Don Mario era piccolo, magro, occhialuto e aveva una strana carnagione rossastra, come se qualcuno lo avesse buttato nell'acqua bollente per pochi secondi e poi spellato con cura. Antonia lo aveva squadrato con diffidenza prima di commentare a bassa voce:
- Maria Vergine, un gambero. Deve anche esser cattivo, statènta.
Con don Mario però andavamo abbastanza d'accordo. Capitava che mi pizzicasse le guance o le orecchie con le chele, quando mi vedeva distratta, ma si trattava di gesti affettuosi e tutto sommato sopportabili. Mi aveva anche regalato un piccolo collage di fiori secchi, ricordo del suo recente viaggio di gruppo in Terra Santa.
– Antonia, guarda cosa mi ha dato don Mario.
– Belli, proprio belli i fiorellini, amore.
– Sono dell'orto del Getsemani.
– Fiorellini de un orto, bravo il don Bairo.
– Don Mario, nonna.
– Uguale.
Finché un giorno la Sgorza aveva fatto la spiata della sua vita:
– Padre, io conosco una bambina che ha una nonna e questa bambina e sua nonna bestemmiano.
– Sgorza, in piedi e parla bene senza mangiarti le parole.
– Conosco una bambina e sua nonna che bestemmiano la Madonna, padre.
Sgorza Flavia, una creatura magruzza con grandi occhi azzurri e un'espressione costantemente attonita: in un film si sarebbe guadagnata la parte della piccola paralitica, della monachella orfana o della fiammiferaia, nella vita reale sognava di cambiare il proprio nome in Ondina e di aprire un salone di parrucchiera. La fissai con gli occhi sgranati, mentre lo sguardo incendiario e vagamente spiritato di don Mario si spostava su di me, l'incredulità amplificata dagli occhiali spessi con la montatura di celluloide.
C'era solo una nonna famosa, tra i bambini di quarta A: Antonia. Non poteva trattarsi che di noi. Due o tre pomeriggi alla settimana Sgorza Flavia passava a casa nostra con la scusa dei compiti, beveva il nostro cacao con panna, mangiava i nostri biscotti, addentava pizzette e brioches, trangugiava patatine e aranciata senza mai smettere di parlare di acconciature e permanenti, e intanto tramava nell'ombra come una spia del cardinale Richelieu.
Ma cosa aveva sentito o creduto di sentire, Sgorza Flavia?
Di quell'inverno ricordo il gran freddo, e il fatto che ci sembrava interminabile. Con Antonia ci alzavamo prestissimo, all'insaputa dei miei genitori: lei accendeva la radio, io mi mettevo a leggere i libri della biblioteca di classe, solitamente fiabe nordiche piene di neve, gelo, mutazioni e complicati incantesimi.
Prima di uscire ascoltavamo con assorta concentrazione le previsioni del tempo e le temperature, che rievocavamo durante il tragitto a piedi verso la scuola.
"Heeeelsinki, meno sei".
"Stokkolma, meno due".
"Perlino, zero gradi".
"Moooska, meno undici".
"Venezia".
"Due".
"Santa Maria di Leuca".
"Dieci".
Scivolavamo sul marciapiede leggermente ghiacciato, già sveglie da ore. Il babbo ci aveva regalato due piccoli scaldamani a pile da tenere in tasca (due, perché sospettava che Antonia sarebbe riuscita a impadronirsi del mio, magari barando a rubamazzetto). Li accarezzavamo entusiaste, mentre dagli alberi del viale ci cadevano in testa piccole stalattiti rumorose.
E poi ci fu l'incresciosa faccenda della Sgorza.
– Nonna, la Sgorza ha detto a don Mario che bestemmiamo la Madonna.
– La Sgorza!
– Adesso don Mario ti manda a chiamare, vedrai.
– Santa Maria Vergine, il gambero.
– Santa Maria di Leuca, Antonia!
E in quel momento capimmo, mentre ci sfilava davanti agli occhi il pomeriggio di due settimane prima: Sgorza Flavia che disegnava sul diario audaci capigliature femminili, io intenta a separare la panna montata dal cacao e Antonia accanto alla finestra.
– Orco, nevica.
– Nonna, la neve!
– Speremo che duri.
– Se non butta in piova, – puntualizzò la Sgorza ridestandosi dal suo mondo di fantasia fatto di bigodini e di méches.
– Oh, Santa Maria di Leuca, – esclamò Antonia volgendo gli occhi al soffitto.
– Fa' che no piovi! – implorai io.
Era chiaro: la zelante Sgorza aveva scambiato per una bestemmia l'invocazione a una stazione meteorologica. Questo fu spiegato a don Mario, che però da allora conservò una certa diffidenza nei confronti di Antonia, sospettata di suscitare nella nipote istinti pagani o poco ortodossi: i due si evitarono sempre, tenendosi a distanza come due isobare sulla carta meteorologica.
Fu lunghissimo, quell'inverno di fiabe e di albe ghiacciate votato alla Madonna delle Perturbazioni.
– Che zìma, nonna.
– Non parlare che ti entra l'aria fredda in bocca.
– Ho tre giri di sciarpa intorno alla faccia.
– Entra lo stesso. Lo usi, lo scaldino?
– Certo che lo uso!
– Bòn, chiedevo.
– Oh, Santa Maria di Leuca!
– Pazienza, ghe vòl.
– Non spingere!
– Chi spinge! Heeeelsinki!
– Meno due!
– Stokkolma!
– Non pervenuta!
Talvolta ci capitava di incontrare don Mario, che con la sua faccia rosea e i capelli bianchi spiccava contro il grigiore del mattino come un lugubre fiore esotico in una cella frigorifera.
– Buongiorno padre.
– 'Giorno padre.
– Buongiorno. Bambina, di' arrivederci alla nonna.
– Arrivederci nonna.
– Un momento. Qua lo scaldino.
– Nonna!
– Che poi lo perdi. Compermesso, padre.
Antonia mi consegnava alle chele del gambero e si fermava a fissare per un po' il portone della scuola, facendo scricchiolare la ghiaia sotto i piedi. Poi si allontanava con un'espressione soddisfatta, muovendo impercettibilmente le mani nel tepore simmetrico delle tasche.
Nella mia fantasia Santa Maria di Leuca è sempre incoronata da un robusto campo di alta pressione, segnalato da estremi climatici molto confortevoli.
Sgorza Flavia ha aperto un salone di parrucchiera, dimostrando una formidabile capacità di tener fede ai propri sogni.
martedì, gennaio 09, 2007
Nostra Signora delle Isobare
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lunedì, gennaio 08, 2007
Buràn
Buràn (Буран)
1. forte vento che soffia nelle steppe asiatiche;
2. tormenta, tempesta di neve;
3. programma spaziale sovietico nato nel 1975 come risposta allo statunitense Space Shuttle Program;
4. navicella spaziale, numero di serie 11F35 K1, l'unica completata dell'omonimo programma;
5. una linea di orologi prodotta dalla Polet (volo) nella storica fabbrica moscovita Pervyj Moskovskij Časovoj Zavod;
6. i mondi, là fuori.
Buon viaggio, Buràn.
1. forte vento che soffia nelle steppe asiatiche;
2. tormenta, tempesta di neve;
3. programma spaziale sovietico nato nel 1975 come risposta allo statunitense Space Shuttle Program;
4. navicella spaziale, numero di serie 11F35 K1, l'unica completata dell'omonimo programma;
5. una linea di orologi prodotta dalla Polet (volo) nella storica fabbrica moscovita Pervyj Moskovskij Časovoj Zavod;
6. i mondi, là fuori.
Buon viaggio, Buràn.
domenica, gennaio 07, 2007
Non è tutto polonio quel che accoppa - The Litvinenko Round-Up
A quanto pare, proprio mentre mi facevo fotografare davanti a Itsu la polizia trovava tracce di polonio 210 in un ristorante di Mayfair, Pescatori.
Continuo a pensare che in tutta questa storia ci sia un eccesso di pesce.
Ieri l'Independent ha scritto che Scotland Yard sarebbe prossima a identificare i colpevoli ma che dispera di riuscire a portarli davanti alla corte britannica. Gli investigatori, inoltre, starebbero ancora indagando sul momento esatto dell'avvelenamento, e non escludono che sia avvenuto in due tempi (l'autopsia avrebbe individuato due "picchi" di contaminazione; al Pine Bar del Millennium Litvinenko avrebbe ricevuto la seconda dose, a qualche giorno dalla prima). I sospetti si concentrerebbero su due uomini d'affari, "un ex ufficiale del KGB" e un "ex militare sovietico", cioè Lugovoj e Kovtun. Lugovoj sicuramente è andato al ristorante Pescatori di Mayfair, e ci è andato prima del 1° novembre (giorno dell'incontro con Litvinenko al Pine Bar insieme agli amici Kovtun e Sokolenko), e ha lasciato tracce di polonio in tutti gli alberghi in cui ha dormito.
Secondo fonti della polizia britannica sarà molto difficile ottenere l'estradizione dei due russi. A dirla tutta, gira voce che siano in corso delle trattative segrete per scambiare Boris Berezovskij - ora cittadino britannico, ma ancora nel mirino della procura generale russa per gravi crimini fiscali - con Lugovoj e Kovtun. Berezovskij, in un'intervista a Echo Moskvy, nega.
La procura generale russa invece segue un'altra pista, e cioè quella che vede colpevole Leonid Nevzlin, ex dirigente Jukos fuggito in Israele: Nevzlin ora si trova negli Stati Uniti, da dove aggiorna tranquillamente il suo blog (in russo), ma ci sarebbe un filone dell'inchiesta che si concentra su di lui in quanto responsabile dell'"avvelenamento di cittadini russi con agenti tossici". Qua non si parla solo di polonio, ma anche di vapori di mercurio.
