lunedì, luglio 04, 2005

Burnt on the 4th of July

"È strano che il Congresso abbia approvato un disegno di legge che proibisce di bruciare la bandiera la stessa settimana in cui è stato confermato l'uso del napalm in Iraq da parte dei soldati americani. Apparentemente, ridurre in cenere gli iracheni va bene, ma non va bene bruciare un pezzo di stoffa tricolore."
Mike Whitney, in Show your Independence on the 4th; Burn a Flag.

Il Live8 con parole non mie

Oh, già, e poi c'è stato il Live8. Vi risparmio la tirata, anche perché K-Punk lo dice meglio:

"La Restaurazione che è in corso da vent'anni fu inaugurata da tre non eventi: il Live Aid, il crollo del Muro di Berlino e la prima Guerra del Golfo.
Nessuna di queste cose è accaduta. Anzi, la loro apparizione sugli schermi mediatici mondiali segnò l'inizio di una nuova era, un'era in cui niente sarebbe successo, mai più.

Il Live Aid era l'anti punk, il suo ricatto ideologico esigeva che rinunciassimo all'estetica e alla politica. Se il post-punk aveva chiesto e per un breve momento aveva ottenuto tutto - innovazione sonora e/in quanto insurrezione politica - il Live Aid ci convinse che in uno stato di emergenza queste pretese eccessive dovevano essere sospese. Queste pretese si stavano già affievolendo, ma il Live Aid colse il clima e catalizzò una nuova ideologia di benessere conformista che ci fu venduto come Realismo Capitalista. Misuratevi con ciò che è possibile.[...] Mangiate un hot dog, cantate assieme a Freddy "Sun City" Mercury, salvate il mondo. Ora il pop non è altro che intrattenimento (ma come, vi ricordate forse un tempo in cui non era così?), e l'intrattenimento fa parte di una sinergia multinazionale, è il far soldi con un nuovo volto altruista. [...] il super-io postmoderno dice: divertiti, per il bene di tutti. [...]

Sono passati vent'anni ed è chiaro che cedere a quel ricatto non ha portato quasi a nulla. L'impatto sull'Africa è stato minimo. Ma l'impatto politico culturale qui è stato immenso, [...] una sistematica subordinazione di ogni aspetto della vita a banale spettacolo. [...] Dovete chiedervi: un mondo che ha reso famosi gli Snow Patrol merita di essere salvato? E ancora gli U2 - sempre gli U2. I pii sacerdoti dell'anti-punk. Il Suono della Restaurazione. Pathos inneggiante. Niente succederà finché gli U2 non saranno distrutti, distrutti definitivamente. Finché non sarà molto più imbarazzante e vergognoso amare gli U2 di quanto lo sia mai stato amare gli Emerson Lake and Palmer e i Pink Floyd."

domenica, luglio 03, 2005

Robe degli altri mondi (attenti allo spoiler)

Al cinema. Sullo schermo, dialogo tra padre e figlio a bordo dell'unica auto funzionante in città, mentre i treppiedi giganti si danno da fare per polverizzare New York e i suoi abitanti:
– ma chi sono, papà, terroristi?
– no!
– da dove vengono?
– non lo so!
– dall'Europa?
Con queste premesse, non mi aspettavo che il ragazzino problematico e rompiballe riuscisse ad arrivare fino alla fine del film. E invece ci arriva prima di Tom Cruise e prendendo la strada difficile. C'è da dire che almeno lui non rimane bloccato per mezz'ora in uno scantinato allagato con Tim Robbins (la parte inutile del film) a schivare subdole sonde aliene che si rivelano poi distruggibilissime a colpi d'accetta.
Quando Spielberg fa così (e io trovo che lo faccia quasi sempre) mi ricorda il Milan contro il Liverpool nella finale di Champions.

venerdì, luglio 01, 2005

La catapulta e la propaganda

"Credo che il popolo americano dovrebbe capire che non c'è una soluzione rapida al problema che ci troviamo ad affrontare laggiù. Non vorrei profetizzare o predire se sarà una questione di mesi o di anni o di decenni. Non avevamo, che io sappia, una tabella di marcia per vincere la prima guerra mondiale. Penso che nessuno sapesse veramente se ci sarebbero voluti 2 o 4 o 6 anni per uscire vittoriosi dalla seconda guerra mondiale. Io sono convinto che la nostra causa sia giusta. Sono convinto che il nostro scopo e i nostri obiettivi siano indubitabili".

G. W. Bush?
Donald Rumsfeld?
No, Lyndon Johnson, a proposito della guerra in Vietnam.
Citato da Tom Engelhardt, qui.

Engelhardt fa alcune considerazioni sul recente breve discorso di Fort Bragg: Bush ha usato le parole "perdita" e "perdere" sette volte; "prevalere" due volte; "vincere", "vinto", "vittoria" e "trionfo" neanche una volta. L'Iraq è stato nominato 91 volte e l'Afghanistan solo due (nonostante la fresca notizia dell'abbattimento dell'elicottero americano). Gli uomini di Bush sanno leggere i sondaggi, e tra i pochi numeri a favore del presidente c'è quel 52% di americani che ancora ritiene che stia gestendo bene la 'guerra al terrore'. Nel discorso a Fort Bragg Bush è riuscito a mettere insieme gli attacchi dell'11 settembre, la guerra al terrore e la guerra in Iraq. La data 11 settembre è stata nominata 5 volte; le parole "terrore", "terrorismo", "anti-terrorismo" e "terrorista" sono state usate 35 volte (o circa una ogni 100 parole).

Sarà questo che intende Bush quando parla (facendo alla grammatica quello che le truppe americane stanno facendo agli iracheni, talvolta ricambiate) di "kind of catapult the propaganda"? (copiate questo indirizzo nella barra del browser per ascoltare: http://mirumir.altervista.org/propaganda.mp3)

giovedì, giugno 30, 2005

I scream you scream we all scream for ice cream

Non solo hanno di che vestire e un alloggio.
Non solo ricevono gli articoli igienici di prima necessità.
Ma hanno anche la possibilità di fare esercizio fisico e ricevono cure mediche e odontoiatriche eccellenti (superb).
E poi, quando si tratta di maneggiare un Corano, la guardia si mette i guanti di lattice e afferra il libro saldamente con entrambe le mani.
Ma questo è niente.
Il Brigadier Generale Jay Hood, che dirige il parco divertimenti di Guantanamo, ha detto:
"far from torturing prisoners, ice cream and candy bars are sometimes used to induce them to give up information".
Altro che torture, a volte negli interrogatori si usano gelati e barrette di cioccolato per convincere i detenuti a collaborare.
Chiudere Guantanamo, dopo tutti quei soldi spesi in medici, dentisti, guanti di lattice e variegato al caffè (non riesco a togliermi dalla mente una versione yanqui del barattolino Sammontana)?
La gente è pazza.

mercoledì, giugno 29, 2005

Qualche minuto di trip iraniano

Oggi Chiara mi ha spedito il link a questo articolo sulle elezioni nella Repubblica Islamica, dandomi uno spunto molto valido per mettere insieme un po' di idee sull'argomento.
Sì, questo è il momento giusto per abbandonare il blog se il trip iraniano non interessa.
Altrimenti,

Mettetevi comodi
Ahmad Rafat dice varie cose molto interessanti: in primo luogo, il vero vincitore di queste elezioni non è Mahmoud Ahmadinejad ma l'Ayatollah Seyyed Ali Khamenei, il leader spirituale della Rivoluzione Islamica; "parlare di Ahmadinejad come vincitore delle elezioni significa non aver capito le contraddizioni iraniane", e Rafat spiega bene perché.
C'è poi una seconda importante considerazione che ci tocca da vicino, quella sul ruolo della politica europea, che "ha contribuito non in modo indifferente alla sconfitta del riformismo e alla vittoria del radicalismo nella Repubblica Islamica":
"La scelta della questione nucleare come l'arma di pressione sulla Repubblica Islamica, quando l'80 per cento degli iraniani, sostenitori di questo regime e dissidenti, rivendicano il diritto del loro paese a possedere non solo la tecnologia atomica ma anche la bomba nucleare, è stato l'altro grande errore dell'Occidente. Nessuno, salvo rare eccezioni, dentro e fuori del paese si è schierato in questa campagna sul nucleare a lato dell'occidente. Il discorso sarebbe stato del tutto diverso, se l'Europa avesse scelto il rispetto dei Diritti Umani come arma di pressione sul governo di Teheran. Dal Premio Nobel, Shirin Ebadi, alle organizzazioni dei giornalisti iraniani dentro e fuori dell'Iran, tutti avevano avvertito i paesi europei sul rischio di fare del dossier nucleare iraniano una bandiera. Il diritto di possedere tecnologia nucleare, pacifica o non, ha unito gli iraniani favorevoli e contrari al regime. Quando i paesi vicini o addirittura confinanti con l'Iran possiedono armi atomiche, non è facile convincere gli iraniani che loro devono essere privati di questo stesso diritto."

Mettetevi un po' più comodi, accendete il ventilatore
L'errore di percezione non è stato solo degli europei. Insomma, i blogger iraniani si sono sbagliati alla grande. Che abbaglio, gente. Vi ricorda qualcosa?
Come scrive Nema Milaninia, nel seguire le elezioni iraniane i mezzi di comunicazione in lingua inglese hanno scoperto il weblog iraniano e una società ben più complessa di quanto avessero immaginato. È vero che i blogger iraniani sono un esempio importante della natura sfaccettata della cultura e della politica del loro paese. Ma è anche vero che sono stati sorpresi e smentiti dai risultati delle elezioni.
Secondo Milaninia le elezioni hanno dimostrato quanto limitata e fuorviante sia la prospettiva di blogger e giornalisti. Ci sono quasi 100,000 weblog scritti in Farsi, e più di 5 milioni di utenti Internet in Iran, su una popolazione di 70 milioni. Sono numeri significativi, ma resta il fatto che la grande maggioranza degli iraniani non possiede un accesso a Internet: "Piuttosto, come accade in molti altri paesi, i blogger rappresentano le idee di un gruppo demografico molto limitato: individui benestanti e comunque privilegiati che hanno già accesso a fonti di informazione straniere indipendenti".
Il successo di Ahmadinejad dimostra che lo scontento tra i poveri, tra i militari, tra gli operai e i contadini è più potente del previsto ("l'altra volta ho votato Khatami sognando la libertà, questa volta ho scelto Ahmadinejad per arrivare a fine mese", commenta un impiegato nell'articolo di Rafat).
Insomma, i blog sono uno strumento potente in Iran. Però la loro prospettiva è limitata.

Nei giorni scorsi ho letto un commento a un post che già di per sé è interessante (soprattutto perché pone l'accento sul rischio di disumanizzare le parti della popolazione iraniana più povere e più religiose, attribuendo alla loro mancanza di coscienza politica e di istruzione il successo di Ahmadinejad: una disumanizzazione sulla quale il regime dello Scià prosperava, e il regime dello Scià non ha bisogno di esser qui commentato).
Eccolo, il commento:
"Penso che uno dei problemi sia che dopo esser stati seduti davanti a uno schermo per ore e ore ci siamo dimenticati che là fuori esiste un mondo vero abitato da gente vera. Chi sono i 17 milioni che hanno votato per Ahmadinejad? Non li ho mai incontrati in internet o nei caffè chic che frequento? Forse la prossima volta dovremmo comprare 17 milioni di computer per tutti quelli che hanno votato Ahmadinejad. Dovremmo anche fornir loro stuzzichini, cappuccino, scones e tutta quella roba alla moda che mangiamo nei nostri caffè. Forse all'inizio non li gradiranno, ma poi ci faranno l'abitudine. Poi possiamo vestirli con abiti di marca e far loro visitare i weblog progressisti. Questo dovrebbe insegnar loro quelle belle idee come libertà, democrazia e libertà di stampa. Forse così potrebbero dimenticare la povertà, la disoccupazione, l'ineguaglianza, ecc. Potrebbero perfino dimenticare che vivono in una baracca, senza lavoro e senza futuro.
L'alternativa è spegnere i computer e cercare di vedere perché 17 milioni di persone hanno scelto Ahmadinejad. Servono solo un po' di apertura mentale e un po' di coraggio".

martedì, giugno 28, 2005

Due sullo Skydiver

"It's just lucky for her that an alien came through that door instead of her husband" Ed Straker, ep. The Square Triangle.

