Questi sono lunghi estratti da una recente intervista di Amy Goodman di Democracy Now a Tony Lagouranis, ex-specialista addetto agli interrogatori dell'esercito americano. Una decina di giorni fa l'ho tradotta velocemente per farla leggere a un amico. Pensavo che presto ne avrebbero parlato giornali e blog, ma non ha ricevuto l'attenzione che avrebbe meritato (o almeno, non in Italia). Per questo oggi ho deciso di riportarne sul blog alcune parti, soprattutto quelle in cui Lagouranis descrive alcune tecniche di interrogatorio, quello che vide a Fallujah e i metodi usati dai marines Force Recon alla base di North Babel.
GOODMAN: Tony, può parlarci dell'uso dei cani?
LAGOURANIS: Usavamo i cani nel centro di detenzione di Mosul, che si trovava all'aeroporto di Mosul. Mettevamo il prigioniero in un container. Lo tenevamo sveglio tutta la notte con musica e luci stroboscopiche, in posizioni di sforzo, e poi portavamo dentro i cani. Il prigioniero era bendato e non poteva sapere cosa stava succedendo, ma noi tenevamo a bada il cane. Veniva tenuto al guinzaglio da un addestratore, e aveva una museruola, così non poteva fare del male al prigioniero. È stata la sola volta che ho visto usare cani in Iraq.
GOODMAN: Il prigioniero sapeva che il cane portava la museruola?
LAGOURANIS: No, perché era bendato. Il cane abbaiava e saltava addosso al prigioniero, e il prigioniero non riusciva a capire cosa stesse succedendo.
GOODMAN: Cosa pensava di questa pratica?
LAGOURANIS: Be', sapevo che rischiavamo di passare il limite, e controllavo le regole da rispettare durante gli interrogatori che mi erano state date dall'unità con cui lavoravo, cercando di capire cosa fosse legale e cosa non lo fosse. Secondo queste regole di ingaggio, era legale. Per cui, quando mi ordinavano di farlo dovevo farlo. Sa, per quanto riguarda quel che io ne pensavo, e se pensavo che fossero buone pratiche di interrogatorio, no, non lo credevo proprio. Non abbiamo mai ricavato alcuna informazione utile.
GOODMAN: A questo punto, quando lei si trovava là, vennero fuori le foto. O per lo meno cominciarono a circolare tra i soldati. Vide quelle foto?
LAGOURANIS: Vidi solo le foto che uscirono sulla stampa. Ero là a usare i cani proprio quando è scoppiato lo scandalo. Ma non credo che quelle foto circolassero tra i soldati. Voglio dire, io di certo non le ho viste prima che le mostrassero a 60 minutes.
GOODMAN: E quando le ha viste, e lei stesso era impegnato in quella pratica, quali furono i suoi pensieri?
LAGOURANIS: Credo che la mia prima reazione sia stata che si trattasse di mele marce, e questa era la linea ufficiale della Casa Bianca, e sa, è strano che non le avessi collegate con quello che facevamo noi. Usavamo metodi piuttosto violenti con i prigionieri. Avevo visto altre unità usare metodi severi, ma non li collegai allo scandalo. Era come se... non lo so, perché. Non lo so.
GOODMAN: Cosa intende per metodi piuttosto violenti?
LAGOURANIS: Be', eravamo un centro di detenzione militare, e ricevevamo i prigionieri da altre unità che arrestavano delle persone laggiù. Per esempio i Navy SEALS.
Quando interrogavano, i Navy SEALS usavano acqua ghiacciata per abbassare la temperatura del corpo del prigioniero e gli misuravano la temperatura per via rettale, per essere sicuri che non morisse. Io questo non l'ho visto, ma mi è stato detto da molti, moltissimi prigionieri che erano stati nel campo dei SEAL, e l'ho anche sentito raccontare da una guardia che lavorava da noi, e che era stata presente a un interrogatorio dei SEAL.
GOODMAN: Dov'era il campo dei SEAL?
LAGOURANIS: Nello stesso posto. All'aeroporto di Mosul, ma io personalmente non ci sono mai entrato.
GOODMAN: Voi usavate l'ipotermia negli interrogatori?
LAGOURANIS: Sì. Sì, usavamo tantissimo l'ipotermia. Era molto feddo a Mosul, e così... e inoltre pioveva tanto, e così potevamo tener fuori i prigionieri, che indossavano tute di poliestere e si bagnavano e congelavano. Ma noi non inducevamo l'ipotermia con l'acqua gelata come facevano i SEALS. Però, sa, forse i SEALS lo facevano meglio di noi, perché controllavano perfino la temperatura con il termometro, mentre noi non lo facevamo.
[...]
GOODMAN: Ha detto che è stato coinvolto in abusi. Quali sono stati gli abusi più eclatanti?
LAGOURANIS: Be', come ho detto, a Mosul ho usato i cani e l'ipotermia, ho usato la privazione del sonno, l'isolamento, la manipolazione della dieta, sa, tutto questo è abuso secondo il manuale e la dottrina dell'esercito e certamente secondo le convenzioni di Ginevra.
[...]
GOODMAN: Lei è stato a Fallujah?
LAGOURANIS: Sì.
GOODMAN: Cosa faceva laggiù?
LAGOURANIS: Il mio compito a Fallujah consisteva nel perquisire i vestiti e le tasche dei cadaveri che raccoglievamo dalle strade, e che poi portavamo in un magazzino; io li perquisivo e cercavo di identificarli e di raccogliere qualsiasi informazione avessero addosso.
GOODMAN: Perché lei parlava l'arabo?
LAGOURANIS: Sì. Sì. Ecco perché mi ci mandarono.
GOODMAN: Quanti cadaveri ha perquisito?
LAGOURANIS: 500.
GOODMAN: Può parlare di quest'esperienza?
LAGOURANIS: Certo. Voglio dire, sa, ovviamente fu tremendo, con questi corpi che erano stati sulla strada sotto il sole per giorni, qualche volta per dieci giorni prima che li raccogliessimo. Erano stati mangiati dai cani, dagli uccelli e dai vermi, e l'esercito pensava... veramente non era l'esercito, ma era il Dipartimento della Difesa che aveva mandato questi strumenti elettronici per fare la scansione della retina e prendere le impronte digitali, ma era impossibile perché questa gente... non aveva più gli occhi. Non aveva più delle impronte digitali.
E non potevamo neanche seppellire i prigionieri, perché non si era ancora deciso come farlo, e così venivano ammucchiati nel magazzino a Fallujah, dove mangiavamo e dormivamo, in compagnia di tutti quei cadaveri.
GOODMAN: Cosa significa che non avevano occhi, che non avevano impronte digitali? Erano corpi carbonizzati?
LAGOURANIS: Be', certo, alcuni di essi erano carbonizzati. Voglio dire, alcuni non avevano più le braccia, ed erano così decomposti che gli occhi non c'erano più. Erano rimaste le orbite vuote, con dentro i vermi.
GOODMAN: Ultimamente abbiamo fatto un servizio sull'uso del fosforo bianco, “Whiskey Pete,” come credo sia chiamato dai soldati. È appena uscito un documentario che parla di quest'uso, non per illuminare il cielo, ma per bruciare, carbonizzare le vittime di Fallujah quando lei si trovava là. Lei ha visto qualcosa?
LAGOURANIS: No, non che io sappia. Non lo so. Ne ho sentito parlare solo recentemente, probabilmente da voi, ma non ne so niente.
GOODMAN: Lei dice di aver dormito in questo magazzino con i cadaveri?
LAGOURANIS: Sì.
GOODMAN: Può parlarne? E chi pensa fossero quei morti?
LAGOURANIS: Be', molti di loro erano sicuramente insorti. Sa, molti erano armati. Avevano bombe a mano, giubbotti antiproiettili. Ma tanti di loro non lo erano. C'erano donne e bambini, vecchi, ragazzi. E quindi è difficile dirlo. Penso che inizialmente bisognasse trovare combattenti stranieri. Si doveva provare che c'erano molti combattenti stranieri, a Fallujah. Ecco quindi perché eravamo lì. Solo che molti di loro non avevano documenti identificativi. Forse la metà aveva documenti identificativi, e i documenti stranieri erano pochissimi. C'erano alcuni che lavoravano con me che cercavano di inventarsi le informazioni, per esempio se addosso a una persona si trovava un Corano e quel Corano era stato stampato in Algeria, quella persona veniva identificata come algerina. Oppure c'erano uomini vestiti con camicia bianca e pantaloni kaki e allora si diceva che era la divisa di Hezbollah e li si classificava come libanesi, e questo era ridicolo, ma sa...
GOODMAN: E lei cosa diceva?
LAGOURANIS: Be', ero solo uno specialista, e così ho cercato di dire qualcosa al sergente responsabile, ma, sa, mi sono preso una strigliata e mi ha rimesso al mio posto. Disse, questo non spetta a te. Io dico che è libanese, ed è libanese. Punto.
GOODMAN: E le donne e i bambini?
LAGOURANIS: Non lo so. Non lo so proprio. Ho trovato bambini completamente bruciati. Non lo so. Non so cosa dire. C'erano donne e bambini.
GOODMAN: Ne avete discusso?
LAGOURANIS: No. Semplicemente ne prendevamo atto. Oh, Dio, un bambino morto. Una donna. Non ne parlavamo.
GOODMAN: Quante persone lei stima siano morte a Fallujah?
LAGOURANIS: Non ne ho idea. Non lo so. Ho sentito dai marines la cifra di 10.000, ma non so se è esatta.
GOODMAN: E sarebbe in grado di dire quanti di questi erano ciò che l'esercito americano chiama "insorti"?
LAGOURANIS: Penso che probabilmente... dei 500 corpi che abbiamo trovato, direi che circa il 20% aveva con sé delle armi. Ma non lo so. Immagino che la maggior parte delle persone che non intendevano restare a combattere abbiano lasciato Fallujah. Ma non sono in grado di giudicare.
[...]
A un certo punto dell'intervista Lagouranis afferma di aver visto le peggiori prove di abusi e torture a North Babel, tra l'agosto e l'ottobre del 2004 e quindi molto dopo lo scandalo di Abu Ghraib. Le tattiche violente non venivano impiegate in prigione, ma i marines entravano nelle case e torturavano sul posto i sospetti. Lì succedeva molto di peggio: spaccavano ossa, schiacciavano piedi, ustionavano.
GOODMAN: Può ripetere quello che vide a Babel? Quali erano le unità coinvolte, e cosa facevano?
LAGOURANIS: Be', io interrogavo nel carcere della Base operativa avanzata, CALSU. Da me arrivavano i prigionieri che erano stati arrestati dai marines Force Recon, e loro - ogni volta che i Force Recon andavano a fare un'incursione, tornavano con prigionieri pieni di lividi e con le ossa rotte, a volte con delle bruciature. Erano molto violenti con questa gente, e io chiedevo ai prigionieri cos'era successo, sa, da dove venivano quelle ferite, e loro mi dicevano che era successo dopo la cattura, quando erano legati e ammanettati e interrogati dai marines.
GOODMAN: E cosa raccontavano?
LAGOURANIS: Erano presi a pugni, a calci, sa, colpiti con il retro di un'accetta. Uno fu costretto a sedersi sul tubo di scarico di un humvee. Io controllavo queste storie con quelle dei loro compagni, ed erano coerenti. Così, tendevo a credere a quello che mi raccontavano.
GOODMAN: Cosa significa che uno fu costretto a sedersi sul tubo di scarico di un humvee? Che cosa gli accadde?
LAGOURANIS: Be', aveva una vescica gigantesca, un'ustione di terzo grado sulla parte posteriore della gamba.
GOODMAN: Perché era bollente?
LAGOURANIS: Esatto.
GOODMAN: E a quel punto, lei doveva interrogarli?
LAGOURANIS: Esatto. Io dovevo interrogarli. Proprio così.
GOODMAN: E come faceva, con queste persone di fronte a lei con le ossa rotte, prese a calci e a pugni, ustionate?
LAGOURANIS: Be', sa, a quel punto dell'anno avevo già rinunciato a usare tattiche violente, e così cercavo di conquistarmi la loro fiducia, dicendo loro che li avrei aiutati ad uscire di lì, cosa che all'epoca invece non ero in grado di fare perché tutti quelli che venivano arrestati, colpevoli e innocenti, finivano ad Abu Ghraib comunque. Ma...
GOODMAN: Che intende dire?
LAGOURANIS: Be', sa, gli addetti agli interrogatori - io sono il solo che parla con questo tizio. Non ci sarà un ufficiale, a parlare con lui. La persona che decide se lasciarli andare o tenerli non è quella che li interroga. E così la mia raccomandazione dovrebbe valere qualcosa, ma non era così alla Base operativa avanzata CALSU. Praticamente per loro chiunque arrivasse lì era un terrorista, era colpevole e doveva finire ad Abu Ghraib.
GOODMAN: E lei a quali conclusioni giunse?
LAGOURANIS: Che un 98% di queste persone non aveva fatto niente. Voglio dire, prendevano la gente per i motivi più stupidi come - c'è questo tizio che hanno preso, lo hanno fermato a un posto di blocco, un controllo di routine, e aveva una vanga nel bagagliaio e un cellulare in tasca. Allora dissero, ecco, puoi usare la vanga per seppellire una bomba e usare il cellulare per farla esplodere. Non aveva esplosivi, in macchina, non aveva armi, niente di niente. Non avevano alcun motivo per credere che fosse un terrorista tranne la vanga e il cellulare. Questo era il genere di persone che arrestavano.
[...]
GOODMAN: C'è un termine del linguaggio militare ma anche di quello civile, Tony: "coraggio morale". Può dirci quale significato ha per lei?
LAGOURANIS: Non so proprio se sono la persona giusta per parlarne. Non lo so.
GOODMAN: Be'..
LAGOURANIS: Sì, mi sento come se non ne avessi avuto abbastanza, laggiù, capisce? Non lo so.
GOODMAN: Quando si guarda indietro, adesso, cosa vorrebbe aver fatto?
LAGOURANIS: Sa, siamo stati addestrati per condurre interrogatori in accordo con le Convenzioni di Ginevra con prigionieri di guerra nemici. E ci siamo addestrati con dei giochi di ruolo in cui usavamo un prigioniero di guerra convenzionale e anche un terrorista, e li trattavamo entrambi come se fossero prigionieri di guerra nemici. Non ci era consentito passare il limite. Quindi, non so perché ho permesso all'esercito di ordinarmi di andare contro il mio addestramento, contro il mio buon senso e contro i miei principi morali. Ma l'ho fatto. Avrei potuto semplicemente dire di no.
Fonte: Democracy Now!
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Perché voi valete:
Palette Model'Eyes con quattro ombretti e una base per attenuare le occhiaie e illuminare lo sguardo, mascara Extreme ("extension immediata"), fondotinta Sensual Clone, fard Joues Contrast rosa, sulle labbra Wet Cream Lipgloss n° 13.
martedì, novembre 29, 2005
I SEALS lo facevano meglio
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lunedì, novembre 28, 2005
Al-Jazeera, Belgrado 99 e amnesie
Stavo mettendo giù qualche scomposta riflessione (io scrivo riflessione, ma voi leggete pure delirio) sull'indignazione dei media di fronte al caso "BushBlairAl-Jazeera" e la loro mancata reazione al bombardamento NATO della radiotelevisione serba nel 1999 (e per una guerra altrettanto ingiusta), quando ho letto questo splendido articolo di Brendan O'Neill intitolato "Al-Jazeera, Serbia, and Liberal Amnesia. When killing journalists was permissible". Dice quello su cui stavo rimuginando da un paio di giorni - e immagino di non essere la sola - ma lo dice molto meglio.
Eccone alcuni estratti (ci si dilunga un po', procuratevi alcuni generi di conforto):
“Non sorprende che i giornalisti vogliano difendere i colleghi [di Al-Jazeera] da un presidente dal grilletto facile, soprattutto considerando che l’esercito americano ha già colpito gli uffici di Al-Jazeera a Kabul nel novembre del 2001 e i suoi inviati in Iraq. Ma ho una domanda da fare. Perché alcuni giornalisti sembrano più indignati per le presunte minacce e offese del presidente Bush nei confronti di una stazione televisiva di quanto lo siano stati quando un altro presidente giunse a bombardarne una?
Perché danno sfogo a tanta rabbia e indignazione per l’incidente di Bush e Al-Jazeera, mentre finsero di non vedere - e tentarono addirittura di giustificare - il vergognoso bombardamento della televisione serba ne 1999 che provocò la morte e il ferimento di molti dipendenti?
[…]
Quando la NATO - con Clinton e Blair al comando - bombardò la sede della radiotelevisione serba a Belgrado il 23 aprile 1999, non si trattò di uno scherzo. Accadde veramente. Nel mezzo della notte, alle 2.20 del mattino - dei missili Cruise distrussero l’ingresso dell’edificio e ridussero in macerie almeno uno studio. C’erano circa 120 persone al lavoro, in quel momento; almeno 16 rimasero uccise, ed altre 16 furono ferite. Erano tutti civili, per lo più tecnici e operatori. John Simpson della BBC raccontò di aver visto ‘il corpo di una giovane truccatrice… sul pavimento di un camerino.’
Fu un attacco intenzionale ai lavoratori civili del settore dell’informazione. La NATO parlò apertamente e senza vergogna di questi attacchi come di un mezzo per segnar punti nella guerra di propaganda e indebolire ulteriormente il controllo del presidente Milosevic sulla Serbia.
[...]
Oggi i giornalisti si chiedono se Blair abbia o no preso sul serio la battuta di Bush sul bombardamento di Al-Jazeera. Non fateci caso. Ecco quello che disse Blair - in pubblico, ufficialmente - sul bombardamento e l’uccisione dei giornalisti nella campagna del Kosovo: i media ‘sono l’apparato che mantiene [Milosevic] al potere e siamo totalmente giustificati in quanto alleati NATO a danneggiare e a colpire quegli obiettivi.’
Anche l’ex ministro britannico Clare Short - che si è dimessa perché contraria alla guerra in Iraq e adesso posa da guerriera pacifista - giustificò il bombardamento dei giornalisti nel 1999. Disse allora: ‘Questa è una guerra, questo è un grave conflitto, vengono commessi e taciuti degli orrori. La macchina della propaganda sta prolungando la guerra ed è un bersaglio legittimo.’ Raccontatelo alla famiglia della giovane truccatrice.
Gli attacchi erano progettati per causare il massimo danno alla stazione televisiva, e, per citare un ufficiale statunitense, si sperava che i bombardamenti avessero ‘il massimo impatto in termini di propaganda a livello nazionale e internazionale’ per la NATO. La rivista militare Jane’s Defense Weekly riferì nel luglio del 2000 che gli strateghi della NATO avevano stabilito quali parti dell’edificio ospitassero con maggiore probabilità i sistemi di controllo dell’impianto antincendio, e che i missili erano programmati per colpire proprio questi punti, così che l’incendio causato dalle bombe potesse diffondersi più rapidamente e fosse più difficile estinguerlo.
Clinton, Blair e i loro compari della NATO giustificarono questi attacchi come ‘legittimi’ tentativi di indebolire il nemico colpendo la macchina della sua propaganda. Vogliono farci credere che gli operatori, i tecnici del suono e una truccatrice fossero quelli che mantenevano Milosevic al potere? In verità, il bombardamento segnò un nuovo minimo storico nella guerra ‘umanitaria’ privilegiata da Clinton e Blair: fu fatto per colpire i civili; fu progettato per causare il massimo danno; e serviva a dare una mano sul piano nazionale e internazionale a Stati Uniti e Gran Bretagna.
[...]
E tuttavia, l’indignazione tra i giornalisti per questo attacco ai loro colleghi si fece notare per la propria assenza; fu senz’altro più smorzata delle manifestazioni di sdegno che hanno accolto le rivelazioni sull’incidente Bush-Blair. In Gran Bretagna alcuni sindacati della stampa si rifiutarono perfino di condannare il bombardamento della sede della RTS. Il BECTU [Broadcasting Entertainment Cinematograph and Theatre Union] evitò perfino di commentare l’attacco e proibì che il proprio nome figurasse nelle manifestazioni pacifiste.
Ci fu un tono quasi celebrativo nei servizi che il Guardian dedicò al bombardamento della RTS. Nel suo primo pezzo dopo l’attacco, il quotidiano ripeté le giustificazioni della NATO senza metterle in discussione, dichiarando: ‘nel primo mattino la NATO ha attaccato il cuore della base del potere del presidente jugoslavo Slobodan Milosevic bombardando la sede della televisione di stato serba, interrompendo le trasmissioni nel mezzo di un notiziario.’
[...]
Alcuni giornalisti condannarono il bombardamento, non perché fosse moralmente e politicamente ingiusto, ma perché regalava una ‘vittoria di propaganda’ agli oppositori della guerra. L’editorialista del Guardian Polly Toynbee, che era favorevole ai bombardamenti, disse: ‘è stato un inutile atto di follia bombardare la stazione radiotelevisiva serba,’ poiché non era altro che un ‘regalo ai molti critici della NATO.’
Naturalmente vi furono giornalisti che presero posizione contro il bombardamento della tv serba. In Gran Bretagna, per esempio, il portavoce del Sindacato nazionale dei giornalisti si oppose con forza all’attacco. Ma in generale - in un momento in cui i mezzi di informazione non solo appoggiavano l’intervento ma lo incoraggiavano entusiasticamente - vi fu una certa indifferenza verso questo vergognoso attacco ai lavoratori dell’informazione: più un senso di imbarazzo che una reale opposizione.