Calma. Adesso vi spiego. Aleksej Golubovič, un dirigente della banca Menatep (un po' di informazioni sulla Menatep in questo articolo di Astrit Dakli) arrestato la scorsa primavera in Italia su mandato dell'Interpol, ha dichiarato di aver subito un tentativo di avvelenamento con mercurio (disseminato generosamente a casa sua, nel suo ufficio, in macchina). Secondo Golubovič Nevzlin poteva avere interesse ad avvelenarlo perché a quel tempo gli azionisti e il consiglio di amministrazione della Jukos stavano discutendo su chi avrebbe controllato la proprietà e i fondi della compagnia all'estero. Poco tempo dopo a Londra si seppe che un ufficiale di Scotland Yard aveva passato all'agenzia di sicurezza britannica ISC Global informazioni sull'estradizione in Russia di cittadini russi residenti a Londra. La ISC Global faceva parte di Menatep, e Nevzlin era tra i suoi clienti. In novembre sono state scoperte tracce di polonio anche nella sede dell ISC, che ora si chiama (ta-daaaa) RISC Management. La fonte di queste notizie è il Kommersant, mica bagigi.
Link (in russo).
La Rospotrebnadzor, cioè più o meno l'Istituto russo per la Salute e i Diritti del Consumatore, ha comunicato che non sono state trovate tracce di radiazioni sui 20 aerei dell'Aeroflot che tra ottobre e novembre hanno volato sulla rotta Mosca-Amburgo. Stessi risultati per la rotta Mosca-Londra. I controlli sono stati eseguiti anche su aerei britannici. Niente polonio.
Link (in russo)
Ma torniamo al nostro caso Litvinenko. Abbiamo bisogno di almeno una dark lady, in questa storia. Oggi la CBS trasmetterà una puntata di 60 minutes che fa al caso nostro, fornendoci il personaggio femminile ambiguo al punto giusto. Non si tratta della moglie del defunto, Marina, che si limita a dichiarare che suo marito non era un ricattatore, ma di Julija Svetličnaja, secondo la quale lo era eccome.
Vi ricordo chi è la bella Julija: ricercatrice russa residente a Londra, conobbe Litvinenko perché aveva bisogno di informazioni per un libro che stava scrivendo. Racconta che Litvinenko le rivelò di voler ricattare un oligarca russo che risiede nel Regno Unito e che è legato a Putin. "Nominò il ricatto in modo molto disinvolto. Mi diceva sempre che aveva bisogno di soldi, che doveva guadagnarsi da vivere, che aveva dei figli da mantenere", dice la Svetličnaja, che non vuole fare il nome dell'oligarca ricattabile ma esclude che si tratti di Berezovskij.
Link
Oggi il deputato della Duma Aleksandr Lebedev avrebbe dichiarato al Sunday Times di essere sopravvissuto pure lui a un tentativo di avvelenamento. Sarebbe successo in un ristorante moscovita circa otto mesi fa. All'epoca perse sei chili, ma non si trovarono tracce di radiazioni né di sostanze tossiche. È più interessante però ricordare chi è Lebedev: ex agente del KGB, milionario, azionista della Novaja Gazeta (il giornale in cui lavorava Anna Politkovskaja e che ha pubblicato le accuse di Litvinenko ai servizi segreti russi per gli attentati del 1999), amico personale di Gorbačev, detentore del 31% di Aeroflot, è il numero 194 nella classifica di Forbes degli uomini più ricchi del mondo. Della serie a noi il conflitto di interessi ci fa una sega.
Pensare che aveva cominciato come agente del KGB all'ambasciata di Londra, con uno stipendio di 700 sterline. Poi aveva lasciato il servizio ed era passato a lavorare come consulente in una banca. Infine si era comprato una piccola banca tutta sua. Di lì, il successo e tanti tanti soldi. Adesso Lebedev, oltre a fare il milionario, il deputato e a denunciare tentativi di avvelenamento à la Litvinenko, tuona contro la corruzione mafiosa che permea il governo russo. Eh, sì.
Link
Update: oggi Lebedev in un'intervista telefonica a Interfaks ha smentito tutta la storia pubblicata dal Sunday Times, estrapolata da un'intervista rilasciata mesi fa al Tatler in cui Lebedev avrebbe "ironizzato su alcuni metodi della concorrenza, che sarebbe perfino disposta ad avvelenare i propri avversari". Niente avvelenamento, niente radiazioni, niente di niente. In compenso il Sunday Times ci ha offerto un bel Lebedev for dummies, per il quale lo ringraziamo molto.
Queste storie from rags to riches sono così divertenti e varie (con scatti vertiginosi e inspiegabili da "ex agente del KGB" a "uomo superpotente e danaroso") che sto seriamente pensando a un generatore automatico di oligarchi/giovani magnati russi.
Piccolo colpo di scena facilmente ridimensionabile: secondo la rivista tedesca Focus, due giorni prima dell'avvelenamento di Litvinenko il diplomatico russo Igor Ponomarev sarebbe morto in circostanze misteriose. Ponomarev avrebbe dovuto incontrarsi con Litvinenko e Scaramella, e invece è andato all'opera, si è sentito male, gli è venuta una gran sete, ha bevuto tre litri d'acqua ed è morto. Focus, citando la dottoressa Gabrijela Gerber-Zupan del centro antiveleni di Monaco, dice che tra i sintomi dell'avvelenamento da tallio c'è proprio la gran sete, e che il corpo di Ponomarev è stato portato in Russia in fretta e in furia, senza autopsia.
La versione ufficiale parla di infarto. Ma una sete dell'accidenti non è tra i sintomi dell'infarto, dice il professor Dietrich Andresen della società tedesca di cardiologia. Mia suocera, abbonata lombarda di Viversani&Belli, direbbe che la morte è stata causata da indigestione d'acqua.
Link (in russo). Mi voglio rovinare: link in tedesco.
Make-up:
Mercury Beauty Anti-Wrinkle Foundation per un'impeccabile argentata uniformità, Tallium Rich Powder per pelli secche, Salmon Pink Blush con effetto vellutante, Ultimate Mascara P-210 a lunga tenuta, Alpha Eyeliner, Trevoga Hand Cream. Come allover propongo l'impalpabile ed evanescente Pribaltiskij Body Glitter nella nuance Silver Cavedano.
Filed in: Russia
Continuo a pensare che in tutta questa storia ci sia un eccesso di pesce.
Ieri l'Independent ha scritto che Scotland Yard sarebbe prossima a identificare i colpevoli ma che dispera di riuscire a portarli davanti alla corte britannica. Gli investigatori, inoltre, starebbero ancora indagando sul momento esatto dell'avvelenamento, e non escludono che sia avvenuto in due tempi (l'autopsia avrebbe individuato due "picchi" di contaminazione; al Pine Bar del Millennium Litvinenko avrebbe ricevuto la seconda dose, a qualche giorno dalla prima). I sospetti si concentrerebbero su due uomini d'affari, "un ex ufficiale del KGB" e un "ex militare sovietico", cioè Lugovoj e Kovtun. Lugovoj sicuramente è andato al ristorante Pescatori di Mayfair, e ci è andato prima del 1° novembre (giorno dell'incontro con Litvinenko al Pine Bar insieme agli amici Kovtun e Sokolenko), e ha lasciato tracce di polonio in tutti gli alberghi in cui ha dormito.
Secondo fonti della polizia britannica sarà molto difficile ottenere l'estradizione dei due russi. A dirla tutta, gira voce che siano in corso delle trattative segrete per scambiare Boris Berezovskij - ora cittadino britannico, ma ancora nel mirino della procura generale russa per gravi crimini fiscali - con Lugovoj e Kovtun. Berezovskij, in un'intervista a Echo Moskvy, nega.
La procura generale russa invece segue un'altra pista, e cioè quella che vede colpevole Leonid Nevzlin, ex dirigente Jukos fuggito in Israele: Nevzlin ora si trova negli Stati Uniti, da dove aggiorna tranquillamente il suo blog (in russo), ma ci sarebbe un filone dell'inchiesta che si concentra su di lui in quanto responsabile dell'"avvelenamento di cittadini russi con agenti tossici". Qua non si parla solo di polonio, ma anche di vapori di mercurio.
Calma. Adesso vi spiego. Aleksej Golubovič, un dirigente della banca Menatep (un po' di informazioni sulla Menatep in questo articolo di Astrit Dakli) arrestato la scorsa primavera in Italia su mandato dell'Interpol, ha dichiarato di aver subito un tentativo di avvelenamento con mercurio (disseminato generosamente a casa sua, nel suo ufficio, in macchina). Secondo Golubovič Nevzlin poteva avere interesse ad avvelenarlo perché a quel tempo gli azionisti e il consiglio di amministrazione della Jukos stavano discutendo su chi avrebbe controllato la proprietà e i fondi della compagnia all'estero. Poco tempo dopo a Londra si seppe che un ufficiale di Scotland Yard aveva passato all'agenzia di sicurezza britannica ISC Global informazioni sull'estradizione in Russia di cittadini russi residenti a Londra. La ISC Global faceva parte di Menatep, e Nevzlin era tra i suoi clienti. In novembre sono state scoperte tracce di polonio anche nella sede dell ISC, che ora si chiama (ta-daaaa) RISC Management. La fonte di queste notizie è il Kommersant, mica bagigi.
Link (in russo).
La Rospotrebnadzor, cioè più o meno l'Istituto russo per la Salute e i Diritti del Consumatore, ha comunicato che non sono state trovate tracce di radiazioni sui 20 aerei dell'Aeroflot che tra ottobre e novembre hanno volato sulla rotta Mosca-Amburgo. Stessi risultati per la rotta Mosca-Londra. I controlli sono stati eseguiti anche su aerei britannici. Niente polonio.
