leali dichiarazioni dei professori di due istituti privati. Ma così facevano i sovietici: quando bisognava condannare l'esercito israeliano, le autorità sovietiche trovavano senza difficoltà decine di ebrei disposti a condannarlo pubblicamente. Andava così. Venivano falsificati i fatti e confuse le citazioni, proprio come fanno ora i giornalisti 'democratici'. I cani da guardia della democrazia sono diventati cani da compagnia, e sono accorsi in difesa della polizia e del governo, perché lo spettacolo deve continuare. Noi non lo permetteremo, noi non cederemo, noi non lo ammetteremo. È un'infamia.
Aneddoto
Un vecchio armeno sta morendo, circondato dai figli e dai nipoti:
Si riprende una prima volta e dice:
- Figli miei, ricordate: costi quel che costi, proteggete gli ebrei!
E una seconda volta:
- Figli miei, costi quel che costi, proteggete gli ebrei!
E una terza:
- Figli, proteggete gli ebrei!
Il figlio maggiore, confuso, chiede:
- Papà, ma perché proprio gli ebrei?
- Ricorda, figliolo: quando finiscono gli ebrei passano agli armeni..
Ricordatevi, estoni pensanti: proteggete i russi, perché quando finiranno i russi passeranno a voi.
Vitalij Belobrovcev, cittadino estone
4 maggio 2007"
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Estonia
Il punto di vista estone
Il punto di vista estone è ben espresso da Itching for Estimaa, che mette in rilievo la multietnicità dell'Estonia:
"Tanto per cominciare, farò un'affermazione di carattere generale. L'Estonia è stata multietnica per secoli. Gli estoni costituiscono in sé un gruppo etnico, ma il territorio ha ospitato vari altri gruppi, soprattutto svedesi, tedeschi e russi.
A complicare le cose, anche il processo di integrazione va avanti da secoli, e precede di molto le 'draconiane' leggi sulla cittadinanza dei primi anni Novanta. La maggioranza degli estoni non è 'etnicamente pura'. Anzi, i loro antenati provengono spesso da paesi diversi.
L'ambasciatore estone Marina Kaljurand, che è stata assediata nell'ambasciata di Mosca, non è d'etnia estone. È metà lettone e metà russa. Il sindaco di Tallinn Edgar Savisaar è per metà russo. Lennart Meri, il secondo presidente dell'Estonia, era svedese da parte di madre. Nelle famiglie, come si sa, si intrecciano spesso elementi tedeschi ed estoni. E, per complicare ulteriormente, anche molti membri russofoni della comunità russa d'epoca sovietica hanno seguito questo percorso di integrazione. Si sono sposati con persone di etnia estone o semplicemente 'estonizzati'.
Due esempi: i politici estoni Mihhail e Aleksei Lotman sono figli del semiotico originario di San Pietroburgo Jurij Lotman. Etnicamente sono ebrei russi. Però Mihhail è entrato nel partito di destra Isamaa-Res Publica e Aleksei rappresenta il partito dei Verdi al Parlamento. Dunque le origini non hanno impedito loro di farsi strada nella società estone.
Chi ha origini miste in Estonia spesso parla più lingue: oltre all'estone conosce il russo e a volte l'inglese. Chi ha legami con altre minoranze parla magari il finlandese o lo svedese. Nel distretto di Noarootsi, nell'Estonia occidentale, c'è una scuola superiore esclusivamente svedese, e in quell'area vivono solo 50 persone di etnia svedese.
Nonostante il patrimonio multietnico dell'Estonia, il paese è ancora piuttosto omogeneo. In 13 delle 15 regioni, gli abitanti di etnia estone compongono più dell'80% della popolazione. Questo è anche il caso della seconda città dell'Estonia, Tartu. Come si è sentito spesso dire la scorsa settimana, le zone in cui si concentra prevalentemente l'etnia russa sono Tallinn e la regione di Ida Viru, a nord-ovest. L'Estonia è composta per il 69% dall'etnia estone e per il 26% da quella russa. Quel 26% vive per lo più in queste aree urbane.
Tallinn è un esempio interessante di come la demografia estone possa cambiare rapidamente. Nel 1989 a Tallinn vivevano quasi 500.000 persone. Lo scorso anno aveva 396.000 abitanti. Sei anni prima gli abitanti erano 400.000. Tra quei 4000 abitanti in meno in sei anni, il declino demografico è stato maggiore tra la popolazione di origine russa.
