martedì, febbraio 06, 2024
Bunker
Oggi lì c'è un edificio delle Poste slovene, ma ricordatevi che una volta in mezzo a quei condomini su una montagnola erbosa accanto a un albero agonizzante c'era il Bunker, dove per qualche anno con la propustnica in tasca e una Lasko in mano abbiamo sognato che tutto cambiasse restando esattamente com'era.
domenica, gennaio 28, 2024
Encuentro de civilizaciones
martedì, gennaio 16, 2024
Oh l'amour
– Sì.
lunedì, gennaio 15, 2024
La bufera social
LE GRANDI INTERVISTE
LA BUFERA SOCIAL
– Buongiorno, disturbo?
– No no, si figuri, entri e chiuda la porta.
– Ecco.
– Che c'è corrente.
– Lei è la famosa bufera social.
– Così dicono.
– Mi parli della sua giornata.
– Allora io di base non dormo mai, sto sempre sui social.
– Sempre?
– Due occhiaie così guardi.
– Ci sono notizie che le sembrano promettenti...
– Sì, può esserci la cantante con la tosse che sta alle Maldive, il tennista che si fa la fidanzata, il cantante obeso, cose così.
– Oppure.
– Oppure cose più pese che girano attorno agli screen.
– Gli screenshot.
– Sì.
– Come nasce una bufera social?
– Io nasco di continuo, ma non muoio mai veramente, un po' come il Doctor Who che adesso lo interpreta un bel...
– Ci sono giornate fiacche?
– Quelle sono le migliori. Metta che oggi piove, no?
– Sì.
– La gente ha il nervoso, non vede l'ora di smascherare menzogne, di fare asciutti debunking, di svelare scontrini-truffa, un caffè venti euro più servizio al tavolo.
– E lì.
– E lì c'è bufera social.
– Anche detta gogna mediatica?
– No, siamo due cose distinte. Prima arrivo io, poi entra in scena la gogna.
– Lei e la gogna.
– La notte è piccola per noi.
– Certo.
– Troppo piccolina.
– Il bello del suo lavoro?
– Certe albe meravigliose.
– Il brutto del suo lavoro?
– Le occhiaie e la polizia postale.
– Le parteggia per gli Houthi?
– Certo che parteggio per gli Houthi. Più Houthi per tutti!
– Dica la verità, in questo momento lei sta lavorando.
– Io non smetto mai.
– Quindi non parteggia veramente.
– E chi lo sa. Chi lo sa. Guardi qui.
– Cosa?
– Titolo di Repubblica: "La sposa interrompe la sua cerimonia nuziale per salvare un animale inaspettato". Bene, noi diremo che è una pantegana, una grossa grossa pantegana.
– Ma non è vero, scusi.
– Una grossa grossa pantegana radioattiva proveniente dal ristorante di un famoso chef fidanzato bene.
– Ma no.
– Grossa grossa pantegana radioattiva che ha morso la futura suocera della sposa!
– Se l'è inventato.
– Il web si divide tra propantegana e panteganofobi, il famoso chef fa un post in cui dice che la suocera e le grossa grossa pantegana radiottiva si conoscevano da prima, lui ha gli screen.
– Addirittura.
– Che le sembra?
– Non male.
– Per un lunedì, no?
– Vero.
– Adesso se non le dispiace.
– Certo.
– Allora la lascio lavorare.
– Hashtag pantegana, hashtag grossa grossa, hashtag famoso chef, hashtag suocera... arrivederci, tante cose!
– E quella cosa degli Houthi...
– Più Houthi per tutti!
– Arrivederci.
– Arrivederci.
venerdì, gennaio 12, 2024
Shutter Austerlitz, incompreso blockbuster storico-basagliano
Più o meno a metà faccio un grande sospiro. Cos'è questo sospirone, dice lui. Mah, dico io. Guarda che è un capolavoro, dice lui, ho finalmente capito da dove viene la storia del matto che si crede Napoleone. È un film ambientato nel 2650 e a un certo punto lui sputerà una chiavetta usb. Capolavoro, ripete.
Poi mi spiega.