Link (in russo)
Ma torniamo al nostro caso Litvinenko. Abbiamo bisogno di almeno una dark lady, in questa storia. Oggi la CBS trasmetterà una puntata di 60 minutes che fa al caso nostro, fornendoci il personaggio femminile ambiguo al punto giusto. Non si tratta della moglie del defunto, Marina, che si limita a dichiarare che suo marito non era un ricattatore, ma di Julija Svetličnaja, secondo la quale lo era eccome.
Vi ricordo chi è la bella Julija: ricercatrice russa residente a Londra, conobbe Litvinenko perché aveva bisogno di informazioni per un libro che stava scrivendo. Racconta che Litvinenko le rivelò di voler ricattare un oligarca russo che risiede nel Regno Unito e che è legato a Putin. "Nominò il ricatto in modo molto disinvolto. Mi diceva sempre che aveva bisogno di soldi, che doveva guadagnarsi da vivere, che aveva dei figli da mantenere", dice la Svetličnaja, che non vuole fare il nome dell'oligarca ricattabile ma esclude che si tratti di Berezovskij.
Link
Oggi il deputato della Duma Aleksandr Lebedev avrebbe dichiarato al Sunday Times di essere sopravvissuto pure lui a un tentativo di avvelenamento. Sarebbe successo in un ristorante moscovita circa otto mesi fa. All'epoca perse sei chili, ma non si trovarono tracce di radiazioni né di sostanze tossiche. È più interessante però ricordare chi è Lebedev: ex agente del KGB, milionario, azionista della Novaja Gazeta (il giornale in cui lavorava Anna Politkovskaja e che ha pubblicato le accuse di Litvinenko ai servizi segreti russi per gli attentati del 1999), amico personale di Gorbačev, detentore del 31% di Aeroflot, è il numero 194 nella classifica di Forbes degli uomini più ricchi del mondo. Della serie a noi il conflitto di interessi ci fa una sega.
Pensare che aveva cominciato come agente del KGB all'ambasciata di Londra, con uno stipendio di 700 sterline. Poi aveva lasciato il servizio ed era passato a lavorare come consulente in una banca. Infine si era comprato una piccola banca tutta sua. Di lì, il successo e tanti tanti soldi. Adesso Lebedev, oltre a fare il milionario, il deputato e a denunciare tentativi di avvelenamento à la Litvinenko, tuona contro la corruzione mafiosa che permea il governo russo. Eh, sì.
Link
Update: oggi Lebedev in un'intervista telefonica a Interfaks ha smentito tutta la storia pubblicata dal Sunday Times, estrapolata da un'intervista rilasciata mesi fa al Tatler in cui Lebedev avrebbe "ironizzato su alcuni metodi della concorrenza, che sarebbe perfino disposta ad avvelenare i propri avversari". Niente avvelenamento, niente radiazioni, niente di niente. In compenso il Sunday Times ci ha offerto un bel Lebedev for dummies, per il quale lo ringraziamo molto.
Queste storie from rags to riches sono così divertenti e varie (con scatti vertiginosi e inspiegabili da "ex agente del KGB" a "uomo superpotente e danaroso") che sto seriamente pensando a un generatore automatico di oligarchi/giovani magnati russi.
Piccolo colpo di scena facilmente ridimensionabile: secondo la rivista tedesca Focus, due giorni prima dell'avvelenamento di Litvinenko il diplomatico russo Igor Ponomarev sarebbe morto in circostanze misteriose. Ponomarev avrebbe dovuto incontrarsi con Litvinenko e Scaramella, e invece è andato all'opera, si è sentito male, gli è venuta una gran sete, ha bevuto tre litri d'acqua ed è morto. Focus, citando la dottoressa Gabrijela Gerber-Zupan del centro antiveleni di Monaco, dice che tra i sintomi dell'avvelenamento da tallio c'è proprio la gran sete, e che il corpo di Ponomarev è stato portato in Russia in fretta e in furia, senza autopsia.
La versione ufficiale parla di infarto. Ma una sete dell'accidenti non è tra i sintomi dell'infarto, dice il professor Dietrich Andresen della società tedesca di cardiologia. Mia suocera, abbonata lombarda di Viversani&Belli, direbbe che la morte è stata causata da indigestione d'acqua.
Link (in russo). Mi voglio rovinare: link in tedesco.
Make-up:
Mercury Beauty Anti-Wrinkle Foundation per un'impeccabile argentata uniformità, Tallium Rich Powder per pelli secche, Salmon Pink Blush con effetto vellutante, Ultimate Mascara P-210 a lunga tenuta, Alpha Eyeliner, Trevoga Hand Cream. Come allover propongo l'impalpabile ed evanescente Pribaltiskij Body Glitter nella nuance Silver Cavedano.
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sabato, gennaio 06, 2007
Monomani(a)ca
Per negozi con mia madre.
– L'altro giorno sono entrata qui perché cercavo una maglietta, un sottogiacca... Mercoledì ho un pranzo.
– Mercoledì, pranzo. Sottogiacca. Non leopardato, vero?
– Nero. Ma li avevano solo con il collo alto. Allora ne ho visto uno su un manichino, e ho detto "Ne voglio uno come quello lì". Ma mancava una manica.
– Ma come, una manica?
– Beh, sì, era una di quelle magliette con una manica sola. Come, non sai che si usano?
– Ma no, che senso ha una maglietta con una manica sola.
– Guarda che sei indietro, eh.
Poco dopo.
– Lo sai chi credo di aver appena visto? Anzi, sono praticamente sicura?
– Chi?
– Il signor Ferri.
– E chi è?
– Ma come, non ti ricordi? Quello che era caduto dalla barca ed era stato dato per disperso. Il papà di Anita.
– E chi è Anita?
– Ma Anita Ferri, quella che è morta nell'incidente aereo.
– Ma chi!
– Anita! La figlia del signor Ferri.
– Mamma!
– Ma tu non lo guardi, Centovetrine?
– L'altro giorno sono entrata qui perché cercavo una maglietta, un sottogiacca... Mercoledì ho un pranzo.
– Mercoledì, pranzo. Sottogiacca. Non leopardato, vero?
– Nero. Ma li avevano solo con il collo alto. Allora ne ho visto uno su un manichino, e ho detto "Ne voglio uno come quello lì". Ma mancava una manica.
– Ma come, una manica?
– Beh, sì, era una di quelle magliette con una manica sola. Come, non sai che si usano?
– Ma no, che senso ha una maglietta con una manica sola.
– Guarda che sei indietro, eh.
Poco dopo.
– Lo sai chi credo di aver appena visto? Anzi, sono praticamente sicura?
– Chi?
– Il signor Ferri.
– E chi è?
– Ma come, non ti ricordi? Quello che era caduto dalla barca ed era stato dato per disperso. Il papà di Anita.
– E chi è Anita?
– Ma Anita Ferri, quella che è morta nell'incidente aereo.
– Ma chi!
– Anita! La figlia del signor Ferri.
– Mamma!
– Ma tu non lo guardi, Centovetrine?
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venerdì, gennaio 05, 2007
Il maledetto bassotto
Da una conversazione tra A. e suo padre.
– Ah, no, io non sono portato per la montagna. L'ingegner P., invece, lui è un gran camminatore. A un certo punto, tra il Rifugio Auronzo e il Rifugio Locatelli, gli ho detto "Vai, vai, mi siedo qua e ti aspetto". Poco dopo è passata una vecchietta con un bassotto, dovevi vederla: 90 anni forse no, ma 85 li aveva tutti, e bella arzilla. Molto ma molto arzilla, la vecchia. Dovevi vedere come andava. E allora io mi sono detto: andiamo, se ce la fa il maledetto bassotto ce la posso fare anch'io.
– Papà, il bassotto?
– Il maledetto bassotto.
– Adesso capisco da chi ho preso lo spirito competitivo.
– Ah, no, io non sono portato per la montagna. L'ingegner P., invece, lui è un gran camminatore. A un certo punto, tra il Rifugio Auronzo e il Rifugio Locatelli, gli ho detto "Vai, vai, mi siedo qua e ti aspetto". Poco dopo è passata una vecchietta con un bassotto, dovevi vederla: 90 anni forse no, ma 85 li aveva tutti, e bella arzilla. Molto ma molto arzilla, la vecchia. Dovevi vedere come andava. E allora io mi sono detto: andiamo, se ce la fa il maledetto bassotto ce la posso fare anch'io.
– Papà, il bassotto?
– Il maledetto bassotto.
– Adesso capisco da chi ho preso lo spirito competitivo.
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giovedì, gennaio 04, 2007
Food news
D.
– Sai che il solo pensiero del panettone mi disgusta?
– Mh?
– Sto diventando anoressica, secondo te?
– L'apple pie la prendi con il gelato o con la crema?
– Oggi sono più da gelato.
Il Guru del Dubbio
– Ehi, sai che ho messo su un chilo?
– Adesso posa il gatto e ripesati.
– Sai che il solo pensiero del panettone mi disgusta?
– Mh?
– Sto diventando anoressica, secondo te?
– L'apple pie la prendi con il gelato o con la crema?
– Oggi sono più da gelato.
Il Guru del Dubbio
– Ehi, sai che ho messo su un chilo?
– Adesso posa il gatto e ripesati.
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Dal vostro donnino a Soho
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venerdì, dicembre 29, 2006
Londongrad Calling
Oggi ho un aereo da prendere: chiudo l'anno a Londongrad, la Mosca sul Tamigi. Mostre da vedere, libri da comprare, cibo indiano da mangiare, polonio da fiutare, ex agenti del KGB da schivare.
