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lunedì, aprile 27, 2009

Di grotte e linguisti

LA GROTTA

Voglio che tu
soppesi distinguendo
suono
da suono
che onori parlando
(e a volte scartando)
e scavi, tossisca
breccia, roccia, sedimento
strato dopo strato
in questa
bocca o
grotta della parola
radici, ossa d'uccelli,
gusci di significato
lasciati nelle nostre bocche
da millenni di
occupazione umana.

CAVE-SITE

I want you
to prise carefully
sound
from sound
to honour by speaking
(and sometimes to discard)
to lift, cough
breccia, rock, sediment
layer through layer
in this
mouth or
cave-site of word
roots, birdbone,
shells of meaning
left in our mouths
by thousands of years of
human occupation.

Jeremy Cronin, "Cave-Site", Venture to the interior

***

Due etnografi girano il mondo - dall'India alla Bolivia alla Siberia all'America - alla ricerca di lingue in pericolo e in via d'estinzione: il documentario The Linguists, della durata di poco più di un'ora, è disponibile per intero almeno per qualche giorno qui: http://www.babelgum.com/html/clip.php?clipId=3016880. Se capite almeno un po' l'inglese (ma molte situazioni si basano sull'incontro con lingue a malapena comprensibili, e sulla constatazione ironica e a tratti struggente della difficoltà di comunicazione) ve lo consiglio, a me è piaciuto molto.

via Languagelog

lunedì, novembre 12, 2007

Black and proud

Esempio di traduttore automatico politicamente corretto:



In russo la frase "La nostra gatta ha partorito tre gattini: due bianchi e uno nero" diventa (lasciando perdere le altre piccole imprecisioni): "La nostra gatta ha partorito tre gattini: due bianchi e uno afroamericano".

I traduttori automatici non sono stupidi, sono solo diversamente intelligenti.

(via learn russian)

giovedì, agosto 30, 2007

Me coffee

– Coffee, please.
– Coffee for two or tea for you?
– Me too.
– You, tea?
– No, me coffee.
– ...
– Please.

Sono un improvised linguistic device.

sabato, maggio 12, 2007

Voglio quella sulla pulizia etnica, ce l'ha la Large?

Da Burton's, un nota catena britannica di abbigliamento maschile, fino pochi giorni fa era in vendita una t-shirt: economica, sobria, quasi anonima, non fosse stato per una scritta in cirillico attorno al disegno dell'aquila a due teste, "Очистим Русь от Всех Нерусских!", "Ripuliamo la Russia da tutti i non russi!" (la scelta di Русь, versione arcaica, sottolinea il sentimento etnico), tipica frase neonazista.
Un giovane cliente se ne accorge e avverte il personale. È risultato che la compagnia era già stata allertata da una dipendente, che aveva tradotto più blandamente la scritta con "La Russia a quelli che parlano russo", e ha deciso di ritirare la maglietta da tutte le filiali e dal negozio online. Odio etnico non buono.
Una portavoce della compagnia ha detto al Guardian che 6000 di quelle magliette erano state acquistate da un fornitore abituali. La libera traduzione che era stata data era "Sii orgoglioso della Russia". Come no.

Il Guardian elenca altre celebri gaffe di alcuni marchi commerciali:

Lo slogan della birra Coors, "Turn it Loose", tradotto in spagnolo diventava "Ti venga un attacco di diarrea". È stato sostituito con "Won't Slow You Down", che suonava decisamente meno allarmante all'orecchio spagnolo.

Nel 1996 la Reebok ha chiamato una scarpa da tennis femminile "Incubus". Purtroppo Incubus, secondo la mitologia medievale, era un demone che piombava sulle donne addormentate, violentandole e a volte uccidendole (e comunque, per usare l'eufemismo di Wikipedia, lasciandole "in pessime condizioni di salute").

Pare che lo slogan della Coca Cola, "Coke Adds Life", sia stato tradotto in tailandese "Coca cola riporta i tuoi antenati dal regno dei morti".

Quando la Ford lanciò la Pinto in Brasile fu costretta a cambiarle il nome: "pinto" sarebbe un termine gergale per "genitali maschili di piccole dimensioni". Figuriamoci.

Link


lunedì, gennaio 29, 2007

venerdì, gennaio 26, 2007

Lotta di glasse

La catena americana di supermercati Wegman's accetta ordinazioni via e-mail: non è solo possibile scegliere il tipo di torta, ma anche spedire il messaggio personalizzato da stampare sulla glassa.
Un giorno capita che il messaggio sia in friulano, che il sistema non riconosca il linguaggio html proprietario (eh, insomma, avete capito), che i dipendenti non si accorgano del pasticcio, e questo è il simpatico risultato:



Questo il link originale.

Dimenticavo: tanti tanti auguri alla polentona di Ciseriis anche da parte nostra.

domenica, ottobre 31, 2004

Il gilet di Henry James

Non si finisce mai di imparare: c'è sempre un infaticabile e informato redattore del Venerdì di Repubblica che ne sa più di te.
Scopro così che Henry James è l'autore di un romanzo dal titolo Giro di vita. A nulla vale la breve intervista a Nadia Fusini sul carattere parasintattico della lingua di James e il vastissimo campo semantico a cui attinge: ormai non riesco a togliermi dalla mente una fantasia su uomini di mezza età alle prese con gilet abbottonati male.

mercoledì, febbraio 05, 2003

Cronache della città di G.: tajani

Ascoltando una conversazione tra goriziani, in coda alla cassa del supermercato, ripenso a quel modo che da sempre mi affascina e mi disgusta di riferirsi alle persone di origini meridionali e a quelle di origine slava. Nel primo caso "italiani" (abbreviato "tajani"), nel secondo "s'ciavi", oppure genericamente "lori" ("loro"). Il "taiani" è andato scomparendo per far posto a un più convenzionale "meridionali", "s'ciavi" è ancora frequente (ci sono ancora tracce del più affettuoso "jughi").

Da ieri, credo, la Jugoslavia non esiste più. Io continuerò a lasciarmi sfuggire l'espressione – sempre più incomprensibile altrove e sempre meno "correct" – "vado in Jugo".
Evoca cose altrimenti indescrivibili, farne a meno non si può.