"Napoleon", l'incompreso ballo in maschera di Ridley Scott
domenica, dicembre 31, 2023
Non è una lista
I migliori libri letti nel 2023 (niente voti):
Demon Copperhead di Barbara Kingsolver ("First, I got myself born"), che si è portato dietro The Poisonwood Bible (un'ossessione tragica, una famiglia infelice, la storia di un Paese, Patrice Lumumba, traduzioni errate).
Tomorrow, and Tomorrow, and Tomorrow di Gabrielle Zevin.
Hamnet di Maggie O' Farrell, e in fondo anche The Marriage Portrait.
The Shards di Bret Easton Ellis (horror, mystery, autofiction, sprezzatura, Shining al cinema un sabato mattina, "Vienna" degli Ultravox, this means nothing to me, quando invece sappiamo bene che it means a lot).
Piranesi di Susanna Clarke! (Anche in audiolibro narrato da Chiwetel Ejiofor).
The Custom of the Country di Edith Wharton, riletto grazie a Bret Easton Ellis che in un'intervista si chiedeva se non fosse questo il grande romanzo americano (ma sai che forse).
Sono apparso alla Madonna di Carmelo Bene ("Quante inezie vi avrei risparmiato, se fossi a questo mondo e Dio esistesse").
Pushkin: a Biography di T. J. Binyon, che si è portato dietro le lettere di Puškin alla moglie e la rilettura dell'Onegin, più letture sparse sui suoi compagni di liceo.
Verso le rovine di Čevengur di Vasilij Golovanov.
Carnival Desires di Mark Lindquist, che non avevo mai letto e che invece meritava.
Project Hail Mary di Andy Weir, nell'audiolibro narrato da Ray Porter: best bromance dell'anno.
All That Remains: The Palestinian Villages Occupied and Depopulated by Israel in 1948 di Walid Khalidi.
The Wandering Earth di Cixin Liu.
I sei romanzi del ciclo Dublin Murder Squad di Tana French e quasi tutto di Lisa Jewell (in audiolibro).
Skint Estate di Cash Carraway.
Ma ho avuto anche delusioni, i romanzi bravi che piacciono a tutti e non capisci perché a te no. Invece no. I libri che sentono di sudore dell'editor su maglietta 20% acrilico. Eccetera.
Infine.
Sei un editore, conosci un editore, curi una collana, vuoi un consiglio: compra i diritti di tutti i romanzi di Celia Fremlin e fammeli tradurre.
domenica, dicembre 24, 2023
Il maxi anticiclone
LE GRANDI INTERVISTE
IL MAXI ANTICICLONE
– Buongiorno.
– Buongiorno si accomodi.
– Lei è il famoso
– Sono il maxi anticiclone.
– Non basta anticiclone, anche maxi.
– Ma guardi che anticiclone non è mica accrescitivo.
– Anticiclo, anticiclone.
– No.
– Maxi anticiclone è come dire più meglio.
– Assolutamente no.
– Le piace questa foto dove le hanno messo il cappellino di Babbo Natale? A me piace.
– Insomma.
– Fa sempre allegria, non trova? Come quando si entra da Intimissimi e le signorine hanno tutte il berrettino rosso, secondo me si divertono moltissimo. Ha presente?
– In questo momento no.
– Di solito diciamo anticiclone delle Azzorre qua, anticiclone delle Azzorre là. Lei da dove viene?
– Io dall'Africa del Nord.
– È vero che è venuto a bloccarci qualsivoglia perturbazione?
– È vero.
– E ad alzarci le medie climatiche?
– Un po'.
– Non abbiamo abbastanza problemi? Non bastano i suoi amici Houthi?
– Ma guardi che gli Houthi non stanno mica in Africa.
– Eh lasci fare!
– Stanno dall'altra parte del Mar Rosso, scusi.
– Sì, adesso mi dirà che neanche i suoi amici di Hamas sono africani.
– E infatti non sono per niente africani.
– E dai.
– No.
– Un pochino.
– No.
– Il bello del suo lavoro?
– Certi tramonti spettacolari.
– Il brutto del suo lavoro?
– Le alzatacce.
– Come trascorrerà le feste?
– Ho sempre sognato di vedere il Colosseo.
– Lei lo sa che in Europa non abbiamo posto per tutti, oltre a essere democrazie.
– Si figuri se non lo so.