Torno tra pochi giorni. I commenti restano aperti per la consueta socializzazione, gli auguri, la terapie di gruppo, le segnalazioni di falsiallarmi, di braccidestri e di oligarchi in fuga, gli appuntamenti al buio e le scommesse clandestine (per esempio, cosa accadde qualche anno fa alla signora Flora Parda dietro agli Champs-Elysées? Più Nouvelle Vague o Luc Besson? Chi sa, parli).
Auguri, stelline. Goodbye 2006, hello 2007.
p.s. sentiamo: quanto paghereste per una foto del Capo davanti a Itsu Sushi?
p.p.s. benché l'esperta del Telegraph consigli questi stiletto boots in saldo a 195 sterline (erano a 575) da Russell & Bromley, non vi allarmate: avevamo detto no leopardato.
Torno tra pochi giorni. I commenti restano aperti per la consueta socializzazione, gli auguri, la terapie di gruppo, le segnalazioni di falsiallarmi, di braccidestri e di oligarchi in fuga, gli appuntamenti al buio e le scommesse clandestine (per esempio, cosa accadde qualche anno fa alla signora Flora Parda dietro agli Champs-Elysées? Più Nouvelle Vague o Luc Besson? Chi sa, parli).
Auguri, stelline. Goodbye 2006, hello 2007.
p.s. sentiamo: quanto paghereste per una foto del Capo davanti a Itsu Sushi?
p.p.s. benché l'esperta del Telegraph consigli questi stiletto boots in saldo a 195 sterline (erano a 575) da Russell & Bromley, non vi allarmate: avevamo detto no leopardato.
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giovedì, dicembre 28, 2006
Falso Allarme per Voglio Andare al Cairo
Propongo di chiudere il 2006 in allegria con una ložnaja trevoga, cioè il falso allarme alla russa di oggi: il comandante del volo Aeroflot Mosca-Ginevra lancia il segnale di sos e compie un atterraggio di emergenza a Praga, dove lo attendono vigili del fuoco, 15 ambulanze e il capo della polizia ceca personalmente in persona.
Ed eccolo, il presunto terrorista: Evgenij Davaev, classe 1974, ubriaco molesto e disturbatore della quiete pubblica (il termine russo debošir - accento sulla i - riassume il concetto). Prima ha scatenato una rissa a bordo, poi ha chiesto il dirottamento dell'aereo affermando di avere con sé una bomba: con buona pace dei 168 turisti russi diretti in Svizzera per la settimana bianca, lui voleva andare al Cairo, toh.
Il sito russo precisa che il teppista stava andando in villeggiatura con tutta la famiglia (nove persone), la quale però "non ha preso parte alla tentata cattura dell'aereo". Ci mancava solo una nonna che prendesse in ostaggio due hostess con un ferro da calza, con il nipotino intento a mescere esplosivi liquidi nel biberon.
Link (in russo)
Ed eccolo, il presunto terrorista: Evgenij Davaev, classe 1974, ubriaco molesto e disturbatore della quiete pubblica (il termine russo debošir - accento sulla i - riassume il concetto). Prima ha scatenato una rissa a bordo, poi ha chiesto il dirottamento dell'aereo affermando di avere con sé una bomba: con buona pace dei 168 turisti russi diretti in Svizzera per la settimana bianca, lui voleva andare al Cairo, toh.
Il sito russo precisa che il teppista stava andando in villeggiatura con tutta la famiglia (nove persone), la quale però "non ha preso parte alla tentata cattura dell'aereo". Ci mancava solo una nonna che prendesse in ostaggio due hostess con un ferro da calza, con il nipotino intento a mescere esplosivi liquidi nel biberon.
Link (in russo)
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mercoledì, dicembre 27, 2006
Spostapesi, esibizionisti e il sommerso videoludico
Quello che non vorresti mai sentirti chiedere da un bambino di sei anni:
– Zia, cos'è un esibizionista?
Mi sono sentita autorizzata a farmi venire un colpo.
Si è poi chiarito che il protagonista di un videogame (che appartiene alla categoria RPG smanettoni, cioè giochi di ruolo più combo estenuanti tipo "difendi attacca aggira colpo speciale rotola striscia salta statènto"), nella necessità di alzare due munnies (la valuta di Crepuscopoli) stava considerando una gamma di lavoretti interessanti. Tra questi, il postino, lo spostapesi e l'esibizionista. L'allarme sporcaccione in sudicio impermeabile è subito rientrato, dato che per "esibizionista" si intendeva "animatore", nella fattispecie un sottotipo di giocoliere.
Quasi quasi mollo tutto e mi propongo come sublime traduttrice di videogiochi.
Ora, prometto di non dilungarmi sull'etica del lavoro giovanile nei videogames giappoamericani, ma poco dopo ci siamo imbattuti in questa schermata:
"L'organizzatore del torneo Struggle spreme la manovalanza a fondo": caporalato, sfruttamento di minori, lavoro sommerso. E non mi è ancora chiaro cosa sia lo Struggle, ma sicuramente faranno combattere bambini in cambio di munnies.
A questo punto mi sono sentita di proporre l'attività che mi sembrava più dignitosa, il postino.
– Cinque lettere in meno di dieci secondi, ti rendi conto?
– Posso provare io, adesso?
– No, è difficile. Cos'è l'heelflip?
– Flippi lo schèibord con un calcio.
– Bòn, comunque basta premere x. Nove secondi e sessantasei, son 50 munnies puliti, in nero. Mica bagigi!
– 50 munnies!
– Nella vita reale non si fanno queste cose, eh. E neanche lo Struggle si fa, mi raccomando.
– Ma tu hai detto che non sai cos'è.
– Non si fa comunque.
Ieri sera avevo guadagnato 2000 munnies, 2 punti esperienza e la stima di un seienne. E una vescichetta al pollice destro che promette di diventare il primo caso documentato di callo da postino: praticamente una malattia professionale.
– Zia, cos'è un esibizionista?
Mi sono sentita autorizzata a farmi venire un colpo.
Si è poi chiarito che il protagonista di un videogame (che appartiene alla categoria RPG smanettoni, cioè giochi di ruolo più combo estenuanti tipo "difendi attacca aggira colpo speciale rotola striscia salta statènto"), nella necessità di alzare due munnies (la valuta di Crepuscopoli) stava considerando una gamma di lavoretti interessanti. Tra questi, il postino, lo spostapesi e l'esibizionista. L'allarme sporcaccione in sudicio impermeabile è subito rientrato, dato che per "esibizionista" si intendeva "animatore", nella fattispecie un sottotipo di giocoliere.
Quasi quasi mollo tutto e mi propongo come sublime traduttrice di videogiochi.
Ora, prometto di non dilungarmi sull'etica del lavoro giovanile nei videogames giappoamericani, ma poco dopo ci siamo imbattuti in questa schermata:
"L'organizzatore del torneo Struggle spreme la manovalanza a fondo": caporalato, sfruttamento di minori, lavoro sommerso. E non mi è ancora chiaro cosa sia lo Struggle, ma sicuramente faranno combattere bambini in cambio di munnies.
A questo punto mi sono sentita di proporre l'attività che mi sembrava più dignitosa, il postino.
– Cinque lettere in meno di dieci secondi, ti rendi conto?
– Posso provare io, adesso?
– No, è difficile. Cos'è l'heelflip?
– Flippi lo schèibord con un calcio.
– Bòn, comunque basta premere x. Nove secondi e sessantasei, son 50 munnies puliti, in nero. Mica bagigi!
– 50 munnies!
– Nella vita reale non si fanno queste cose, eh. E neanche lo Struggle si fa, mi raccomando.
– Ma tu hai detto che non sai cos'è.
– Non si fa comunque.
Ieri sera avevo guadagnato 2000 munnies, 2 punti esperienza e la stima di un seienne. E una vescichetta al pollice destro che promette di diventare il primo caso documentato di callo da postino: praticamente una malattia professionale.
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lunedì, dicembre 25, 2006
Vigilia 1.0, + 1 giorno
Sopravvissuta con onore.
Che donnino, il Capo.
Nella foto, reperto A: una paletta tagliatorte con impugnatura costituita da renna sorridente vestita con casacca e berretto da Babbo Natale, sciarpa a righe, pantaloni da golfista con risvolto impegnativo e scarponi ornati da due teste sorridenti di Babbi Natale imberbi forniti di vistose orecchie a sventola. Il cervide evoluto regge un paio di sci imitazione legno (sono visibili i rudimentali attacchi). Il tutto rende l'oggetto (nome convenzionale, "regalo"), adatto a un uso intensivo due soli giorni l'anno. Porca paletta.
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venerdì, dicembre 22, 2006
Vigilia 1.0, -2 giorni
Allora è deciso. Ho trovato il pesce che fa per me, il più Ikea che esista, che mi è stato venduto in comodi tranci con istruzioni per il montaggio: il salmone. Lo faccio al forno, con le erbette. A parte, salsina alla panna e capperi.
Come primo, mi produrrò in un pasticcio vegetariano alla goriziana, per le verdurine di antipasto e di contorno mi affido ai consigli di rob e per i biscotti salati alla ricetta di anna. Più una torta salata alle bietoline e al salmone (non sempre lui, un altro).
Al dolce ci penso, magari della frutta flambée (facile).
Il pane, lo faccio.
Naturalmente al momento non c'è ancora nulla, eccetto il Salmö ibernato (perché comprato martedì. Alla domanda "non potevi semplicemente prenotarlo?" non ho saputo rispondere) e una lunga lista della spesa da fare alla Coop tonda, secondo i precetti del Food Master. [Fuori lista, due (2) confezioni di Gocciole Extradark per eventuali carenze affettive].