– Ma tu lo sapevi, del comandante Straker?
– No, cosa?
– È morto.
– Ma me lo devi dire così?
– Eh.
– Io ero innamorata di Paul Foster, l'alter ego belluomo.
– Ecco, la cosa strana...
– Eh?
– È morto anche lui, un paio di giorni prima.
– Foster.
– Comunque Freeman è ancora vivo.
– Bene.
– Credo.
– Fermiamoci qui, prima che tu mi dica che abbiamo anche perso la guerra con gli Ufo.
– Piuttosto, mi sa che lo Skydiver è appena entrato in riserva.
– Terrò presente.

lunedì, giugno 27, 2005

Bio esiste

Mi risveglio per due minuti dal torpore per ricordare che se la Triestina resta in B è anche merito della tolleranza zero di quest'uomo.

Erano gli inizi di giugno:



Oh, ha funzionato.

venerdì, giugno 24, 2005

Allegri tropici

Stanno bene, mangiano bene, hanno tutto quel che vogliono... e vivono ai tropici!

"They're living in the tropics. They're well fed. They've got everything they could possibly want. There isn't any other nation in the world that would treat people who were determined to kill Americans the way we're treating these people."
Dick Cheney a proposito dei detenuti di Guantanamo.

Invece

È che – come prima cosa – non siamo in tanti.
Alcuni poi negano di esserlo, o di esserlo mai stati.
Poi molti di noi hanno una vita, un lavoro, e questa cosa la devono fare rubando tempo a tutto il resto. Portiamo avanti quello che hanno fatto i nostri padri e i nostri nonni, a volte anche le nostre mamme.
Anche oggi: dovrei lavorare.
E invece devo andare a buttar giù un paio di bambini dalle scale.
Magari uno di questi crescerà, farà i soldi e poi diventerà Presidente del Consiglio.

mercoledì, giugno 22, 2005

Doublespeak

Un appello: la prossima volta che mi propongono di occuparmi dell'edizione degli atti di un convegno e io sono tentata di accettare, sopprimetemi. Soprattutto se ci sono di mezzo istituti superiori, università, megalomani e psicopatici generici. Di gente che scrive po' con l'accento ce n'è in giro più di quanto credessi, e non sono disposta ad accettarlo. Comunque sempre meglio di quelli che scrivono più con l'apostrofo, o quelli che in Word vanno a capo come ai tempi dell'Olivetti lettera 35 (ci resteranno male, quando non sentono un bel "ding!" a fine riga?). Quelli che scrivono vieppiù.
Eccetera eccetera.

Lusky tempo fa aveva scritto un post sul doublespeak che elaboriamo con astuzia e istinto di sopravvivenza nei rapporti di lavoro: frasi vaghe che aprono una possibile via di fuga, dando all'intelocutore l'impressione di essere ascoltato e - in una certa misura - capito, o perfino esaudito.
Ecco il mio doublespeak.
Però dopo l'estate cambio vita, giuro, perché mi sento ridicola a imbottirmi di integratori multiminerali multivitaminici per la prima volta dai tempi della maturità (e quella volta si chiamavano ancora ricostituenti).

Il modesto
Certo, il testo sarà da rivedere.
Qua e là (lasciamelo per un weekend e te lo distruggo)

L'absolute beginner

Questa foto l'ho ritoccata io, si nota?
Ma davvero? (vedo che hai appena imparato a usare tutti i filtri di Photoshop)

Il ladro
La risoluzione non dovrebbe'essere male, no?
Insomma (75 dpi, tu lo sai e lo so io: l'hai rubata su internet)

Il naif
Ma come, la risoluzione a schermo e quella per la stampa sono diverse?
Possiamo sempre ridimensionare l'immagine (lo vedi questo francobollo, cocco? se la sostituissi con la foto formato tessera di mia suocera non se ne accorgerebbe nessuno)

L'illuso/1
È ancora possibile aggiungere un paragrafo qua e là?
Vediamo (escluso)

L'illuso/2
È arrivata la relazione del prof. X: facciamo ancora in tempo a inserirla?
Facciamo il possibile (per inserirla nel distruggidocumenti)

Lo psichedelico
Sarebbe bello avere un po' di colore.
Vediamo come cadono i sedicesimi (sognatelo)

L'incosciente
Ma si può ancora passare dal 17x24 a un formato superiore?
Come dice? (ti sto dando il tempo per essere fuori di qui tra sessanta secondi, poi probabilmente ti farò a pezzi)

Il suicida
Dicevo, si può ancora passare dal 17x24 a un formato superiore?
Essendo già alla prima bozza, è un po' difficile (sto effettivamente per farti a pezzi)

L'ansioso
Qual è la scadenza per la consegna del materiale?
Lunedì (tra un mese)

Il creativo
Per le correzioni ho usato penne di colori diversi.
Ha fatto proprio bene a dirmelo (pensavo di essere finita in una puntata di Art Attack)

Pantone mon amour
L'immagine scontornata in copertina...
Sì?
Meno seppia.
Ah (meno seppia. Gesù)

L'ottimista
È stata una riunione molto costruttiva.
Molto (meno di un pomeriggio alla bocciofila, comunque)

L'adulatore
Però, che lavoro creativo!
In un certo senso (meno di zero)

L'entusiasta
Avremo certo occasione di lavorare ancora insieme!
Ma certo (ho dato precise istruzioni di sopprimermi, comunque; dopo la mia morte la mia tribù attaccherà la tua tribù, e ci sarà da divertirsi per generazioni)

lunedì, giugno 20, 2005

I preti sognano campane elettriche

Il battesimo di Michele Giacomo è filato liscio, merito di un Michele Giacomo straordinariamente composto e di partecipanti eccezionalmente disciplinati, disposti a scandire all'unisono una serie di "rinuncio!" e "credo!" da far invidia a una convention di Forza Italia. Il petit a forza di sentirsi tracciare segni della croce sulla fronte e di farsi aspergere di ingredienti benedetti come un'insalatina gentile si è solo un po' innervosito.
E siccome non c'era da cantare, io mi sono lasciata distrarre dagli affreschi romanici e dal più molesto pensiero del pane chiuso nel bagagliaio sotto il sole.
A cerimonia finita, il parroco ha calato l'asso:
"E adesso faccio anche suonare le campane, visto che sono elettriche".
E via con un dj set che ha stordito tutta Summaga.

Mai credere a D. quando dice: "ci saranno trenta-trentacinque persone, ma il pane fallo per dieci". Che fanno gli altri venti-venticinque, giocano a chi arrotola meglio il San Daniele sulle patatine? E poi, come previsto, JC non si è fatto vedere (il caldo, i playoff di B, il Bossi Umberto da miracolare) quindi la moltiplicazione era esclusa.
In breve, il pane era tanto, gli invitati apparentemente contenti.
Naturalmente il padrone di casa è stato di parola:



Che soddisfazione.

Nell'afa del dopopranzo Mik dormiva sul divano, protetto dall'ombra fresca del salotto; penso che sognasse la mamma, con tenerezza e concentrazione.

giovedì, giugno 16, 2005

Il buon pane del Mulino Rosso

Io ai battesimi e ai matrimoni religiosi sono una mina vagante. C'è sempre il pericolo che faccia qualcosa di sbagliato, che mi accodi a un'altra sfilza di invitati, che faccia incavolare il prete perché stono l'alleluia o al contrario esaspero il labiale. Ecco perché gli amici mi trovano sempre qualcosa da fare: vogliono tenermi occupata. Domenica mattina si battezza il piccolo Mik, con festicciola e rinfresco nel giardino di casa, e B. e D. devono essersi detti:
– la madrina è fuori discussione, ché è comunista;
– affidarle la bisnonna, no, perché è capace di sfinirla con la condizione della donna nell'Ottocento o con i canti delle mondine;
– farle fare le foto, no, perché poi finiamo tutti su Flickr.
Insomma, qualsiasi cosa, ma teniamola lontana dal bambino per carità.
Possiamo chiederle di fare il pane. (competenza, questa, assai sopravvalutata, n.d.a.).
E così me l'hanno chiesto con grande delicatezza:
"Ci farebbe molto piacere se tu potessi fare il pane."
"Solo se posso fare anche le ostie della comunione."
"No, non puoi fare le ostie della comunione, quelle possono farle solo le suore."
"Io sono una suora laica zapatista."
"Ecco."
"Va bene, lo faccio. Ma solo se piantate sulla statale un cartello con su scritto 'degustazione pane del Mulino Rosso, km 1'."
"Si può fare."
Così faccio il pane. È una settimana che faccio pane, che poi surgelo: classico, integrale, con i cereali, con i semini di papavero, con il sesamo, con le olive, con il rosmarino. Impasto e rivedo testi, correggo bozze, controllo vedove e orfane, faccio postscript, distillo pdf e ogni tanto dimentico anche il pane in forno. Dopo due giorni di trambusto, il giudizioso signor G. ha imparato ad aprirsi le scatolette da solo.
Il capricorno sconsolato e un po' isterico che è in me vorrebbe che questa roba bastasse per tutti gli invitati, ma chi lo sa.
"D., ma dopo il battesimo si ferma anche quel vostro amico?"
"Ma chi?"
"Il Gesù Cristo."
"..."
"Dicono che con il pane fa miracoli."
No, nemmeno io mi sopporto, a volte.



Disclaimer per B. e D.: d'accordo, niente di tutto questo è vero, a parte il battesimo, il labiale, il pane, la bisnonna, le bozze, la preoccupazione del signor G. e l'invocazione allo special guest dalle decantate facoltà paneplastiche. La schiacciata al rosmarino nell'immagine è - naturalmente - vera. Se le ostie sapranno di poco, non venite a piangere sulla mia spalla. E ricordatevi il cartello sulla statale.

mercoledì, giugno 15, 2005

Cronache della città di G./Via Ignota 99999

Al Comune di Gorizia sono riusciti a calcolarmi l'Ici e a spedirmi il bollettino compilato anche se, a legger bene...



E così, adesso non ho solo un nickname, ho anche un nickaddress.

martedì, giugno 14, 2005

I lordi astenuti

Sono le otto di sera di martedì e nemmeno io sono ancora riuscita a trovare uno che ammetta, senza abbassare lo sguardo, di essersi astenuto. Eppure le percentuali parlano chiaro, e indicano una sola cosa: me la stanno raccontando. Magari quando mi allontano è tutto un darsi il cinque ed esibirsi in coreografie di giubilo, non lo so. Magari in questo momento stanno tutti in parrocchia a festeggiare alle mie spalle con elaborati balli di gruppo.
Eppure qua nella città di G. la percentuale non è stata neanche male, 37,7%.
E io infatti domenica mattina ho notato un bel sciamare operoso nella mia sezione, la scuola media statale Ascoli-Favetti. L'entusiasmo si è un po' ridimensionato quando mi sono accorta che avevano affisso i risultati degli scrutini (ecco il perché di tante coppie ingrugnite con bambini al seguito), però di gente che andava a votare ce n'era lo stesso.
Diciamo che i goriziani avevano un motivo in più per uscire di casa: lo smaltimento di qualche sacchettino. Insomma, prima di arrivare al seggio quasi tutti (me compresa) ne hanno approfittato per la loro piccola via crucis: qua la plastica, qua la carta, qua il vetro, qua le latte, qua in questo angolino il non si sa. E via così, per lo più a coppie, con la tessera in una mano e un sacchetto colorato nell'altra. Il 37,7% civile, quello lindo ed educato che sa dire sì e no, e magari anche grazie. Il restante 62,3%, intanto, si dava da fare per riempire i cassonetti altrui di resti non differenziati. I lordi astenuti, quelli che non dicono né sì, né no, ma solo "non sono stato io".
Ne vorrei trovare almeno uno, vorrei che mi guardasse negli occhi e che mi dicesse "io non ho votato al referendum". E così forse almeno saprei chi è il maledetto che mi ha piazzato quella brandina sfondata nel cassonetto del secco.