– Abbiamo i nostri valori, tra questi l'inverno e gli impianti di risalita.
– Va bene.
– Quindi il primo gennaio in fila per il check-in con tutta la famiglia, mi raccomando.
– Sicuramente.
– Poi non si lamenti che c'è nebbia insidiosa e i voli sono in ritardo.
– Va bene.
– Perché la nebbia insidiosa è tutta colpa sua.
– Orpo.
– Lei condanna?
– E come no?
– Sicuro?
– Sicuro.
– Non è che poi mi torna in Africa e si mette a fare le stragi?
– Quali stragi?
– O a buttare i gay giù dai tetti?
– Ma no.
– Vi conosciamo voi anticicli.
– Non è accrescitivo.
– Le piace fare la storia con i se?
– No.
– E con i seh seh?
– Guardi, adesso devo andare perché mi chiudono il Colosseo.
– Sì, da mo' che ha chiuso, il Colosseo.
– Come?
– Vigilia di Natale. Tradizioni!
– Ah. Vabbe' pazienza, buonasera.
– Buonasera! Se lo metta, il berrettino.
– Sì sì, dopo me lo metto.
– Buonasera!
– Buonasera.
domenica, dicembre 10, 2023
Trentatré
E trentatré è il titolo del film.
Il fatto che Verchnie Jamki (traducibile con “Alte fosse”) non esista non le impedisce di venire nominata altre due volte nel cinema sovietico: in Šla sobaka po rojalju (1978) di Vladimir Grammatikov e in Afonja (1975) dello stesso Danelija.
I ricchi, i poveri
Ancora un poco, imploro. Ma non dico perché, in quanto mi vergogno.
Così mi permettono di stare sveglia fino alla fine delle trasmissioni.
Ma è tutto inutile.
Non era vero che c’erano i Ricchi e Poveri.
Ci rimango male, ma decido di tenerlo per me.
Chiamare qualcuno
Non c’erano solo le splendide dive sfigurate da carambole devastanti, ripescate da un fosso, incollate alla bell’e meglio (la pelle presa là dove è più morbida) e rimesse in circolazione, una ciocca di capelli a nascondere gli orrori.
C’erano anche gli sceneggiati Rai. Antonia gli sceneggiati li spiegava bene, soprattutto dal punto di vista medico-chirurgico.
La moglie del protagonista si ammalava, finiva all’ospedale, giaceva sofferente con una liseuse sulle spalle. Vai vai, gli diceva con un eroico sorriso, vai a lavorare che io sto bene.
Poi si veniva a sapere che, rigorosamente in silenzio e fuori campo, non ce l’aveva fatta.
Di cosa l’avevano operata, nonna?”
“Di pendicite, si inventava, ancora distratta.”
“Ma allora come è morta.”
“E si è piegata, è rotolata giù dal letto” e qui subito si concentrava, lo sguardo fisso sullo schermo “e si è aperto tutto.”
“Tutto, nonna?”
“Tutto.”
“Madonna.”
“Mai piegarsi. Sempre chiamare qualcuno.”
I morti non mancavano mai: come piaceva a noi. Il signor Curie, la madre di David Copperfield, la dolcissima e Dora, la troppo giovane Beth, e poi minatori, tisici con e senza famiglia, cardiopatici, incompresi, eroi, pavidi, tonsillitici.
Poteva succedere nel modo più banale. Ti mettevano i punti, te ne stavi comoda con la tua liseuse sulle spalle, vai vai a lavorare caro, vai mio eroe che io sto bene, poi ti piegavi per raccogliere una matita – mai piegarsi, sempre chiamare qualcuno – e rotolavi nel baratro tra il letto e il comodino. Ti trovavano lì, un sorriso pallido da una parte e un mucchio di budella dall’altra.
Perché è facile che il corpo si svuoti. La pelle è misera cosa, misera cosa è sempre stato il filo da sutura della Rai radiotelevisione italiana.
domenica, novembre 26, 2023
L'iceberg più grande del mondo
– Buongiorno, disturbo?
– No, si figuri.
– Lei è il famoso...
– Sono l'iceberg più grande del mondo.
– Due volte...
– Londra. Due volte Londra.
– Chi è stanco di Londra...