Questa disparità tra l’atteggiamento dei media nell’incidente di Al-Jazeera e la loro reazione al bombardamento della TV serba da parte di Clinton è rivelatrice.
Da Clare Short ai giornalisti del Guardian ai rappresentanti sindacali, alcuni di coloro che oggi mettono in ridicolo la guerra illegale di Blair e Bush all’Iraq erano in prima linea nell’appoggiare una guerra altrettanto illegale per il Kosovo (neanche quell’intervento si guadagnò l’appoggio unanime delle Nazioni Unite). Anzi, alcuni degli argomenti che usarono per giustificare gli attacchi alla Jugoslavia - come la necessità di punire un ‘dittatore colpevole di genocidio’, di proteggere una ‘popolazione vulnerabile’ e di adempiere all'‘impegno internazionale’ di diffondere la pace e l’armonia - sono stati ripetuti da Bush e Blair con riferimento all’Iraq.
I giornalisti, specie di convinzioni liberali e di sinistra, hanno atteggiamenti molto contraddittori nei confronti delle guerre d’aggressione occidentali. Questo significa che non sono nella posizione migliore per lamentarsi degli aspetti della guerra in Iraq, visto che il loro supino consenso alla guerra del Kosovo ha preparato la strada ai successivi interventi in Afghanistan nel 2001 e in Iraq nel 2003.”
Eccone alcuni estratti (ci si dilunga un po', procuratevi alcuni generi di conforto):
“Non sorprende che i giornalisti vogliano difendere i colleghi [di Al-Jazeera] da un presidente dal grilletto facile, soprattutto considerando che l’esercito americano ha già colpito gli uffici di Al-Jazeera a Kabul nel novembre del 2001 e i suoi inviati in Iraq. Ma ho una domanda da fare. Perché alcuni giornalisti sembrano più indignati per le presunte minacce e offese del presidente Bush nei confronti di una stazione televisiva di quanto lo siano stati quando un altro presidente giunse a bombardarne una?
Perché danno sfogo a tanta rabbia e indignazione per l’incidente di Bush e Al-Jazeera, mentre finsero di non vedere - e tentarono addirittura di giustificare - il vergognoso bombardamento della televisione serba ne 1999 che provocò la morte e il ferimento di molti dipendenti?
[…]
Quando la NATO - con Clinton e Blair al comando - bombardò la sede della radiotelevisione serba a Belgrado il 23 aprile 1999, non si trattò di uno scherzo. Accadde veramente. Nel mezzo della notte, alle 2.20 del mattino - dei missili Cruise distrussero l’ingresso dell’edificio e ridussero in macerie almeno uno studio. C’erano circa 120 persone al lavoro, in quel momento; almeno 16 rimasero uccise, ed altre 16 furono ferite. Erano tutti civili, per lo più tecnici e operatori. John Simpson della BBC raccontò di aver visto ‘il corpo di una giovane truccatrice… sul pavimento di un camerino.’
Fu un attacco intenzionale ai lavoratori civili del settore dell’informazione. La NATO parlò apertamente e senza vergogna di questi attacchi come di un mezzo per segnar punti nella guerra di propaganda e indebolire ulteriormente il controllo del presidente Milosevic sulla Serbia.
[...]
Oggi i giornalisti si chiedono se Blair abbia o no preso sul serio la battuta di Bush sul bombardamento di Al-Jazeera. Non fateci caso. Ecco quello che disse Blair - in pubblico, ufficialmente - sul bombardamento e l’uccisione dei giornalisti nella campagna del Kosovo: i media ‘sono l’apparato che mantiene [Milosevic] al potere e siamo totalmente giustificati in quanto alleati NATO a danneggiare e a colpire quegli obiettivi.’
Anche l’ex ministro britannico Clare Short - che si è dimessa perché contraria alla guerra in Iraq e adesso posa da guerriera pacifista - giustificò il bombardamento dei giornalisti nel 1999. Disse allora: ‘Questa è una guerra, questo è un grave conflitto, vengono commessi e taciuti degli orrori. La macchina della propaganda sta prolungando la guerra ed è un bersaglio legittimo.’ Raccontatelo alla famiglia della giovane truccatrice.
Gli attacchi erano progettati per causare il massimo danno alla stazione televisiva, e, per citare un ufficiale statunitense, si sperava che i bombardamenti avessero ‘il massimo impatto in termini di propaganda a livello nazionale e internazionale’ per la NATO. La rivista militare Jane’s Defense Weekly riferì nel luglio del 2000 che gli strateghi della NATO avevano stabilito quali parti dell’edificio ospitassero con maggiore probabilità i sistemi di controllo dell’impianto antincendio, e che i missili erano programmati per colpire proprio questi punti, così che l’incendio causato dalle bombe potesse diffondersi più rapidamente e fosse più difficile estinguerlo.
Clinton, Blair e i loro compari della NATO giustificarono questi attacchi come ‘legittimi’ tentativi di indebolire il nemico colpendo la macchina della sua propaganda. Vogliono farci credere che gli operatori, i tecnici del suono e una truccatrice fossero quelli che mantenevano Milosevic al potere? In verità, il bombardamento segnò un nuovo minimo storico nella guerra ‘umanitaria’ privilegiata da Clinton e Blair: fu fatto per colpire i civili; fu progettato per causare il massimo danno; e serviva a dare una mano sul piano nazionale e internazionale a Stati Uniti e Gran Bretagna.
[...]
E tuttavia, l’indignazione tra i giornalisti per questo attacco ai loro colleghi si fece notare per la propria assenza; fu senz’altro più smorzata delle manifestazioni di sdegno che hanno accolto le rivelazioni sull’incidente Bush-Blair. In Gran Bretagna alcuni sindacati della stampa si rifiutarono perfino di condannare il bombardamento della sede della RTS. Il BECTU [Broadcasting Entertainment Cinematograph and Theatre Union] evitò perfino di commentare l’attacco e proibì che il proprio nome figurasse nelle manifestazioni pacifiste.
Ci fu un tono quasi celebrativo nei servizi che il Guardian dedicò al bombardamento della RTS. Nel suo primo pezzo dopo l’attacco, il quotidiano ripeté le giustificazioni della NATO senza metterle in discussione, dichiarando: ‘nel primo mattino la NATO ha attaccato il cuore della base del potere del presidente jugoslavo Slobodan Milosevic bombardando la sede della televisione di stato serba, interrompendo le trasmissioni nel mezzo di un notiziario.’
[...]
Alcuni giornalisti condannarono il bombardamento, non perché fosse moralmente e politicamente ingiusto, ma perché regalava una ‘vittoria di propaganda’ agli oppositori della guerra. L’editorialista del Guardian Polly Toynbee, che era favorevole ai bombardamenti, disse: ‘è stato un inutile atto di follia bombardare la stazione radiotelevisiva serba,’ poiché non era altro che un ‘regalo ai molti critici della NATO.’
Naturalmente vi furono giornalisti che presero posizione contro il bombardamento della tv serba. In Gran Bretagna, per esempio, il portavoce del Sindacato nazionale dei giornalisti si oppose con forza all’attacco. Ma in generale - in un momento in cui i mezzi di informazione non solo appoggiavano l’intervento ma lo incoraggiavano entusiasticamente - vi fu una certa indifferenza verso questo vergognoso attacco ai lavoratori dell’informazione: più un senso di imbarazzo che una reale opposizione.
Questa disparità tra l’atteggiamento dei media nell’incidente di Al-Jazeera e la loro reazione al bombardamento della TV serba da parte di Clinton è rivelatrice.
Da Clare Short ai giornalisti del Guardian ai rappresentanti sindacali, alcuni di coloro che oggi mettono in ridicolo la guerra illegale di Blair e Bush all’Iraq erano in prima linea nell’appoggiare una guerra altrettanto illegale per il Kosovo (neanche quell’intervento si guadagnò l’appoggio unanime delle Nazioni Unite). Anzi, alcuni degli argomenti che usarono per giustificare gli attacchi alla Jugoslavia - come la necessità di punire un ‘dittatore colpevole di genocidio’, di proteggere una ‘popolazione vulnerabile’ e di adempiere all'‘impegno internazionale’ di diffondere la pace e l’armonia - sono stati ripetuti da Bush e Blair con riferimento all’Iraq.
I giornalisti, specie di convinzioni liberali e di sinistra, hanno atteggiamenti molto contraddittori nei confronti delle guerre d’aggressione occidentali. Questo significa che non sono nella posizione migliore per lamentarsi degli aspetti della guerra in Iraq, visto che il loro supino consenso alla guerra del Kosovo ha preparato la strada ai successivi interventi in Afghanistan nel 2001 e in Iraq nel 2003.”
Il cuore e l'anima della compagnia
Su Crooks and Liars, il video dei mercenari che sparano con fucili automatici per le strade di Baghdad (apparentemente si tratta della route Irish, "la strada più pericolosa del mondo", quella che porta all'aeroporto), colpendo macchine di civili iracheni a caso. Ne aveva parlato ieri il Sunday Telegraph: il filmato era apparso per la prima volta su www.aegisIraq.co.uk e in seguito rimosso. Sull'homepage sta scritto: "Questo sito non appartiene alla Aegis Defence Ltd, appartiene agli uomini sul campo che rappresentano il cuore e l'anima della compagnia."
La Aegis nega che si tratti di propri dipendenti; comunque, in almeno uno dei filmati si sentono delle voci con accento scozzese o irlandese.
Certo: aegis significa protezione.
La Aegis nega che si tratti di propri dipendenti; comunque, in almeno uno dei filmati si sentono delle voci con accento scozzese o irlandese.
Certo: aegis significa protezione.
domenica, novembre 27, 2005
Il numero 35
Bilal Mahmud Awad Shebah, noto con il nome di Abu Ubaydah, era confidente, guardiano, messaggero e segretario personale di Al Zarqawi. In breve, il braccio destro numero 35.
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venerdì, novembre 25, 2005
You have to do it with candor
L'ex direttore pasticcione e raccomandato della FEMA, Michael Brown, ha un nuovo lavoro: dirigerà in Colorado una ditta di consulenze nel settore della gestione dei disastri e delle emergenze.
In pratica, insegnerà ai clienti come evitare di commettere i suoi stessi errori.
Quando gli hanno chiesto come intende affrontare questo nuovo compito, ha risposto: "You have to do it with candor".
Fonti: CNN, SHNS.
In pratica, insegnerà ai clienti come evitare di commettere i suoi stessi errori.
Quando gli hanno chiesto come intende affrontare questo nuovo compito, ha risposto: "You have to do it with candor".
Fonti: CNN, SHNS.
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Katrina
mercoledì, novembre 23, 2005
Il cartaro truffaldino
Scrivevano Bonini e D'Avanzo poco tempo fa, a proposito del "cartaro truffaldino" Rocco Martino e del falso dossier sull'uranio del Niger:
"Il coinvolgimento italiano negli eventi che precedono l'invasione dell'Iraq ha, sin qui, trovato nella distrazione generale un solitario e grottesco protagonista in un tale che si chiama Rocco Martino, 'di Raffaele e America Ventrici, nato a Tropea (Catanzaro) il 20 settembre 1938'.
Smascherato dalla stampa inglese (Financial Times, Sunday Times) nell'estate del 2004, Rocco Martino vuota il sacco: 'È vero, c'è la mia mano nella disseminazione di quei documenti (sull'uranio nigeriano), ma io sono stato ingannato. Dietro questa storia ci sono, insieme, americani e italiani. Si è trattato di un'operazione di disinformazione'.
Confessione non lontana dalla verità, ma incompleta.
Nasconde gli architetti dell''operazione'. Rocco Martino è a occhio nudo soltanto una pedina. Come i suoi compari. Chi tira i fili delle loro mediocri avventure? Per saperlo bisogna, in ogni caso, cominciare da quel buffo tipo venuto a Roma da Tropea.
Rocco Martino è un carabiniere fallito. Uno spione disonesto. Intorno a lui si avverte l'aura del briccone anche se non si conosce la sua pasticciata storia. Capitano nell'intelligence politico-militare tra il '76 e il '77 'allontanato per difetti di comportamento'. Nell'85 arrestato per estorsione in Italia. Nel '93 arrestato in Germania con assegni rubati. E tuttavia, a sentire i funzionari del ministero della Difesa, 'fino al 1999' collabora ancora con il Sismi. E' un doppiogiochista."
È emerso un particolare che a me sembra nuovo: l'ex-analista della National Security Agency Wayne Madsen (il suo sito non ha i permalink, basta fare una ricerca nel testo con il nome "Martino") ha scritto ieri che Rocco Martino ha lavorato ufficiosamente per George H.W. Bush negli anni Ottanta: "Martino, che ha mantenuto la residenza in Lussemburgo, fa parte di una complessa rete di individui che figurarono come elementi di primo piano nella vicenda Iran-Contra. Tra di essi vi sono Michael Ledeen, Manucher Ghorbanifar, Adnan Khashoggi, e altri protagonisti di quell'operazione segreta che si sarebbe trasformata in uno scandalo di grandi proporzioni per l'amministrazione Reagan." Questa informazione verrebbe da fonti dell'intelligence statunitense.
Che Madsen disponga di molte fonti tra amici ed ex amici all'interno dei servizi segreti americani, si era capito già in questa intervista sulla morte di Nicola Calipari risalente allo scorso mese di maggio, nella quale di fatto anticipava informazioni sul falso dossier sull'uranio nigeriano e il ruolo avuto dagli italiani: "Secondo i miei contatti nel governo americano, le persone coinvolte in incontri segreti che hanno portato alla guerra in Iraq comprendono il neo-conservatore Michael Ledeen, sua figlia Simone Ledeen, il sedicente agente a tempo del SISMI, Rocco Martino, Ghorbanifar, il funzionario del Pentagono Larry Franklin recentemente arrestato come spia israeliana, il suo superiore al Pentagono, Harold Rhode che è anche ufficiale di collegamento con l’attuale Ministro del Petrolio iracheno, Ahmad Chalabi. Penso che molti dettagli emergeranno su questa storia."
Cosmesi:
Prima di dormire, Eau de Soin demaquillante, Lozione detergente pelli intolleranti, maschera nutriente Yellowcake, crema Coherence Rass notte.
"Il coinvolgimento italiano negli eventi che precedono l'invasione dell'Iraq ha, sin qui, trovato nella distrazione generale un solitario e grottesco protagonista in un tale che si chiama Rocco Martino, 'di Raffaele e America Ventrici, nato a Tropea (Catanzaro) il 20 settembre 1938'.
Smascherato dalla stampa inglese (Financial Times, Sunday Times) nell'estate del 2004, Rocco Martino vuota il sacco: 'È vero, c'è la mia mano nella disseminazione di quei documenti (sull'uranio nigeriano), ma io sono stato ingannato. Dietro questa storia ci sono, insieme, americani e italiani. Si è trattato di un'operazione di disinformazione'.
Confessione non lontana dalla verità, ma incompleta.
Nasconde gli architetti dell''operazione'. Rocco Martino è a occhio nudo soltanto una pedina. Come i suoi compari. Chi tira i fili delle loro mediocri avventure? Per saperlo bisogna, in ogni caso, cominciare da quel buffo tipo venuto a Roma da Tropea.
Rocco Martino è un carabiniere fallito. Uno spione disonesto. Intorno a lui si avverte l'aura del briccone anche se non si conosce la sua pasticciata storia. Capitano nell'intelligence politico-militare tra il '76 e il '77 'allontanato per difetti di comportamento'. Nell'85 arrestato per estorsione in Italia. Nel '93 arrestato in Germania con assegni rubati. E tuttavia, a sentire i funzionari del ministero della Difesa, 'fino al 1999' collabora ancora con il Sismi. E' un doppiogiochista."
È emerso un particolare che a me sembra nuovo: l'ex-analista della National Security Agency Wayne Madsen (il suo sito non ha i permalink, basta fare una ricerca nel testo con il nome "Martino") ha scritto ieri che Rocco Martino ha lavorato ufficiosamente per George H.W. Bush negli anni Ottanta: "Martino, che ha mantenuto la residenza in Lussemburgo, fa parte di una complessa rete di individui che figurarono come elementi di primo piano nella vicenda Iran-Contra. Tra di essi vi sono Michael Ledeen, Manucher Ghorbanifar, Adnan Khashoggi, e altri protagonisti di quell'operazione segreta che si sarebbe trasformata in uno scandalo di grandi proporzioni per l'amministrazione Reagan." Questa informazione verrebbe da fonti dell'intelligence statunitense.
Che Madsen disponga di molte fonti tra amici ed ex amici all'interno dei servizi segreti americani, si era capito già in questa intervista sulla morte di Nicola Calipari risalente allo scorso mese di maggio, nella quale di fatto anticipava informazioni sul falso dossier sull'uranio nigeriano e il ruolo avuto dagli italiani: "Secondo i miei contatti nel governo americano, le persone coinvolte in incontri segreti che hanno portato alla guerra in Iraq comprendono il neo-conservatore Michael Ledeen, sua figlia Simone Ledeen, il sedicente agente a tempo del SISMI, Rocco Martino, Ghorbanifar, il funzionario del Pentagono Larry Franklin recentemente arrestato come spia israeliana, il suo superiore al Pentagono, Harold Rhode che è anche ufficiale di collegamento con l’attuale Ministro del Petrolio iracheno, Ahmad Chalabi. Penso che molti dettagli emergeranno su questa storia."
Cosmesi:
Prima di dormire, Eau de Soin demaquillante, Lozione detergente pelli intolleranti, maschera nutriente Yellowcake, crema Coherence Rass notte.
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martedì, novembre 22, 2005
Il fosforo bianco sono gli altri
Per minimizzare l'impatto politico delle rivelazioni sull'uso del fosforo bianco a Fallujah da parte dell'esercito americano, il Pentagono ha sostenuto che le munizioni al fosforo sono legali perché non sono tecnicamente "armi chimiche."
Gabriele Zamparini dà notizia di un documento del Pentagono risalente al 1995 intitolato “Possible Use of Phosphorous Chemical”, che descrive l'uso che Saddam Hussein fece del fosforo bianco contro i curdi. Il documento, ripreso anche da Think Progress, sarebbe questo.
Vi si legge:
"L'Iraq potrebbe aver impiegato armi chimiche al fosforo contro la popolazione curda in aree lungo i confini tra Iraq, Iran e Turchia. […]
Alla fine di febbraio del 1991, dopo la schiacciante vittoria delle forze della coalizione in Iraq, i ribelli curdi intensificarono la loro lotta contro l'esercito iracheno nell'Iraq settentrionale. Durante la brutale repressione che seguì alla sollevazione curda, le forze irachene leali al presidente Saddam (Hussein) potrebbero aver usato arme chimiche al fosforo bianco (WP) contro i ribelli curdi e la popolazione delle province irachene di Erbil (GEOCOORD:3412N/04401E) (nei pressi del confine iraniano) e Dohuk (GEOCOORD:3652N/04301E) (nei pressi del confine iracheno). [sic. qui dovrebbe stare scritto confine turco, credo]"
Se questo documento è autentico, ne possiamo dedurre che il Pentagono definisce il fosforo bianco un'arma chimica quando viene usata dal nemico.
La gente di Fallujah, naturalmente, sarebbe morta comunque, anche usando mezzi convenzionali. È importante, allora, che siano state usate anche armi chimiche? Sì, lo è. Come scrive oggi George Monbiot sul Guardian "chiunque abbia visto le foto di reduci della prima guerra mondiale resi ciechi dalle armi chimiche comprenderà le ragioni della legge internazionale, e i pericoli impliciti nella sua violazione." Ma, aggiunge, "non dobbiamo dimenticare che l'uso di armi chimiche è stato un crimine di guerra all'interno di un crimine di guerra all'interno di un altro crimine di guerra. L'invasione dell'Iraq e l'attacco di Fallujah sono stati atti d'aggressione illegali. Prima di attaccare Fallujah, i marines impedirono di lasciare la città agli uomini in grado di combattere. Anche molte donne e bambini rimasero: il corrispondente del Guardian ha stimato che in città restarono tra i 30.000 e i 50.000 civili. I marines trattarono Fallujah come se i suoi unici abitanti fossero i combattenti. Rasero al suolo migliaia di edifici, negarono illegalmente l'accesso alla Mezzaluna Rossa irachena e secondo lo special rapporteur dell'ONU, usarono 'la fame e la mancanza d'acqua come armi contro la popolazione civile.'"
Monbiot ricorda un'altra cosa importante, e cioè che "su un'arma d'assalto usata dai marines erano montate delle testate contenenti 'circa un 35% di esplosivo termobarico e un 65% di esplosivo standard.'" Le utilizzarono per causare il crollo dei tetti e schiacciare gli insorti asserragliati, e lo fecero ripetutamente: "L'impiego di esplosivo per sgombrare le case fu enorme. Un articolo pubblicato nel 2000 descrive gli effetti che queste armi provocarono quando furono usate dai russi a Grozny. Le armi termobariche o fuel-air, secondo questo articolo, formano una nuvola di gas volatili o di esplosivi finemente polverizzati. 'Questa nuvola successivamente si incendia e risucchia l'ossigeno dell'area circostante. La mancanza d'ossigeno crea un'enorme pressione... chi si trova sotto questa nube muore letteralmente schiacciato. Al di fuori di quest'area l'onda d'urto viaggia a circa 3000 metri al secondo... Di conseguenza, un esplosivo fuel-air può avere gli effetti di un'arma tattica nucleare senza provocare radiazioni... Chi si trova direttamente sotto la nuvola muore incenerito o a causa della pressione. Chi si trova ai margini può riportare ferite molto gravi: ustioni, fratture, contusioni, cecità. La pressione può inoltre causare embolia, commozioni cerebrali, emorragie interne multiple al fegato e alla milza, collasso dei polmoni, rottura dei timpani e spostamento degli occhi dalle orbite.'"