Il ministero dei troll della repubblica

Commento di Anna al post qua sotto:
comunicazione ufficiale.

a bananalandia non è concesso accendere il cervello a più di un cittadino su quattro alla volta, sennò si rischia il sovraccarico e torna il black out come due anni fa. mi spiace non vi avessero informato, sareste potuti andare al mare, o al cinema, o a picchiare un immigrato. la stampa comunista non diffonde queste leggi illuminate base del viver civile.

alla prossima, creduloni.

il ministero dei troll della repubblica

lunedì, giugno 13, 2005

Tutte le amarezze, qui

Ancora la storia del fiocco di neve e della valanga.

Il quesito era complesso, la questione delicata; c'è chi ne ha fatto un problema di fede cattolica; chi ha seguito indicazioni di partito o di parrocchia; chi ha ubbidito a una coscienza improvvisamente desta ed esigente; chi è andato al mare; chi aveva altro da fare; chi si è dimenticato; chi voleva fare un dispetto; chi ha pensato che non lo riguardasse; chi ha creduto che non servisse a niente.

Comincio davvero a pensare che in Italia ci sia qualcosa che non funziona: nell'informazione, nella capacità di mobilitarsi e di impegnarsi con costanza, di attivarsi, di partecipare, di credere fermamente in qualcosa, di opporsi fermamente a qualcosa con mezzi democratici.

Insomma, una percentuale intorno al 26% va bene per uno share televisivo, non per un referendum su una questione così importante (e anche ammettendo che il tema della procreazione assistita coinvolga solo da una piccola percentuale della popolazione, il quesito che riguarda la ricerca scientifica sulle cellule staminali di origine embrionale dovrebbe essere faccenda di tutti, credo).
Magari è un problema di modalità. Se per esempio fosse stato possibile votare da casa, davanti alla tv, con una Barbara D'Urso basculante in push-up e tacchi a spillo che avesse dichiarato aperto il televoto, forse il quorum lo avremmo raggiunto. Se qualcuno non si fosse distratto durante la televendita.

Resta l'impressione di una sconfitta generalizzata, la sensazione di vivere in un paese che da oggi mi piace ancora meno e di cui mi fido poco, un paese di astenuti innafferrabili e spensierati.

In una valanga nessun fiocco di neve si sente responsabile.

Per gli insulti, le amarezze e gli scatti di rabbia accomodiamoci pure nei commenti.
Se ve la sentite, potete anche tentare di picchiare qualcuno.
Però da domani ricominciamo a prendercela con le valanghe.

giovedì, giugno 09, 2005

The solid waste land/2

È successo quello che si temeva:



e anche un pizzico di imprevedibile:



Giorno 4.
Qui a G. siamo ancora sepolti sotto le vecchie immondizie, conferite un po' ovunque, come capita capita, in grandi cumuli.
Noi si sperava di morire di qualcosa di nuovo, di una di quelle malattie moderne indice di benessere, di troppe lampade abbronzanti e di cibi troppo grassi, o dell'ultimo grido in fatto di epidemie esotiche.
Invece finirà che ci prenderemo il buon vecchio colera, come ai tempi di Carlo X.

mercoledì, giugno 08, 2005

Agenzia Walrus/I pazzi rumeni

Mi mancavano, le improbabili notizie di Ananova sugli stravaganti e ingegnosi balcanici.

Crolla il tetto al Ministero dell'Agricoltura e in Romania chiamano l'esorcista. "Abbiamo cercato di capire da dove venisse tanta sfortuna, e ci siamo resi conto che erano anni che un prete non metteva piede in questo ministero; e poi l'ultimo governo non aveva un rapporto particolarmente stretto con Dio".
E così Padre Deheleanu si è presentato con i ferri del mestiere per cacciar via gli spiriti maligni; già che c'era, gli hanno anche chiesto di pregare per il prossimo raccolto.

Se il prete dimostra di sapere il fatto suo, mi sa che quelli di AN lo chiamano per un lavoretto sul Ministro degli Esteri.

lunedì, giugno 06, 2005

The solid waste land

Da oggi la città di G. inaugura la raccolta differenziata dei rifiuti: umido, secco residuo e riciclabile monomateriale. In breve, un discreto numero di contenitori, di bidoncini e di sacchetti. Umido, secco, vetro, plastica, alluminio, carta. Non ho contato le bombolette spray, i medicinali e le batterie. E si può sapere perché nessuno parla mai del legno?
Il capricorno classico (e anche a non voler credere all'oroscopo io nella mia vena migliore sono un incrocio tra quella rompicoglioni di Mafalda e la tipa repressa di Sesso, bugie e videotape, che si chiede di continuo che fine facciano le immondizie) di fronte a tanta logica è anche disposto ad esaltarsi. Insomma, io credo che la raccolta differenziata sia preferibile al mismas indistinto, ma è ovvio che se lo mettono in pratica anche gli altri (anzi, l'intero comune, l'intera provincia... riempire gli spazi vuoti a piacere, chiudendo con Via Lattea, Universo) è molto meglio.

Non è che molti goriziani la pensino come me. Perché qua Venezia Giulia, è, mica Alto Adige. La Nizza austriaca si limitano a sognarla, come remoto e vago ideale di decoro (cioè, rose e violeciocche nei controviali di Corso Italia, stop).
Si è parlato di multe, di sacchetti restituiti al mittente perché non conformi: uno si immaginava già di rientrare a casa con il carico maleodorante sotto gli sguardi curiosi dei condomini ("lazzarone, voleva buttar via le lampadine rotte con i gusci d'uovo! Lo so io cosa ci vorrebbe per quella gente lì!"). E poi: le possibili delazioni, la paura che certi se ne andassero in giro di notte a insozzare i cassonetti altrui. Sono preoccupazioni.
Perché in fondo il goriziano ha due paure: la multa e il pensiero che la sua città possa trasformarsi in una sconcia bidonville, con i sacchetti delle scovazze (come le immondizie sono chiamate almeno in tutta la Venezia Giulia) che galleggiano nei canali di scolo dopo i temporali estivi. Insomma, addormentarsi nella Nizza austriaca e svegliarsi alla periferia di Calcutta, autentico disdoro.
Per fortuna fino a dicembre non ci saranno le multe, così abbiamo tutti il tempo per sbagliare e abituarci con comodo (i capricorni classici per quella volta avranno raffinato un processo di separazione complicatissimo, magari per colore).

Però i goriziani non l'hanno presa troppo bene.
Ci sono quelli che in questi giorni hanno svuotato la casa, l'esatto contrario dell'approvvigionamento in tempo di guerra: qui si è fatto a gara nell'eliminare i fondi di magazzino, le robe da gettare e che oh mio dio dove potrò buttarle d'ora in poi (con tutta calma all'isola ecologica, ovviamente, ma spiegaglielo tu se sei capace)? E così dai cassonetti sofferenti spuntano finti baobab, vecchie scarpe da clown, tutti i volumi dell'enciclopedia Conoscere, mobiletti in stile svedese, faretti colorati e sfere stroboscopiche, parrucche biondo cenere, radioline a transistor, zoppicanti calciobalilla, scarti di fusilli Barilla dell'86, termometri galileiani, pantofole ciarnielle sfondate, dischi di Miguel Bosè, il puledro in marmo di Carrara scala 1:5 donato dalla zia Sofia, annate dispari dell'Intrepido e del Monello.
E poi ci sono gli allarmisti totali: quelli che evocano foschi scenari di anziani sepolti dalle immondizie e di bambini rosicchiati fino all'osso dalle pantegane, e già ipotizzano l'astuzia definitiva. Eh, sì: qui si parla insistentemente di "viaggi delle scovazze", la risorsa estrema.
Insomma, la sera si buttano i sacchetti in macchina e si va a seminarli a Nova Gorica e dintorni, sconciando la perlopiù verde Slovenia.
Farebbe quasi tenerezza, questa improvvisa insicurezza ambientale dei goriziani, questo eccesso di zavorra non riciclabile. Viene da ripensare a quando si tornava dalla Jugo con la carne nascosta sotto i sedili, mentre ora il problema è costituito dagli inestinguibili avanzi del goulasch di mezzogiorno.
Farebbe quasi tenerezza, dicevo, se non si trattasse di losca e illecita esportazione di pattume. Forse sentirete ancora parlare di noi.

domenica, giugno 05, 2005

Il sentiero dello zio

Non so se chiamarlo "L'equivalente iracheno del sentiero di Ho Chi Minh" sia beneaugurante per gli americani, visti gli esaltanti precedenti.

sabato, giugno 04, 2005

Mishandle with care

Allora sì, è effettivamente successo che l'urina delle guardie di Guantanamo e alcune copie del Corano si siano incontrate in questa vita. Ma, calma: certe volte è accaduto intenzionalmente, altre volte per puro caso.
Per esempio: una guardia stava urinando proprio vicino a una ventola, la corrente d'aria ha mandato gli spruzzi nella ventola, che li ha spediti dentro una cella; il detenuto ha poi ricevuto un'uniforme pulita e un Corano nuovo, e la guardia è stata punita.
Un'altra volta le copie del Corano dei detenuti si sono bagnate perché le guardie del turno di notte hanno lanciato dei palloncini pieni d'acqua nelle celle. Tirare gavettoni è cattiva condotta, non maltrattamento di libro sacro.
Su un'altra copia è stata trovata una scritta oscena (due parole, in lingua inglese), ma gli investigatori non sono riusciti a stabilire se il colpevole fosse una guardia o un detenuto. Ripeto: due parole, in lingua inglese.
E poi c'è il caso di un marine che nel 2002 si accovacciò in modo aggressivo, ma "involontariamente", accanto al libro. E a volte è capitato pure che qualcuno ci abbia camminato sopra. Per sbaglio, certo.
Queste sono le dichiarazioni del Pentagono sui fatti di Guantanamo pubblicate sul New York Times.