– È stanco della vita: moltiplicato per due, pensi un po'.
– Incredibile, complimenti.
– Praticamente tre volte New York City, non so se conosce.
– Come no.
– In pratica prende l'Atlantico meridionale e va su su su, arriva all'Atlantico settentrionale e sulla sinistra trova New York.
– Sì sì ho capito.
– Non mi vada a destra che mi finisce in Portogallo.
– D'accordo.
– Segunda-feira de Lisboa, che nome d'incanto! Qui da noi è lunedì soltanto, come cantava il Maestro.
– E infatti domani è lunedì.
– Non me ne parli.
– Com'è la vita quotidiana di un grosso grosso iceberg?
– Ma guardi, normalissima, forse anche un po' noiosa.
– Il suo passatempo preferito?
– I puzzle, quelli giganteschi dove praticamente è tutto cielo.
– Le piacciono.
– Mi fanno impazzire.
– Il suo personaggio storico preferito?
– Annibale!
– Un grande condottiero.
– Aut viam inveniam aut faciam! Ahahah, anche se non so se l'ha detto davvero.
– C'è un pregiudizio che vorrebbe sfatare?
– Guardi noi iceberg non è che ci divertiamo a sfasciare i transatlantici, devono stare anche un po' attentini loro.
– Certo.
– Lo scriva: stare attentini.
– La cosa più brutta del suo lavoro?
– Le alzatacce.
– E la più bella?
– Fare i puzzle con mia moglie e magari un bel bicchierino di... Non so se si può dire la marca.
– La dica.
– Lagavulin!
– Io la ringrazio molto per questa chiacchierata.
– Si figuri.
– Ultima cosa.
– Dica.
– Lei condanna Hamas?
– E come, no?
– Dal fiume al mare...
– Tante belle cose, mi saluti la sua signora!
– Tunnel qua sotto ce ne stanno?
– Ma quali tunnel mi faccia il piacere!
– Grazie arrivederci.
– Si ricordi: stare attentini!
martedì, novembre 21, 2023
Il patriarcato
– Buongiorno a lei.
– In questi giorni le fischieranno le orecchie.
– Un po' di cervicale, come tutti.
– No, è che si parla molto di lei.
– Finalmente!
– In che senso?
– Nel senso che d'estate arrivano molti turisti, ma è un turismo mordi e fuggi.
– Quindi?
– Non sembrano molto interessati, guardano, fanno foto, mangiano un panino al bar.
– Invece?
– Non si interrogano.
– È proprio questo il problema.
– Non inquadrano.
– Oggi vorrebbero abbatterla.
– Oh Madonnina biondina, e perché mai?
– Dicono che tante cose sono colpa sua.
– Vogliono distruggere tutto?
– Tutto.
– Cromazio? Rufino? Valperto? Poppone?
– Non li conosco ma essendo maschi...
– Ho capito.
– Mi dispiace.
– No no si figuri, mica sarà colpa sua.
– Se ne parla ormai da tempo, sa.
– E io che me ne stavo lì tranquillo a guardare i tramonti sulla laguna.
– Nessuno le ha mai detto niente?
– Ma niente, solo buongiorno e buonasera.
– E adesso?
– Adesso passo lo straccetto sui mosaici e chiudo tutto. Magari chiedo aiuto a un paio di signore, perché sa, le donne hanno...
– Non credo proprio, guardi.
– Va bene, allora faccio da solo.
– Faccia da solo.
– Pensavo che almeno i mosaici e la basilica, però...
– Scusi, ma lei è?
– Sono il patriarcato di Aquileia!
– Ah.
– Scambio di persona?
– Sì.
– Vede che non ho fatto niente.
– No, ha ragione.
– Va bene, adesso passo comunque lo straccetto e poi ho la giornata libera. Posso farmi aiutare da un paio di signore che conoscono tutti i prodottini gius...
– Non si allarghi.
– Lei sa swifferare?
– No.
– Va bene.
– Grazie, arrivederci.
– Passi per il porto fluviale, se non l'ha già visto.
– Va bene grazie.
– Attenta a non inciampare, serve aiuto?
– No! Me la cavo da sola!
– Come non detto, mi stia bene!
– Ancora una cosa.