A Tallinn la popolazione di etnia estone è di 216.000 persone, quella russa di circa 144.000. In sei anni la prima è diminuita di 1000 unità, la seconda di quasi 3000. [...]
Io interpreto la situazione così: invece di sentirsi più forte grazie all'appoggio di una Mosca in ripresa, la comunità russa di Tallinn si sente in realtà più debole in quanto l'equilibrio demografico si sposta costantemente a favore dell'etnia estone. Quindi i russofoni che parlano una sola lingua si scontrano più frequentemente con la realtà del loro status minoritario. Questo accentua la frustrazione, che produce effetti come le rivolte della scorsa settimana.
Un altro fattore è che la politica estone è controllata da individui che non vengono da aree vicine alla minoranza russa. Andrus Ansip è di Tartu. Mart Laar è nato a Viljandi. Il President Toomas Hendrik Ilves è nato a Stoccolma, anche se pare non abbia mai voluto ottenere la cittadinanza svedese.
Dunque, nella recente controversia, sono stati dei politici di Tartu, come Ansip e il ministro della difesa Jaak Aaviksoo, a prendere decisioni che hanno avuto un forte impatto sulle vite degli abitanti di Tallinn, mentre Edgar Savisaar, comunemente considerato più vicino alle esigenze dell'etnia russa - visto che tecnicamente vi appartiene - ha condannato le loro mosse. Si noterà che altri abitanti di Tallinn, come Reet Aus, lo stilista il cui nonno progettò il Soldato di Bronzo, hanno criticato la rimozione del monumento. In questo caso, si potrebbe pensare che la cosmopolita Tallinn sia ostaggio di politici di provincia. Lo si potrebbe affermare, ma io mi rifiuto di farlo.
I monolingue russi si sentono tipicamente trattati con superiorità dagli estoni, mentre gli estoni sono frustrati dall'incapacità dei russi di adattarsi alla cultura estone e dalla loro ammirazione per forze storicamente ostili al popolo estone, come l'URSS.
Le politiche di integrazione dell'Estonia dopo il 1991 sono state condannate da alcuni e lodate da altri. Un fatto spesso trascurato è che funzionano. Gli apolidi diminuiscono anno dopo anno; attualmente solo il 9% dei residenti è privo di cittadinanza, contro il 32% di soli 15 anni fa.
Con i monolingue russi i politici estoni hanno utilizzato il metodo del bastone e della carota. I russi che devono ancora integrarsi vedono però solo il bastone. Dato che non hanno la cittadinanza non possono votare sulle politiche che li riguardano di più.
La riforma scolastica è un altro tema caldo. Avendo a che fare con una minoranza monolingue che ha difficoltà ad ottenere impieghi ben retribuiti e un adeguato status, i politici estoni sono stati portati ad imporre un'alta percentuale di istruzione in lingua estone a livello di scuola dell'obbligo. Questo ha prodotto ulteriori pressioni sull'etnia russa.
Anche qui la questione è complicata, perché per avere successo in Estonia è fondamentale conoscere l'estone, ma visto che ottenere questa competenza linguistica è difficile molti russi lo vedono come una discriminazione che mira a 'escluderli' dalla partecipazione alla vita politica ed economica.
Dunque il punto è controverso, anche se alcuni membri della comunità russa che si sono integrati accusano i loro simili di essere il 'peggiore nemico di sé stessi' e di rifiutarsi di riconoscere alcuni fatti fondamentali dell'Estonia.
Inolte i russofoni monolingue ricevono la maggior parte delle notizie da media russi controllati dal Cremlino. Dal 1991 la Russia conduce una campagna di propaganda anti-estone mirata a screditare il paese nell'arena internazionale con l'obiettivo a lungo termine di riportarla sotto il proprio controllo. Non mi piace pensarlo, ma posso solo concludere che sia così, dopo aver letto centinaia di storie sui media russi.
È mia opinione che la politica estera russa veda ancora i vicini attraverso la vecchia lente delle "sfere di influenza" e cerchi innanzitutto di controllarli senza pensare al risultato finale. I nazionalisti russi pensano anche di avere il diritto di controllare territori che appartenevano all'impero russo nell'Ottocento. [...]
Se da un lato i russi che vivono in Estonia sono sottoposti a varie pressioni - un Cremlino sciovinista, il declino della popolazione, la pressione del governo - dall'altro devono ancora organizzarsi e collaborare efficacemente con le autorità locali.
I partiti supportati dal Cremlino devono fare i conti con un calo di adesioni man mano che le persone si naturalizzano. Leader come Dmitri Klenski - cha parla estone ma blatera di stalinismo - ottengono visibilità mediatica ma scarsi risultati elettorali.