"They have a right to do anything we can’t stop them from doing". "Hanno il diritto di fare qualunque cosa che non possiamo impedir loro di fare".
Questo invece è il Comma 22, dal romanzo di Joseph Heller, capitolo 39.

giovedì, giugno 02, 2005

duegiugno

Stamattina il cronista di RaiUno, commentando la popolarità della banda dei carabinieri, ha ricordato la sua esibizione in occasione del "Columbus Deus".
Che bei momenti.

martedì, maggio 31, 2005

Low cost, no frills

Se vogliono convincervi a prendere un charter della Aero per l'Egitto, per l'Afghanistan o per l'Uzbekistan, ricordatevi che probabilmente volerete gratis, poi però la CIA vi vorrà torturare.

lunedì, maggio 30, 2005

The land of opportunity

Come fanno gli agenti dell'FBI a scoprire eventuali terroristi? Si travestono da terroristi.
E fin qui.
Il signor Ron Grecula, sessantotto anni, inventore da strapazzo, non nascondeva a nessuno il suo disprezzo per gli Stati Uniti. "Non ho alcuna lealtà nei confronti dell'America", lo avevano sentito dire. Ce l'aveva con l'FBI che lo aveva arrestato per il rapimento dei suoi due figli, e ce l'aveva anche con la politica estera del governo.
Così, quando si è ritrovato in una stanza d'albergo di Houston con due presunti terroristi (leggi: agenti dell'FBI), e loro gli hanno chiesto se ci sarebbe stato a costruire una bella bomba, lui deve aver risposto "Cazzo, sì". Dopotutto, l'America se l'era cercata.
Poche ore dopo il signor Grecula stava già in cella. Grazie alle misure di sicurezza messe in atto dopo l'11 settembre, potrebbe essere condannato a 15 anni di carcere.
Gli amici e i vicini di casa sono scettici: secondo loro "il professore" (così chiamato per le sue idee sulle fonti di energia alternative) non rappresenta una vera minaccia. Una parola tira l'altra, uno si lascia prendere e poi si trova a parlare di quanto gli piacerebbe costruire bombe enormi.

Conosco insospettabili che dopo il terzo bicchierino riabilitano le Brigate Rosse.
Gente che dopo mezz'ora in fila alle poste e un solo addetto agli sportelli inneggiano agli anarco-insurrezionalisti.
Persone che ce l'hanno con il governo, con la suocera o con il commercialista e che sognano suggestive combinazioni di tralicci ed esplosivi.
Persone che ce l'hanno con l'America, con Berlusconi, con la guerra all'Iraq, con il lavoro flessibile, con il capitale e anche con i mondiali a Sky, e ne parlano mentre stanno in coda alla cassa dell'iper.

Evitare, se possibile, gli Stati Uniti.

sabato, maggio 28, 2005

Twenty-four little hours

Si è rotto il rubinetto del lavello del bagno.
Non solo.
Un pezzo di rubinetto è caduto nello scarico del lavello.
Avevo bisogno di qualcosa per tirarlo fuori di lì.
Quel qualcosa poteva stare sopra il mobiletto dei medicinali.
Ma io sono alta uno e sessanta, che storie.
Allora sono salita sul coperchio del water.
In bagno c'è il soffitto mansardato. Si mansarda proprio all'altezza del water, anzi. Se sei alto uno e sessanta più un water, sei spacciato.
Ho battuto la testa.

Poi mio padre mi ha aiutato a cambiare il rubinetto.
È stata una cosa lunga e leggermente scoordinata.
Alla fine ho pulito tutto e ho buttato asciugamani e tappetino in lavatrice.
Mezz'ora dopo mio padre ha telefonato per dirmi che un paio di pinze mancavano all'appello, e di vedere se stavano da qualche parte.
Le pinze erano con il tappetino, a farsi un giro in lavatrice.
Adesso ho un nuovo rubinetto (75 euro), e funziona benissimo.
Però la lavatrice fa uno strano rumore.

Ho poi avuto una serie di lunghe conversazioni con mia suocera. Mia suocera è tipo da distruggerti in un pomeriggio e in assoluta buona fede 10 anni di analisi, e in più rischi di ritrovarti con qualcosa che non avevi prima, tipo paura degli spazi aperti, paura dei luoghi chiusi, un piccolo problema di personalità multipla o il terrore dei folletti Hoover.
Io ho una fantasia: sogno che mia suocera nasconda sotto i vestiti e l'abbondante bigiotteria un minuscolo tastierino alfanumerico su cui sia possibile digitare dei codici segreti per me vantaggiosi.
Tipo:
freccia su freccia giù, freccia su, maiuscolo canc = invisibilità,
freccia sinistra, freccia sinistra, freccia giù; freccia giù = indistruttibilità,
e così via: armi multiple, salto di livello, God mode, o la sfiziosa possibilità del bullett time.
Bisogna tener conto che avevo preso una bella botta.

Mentre stavo stesa sul divano con una busta di fagiolini surgelati appoggiata sulla testa (è la regola: mai che si riesca a trovare dei cubetti di ghiaccio quando ne hai bisogno, soprattutto se hai una voglia irrefrenabile di gin tonic o una commozione cerebrale in corso), riepilogando oziosamente il pomeriggio, scacciando le fantasie sulla suocera (che ormai aveva assunto le proporzioni di Safer Sephiroth nella battaglia finale di Final Fantasy VII) e facendo una checklist dei miei sintomi (vertigini, no; nausea, no; mal di testa, no; perdita di coscienza; no; agorafobia, un po'; paura dei folletti Hoover, un po'), ho pensato:
1. se una soffre di personalità multipla è più corretto parlare di super io o di super noi?
2. la mia love-story con i soffitti mansardati è finita, e d'ora in poi cercherò di evitare come la peste anche le travi a vista e i sottoscala;
3. se sopravvivo a queste ventiquattr'ore senza entrare in coma, pianto tutto e vado al mare.

Cosa sarà una scaglia di pil in meno, a questo punto?
Vivo in un paese di benestanti.

giovedì, maggio 26, 2005

Una leggera brezza


Motivo Dalmata, 1950

"Il vento spazza via le cose, e l'uomo può soltanto esserne travolto. Avrei una bella pretesa se volessi sostituirmi al vento: ci riescono soltanto i grandissimi artisti, come Giorgione, Bellini, Picasso. Sono stati uragani che hanno cambiato il mondo della pittura, che lo hanno trasformato.
Quanto a me, mi accontenterei di essere ricordato come una leggera brezza."

Anton Zoran Music
Gorizia, 1909 - Venezia, 2005

mercoledì, maggio 25, 2005

K2

Bellissimo post di Under The Same Sun, "Come un uomo si trasforma in K2". Le foto ritraggono i marine americani mentre bendano un giovane iracheno e gli scrivono sulla fronte "K2" con un pennarello prima di portarlo via sotto gli occhi della famiglia. Il ragazzo è stato accusato di possedere troppe munizioni per un'arma regolarmente autorizzata.

Le immagini colgono il momento in cui avviene la disumanizzazione: "quell'uomo non è più tale per quei soldati, è un detenuto, un numero, una rappresentazione del nemico, delle persone che sparano contro di loro, delle persone che odiano, delle persone che temono, persone che non sono persone. Può essere bendato, marchiato, umiliato davanti alla sua famiglia e portato via".

"E alcune di quelle persone umiliate e disumanizzate deporranno le loro armi regolarmente autorizzate e prenderanno esplosivi fatti in casa e ci punteranno addosso i loro lanciagranate. Noi raccoglieremo numeri ancora maggiori di persone, le arresteremo, le marchieremo, le umilieremo e le disumanizzeremo.
La domanda che ci sta di fronte è se ci fermeremo prima che i pennarelli si trasformino in tatuaggi."

Forse

Dalla trascrizione di una comunicazione via radio tra soldati israeliani nei pressi di Rafah, striscia di Gaza meridionale, avvenuta nell'ottobre del 2004:

Sentinella: Abbiamo individuato una femmina araba a circa 100 metri sotto la nostra postazione, vicino all'ingresso dei carri armati leggeri.
Quartier generale: Posto d'osservazione "Spain", la vedete?
Posto d'osservazione: Affermativo, è una ragazzina. Ora sta correndo in direzione est.
QG: Qual è la sua posizione?
PO: Attualmente si trova a nord del settore autorizzato.
Sentinella: Zona sbagliata.
[Spari]
PO: Adesso è dietro un terrapieno, a 250 metri dalle caserme. Continua a correre in direzione est. I colpi sono indirizzati su di lei.
QG: State parlando di una ragazza sotto i dieci anni?
PO: Circa dieci anni.
QG: Roger.
PO: PO a QG.
QG: Ricevuto, passo.
PO: È dietro il terrapieno, spaventata a morte, è sotto tiro, i colpi passano a un centimetro da lei.
Sentinella: Le nostre truppe stanno correndo verso di lei. Sono a circa 70 metri.
QG: Quindi il comandante di compagnia e la sua squadra sono fuori?
Sentinella: Affermativo, con alcuni altri soldati.
OP: Ricevuto. Sembra che una delle postazioni l'abbia abbattuta.
QG: Come, hai visto lo sparo? È a terra?
OP: È a terra. Adesso non si muove.
Comandante di compagnia [a QG]: Io e un altro soldato stiamo entrando. [alla Squadra] Avanti, confermare l'uccisione!
CC [a QG]: Abbiamo sparato e l'abbiamo uccisa. Ha... indossa pantaloni... jeans, e una camicia. Aveva anche una kefiah in testa. Confermo anch'io l'uccisione. Passo.
QG: Roger.
CC [a tutti]: Qualsiasi movimento, chiunque si muova nella zona, anche se è un bambino di tre anni, dev'essere ucciso. Passo.

Crimini di guerra forse non è l'espressione esatta. Ma è la prima che viene in mente.

martedì, maggio 24, 2005

venerdì, maggio 20, 2005

A kind of running joke

"He screamed out, 'Allah! Allah! Allah!' and my first reaction was that he was crying out to his god," Specialist Jones said to investigators. "Everybody heard him cry out and thought it was funny."
[...]
"It became a kind of running joke, and people kept showing up to give this detainee a common peroneal strike just to hear him scream out 'Allah,' " he said. "It went on over a 24-hour period, and I would think that it was over 100 strikes."

E poi c'è stato il quarto interrogatorio. Il prigioniero non riusciva più a tenere alzate le mani sulla testa (è stato obbligato a farlo). Non riusciva più a stare accucciato contro il muro per le percosse alle gambe (è stato obbligato a farlo). Poi l'hanno rimesso in piedi e una soldatessa gli ha camminato su un piede scalzo con gli stivali, lo ha afferrato per la barba, lo ha preso a calci sui genitali (si teneva a una certa distanza, poi faceva un passo indietro e gli assestava un calcio con il piede destro).
Poi l'hanno lasciato incatenato al soffitto fino al giorno successivo.
Poi il quinto interrogatorio.
Poi il sesto.
Il coroner che ha eseguito l'autopsia ha detto di aver visto simili ferite in una persona investita da un autobus.

Gli uomini arrestati insieme a Dilawar e spediti a Guantanamo sono stati scarcerati dopo quindici mesi perché "non costituiscono una minaccia per gli Stati Uniti". Ai genitori del prigioniero morto hanno preferito mentire: "Ho detto loro che gli avevano dato un letto. Ho detto che gli americani erano stati gentili perché era debole di cuore".

Del Bagram File parla oggi il New York Times (che sembra aver già individuato l'icona di questa storia di torture - come l'uomo incappucciato lo è di Abu Ghraib: il disegno fatto da un soldato per spiegare come Dilawar veniva appeso al soffitto della sua cella).
Al solito, questo (e altro) materiale è reso disponibile anche sul sito dell'American Civil Liberties Union.

E pensare che hanno costretto il Newsweek a ritrattare la storia sulla profanazione del Corano perché danneggia la reputazione degli Stati Uniti nel mondo islamico.

giovedì, maggio 19, 2005

Ho capito bene?

"On top of it all, ordinary common sense should suggest that flushing a thick book down a toilet is physically impossible, as anyone who has had to live with the sad state of modern, American, low-flush plumbing would know".
"Mainstream-media bombshell", dal Washington Times.