Conclude Monbiot che "è molto difficile capire come si siano potute usare queste armi a Fallujah senza uccidere dei civili."
Dunque il problema diventa: "esiste un crimine che le forze della coalizione non abbiano commesso in Iraq?". Esiste?
Make up
Armi segrete: lucidalabbra Phyto-Lip n. 1, fondotinta mousse Matte Soufflé n. 620, cipria multicolor: Météorites Poudre Pressée, col. Winter Radiance (WR).
Gabriele Zamparini dà notizia di un documento del Pentagono risalente al 1995 intitolato “Possible Use of Phosphorous Chemical”, che descrive l'uso che Saddam Hussein fece del fosforo bianco contro i curdi. Il documento, ripreso anche da Think Progress, sarebbe questo.
Vi si legge:
"L'Iraq potrebbe aver impiegato armi chimiche al fosforo contro la popolazione curda in aree lungo i confini tra Iraq, Iran e Turchia. […]
Alla fine di febbraio del 1991, dopo la schiacciante vittoria delle forze della coalizione in Iraq, i ribelli curdi intensificarono la loro lotta contro l'esercito iracheno nell'Iraq settentrionale. Durante la brutale repressione che seguì alla sollevazione curda, le forze irachene leali al presidente Saddam (Hussein) potrebbero aver usato arme chimiche al fosforo bianco (WP) contro i ribelli curdi e la popolazione delle province irachene di Erbil (GEOCOORD:3412N/04401E) (nei pressi del confine iraniano) e Dohuk (GEOCOORD:3652N/04301E) (nei pressi del confine iracheno). [sic. qui dovrebbe stare scritto confine turco, credo]"
Se questo documento è autentico, ne possiamo dedurre che il Pentagono definisce il fosforo bianco un'arma chimica quando viene usata dal nemico.
La gente di Fallujah, naturalmente, sarebbe morta comunque, anche usando mezzi convenzionali. È importante, allora, che siano state usate anche armi chimiche? Sì, lo è. Come scrive oggi George Monbiot sul Guardian "chiunque abbia visto le foto di reduci della prima guerra mondiale resi ciechi dalle armi chimiche comprenderà le ragioni della legge internazionale, e i pericoli impliciti nella sua violazione." Ma, aggiunge, "non dobbiamo dimenticare che l'uso di armi chimiche è stato un crimine di guerra all'interno di un crimine di guerra all'interno di un altro crimine di guerra. L'invasione dell'Iraq e l'attacco di Fallujah sono stati atti d'aggressione illegali. Prima di attaccare Fallujah, i marines impedirono di lasciare la città agli uomini in grado di combattere. Anche molte donne e bambini rimasero: il corrispondente del Guardian ha stimato che in città restarono tra i 30.000 e i 50.000 civili. I marines trattarono Fallujah come se i suoi unici abitanti fossero i combattenti. Rasero al suolo migliaia di edifici, negarono illegalmente l'accesso alla Mezzaluna Rossa irachena e secondo lo special rapporteur dell'ONU, usarono 'la fame e la mancanza d'acqua come armi contro la popolazione civile.'"
Monbiot ricorda un'altra cosa importante, e cioè che "su un'arma d'assalto usata dai marines erano montate delle testate contenenti 'circa un 35% di esplosivo termobarico e un 65% di esplosivo standard.'" Le utilizzarono per causare il crollo dei tetti e schiacciare gli insorti asserragliati, e lo fecero ripetutamente: "L'impiego di esplosivo per sgombrare le case fu enorme. Un articolo pubblicato nel 2000 descrive gli effetti che queste armi provocarono quando furono usate dai russi a Grozny. Le armi termobariche o fuel-air, secondo questo articolo, formano una nuvola di gas volatili o di esplosivi finemente polverizzati. 'Questa nuvola successivamente si incendia e risucchia l'ossigeno dell'area circostante. La mancanza d'ossigeno crea un'enorme pressione... chi si trova sotto questa nube muore letteralmente schiacciato. Al di fuori di quest'area l'onda d'urto viaggia a circa 3000 metri al secondo... Di conseguenza, un esplosivo fuel-air può avere gli effetti di un'arma tattica nucleare senza provocare radiazioni... Chi si trova direttamente sotto la nuvola muore incenerito o a causa della pressione. Chi si trova ai margini può riportare ferite molto gravi: ustioni, fratture, contusioni, cecità. La pressione può inoltre causare embolia, commozioni cerebrali, emorragie interne multiple al fegato e alla milza, collasso dei polmoni, rottura dei timpani e spostamento degli occhi dalle orbite.'"
Conclude Monbiot che "è molto difficile capire come si siano potute usare queste armi a Fallujah senza uccidere dei civili."
Dunque il problema diventa: "esiste un crimine che le forze della coalizione non abbiano commesso in Iraq?". Esiste?
Make up
Armi segrete: lucidalabbra Phyto-Lip n. 1, fondotinta mousse Matte Soufflé n. 620, cipria multicolor: Météorites Poudre Pressée, col. Winter Radiance (WR).
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domenica, novembre 20, 2005
Due gradi di separazione
(Avvertenza: mi avete concesso democraticamente un po' di teoria del complotto, di tanto in tanto. Sit back and enjoy.)
Allora, gli attentati di Amman. Capisco che i giornalisti italiani in quei giorni scioperavano e che la notizia non è stata seguita benissimo – salvo poi dare grande rilievo alla kamikaze mancata, fotografata con tanto di corpetto esplosivo – ma la versione ufficiale e accettata sembra fatta apposta per un'innocua esercitazione di dietrologia.
Il soffitto
Probabilmente un esperto di esplosioni sarebbe in grado di spiegarmi come mai i soffitti del Radisson erano sfondati mentre le pareti vicine ai luoghi delle esplosioni sono rimaste praticamente intatte, quindi su questo non mi soffermerò più di tanto. Però al dietrologo dilettante verrebbe da dire che c'erano delle bombe sul/nel soffitto, non che si sono fatte saltare in aria delle persone. Ah, dimenticavo: di bombe posizionate nel controsoffitto parlava il primo lancio Reuters (ne parlano Al Jazeera qui, e anche il Daily Star, qui).
La kamikaze mancata
Storia dell'Associated Press: la donna ha detto che lei e il marito indossavano cinture esplosive quando sono entrati nella sala da ballo del Radisson in cui si trovavano centinaia di persone, compresi dei bambini, ospiti di una festa di matrimonio giordano-palestinese. "Mio marito indossava una cintura e ne fece indossare una anche a me. Mi insegnò come usarla, come tirare e farla esplodere," ha detto. "Mio marito fece esplodere la sua bomba. Io cercai di far esplodere la mia cintura, ma non ci riuscii. Me ne andai, c'era gente che scappava e io scappai fuori con loro." Nella versione dell'Associated Press, il vice primo ministro Muasher aggiunge un particolare importante: il marito, vedendo che la donna non riusciva a farsi esplodere, la spinse fuori dalla sala da ballo, e poi si fece saltare in aria.
La stessa storia su Al Jazeera è raccontata così: "Entrammo nell'albergo. Mio marito andò in un angolo e io andai nell'altro. Nell'albergo c'era un matrimonio. C'erano donne e bambini. Mio marito fece esplodere la sua bomba, io cercai di far esplodere la mia, ma non funzionava. La gente scappava e anch'io scappai con loro".
Allora il marito la spinse fuori prima di farsi esplodere o no? E soprattutto, perché avrebbe dovuto farlo?
Parenti serpenti
La donna è stata arrestata la domenica mattina successiva all'attentato in una "casa sicura" che si trova nello stesso quartiere in cui il marito e gli altri avevano affittato un appartamento immobiliato. I servizi giordani si sono basati sul comunicato di rivendicazione dei tre attacchi terroristici firmato dall'Organizzazione di al Qaeda per la Jihad in Giordania, in cui si parlava di una donna tra gli attentatori. Come abbiano fatto a trovare il nascondiglio "sicuro", non si sa. Visto che era, per l'appunto, "sicuro".
Infatti la versione negli ultimi giorni è cambiata ancora una volta: niente più luogo sicuro, la donna si era rifugiata a Salt, chiedendo ospitalità alla famiglia del defunto marito di sua sorella. Il defunto marito della sorella non era uno qualunque, ma Nidal Arabiyat, un alleato di al-Zarqawi che era rimasto ucciso in uno scontro con gli americani in Iraq nel 2003, secondo le fonti ufficiali del governo giordano. E mica solo un alleato: no, addirittura un esperto di esplosivi. Il mondo è piccolo.
Non volevo, uffaQui la storia si fa appassionante, perché al-Zarkawi interpreta il suo solito cameo. Innanzitutto bisogna osservare che le rivendicazioni del fantomatico al-Zarkawi sono sempre precise, tempestive e aggiungono utili dettagli. In questo caso alla rivendicazione è perfino seguita una seconda dichiarazione. O questo signore è un grafomane, o qualcuno stava dando dei ritocchi strategici alla storia. Poi, venerdì scorso è arrivata un'ulteriore precisazione di al-Zarqawi, ovviamente in una registrazione radio diffusa su internet: non voleva colpire i fedeli musulmani intenti a partecipare alle feste nuziali. Da una notizia AGI: "una puntualizzazione che sembra confermare quanto stragi così sanguinose, che hanno provocato nel complesso almeno 58 morti, abbiano messo seriamente in imbarazzo il super-terrorista di origini giordane, luogotenente di Osama bin Laden in Iraq, per lo sdegno che hanno suscitato prima di tutto nello stesso mondo islamico." In imbarazzo.
Insomma, 'sta al Qaeda per la Jihad nella Terra dei Due Fiumi credeva che gli alberghi fossero "covi di agenti dei servizi segreti americani, israeliani e giordani", quando la proprietà del Radisson di Amman è giordano-palestinese. Infatti sono stati fatti fuori i capi dell'intelligence palestinese e alcuni cinesi, oltre ai molti civili giordani, e lasciamo pure perdere l'articolo di Haaretz, poi smentito, secondo cui prima degli attentati alcuni israeliani erano stati fatti uscire dal Radisson dai servizi di sicurezza giordani (nel sito del quotidiano ci sono ancora le due versioni: uno e due). Ma invece no, al Quaeda pensava che lì ci fosse il megaraduno dell'asse del male.
Il soffitto, reloaded
Nella necessità di spiegarsi del "super-terrorista" c'è un altro strano riferimento: "L'idea che si siano fatti esplodere nel mezzo di festeggiamenti per un matrimonio è una bugia del regime giordano... l'obiettivo era un incontro di servizi segreti, solo che a causa dell'esplosione è crollato il soffitto sugli ospiti del ricevimento".
Ci teneva, a spiegare perché fosse crollato il soffitto. E poi uno non deve pensar male.
Due gradi di separazione
Ma se c'è una cosa che mi fa impazzire è che praticamente tutti gli iracheni sembrano essere divisi da non più di due gradi di separazione da al-Zarqawi. In questo caso, Sajida Mubarak Atrous al-Rishawi, la kamikaze mancata, è la sorella del defunto Mubarak Atrous al-Rishawi, già braccio destro (ma non sappiamo quale numero) di al Zarqawi ucciso non si sa quando a Fallujah. E suo cognato - l'esperto di esplosivi, morto anche lui in battaglia - era un altro braccio destro. Naturalmente, in questo modo gli Stati Uniti possono dire che al-Zarqawi è ormai alle corde, perché è costretto a mandare a morire i suoi uomini migliori (e le loro sorelle, e i loro mariti, altri elementi validi dell'organizzazione). Il fatto che quattro iracheni debbano farsi la gita suicida in Giordania non si spiega se non con il fatto che Abu Musab è rimasto senza parenti.
E però
Al-Zarqawi non esiste. Se non esiste, possiamo dire che ha i giorni contati. Può scriversi le letterine con al-Zawahiri. Può telefonarsi con Bin Laden. Può fare dichiarazioni. Può anche essere ripudiato dalla sua famiglia.
Se telefonasse in diretta dalla De Filippi io personalmente mi insospettirei, e anche se improvvisamente cominciasse a dire "voi giornalisti fraintendete tutto quel che dico, uffa", però tutto il resto può reggere ancora per un po'.
Un po' di materiale interessante in:
Xymphora, Another day in the Empire, "Did Al Zarqawi really bomb Amman?", Xiaodong People, Uruknet.
Make up
Il fondotinta adatto a questo post dovrebbe essere molto coprente: diciamo l'Unifiance Lissage Optique, da abbinare alla Poudre Coromandel (che uniforma e scalda). E poi, grande ritorno dell'eyeliner con lo Spectacular nero; per sopracciglia ben definite come quelle di al-Zarqawi, Dual Perfection n. 01. E poi due gocce di Baiser du Dragon.
Allora, gli attentati di Amman. Capisco che i giornalisti italiani in quei giorni scioperavano e che la notizia non è stata seguita benissimo – salvo poi dare grande rilievo alla kamikaze mancata, fotografata con tanto di corpetto esplosivo – ma la versione ufficiale e accettata sembra fatta apposta per un'innocua esercitazione di dietrologia.
Il soffitto
Probabilmente un esperto di esplosioni sarebbe in grado di spiegarmi come mai i soffitti del Radisson erano sfondati mentre le pareti vicine ai luoghi delle esplosioni sono rimaste praticamente intatte, quindi su questo non mi soffermerò più di tanto. Però al dietrologo dilettante verrebbe da dire che c'erano delle bombe sul/nel soffitto, non che si sono fatte saltare in aria delle persone. Ah, dimenticavo: di bombe posizionate nel controsoffitto parlava il primo lancio Reuters (ne parlano Al Jazeera qui, e anche il Daily Star, qui).
La kamikaze mancata
Storia dell'Associated Press: la donna ha detto che lei e il marito indossavano cinture esplosive quando sono entrati nella sala da ballo del Radisson in cui si trovavano centinaia di persone, compresi dei bambini, ospiti di una festa di matrimonio giordano-palestinese. "Mio marito indossava una cintura e ne fece indossare una anche a me. Mi insegnò come usarla, come tirare e farla esplodere," ha detto. "Mio marito fece esplodere la sua bomba. Io cercai di far esplodere la mia cintura, ma non ci riuscii. Me ne andai, c'era gente che scappava e io scappai fuori con loro." Nella versione dell'Associated Press, il vice primo ministro Muasher aggiunge un particolare importante: il marito, vedendo che la donna non riusciva a farsi esplodere, la spinse fuori dalla sala da ballo, e poi si fece saltare in aria.
La stessa storia su Al Jazeera è raccontata così: "Entrammo nell'albergo. Mio marito andò in un angolo e io andai nell'altro. Nell'albergo c'era un matrimonio. C'erano donne e bambini. Mio marito fece esplodere la sua bomba, io cercai di far esplodere la mia, ma non funzionava. La gente scappava e anch'io scappai con loro".
Allora il marito la spinse fuori prima di farsi esplodere o no? E soprattutto, perché avrebbe dovuto farlo?
Parenti serpenti
La donna è stata arrestata la domenica mattina successiva all'attentato in una "casa sicura" che si trova nello stesso quartiere in cui il marito e gli altri avevano affittato un appartamento immobiliato. I servizi giordani si sono basati sul comunicato di rivendicazione dei tre attacchi terroristici firmato dall'Organizzazione di al Qaeda per la Jihad in Giordania, in cui si parlava di una donna tra gli attentatori. Come abbiano fatto a trovare il nascondiglio "sicuro", non si sa. Visto che era, per l'appunto, "sicuro".
Infatti la versione negli ultimi giorni è cambiata ancora una volta: niente più luogo sicuro, la donna si era rifugiata a Salt, chiedendo ospitalità alla famiglia del defunto marito di sua sorella. Il defunto marito della sorella non era uno qualunque, ma Nidal Arabiyat, un alleato di al-Zarqawi che era rimasto ucciso in uno scontro con gli americani in Iraq nel 2003, secondo le fonti ufficiali del governo giordano. E mica solo un alleato: no, addirittura un esperto di esplosivi. Il mondo è piccolo.
Non volevo, uffaQui la storia si fa appassionante, perché al-Zarkawi interpreta il suo solito cameo. Innanzitutto bisogna osservare che le rivendicazioni del fantomatico al-Zarkawi sono sempre precise, tempestive e aggiungono utili dettagli. In questo caso alla rivendicazione è perfino seguita una seconda dichiarazione. O questo signore è un grafomane, o qualcuno stava dando dei ritocchi strategici alla storia. Poi, venerdì scorso è arrivata un'ulteriore precisazione di al-Zarqawi, ovviamente in una registrazione radio diffusa su internet: non voleva colpire i fedeli musulmani intenti a partecipare alle feste nuziali. Da una notizia AGI: "una puntualizzazione che sembra confermare quanto stragi così sanguinose, che hanno provocato nel complesso almeno 58 morti, abbiano messo seriamente in imbarazzo il super-terrorista di origini giordane, luogotenente di Osama bin Laden in Iraq, per lo sdegno che hanno suscitato prima di tutto nello stesso mondo islamico." In imbarazzo.
Insomma, 'sta al Qaeda per la Jihad nella Terra dei Due Fiumi credeva che gli alberghi fossero "covi di agenti dei servizi segreti americani, israeliani e giordani", quando la proprietà del Radisson di Amman è giordano-palestinese. Infatti sono stati fatti fuori i capi dell'intelligence palestinese e alcuni cinesi, oltre ai molti civili giordani, e lasciamo pure perdere l'articolo di Haaretz, poi smentito, secondo cui prima degli attentati alcuni israeliani erano stati fatti uscire dal Radisson dai servizi di sicurezza giordani (nel sito del quotidiano ci sono ancora le due versioni: uno e due). Ma invece no, al Quaeda pensava che lì ci fosse il megaraduno dell'asse del male.
Il soffitto, reloaded
Nella necessità di spiegarsi del "super-terrorista" c'è un altro strano riferimento: "L'idea che si siano fatti esplodere nel mezzo di festeggiamenti per un matrimonio è una bugia del regime giordano... l'obiettivo era un incontro di servizi segreti, solo che a causa dell'esplosione è crollato il soffitto sugli ospiti del ricevimento".
Ci teneva, a spiegare perché fosse crollato il soffitto. E poi uno non deve pensar male.
Due gradi di separazione
Ma se c'è una cosa che mi fa impazzire è che praticamente tutti gli iracheni sembrano essere divisi da non più di due gradi di separazione da al-Zarqawi. In questo caso, Sajida Mubarak Atrous al-Rishawi, la kamikaze mancata, è la sorella del defunto Mubarak Atrous al-Rishawi, già braccio destro (ma non sappiamo quale numero) di al Zarqawi ucciso non si sa quando a Fallujah. E suo cognato - l'esperto di esplosivi, morto anche lui in battaglia - era un altro braccio destro. Naturalmente, in questo modo gli Stati Uniti possono dire che al-Zarqawi è ormai alle corde, perché è costretto a mandare a morire i suoi uomini migliori (e le loro sorelle, e i loro mariti, altri elementi validi dell'organizzazione). Il fatto che quattro iracheni debbano farsi la gita suicida in Giordania non si spiega se non con il fatto che Abu Musab è rimasto senza parenti.
E però
Al-Zarqawi non esiste. Se non esiste, possiamo dire che ha i giorni contati. Può scriversi le letterine con al-Zawahiri. Può telefonarsi con Bin Laden. Può fare dichiarazioni. Può anche essere ripudiato dalla sua famiglia.
Se telefonasse in diretta dalla De Filippi io personalmente mi insospettirei, e anche se improvvisamente cominciasse a dire "voi giornalisti fraintendete tutto quel che dico, uffa", però tutto il resto può reggere ancora per un po'.
Un po' di materiale interessante in:
Xymphora, Another day in the Empire, "Did Al Zarqawi really bomb Amman?", Xiaodong People, Uruknet.
Make up
Il fondotinta adatto a questo post dovrebbe essere molto coprente: diciamo l'Unifiance Lissage Optique, da abbinare alla Poudre Coromandel (che uniforma e scalda). E poi, grande ritorno dell'eyeliner con lo Spectacular nero; per sopracciglia ben definite come quelle di al-Zarqawi, Dual Perfection n. 01. E poi due gocce di Baiser du Dragon.
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sabato, novembre 19, 2005
Pelle e capelli scuri
I soldati americani in Iraq hanno ucciso finora ben 13 giornalisti dall'inizio dell'invasione e ne stanno tenendo cinque in arresto senza che siano stati incriminati.
I militari dicono che è loro intenzione prevenire l'uccisione di civili, ma che la natura della guerra costringe i soldati a reagire rapidamente per proteggersi. Quindi l'atteggiamento trigger happy delle truppe sarebbe giustificato (boh, questa mi ricorda qualcosa).