Avevo sottovalutato il piacere perverso di tenere sulla corda gli invitati, che consiste nel replicare a qualsiasi riferimento alla "cena di domenica sera" con un "cena? quale cena?" abbinato alla mia espressione preferita (quella "non ti voltare, fai finta di nulla, alle tue spalle c'è un coniglio di peluche rosa alto due metri"; occhi, naturalmente, a palla).
Albero di Natale: assente.
Decorazioni festive: assenti.
Babbi Natale che si arrampicano sulle finestre: per l'amor di dio.
Mi sono limitata a una stella rossa sulla porta, riuscendo a impressionare anche mia madre (che pure è abituata). Le falci e i martelli, a quanto pare, li avevano finiti.
E adesso fuori lo spiritoso che ha cercato questo:
Nota: io resterò qua incatenata ai fornelli per i prossimi giorni, se volete cominciamo a darci i bacetti di auguri oggi e finiamo - diciamo - tra una settimana circa. Manina.
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Bora®
– Mi scusi signorina! Questa è...
E fa un ampio gesto con la mano che comprende me, il marciapiede, un bancomat, un semaforo, un paio d'auto, una busta di plastica svolazzante e una vecchia con cuffia a turbante.
– Cosa?
– Dicevo: questa è la bora?
Riferiscono che prima di confermare mi sia scostata i capelli dalla faccia e abbia interrogato il cielo a nord-est, apparentemente indecisa se inumidire di saliva un dito e alzarlo in aria [Come capire la direzione del vento in assenza di un anemometro - cap. 1, metodi empirici].
– Sì, bora!
– Sempre così?
– Anche peggio!
– Grazie!
L'ho visto allontanarsi felice, arrancando controvento. Il mio compagno di raffiche, poco più in là, rideva.
E fa un ampio gesto con la mano che comprende me, il marciapiede, un bancomat, un semaforo, un paio d'auto, una busta di plastica svolazzante e una vecchia con cuffia a turbante.
– Cosa?
– Dicevo: questa è la bora?
Riferiscono che prima di confermare mi sia scostata i capelli dalla faccia e abbia interrogato il cielo a nord-est, apparentemente indecisa se inumidire di saliva un dito e alzarlo in aria [Come capire la direzione del vento in assenza di un anemometro - cap. 1, metodi empirici].
– Sì, bora!
– Sempre così?
– Anche peggio!
– Grazie!
L'ho visto allontanarsi felice, arrancando controvento. Il mio compagno di raffiche, poco più in là, rideva.
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mercoledì, dicembre 20, 2006
La Giornata del Cekista
Basta, ormai è una gara con Scalfarotto, con il quale ho dovuto spartire il primato sul centenario brežneviano. Voglio proprio vedere, quale altro blog oggi festeggia la Giornata del Čekista.
Vi metto pure il link in inglese, diffidenti.
Novye Izvestija pubblica i dati di un sondaggio sul rapporto dei cittadini russi con questa ricorrenza, e risulta che la maggioranza dei russi (77%) considera la Giornata del Čekista una cosa normale, come la Giornata del Metalmeccanico o del Ferroviere. Alla domanda "cosa vorreste augurare ai dipendenti dell'FSB per la loro festa?" il 21% ha risposto "una maggiore professionalità", il 20% "onestà" e il 12% "successo nel lavoro e mansioni tranquille".
Certo, i festeggiamenti sono stati discreti, con un quieto picchetto sulla piazza della Lubjanka, ma nessuno si aspettava il Carnevale di Rio. Credo.
Vi metto pure il link in inglese, diffidenti.
Novye Izvestija pubblica i dati di un sondaggio sul rapporto dei cittadini russi con questa ricorrenza, e risulta che la maggioranza dei russi (77%) considera la Giornata del Čekista una cosa normale, come la Giornata del Metalmeccanico o del Ferroviere. Alla domanda "cosa vorreste augurare ai dipendenti dell'FSB per la loro festa?" il 21% ha risposto "una maggiore professionalità", il 20% "onestà" e il 12% "successo nel lavoro e mansioni tranquille".
Certo, i festeggiamenti sono stati discreti, con un quieto picchetto sulla piazza della Lubjanka, ma nessuno si aspettava il Carnevale di Rio. Credo.
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VVP e i pel'meni
"Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva nel suo studio all'interno del Cremlino e sorseggiava il suo presidenziale tè del mattino. All'improvviso le grandi porte dello studio si spalancarono e fece il suo ingresso il direttore del Servizio di Sicurezza Federale Nikolaj Platonovič Patrušev. Nikolaj Platonovič appariva pallido e nervoso.
- Ascolta, bratello, - disse il direttore, avvicinandosi rapidamente alla scrivania di Vladimir Vladimirovič™, - Ho capito tutto.
- Cosa, hai capito? - Vladimir Vladimirovič™ invece non capiva affatto.
- Però non preoccuparti, eh, - rispose Nikolaj Platonovič, - Solo che a quanto pare con Litivinenko è andata che siamo stati noi... a...
- Cosa?! - Vladimir Vladimirovič™ fissò Nikolaj Platonovič con gli occhi sgranati.
- Su, non prenderla così, - disse il direttore, - È stato solo un errore. Per via dei cellulari ucraini.
- Quali cellulari?! - Vladimir Vladimirovič™ era ormai completamente confuso, - Allora, cominciamo dall'inizio e una cosa alla volta.
- Sì, cominciamo dall'inizio, - concordò Nikolaj Platonovič, - La Cina ha una storia di quattromila anni.
- Bratello, - disse molto lentamente Vladimir Vladimirovič™, - Quale Cina?! Mi devi raccontare del polonio!
- Va bene, il polonio. - acconsentì Nikolaj Platonovič. - In realtà non doveva trattarsi di polonio, ma di pel'meni*. Solo che con i cellulari ucraini si sente malissimo. E i ragazzi si sono sbagliati.
- Che ragazzi? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- I nostri ragazzi, - spiegò Nikolaj Platonovič, - Quelli che dovevano portare in Europa i pel'meni.
- I pel'meni? - si stupì Vladimir Vladimirovič™, - E perché?!
- Capisci, - disse il direttore, - I pel'meni sono la morte della civiltà. Sono stati i cinesi a insegnare ai russi a preparare i pel'meni, così che i russi cominciassero a mangiare solo quelli e morissero tutti di obesità. O di quella, o di cirrosi epatica, perché solo i cani mandano giù i pel'meni senza un bel po' di vodka.
- E intanto loro... - Vladimir Vladimirovič™ cominciava a capire.
- E intanto loro si insediavano nelle nostre terre, - annuì Nikolaj Platonovič, - E noi abbiamo finalmente smascherato questo complotto millenario.
- Ma perché mai spedire i pel'meni in Europa? - domandò Vladimir Vladimirovič™.
- Abbiamo deciso di fare come i cinesi, - rispose Nikolaj Platonovič con un certo orgoglio, - insegnare agli europei a mangiare i pel'meni. E poi prendergli le terre. Ma poi, questi cellulari ucraini...
- Quali cellulari ucraini? - domandò Vladimir Vladimirovič™.
- Non te lo ricordi, eh? - Nikolaj Platonovič disse sarcastico, - Non hai dato l'ordine di comprare una partita di cellulari ucraini? Ti ricordi, Kučma...
- Ricordo. - Rispose tristemente Vladimir Vladimirovič™.
- E così con quei cellulari non si sente un tubo, - Pel'meni, polonio, il suono è quello. E così i ragazzi hanno fatto una cavolata.
- Chiaro, - brontolò Vladimir Vladimirovič™, - E adesso che facciamo?
- Prima cosa - si sporse in avanti Nikolaj Platonovič, - Bisogna chiudere la frontiera con la Cina. Subito. Tutti i cinesi vanno deportati a bordo di aerei, senza indagini e senza processo. E, cosa più importante, è necessario sospendere immediatamente tutte le importazioni dalla Cina.
Vladimir Vladimirovič™ guardò Nikolaj Platonovič con orrore".
* i pel'meni sono una sorta di fagottini di sfoglia ripieni di carne e conditi in vari modi [si prepara una semplice pasta a base di farina e uova e la si tira il più possibile ma senza esagerare. Per il ripieno, amalgamare macinato di manzo (2/3), macinato magro di maiale (1/3), cipolla tritata, sale e pepe. Preparare i fagottini (l'ideale è tagliare la sfoglia con un bicchierino di 4 cm di diametro, mettere al centro di ogni dischetto un cucchiaino di ripieno, metterci sopra un altro dischetto e pizzicare bene i bordi) e far bollire in acqua salata per una decina di minuti (devono venire a galla). Perfetti con la panna acida: prijatnovo appetita :-)]
Da: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
- Ascolta, bratello, - disse il direttore, avvicinandosi rapidamente alla scrivania di Vladimir Vladimirovič™, - Ho capito tutto.
- Cosa, hai capito? - Vladimir Vladimirovič™ invece non capiva affatto.
- Però non preoccuparti, eh, - rispose Nikolaj Platonovič, - Solo che a quanto pare con Litivinenko è andata che siamo stati noi... a...
- Cosa?! - Vladimir Vladimirovič™ fissò Nikolaj Platonovič con gli occhi sgranati.
- Su, non prenderla così, - disse il direttore, - È stato solo un errore. Per via dei cellulari ucraini.
- Quali cellulari?! - Vladimir Vladimirovič™ era ormai completamente confuso, - Allora, cominciamo dall'inizio e una cosa alla volta.
- Sì, cominciamo dall'inizio, - concordò Nikolaj Platonovič, - La Cina ha una storia di quattromila anni.