Qui si parla dell'articolo, poi ritrattato, di Newsweek sulla profanazione del Corano a Guantanamo.
Se ho capito bene, ma bene bene bene, si dice che per capire che la storia era falsa bastava pensare al triste stato dei moderni impianti igienici americani, fisicamente impossibilitati a smaltire un libro così grosso.

mercoledì, maggio 18, 2005

Il signor Galloway è andato a Washington

Non se ne è parlato moltissimo, da noi, quindi riassumerò l'antefatto: una commissione del Senato americano presieduta dal senatore Norm Coleman ha accusato il parlamentare britannico George Galloway e l’ex ministro dell’Interno francese, Charles Pasqua, di aver tratto profitto dal programma Oil For Food, che tra il 1996 e il 2003 consentì al regime di Saddam, sottoposto a sanzioni internazionali, di vendere limitate quantità di petrolio per acquistare beni di prima necessità.
Galloway, che Tony Blair ha cacciato dal partito a causa della sua dura opposizione alla guerra in Iraq e che è stato appena rieletto, è stato accusato di aver ricevuto allocazioni per 20 milioni di barili di petrolio da Saddam Hussein e di aver a sua volta compensato il rais con 300.000 milioni di dollari. Galloway ha ripetutamente negato.
Ora, sembra che i documenti usati per provare la colpevolezza di Galloway siano stati falsificati, e che qualcun altro (più famoso, ecco, ci siete arrivati) sia colpevole di accordi sottobanco con il vecchio regime iracheno.
Lo ammetto senza problemi: provo una forte simpatia per questo parlamentare scozzese di estrema sinistra, ex laburista defenestrato da Blair e ora vincitore con la coalizione "Respect". Ma anche se non fosse stato così, il suo discorso (sarebbe più appropriato parlare di show) davanti alla commissione del Senato americano mi avrebbe strappato un applauso convinto, oggi.
Galloway aveva anticipato il proprio intervento dicendo: “Accolgo con piacere l'occasione di difendere il mio nome. Le mie prime parole saranno: 'Senatore, è peccato che questo colloquio avvenga dopo che mi avete dichiarato colpevole. Perfino l'opera di Kafka conteneva la parvenza di un processo'". È poi andata così (mi scuso come sempre per la traduzione frettolosa):

"Senatore, non sono e non sono mai stato un petroliere, e nessuno lo è stato per conto mio. Non ho mai visto, posseduto, comprato o venduto un barile di petrolio - e nessuno l'ha fatto per conto mio.
So che i principi sono caduti in basso negli ultimi anni a Washington, ma per essere un avvocato lei è notevolmente irrispettoso di una qualsiasi idea di giustizia. Sono qui, oggi, ma mi avete dichiarato colpevole una settimana fa. Avete infangato il mio nome davanti a tutto il mondo senza mai avermi posto una sola domanda, senza avermi mai scritto né telefonato, senza aver mai tentato di contattarmi in alcun modo. E voi questa la chiamate giustizia.
Ho detto al mondo che l'Iraq, contrariamente alle vostre affermazioni, non aveva armi di distruzioni di massa.
Ho detto al mondo che, contrariamente alle vostre affermazioni, l'Iraq non aveva nessun legame con al-Quaeda.
Ho detto al mondo che, contrariamente alle vostre affermazioni, l'Iraq non aveva nessun legame con la tragedia dell'11 settembre.
Ho detto al mondo che, contrariamente alle vostre affermazioni, il popolo iracheno avrebbe resistito a un'invasione britannica e statunitense del proprio paese, e che la caduta di Baghdad non sarebbe stata l'inizio della fine, ma solo la fine dell'inizio.
Senatore, in tutto quello che ho detto dell'Iraq ho dimostrato di aver ragione, mentre voi avete dimostrato di aver torto, e 100.000 persone ci hanno rimesso la vita, compresi 1600 soldati americani mandati a morire per un sacco di bugie; e 15.000 di loro sono rimasti feriti, alcuni resi invalidi per sempre, per un sacco di bugie.
Ora voglio parlare delle pagine che mi riguardano e voglio sottolineare i punti in cui ci sono... cerchiamo di essere caritatevoli, e chiamiamoli errori. Poi voglio metter tutto questo nel contesto in cui secondo me dovrebbe stare. Nella prima pagina del vostro documento su di me dite che ho avuto "molti incontri" con Saddam Hussein. Ciò è falso. Ho avuto due incontri con Saddam Hussein, uno nel 1994 e uno nell'agosto del 2002. Non è possibile forzare la lingua inglese al punto da trasformare due incontri in "molti incontri" con Saddam Hussein.
Di fatto, ho incontrato Saddam Hussein esattamente quanto lo ha incontrato Donald Rumsfeld. La differenza è che Donald Rumsfeld lo ha incontrato per vendergli armi e per dargli le mappe che servivano a puntar meglio quelle armi.
L'ho incontrato per cercare di metter fine alle sanzioni, alla sofferenza e alla guerra, e, nella seconda delle due occasioni, per convincerlo a lasciar entrare nel paese Hans Blix e gli ispettori delle Nazioni Unite - facendo di quei due incontri con Saddam Hussein un uso di gran lunga migliore di quello che ne ha fatto il vostro Segretario di Stato.
Sono stato un oppositore di Saddam Hussein quando i governi e le compagnie americane e britanniche gli vendevano armi e gas. Ho protestato davanti all'ambasciata dell'Iraq quando i funzionari britannici e americani ci entravano per farvi affari.
[...]
Senatore, io non possiedo compagnie, eccetto una piccola ditta il cui solo e unico scopo è quello di ricevere i compensi che mi provengono dal mio lavoro di giornalista per la Associated Newspapers di Londra. Non possiedo una compagnia che abbia commerciato petrolio iracheno. E voi non avete il diritto di fare un'affermazione, del tutto falsa e infondata, che implichi il contrario.
Voi non avete niente contro di me, Senatore, tranne il mio nome su alcune liste, molte delle quali sono state stilate dopo l'instaurazione del vostro governo fantoccio a Baghdad. Se aveste qualche lettera contro di me del genere di quelle che avete contro Zhirinovsky e Pasqua, le avreste presentate oggi ai membri della commissione.
Avete il mio nome sulle liste che vi ha fornito l'inchiesta di Duelfer, il quale le aveva ricevute dal truffatore Ahmed Chalabi, che, come molti dei vostri connazionali ormai sanno, ha avuto un ruolo decisivo nel condurre il vostro paese al disastro in Iraq.
[...]
Guardate il vero scaldalo di Oil For Food. Guardate i 14 mesi in cui avete comandato a Baghdad, i primi 14 mesi in cui sono andati persi 8,8 miliardi di dollari dell'Iraq. Guardate la Halliburton e altre corporazioni americane, che hanno rubato non solo il denaro dell'Iraq, ma anche quello dei contribuenti americani.
Guardate il petrolio che non avete nemmeno misurato, che avete esportato dal paese e venduto, e i cui proventi sono finiti chissà dove. Guardate gli 800 milioni di dollari che avete dato ai vostri capi militari perché a loro volta li distribuissero nel paese senza neanche contarli.
Guardate il vero scandalo che emerge sui quotidiani di oggi, per cui quelli che hanno fatto i furbi con le sanzioni non sono stati i politici russi, o francesi, o io stesso, ma le vostre compagnie, con la connivenza del vostro governo".

Tra i tanti commenti, mi è piaciuto molto quello di Body and Soul, che parla dello shock provato nel sentir dire da un politico una verità dopo l'altra. "Non una verità sepolta sotto una tonnellata di bugie. Ma una verità dopo l'altra".
Da noi invece non se ne è parlato tantissimo.
Sarà anche che non siamo abituati.

Update: il discorso integrale, con trascrizione del testo, almeno per oggi è qui.

That's life



Non vedo mia suocera da un mese.
A me le cose vanno così.
Era davvero in vacanza.

(Comedy is tragedy that happens to other people, disse Angela Carter.)

lunedì, maggio 16, 2005

Citofono



Non basta la preoccupazione, no: ci manca il cronista attaccato al campanello.

Invasion is not a revolution

"It is one thing to celebrate revolutions that other people conduct for their own reasons, and another thing entirely to create the conditions that not only lead to the revolution but also the creation of a stable nation-state that follows.[...]
Invasion is not a revolution."
Anthony Cordesman, senior fellow al Centro Studi Strategici Internazionali di Washington, citato dal Chicago Tribune (via USC Center on Public Diplomacy)

sabato, maggio 14, 2005

Iracheni invisibili

"We're fighting an invisible enemy," said Sgt. Jeffrey Swartzentruber of Ft. Lauderdale, Fla. "They're like the… CIA."

("Stiamo combattendo contro un nemico invisibile, ha detto il sergente Jeffrey Swartzentruber di Fort Lauderdale, Florida. "Sono come la... CIA".)

An Unseen Enemy, sul Los Angeles Times.

mercoledì, maggio 11, 2005

Back to Berlusconi mode



L'erede
Tocca anche vergognarsi un po', quando si va all'estero. Soprattutto con gli spagnoli. Ecco, credo che adesso riuscirei a guardare in faccia un inglese, e a dargli un pacca sulla spalla. Ma gli spagnoli.
Meno male che a Madrid siamo arrivati giusto in tempo per essere informati dell'embarazo real: erede in arrivo, sarà maschio o femmina, contenti i nonni, bisognerà rivedere la costituzione, sarà poi veramente simpatica questa Letizia? Tutti argomenti dibattuti a lungo, con un misto di pedanteria, gossip depurato e discorsi da anziane zie nubili (molto immacolata concezione, per capirci). Veniva da prestargli un Bruno Vespa. Insomma, non è stato poi neanche possibile vergognarsi tanto. E dire che Berlusconi ce l'ha messa tutta, in questi giorni.

La Playstation
Per un momento a vederlo lì con il microfono ho temuto che volesse venderci una batteria di pentole o un set di coltelli di Toledo.
Ma no. Il comandante Roberto B. era uscito in cabina passeggeri per confidarci un problema di handling a Barcellona, rassicurarci sulla temperatura esterna (i soliti -50°) e informarci che saremmo arrivati in un'ora e quaranta, "Se la Playstation non ci tradisce". Non son cose da dire, e comunque la Playstation ci ha messo due ore e dieci.

Crash
Prendo spesso l'aereo. Però, ultimamente, sono cambiate alcune cose.
Primo. Ho scoperto l'esistenza del fattore Epaminonda.
Secondo. Ho saputo che gli esperti di sicurezza del volo usano l'espressione "+ 3 -5".
Terzo. Un conoscente, ex-pilota di linea, per giustificare la precisione maniacale con cui esegue i backup del suo hard disk, si è lasciato sfuggire la frase: "a volte con i computer succedono le cose meno probabili. Come sugli aerei, mi creda".
Perdita dell'innocenza, si chiama.
Quarto. Come mi è venuto in mente di guardarmi tutte quelle puntate di Lost?

Al ritorno
All'uscita dell'aeroporto di Venezia, poco prima della tangenziale, un display annuncia che mancano 1088 giorni al passante di Mestre. Ah, ecco, siamo tornati nel Berlusconi mode.

Intanto
Sfogliando il giornale di ieri, leggo che "Gorizia è una città a misura di chitarristi". Sarebbe a dire?
Una pagina più in là, un articolo mi informa che da noi si comincia a bere a 16 anni, preferibilmente vino rosso.
Forse sto cominciando a capire.

Tito
La sera del 9 maggio hanno illuminato con le torce la scritta Nas Tito sul Sabotino. Bello, dicono.

Tante cose un senso non ce l'ha
Io non ce l'ho con lui, è la maestrina che è in me che tende ad ammutinarsi e che lo prenderebbe a sciabolate con la biro rossa. Io – niente di personale, a parte un tormentone Vodafone che per poco non mi spediva alla neuro – al Vasco Rossi non darei neanche un 18 politico. Ho capito che è una laurea in scienze della comunicazione, mica in medicina o in fisica nucleare. Però poi non venite a lamentarvi se si laurea facile anche l'Antonacci: io ve l'avevo detto.