Nell'agosto del 2003 gli americani uccisero Mazen Dana, un noto cameraman palestinese che lavorava per la Reuters e che aveva ottenuto il permesso di fare delle riprese all'esterno della prigione di Abu Ghraib. L'inchiesta militare che ne seguì giunse alla conclusione che il soldato che aveva sparato aveva agito ragionevolmente: aveva infatti visto un uomo "con pelle e capelli scuri" e aveva scambiato la telecamera per un lanciagranate.
Ragionevole.
Un altro problema è costituito dai giornalisti imprigionati, attualmente cinque. Il tenente colonnello Rudisill, addetto alle pubbliche relazioni della forza multinazionale in Iraq, ha spiegato che la coalizione ha l'autorità di tenere in arresto chiunque sia sospettato di costituire una minaccia per la sicurezza, e che i detenuti non hanno diritto a un avvocato finché non vengono incriminati: cosa che può richiedere dei mesi e anche non verificarsi mai. Quindi, se vieni arrestato e non incriminato non hai diritto a un avvocato. Questi si prendono da 90 a 120 giorni per decidere se incriminarti o meno. Tre-quattro mesi ad Abu Ghraib sono assicurati, in ogni caso. Poi al limite ti rilasciano perché non sei colpevole. Che metodo.
Ali Mashhadani è stato arrestato in agosto: durante una perquisizione le truppe americane hanno trovato nella sua videocamera del materiale sugli insorti. È finito ad Abu Ghraib senza neanche sapere perché, niente avvocati e niente visite. Samir Mohammed Noor, arrestato in circostanze simili dai soldati iracheni, è stato portato ad Abu Ghraib dentro una coperta, per come lo avevano conciato. Se c'è qualcosa che l'esercito iracheno impara in fretta, sono le cattive lezioni.
Fonte: "Journalists' perils in Iraq highlighted", The Boston Globe.
I militari dicono che è loro intenzione prevenire l'uccisione di civili, ma che la natura della guerra costringe i soldati a reagire rapidamente per proteggersi. Quindi l'atteggiamento trigger happy delle truppe sarebbe giustificato (boh, questa mi ricorda qualcosa).
Nell'agosto del 2003 gli americani uccisero Mazen Dana, un noto cameraman palestinese che lavorava per la Reuters e che aveva ottenuto il permesso di fare delle riprese all'esterno della prigione di Abu Ghraib. L'inchiesta militare che ne seguì giunse alla conclusione che il soldato che aveva sparato aveva agito ragionevolmente: aveva infatti visto un uomo "con pelle e capelli scuri" e aveva scambiato la telecamera per un lanciagranate.
Ragionevole.
Un altro problema è costituito dai giornalisti imprigionati, attualmente cinque. Il tenente colonnello Rudisill, addetto alle pubbliche relazioni della forza multinazionale in Iraq, ha spiegato che la coalizione ha l'autorità di tenere in arresto chiunque sia sospettato di costituire una minaccia per la sicurezza, e che i detenuti non hanno diritto a un avvocato finché non vengono incriminati: cosa che può richiedere dei mesi e anche non verificarsi mai. Quindi, se vieni arrestato e non incriminato non hai diritto a un avvocato. Questi si prendono da 90 a 120 giorni per decidere se incriminarti o meno. Tre-quattro mesi ad Abu Ghraib sono assicurati, in ogni caso. Poi al limite ti rilasciano perché non sei colpevole. Che metodo.
Ali Mashhadani è stato arrestato in agosto: durante una perquisizione le truppe americane hanno trovato nella sua videocamera del materiale sugli insorti. È finito ad Abu Ghraib senza neanche sapere perché, niente avvocati e niente visite. Samir Mohammed Noor, arrestato in circostanze simili dai soldati iracheni, è stato portato ad Abu Ghraib dentro una coperta, per come lo avevano conciato. Se c'è qualcosa che l'esercito iracheno impara in fretta, sono le cattive lezioni.
Fonte: "Journalists' perils in Iraq highlighted", The Boston Globe.
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venerdì, novembre 18, 2005
Overheard in Friuli
– Come va?
– Male, male. Di giorno ho sempre sonno, mi addormento in piedi. Poi verso il tardo pomeriggio mi sveglio e la notte ho l'insonnia.
– Ma da quanto tempo soffri di questi disturbi?
– Da sempre! Ho finito a fatica le scuole medie. Per fortuna alle superiori tutto bene, il massimo dei voti.
– Ah, allora stavi meglio.
– No. Ho fatto le serali.
– Male, male. Di giorno ho sempre sonno, mi addormento in piedi. Poi verso il tardo pomeriggio mi sveglio e la notte ho l'insonnia.
– Ma da quanto tempo soffri di questi disturbi?
– Da sempre! Ho finito a fatica le scuole medie. Per fortuna alle superiori tutto bene, il massimo dei voti.
– Ah, allora stavi meglio.
– No. Ho fatto le serali.
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Comunicazione di servizio
La mia anima complottista stava già sospettando che la Tin volesse dirottarmi su Alice a colpi di disservizi, ma a quanto pare oggi sono ferme tutte le ADSL Telecom del Friuli Venezia Giulia. (mi consola? un po'). Questo significa che per spedire dei file ho dovuto connettermi a 56k. Questo significa che la mia velocità di reazione - e di risposta alle mail - sarà direttamente proporzionale a quella del modem.
In compenso, spero che anche la funzione Autotrolling® sia disabilitata.
In compenso, spero che anche la funzione Autotrolling® sia disabilitata.
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mercoledì, novembre 16, 2005
Come Mogadiscio
Sciiti torturano sunniti: in una prigione segreta, al Ministero degli Interni iracheno, sono stati scoperti 173 prigionieri accusati di "terrorismo" e rapimenti. Al solito: botte, fame, elettricità, buio e paura.
Baghdad "sta diventando sempre più simile a Mogadiscio, ogni giorno che passa", ha commentato un ufficiale americano.
Anche questa ci mancava.
Non è bella, la democrazia?
-------------------
Make-up: per un trucco notturno, un tratto di Pure Color Eyeliner nella tonalità pervinca, sulle ciglia un tocco di mascara Magnascopic blu scuro, fondotinta Individualist matte beige n° 6.
Baghdad "sta diventando sempre più simile a Mogadiscio, ogni giorno che passa", ha commentato un ufficiale americano.
Anche questa ci mancava.
Non è bella, la democrazia?
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Gli exit poll
Considerazioni varie:
1. in effetti la (c) doveva essere "ti tocchi", ma è stata sostituita con il fondotinta coprente nell'esigenza di mantenere il blog entro limiti pudibondi (vi conosco, mascherine, e c'era il rischio che mi sbracaste subito, procurandomi la bandierina nera di objectionable content. Ecco, già che ci siamo, non pasticciate mai con l'angolo in alto a destra di blogger: e non faccio nomi).
2. però scusate, possibile che dobbiamo farci sputtanare subito? C'è stata una finta doppia delega, tra un po' diranno che abbiamo falsificato il sondaggio e che siamo i soliti comunisti.
3. mi sembra di capire che un po' di dietrologia si può fare, nei limiti, abbinandola a consigli di bellezza. Quando parlerò di mascara allungaciglia Bodansky non andate a chiederlo in profumeria.
4. non volevo far saltare la copertura del signorG - smaliziato agente operativo nordcoreano - come se fosse un Valerie Plame qualunque; a questo punto mi trovo costretta a dichiarare aperto il G-gate.
5. grazie per non aver mai preso in considerazione l'ipotesi (a).
I risultati:
due traslochi, tre fondotinta, un qualsiasi cosa tranne il trasloco, un ok per tutto, un'opzione omega,quattro cinque dietrologie, un dubbio sul fondotinta di puffetta e una roba da chiarire sul bambino kinder candidato manciuriano.
1. in effetti la (c) doveva essere "ti tocchi", ma è stata sostituita con il fondotinta coprente nell'esigenza di mantenere il blog entro limiti pudibondi (vi conosco, mascherine, e c'era il rischio che mi sbracaste subito, procurandomi la bandierina nera di objectionable content. Ecco, già che ci siamo, non pasticciate mai con l'angolo in alto a destra di blogger: e non faccio nomi).
2. però scusate, possibile che dobbiamo farci sputtanare subito? C'è stata una finta doppia delega, tra un po' diranno che abbiamo falsificato il sondaggio e che siamo i soliti comunisti.
3. mi sembra di capire che un po' di dietrologia si può fare, nei limiti, abbinandola a consigli di bellezza. Quando parlerò di mascara allungaciglia Bodansky non andate a chiederlo in profumeria.
4. non volevo far saltare la copertura del signorG - smaliziato agente operativo nordcoreano - come se fosse un Valerie Plame qualunque; a questo punto mi trovo costretta a dichiarare aperto il G-gate.
5. grazie per non aver mai preso in considerazione l'ipotesi (a).
I risultati:
due traslochi, tre fondotinta, un qualsiasi cosa tranne il trasloco, un ok per tutto, un'opzione omega,
martedì, novembre 15, 2005
I leoni di Uday
Due iracheni arrestati nel loro paese dalle forze di occupazione americane ma mai accusati di alcun crimine hanno denunciato il trattamento subito.
In particolare, i soldati americani:
– hanno finto di volerli giustiziare, mettendoli al muro e puntando loro addosso i fucili. (ce l'ho)
– li hanno umiliati durante gli interrogatori in varie strutture di detenzione. (ce l'ho)
– li hanno messi in una gabbia di leoni. (leoni? mi manca)
Sherzad Khalid, 35 anni, e Thahe Sabar, 37, dicono di essere stati picchiati brutalmente durante i vari mesi di prigionia trascorsi in posti come Camp Bucca, Abu Ghraib e un'altra struttura di detenzione che si trova all'aeroporto di Baghdad. Le torture hanno avuto luogo perché i due non erano in grado di dire dove si nascondesse Saddam Hussein e di parlare delle armi di distruzione di massa in Iraq. Quando a Sabar fu chiesto delle armi di distruzione di massa e del nascondiglio di Saddam, lui ovviamente si mise a ridere; ovviamente lo picchiarono più forte.
Entrambi uomini d'affari, erano stati arrestati il 17 luglio 2003. Entrambi erano favorevoli all'invasione degli Stati Uniti.
"Per me quello è stato un periodo tremendo," ha detto Khalid, raccontando che fu spinto per ben tre volte dentro una gabbia di leoni in uno dei palazzi presidenziali di Baghdad, prima di finire contro il muro per una finta esecuzione. "Mi chiedevo se l'esercito americano potesse davvero comportarsi in questo modo."
Adesso fanno causa a Rumsfeld e agli alti comandi militari in Iraq.
Fonte: "Abuse Included Use of Lions, Iraqis Allege", Washington Post.
Altre informazioni sul sito dell'American Civil Liberties Union:
Thahe Mohammed Sabar, sposato con quattro figli, è stato in carcere per circa sei mesi e sottoposto a torture e a trattamento crudele e degradante. Adesso ha un problemi nervosi e ci sono momenti in cui perde il controllo, trema e piange.
È stato frequentemente e brutalmente percosso con fucili e armi elettriche. È stato legato a una recinzione e lasciato molte ore a una temperatura di oltre 48° C.
Durante una delle finte fucilazioni, lui ed altri prigionieri hanno perso il controllo della vescica, e sono stati derisi e umiliati. I soldati li hanno minacciati di spedirli a Guantánamo, dove sarebbero morti. Poi: gabbia di leoni, privazione del cibo e dell'acqua, somministrazione di razioni di cibo marcio, divieto di andare in bagno.
Quando l'hanno rilasciato, Sabar è tornato ad Abu Ghraib perché gli restituissero i suoi effetti personali e per chiedere notizie di un amico e di un socio che erano ancora prigionieri. L'hanno rinchiuso di nuovo. Poi l'hanno lasciato andare, senza restituirgli nulla.
Sherzad Kamal Khalid è sposato con quattro figli. Ha fatto due mesi di prigionia. È stato sottoposto a violente percosse e altri crudeli abusi. Il personale militare statunitense gli infliggeva regolarmente e intenzionalmente abusi fisici. Lo hanno preso a calci e pugni per ore dopo averlo legato e incappucciato, terrorizzandolo e ferendolo con colpi a caso e inaspettati.
Poi, minacce di morte e finte esecuzioni. Privazione di sonno, cibo e acqua. Somministrazione di cibo guasto. Divieto di andare in bagno. A un certo punto è stato costretto a restare per alcuni giorni in una "tenda del silenzio", dove veniva picchiato quando dava segno di addormentarsi.
A più di un anno dal rilascio, soffre ancora di ulcere gastriche per una malattia non curata durante la prigionia. Soffre anche di una depressione grave e di incubi.
Khalid e Saber continuano a non saper nulla di armi di distruzioni di massa o di dove cavolo si nascondesse il Saddam.
In compenso adesso sanno dove Uday teneva i grandi felini.
In particolare, i soldati americani:
– hanno finto di volerli giustiziare, mettendoli al muro e puntando loro addosso i fucili. (ce l'ho)
– li hanno umiliati durante gli interrogatori in varie strutture di detenzione. (ce l'ho)
– li hanno messi in una gabbia di leoni. (leoni? mi manca)
Sherzad Khalid, 35 anni, e Thahe Sabar, 37, dicono di essere stati picchiati brutalmente durante i vari mesi di prigionia trascorsi in posti come Camp Bucca, Abu Ghraib e un'altra struttura di detenzione che si trova all'aeroporto di Baghdad. Le torture hanno avuto luogo perché i due non erano in grado di dire dove si nascondesse Saddam Hussein e di parlare delle armi di distruzione di massa in Iraq. Quando a Sabar fu chiesto delle armi di distruzione di massa e del nascondiglio di Saddam, lui ovviamente si mise a ridere; ovviamente lo picchiarono più forte.
Entrambi uomini d'affari, erano stati arrestati il 17 luglio 2003. Entrambi erano favorevoli all'invasione degli Stati Uniti.
"Per me quello è stato un periodo tremendo," ha detto Khalid, raccontando che fu spinto per ben tre volte dentro una gabbia di leoni in uno dei palazzi presidenziali di Baghdad, prima di finire contro il muro per una finta esecuzione. "Mi chiedevo se l'esercito americano potesse davvero comportarsi in questo modo."
Adesso fanno causa a Rumsfeld e agli alti comandi militari in Iraq.
Fonte: "Abuse Included Use of Lions, Iraqis Allege", Washington Post.
Altre informazioni sul sito dell'American Civil Liberties Union:
Thahe Mohammed Sabar, sposato con quattro figli, è stato in carcere per circa sei mesi e sottoposto a torture e a trattamento crudele e degradante. Adesso ha un problemi nervosi e ci sono momenti in cui perde il controllo, trema e piange.
È stato frequentemente e brutalmente percosso con fucili e armi elettriche. È stato legato a una recinzione e lasciato molte ore a una temperatura di oltre 48° C.
Durante una delle finte fucilazioni, lui ed altri prigionieri hanno perso il controllo della vescica, e sono stati derisi e umiliati. I soldati li hanno minacciati di spedirli a Guantánamo, dove sarebbero morti. Poi: gabbia di leoni, privazione del cibo e dell'acqua, somministrazione di razioni di cibo marcio, divieto di andare in bagno.
Quando l'hanno rilasciato, Sabar è tornato ad Abu Ghraib perché gli restituissero i suoi effetti personali e per chiedere notizie di un amico e di un socio che erano ancora prigionieri. L'hanno rinchiuso di nuovo. Poi l'hanno lasciato andare, senza restituirgli nulla.
Sherzad Kamal Khalid è sposato con quattro figli. Ha fatto due mesi di prigionia. È stato sottoposto a violente percosse e altri crudeli abusi. Il personale militare statunitense gli infliggeva regolarmente e intenzionalmente abusi fisici. Lo hanno preso a calci e pugni per ore dopo averlo legato e incappucciato, terrorizzandolo e ferendolo con colpi a caso e inaspettati.
Poi, minacce di morte e finte esecuzioni. Privazione di sonno, cibo e acqua. Somministrazione di cibo guasto. Divieto di andare in bagno. A un certo punto è stato costretto a restare per alcuni giorni in una "tenda del silenzio", dove veniva picchiato quando dava segno di addormentarsi.
A più di un anno dal rilascio, soffre ancora di ulcere gastriche per una malattia non curata durante la prigionia. Soffre anche di una depressione grave e di incubi.
Khalid e Saber continuano a non saper nulla di armi di distruzioni di massa o di dove cavolo si nascondesse il Saddam.
In compenso adesso sanno dove Uday teneva i grandi felini.
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Ma voi, gentili lettori e commentatori, che ne direste di un post di dietrologia pura, di tanto in tanto? Un po' di teoria della cospirazione da far invidia agli amici iraniani e alle loro ipotesi su Edoardo Agnelli e il complotto sionista degli Elkann. O a quelli che dicono che non si è schiantato nessun aereo sul Pentagono. Tra la fantapolitica, il fantaterrorismo e final fantasy. Solo per divertirsi un po'.
Mi fate un favore se rispondete nei commenti, scegliendo tra:
a) naa, meglio se continui così.
b) uhm non mi va, parla un po' di questo interessantissimo trasloco che assorbe tanto del tuo interessantissimo tempo.
c) pensandoci bene, non hai mai parlato di fondotinta coprenti.
d) perché, non stai già facendo dietrologia da anni?
I timidi possono scrivermi una mail. Quelli che rispondono d si accomodino all'uscita.
Mi fate un favore se rispondete nei commenti, scegliendo tra:
a) naa, meglio se continui così.
b) uhm non mi va, parla un po' di questo interessantissimo trasloco che assorbe tanto del tuo interessantissimo tempo.
c) pensandoci bene, non hai mai parlato di fondotinta coprenti.
d) perché, non stai già facendo dietrologia da anni?
I timidi possono scrivermi una mail. Quelli che rispondono d si accomodino all'uscita.
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domenica, novembre 13, 2005
La cura dell'acqua e altre utili torture
Non credo che tra i gentili lettori e commentatori di questo blog ci sia un fanatico abbonato del Wall Street Journal, e così ho pensato di segnalarvi l'editoriale di sabato (io ci sono arrivata via War and Piece). Sappiamo che esistono entusiastici sostenitori della tortura per il bene della sicurezza nazionale, ma questo articolo è una vera apologia dei metodi disinvolti. Anzi, per usare le parole di Laura Rozen di War and Piece, quello che colpisce è che "il contenuto è tremendo, ma è scritto nel tipico stile 'siamo ragionevoli, contrariamente a quello che vi hanno insegnato in chiesa il tipo di tortura che facciamo noi è l'unico sistema per vincere una guerra.' Onestamente, questo articolo dovrebbe finire sui libri di storia, come le foto dei linciaggi, perché segna un momento bassissimo della storia americana."
Insomma, vediamo se siete d'accordo:
“Se Osama bin Laden è vivo e sta cercando segni di cedimento nella volontà degli Stati Uniti di combattere la guerra contro il terrorismo, non deve far altro che assistere al dibattito nazionale sui metodi impiegati per interrogare i suoi compatrioti e gli altri che intendono farci del male.
Dopo l'11 settembre non è irrealistico ipotizzare uno scenario in cui la nostra capacità di ottenere informazioni da un terrorista sia l'unico sistema per prevenire un attacco bioterroristico o perfino la distruzione nucleare di una città americana. E sappiamo che le informazioni ottenute dalla mente dell'11 settembre, Khalid Sheikh Mohammed, e da altre persone hanno contribuito a prevenire ulteriori attacchi sul suolo americano.
E tuttavia, secondo coloro che criticano l'amministrazione Bush, le tecniche d'interrogatorio aggressive e stressanti usate con successo su gente come KSM [sic] hanno posto gli Stati Uniti sulla china pericolosa della 'tortura' diffusa e indiscriminata e degli abusi di Abu Ghraib. John McCain (R., Arizona) ha proposto al Senato un emendamento che proibirebbe tutte le tecniche di interrogatorio stressanti. Il pericolo per la sicurezza nazionale è che questo farebbe capire a tutti i terroristi del mondo che non hanno assolutamente niente da temere se mantengono il silenzio una volta caduti nelle mani degli Stati Uniti.
L'Emendamento McCain si basa sull'ipotesi che le tecniche usate dalla CIA per interrogare i pezzi grossi di al Qaeda siano in qualche modo 'migrate' in Iraq, causando gli abusi di Abu Ghraib. Ma l'ironia è che il Congresso sta proponendo questa eccessiva reazione riparatrice proprio mentre emergono prove schiaccianti che dimostrano la falsità di questa interpretazione.
L'ex segretario alla difesa Jim Schlesinger ha condotto più di dieci inchieste sugli abusi sui detenuti, e lo scorso anno ha spiegato che gli abusi di Abu Ghraib erano dovuti semplicemente al comportamento sadico di riservisti malamente addestrati assegnati ai 'turni di notte'. Le vittime non erano nemmeno obiettivi dell'intelligence. Se questi argomenti non sono sufficienti, abbiamo ora i verdetti delle nove corti marziali che hanno punito i soldati colpevoli di Abu Ghraib, nessuno dei quali è stato in grado di dimostrare l'affermazione che gli abusi avessero qualcosa a che fare con gli interrogatori.