Il Partito del Centro di Edgar Savisaar è una roccaforte dell'etnia russa, ma non ha promesso di cambiare le leggi sulla cittadinanza e sulla lingua. E inoltre nessuno capisce cosa voglia politicamente questo partito.
Alcuni vogliono diventare una minoranza ufficiale, con il russo come lingua nazionale. Ma ci sono anche russi che vi si oppongono e che mandano i propri figli agli asili estoni per avvantaggiarli. E poi ci sono quelli che pensano che l'Estonia appartenga ancora alla Russia e aspettano che i rossi tornino e continuino il lento sradicamento del popolo estone. [...]"
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"Tanto per cominciare, farò un'affermazione di carattere generale. L'Estonia è stata multietnica per secoli. Gli estoni costituiscono in sé un gruppo etnico, ma il territorio ha ospitato vari altri gruppi, soprattutto svedesi, tedeschi e russi.
A complicare le cose, anche il processo di integrazione va avanti da secoli, e precede di molto le 'draconiane' leggi sulla cittadinanza dei primi anni Novanta. La maggioranza degli estoni non è 'etnicamente pura'. Anzi, i loro antenati provengono spesso da paesi diversi.
L'ambasciatore estone Marina Kaljurand, che è stata assediata nell'ambasciata di Mosca, non è d'etnia estone. È metà lettone e metà russa. Il sindaco di Tallinn Edgar Savisaar è per metà russo. Lennart Meri, il secondo presidente dell'Estonia, era svedese da parte di madre. Nelle famiglie, come si sa, si intrecciano spesso elementi tedeschi ed estoni. E, per complicare ulteriormente, anche molti membri russofoni della comunità russa d'epoca sovietica hanno seguito questo percorso di integrazione. Si sono sposati con persone di etnia estone o semplicemente 'estonizzati'.
Due esempi: i politici estoni Mihhail e Aleksei Lotman sono figli del semiotico originario di San Pietroburgo Jurij Lotman. Etnicamente sono ebrei russi. Però Mihhail è entrato nel partito di destra Isamaa-Res Publica e Aleksei rappresenta il partito dei Verdi al Parlamento. Dunque le origini non hanno impedito loro di farsi strada nella società estone.
Chi ha origini miste in Estonia spesso parla più lingue: oltre all'estone conosce il russo e a volte l'inglese. Chi ha legami con altre minoranze parla magari il finlandese o lo svedese. Nel distretto di Noarootsi, nell'Estonia occidentale, c'è una scuola superiore esclusivamente svedese, e in quell'area vivono solo 50 persone di etnia svedese.
Nonostante il patrimonio multietnico dell'Estonia, il paese è ancora piuttosto omogeneo. In 13 delle 15 regioni, gli abitanti di etnia estone compongono più dell'80% della popolazione. Questo è anche il caso della seconda città dell'Estonia, Tartu. Come si è sentito spesso dire la scorsa settimana, le zone in cui si concentra prevalentemente l'etnia russa sono Tallinn e la regione di Ida Viru, a nord-ovest. L'Estonia è composta per il 69% dall'etnia estone e per il 26% da quella russa. Quel 26% vive per lo più in queste aree urbane.
Tallinn è un esempio interessante di come la demografia estone possa cambiare rapidamente. Nel 1989 a Tallinn vivevano quasi 500.000 persone. Lo scorso anno aveva 396.000 abitanti. Sei anni prima gli abitanti erano 400.000. Tra quei 4000 abitanti in meno in sei anni, il declino demografico è stato maggiore tra la popolazione di origine russa.
A Tallinn la popolazione di etnia estone è di 216.000 persone, quella russa di circa 144.000. In sei anni la prima è diminuita di 1000 unità, la seconda di quasi 3000. [...]
Io interpreto la situazione così: invece di sentirsi più forte grazie all'appoggio di una Mosca in ripresa, la comunità russa di Tallinn si sente in realtà più debole in quanto l'equilibrio demografico si sposta costantemente a favore dell'etnia estone. Quindi i russofoni che parlano una sola lingua si scontrano più frequentemente con la realtà del loro status minoritario. Questo accentua la frustrazione, che produce effetti come le rivolte della scorsa settimana.
Un altro fattore è che la politica estone è controllata da individui che non vengono da aree vicine alla minoranza russa. Andrus Ansip è di Tartu. Mart Laar è nato a Viljandi. Il President Toomas Hendrik Ilves è nato a Stoccolma, anche se pare non abbia mai voluto ottenere la cittadinanza svedese.