- Bratello, - disse molto lentamente Vladimir Vladimirovič™, - Quale Cina?! Mi devi raccontare del polonio!
- Va bene, il polonio. - acconsentì Nikolaj Platonovič. - In realtà non doveva trattarsi di polonio, ma di pel'meni*. Solo che con i cellulari ucraini si sente malissimo. E i ragazzi si sono sbagliati.
- Che ragazzi? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- I nostri ragazzi, - spiegò Nikolaj Platonovič, - Quelli che dovevano portare in Europa i pel'meni.
- I pel'meni? - si stupì Vladimir Vladimirovič™, - E perché?!
- Capisci, - disse il direttore, - I pel'meni sono la morte della civiltà. Sono stati i cinesi a insegnare ai russi a preparare i pel'meni, così che i russi cominciassero a mangiare solo quelli e morissero tutti di obesità. O di quella, o di cirrosi epatica, perché solo i cani mandano giù i pel'meni senza un bel po' di vodka.
- E intanto loro... - Vladimir Vladimirovič™ cominciava a capire.
- E intanto loro si insediavano nelle nostre terre, - annuì Nikolaj Platonovič, - E noi abbiamo finalmente smascherato questo complotto millenario.
- Ma perché mai spedire i pel'meni in Europa? - domandò Vladimir Vladimirovič™.
- Abbiamo deciso di fare come i cinesi, - rispose Nikolaj Platonovič con un certo orgoglio, - insegnare agli europei a mangiare i pel'meni. E poi prendergli le terre. Ma poi, questi cellulari ucraini...
- Quali cellulari ucraini? - domandò Vladimir Vladimirovič™.
- Non te lo ricordi, eh? - Nikolaj Platonovič disse sarcastico, - Non hai dato l'ordine di comprare una partita di cellulari ucraini? Ti ricordi, Kučma...
- Ricordo. - Rispose tristemente Vladimir Vladimirovič™.
- E così con quei cellulari non si sente un tubo, - Pel'meni, polonio, il suono è quello. E così i ragazzi hanno fatto una cavolata.
- Chiaro, - brontolò Vladimir Vladimirovič™, - E adesso che facciamo?
- Prima cosa - si sporse in avanti Nikolaj Platonovič, - Bisogna chiudere la frontiera con la Cina. Subito. Tutti i cinesi vanno deportati a bordo di aerei, senza indagini e senza processo. E, cosa più importante, è necessario sospendere immediatamente tutte le importazioni dalla Cina.
Vladimir Vladimirovič™ guardò Nikolaj Platonovič con orrore".
* i pel'meni sono una sorta di fagottini di sfoglia ripieni di carne e conditi in vari modi [si prepara una semplice pasta a base di farina e uova e la si tira il più possibile ma senza esagerare. Per il ripieno, amalgamare macinato di manzo (2/3), macinato magro di maiale (1/3), cipolla tritata, sale e pepe. Preparare i fagottini (l'ideale è tagliare la sfoglia con un bicchierino di 4 cm di diametro, mettere al centro di ogni dischetto un cucchiaino di ripieno, metterci sopra un altro dischetto e pizzicare bene i bordi) e far bollire in acqua salata per una decina di minuti (devono venire a galla). Perfetti con la panna acida: prijatnovo appetita :-)]
Da: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
martedì, dicembre 19, 2006
Miru non crede alle lacrime
Brežnev va negli Stati Uniti e viene ricevuto da Reagan nel suo studio. Lì vede un tavolo magnifico e ne resta molto impressionato: "Da dove viene un tavolo così bello?" Reagan si avvicina alla finestra e dice "Lo vede, quel ponte sul fiume?" "Certo", risponde Brežnev. "Be', abbiamo speso milioni di dollari per costruirlo. Il denaro che è avanzato e che era stato messo in bilancio è finito in quel tavolo". "Notevole", dice Brežnev. "L'economia deve saper fare economia".
Tempo dopo Reagan ricambia la visita e va a Mosca. Nello studio di Brežnev vede un tavolo ancora più bello del suo, e naturalmente chiede: "Da dove viene quel tavolo meraviglioso?". "Venga qui, caro amico", dice Brežnev avvicinandosi alla finestra. "Lo vede, quel ponte sulla Moscova?" "No" "Eccolo qui".
E poi la storiella di Brežnev che inaugura le olimpiadi di Mosca (Apre la bocca e dice "O, O, O, O, O" finché qualcuno non si avvicina e lo avverte che quelli sono i cinque cerchi del logo olimpico); o ancora i discorsi interminabili, la pila apparentemente inesauribile di fogli ("Come mai il discorso doveva durare 15 minuti e ho parlato per un'ora?" "Perché ha letto anche le tre copie carbone, compagno Brežnev"), la mummificata immortalità, la stagnazione, la "Dottrina".
Post leggero dedicato ai filosovietici post-litteram e alla mia infanzia "brežneviana". E a Leonid Il'ič, nonostante quello che ha combinato.
[In realtà volevo essere l'unico blog italiano a ricordare il centenario dalla nascita, e non è neanche detto che sia riuscita a stabilire il primato.]
Tempo dopo Reagan ricambia la visita e va a Mosca. Nello studio di Brežnev vede un tavolo ancora più bello del suo, e naturalmente chiede: "Da dove viene quel tavolo meraviglioso?". "Venga qui, caro amico", dice Brežnev avvicinandosi alla finestra. "Lo vede, quel ponte sulla Moscova?" "No" "Eccolo qui".
E poi la storiella di Brežnev che inaugura le olimpiadi di Mosca (Apre la bocca e dice "O, O, O, O, O" finché qualcuno non si avvicina e lo avverte che quelli sono i cinque cerchi del logo olimpico); o ancora i discorsi interminabili, la pila apparentemente inesauribile di fogli ("Come mai il discorso doveva durare 15 minuti e ho parlato per un'ora?" "Perché ha letto anche le tre copie carbone, compagno Brežnev"), la mummificata immortalità, la stagnazione, la "Dottrina".
Post leggero dedicato ai filosovietici post-litteram e alla mia infanzia "brežneviana". E a Leonid Il'ič, nonostante quello che ha combinato.
[In realtà volevo essere l'unico blog italiano a ricordare il centenario dalla nascita, e non è neanche detto che sia riuscita a stabilire il primato.]
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Vaghe stelle dell'URSS
Lugovoj, Litvinenko, suo fratello cuoco e ancora tanto pesce
[Riassunto delle puntate precedenti: Lugovoj è questo signore qui, una delle società nominate è l'Erinys della quale si parla qui, Litvinenko lo conoscete, su Repubblica oggi c'è pure l'intervista a suo fratello che fa il cuoco in un ristorante di Senigallia specializzato in piatti a base di pesce (grazie, Tamas). C'è più pesce in questa storia di quanto ce ne sarà sulla mia tavola la sera della Vigilia. Qualcuno ha già ossevato che Amleto chiama Polonio 'pescivendolo', pessima allusione alla virtù della povera Ofelia?]
Ecco l'intervista di Izvestija a Andrej Lugovoj. (E poi, con molta calma, vogliamo sapere dalla signora Flora Parda cos'è successo dietro agli Champs-Elysées un po' di anni fa e come fu che ella ne ebbe salva la vita. Sono aperte le scommesse, stavolta si vince il topogatto in cristallo placcato silverplate che fa ciao con la manina).
Domanda: Andrej Konstantinovič, a un certo punto l'hanno considerata addirittura il principale sospetto...
Risposta: Sì, e... Litvinenko in effetti non aveva nemmeno parlato di me. All'inizio aveva dichiarato di essere stato avvelenato, l'11 o il 12 novembre. E non ci fu una sola parola su di me. Io lo chiamai subito e lui mi disse: sai, mi hanno avvelenato. E i giornali allora scrissero che era stato avvelenato da Scaramella. Pensai che fosse tutto molto strano, e gli offrii il mio aiuto. Lui rifiutò ma disse: appena mi riprendo ci vediamo. Ci accordammo di vederci in Spagna un paio di settimane dopo. E poi, quando Litvinenko fu trasferito in rianimazione, pubblicarono il mio nome da qualche parte.
D: Ci racconti dei suoi rapporti con Litvinenko.
R: Ci conoscevamo da circa dieci anni, ma era una conoscenza superficiale: buongiorno, arrivederci. Poi per alcuni anni non ci eravamo visti. Un anno fa mi telefonò inaspettatamente. Probabilmente sapeva che la mia società di sicurezza in Russia andava a gonfie vele. Presi quella telefonata con una certa dose di dubbio. Quando però andai a Londra mi telefonò nuovamente. Fece i nomi di alcune compagnie e mi ci portò. La reputazione, l'autorevolezza e gli interessi imprenditoriali di queste compagnie mi indussero a concludere che la cosa poteva essere molto interessante.
D: Si tratta delle compagnie delle quali si parla in questi giorni?
R: Sì, società molto solide legate al settore della sicurezza. Hanno clienti inglesi e russi interessati a fare affari in Russia. Queste compagnie si occupano di servizi di protezione e guardie del corpo in Russia. Fui ben contento di stringere con loro relazioni d'affari. Mi hanno dimostrato un autentico interesse e hanno condotto con me soddisfacenti transazioni.
D: La visita a queste società è avvenuta il 1° novembre scorso o prima?
R: No, è avvenuta nel mese di dicembre dello scorso anno. Per tutto l'anno siamo rimasti in contatto.
D: E qual era il ruolo di Litvinenko?
R: Era un semplice mediatore. Una volta mi disse: "A me non interessa niente, io ho una percentuale se si arriva a un contratto". Non era previsto che partecipasse alle negoziazioni. In generale faceva tutto questo per denaro.
D: Aveva seri problemi finanziari?