Non stiamo dicendo che non ci sono stati abusi sui detenuti nella guerra al terrorismo - ce ne sono stati probabilmente centinaia. Ma ci sono stati anche più di 70.000 prigionieri. In altre parole, la percentuale degli abusi è positiva se confrontata con il sistema carcerario civile statunitense. Ed è migliore della percentuale relativa a conflitti del passato come il Vietnam e la seconda guerra mondiale.
Due fondamentali fonti di confusione sono costituite da un travisamento delle Convenzioni di Ginevra e da un uso abborracciato (o intenzionalmente distorto) della parola 'tortura'. Le Convenzioni di Ginevra sono molto rigide su quali siano i detenuti ai quali va applicato lo status e la protezione di 'prigionieri di guerra'. Per esempio, devono aver combattuto in uniforme e aver mostrato un certo rispetto per le leggi della guerra, come quella di evitare attacchi ai civili.
Inoltre, ogni forma di manipolazione, comprese le modifiche in senso positivo come il miglioramento delle razioni, è proibita negli interrogatori di legittimi prigionieri di guerra. Concedere ai guerriglieri e ai terroristi lo status di prigionieri di guerra sarebbe una forma di disarmo unilaterale, e, cosa peggiore, legittimerebbe la loro condotta.
Per quanto riguarda la 'tortura', è semplicemente perverso mettere insieme la amputazioni e le elettroesecuzioni che Saddam infliggeva ad Abu Ghraib con gli abusi minori commessi da alcune canaglie tra i soldati americani e tanto meno con le tecniche di interrogatorio autorizzate dagli Stati Uniti. Nessuno ha ancora dimostrato concretamente che qualcosa di simile alla 'tortura' sia stato sanzionato dall'esercito o dal governo americano. Le 'posizioni di stress' che sono state consentite (come portare un cappuccio, l'esposizione al caldo e al freddo, e il raramente autorizzato waterboarding, che induce una sensazione di soffocamento) sono tutte tecniche psicologiche intese a spezzare la resistenza del detenuto."
E continua, ma direi che può bastare per farsi un'idea senza esser costretti a dare di stomaco.
Ora, in cosa consiste il "raramente autorizzato waterboarding"? Andrew Sullivan rimanda alla pagina di Wikipedia, che qui sintetizzo.
Sembrano esistere diverse varietà di tortura note con il nome di waterboarding. La prima di queste va anche sotto il nome di cura dell'acqua. La cura dell'acqua consiste nel legare il soggetto a una sedia, coprirgli la faccia con uno straccio e versarci sopra dell'acqua. Il soggetto ha la sensazione di annegare. Una variante consiste nel versargli dell'acqua in gola stando ben attenti a non farlo annegare ma facendo in modo che ne abbia l'impressione.
La seconda forma di waterboarding prevede che il soggetto sia legato a una tavola e calato in una tinozza piena d'acqua, dove deve credere che l'annegamento è imminente. Poi lo si solleva e lo si rianima. Se necessario si ripete il processo. La tortura dovrebbe essere più psicologica che fisica, poiché la vittima è portata a credere di essere sul punto di morire. Questo rafforza il controllo del torturatore e fa sì che la vittima sperimenti un terrore mortale.
Poi c'è la tortura dell'acqua che veniva riservata alle donne accusate di stregoneria: le presunte streghe venivano immerse nell'acqua e tirate fuori dopo un po', quando erano in grado di confessare. Se confessavano, venivano uccise. Se non confessavano, venivano rimesse in acqua. Quindi la vittima era libera o di annegare o di farsi condannare a morte.
Il waterboarding attualmente praticato richiede che si leghi la vittima a una tavola in modo che la testa sia più bassa rispetto ai piedi per impedire qualsiasi movimento. Si tiene uno straccio sulla faccia del torturato, e ci si versa sopra dell'acqua. La respirazione diventa difficile e la vittima avrà paura di morire per asfissia; ma è relativamente difficile aspirare una grande quantità d'acqua, perché i polmoni si trovano più in alto rispetto alla bocca, e se i torturatori sono esperti è difficile che la vittima muoia.
Insomma, vediamo se siete d'accordo:
“Se Osama bin Laden è vivo e sta cercando segni di cedimento nella volontà degli Stati Uniti di combattere la guerra contro il terrorismo, non deve far altro che assistere al dibattito nazionale sui metodi impiegati per interrogare i suoi compatrioti e gli altri che intendono farci del male.
Dopo l'11 settembre non è irrealistico ipotizzare uno scenario in cui la nostra capacità di ottenere informazioni da un terrorista sia l'unico sistema per prevenire un attacco bioterroristico o perfino la distruzione nucleare di una città americana. E sappiamo che le informazioni ottenute dalla mente dell'11 settembre, Khalid Sheikh Mohammed, e da altre persone hanno contribuito a prevenire ulteriori attacchi sul suolo americano.
E tuttavia, secondo coloro che criticano l'amministrazione Bush, le tecniche d'interrogatorio aggressive e stressanti usate con successo su gente come KSM [sic] hanno posto gli Stati Uniti sulla china pericolosa della 'tortura' diffusa e indiscriminata e degli abusi di Abu Ghraib. John McCain (R., Arizona) ha proposto al Senato un emendamento che proibirebbe tutte le tecniche di interrogatorio stressanti. Il pericolo per la sicurezza nazionale è che questo farebbe capire a tutti i terroristi del mondo che non hanno assolutamente niente da temere se mantengono il silenzio una volta caduti nelle mani degli Stati Uniti.
L'Emendamento McCain si basa sull'ipotesi che le tecniche usate dalla CIA per interrogare i pezzi grossi di al Qaeda siano in qualche modo 'migrate' in Iraq, causando gli abusi di Abu Ghraib. Ma l'ironia è che il Congresso sta proponendo questa eccessiva reazione riparatrice proprio mentre emergono prove schiaccianti che dimostrano la falsità di questa interpretazione.
L'ex segretario alla difesa Jim Schlesinger ha condotto più di dieci inchieste sugli abusi sui detenuti, e lo scorso anno ha spiegato che gli abusi di Abu Ghraib erano dovuti semplicemente al comportamento sadico di riservisti malamente addestrati assegnati ai 'turni di notte'. Le vittime non erano nemmeno obiettivi dell'intelligence. Se questi argomenti non sono sufficienti, abbiamo ora i verdetti delle nove corti marziali che hanno punito i soldati colpevoli di Abu Ghraib, nessuno dei quali è stato in grado di dimostrare l'affermazione che gli abusi avessero qualcosa a che fare con gli interrogatori.
Non stiamo dicendo che non ci sono stati abusi sui detenuti nella guerra al terrorismo - ce ne sono stati probabilmente centinaia. Ma ci sono stati anche più di 70.000 prigionieri. In altre parole, la percentuale degli abusi è positiva se confrontata con il sistema carcerario civile statunitense. Ed è migliore della percentuale relativa a conflitti del passato come il Vietnam e la seconda guerra mondiale.
Due fondamentali fonti di confusione sono costituite da un travisamento delle Convenzioni di Ginevra e da un uso abborracciato (o intenzionalmente distorto) della parola 'tortura'. Le Convenzioni di Ginevra sono molto rigide su quali siano i detenuti ai quali va applicato lo status e la protezione di 'prigionieri di guerra'. Per esempio, devono aver combattuto in uniforme e aver mostrato un certo rispetto per le leggi della guerra, come quella di evitare attacchi ai civili.
Inoltre, ogni forma di manipolazione, comprese le modifiche in senso positivo come il miglioramento delle razioni, è proibita negli interrogatori di legittimi prigionieri di guerra. Concedere ai guerriglieri e ai terroristi lo status di prigionieri di guerra sarebbe una forma di disarmo unilaterale, e, cosa peggiore, legittimerebbe la loro condotta.
Per quanto riguarda la 'tortura', è semplicemente perverso mettere insieme la amputazioni e le elettroesecuzioni che Saddam infliggeva ad Abu Ghraib con gli abusi minori commessi da alcune canaglie tra i soldati americani e tanto meno con le tecniche di interrogatorio autorizzate dagli Stati Uniti. Nessuno ha ancora dimostrato concretamente che qualcosa di simile alla 'tortura' sia stato sanzionato dall'esercito o dal governo americano. Le 'posizioni di stress' che sono state consentite (come portare un cappuccio, l'esposizione al caldo e al freddo, e il raramente autorizzato waterboarding, che induce una sensazione di soffocamento) sono tutte tecniche psicologiche intese a spezzare la resistenza del detenuto."
E continua, ma direi che può bastare per farsi un'idea senza esser costretti a dare di stomaco.
Ora, in cosa consiste il "raramente autorizzato waterboarding"? Andrew Sullivan rimanda alla pagina di Wikipedia, che qui sintetizzo.
Sembrano esistere diverse varietà di tortura note con il nome di waterboarding. La prima di queste va anche sotto il nome di cura dell'acqua. La cura dell'acqua consiste nel legare il soggetto a una sedia, coprirgli la faccia con uno straccio e versarci sopra dell'acqua. Il soggetto ha la sensazione di annegare. Una variante consiste nel versargli dell'acqua in gola stando ben attenti a non farlo annegare ma facendo in modo che ne abbia l'impressione.
La seconda forma di waterboarding prevede che il soggetto sia legato a una tavola e calato in una tinozza piena d'acqua, dove deve credere che l'annegamento è imminente. Poi lo si solleva e lo si rianima. Se necessario si ripete il processo. La tortura dovrebbe essere più psicologica che fisica, poiché la vittima è portata a credere di essere sul punto di morire. Questo rafforza il controllo del torturatore e fa sì che la vittima sperimenti un terrore mortale.
Poi c'è la tortura dell'acqua che veniva riservata alle donne accusate di stregoneria: le presunte streghe venivano immerse nell'acqua e tirate fuori dopo un po', quando erano in grado di confessare. Se confessavano, venivano uccise. Se non confessavano, venivano rimesse in acqua. Quindi la vittima era libera o di annegare o di farsi condannare a morte.
Il waterboarding attualmente praticato richiede che si leghi la vittima a una tavola in modo che la testa sia più bassa rispetto ai piedi per impedire qualsiasi movimento. Si tiene uno straccio sulla faccia del torturato, e ci si versa sopra dell'acqua. La respirazione diventa difficile e la vittima avrà paura di morire per asfissia; ma è relativamente difficile aspirare una grande quantità d'acqua, perché i polmoni si trovano più in alto rispetto alla bocca, e se i torturatori sono esperti è difficile che la vittima muoia.
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sabato, novembre 12, 2005
Lo possiamo torturare?
Quanto tempo ci vorrà al procuratore speciale Patrick Fitzgerald per presentare le prove contro Lewis "Scooter" Libby, per scoprire se ha mentito per coprire le proprie azioni o quelle di altri alla Casa Bianca, per convincere i testimoni a parlare? Tanto.
Linwood Barclay del Toronto Star avanza la sua modesta proposta:
"Fitzgerald non potrebbe attaccare un po' di elettrodi al torace di Libby e tirar su i volt? Alcuni di voi troveranno questa mia posizione un po' estrema, ma se non ho preso una cantonata questo è esattamente il genere di cose che incontrano il favore del superiore di Libby, il vicepresidente Dick Cheney."[...]
"Non fraintendetemi. Non sto dicendo che il vecchio Scooter è un terrorista. Non me lo vedo a legarsi in vita della dinamite e a salire su un autobus. Insomma, guardate i completi eleganti che indossa. Chi vorrebbe rovinare dei vestiti così? Però lasciar filtrare il nome di un agente della CIA è una questione di sicurezza nazionale. E se anche un solo funzionario degli Stati Uniti pensa che vada bene spifferare i nomi di agenti sotto copertura, o coprire quelli che pensano che vada bene, non è che poi tutti penseranno che è normale? Se Dick Cheney dice che bisogna torturare i sospetti terroristi per scoprire cosa sanno e che minaccia rappresentano per la sicurezza nazionale, perché dovrebbe opporsi all'uso degli stessi metodi sul suo ex collaboratore? E anche se Libby poi si rivela completamente innocente è comunque una bella scorciatoia per arrivare alla verità. Certo, alcuni repubblicani possono temere che Libby sotto tortura si lasci sfuggire qualcosa, o che che faccia dei nomi, giusto per salvarsi dal dolore. Potrebbe perfino inventarsi delle cose, confessare crimini che non ha commesso, e solo per compiacere i tizi che gli infilano il bambù sotto le unghie o fanno su e giù con l'interruttore della corrente. Ma di sicuro Dick Cheney non sarebbe preoccupato. Se Cheney pensasse che la tortura è un metodo inaffidabile per ottenere la verità, non cercherebbe di ottenere un'esenzione da leggi che vietano il trattamento 'crudele, inumano o degradante' dei sospetti criminali.
L'unico problema è: chi dovrebbe farlo? Se Fitzgerald si sente a disagio a torturare in prima persona, ci sono vari paesi stranieri in cui spedire Libby. Alla Casa Bianca potrebbe controllare lui stesso la lista completa. Ma come dicevo, è solo un'idea. Forse Cheney rilascerebbe una dichiarazione: 'Sono così dedito alla tortura per estorcere informazioni che sono disposto, come gesto di buona volontà, a farla praticare sul mio ex capo di gabinetto.' Allora sarei disposto a credergli."
Linwood Barclay del Toronto Star avanza la sua modesta proposta:
"Fitzgerald non potrebbe attaccare un po' di elettrodi al torace di Libby e tirar su i volt? Alcuni di voi troveranno questa mia posizione un po' estrema, ma se non ho preso una cantonata questo è esattamente il genere di cose che incontrano il favore del superiore di Libby, il vicepresidente Dick Cheney."[...]
"Non fraintendetemi. Non sto dicendo che il vecchio Scooter è un terrorista. Non me lo vedo a legarsi in vita della dinamite e a salire su un autobus. Insomma, guardate i completi eleganti che indossa. Chi vorrebbe rovinare dei vestiti così? Però lasciar filtrare il nome di un agente della CIA è una questione di sicurezza nazionale. E se anche un solo funzionario degli Stati Uniti pensa che vada bene spifferare i nomi di agenti sotto copertura, o coprire quelli che pensano che vada bene, non è che poi tutti penseranno che è normale? Se Dick Cheney dice che bisogna torturare i sospetti terroristi per scoprire cosa sanno e che minaccia rappresentano per la sicurezza nazionale, perché dovrebbe opporsi all'uso degli stessi metodi sul suo ex collaboratore? E anche se Libby poi si rivela completamente innocente è comunque una bella scorciatoia per arrivare alla verità. Certo, alcuni repubblicani possono temere che Libby sotto tortura si lasci sfuggire qualcosa, o che che faccia dei nomi, giusto per salvarsi dal dolore. Potrebbe perfino inventarsi delle cose, confessare crimini che non ha commesso, e solo per compiacere i tizi che gli infilano il bambù sotto le unghie o fanno su e giù con l'interruttore della corrente. Ma di sicuro Dick Cheney non sarebbe preoccupato. Se Cheney pensasse che la tortura è un metodo inaffidabile per ottenere la verità, non cercherebbe di ottenere un'esenzione da leggi che vietano il trattamento 'crudele, inumano o degradante' dei sospetti criminali.
L'unico problema è: chi dovrebbe farlo? Se Fitzgerald si sente a disagio a torturare in prima persona, ci sono vari paesi stranieri in cui spedire Libby. Alla Casa Bianca potrebbe controllare lui stesso la lista completa. Ma come dicevo, è solo un'idea. Forse Cheney rilascerebbe una dichiarazione: 'Sono così dedito alla tortura per estorcere informazioni che sono disposto, come gesto di buona volontà, a farla praticare sul mio ex capo di gabinetto.' Allora sarei disposto a credergli."
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venerdì, novembre 11, 2005
Tra un minuto
Io avrei un paio di argomenti (volendo anche) seri da trattare. Appena smetto di ridere.
Ecco, per ottenere il jackpot del sadico bisognerebbe almeno aggiungere "pavimento bagnato", secondo me.
Altre chiavi di ricerca di oggi: "auguri di buon natale al fidanzato", "calendario delle donne cozze", "visto con la suocera" ("visto" sarà participio passato o sostantivo?) e il fondamentale "michael della terza".
Ecco, per ottenere il jackpot del sadico bisognerebbe almeno aggiungere "pavimento bagnato", secondo me.
Altre chiavi di ricerca di oggi: "auguri di buon natale al fidanzato", "calendario delle donne cozze", "visto con la suocera" ("visto" sarà participio passato o sostantivo?) e il fondamentale "michael della terza".
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giovedì, novembre 10, 2005
Segnatevi questo link/Timeline on Iraq
Enigma America pubblica una cronologia del coinvolgimento americano in Iraq dall'inizio della guerra Iran-Iraq al mese di giugno 2005.
Via Crooks and Liars.
Via Crooks and Liars.
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Saluto alla bandiera di Blair
La prima pagina del Sun di martedì scorso mostrava il volto sofferente e coperto di sangue di John Tulloch, ferito negli attentati del 7 luglio a Londra. Il titolo era "Dite a Tony che ha ragione", e la pagina era composta in modo da far pensare ai lettori che la vittima approvasse le misure antiterrorismo messe in atto dal governo Blair.
Problema: John Tulloch, docente di comunicazione (e dunque abituato ad analizzare i media e le loro distorsioni), non pensa affatto che Tony abbia ragione:
Dal Guardian di oggi (via Davblog)
"Questo significa usare la mia immagine per fa approvare una legislazione draconiana e assolutamente non necessaria. È un'incredibile ironia che il Sun dica di rappresentare la gente, e che non chieda invece alle persone coinvolte, alle vittime, ciò che pensano veramente. Se volete proprio usare la mia immagine, le parole che escono dalla mia bocca devono essere 'Non a nome mio, Tony'. Niente di quel che ho letto o visto negli ultimi mesi mi ha convinto che queste leggi sono necessarie."
"È un classico caso di manipolazione dei media che dimostra la connivenza tra il New Labour e la stampa di Murdoch. Non c'è bisogno di un'analisi sofisticata per capire quello che stanno facendo con la retorica delle immagini e il testo. Le parole collegano la mia immagine a una particolare interpretazione politica di quell'evento, dando l'impressione che escano dalla mia bocca. Mi viene in mente il famoso saggio del semiologo Roland Barthes, il quale analizzò l'immagine di un soldato nero che faceva il saluto militare alla bandiera francese. Ecco cos'abbiamo qui: mi fanno salutare la bandiera di Blair."
Finalmente un'"immagine iconica" che sa il fatto suo.
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venerdì, novembre 04, 2005
Tra parentesi
(Buon compleanno, signor G.)
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giovedì, novembre 03, 2005
Loro ci stanno attenti
Purtroppo il problema va avanti da settembre, ma non per questo bisogna smettere di parlarne. Oggi sul Guardian è uscito un articolo del quale riporto alcuni estratti interessanti per capire quello che sta passando la popolazione della Striscia di Gaza:
"Israele sta impiegando una nuova terrificante tattica contro i civili palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza, ricorrendo ad assordanti "bombe sonore" che provocano terrore, causano aborti e traumatizzano i bambini. Dopo lo sgombero dei coloni ebrei dalla Striscia di Gaza sono cominciati i boom sonici provocati dagli aerei dell'aviazione israeliana che superano la barriera del suono, cosa che accade spesso di notte. I palestinesi hanno paragonato l'onda d'urto a un terremoto o a una grossa esplosione. Dicono che è some essere stati colpiti da un muro d'aria, che provoca dolore agli orecchi e causa talvolta sanguinamenti dal naso e 'lascia l'organismo in preda a un tremore interno'.
Il ministero della salute palestinese ha dichiarato che le bombe sonore hanno causato aborti e problemi cardiaci. Le Nazioni Unite hanno chiesto che si ponga fine a questa tattica, affermando che causa attacchi di panico nei bambini. Le scosse hanno anche danneggiato gli edifici causando crepe nei muri e mandando in pezzi i vetri di migliaia di finestre.
[...]
Durante la scorsa settimana gli aerei israeliani hanno causato 28 boom sonici volando ad alta velocità e a bassa quota sulla Striscia di Gaza, a volte a distanza di un'ora l'uno dall'altro e di notte. Nel mese di settembre l'aviazione israeliana ha causato 29 boom sonici in cinque giorni.
Un ufficiale dei servizi dell'esercito israeliano che ci è stato vietato di nominare ha detto che la tattica è stata pensata per incrinare il consenso dei civili nei confronti dei gruppi armanti palestinesi. 'Vogliamo mandare un messaggio senza far del male alla gente. Vogliamo incoraggiare i palestinesi a far qualcosa per risolvere il problema del terrorismo,' ha detto. 'Quali sono le alternative? Noi non siamo come i terroristi che sparano ai civili. Noi ci stiamo attenti. Ci assicuriamo che nessuno rimanga ferito.'
[...]
L'agenzia dell'ONU per i profughi palestinesi ha detto che una maggioranza dei pazienti ricoverati per le conseguenze dei boom sonici è costituita da minori di 16 anni che soffrono di sintomi come attacchi d'ansia, enuresi, spasmi muscolari, temporanea perdita dell'udito e difficoltà respiratorie.
Anche se gli israeliani dicono che le onde d'urto non causano feriti, i dottori dell'ospedale di Gaza affermano che i sorvoli hanno provocato numerosi aborti. Questi ultimi sono aumentati del 40%, secondo il chirurgo Jumaa Saqqa, che è anche il portavoce dell'ospedale. 'Non c'erano altri sintomi, e l'aumento ha avuto luogo dopo i boom sonici. Non vediamo altra spiegazione. Il numero di pazienti ricoverati in cardiologia è raddoppiato. Alcuni di essi hanno subito danni gravi.'