Dunque, nella recente controversia, sono stati dei politici di Tartu, come Ansip e il ministro della difesa Jaak Aaviksoo, a prendere decisioni che hanno avuto un forte impatto sulle vite degli abitanti di Tallinn, mentre Edgar Savisaar, comunemente considerato più vicino alle esigenze dell'etnia russa - visto che tecnicamente vi appartiene - ha condannato le loro mosse. Si noterà che altri abitanti di Tallinn, come Reet Aus, lo stilista il cui nonno progettò il Soldato di Bronzo, hanno criticato la rimozione del monumento. In questo caso, si potrebbe pensare che la cosmopolita Tallinn sia ostaggio di politici di provincia. Lo si potrebbe affermare, ma io mi rifiuto di farlo.
I monolingue russi si sentono tipicamente trattati con superiorità dagli estoni, mentre gli estoni sono frustrati dall'incapacità dei russi di adattarsi alla cultura estone e dalla loro ammirazione per forze storicamente ostili al popolo estone, come l'URSS.
Le politiche di integrazione dell'Estonia dopo il 1991 sono state condannate da alcuni e lodate da altri. Un fatto spesso trascurato è che funzionano. Gli apolidi diminuiscono anno dopo anno; attualmente solo il 9% dei residenti è privo di cittadinanza, contro il 32% di soli 15 anni fa.
Con i monolingue russi i politici estoni hanno utilizzato il metodo del bastone e della carota. I russi che devono ancora integrarsi vedono però solo il bastone. Dato che non hanno la cittadinanza non possono votare sulle politiche che li riguardano di più.
La riforma scolastica è un altro tema caldo. Avendo a che fare con una minoranza monolingue che ha difficoltà ad ottenere impieghi ben retribuiti e un adeguato status, i politici estoni sono stati portati ad imporre un'alta percentuale di istruzione in lingua estone a livello di scuola dell'obbligo. Questo ha prodotto ulteriori pressioni sull'etnia russa.
Anche qui la questione è complicata, perché per avere successo in Estonia è fondamentale conoscere l'estone, ma visto che ottenere questa competenza linguistica è difficile molti russi lo vedono come una discriminazione che mira a 'escluderli' dalla partecipazione alla vita politica ed economica.
Dunque il punto è controverso, anche se alcuni membri della comunità russa che si sono integrati accusano i loro simili di essere il 'peggiore nemico di sé stessi' e di rifiutarsi di riconoscere alcuni fatti fondamentali dell'Estonia.
Inolte i russofoni monolingue ricevono la maggior parte delle notizie da media russi controllati dal Cremlino. Dal 1991 la Russia conduce una campagna di propaganda anti-estone mirata a screditare il paese nell'arena internazionale con l'obiettivo a lungo termine di riportarla sotto il proprio controllo. Non mi piace pensarlo, ma posso solo concludere che sia così, dopo aver letto centinaia di storie sui media russi.
È mia opinione che la politica estera russa veda ancora i vicini attraverso la vecchia lente delle "sfere di influenza" e cerchi innanzitutto di controllarli senza pensare al risultato finale. I nazionalisti russi pensano anche di avere il diritto di controllare territori che appartenevano all'impero russo nell'Ottocento. [...]
Se da un lato i russi che vivono in Estonia sono sottoposti a varie pressioni - un Cremlino sciovinista, il declino della popolazione, la pressione del governo - dall'altro devono ancora organizzarsi e collaborare efficacemente con le autorità locali.
I partiti supportati dal Cremlino devono fare i conti con un calo di adesioni man mano che le persone si naturalizzano. Leader come Dmitri Klenski - cha parla estone ma blatera di stalinismo - ottengono visibilità mediatica ma scarsi risultati elettorali.
Il Partito del Centro di Edgar Savisaar è una roccaforte dell'etnia russa, ma non ha promesso di cambiare le leggi sulla cittadinanza e sulla lingua. E inoltre nessuno capisce cosa voglia politicamente questo partito.
Alcuni vogliono diventare una minoranza ufficiale, con il russo come lingua nazionale. Ma ci sono anche russi che vi si oppongono e che mandano i propri figli agli asili estoni per avvantaggiarli. E poi ci sono quelli che pensano che l'Estonia appartenga ancora alla Russia e aspettano che i rossi tornino e continuino il lento sradicamento del popolo estone. [...]"
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