R: Mi disse che l'estate scorsa la sua retribuzione era diminuita di ben tre volte. Accennò perfino a una somma: 1500 sterline. In Inghilterra, dove un custode ne prende più di 2000. Posso dire con certezza che il problema del denaro lo preoccupava straordinariamente, era per lui fondamentale.
D: Le sue transazioni con queste società prevedevano la partecipazione di Berezovskij?
R: No. Con Berezovskij non ho avuto rapporti di lavoro per cinque anni di fila. I contatti erano molto rari e non avevano carattere professionale. E per quanto riguarda Litvinenko, stavo per pagarlo e dirgli "arrivederci e grazie".
D: Ricordiamo comunque quel 1° novembre. Che aspetto aveva Litvinenko, come stava?
R: Di questo non posso proprio parlare.
D: Lei è stato interrogato alla presenza degli investigatori britannici. Dalle domande, si è fatto l'idea che abbiano in mente un'ipotesi precisa?
R: Non lo so, posso dirle che le loro domande non mi hanno stupito in alcun modo.
D: E lei ha un'ipotesi? Tra gli amici di Litvinenko a Londra, per esempio, c'è qualcuno che pensa che ci sia un collegamento con la Spagna. Pare che si fosse messo in contatto con la polizia spagnola per questioni riguardanti la mafia russa.
R: Non posso parlarne, ho già detto tutto agli investigatori. Però non posso nemmeno smentire queste voci. Però non sono sicuro che si sia messo in contatto con la polizia.
Link
Ecco l'intervista di Izvestija a Andrej Lugovoj. (E poi, con molta calma, vogliamo sapere dalla signora Flora Parda cos'è successo dietro agli Champs-Elysées un po' di anni fa e come fu che ella ne ebbe salva la vita. Sono aperte le scommesse, stavolta si vince il topogatto in cristallo placcato silverplate che fa ciao con la manina).
Domanda: Andrej Konstantinovič, a un certo punto l'hanno considerata addirittura il principale sospetto...
Risposta: Sì, e... Litvinenko in effetti non aveva nemmeno parlato di me. All'inizio aveva dichiarato di essere stato avvelenato, l'11 o il 12 novembre. E non ci fu una sola parola su di me. Io lo chiamai subito e lui mi disse: sai, mi hanno avvelenato. E i giornali allora scrissero che era stato avvelenato da Scaramella. Pensai che fosse tutto molto strano, e gli offrii il mio aiuto. Lui rifiutò ma disse: appena mi riprendo ci vediamo. Ci accordammo di vederci in Spagna un paio di settimane dopo. E poi, quando Litvinenko fu trasferito in rianimazione, pubblicarono il mio nome da qualche parte.
D: Ci racconti dei suoi rapporti con Litvinenko.
R: Ci conoscevamo da circa dieci anni, ma era una conoscenza superficiale: buongiorno, arrivederci. Poi per alcuni anni non ci eravamo visti. Un anno fa mi telefonò inaspettatamente. Probabilmente sapeva che la mia società di sicurezza in Russia andava a gonfie vele. Presi quella telefonata con una certa dose di dubbio. Quando però andai a Londra mi telefonò nuovamente. Fece i nomi di alcune compagnie e mi ci portò. La reputazione, l'autorevolezza e gli interessi imprenditoriali di queste compagnie mi indussero a concludere che la cosa poteva essere molto interessante.
D: Si tratta delle compagnie delle quali si parla in questi giorni?
R: Sì, società molto solide legate al settore della sicurezza. Hanno clienti inglesi e russi interessati a fare affari in Russia. Queste compagnie si occupano di servizi di protezione e guardie del corpo in Russia. Fui ben contento di stringere con loro relazioni d'affari. Mi hanno dimostrato un autentico interesse e hanno condotto con me soddisfacenti transazioni.
D: La visita a queste società è avvenuta il 1° novembre scorso o prima?
R: No, è avvenuta nel mese di dicembre dello scorso anno. Per tutto l'anno siamo rimasti in contatto.
D: E qual era il ruolo di Litvinenko?
R: Era un semplice mediatore. Una volta mi disse: "A me non interessa niente, io ho una percentuale se si arriva a un contratto". Non era previsto che partecipasse alle negoziazioni. In generale faceva tutto questo per denaro.
D: Aveva seri problemi finanziari?
R: Mi disse che l'estate scorsa la sua retribuzione era diminuita di ben tre volte. Accennò perfino a una somma: 1500 sterline. In Inghilterra, dove un custode ne prende più di 2000. Posso dire con certezza che il problema del denaro lo preoccupava straordinariamente, era per lui fondamentale.
D: Le sue transazioni con queste società prevedevano la partecipazione di Berezovskij?
R: No. Con Berezovskij non ho avuto rapporti di lavoro per cinque anni di fila. I contatti erano molto rari e non avevano carattere professionale. E per quanto riguarda Litvinenko, stavo per pagarlo e dirgli "arrivederci e grazie".
D: Ricordiamo comunque quel 1° novembre. Che aspetto aveva Litvinenko, come stava?
R: Di questo non posso proprio parlare.
D: Lei è stato interrogato alla presenza degli investigatori britannici. Dalle domande, si è fatto l'idea che abbiano in mente un'ipotesi precisa?
R: Non lo so, posso dirle che le loro domande non mi hanno stupito in alcun modo.
D: E lei ha un'ipotesi? Tra gli amici di Litvinenko a Londra, per esempio, c'è qualcuno che pensa che ci sia un collegamento con la Spagna. Pare che si fosse messo in contatto con la polizia spagnola per questioni riguardanti la mafia russa.
R: Non posso parlarne, ho già detto tutto agli investigatori. Però non posso nemmeno smentire queste voci. Però non sono sicuro che si sia messo in contatto con la polizia.
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Vigilia 1.0, - 5 giorni
Ora, uno dei lati positivi della cena della Vigilia chéz Mir è che per una volta non sarò costretta a mangiare il solito cocktail di gamberetti tiepidi in salsa salmonella ricomposti in coppa di vetro celeste con sottocoppa all'uncinetto.
Però.
– Abbiamo deciso di contribuire alla cena della Vigilia!
– Ma no, grazie, sono perfettamente organizzata. [Sorriso deciso, sguardo fisso, è fondamentale non sbattere le ciglia. Utilissimi il mascara estremo Magnetic Paralyzer e l'ombretto perlato Still Life al botulino]
– Ma l'altro giorno all'Emisfero abbiamo trovato una cosa che a Milano esiste da decenni, mentre qui non si usava.
– Ah! [Brivido]
– Il panettone gastronomico! Adesso vado a prenderlo.
– No, non ti preocc...
[Torna con un sacchetto di pane finto, a forma di panettone ammaccato, già tagliato a fette].
– Vedi, si farcisce ogni strato e poi si taglia a fette come un panettone. Un'usanza che qui non aveva mai preso piede. [Scuote la testa: selvaggi, slavi, questi hanno ancora lo zucchero di zona franca e le tessere della carne, sicuro]
– Chissà come mai. Bene, grazie, lo farcirò con ingredienti di fantasia.
– Ma no, te lo farcisco io: uno strato di insalata russa, uno di prosciutto, uno di cocktail di gamberetti...
[Si allontana. Resto in piedi al centro della sala da pranzo, a fissare l'indecente alberello musicale a fibre ottiche e il babbo natale grande come un cicciobello che si agita cantando una versione spettrale di Jingle Bells Rock. Il genere di pupazzetto che scatta in azione nei film dell'orrore, in genere poco prima della mattanza. O poco dopo. O anche durante, se armato di lunga lama affilata. Suocera è scivolata silenziosamente al mio fianco, dondolando al ritmo di Jingle Bells Rock. Sobbalzo].
– Bicchieri?
– Dodici acqua e dodici vino, vetro. Possiedo.
– Tovaglia?
– Da dodici, con tovaglioli.
– Decanter?
– Regalato tu. Natale scorso.
[Dondola emettendo una breve stringa di versi compiaciuti. Poi indica l'abete fricchettone modello "Mamma mia"]
– L'albero di Natale ce l'hai, sì?
– A posto, grazie.
Prima di uscire ho tirato un pugno a Babbo Natale cicciobello psychokiller. Per quest'anno aveva cantato abbastanza.
Però.
– Abbiamo deciso di contribuire alla cena della Vigilia!
– Ma no, grazie, sono perfettamente organizzata. [Sorriso deciso, sguardo fisso, è fondamentale non sbattere le ciglia. Utilissimi il mascara estremo Magnetic Paralyzer e l'ombretto perlato Still Life al botulino]
– Ma l'altro giorno all'Emisfero abbiamo trovato una cosa che a Milano esiste da decenni, mentre qui non si usava.
– Ah! [Brivido]
– Il panettone gastronomico! Adesso vado a prenderlo.
– No, non ti preocc...
[Torna con un sacchetto di pane finto, a forma di panettone ammaccato, già tagliato a fette].
– Vedi, si farcisce ogni strato e poi si taglia a fette come un panettone. Un'usanza che qui non aveva mai preso piede. [Scuote la testa: selvaggi, slavi, questi hanno ancora lo zucchero di zona franca e le tessere della carne, sicuro]
– Chissà come mai. Bene, grazie, lo farcirò con ingredienti di fantasia.
– Ma no, te lo farcisco io: uno strato di insalata russa, uno di prosciutto, uno di cocktail di gamberetti...
[Si allontana. Resto in piedi al centro della sala da pranzo, a fissare l'indecente alberello musicale a fibre ottiche e il babbo natale grande come un cicciobello che si agita cantando una versione spettrale di Jingle Bells Rock. Il genere di pupazzetto che scatta in azione nei film dell'orrore, in genere poco prima della mattanza. O poco dopo. O anche durante, se armato di lunga lama affilata. Suocera è scivolata silenziosamente al mio fianco, dondolando al ritmo di Jingle Bells Rock. Sobbalzo].