– Come il tenente Colombo!
– Tunnel ne avete, qua sotto?
– Con forza.
– Di nuovo arrivederci.
– Arrivederci.
sabato, novembre 11, 2023
Il vulcano Fagradalsfjall
– Buongiorno, ma no, nessun disturbo.
– Giornata tranquilla?
– Tranquillissima, un sabato del resto.
– Dicono che sta preparando un'eruzione, è così?
– Ma quale eruzione, le solite esagerazioni.
– Dicono che nel sottosuolo si stanno diffondendo grandi quantità di magma.
– Eh, se le dovessi raccontare tutte le volte che il magma se ne va a spasso.
– Un tunnel di magma. Scosse sismiche.
– Ma no, ma no. Un po' di umidità, questo sì. Che non fa bene per la cervicale, poi a me non piace abusare di antinfiamm...
– Quanto sarebbe lungo, questo tunnel?
– Ma niente, così, qualche chilometro.
– Qualche chilometro, ammazza!
– Ma guardi che siamo in Islanda, sa.
– Senta, è vero che l'altro giorno al bar ha detto "Israele se continua così... io non lo so?"
– Ma se ne dicono tante.
– Cosa intendeva per "io non lo so?".
– Che non lo so!
– Viva viva Pale...
– No io in palestra non ci vado molto, purtroppo.
– Il suo piatto preferito?
– La zuppetta di lichene di mia suocera.
– Il lato più bello del suo lavoro?
– I tramonti.
– Il più brutto?
– Le alzatacce.
– Lei condanna Hamas?
– Sì sì, condanno Hamas.
– Grazie per averci dedicato un po' del suo tempo, buonasera!
– Buonasera. No guardi, si tenga sul lato destro perché di lì non si passa.
– Di qui?
– E poi sempre dritto.
– Grazie buonasera.
– Seguendo il fiume di lava non sbaglia. Buonasera.
Il vulcano Fagradalsfjall (sullo sfondo). Foto AP. |
sabato, novembre 04, 2023
giovedì, novembre 02, 2023
Molto realistica
Quando Puškin viveva a Mosca chiese a un amico di San Pietroburgo quale fosse l’ultima imitazione di Jakovlev. ‘L’alluvione di San Pietroburgo’ fu la risposta. ‘E com’è?’ ‘Molto realistica’.”
Pushkin: A Biography, di T. J. Binyon, 2002
martedì, settembre 12, 2023
Quell'inesauribile arsenale nordcoreano
QUELL'INESAURIBILE ARSENALE NORDCOREANO
– Buongiorno, disturbo?
– No no, si figuri. Ero qui perso nei miei pensieri.
– Lei è l'inesauribile arsenale nordcoreano.
– Sono io.
– Tutti si chiedono come possa essere la vita di un inesauribile arsenale nordcoreano.
– Ma guardi, niente di speciale, orari normali, ferie pagate...
– Ha sempre sognato di fare questo lavoro?
– Io ho studiato da arsenale, poi da una cosa nasce l'altra.
– Si dice che in Corea del Nord manchi la libertà.
– Io comunque faccio l'arsenale.
– Inesauribile.
– Per così dire.
– Lei la mattina si alza...
– E vengo in questo ufficio.
– E?
– Niente, faccio un po' di inventario, controllo che ci sia tutto. Il segreto, quando si è inesauribili, ecco...
– Dica, dica.
– È l'organizzazione.
– Certo.
– Devi sempre sapere dove stanno le cose, altrimenti si perdono.
– Il bello del suo lavoro?
– Gli orari flessibili.
– Il brutto?
– Le alzatacce. E poi, se devo essere sincero...
– Dica.
– È un lavoro da scrivania, mi piacerebbe viaggiare di più.
– Vedere il mondo.
– Sì, portare mia moglie in vacanza.
– Dove le piacerebbe andare?
– A New York!
– Ah però.
– Dicono tutti che con quei grattacieli sembra Blade Runner, è vero?
– È abbastanza vero.
– E allora vede, mi piacerebbe andare a New York e negli Stati Uniti in generale. Un coast to coast, magari.
– Quell'inesauribile arsenale nordoreano: le piace questo nome?
– Moltissimo. Mi ricorda certi titoli di film.