Il ministero della sanità palestinese ha stimato che gli aborti causati dalle onde d'urto sono almeno 20.
[...]
L'esercito è stato costretto a scusarsi dopo che un boom sonico è stato sentito in territorio israeliano, la scorsa settimana. Il quotidiano Maariv ha descritto il suono paragonandolo a 'un bombardamento pesante. Il rumore che ha scosso i cieli israeliani è stato terrorizzante. Migliaia di cittadini sono saltati giù dai loro letti in preda al panico, molti di loro hanno telefonato preoccupati alla polizia e ai pompieri. I centralini sono andati in tilt.'"
Fonte: "Palestinians hit by sonic boom air raids", The Guardian.
"Israele sta impiegando una nuova terrificante tattica contro i civili palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza, ricorrendo ad assordanti "bombe sonore" che provocano terrore, causano aborti e traumatizzano i bambini. Dopo lo sgombero dei coloni ebrei dalla Striscia di Gaza sono cominciati i boom sonici provocati dagli aerei dell'aviazione israeliana che superano la barriera del suono, cosa che accade spesso di notte. I palestinesi hanno paragonato l'onda d'urto a un terremoto o a una grossa esplosione. Dicono che è some essere stati colpiti da un muro d'aria, che provoca dolore agli orecchi e causa talvolta sanguinamenti dal naso e 'lascia l'organismo in preda a un tremore interno'.
Il ministero della salute palestinese ha dichiarato che le bombe sonore hanno causato aborti e problemi cardiaci. Le Nazioni Unite hanno chiesto che si ponga fine a questa tattica, affermando che causa attacchi di panico nei bambini. Le scosse hanno anche danneggiato gli edifici causando crepe nei muri e mandando in pezzi i vetri di migliaia di finestre.
[...]
Durante la scorsa settimana gli aerei israeliani hanno causato 28 boom sonici volando ad alta velocità e a bassa quota sulla Striscia di Gaza, a volte a distanza di un'ora l'uno dall'altro e di notte. Nel mese di settembre l'aviazione israeliana ha causato 29 boom sonici in cinque giorni.
Un ufficiale dei servizi dell'esercito israeliano che ci è stato vietato di nominare ha detto che la tattica è stata pensata per incrinare il consenso dei civili nei confronti dei gruppi armanti palestinesi. 'Vogliamo mandare un messaggio senza far del male alla gente. Vogliamo incoraggiare i palestinesi a far qualcosa per risolvere il problema del terrorismo,' ha detto. 'Quali sono le alternative? Noi non siamo come i terroristi che sparano ai civili. Noi ci stiamo attenti. Ci assicuriamo che nessuno rimanga ferito.'
[...]
L'agenzia dell'ONU per i profughi palestinesi ha detto che una maggioranza dei pazienti ricoverati per le conseguenze dei boom sonici è costituita da minori di 16 anni che soffrono di sintomi come attacchi d'ansia, enuresi, spasmi muscolari, temporanea perdita dell'udito e difficoltà respiratorie.
Anche se gli israeliani dicono che le onde d'urto non causano feriti, i dottori dell'ospedale di Gaza affermano che i sorvoli hanno provocato numerosi aborti. Questi ultimi sono aumentati del 40%, secondo il chirurgo Jumaa Saqqa, che è anche il portavoce dell'ospedale. 'Non c'erano altri sintomi, e l'aumento ha avuto luogo dopo i boom sonici. Non vediamo altra spiegazione. Il numero di pazienti ricoverati in cardiologia è raddoppiato. Alcuni di essi hanno subito danni gravi.'
Il ministero della sanità palestinese ha stimato che gli aborti causati dalle onde d'urto sono almeno 20.
[...]
L'esercito è stato costretto a scusarsi dopo che un boom sonico è stato sentito in territorio israeliano, la scorsa settimana. Il quotidiano Maariv ha descritto il suono paragonandolo a 'un bombardamento pesante. Il rumore che ha scosso i cieli israeliani è stato terrorizzante. Migliaia di cittadini sono saltati giù dai loro letti in preda al panico, molti di loro hanno telefonato preoccupati alla polizia e ai pompieri. I centralini sono andati in tilt.'"
Fonte: "Palestinians hit by sonic boom air raids", The Guardian.
mercoledì, novembre 02, 2005
OGGI
"Cara M.,
Se non fosse per Pasolini e per la poesia che hai inserito nel blog, non ti avrei forse raccontato quanto segue, e che a questo punto diventa una specie di epigrafe personale a lui dedicata.
Giovedì scorso ero in viaggio per il Veneto assieme all'amministratore delegato della società per cui lavoro. È stata una giornata sgradevolissima, a fianco di un uomo con le impazienze, le intemperanze e le parole fastidiose di un bambino viziato. Avrei diversi episodi da descrivere: la sua incazzatura per avere modificato un programma che lui stesso aveva alterato; la sua incazzatura per essere salito nella mia macchina ed aver trovato il seggiolino ad impedirgli la giusta reclinazione del sedile; la sua incazzatura ripetuta ad ogni errore del navigatore satellitare; la sua incazzatura per essere entrato nel palazzo sbagliato all'ultimo degli appuntamenti; la sua incazzatura per non essere stato riportato tempestivamente in autostrada a causa della mia vista non all'altezza del compito.
Imboccando finalmente l'ultimo degli ingressi della Venezia-Milano, a Mestre, ho avuto modo di dirgli due cose. La prima, che se fosse stato un mio parente, lo avrei lasciato a piedi già da un pezzo; la seconda, una citazione di Popper riguardo al fatto che non occorre essere più precisi di quanto la situazione non richieda. Alla sua contestazione che quel tale non facesse il "nostro" lavoro, ho risposto che, purtroppo per lui, non solo il lavoro, ma le leggi, la morale e quant'altro dipendono da gente come Popper (non è del tutto vero, ma in quel momento doveva essere così). È seguito un silenzio di mezz'ora e un 'buonasera' finale.
Non sapevo di aver fatto tutto questo anche per mia madre, ma se lo dice Pasolini è certamente vero.
Un bacio,
D."
Se non fosse per Pasolini e per la poesia che hai inserito nel blog, non ti avrei forse raccontato quanto segue, e che a questo punto diventa una specie di epigrafe personale a lui dedicata.
Giovedì scorso ero in viaggio per il Veneto assieme all'amministratore delegato della società per cui lavoro. È stata una giornata sgradevolissima, a fianco di un uomo con le impazienze, le intemperanze e le parole fastidiose di un bambino viziato. Avrei diversi episodi da descrivere: la sua incazzatura per avere modificato un programma che lui stesso aveva alterato; la sua incazzatura per essere salito nella mia macchina ed aver trovato il seggiolino ad impedirgli la giusta reclinazione del sedile; la sua incazzatura ripetuta ad ogni errore del navigatore satellitare; la sua incazzatura per essere entrato nel palazzo sbagliato all'ultimo degli appuntamenti; la sua incazzatura per non essere stato riportato tempestivamente in autostrada a causa della mia vista non all'altezza del compito.
Imboccando finalmente l'ultimo degli ingressi della Venezia-Milano, a Mestre, ho avuto modo di dirgli due cose. La prima, che se fosse stato un mio parente, lo avrei lasciato a piedi già da un pezzo; la seconda, una citazione di Popper riguardo al fatto che non occorre essere più precisi di quanto la situazione non richieda. Alla sua contestazione che quel tale non facesse il "nostro" lavoro, ho risposto che, purtroppo per lui, non solo il lavoro, ma le leggi, la morale e quant'altro dipendono da gente come Popper (non è del tutto vero, ma in quel momento doveva essere così). È seguito un silenzio di mezz'ora e un 'buonasera' finale.
Non sapevo di aver fatto tutto questo anche per mia madre, ma se lo dice Pasolini è certamente vero.
Un bacio,
D."
Il selvaggio dolore di esser uomini
Mi domando che madri avete avuto.
Se ora vi vedessero al lavoro
in un mondo a loro sconosciuto,
presi in un giro mai compiuto
d’esperienze così diverse dalle loro,
che sguardo avrebbero negli occhi?
Se fossero lì, mentre voi scrivete
il vostro pezzo, conformisti e barocchi,
o lo passate a redattori rotti
a ogni compromesso, capirebbero chi siete?
Madri vili, con nel viso il timore
antico, quello che come un male
deforma i lineamenti in un biancore
che li annebbia, li allontana dal cuore,
li chiude nel vecchio rifiuto morale.
Madri vili, poverine, preoccupate
che i figli conoscano la viltà
per chiedere un posto, per essere pratici,
per non offendere anime privilegiate,
per difendersi da ogni pietà.
Madri mediocri, che hanno imparato
con umiltà di bambine, di noi,
un unico, nudo significato,
con anime in cui il mondo è dannato
a non dare né dolore né gioia.
Madri mediocri, che non hanno avuto
per voi mai una parola d’amore,
se non d’un amore sordidamente muto
di bestia, e in esso v’hanno cresciuto,
impotenti ai reali richiami del cuore.
Madri servili, abituate da secoli
a chinare senza amore la testa,
a trasmettere al loro feto
l’antico, vergognoso segreto
d’accontentarsi dei resti della festa.
Madri servili, che vi hanno insegnato
come il servo può essere felice
odiando chi è, come lui, legato,
come può essere, tradendo, beato,
e sicuro, facendo ciò che non dice.
Madri feroci, intente a difendere
quel poco che, borghesi, possiedono,
la normalità e lo stipendio,
quasi con rabbia di chi si vendichi
o sia stretto da un assurdo assedio.
Madri feroci, che vi hanno detto:
Sopravvivete! Pensate a voi!
Non provate mai pietà o rispetto
per nessuno, covate nel petto
la vostra integrità di avvoltoi!
Ecco, vili, mediocri, servi,
feroci, le vostre povere madri!
Che non hanno vergogna a sapervi
– nel vostro odio – addirittura superbi,
se non è questa che una valle di lacrime.
È così che vi appartiene questo mondo:
fatti fratelli nelle opposte passioni,
o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo
a essere diversi: a rispondere
del selvaggio dolore di esser uomini.
Pier Paolo Pasolini, "Ballata delle madri"
da Poesia in forma di rosa, Garzanti, Milano 1964.
Se ora vi vedessero al lavoro
in un mondo a loro sconosciuto,
presi in un giro mai compiuto
d’esperienze così diverse dalle loro,
che sguardo avrebbero negli occhi?
Se fossero lì, mentre voi scrivete
il vostro pezzo, conformisti e barocchi,
o lo passate a redattori rotti
a ogni compromesso, capirebbero chi siete?
Madri vili, con nel viso il timore
antico, quello che come un male
deforma i lineamenti in un biancore
che li annebbia, li allontana dal cuore,
li chiude nel vecchio rifiuto morale.
Madri vili, poverine, preoccupate
che i figli conoscano la viltà
per chiedere un posto, per essere pratici,
per non offendere anime privilegiate,
per difendersi da ogni pietà.
Madri mediocri, che hanno imparato
con umiltà di bambine, di noi,
un unico, nudo significato,
con anime in cui il mondo è dannato
a non dare né dolore né gioia.
Madri mediocri, che non hanno avuto
per voi mai una parola d’amore,
se non d’un amore sordidamente muto
di bestia, e in esso v’hanno cresciuto,
impotenti ai reali richiami del cuore.
Madri servili, abituate da secoli
a chinare senza amore la testa,
a trasmettere al loro feto
l’antico, vergognoso segreto
d’accontentarsi dei resti della festa.
Madri servili, che vi hanno insegnato
come il servo può essere felice
odiando chi è, come lui, legato,
come può essere, tradendo, beato,
e sicuro, facendo ciò che non dice.
Madri feroci, intente a difendere
quel poco che, borghesi, possiedono,
la normalità e lo stipendio,
quasi con rabbia di chi si vendichi
o sia stretto da un assurdo assedio.
Madri feroci, che vi hanno detto:
Sopravvivete! Pensate a voi!
Non provate mai pietà o rispetto
per nessuno, covate nel petto
la vostra integrità di avvoltoi!
Ecco, vili, mediocri, servi,
feroci, le vostre povere madri!
Che non hanno vergogna a sapervi
– nel vostro odio – addirittura superbi,
se non è questa che una valle di lacrime.
È così che vi appartiene questo mondo:
fatti fratelli nelle opposte passioni,
o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo
a essere diversi: a rispondere
del selvaggio dolore di esser uomini.
Pier Paolo Pasolini, "Ballata delle madri"
da Poesia in forma di rosa, Garzanti, Milano 1964.
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martedì, novembre 01, 2005
Souvenir d'Abu Ghraib
Ciascuno dei cinquecentosessantacinque prigionieri liberati oggi da Abu Ghraib ha ricevuto:
1. una copia del Corano;
2. 25 dollari;
3. una maglietta per papà, con la scritta "Mio figlio è stato ad Abu Ghraib e mi ha portato solo questa maglietta del cavolo."
Va bene, l'ultima me la sono parzialmente inventata. La maglietta c'è, ma è bianca.
1. una copia del Corano;
2. 25 dollari;
3. una maglietta per papà, con la scritta "Mio figlio è stato ad Abu Ghraib e mi ha portato solo questa maglietta del cavolo."
Va bene, l'ultima me la sono parzialmente inventata. La maglietta c'è, ma è bianca.
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mercoledì, ottobre 26, 2005
I bambini fanno ahi
Le curiosità che c'ha, la gente.
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lunedì, ottobre 24, 2005
The Big State
Quel che si dice partire con il piede giusto:
"Il mio stato del Texas è molto grande. Quindi potete immaginare quanto mi abbia sorpresa apprendere che il vostro paese, l'Indonesia, è tre volte più grande del mio grande stato del Texas."
Karen Hughes, sottosegretario di Stato per la Diplomazia Estera degli Stati Uniti, durante un incontro con un gruppo di studenti indonesiani.
Fonte: "US envoy fails to impress Muslim students", Financial Times.
Via John Brown.
"Il mio stato del Texas è molto grande. Quindi potete immaginare quanto mi abbia sorpresa apprendere che il vostro paese, l'Indonesia, è tre volte più grande del mio grande stato del Texas."
Karen Hughes, sottosegretario di Stato per la Diplomazia Estera degli Stati Uniti, durante un incontro con un gruppo di studenti indonesiani.
Fonte: "US envoy fails to impress Muslim students", Financial Times.
Via John Brown.
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The Big Sleep
Noi il lunedì siamo sempre un po' così.
E no, a quanto pare non funzionano i commenti.
Aggiornamento: i commenti adesso funzionano.
Per chi non avesse già risolto il problema, il trucco è questo: in haloscan, si va in "settings", e poi in "beta features". In "spam filters" si seleziona "no" dove sta scritto "Enable Redirect". Infine si salva, ed ecco fatto.
E no, a quanto pare non funzionano i commenti.
Aggiornamento: i commenti adesso funzionano.
Per chi non avesse già risolto il problema, il trucco è questo: in haloscan, si va in "settings", e poi in "beta features". In "spam filters" si seleziona "no" dove sta scritto "Enable Redirect". Infine si salva, ed ecco fatto.
domenica, ottobre 23, 2005
The suocera files/Mai vinto niente, in vita mia
A pranzo, bourguignonne dalla suocera. Carne cruda, furti di forchettine, abbondanti schizzi d'olio (quasi tutti assorbiti dalla maglia fucsia di L., subito cosparsa di borotalco su mia istigazione), pinzimonio e amenità. Niente pollo, "perché ho paura, insomma!". In compenso le salsine, opera di una misteriosa e non identificata "Sofia", avevano tutte una sfumatura verdina, di quel verdino che oggigiorno si porta tanto. Spero che questa "Sofia" si limiti ad esperimenti di cucina molecolare e non si gingilli con i veleni, ma questo sarò in grado di dirvelo solo domani mattina. Va detto che la padrona di casa ha mangiato tutt'altro, per la precisione un passato di verdure: "buonissime, fresche fresche, come mi ha raccomandato la mia gastroenterologa!"
Ho trovato consolante sapere che esiste una gastroenterologa di famiglia.
Naturalmente la conversazione a tavola vale sempre gli esperimenti di mille Sofie:
Miro: "E poi ci sarebbe la possibilità di fare questo viaggio..."
Suocera: "E vai, vai, tu che puoi!"
Miro: "Tra l'altro, le ore di volo sono davvero tante."
Suocera: "Ah, quando mio marito doveva prendere spesso l'aereo io ero preoccupata, allora lui mi diceva: 'Cara, pensa che poi i soldi dell'assicurazione vanno tutti a te!' E invece! Figurati, io sono pure sfortunata. Non ho mai vinto niente, in vita mia!'"
Ho visto il marito sorriderle raggiante dall'altro capo del tavolo, sorseggiando la sua dose consentita di pelinkovec.
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venerdì, ottobre 21, 2005
Segretarie
– Pronto, senta, ci è tornata indietro una lettera che le avevamo mandato."
– Infatti, la aspettavo ma non è mai arrivata.
– Qui c'è scritto via xxxxxx 368.
– Ah, allora il motivo è questo: l'indirizzo esatto è via xxxxxx 36-barra-B-come-Bari.
– Ah! – Comunque seccata. – Ma come, possibile che non vi conoscano?
– Lo prendo come un complimento. Comunque c'è una differenza di 300 numeri civici.
– Ah.– Non convinta. – Allora le mando un fax, va'. Mi dia il numero.
– È lo stesso.
– No no, ascolti, me lo dia che è meglio.
– Uhm... ok.
Mi ferma alla terza cifra.
– Ah ma è lo stesso, scusi?
– Come le dicevo. Se ha il fax già pronto, le mando il segnale.
– Richiamo. Buongiorno!
– Buongiorno. E grazie a lei.
Ora, io mi chiedo. Come vengono assunte certe segretarie di istituti superiori? Con un concorso che prevede la soluzione di un sudoku facile o di uno schema di parole crociate facilitate? Per raccomandazione del locale club femminile di scala quaranta? Per sorteggio, tirando a sorte tra le candidate scartate alle selezioni di un call center? In base a complicate regole dinastiche che prevedono tra le varie deprecabili usanze anche il matrimonio tra consanguinei?
Chi sa, parli.
– Infatti, la aspettavo ma non è mai arrivata.
– Qui c'è scritto via xxxxxx 368.
– Ah, allora il motivo è questo: l'indirizzo esatto è via xxxxxx 36-barra-B-come-Bari.
– Ah! – Comunque seccata. – Ma come, possibile che non vi conoscano?
– Lo prendo come un complimento. Comunque c'è una differenza di 300 numeri civici.
– Ah.– Non convinta. – Allora le mando un fax, va'. Mi dia il numero.
– È lo stesso.
– No no, ascolti, me lo dia che è meglio.
– Uhm... ok.
Mi ferma alla terza cifra.
– Ah ma è lo stesso, scusi?
– Come le dicevo. Se ha il fax già pronto, le mando il segnale.
– Richiamo. Buongiorno!
– Buongiorno. E grazie a lei.
Ora, io mi chiedo. Come vengono assunte certe segretarie di istituti superiori? Con un concorso che prevede la soluzione di un sudoku facile o di uno schema di parole crociate facilitate? Per raccomandazione del locale club femminile di scala quaranta? Per sorteggio, tirando a sorte tra le candidate scartate alle selezioni di un call center? In base a complicate regole dinastiche che prevedono tra le varie deprecabili usanze anche il matrimonio tra consanguinei?
Chi sa, parli.
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La leva della terza età
Sally-Alice Thompson ha ricevuto una lettera di reclutamento che la invita ad arruolarsi nel Corpo dei Marines per mettere a disposizione degli Stati Uniti la sua conoscenza della lingua araba.
Strano.
La signora Thompson non conosce l'arabo.
Svolge attività pacifista dai tempi della Guerra del Vietnam.
Ha 82 anni.
E, soprattutto, è una delle Raging Grannies, il movimento delle "nonnine infuriate" che lei stessa definisce "un gruppo di donne contrarie alle guerre d'aggressione e alle armi nucleari."
Naturalmente la signora non si è scomposta:
"Ho sentito dire che altre anziane hanno ricevuto lettere simili. Mi sa che qualcuno sta prendendo in giro i Marines".
Strano.
La signora Thompson non conosce l'arabo.
Svolge attività pacifista dai tempi della Guerra del Vietnam.
Ha 82 anni.
E, soprattutto, è una delle Raging Grannies, il movimento delle "nonnine infuriate" che lei stessa definisce "un gruppo di donne contrarie alle guerre d'aggressione e alle armi nucleari."
Naturalmente la signora non si è scomposta:
"Ho sentito dire che altre anziane hanno ricevuto lettere simili. Mi sa che qualcuno sta prendendo in giro i Marines".
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giovedì, ottobre 20, 2005
Il numero 34
Il 15 ottobre i soldati americani hanno ucciso 12 "militanti" nell'aera di Ramadi, nell'Iraq occidentale. Tra questi, Sa'ad Ali Firas Muntar al-Dulaimi, noto anche con il nome di Abu Abdullah. Era tenuto in "alta considerazione" dai capi di al Qaeda, tra i quali il solito inafferrabile Abu Musab al-Zarqawi. Dulaimi era "responsabile della pianificazione e dell'esecuzione di tutti gli attacchi terroristici contro le truppe irachene e della coalizione nelle zone di Ramadi e Falluja".