– Bicchieri?
– Dodici acqua e dodici vino, vetro. Possiedo.
– Tovaglia?
– Da dodici, con tovaglioli.
– Decanter?
– Regalato tu. Natale scorso.
[Dondola emettendo una breve stringa di versi compiaciuti. Poi indica l'abete fricchettone modello "Mamma mia"]
– L'albero di Natale ce l'hai, sì?
– A posto, grazie.
Prima di uscire ho tirato un pugno a Babbo Natale cicciobello psychokiller. Per quest'anno aveva cantato abbastanza.
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lunedì, dicembre 18, 2006
Falso Allarme per Doppio Zero
All'ONU in una cassetta delle lettere trovano un pacchetto pieno di polvere bianca, danno l'allarme, decontaminano tre piani e poi, naturalmente, scoprono che si tratta di farina.
Il gentile donatore di falsiallarmi di oggi, il Prinz Lusky, si chiede: "chi è che spedisce farina alla sede dell'ONU, per posta?"
Una massaia spossata? Un fornaio costretto a raddoppiare i turni di panificazione?
Se tra una settimana qualcuno comincia a mandare in giro lische di pesce con posta prioritaria, sapete di chi si tratta.
Link
Il gentile donatore di falsiallarmi di oggi, il Prinz Lusky, si chiede: "chi è che spedisce farina alla sede dell'ONU, per posta?"
Una massaia spossata? Un fornaio costretto a raddoppiare i turni di panificazione?
Se tra una settimana qualcuno comincia a mandare in giro lische di pesce con posta prioritaria, sapete di chi si tratta.
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Vigilia 1.0, - 6 giorni
Dopo un allarme subito rientrato (era infatti emerso che non faccio uso di una bilancia per pesare gli alimenti, ed è stato necessario accordarsi sull'unità di misura, ora ufficialmente il pugnomir), il Food spammer dice che va meglio, che adesso mangio ma che bisogna ancora lavorare sui tempi. Non si può far durare un'ora ottanta grammi (tre pugnomiri) di farfalle, dice. C'è un limite.
Io gli ho chiesto in quale modo il tempo influisca, e lui ha detto semplicemente: "Influisce". Comincerò a preoccuparmi quando si presenterà con un fischietto e un cronometro.
Sono piccole ombre, queste, che non turbano il mio pacifico transfert e la sua cristallina fiducia nel potere taumaturgico delle penne rigate.
Ormai è tutto lavoro di rifinitura: per esempio, vada per lo yogurt grasso, ma dev'essere prodotto con latte munto da vacche felici (le sudtirolesi sono felici e pascolano perfettamente integrate nel loro contesto, le slovene sono macilente, depresse, compresse e troppo responsabilizzate); e la pasta meglio di una certa marca pressoché introvabile, e la spesa in generale meglio farla alla Coop, ma quella con le "o" tonde che per qualche motivo che non ricordo è di gran lunga preferibile a quella graficamente spigolosa. Insomma, a quanto pare finora ho vissuto in un mondo parallelo malevolo come la realtà alternativa di Silent Hill. E i mandarini, per carità, smettila di scaldarli nel microonde che ti sputtani la vitamina C. Così adesso quando mi viene voglia di un mandarino e lo prelevo dal frigo devo alzare il termostato e contribuire al riscaldamento globale, creando disagio anche alle vacche di Sand in Taufers (e no, non c'è ancora un grado di premeditazione sufficiente a far sì che io tolga dal frigo un tot di mandarini un tot di ore prima).
Di F. non gli ho neanche raccontato, perché lo metterebbe tra i contagiosi e gli infrequentabili. F., giorni fa, sapendo che avrebbe fatto tardi e che non avrebbe potuto cenare prima delle dieci, si è portato al lavoro un bagigio. E alla domanda perplessa "Ma un bagigio? Cosa vuoi che sia un bagigio?" lui ha risposto calmissimo "Dentro ce ne sono due, comunque".
Non glielo dico, di F., neanche per sogno. Poi si fissa.
Ma sono cose minime.
La vera catastrofe alimentare è un'altra. Oggi mi sono ricordata che la cena della Vigilia – per un motivo confuso e certamente legato a un episodio di spensieratezza alcolica – si farà qui. Si allunga e si apparecchia festosamente il tavolo, arrivano nove persone, ci si saluta, si fanno due convenevoli, si commenta la disdicevole assenza di tende qua e là a un anno dal trasloco, si osserva ammutoliti la perturbante mancanza di cuscini decorativi e di soprammobili, il tutto mentre il signor G. sfila con grazia anoressica sbuffando leggermente con il naso prima di scivolare in curva e sbattere goffamente contro una parete.
E infine si mangia. Voglio dire: queste brave persone vengono qui con l'intenzione di mangiare. E visto che è la vigilia vorranno mangiare di magro: che non significa mangiare poco, tipo due bagigi e un mandarino a testa, ma pietanze a base di pesce. Sushi escluso.
Io non so cucinare il pesce. So cucinare molto bene alcune cose, sono specializzata in piccole porzioni da mangiare lentamente in completo relax a orari strani. Non possiedo casseruole, pentole, teglie, coperchi. Io apro buste, scarto vaschette, scongelo, riscaldo. Faccio il pane. Punto. Dopo tutto, ho un passato da digiunatrice di quinto livello.
Mancano sei giorni, e oggi non lo conto: oggi sarà la giornata dedicata alla riflessione sui temi "cosa ho fatto di male?", "esiste forse un dio, ma soprattutto esistono pesci senza spine?" e "dov'è finito il numero della rosticceria?".
Penso alla mucca che mantengo felice a forza di comprare yogurt grassi certificati ISO e me la vedo che rumina spensierata nel tepore di un mondo pacificamente curvilineo, la maledetta, mentre io mi affanno a schivare gli spigoli.
Io gli ho chiesto in quale modo il tempo influisca, e lui ha detto semplicemente: "Influisce". Comincerò a preoccuparmi quando si presenterà con un fischietto e un cronometro.
Sono piccole ombre, queste, che non turbano il mio pacifico transfert e la sua cristallina fiducia nel potere taumaturgico delle penne rigate.
Ormai è tutto lavoro di rifinitura: per esempio, vada per lo yogurt grasso, ma dev'essere prodotto con latte munto da vacche felici (le sudtirolesi sono felici e pascolano perfettamente integrate nel loro contesto, le slovene sono macilente, depresse, compresse e troppo responsabilizzate); e la pasta meglio di una certa marca pressoché introvabile, e la spesa in generale meglio farla alla Coop, ma quella con le "o" tonde che per qualche motivo che non ricordo è di gran lunga preferibile a quella graficamente spigolosa. Insomma, a quanto pare finora ho vissuto in un mondo parallelo malevolo come la realtà alternativa di Silent Hill. E i mandarini, per carità, smettila di scaldarli nel microonde che ti sputtani la vitamina C. Così adesso quando mi viene voglia di un mandarino e lo prelevo dal frigo devo alzare il termostato e contribuire al riscaldamento globale, creando disagio anche alle vacche di Sand in Taufers (e no, non c'è ancora un grado di premeditazione sufficiente a far sì che io tolga dal frigo un tot di mandarini un tot di ore prima).
Di F. non gli ho neanche raccontato, perché lo metterebbe tra i contagiosi e gli infrequentabili. F., giorni fa, sapendo che avrebbe fatto tardi e che non avrebbe potuto cenare prima delle dieci, si è portato al lavoro un bagigio. E alla domanda perplessa "Ma un bagigio? Cosa vuoi che sia un bagigio?" lui ha risposto calmissimo "Dentro ce ne sono due, comunque".
Non glielo dico, di F., neanche per sogno. Poi si fissa.
Ma sono cose minime.
La vera catastrofe alimentare è un'altra. Oggi mi sono ricordata che la cena della Vigilia – per un motivo confuso e certamente legato a un episodio di spensieratezza alcolica – si farà qui. Si allunga e si apparecchia festosamente il tavolo, arrivano nove persone, ci si saluta, si fanno due convenevoli, si commenta la disdicevole assenza di tende qua e là a un anno dal trasloco, si osserva ammutoliti la perturbante mancanza di cuscini decorativi e di soprammobili, il tutto mentre il signor G. sfila con grazia anoressica sbuffando leggermente con il naso prima di scivolare in curva e sbattere goffamente contro una parete.
E infine si mangia. Voglio dire: queste brave persone vengono qui con l'intenzione di mangiare. E visto che è la vigilia vorranno mangiare di magro: che non significa mangiare poco, tipo due bagigi e un mandarino a testa, ma pietanze a base di pesce. Sushi escluso.
Io non so cucinare il pesce. So cucinare molto bene alcune cose, sono specializzata in piccole porzioni da mangiare lentamente in completo relax a orari strani. Non possiedo casseruole, pentole, teglie, coperchi. Io apro buste, scarto vaschette, scongelo, riscaldo. Faccio il pane. Punto. Dopo tutto, ho un passato da digiunatrice di quinto livello.
Mancano sei giorni, e oggi non lo conto: oggi sarà la giornata dedicata alla riflessione sui temi "cosa ho fatto di male?", "esiste forse un dio, ma soprattutto esistono pesci senza spine?" e "dov'è finito il numero della rosticceria?".
Penso alla mucca che mantengo felice a forza di comprare yogurt grassi certificati ISO e me la vedo che rumina spensierata nel tepore di un mondo pacificamente curvilineo, la maledetta, mentre io mi affanno a schivare gli spigoli.
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