– Quel treno per Yuma...
– Quel maledetto treno blindato.
– Quella sporca ultima meta.
– Vede che ci capiamo.
– Programmi particolari, per oggi?
– No, oggi è un classico martedì, non succede quasi mai niente.
– Giornata tranquilla.
– Sa come si dice, di Venere e di Marte non si sposa nè si parte.
– È proprio vero.
– Anche se io mi sono sposato di venerdì perché gli altri giorni mia suocera non poteva.
– Ma è andato tutto bene.
– Tutto bene. Mia suocera è un caratterino, sa, ma fa una buona pasta al forno.
– Complimenti.
– È quell'inesauribile pasta al forno di mia suocera. HA HA!
– HA HA! Quell'inesaurib... La ringrazio, non la disturbo oltre. Arrivederci, buon lavoro.
– HA HA. Scusi. Arrivederci. La scriva questa cosa di New York.
– Senz'altro. Arrivederci.
– E del coast to coast. Arrivederci.
lunedì, gennaio 16, 2023
While You See A Chance
- Bene, questa cosa combinava? Mi ha l'aria di una che la mandiamo a spalare bismuto nella cintura degli asteroidi.
- Masterizzava mp3 agli amici su cd 12xspeed Traxdata.
- Mp3 di cosa?
- Winwood.
- Steve Winwood?
- Steve Winwwod.
- I Traffic.
- Sì.
- Dear Mr. Fantasy.
- Sì.
- While You See a Chance
- Take it.
- Può andare.
mercoledì, settembre 08, 2021
Il frigorifero di Xi
IL FRIGORIFERO DI XI JINPING
– Buongiorno, si può? Disturbo?
– Venga venga, ma quale disturbo si accomodi.
– Lei è il frigorifero di Xi Jinping?
– No, ma quale Xi Jinping, io sono il frigorifero della famiglia Li, siamo stati tirati a sorte.
– Ci spieghi meglio.
– Hanno telefonato per dirci che sarebbe passato il presidente e che voleva guardare nel frigo, cioè al mio interno.
– Mi faccia capire, il presidente è entrato in casa e l'ha aperta?
– E abbiamo fatto la foto, quello a destra sono proprio io.
– E come mai?
– È la "prosperità condivisa", dicono, ma io non lo so.
– In effetti lei...
– Io raffreddo e basta.
– Fa anche il ghiaccio?
– Certo.
– Il presidente era soddisfatto?
– Sì sì, si è congratulato, dice vedo che anche a voi piacciono i succhi in lattina, io ne vado matto dice.
– Altre osservazioni?
– Le uova, dice anche a voi piacciono tanto le uova, lo sapete che hanno una data di scadenza vero?
– E la famiglia Li?
– Sì sì, dicono, lo sappiamo. È tutto buono, tutto fresco. Ma lui era contento, si vede dalla foto.
– Tutto a posto.
– Sì, la famiglia Li era un po' preoccupata, dice metti che ci fa un esproprio del frigo per via della prosperità condivisa, del riallineamento agli ideali socialisti con caratteristiche cinesi.
– E lei?
– No io mi sono detto che tanto il furgone dei surgelati passava nel pomeriggio.
– E adesso?
– È passato, se vede nello scomparto freezer trova sei pizze margherita e anche cinque cornetti gelato più uno gratis.
– È contento.
– Sì perché è la mia vocazione.
– Come si definirebbe?
– Non starebbe a me dirlo, ma sono un tipo luminoso ecco.
– Che cosa le piace del suo lavoro?
– La freschezza e la pulizia.
– Qualche rammarico?
– Uno solo.
– Ci dica.
– Se questi adesso comprano il cocomero io non so proprio dove metterlo.
– Grazie, arrivederci!
– Con tutta la più buona volontà, ma non ho posto.
– ...
– Non è che non voglio: non posso.
– Arrivederci!
– Arrivederci!
martedì, agosto 31, 2021
L'ultimo
– Buongiorno, lei è... ?
– Sono l'ultimo soldato americano in Afghanistan.
– Un'icona.
– No guardi, io non mi sento un'icona.
– Ma è veramente tutto verde come si vede nella foto?
– No no, io ho colori normalissimi.