Lei
Io l'amo, Madrid.

giovedì, maggio 05, 2005

Breve sparizione



Le cose improvvisate sono spesso le migliori.
Ci vediamo tra qualche giorno.

martedì, maggio 03, 2005

martedì, aprile 26, 2005

Accordi e disaccordi

Bene, ricapitoliamo (è un post provvisorio, senza link, tanto per raccogliere le idee).
C'è un paese che bombarda e invade senza motivo (anzi, falsificando e mentendo) un altro paese, che usa armi dichiarate illegali, che assolve i torturatori e che esporta i prigionieri per torturarli meglio e più liberamente.
Ci sono dei soldati dai riflessi velocissimi, capaci di intimare tre volte l'alt in pochissimi secondi prima di sparare per uccidere.
C'è la giornalista, anzi, la militante comunista, che continua a raccontare la sua verità.
C'è l'agente C., del Sismi, che guidava la macchina: anche secondo lui la velocità non superava i 40/45 chilometri orari.
C'è l'eroe italiano, un agente molto bravo, una brava persona; ha solo un problema, è morto e sepolto, e quindi facilmente screditabile.
C'è il presidente del Consiglio, che quando le cose hanno cominciato a mettersi male si è ritrovato a Palazzo Chigi il direttore del Manifesto (sfiga, che vi devo dire) e in quella situazione non poteva neanche tirar giù due madonne, figuriamoci concordare una provvisoria versione di comodo con il potere assoluto.
C'è una macchina crivellata di colpi che non è stata ancora consegnata all'Italia.
C'è una strada, che è quella per l'aeroporto di Baghdad: all'improvviso ci sono passati tutti, contractors, giornalisti, mercenari. Sarà anche pericolosa, ma affollata lo è di certo.
Poi c'è un'altra strada, che è quella dov'è passata la macchina con Calipari e Sgrena: una strada messa in sicurezza, dalla quale si accede solo dalla zona verde, dopo diversi controlli.
C'è il Dipartimento di Stato americano, che vorrebbe chiuder tutto come "tragico incidente", tante scuse e una bella medaglia per Calipari.
E poi c'è il Pentagono: secondo la sua versione a sparare fu un soldato solo, che con una mano ha alzato un faro e con l'altra ha fatto partire una raffica; e la Corolla correva, 80 chilometri orari.
C'è la Commissione italiana, che ha dovuto chiedere formalmente che al comportamento di Nicola Calipari fosse attribuito nella relazione l'aggettivo "eroico".
C'è poi il misterioso attentatore che ha lanciato una bomba a mano contro i componenti della Commissione d'inchiesta, proprio mentre stavano esaminando la Corolla: guerriglia irachena, no? Ve l'avevamo detto che era una zona pericolosa, che vi credete?
E poi c'è di nuovo Berlusconi, che oggi alla Camera ha precisato che l'inchiesta non è conclusa. I giornalisti fraintendono, si sa. E Rumsfeld: non si è raggiunto nessun accordo finale.
Nessun accordo, quindi nessun disaccordo.
Ma quale braccio di ferro.

Cosa volete da noi.
C'è un nuovo papa.
C'è un nuovo Berlusconi.
Sta arrivando la primavera.
Rilanciamo in grande stile il Mezzogiorno.
Al limite, se i soldi ci finiscono prima del previsto, o ci mettiamo a stampare euri sottobanco o vendiamo le spiagge da Ostia in giù.

lunedì, aprile 25, 2005

Festa

dobraro"Ecco, io direi che questo sentimento di libertà che avevamo, di sicurezza, perché eravamo con un fucile in mano, perché eravamo armati, perché avevamo di fronte un nemico ben chiaro, come i tedeschi, eliminava ogni dubbio. Era un momento di assoluta libertà, proprio perché era scomparso lo stato: lo stato fascista ma anche lo stato di Badoglio e del re, cioè non c'era più uno stato.. Lo stato erano i tedeschi, che erano degli oppressori, degli invasori, non avevano nessuna legittimità, così come i fascisti che gli davano mano.
Ecco, in quei momenti, girando per queste montagne, c'era la sensazione e l'impressione di toccare con mano la possibilità di costruire qualcosa di nuovo. Una possibilità che per noi era molto poco definita. Non che avessimo delle idee chiare sul domani, su come sarebbe stato. Però avevamo l'impressione - anche se può sembrare un po' retorico - di poter toccare quasi l'utopia. Era quel momento di utopia che nella vita capita una sola volta. Però se capita quella volta te lo ricordi per tutto il resto della vita. Forse è quello che ti dà il senso a tutti i momenti e agli anni successivi di vita in cui l'utopia rimane in quel passato e in un futuro in cui ci si augura possa ritornare."
Paolo Gobetti

Buon 25 a tutti.

domenica, aprile 24, 2005

Pinguini

Ah, le misure di sicurezza negli aeroporti dopo il fatale nine/eleven non finiscono di stupirmi. Ecco come i due pinguini Pat e Penny, provenienti dal Seaworld di San Diego, hanno superato la prova del metal detector del Denver International Airport (via Presurfer). Del resto, è noto che se le ali non servono a volare, probabilmente vengono utilizzate dai loschi antartici per nascondere coltellini a serramanico. No?

Per dire, se le alette servissero a volare, io avrei risolto i miei problemi con Albatros Overload, in cui per tenere un pinguino in volo servono, nell'ordine: uno yeti per lanciarlo in aria, un albatros per trasportarlo e un canguro per tenere il punteggio (insensato, ma così è).

venerdì, aprile 22, 2005

L'intervista a Riverbend

"Penso che l'occupazione e la guerra mi abbiano resa più consapevole del mondo. Penso che l'iracheno medio abbia cominciato a guardare in modo diverso a certe situazioni mondiali - come lo tsunami, per esempio. Prima, sarebbe stato difficile immedesimarsi nelle migliaia di persone che vivevano nella paura e senza il necessario. Ora, vedere queste persone senza casa, senza acqua corrente, senza scuole, ci ricorda i nostri rifugiati in fuga dalle città e dai villaggi bombardati o evacuati.

Personalmente, penso che mi abbia per certi versi indurita. Ora siamo abituati a sentire esplosioni e sirene. Diventa meno spaventoso e traumatizzante con il tempo.

Mi ha aiutata a rendermi conto come vi sia ovunque nel mondo (ma soprattutto negli USA e nel Regno Unito) tanta gente ingenua e disinformata. È stato inquietante ricevere e-mail che contenevano affermazioni semplicemente false. Per esempio, la percezione occidentale della condizione delle donne irachene prima della guerra. Prima di cominciare a scrivere il blog non immaginavo che gli americani credessero che le donne irachene fossero come le afgane o le saudite. Non immaginavo che molti americani pensassero che i loro soldati avessero portato in Iraq i computer e Internet. È stato inquietante e frustrante sapere che così tante persone che appoggiavano la guerra lo facevano per le ragioni sbagliate."

Questa è solo una piccola parte. Tutta l'intervista di Lakshmi Chaudhry di Alternet a Riverbend è qui.

mercoledì, aprile 20, 2005

Nessuno si aspetta l'Inquisizione Spagnola

XIMINEZ: NESSUNO si aspetta l’Inquisizione Spagnola! La nostra arma principale è la sorpresa, sorpresa e paura, paura e sorpresa... Le nostre due armi sono paura e sorpresa, e una spietata efficienza. Le nostre TRE armi sono paura, sorpresa, e spietata efficienza. E una devozione quasi fanatica verso il Papa. Le nostre QUATTRO, no... TRA le nostre armi, nel nostro arsenale, ci sono elementi come paura, sorpresa... Rifaccio l’entrata".
UOMO: Non mi aspettavo un’Inquisizione Spagnola.
XIMINEZ: NESSUNO si aspetta l’Inquisizione Spagnola! Nel nostro arsenale troviamo elementi diversi quali: paura, sorpresa, spietata efficienza, una devozione quasi fanatica verso il Papa, e graziose uniformi rosse – oh cavolo!

Counterpunch ha ripubblicato l'episodio del Monty Python's Flying Circus come "Memo for Pope Rat".

martedì, aprile 19, 2005

R. is in tha house

– Mi sa che non andremo più a messa la domenica, sai.
– Del resto non ci siamo mai andati.
– Volevo dire che adesso non ci farebbero entrare.

Altre parrocchie

Lo hanno chiamato il rottweiler di Dio, il cardinal panzer, il cardinal no: no alla teologia della liberazione, no all'omosessualità ("disordine oggettivo"), no al sacerdozio femminile, no al matrimonio per i religiosi, no alla Turchia in Europa e no anche alla musica rock ("espressione di passioni elementari" e "controculto"). Non va pazzo per il dialogo interreligioso, né per la riforma liturgica di Paolo VI. Sarebbe anche contrario ai preti operai, se solo Wojtyla ne avesse lasciato ancora qualcuno in circolazione. Da ragazzo è stato nella gioventù hitleriana, ma perché era obbligatorio. Non ha sparato un colpo per conto della Germania nazista a causa dell'infezione a un dito. Beh.
Non è italiano.
Non è africano.
Non è latinoamericano.
Un lato positivo c'è. È più facile da imitare del polacco (che mi è sempre riuscito male, in tanti anni).
Ma io, si sa, sono di un'altra parrocchia.

giovedì, aprile 14, 2005

Tutto ciò ha senso

Scrive Terry Jones, regista, attore e Python:

"Un rapporto della commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani ha concluso che i bambini iracheni sotto il regime di Saddam se la cavavano meglio di adesso.
Questo è ovviamente un duro colpo per quelli di noi che, come George Bush e Tony Blair, sono onestamente convinti che i bambini stiano meglio quando gli facciamo cadere addosso le bombe, distruggiamo le loro città e mandiamo all'aria ospedali, scuole e centrali elettriche.
Ora sembra che, lungi dal migliorare la qualità della vita dei giovani iracheni, l'invasione dell'Iraq guidata dagli Stati Uniti abbia inspiegabilmente raddoppiato il numero di bambini sotto i cinque anni che soffrono di denutrizione. Sotto Saddam, circa il 4% dei bambini soffrivano la fame, mentre alla fine dello scorso anno erano l'8%.
Questi risultati sono tanto più avvilenti per quelli di noi che lavorano al Dipartimento per Migliorare le Condizioni dei Bambini in Medio Oriente Usando la Forza Militare, visto che anche i precedenti tentativi di Gran Bretagna e America per rendere la vita più facile ai bambini dell'Iraq si erano dimostrati deludenti. Per esempio, perfino la strategia di applicare le sanzioni più draconiane di cui vi sia memoria mancò di migliorare la situazione. Dopo l'imposizione delle sanzioni nel 1990, il numero di bambini morti sotto i cinque anni si moltiplicò per 6. Nel 1995 qualcosa come mezzo milione di bimbi iracheni erano morti in seguito ai nostri sforzi per aiutarli.
Un anno dopo, Madeleine Albright, allora ambasciatore degli Stati Uniti all'ONU, cercò di affrontare la cosa a testa alta. Quando un intervistatore televisivo commentò che in Iraq a causa delle sanzioni erano morti più bambini che a Hiroshima, la signora Albright diede la famosa risposta: "Noi pensiamo che sia valsa la pena pagare quel prezzo".
Ma evidentemente George Bush non era convinto. Così gli è venuta l'idea di bombardarli. E non semplicemente bombardarli, ma catturare e torturare i loro padri, umiliare le loro madri, sparar loro adosso ai posti di blocco. Ma pare che nessuna di queste cose abbia alcuna utilità. I bambini iracheni semplicemente si rifiutano di essere nutriti meglio, più sani e meno inclini a morire. È sconcertante.
Ed ecco perché noi del dipartimento chiediamo a tutti voi, gente, di darci delle idee. Se vi viene in mente qualche altra tecnica militare che finora abbiamo mancato di applicare ai bambini iracheni, vi preghiamo di farcelo sapere urgentemente. Vi assicuriamo che, con il nostro governo, non c'è limite al denaro che siamo pronti a investire in una soluzione militare ai problemi dei bambini iracheni.I bambini che attualmente vivono sotto la soglia della povertà saranno 3,6 milioni nel Regno Unito e 12,9 negli Stati Uniti, e non vi è alcuna possibilità che i nostri governi trovino il contante per mutare questa situazione. Ma di certo questo è un prezzo che vale la pena pagare, se significa che George Bush e Tony Blair potranno così investire in bombe, granate e proiettili per migliorare le vite dei bambini iracheni. Voi capite che tutto ciò ha senso".