Noi lo chiameremo semplicemente il numero 34.
Noi lo chiameremo semplicemente il numero 34.
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lunedì, ottobre 17, 2005
Tutti i sunniti dentro quest'urna, prego
"...I was pleased to see that the Sunnis participated in the process. The idea of deciding to go into a ballot box is a positive development."
George W. Bush, qui (via First Draft).
Lo sviluppo sarà anche positivo, ma i sunniti staranno un po' stretti.
George W. Bush, qui (via First Draft).
Lo sviluppo sarà anche positivo, ma i sunniti staranno un po' stretti.
Per non cadere nei comunisti (Forza Italia Roundup)
Cmq comunisti
"Il corrieire 7 pagine repubbilca 8 poi dicono di non esssere di parte x una manifestazione dove i dati li da' solo chi deve essere eletti i soliti comunisti."
Diamoci una smossa
"Se c'è qualcosa di cui far tesoro dalle primarie del centrosn. è che la ns macchina organizzativa è praticamente inesistente:DIAMOCI TUTTI UNA SMOSSA E RADICHIAMOCI!WFI"
Repressione!
"L'uso di spinelli e coca oramai è all'ordine del giorno.Chi è di sinistra la usa come prendere una caramella. Molti di destra sono idioti e la usano.Serve REPRESSIONE!!"
La ricevuta
"domandina.... almeno un euro si sarebbe dovuto pagare? la ricevuta è stata emessa per la "donazione"? oltre 4 milioni di euro, una bella cifra, x meno Silvio in galera!"
Scendere dalle poltrone
"è ora di scendere dalle poltrone e coinvolgere i cittadini. bisogna scaldare gli animi impegnarci tutti affinché l'italia non cada nei comunisti. FORZA ITALIA FORZA CDL"
Acuni dei messaggi pubblicati oggi sul sito di Forza Italia, nella sezione "Il tuo pensiero in 168 caratteri".
"Il corrieire 7 pagine repubbilca 8 poi dicono di non esssere di parte x una manifestazione dove i dati li da' solo chi deve essere eletti i soliti comunisti."
Diamoci una smossa
"Se c'è qualcosa di cui far tesoro dalle primarie del centrosn. è che la ns macchina organizzativa è praticamente inesistente:DIAMOCI TUTTI UNA SMOSSA E RADICHIAMOCI!WFI"
Repressione!
"L'uso di spinelli e coca oramai è all'ordine del giorno.Chi è di sinistra la usa come prendere una caramella. Molti di destra sono idioti e la usano.Serve REPRESSIONE!!"
La ricevuta
"domandina.... almeno un euro si sarebbe dovuto pagare? la ricevuta è stata emessa per la "donazione"? oltre 4 milioni di euro, una bella cifra, x meno Silvio in galera!"
Scendere dalle poltrone
"è ora di scendere dalle poltrone e coinvolgere i cittadini. bisogna scaldare gli animi impegnarci tutti affinché l'italia non cada nei comunisti. FORZA ITALIA FORZA CDL"
Acuni dei messaggi pubblicati oggi sul sito di Forza Italia, nella sezione "Il tuo pensiero in 168 caratteri".
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venerdì, ottobre 14, 2005
Kids, don't try this at home
E certo, non facciamo altro, su questo blog. Ne mettiamo insieme una grande quantità, poi li annodiamo e ci facciamo tappetini di pregio.
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giovedì, ottobre 13, 2005
Pollo letale
Per la serie "evitiamo gli allarmismi", oggi pomeriggio l'edizione online del Corriere della Sera apriva con la vendetta del pollo gigante:
Già che c'erano potevano almeno metterci la sagoma di Hitchcock, dietro. Faceva citazione.
Già che c'erano potevano almeno metterci la sagoma di Hitchcock, dietro. Faceva citazione.
Non fiori, ma...
Theodore Roosevelt Heller
Theodore Roosevelt Heller, 88, loving father of Charles (Joann) Heller; dear brother of the late Sonya (the late Jack) Steinberg. Ted was discharged from the U.S. Army during WWII due to service related injuries, and then forced his way back into the Illinois National Guard insisting no one tells him when to serve his country. Graveside services Tuesday 11 a.m. at Waldheim Jewish Cemetery (Ziditshover section), 1700 S. Harlem Ave., Chicago. In lieu of flowers, please send acerbic letters to Republicans.
Chicago Tribune, via News Hounds.
Theodore Roosevelt Heller, 88, loving father of Charles (Joann) Heller; dear brother of the late Sonya (the late Jack) Steinberg. Ted was discharged from the U.S. Army during WWII due to service related injuries, and then forced his way back into the Illinois National Guard insisting no one tells him when to serve his country. Graveside services Tuesday 11 a.m. at Waldheim Jewish Cemetery (Ziditshover section), 1700 S. Harlem Ave., Chicago. In lieu of flowers, please send acerbic letters to Republicans.
Chicago Tribune, via News Hounds.
martedì, ottobre 11, 2005
A sostegno di Giorgio e Luciana Alpi/Appello
«Ci appelliamo alla sensibilità e alla passione di quanti ancora credono che si possa giungere alla verità sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, giornalisti del Tg3 uccisi a Mogadiscio – Somalia – il 20 marzo 1994.
È di ieri la notizia, diffusa dalle agenzie stampa e da “Reporter Associati International”, della lettera scritta dall’on. Carlo Taormina al presidente della Camera on. Pierferdinando Casini, contenente la minaccia di una querela per diffamazione contro i genitori di Ilaria Alpi, Giorgio e Luciana, colpevoli - a giudizio dell’on. Taormina - di aver “osato” criticare il metodo e le procedure che il presidente Taormina applica ai lavori della Commissione. Critiche che facciamo fin d’ora nostre assumendocene la piena responsabilità.
La minaccia di querela contro i genitori di Ilaria Alpi, e del loro difensore Domenico D’Amati, segna l’ultimo atto di una politica spregiudicata portata avanti dall’on. Carlo Taormina all’interno della Commissione parlamentare da lui presieduta, una politica che ha portato ad oggi quale unico risultato dopo due anni di lavori quello di indicare nei giornalisti allontanati dal compito di consulenti della Commissione dei“depistatori”, altri giornalisti che erano, a ragione, considerati memorie storiche del “caso Alpi” additati come “occultatori”, altri ancora, i colleghi del Tg3 di Ilaria Alpi ridotti a “inquinatori”. E da ieri perfino i genitori di Ilaria bollati come “diffamatori”.
Una politica spregiudicata che non ha trovato alcun contrasto all’interno della Commissione parlamentare non solo da parte dei deputati della maggioranza di governo ma neppure tra i deputati che avrebbero dovuto rappresentare l’opposizione parlamentare, perennemente in bilico tra il ritirare la loro presenza dall’Ufficio di Presidenza e il rimanere in Commissione senza mai contraddire le scelte del presidente.
Una politica spregiudicata che ha posto nei fatti la Commissione parlamentare sulla strada di un conflitto tra poteri dello stato con il rifiuto di ottemperare ad alcuni disposizioni della magistratura in occasione alcuni delicati passaggi operativi e procedurali. E per questo motivo la Procura della Repubblica di Roma, con una iniziativa definita “grottesca” dal presidente della Commissione Carlo Taormina nella lettera inviata all’On. Pierferdinando Casini, ha aperto un’indagine intorno al ritrovamento a Mogadiscio (a undici anni di distanza dal duplice omicidio...) dell’auto indicata come quella dove persero la vita i due giornalisti italiani. Un ritrovamento che, come altri passaggi dei lavori della Commissione, lascia non pochi dubbi e perplessità...
Ci appelliamo all’opinione pubblica, ai movimenti, alle associazioni, a tutti i cittadini che hanno a cuore la verità e il rispetto delle procedure necessarie a raggiungerla. Ci appelliamo perchè tutti ci possano stringere solidarmente intorno alle figure di Giorgio e Luciana Alpi che hanno dedicato questi undici anni alla ricera della verità sull’esecuzione alla quale vennero sottoposti Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Ci appelliamo a quanti ancora credono sia possibile arrivare a identificare i mandanti del duplice omicidio e l’ambiente dal quale venne ordinato di assassinare i due giornalisti.
Ci appelliamo ai parlamentari del centrosinistra perchè adoperino ogni mezzo e ogni strumento perchè firmino questo appello e lo facciano arrivare fin dentro la Camera dei Deputati e al presidente on. Casini.
Ci appelliamo a tutti i giornalisti, agli operatori dell’informazione perchè non abbassino la guardia sulla drammatica vicenda della morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, perchè non si accontentino di verità tanto “semplici” come inusitatamente e pubblicamente enunciate dall’on. Carlo Taormina, prima ancora delle conclusioni ufficiali dei lavori della Commissione parlamentare, e che vedono indicare come causa della morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin qualcosa di molto simile a un incidente: “un tentativo di rapina, o rapimento, finito male...”.
La minaccia di querela per diffamazione contro Giorgio e Luciana Alpi ci indigna profondamente persino nella forma che è stata consapevolmente usata per diffonderla, ci indigna come cittadini che crediamo ancora nel valore della politica e degli strumenti democratici della politica per raggiungere la verità, ci indigna perchè segna il tentativo di delegittimare il lavoro e l’impegno di tutti coloro che per undici anni si sono impegnati e si sono battuti, senza alcun interesse personale, per cercare di arrivare a smascherare i mandanti dell’esecuzione di Ilaria e Miran. Ovunque si trovino, dentro e fuori la Somalia.
Noi firmatari di questo appello non ci accontenteremo fin quando non sarà raggiunta la verità, fino a quando non saranno chiarite tutte le dinamiche che hanno portato al duplice omicidio. Fino a quando non leggeremo nero su bianco i nomi dei mandanti.
Sentiamo di doverlo a Ilaria e Miran
Sappiamo di doverlo a Giorgio e Luciana
Noi siamo al loro fianco»
Vi invito a firmare l'appello qui: http://www.articolo21.info/appelli_form.php?id=51
È di ieri la notizia, diffusa dalle agenzie stampa e da “Reporter Associati International”, della lettera scritta dall’on. Carlo Taormina al presidente della Camera on. Pierferdinando Casini, contenente la minaccia di una querela per diffamazione contro i genitori di Ilaria Alpi, Giorgio e Luciana, colpevoli - a giudizio dell’on. Taormina - di aver “osato” criticare il metodo e le procedure che il presidente Taormina applica ai lavori della Commissione. Critiche che facciamo fin d’ora nostre assumendocene la piena responsabilità.
La minaccia di querela contro i genitori di Ilaria Alpi, e del loro difensore Domenico D’Amati, segna l’ultimo atto di una politica spregiudicata portata avanti dall’on. Carlo Taormina all’interno della Commissione parlamentare da lui presieduta, una politica che ha portato ad oggi quale unico risultato dopo due anni di lavori quello di indicare nei giornalisti allontanati dal compito di consulenti della Commissione dei“depistatori”, altri giornalisti che erano, a ragione, considerati memorie storiche del “caso Alpi” additati come “occultatori”, altri ancora, i colleghi del Tg3 di Ilaria Alpi ridotti a “inquinatori”. E da ieri perfino i genitori di Ilaria bollati come “diffamatori”.
Una politica spregiudicata che non ha trovato alcun contrasto all’interno della Commissione parlamentare non solo da parte dei deputati della maggioranza di governo ma neppure tra i deputati che avrebbero dovuto rappresentare l’opposizione parlamentare, perennemente in bilico tra il ritirare la loro presenza dall’Ufficio di Presidenza e il rimanere in Commissione senza mai contraddire le scelte del presidente.
Una politica spregiudicata che ha posto nei fatti la Commissione parlamentare sulla strada di un conflitto tra poteri dello stato con il rifiuto di ottemperare ad alcuni disposizioni della magistratura in occasione alcuni delicati passaggi operativi e procedurali. E per questo motivo la Procura della Repubblica di Roma, con una iniziativa definita “grottesca” dal presidente della Commissione Carlo Taormina nella lettera inviata all’On. Pierferdinando Casini, ha aperto un’indagine intorno al ritrovamento a Mogadiscio (a undici anni di distanza dal duplice omicidio...) dell’auto indicata come quella dove persero la vita i due giornalisti italiani. Un ritrovamento che, come altri passaggi dei lavori della Commissione, lascia non pochi dubbi e perplessità...
Ci appelliamo all’opinione pubblica, ai movimenti, alle associazioni, a tutti i cittadini che hanno a cuore la verità e il rispetto delle procedure necessarie a raggiungerla. Ci appelliamo perchè tutti ci possano stringere solidarmente intorno alle figure di Giorgio e Luciana Alpi che hanno dedicato questi undici anni alla ricera della verità sull’esecuzione alla quale vennero sottoposti Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Ci appelliamo a quanti ancora credono sia possibile arrivare a identificare i mandanti del duplice omicidio e l’ambiente dal quale venne ordinato di assassinare i due giornalisti.
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lunedì, ottobre 10, 2005
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Not a good idea
Sembra che Jeremy Clarkson (conduttore di Top Gear, un noto programma per gli amanti delle quattro ruote) durante la sua recente visita a Bassora abbia chiesto ai soldati britannici se fosse possibile far saltar in aria una macchina per far un po' di scena. Gli è stato risposto che organizzare esplosioni in Iraq non è quel che si dice una buona idea.
Fonte: The Independent
Fonte: The Independent
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Restare vivi a New Orleans
Se uno pensa di poter andar in giro ubriaco dalle parti di Bourbon Street, a New Orleans, si sbaglia, perché lì (adesso?) i poliziotti sono nervosi.
Un filmato mostra tre agenti che prendono a pugni e arrestano Robert Davis, 64 anni, per poi lasciarlo a terra ammanettato e ricoperto di sangue. Non è un bel vedere. Le hanno prese anche il programmista e il cameraman dell'Associated Press Television, autori del filmato.
Parole urlate da uno dei poliziotti: "Sono qua da sei settimane, cazzo, a cercare di restare vivo."
Ci riesce benissimo.
Il filmato è su Crooks and Liars.
Qui ci sono le foto.
Un filmato mostra tre agenti che prendono a pugni e arrestano Robert Davis, 64 anni, per poi lasciarlo a terra ammanettato e ricoperto di sangue. Non è un bel vedere. Le hanno prese anche il programmista e il cameraman dell'Associated Press Television, autori del filmato.
Parole urlate da uno dei poliziotti: "Sono qua da sei settimane, cazzo, a cercare di restare vivo."
Ci riesce benissimo.
Il filmato è su Crooks and Liars.
Qui ci sono le foto.
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sabato, ottobre 08, 2005
Iraq, Baviera
Nella base USA di Hohenfels, in Germania, c'è Rusafa, una finta città irachena che è poi la versione bavarese del distretto orientale di Baghdad: qui, con tecniche simili a quelle dei giochi di ruolo, i soldati americani dovrebbero imparare a usare le armi della diplomazia e della negoziazione. Insomma, il passaggio è da quick-shooters a smooth-talkers: da "prima spara e poi chiedi" a "chiedi, chiedi, chiedi" fino allo sfinimento del finto sceicco.
"È come attaccar discorso con una ragazza al bar," è l'analogia usata dal Capitano Chris Kuzio del 1° Battaglione, 36mo Reggimento di Fanteria, per far capire ai suoi ragazzi come devono andare le cose con gli iracheni. La raccomandazione "è stata seguita entusiasticamente, visto che molti dei finti abitanti del villaggio erano attraenti ragazze bavaresi".
Fonte: Stars&Stripes
Dei giochi di ruolo a Hohenfels aveva parlato, tempo fa, un articolo ripreso da Peacelink che si richiama a sua volta a un pezzo apparso su La Stampa.
"È come attaccar discorso con una ragazza al bar," è l'analogia usata dal Capitano Chris Kuzio del 1° Battaglione, 36mo Reggimento di Fanteria, per far capire ai suoi ragazzi come devono andare le cose con gli iracheni. La raccomandazione "è stata seguita entusiasticamente, visto che molti dei finti abitanti del villaggio erano attraenti ragazze bavaresi".
Fonte: Stars&Stripes
Dei giochi di ruolo a Hohenfels aveva parlato, tempo fa, un articolo ripreso da Peacelink che si richiama a sua volta a un pezzo apparso su La Stampa.
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La violenza causa violenza
Nella provincia irachena di Al-Anbar proseguono le operazioni militari statunitensi.
Secondo l'esercito americano e i media corporativi lo scopo di queste operazioni è "sradicare" i combattenti di al-Qaida in Iraq e i cosiddetti insorti.
Una giornalista irachena che scrive sotto il nome di Sabah Ali, appena tornata dall'area di Al-Qa’im, racconta una storia molto diversa. Avventurandosi nella zona dei combattimenti alla fine di settembre e agli inizi di ottobre, Sabah ha visitato il villaggio di Aanah, a 360 km a ovest di Baghdad, per testimoniare quali siano gli effetti sulla popolazione civile di queste operazioni. Il suo racconto, accompagnato da fotografie, è sul sito del giornalista indipendente Dahr Jamail:
“Ci sono 1500 famiglie di profughi in questa nuovissima e moderna città di Aanah (la vecchia Aanah fu inondata dall'Eufrate quando venne costruita una diga, negli anni ottanta). Il Comitato di Soccorso Umanitario di Aanah - Aanah Humanitarian Relief Committee (AHRC) ha detto che 7450 famiglie provenienti da Al-Qa’im e dintorni si trovano sparse in città, in villaggi e nel deserto dell'Iraq occidentale. Il rapporto dell'AHRC dice che alcune centinaia di famiglie sono ancora sotto assedio ad Al-Qa’im; non hanno lasciato la città per vari motivi: a causa di familiari disabili (ce ne sono ora molti ad Al-Qa’im), o perché non avevano il denaro per partire, oppure perché hanno preferito vivere sotto i bombardamenti piuttosto che in un campo profughi.
Sono molte le famiglie che non sono riuscite a fuggire. Abu Alaa’, per esempio: la sua casa è stata colpita poco tempo fa, sua moglie ha perso la vista durante quell'attacco. Abu Alaa’ non ha potuto andarsene perché sua moglie e suo padre sono stati di nuovo colpiti la scorsa settimana. Sua moglie è stata ferita all'addome ed è ancora all'ospedale.
Facciamo appello alla società internazionale perché a queste famiglie sia dato il modo di lasciare la città prima che venga distrutta. Le persone che rimangono indietro non sono necessariamente combattenti. Semplicemente, non sono state in grado di andarsene.
Le famiglie che sono rimaste si trovano nei seguenti villaggi/città/zone: area al-Mashari`-The Projects (2500 famiglie), Okashat (950 famiglie), Fheida (500), fabbrica di fosfato (400), fabbrica di cemento (350), Tiwan (400), Aanah (1500), Raihana (100), Hasa (200), Jbab (125), Nhaiya (100) e Ma’adhid (75).
Molte famiglie hanno cercato riparo nelle scuole, negli edifici pubblici, negli uffici e nei centri giovanili. Altre vivono in tende donate da comitati di soccorso locali.
I più fortunati sono quelli che hanno amici o parenti in grado di ospitarli in vere case. Molti di loro necessitano di cure mediche, i bambini e i ragazzi non vanno a scuola e hanno perso già un anno di lezioni, le donne stanno affrontando difficoltà incredibili per cercare di mantenere le loro famiglie in condizioni impossibili. Il centro giovanile di Aanah si è trasformato in un campo profughi: 45 famiglie vivono in tende, 17 nell'edificio.
Raja Yasin, una vedova originaria di Bassora, madre di 10 figli, dice: ‘Se non fossimo scappati saremmo morti sotto le bombe. Adesso non possediamo nulla. Abbiamo bisogno di coperte e di cibo.’ La famiglia di Raja è disperatamente povera. Solo il figlio adolescente riesce ad aiutarla a sfamare tutti. Ma Raja è felice di essere scappata con tutta la famiglia [perché]: ‘l'attacco comincerà domani,’ dice.
La situazione della signora Khamis, madre di otto figli e moglie di un insegnante, non è migliore: ‘Abbiamo dovuto scappare a piedi nudi. Ho lasciato il pranzo sulla stufa quando è cominciato l'attacco. Ci sono stati bombardamenti pesanti e colpi di mortaio, abbiamo dovuto correre per le strade secondarie sventolando bandiere bianche.’ Ma neanche la vita al campo è facile: ‘Non c'è acqua calda; devo fare dei bagni caldi ai bambini e il tempo sta cambiando. C'è solo un bagno per tutte queste famiglie, un unico bagno per uomini, donne e bambini. Mio fratello ha cercato per tre volte di ritornare ad Al-Qa’im per prendere dei vestiti e altre cose a casa nostra, ma non è riuscito ad attraversare i posti di blocco. Abbiamo bisogno di coperte, cibo, combustibile, medicine... e l'attacco comincerà domani.’
La famiglia Khamis non ha ricevuto alcuna razione di cibo o salario nei due mesi precedenti l'ultimo attacco.
Molti casi avrebbero necessitato di cure mediche immediate (si trattava soprattutto di bambini), ma le famiglie erano bloccate nel campo profughi. Quando l'attacco ha avuto inizio, sabato 1 ottobre, e poi c'è stato il secondo attacco su Haditha con il nome di ‘Operation River Gate’, sono state bloccate tutte le strade.