– Lei è esperto in missioni di evacuazione.
– Sì, anche in famiglia quando abbiamo ospiti.
– Racconti.
– C'è sempre qualcuno che non si decide ad andarsene, come mia suocera.
– E lei?
– Io le porto il cappotto e l'accompagno alla porta con fermezza. Lei allora parte con il solito trucchetto dei saluti sulla soglia di casa, "Allora ciao", "Ciao", "Ciao", e così all'infinito. A volte dimentica apposta gli occhiali sul divano.
– E in questo caso?
– La evacuo con gentile fermezza. Stessa cosa quando con mia moglie dobbiamo uscire. Lei non è mai pronta, così avvio le manovre di evacuazione.
– Cioè?
– Prendo cappotto e borsetta e li butto giù dalle scale. Vede allora come corre.
– Funziona?
– Funziona sempre, l'ho imparato da un film. Ma non mi chieda il titolo, abbiamo perso l'inizio perché mia moglie e mia suocera erano in ritardo.
– Lei è sempre l'ultimo ad andarsene?
– Sì.
– Però sa come si dice, chi primo arriva bene alloggia.
– Non la sapevo. Io sapevo arriva bene chi arriva ultimo.
– No, eh, non proprio.
– Comunque mi tengono sempre un posto sull'aereo.
– Il bello del suo lavoro?
– Si vede il mondo.
– Il brutto del suo lavoro?
– Le alzatacce.
– Tutto qui?
– E non è sempre facile trovare un cocomero a Ferragosto.
– Grazie, arrivederci!
– Arrivederci!
sabato, settembre 07, 2019
La calma silenziosa del centro
Poi bisogna pur morire di qualcosa. L'importante è fare ritorno al Sogno del Cacciatore, un idilliaco giardinetto dove fioriscono gli ellebori e dove tra le altre cose ci sono i Messaggeri della vasca, piccoli scheletri miserabili che emettono gorgoglii incomprensibili e accolgono a braccia tese e bocca spalancata il nostro Zozzone. I Messaggeri sono in sostanza un prosaico Negozio, ci compri e ci vendi di tutto.
Il film giapponese d'animazione con protagonisti due malinconici gatti antropomorfi chiamati Giovanni e Campanella è finito male come previsto. Ne abbiamo iniziato un altro, del quale non sapevamo nulla. Dapprima non ci ha insospettiti il titolo, L'isola di Giovanni. I due fratellini protagonisti si chiamano in effetti Giovanni e Campanella pure loro, sta' a vedere che va' a finire male anche questo qua, e che Campanella muore in tutti gli universi possibili. Non l'abbiamo finito perché io ho finto di avere sonno, in realtà volevo vedere "La lunga strada del ritorno" di Alessandro Blasetti su RaiStoria, che poi non era neanche cominciato. Abbiamo quindi incrociato la fine di un brutto documentario mal doppiato su Herman Melville, e fatto in tempo ad ascoltare quel brano di Moby Dick in cui Ismaele e i suoi compagni, giunti in una zona del mare detta liscio o lago, si sporgono a guardare nell'acqua e uno strano mondo colpisce i loro occhi.
"Perché sospese in quei sotterranei d'acqua fluttuavano le forme delle madri che allattavano, e di quelle che per la loro circonferenza enorme parevano prossime a diventare madri. Il lago, come ho accennato, era straordinariamente trasparente fino a una profondità considerevole, e come i neonati umani quando poppano fissano calmi e immobili altrove che non sul seno, come se vivessero insieme due esistenze diverse, e mentre prendono il cibo mortale si nutrissero sempre in spirito di qualche ricordo ultraterreno, allo stesso modo i piccoli di queste balene pareva guardassero verso di noi, quasi non fossimo altro, ai loro occhi appena nati, che un pezzetto d'alga del Golfo."
Pure Ismaele, dice, in mezzo all'Atlantico burrascoso del suo essere si rallegra della calma silenziosa del centro, e mentre pianeti pesanti ed eterni di dolore gli ruotano attorno, giù nel profondo e nell'entroterra lui continua a bagnarsi in un'eterna soavità di gioia.
Ho poi dormito tra balenotteri trasognati, ferrovie galattiche e provvisorie resurrezioni.