mercoledì, aprile 13, 2005

Colpevoli fino a prova contraria

Il 24 marzo scorso a New York A. e T., due ragazzine di 16 anni, sono state arrestate con l'accusa di essere aspiranti terroriste suicide. Secondo un portavoce delle famiglie l'accusa è falsa, e l'FBI avrebbe semplicemente frainteso un compito in classe svolto da una delle due. Le due adolescenti erano immigrate illegalmente negli Stati Uniti dalla Guinea e dal Bangladesh negli anni Novanta (e dunque hanno passato la maggior parte della loro vita negli Stati Uniti; i loro fratelli sono cittadini americani). In un documento ufficiale sta scritto che le ragazze "rappresentavano un pericolo immediato per la sicurezza degli Stati Uniti in base a prove secondo cui stavano progettando un attentato suicida", ma queste prove non sono state specificate. Fonti federali anonime esprimono dei dubbi sulla fondatezza dell'accusa.
Tutto è cominciato quando la famiglia del Bangladesh si è rivolta alla polizia perché la figlia aveva passato una notte fuori casa; questo ha portato la polizia a perquisire gli effetti personali della ragazzina, compreso il suo computer, dove è stato trovato un compito in classe sul suicidio (cioè, non una cintura esplosiva, scritte inneggianti alla guerra santa, proclami contro gli Stati Uniti, copie pirata del Microsoft Flight Simulator: un tema). Non sono valse le rassicurazioni dei genitori, secondo i quali quel tema diceva semplicemente che il suicidio è contrario alla legge islamica.
Dei motivi che hanno portato all'arresto dell'altra ragazza si sa ancora meno; i suoi insegnanti non hanno ottenuto il permesso di parlare con lei, e non risulta che abbia un avvocato. "Questa ragazzina è vissuta negli Stati Uniti dall'età di due anni" – ha detto una professoressa – "È un'adolescente come le altre. Fino a due settimane fa la sua maggiore preoccupazione era quella di fare i compiti o di prepararsi all'esame di scienze." Una sedicenne che per l'entusiasmo di andare a vedere l'installazione di Christo in Central Park non si era presentata all'appuntamento all'ufficio immigrazione, e chissà che non sia stato questo a far scattare le indagini. Va' a sapere come vanno le cose con la Homeland Security.
A. e T. sono rinchiuse in un centro di detenzione in Pennsylvania, colpevoli fino a prova contraria.
Per seguire il loro caso e i problemi dei legal e illegal aliens schedati in base alla loro etnia e alla loro religione e arrestati per errore negli Stati Uniti dopo l'11 settembre è nato questo blog.

martedì, aprile 12, 2005

Photoshop this!

Nel Regno Unito a maggio si vota e il candidato conservatore Ed Matts ha pensato che fosse meglio ritoccare una fotografia (scattata circa un mese fa) per adeguarla alla linea dura del suo partito in materia di immigrazione.
Prima del fotoritocco: il candidato tiene tra le mani la fotografia di una famiglia di immigrati minacciata di espulsione, mentre accanto a lui Ann Widdencombe mostra un cartello con la scritta "lasciateli restare".
Dopo il fotoritocco: la fotografia della famiglia di immigrati è sparita e al suo posto appare un cartello con le parole "immigrazione controllata", mentre la scritta sul cartello della sua collega si è trasformata in "no al caos e alla disumanità". Sono scomparsi anche i manifestanti sullo sfondo.
Forse mi sbaglio, ma finora da noi l'uso di Photoshop in campagna elettorale si è limitato alle chiome e alle rughe di alcuni vanitosi.

lunedì, aprile 11, 2005

La solita calma relativa

Oggi John Petrovato su Znet tratta un tema che mi interessa molto, e sul quale mi è capitato di riflettere un po' in questi giorni leggendo i quotidiani italiani e stranieri.
Mi spiego. Quando si è diffusa la notizia dell'uccisione di tre adolescenti palestinesi da parte dell'Esercito di difesa israeliano, avvenuta sabato appena fuori dal campo profughi di Rafah, i mezzi d'informazione sono stati concordi nel sottolineare che si trattava del più grave incidente da quando, nel febbraio scorso, Abu Mazen e Sharon hanno annunciato un periodo di tregua. Dimenticando di dire che questi mesi proprio calmi non sono stati. E poi: l'esercito israeliano ricorre allo schema collaudato, il cosiddetto "shoot first, ask questions later", e nessuno più si preoccupa: semmai, ci si affretta a citare la dichiarazione ufficiale di Israele, secondo la quale si trattava di persone sospette. E poi: l'episodio si è verificato nella cosiddetta "zona di sicurezza" che si trova in territorio palestinese, e nessuno più si meraviglia. Quella zona di sicurezza viene costantemente allargata abbattendo le abitazioni palestinesi, in violazione della legge internazionale, ed evidentemente la cosa è ormai comunemente accettata dall'opinione pubblica e dai mezzi di informazione.
No: tutti d'accordo, invece, sul fatto che si è trattato dell'incidente più grave dopo un periodo di "calma", e che questo mette in pericolo la fragile pace conquistata a fatica di recente. Fragile pace? Eppure le notizie e i lanci di agenzia li leggo anch'io: o devo forse cambiare pusher?
Ecco perché mi sembra importante quello che oggi scrive Petrovato:

"Quando si parla della cosiddetta calma degli ultimi mesi, si dovrebbe sottolineare che la 'fragile pace' è stata quotidianamente minacciata da centinaia di atti di umiliazione, di paura e di violenza nei territori occupati. Se le uccisioni mettono in pericolo questa 'fragile pace', anche la minaccia e la messa in atto della violenza la mettono in pericolo. Di fatto, ogni volta che i mezzi militari israeliani invadono villaggi e città (cosa che accade tutti i giorni in Cisgiordania) e impediscono alla gente di uscire di casa, la fragile pace è in pericolo.
Ogni volta che una persona è prelevata a caso mentre è in coda a un posto blocco (all’interno dei territori palestinesi) e picchiata e umiliata di fronte alla sua famiglia, la pace è pericolo.
Ogni volta che una donna o il bambino che porta in grembo muoiono perché i militari israeliani impediscono a un’ambulanza di portarli all’ospedale, la pace è in pericolo. Ogni volta che la terra è sottratta a una famiglia palestinese per costruirvi il cosiddetto muro di sicurezza o a beneficio di cittadini ebrei di Israele, la pace è in pericolo.
Ogni incidente in cui i coloni israeliani, che risiedono illegalmente nei territori occupati, attaccano fisicamente i palestinesi e le loro proprietà senza essere puniti, la pace è in pericolo (come è accaduto la scorsa settimana, quando coloni israeliani mascherati hanno attaccato dei palestinesi e le loro case in diverse località della Cisgiordania; o il 7 aprile, quando le guardie private dei coloni israeliani hanno sparato a quattro membri di una famiglia del villaggio di Deir Ballut mentre lavoravano nei campi).
Ogni volta che un genitore sa che suo figlio è stato maltrattato dai militari israeliani, la pace è in pericolo (come è successo ieri, quando i soldati israeliani hanno fatto irruzione in un asilo e hanno trattenuto un’ottantina di bambini in una stanza per 90 minuti).
Ogni volta che le proteste non violente vengono affrontate dall’esercito israeliano con la violenza, con percosse, arresti, e l’uso di proiettili rivestiti di gomma, la pace è in pericolo (come quando cinque manifestanti non violenti sono stati feriti in seguito a un attacco con gas lacrimogeni, granate sonore e proiettili di gomma, l’8 aprile scorso, in un villaggio a ovest di Ramallah).
Ogni volta che un palestinese è imprigionato e torturato in un carcere israeliano senza processo o possibilità di vedere un avvocato o i familiari, la pace è in pericolo. E ogni volta che i media si scandalizzano di fronte alla sofferenza degli israeliani ma chiudono un occhio sulla sofferenza dei palestinesi, ancora una volta la pace è in pericolo".

Ho l'impressione che quella Palestina simbolica di cui parla Ramzy Baroud nel pezzo citato oggi sul blog di Umkahlil (la versione completa è qui) abbia davvero dirottato la Palestina reale: la Palestina "aleggia nella coscienza mondiale come poco più di un simbolo", mentre "la realtà della Palestina - la sofferenza, la perdita, la disperazione e il dolore, i campi profughi, i posti di blocco, gli insediamenti in espansione, il muro, le vite spezzare, le prigioni affollate, la rabbia e il predominante sensazione di essere stati traditi, le bombe umane, l’economia devastata, i frutteti distrutti dalle ruspe, una paura del futuro che dura da cinquant'anni – tutto questo sembra essere la parte meno rilevante".

venerdì, aprile 08, 2005

Modelli di "occupazione democratica"

Oggi Counterpunch pubblica un articolo di Neve Gordon, professore dell'Università Ben-Gurion, in Israele. È interessante il parallelismo che Gordon traccia tra lo schema dell'occupazione israeliana in Cisgiordania e Striscia di Gaza e quello dell'occupazione statunitense dell'Iraq: entrambi si fondano sul principio dell'outsourcing, o terziarizzazione, che consiste nel trasferire alcune funzioni alle autorità locali per mantenere indisturbato il controllo delle risorse.
Israele è dunque la chiave per comprendere la strategia di Bush in Iraq, perché l’attuale amministrazione ha adottato il modello di “occupazione democratica” che Israele ha introdotto in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza:

"Dopo lo scoppio della prima Intifada palestinese, nel dicembre del 1987, Israele dovette dispiegare un numero relativamente ingente di truppe per sostenere l’occupazione, esattamente come gli Stati Uniti stanno facendo in Iraq. Questo fece sì che l’occupazione israeliana si trasformasse da iniziativa economicamente redditizia a perdita finanziaria; così Israele ebbe l’ingegnosa idea di trasferire la responsabilità della popolazione occupata pur continuando a mantenere il controllo sulle risorse naturali (in questo caso, la terra e l’acqua).
In seguito a una serie di negoziati fu fondata Autorità palestinese, un’entità che si prestò al ruolo di gestire la vita quotidiana degli abitanti dei Territori Occupati mentre Israele continuava a controllare più dell’80% della terra. In pochi mesi le istituzioni civili necessarie ad amministrare la popolazione nelle società moderne – e tra queste l’istruzione, la sanità, i servizi – passarono dalle mani di Israele a quelle della neonata autorità, alla quale fu concessa anche una forma limitata di sovranità. Così, senza rinunciare al proprio diritto di governare la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, Israele in un certo senso subappaltò la gestione della popolazione all’Autorità Palestinese, riducendo così in modo rilevante il costo dell’occupazione".

A questo punto entrarono in gioco le "elezioni democratiche":

"Le elezioni democratiche che si svolsero nei Territori Occupati nel gennaio 1996 ebbero un’importanza cruciale nel conferire all’AP un certo grado di legittimità. Certo, l’Autorità Palestinese non finì per realizzare tutti i desideri di Israele, e in molti sensi divenne una realtà recalcitrante, ma questo ha poco a che fare con gli obiettivi iniziali di Israele".