Il dottor Hamdi Al-Aloossy, Direttore generale dell'ospedale di Al-Qa’im, si trovava ad Aanah per incontrare il dottor Walid Jawad, Direttore generale dell'ospedale di Aanah, e discutere su quel che bisognava fare per il problema dei profughi e dell'imminente invasione di Al-Qa’im.
Il dottor Hamdi ha confermato che la maggioranza della popolazione di Al-Qa’im (150.000 persone) aveva lasciato la città, e che erano rimasti solo i disabili e coloro che avevano scelto di restare. Ha anche confermato che molti dei feriti che aveva in cura erano donne e bambini (come aveva dichiarato già tre giorni prima sul canale Al-Arabia). Ha spiegato che le famiglie non temono tanto i bombardamenti e i colpi di mortaio quanto l'invasione iracheno-americana della città, cosa che è stata confermata da molte persone.
Secondo il dottor Hamdi, ‘Quando le famiglie hanno visto alla TV quello che è successo a Tal-Afar e hanno sentito il Ministro della Difesa minacciare un attacco ad Al-Qa’im si sono spaventate. È stata una dichiarazione irresponsabile, quella del Ministro della Difesa. Non ci sono stati ordini di evacuazione. Queste migliaia di bambini e di famiglie vivono in condizioni pessime. Un bambino di due mesi è stato punto sette volte dagli scorpioni. Altre due famiglie, ciascuna di 14 componenti, sono state intossicate dal cibo in scatola. La sicurezza sanitaria nel campo è pari a zero. E la sicurezza sanitaria nelle aree bombardate e attaccate è totalmente a rischio. Mi viene da piangere se penso a quelle famiglie. La mortalità infantile si è triplicata a causa di malattie banali perché non disponiamo né di vaccini, né di corrente elettrica per conservarli. Non possiamo controllare le condizioni di salute delle donne, molte sono scappate. Ne ricevevamo 200 al giorno, ora sono 15-20. Non abbiamo statistiche, ma possiamo dire approssimativamente che la percentuale di mortalità femminile è aumentata del doppio.’
‘Ripariamo l'ospedale ogni due mesi; i vetri, l'acqua, l'elettricità... e poi lo bombardano di nuovo. Il governo dovrebbe fare qualcosa. La violenza porta solo ad altra violenza.’
Il dottor Walid di Aanah ha detto che il suo ospedale non è in grado di accogliere il gran numero di profughi. ‘Riceviamo 500-600 pazienti al giorno; non abbiamo questa capacità, non abbiamo un chirurgo, un anestesista, medicine e scorte d'emergenza, sciroppi pediatrici, materiali di laboratorio, ecc.,’ ha detto il dottor Walid, ‘E ad Aanah adesso ci sono 3-5 famiglie in ciascuna casa.’
Durante la nostra visita allo studio del dottor Walid c'era un andirivieni continuo di pazienti. La maggioranza viene da Al-Qa’im o Rawa, un'altra città dell'Iraq occidentale che ha conosciuto una brutta invasione tre mesi fa. Una giovane di 18 anni, Sabreen, zoppica e ha bisogno di un'operazione e di terapie. È una delle cinque operaie della fabbrica tessile di Rawa che sono state colpite dalle truppe americane tre mesi fa. Il dottor Walid l'ha mandata da un chirurgo suo amico a Ramadi.
Alla scuola superiore di Aanah abbiamo incontrato 14 famiglie; la maggioranza era di Rawa. Hanno trasformato le aule in soggiorni, cucine e stanze da letto. I banchi vengono usati come tavoli da cucina, e i piatti e i vestiti si lavano in cortile. Inutile dire che tutte le scuole delle zone vicine sono chiuse. Invece ad Aanah, dove la situazione è relativamente tranquilla, le scuole sono aperte, ma utilizzano per le lezioni solo 2-3 aule, lasciando il resto alle famiglie sfollate.
La cosa più triste è che queste famiglie non sanno perché devono affrontare questo destino. Aala’ Ahmad, 15 anni, non capisce perché l'esercito americano abbia occupato la casa della sua famiglia e li abbia cacciati via, solo perché dalla loro casa si poteva vedere tutta Rawa: ‘Non ci hanno permesso di rientrare in casa, hanno detto che dovevano tornarci regolarmente,’ dice. Aala’ ha perso l'anno scolastico.
Um Ismael, madre di sei figli, non capisce perché gli americani abbiano fatto saltare in aria la porta della sua casa, che era aperta. ‘Hanno perquisito e distrutto ogni cosa, e non hanno trovato niente,’ dice, 'Non c'erano nemmeno degli uomini giovani che potessero arrestare. Cosa faremo adesso?’
Le famiglie con le quali abbiamo trascorso la nostra prima notte ad Aanah avevano trovato riparo in un edificio in costruzione vuoto. È un casa di due piani, abbastanza grande. Il proprietario è un avvocato che appartiene a una famiglia molto conosciuta. Le donne hanno pulito la casa, hanno spazzato via gli animali morti, le macerie e le immondizie, hanno fatto in modo che ci fosse l'acqua, la corrente elettrica, hanno steso tappeti di plastica sul pavimento, hanno schermato le aperture delle finestre. Però non è facile viverci, la notte è pieno di pipistelli, entra aria fredda, le scale non hanno protezioni, ecc.
Afaf, che fa la maestra e ha quattro figli, racconta quello che è successo: ‘Ce ne siamo andati 3 settimane fa quando sono cominciati i bombardamenti su Al-Qa’im. Alcune famiglie erano scappate prima, quando il ministro della Difesa, Sadoon Al-Duleimi, ha minacciato un attacco all'area di Al-Garbiya. Hanno fatto bene, perché così sono riuscite a portare con sé un po' di mobili, dei vestiti e del cibo. Quando sono cominciati i bombardamenti abbiamo dovuto scappare il più presto possibile. È stato un giorno molto triste. La gente correva sventolando bandiere bianche, terrorizzata; fuggivano tutti, chi in auto, chi a piedi; alcuni avevano dei furgoni e hanno dato una mano agli anziani e alle famiglie.’
Tutte queste persone avevano ragioni più o meno simili per scappare, ma tutte erano d'accordo su una cosa: avevano paura dell'invasione di americani e iracheni. ‘Ci preoccupiamo per le nostre figlie. Tutto si può aggiustare, tranne l'onore,’ ci dice Afaf. Avevano paura che gli invasori avrebbero violentato le loro ragazze. ‘Abbiamo visto quello che è successo a Tal-Afar. Arrestano gli uomini, le donne vengono lasciate sole, le strade sono bloccate. Non vogliamo trovarci in questa situazione.’
Altre famiglie vivono in condizioni orribili in vari campi profughi sparsi in tutta la provincia nordoccidentale di Al-Anbar."
Nota: La visita ha avuto luogo prima che le operazioni militari in corso avessero inizio. Le notizie da quella zona confermano che la situazione è molto peggiorata.
Secondo l'esercito americano e i media corporativi lo scopo di queste operazioni è "sradicare" i combattenti di al-Qaida in Iraq e i cosiddetti insorti.
Una giornalista irachena che scrive sotto il nome di Sabah Ali, appena tornata dall'area di Al-Qa’im, racconta una storia molto diversa. Avventurandosi nella zona dei combattimenti alla fine di settembre e agli inizi di ottobre, Sabah ha visitato il villaggio di Aanah, a 360 km a ovest di Baghdad, per testimoniare quali siano gli effetti sulla popolazione civile di queste operazioni. Il suo racconto, accompagnato da fotografie, è sul sito del giornalista indipendente Dahr Jamail:
“Ci sono 1500 famiglie di profughi in questa nuovissima e moderna città di Aanah (la vecchia Aanah fu inondata dall'Eufrate quando venne costruita una diga, negli anni ottanta). Il Comitato di Soccorso Umanitario di Aanah - Aanah Humanitarian Relief Committee (AHRC) ha detto che 7450 famiglie provenienti da Al-Qa’im e dintorni si trovano sparse in città, in villaggi e nel deserto dell'Iraq occidentale. Il rapporto dell'AHRC dice che alcune centinaia di famiglie sono ancora sotto assedio ad Al-Qa’im; non hanno lasciato la città per vari motivi: a causa di familiari disabili (ce ne sono ora molti ad Al-Qa’im), o perché non avevano il denaro per partire, oppure perché hanno preferito vivere sotto i bombardamenti piuttosto che in un campo profughi.
Sono molte le famiglie che non sono riuscite a fuggire. Abu Alaa’, per esempio: la sua casa è stata colpita poco tempo fa, sua moglie ha perso la vista durante quell'attacco. Abu Alaa’ non ha potuto andarsene perché sua moglie e suo padre sono stati di nuovo colpiti la scorsa settimana. Sua moglie è stata ferita all'addome ed è ancora all'ospedale.
Facciamo appello alla società internazionale perché a queste famiglie sia dato il modo di lasciare la città prima che venga distrutta. Le persone che rimangono indietro non sono necessariamente combattenti. Semplicemente, non sono state in grado di andarsene.
Le famiglie che sono rimaste si trovano nei seguenti villaggi/città/zone: area al-Mashari`-The Projects (2500 famiglie), Okashat (950 famiglie), Fheida (500), fabbrica di fosfato (400), fabbrica di cemento (350), Tiwan (400), Aanah (1500), Raihana (100), Hasa (200), Jbab (125), Nhaiya (100) e Ma’adhid (75).
Molte famiglie hanno cercato riparo nelle scuole, negli edifici pubblici, negli uffici e nei centri giovanili. Altre vivono in tende donate da comitati di soccorso locali.
I più fortunati sono quelli che hanno amici o parenti in grado di ospitarli in vere case. Molti di loro necessitano di cure mediche, i bambini e i ragazzi non vanno a scuola e hanno perso già un anno di lezioni, le donne stanno affrontando difficoltà incredibili per cercare di mantenere le loro famiglie in condizioni impossibili. Il centro giovanile di Aanah si è trasformato in un campo profughi: 45 famiglie vivono in tende, 17 nell'edificio.
Raja Yasin, una vedova originaria di Bassora, madre di 10 figli, dice: ‘Se non fossimo scappati saremmo morti sotto le bombe. Adesso non possediamo nulla. Abbiamo bisogno di coperte e di cibo.’ La famiglia di Raja è disperatamente povera. Solo il figlio adolescente riesce ad aiutarla a sfamare tutti. Ma Raja è felice di essere scappata con tutta la famiglia [perché]: ‘l'attacco comincerà domani,’ dice.
La situazione della signora Khamis, madre di otto figli e moglie di un insegnante, non è migliore: ‘Abbiamo dovuto scappare a piedi nudi. Ho lasciato il pranzo sulla stufa quando è cominciato l'attacco. Ci sono stati bombardamenti pesanti e colpi di mortaio, abbiamo dovuto correre per le strade secondarie sventolando bandiere bianche.’ Ma neanche la vita al campo è facile: ‘Non c'è acqua calda; devo fare dei bagni caldi ai bambini e il tempo sta cambiando. C'è solo un bagno per tutte queste famiglie, un unico bagno per uomini, donne e bambini. Mio fratello ha cercato per tre volte di ritornare ad Al-Qa’im per prendere dei vestiti e altre cose a casa nostra, ma non è riuscito ad attraversare i posti di blocco. Abbiamo bisogno di coperte, cibo, combustibile, medicine... e l'attacco comincerà domani.’
La famiglia Khamis non ha ricevuto alcuna razione di cibo o salario nei due mesi precedenti l'ultimo attacco.
Molti casi avrebbero necessitato di cure mediche immediate (si trattava soprattutto di bambini), ma le famiglie erano bloccate nel campo profughi. Quando l'attacco ha avuto inizio, sabato 1 ottobre, e poi c'è stato il secondo attacco su Haditha con il nome di ‘Operation River Gate’, sono state bloccate tutte le strade.
Il dottor Hamdi Al-Aloossy, Direttore generale dell'ospedale di Al-Qa’im, si trovava ad Aanah per incontrare il dottor Walid Jawad, Direttore generale dell'ospedale di Aanah, e discutere su quel che bisognava fare per il problema dei profughi e dell'imminente invasione di Al-Qa’im.
Il dottor Hamdi ha confermato che la maggioranza della popolazione di Al-Qa’im (150.000 persone) aveva lasciato la città, e che erano rimasti solo i disabili e coloro che avevano scelto di restare. Ha anche confermato che molti dei feriti che aveva in cura erano donne e bambini (come aveva dichiarato già tre giorni prima sul canale Al-Arabia). Ha spiegato che le famiglie non temono tanto i bombardamenti e i colpi di mortaio quanto l'invasione iracheno-americana della città, cosa che è stata confermata da molte persone.
Secondo il dottor Hamdi, ‘Quando le famiglie hanno visto alla TV quello che è successo a Tal-Afar e hanno sentito il Ministro della Difesa minacciare un attacco ad Al-Qa’im si sono spaventate. È stata una dichiarazione irresponsabile, quella del Ministro della Difesa. Non ci sono stati ordini di evacuazione. Queste migliaia di bambini e di famiglie vivono in condizioni pessime. Un bambino di due mesi è stato punto sette volte dagli scorpioni. Altre due famiglie, ciascuna di 14 componenti, sono state intossicate dal cibo in scatola. La sicurezza sanitaria nel campo è pari a zero. E la sicurezza sanitaria nelle aree bombardate e attaccate è totalmente a rischio. Mi viene da piangere se penso a quelle famiglie. La mortalità infantile si è triplicata a causa di malattie banali perché non disponiamo né di vaccini, né di corrente elettrica per conservarli. Non possiamo controllare le condizioni di salute delle donne, molte sono scappate. Ne ricevevamo 200 al giorno, ora sono 15-20. Non abbiamo statistiche, ma possiamo dire approssimativamente che la percentuale di mortalità femminile è aumentata del doppio.’
‘Ripariamo l'ospedale ogni due mesi; i vetri, l'acqua, l'elettricità... e poi lo bombardano di nuovo. Il governo dovrebbe fare qualcosa. La violenza porta solo ad altra violenza.’
Il dottor Walid di Aanah ha detto che il suo ospedale non è in grado di accogliere il gran numero di profughi. ‘Riceviamo 500-600 pazienti al giorno; non abbiamo questa capacità, non abbiamo un chirurgo, un anestesista, medicine e scorte d'emergenza, sciroppi pediatrici, materiali di laboratorio, ecc.,’ ha detto il dottor Walid, ‘E ad Aanah adesso ci sono 3-5 famiglie in ciascuna casa.’
Durante la nostra visita allo studio del dottor Walid c'era un andirivieni continuo di pazienti. La maggioranza viene da Al-Qa’im o Rawa, un'altra città dell'Iraq occidentale che ha conosciuto una brutta invasione tre mesi fa. Una giovane di 18 anni, Sabreen, zoppica e ha bisogno di un'operazione e di terapie. È una delle cinque operaie della fabbrica tessile di Rawa che sono state colpite dalle truppe americane tre mesi fa. Il dottor Walid l'ha mandata da un chirurgo suo amico a Ramadi.
Alla scuola superiore di Aanah abbiamo incontrato 14 famiglie; la maggioranza era di Rawa. Hanno trasformato le aule in soggiorni, cucine e stanze da letto. I banchi vengono usati come tavoli da cucina, e i piatti e i vestiti si lavano in cortile. Inutile dire che tutte le scuole delle zone vicine sono chiuse. Invece ad Aanah, dove la situazione è relativamente tranquilla, le scuole sono aperte, ma utilizzano per le lezioni solo 2-3 aule, lasciando il resto alle famiglie sfollate.
La cosa più triste è che queste famiglie non sanno perché devono affrontare questo destino. Aala’ Ahmad, 15 anni, non capisce perché l'esercito americano abbia occupato la casa della sua famiglia e li abbia cacciati via, solo perché dalla loro casa si poteva vedere tutta Rawa: ‘Non ci hanno permesso di rientrare in casa, hanno detto che dovevano tornarci regolarmente,’ dice. Aala’ ha perso l'anno scolastico.
Um Ismael, madre di sei figli, non capisce perché gli americani abbiano fatto saltare in aria la porta della sua casa, che era aperta. ‘Hanno perquisito e distrutto ogni cosa, e non hanno trovato niente,’ dice, 'Non c'erano nemmeno degli uomini giovani che potessero arrestare. Cosa faremo adesso?’
Le famiglie con le quali abbiamo trascorso la nostra prima notte ad Aanah avevano trovato riparo in un edificio in costruzione vuoto. È un casa di due piani, abbastanza grande. Il proprietario è un avvocato che appartiene a una famiglia molto conosciuta. Le donne hanno pulito la casa, hanno spazzato via gli animali morti, le macerie e le immondizie, hanno fatto in modo che ci fosse l'acqua, la corrente elettrica, hanno steso tappeti di plastica sul pavimento, hanno schermato le aperture delle finestre. Però non è facile viverci, la notte è pieno di pipistelli, entra aria fredda, le scale non hanno protezioni, ecc.
Afaf, che fa la maestra e ha quattro figli, racconta quello che è successo: ‘Ce ne siamo andati 3 settimane fa quando sono cominciati i bombardamenti su Al-Qa’im. Alcune famiglie erano scappate prima, quando il ministro della Difesa, Sadoon Al-Duleimi, ha minacciato un attacco all'area di Al-Garbiya. Hanno fatto bene, perché così sono riuscite a portare con sé un po' di mobili, dei vestiti e del cibo. Quando sono cominciati i bombardamenti abbiamo dovuto scappare il più presto possibile. È stato un giorno molto triste. La gente correva sventolando bandiere bianche, terrorizzata; fuggivano tutti, chi in auto, chi a piedi; alcuni avevano dei furgoni e hanno dato una mano agli anziani e alle famiglie.’
Tutte queste persone avevano ragioni più o meno simili per scappare, ma tutte erano d'accordo su una cosa: avevano paura dell'invasione di americani e iracheni. ‘Ci preoccupiamo per le nostre figlie. Tutto si può aggiustare, tranne l'onore,’ ci dice Afaf. Avevano paura che gli invasori avrebbero violentato le loro ragazze. ‘Abbiamo visto quello che è successo a Tal-Afar. Arrestano gli uomini, le donne vengono lasciate sole, le strade sono bloccate. Non vogliamo trovarci in questa situazione.’
Altre famiglie vivono in condizioni orribili in vari campi profughi sparsi in tutta la provincia nordoccidentale di Al-Anbar."
Nota: La visita ha avuto luogo prima che le operazioni militari in corso avessero inizio. Le notizie da quella zona confermano che la situazione è molto peggiorata.
venerdì, ottobre 07, 2005
Lost Before Translation
George W. Bush riceve il Primo Ministro ungherese, e scommetto che nessuno vorrebbe trovarsi nei panni dell'interprete.
Cioè, cioè
The Prime Minister also brought up some issues of concern to the people of Hungary, one of which, of course, is visa policy. He understands that his job, when talking to the President, is to -- is to say, the people of my country -- which he did -- are concerned about the visa policy.
Una visita è una visita è una visita
All in all, I found it to be a great visit. The visit, by the way, started yesterday when his good wife and my wife visit -- had a -- had a strong visit.
Cos'è successo in Ungheria nel '56?
Q: I would like to raise the question to President Bush, as well, if, as far as you know, you've got an invitation from the Hungarian government for next year for the 50th anniversary of the 1956 revolution? So would you accept this invitation?
[...]
PRESIDENT BUSH: Well, he did extend the invitation, and I appreciate the invitation, because 1956 means a lot to a lot of Americans. A lot of Americans came from Hungary to live here after the '56 incidents. They can trace their history to our country because of those -- of what took place in Hungary. Plus, a lot of Americans followed the incidents in 1956, and appreciated and respected the courage of folks who were willing to stand up for freedom and liberty.
See, 1956 says to us, there are key moments in history when ordinary citizens are willing to defend the right for all to be free. And so it's an important event. I told the Prime Minister, I'm not my own scheduler. I will pass the word on how important this event is, and I will look very carefully at the invitation.
Fonte: Whitehouse.org, via First Draft.
Cioè, cioè
The Prime Minister also brought up some issues of concern to the people of Hungary, one of which, of course, is visa policy. He understands that his job, when talking to the President, is to -- is to say, the people of my country -- which he did -- are concerned about the visa policy.
Una visita è una visita è una visita
All in all, I found it to be a great visit. The visit, by the way, started yesterday when his good wife and my wife visit -- had a -- had a strong visit.
Cos'è successo in Ungheria nel '56?
Q: I would like to raise the question to President Bush, as well, if, as far as you know, you've got an invitation from the Hungarian government for next year for the 50th anniversary of the 1956 revolution? So would you accept this invitation?
[...]
PRESIDENT BUSH: Well, he did extend the invitation, and I appreciate the invitation, because 1956 means a lot to a lot of Americans. A lot of Americans came from Hungary to live here after the '56 incidents. They can trace their history to our country because of those -- of what took place in Hungary. Plus, a lot of Americans followed the incidents in 1956, and appreciated and respected the courage of folks who were willing to stand up for freedom and liberty.
See, 1956 says to us, there are key moments in history when ordinary citizens are willing to defend the right for all to be free. And so it's an important event. I told the Prime Minister, I'm not my own scheduler. I will pass the word on how important this event is, and I will look very carefully at the invitation.
Fonte: Whitehouse.org, via First Draft.
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