Ecco allora perché l'occupazione dei Territori è fondamentale per capire quella dell'Iraq:

"In primo luogo, come Israele, gli Stati Uniti hanno fatto distinzione tra gli abitanti del paese occupato e le loro risorse. L’idea dell’Amministrazione Bush è di permettere agli iracheni di gestirsi da soli, tagliando così i costi dell’occupazione, e allo stesso tempo di continuare a controllare i giacimenti petroliferi.[...]
In secondo luogo, se Israele non è stato di certo il primo paese a inscenare elezioni democratiche in un contesto di occupazione, è stata di certo la prima potenza a reintrodurre questa pratica in era post-coloniale per legittimare un’occupazione in corso. L’Amministrazione Bush ha trovato utile questa strategia perché si adatta perfettamente con il concetto di “diffusione della libertà” in Medio Oriente. Visto che non si può promuovere la libertà e al tempo stesso instaurare un governo fantoccio, Bush è stato molto chiaro a proposito della necessità delle elezioni. Il fatto è che l’obiettivo di queste elezioni non è trasferire potere e autorità nelle mani del popolo iracheno, ma piuttosto legittimare il controllo statunitense della regione".

Quindi l'attuale dibattito tra i liberali sulla legittimità di queste elezioni è poco pertinente: il punto è che, anche se queste elezioni si fossero svolte democraticamente, "gli iracheni non avrebbero ancora voce in capitolo, per esempio, nella questione dell’impiego di truppe straniere nel loro paese. A conti fatti, il nuovo 'governo democratico' in Iraq è stato creato per gestire la popolazione locale così che l’élite economica della potenza occupante possa godere indisturbata delle spoglie di guerra".

giovedì, aprile 07, 2005

New, improved baby



Poco più di un mese, e già saluta così.
Neonato meraviglioso.

lunedì, aprile 04, 2005

Test drive

"Non ti sembra di sentire come un leggerissimo frrrrrrrr di sottofondo quando sei in quinta, intorno ai cento all'ora?"
"Non preoccuparti, la settimana prossima mi faccio installare l'autoradio".

Rifiuti

Giusto quello di cui si sentiva la mancanza in Cisgiordania: una bella discarica israeliana.
Per la prima volta dal 1967 Israele ha deciso di trasferire i propri rifiuti (circa diecimila tonnellate) oltre la Linea Verde e di scaricarli nella West Bank. Il progetto è stato intrapreso nonostante i trattati internazionali proibiscano a uno stato occupante di utilizzare il territorio occupato, a meno che ciò non porti benefici alla popolazione locale, e nonostante manchi ancora l'autorizzazione del Ministero dell'Ambiente.
Inoltre questo utilizzo della cava di Kedumim - situata tra l'insediamento di Kedumim e Nablus - metterà in pericolo le fonti idriche palestinesi, contaminando un'importante falda acquifera: e questo perché la discarica, in origine utilizzata per i rifiuti secchi, riceverà e assorbirà rifiuti domestici umidi, e quindi sostanze organiche.
Si creerà così una situazione assurda. La Cisgiordania è piena di discariche abusive (e pericolose per le falde acquifere) perché i palestinesi non hanno il permesso di realizzare strutture moderne di smaltimento dei rifiuti. Quella di Kedumim sarà in effetti una discarica moderna, ma servirà esclusivamente per i rifiuti provenienti da Israele.
Qui il link all'articolo di Haaretz (via Angry Arab).

domenica, aprile 03, 2005

A song

I had wanted a quiet testament
and I had wanted, among other things,
a song.
That was to be
of a like monotony.
(A grace
Simply. Very very quiet.
A murmur of some lost
thrush, though I have never seen one.

Which was you then. Sitting
and so, at peace, so very much now this same quiet.

A song.

And of you the sign now, surely, of a gross
perpetuity
(which is not reluctant, or if it is,
it is no longer important.

A song.

Which one sings, if he sings it,
with care.

Robert Creeley (1926-2005)

venerdì, aprile 01, 2005

The Beeb Marley

Ammettiamolo, è stato un 1° aprile comprensibilmente sottotono.
Fino a quando la BBC non ha deciso di chiedere un'intervista a Bob Marley.

giovedì, marzo 31, 2005

Ragni

"Devo dedurre dalla sua affermazione che lei sarebbe più contento se Saddam Hussein fosse ancora al potere". Questa è la risposta che Paul Wolfowitz diede a uno studente che gli aveva appena detto: "Siamo stufi di essere temuti e odiati dal mondo. Siamo stufi di assistere alla morte di americani e iracheni, e di essere rabbiosamente disapprovati dalle istituzioni internazionali". Ed è la classica risposta dei neoconservatori e dei sostenitori dell'invasione dell'Iraq a chi non la pensa come loro.
Tomdispatch segnala in proposito un post di R. J. Eskow ripreso da CommonDreams che rispecchia un modo di pensare non necessariamente pacifista o progressista né particolarmente strutturato (Eskow è l'autore di un blog su God, Guts & Guitars che definisce "mostly progressive, all-American"), e proprio per questo interessante:

"Supponiamo che mi dia fastidio vedere un ragno che cammina sulla parete del mio garage. Ci mando a sbattere la mia auto a cento all'ora, distruggendo la macchina e causando migliaia di dollari di danni al garage. Se mia moglie protesta le dico: "Devo dedurre dalla tua affermazione che saresti più contenta se quel ragno camminasse ancora sulla parete". No, cretino, dice lei, sarei più contenta se avessimo ancora una macchina e non dovessimo sborsare diecimila dollari per riparare il garage.

[...]

E così, caro Wolfy e chiunque altro sia tentato di fare questa domanda: No. Io non sarei più contento se Saddam Hussein fosse ancora al potere. Sarei più contento se 1500 americani e dai 20.000 ai 150.000 civili iracheni fossero ancora vivi. Sarei più contento se decine di migliaia di soldati americani non avessero davanti a sé un futuro di deformazioni, di menomazioni e/o di traumi psicologici. Sarei più contento se il mio paese non violasse la legge internazionale. Sarei contento se un governo immorale e dei mezzi di informazione incompetenti non ci stessero mentendo. Sarei più contento se facessimo qualcos'altro con i 250 miliardi di dollari che spendiamo per finanziare questa guerra. Sarei più contento se fosse stata portata avanti la valida tattica di contenimento di Saddam. Sarei più contento se non avessimo fatto tutto questo solo per sostituire la dittatura di Saddam con una teocrazia filoiraniana. Sarei più contento se potessimo risparmiare delle risorse militari, magari per soccorrere gli indifesi del Darfur.
La mia felicità non è mai stata influenzata dalla carriera di Saddam Hussein.
La mia felicità è influenzata dalle condizioni degli americani e degli iracheni che hanno sofferto inutilmente a causa della vostra guerra.
E ora passiamo alla prossima domanda".

Six Feet Under

We said that Manfred Alexander had had "a spell in prison in Switzerland and a period of interment" when we meant internment ('An act of true friendship, G2 page 2, March 29). Interment is burial, internment is detention.
The Guardian, sezione "Corrections".

Latinorum

A universal message from the pope is known as Urbi et Orbi ("for the city and for the world") and not Orbis et Urbi, as we had it in our report, Pope too ill for Easter services, page 2, March 26.
The Guardian, sezione "Corrections".

martedì, marzo 29, 2005

Sempre a proposito di impunità americana

Avrei dovuto e voluto linkarlo allora, quando tutti abbiamo pensato alla strage del Cermis, e a come è andata a finire. Adesso però, superata l'emotività e la confusione del momento (e tante bassezze, e non poche plateali cadute di stile) forse è utile ragionare a mente fredda sulla famosa impunità americana e sull'inadeguatezza della catena di comando italo-statunitense.
Augusta, partendo dalla strage del Cermis, si pone la fatidica domanda - "Chi comanda ad Aviano?" - e racconta la sua esperienza personale: nel 1994 entrò a far parte del Comitato Misto Paritetico Servitù Militari, e grazie a questo riuscì ad ottenere il Memorandum che consentiva di conoscere la catena di comando e i modi del suo esercizio legittimo nelle basi italiane concesse in uso agli USA; si dimise nel 1997, prima della strage del Cermis.
Questi tre post sono molto istruttivi (vi consiglio di stamparli e di leggerli con calma) anche perché tengono conto delle realtà locali (regioni, comuni e organizzazioni della società civile) e dei limiti e delle contraddizioni con cui certe iniziative solo genericamente pacifiste dovrebbero confrontarsi per essere efficaci e per incidere politicamente. Sono anche, secondo me, un bell'esempio di impegno civile, di serietà e di sana testardaggine.

Eccole qui, le tre puntate su Aviano:
http://diariealtro.splinder.com/post/4245314
http://diariealtro.splinder.com/post/4255635
http://diariealtro.splinder.com/post/4277172

No such thing as a bicep

Niente da fare, al Guardian hanno un problema di bicipiti.
Infatti, dopo la rettifica di qualche mese fa, ci ricascano:

"The singular of biceps is biceps. There is no such thing as a bicep (Wilkinson reels as fresh injury hits Lions hopes, Sport, page 20, March 14)".
The Guardian, sezione "Corrections".

Lo ammetto senza problemi: questo esibizionistico perseverare nei propri errori, cadere in lapsus pythoniani e infrangere trionfalmente le regole dello stylebook è per me fonte d'allegria e quasi di ispirazione.

La cultura dell'impunità

Jeremy Scahill di Democracy Now sintetizza per Counterpunch l'intervista di Naomi Klein a Giuliana Sgrena (riassunta qui), e commenta:

"Giuliana Sgrena sarebbe probabilmente la prima a dire che concentrare tutta l'attenzione sul suo caso significherebbe perdere di vista le dimensioni della tremenda violenza quotidiana che gli iracheni devono sperimentare per mano degli Stati Uniti. [...]
[Giuliana] sa meglio di chiunque altro che se lei e l'ufficiale italiano ucciso dalle truppe USA mentre cercava di portarla in salvo fossero stati semplici civili iracheni, questa sarebbe stata ancora di più una "non storia" di quanto già lo sia nella stampa americana.
Con i casi di Terri Schiavo e Michael Jackson da seguire, è piuttosto difficile per la maggior parte degli organi di informazione trovare il tempo per riferire di qualcuno degli oltre 100.000 civili iracheni uccisi dall'inizio dell'invasione, due anni fa.
Ecco perché casi come quello di Sgrena sono importanti: perché rappresentano un'occasione per mostrare al mondo quel tipo di realtà che gli iracheni devono affrontare ogni giorno delle loro vite. Il numero di rapimenti è allarmante; i soldati americani sono sempre pronti a sparare. Le uccisioni vengono giustificate dal comando americano - ed è già tanto che siano ammesse - proponendo una versione dei fatti superficiale e inconsistente che non reggerebbe in nessun tribunale americano (tranne forse una corte militare)".

Ecco perché, secondo Scahill, il caso di Giuliana Sgrena

"getta una luce importante sulla cultura dell'impunità che circonda l'occupazione americana dell'Iraq. Se questo è il modo in cui Washington tratta l'Italia, uno dei suoi alleati più stretti nella cosiddetta guerra al terrore, quando i soldati stitunitensi uccidono il secondo uomo più importante dei servizi segreti, immaginate la lotta degli iracheni che muoiono a decine di migliaia. Non hanno una figura potente come Silvio Berlusconi che parli per loro. Hanno invece i giornalisti indipendenti come Giuliana Sgrena, che rischiano la vita per raccontare queste storie".