Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva nel suo studio a leggere i giornali.
- Isolamento internazionale, - borbottò Vladimir Vladimirovič™, - Diritto internazionale... Deplorevole... Valori... Fondo di stabilizzazione... I terroristi hanno dirottato nuovamente un aereo... Terremoto sul Bajkal... Oh!
Vladimir Vladimirovič™ sfilò dalla tasca il telefono mobile con l'aquila a due teste al posto della tastiera e premette il pulsante di chiamata del deputato della Duma di Stato, membro della commissione della Duma per la difesa, primo vice presidente del partito "Russia Unita" Artur Nikolaevič Čilingarov.
- Ascolta, bratello! - domandò preoccupato Vladimir Vladimirovič™, - Com'è, lì?
- E chi lo sapeva, che veniva fuori quel casino! - esclamò Artur Nikolaevič, - Gli abbiamo solo datto una toccatina!
- A cosa, avete dato una toccatina? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Ma sì, lì in fondo c'era quel solito pippoletto, - spiegò Artur Nikolaevič, - Insomma quella specie di bottoncino. Lo abbiamo toccato con il manipolatore, e, e... che salto che ha fatto!
Vladimir Vladimirovič™ impallidì.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in:Russia
mercoledì, agosto 27, 2008
lunedì, agosto 25, 2008
Il grano saraceno non è riso bruciacchiato
In un articolo di quattro anni fa per il Guardian John Laughland ricordava come la signora Saakashvili andasse fieramente sbandierando l'appartenenza del marito alla lunga tradizione dei "grandi leader georgiani come Stalin e Beria".
Lo ammetto: finora ho avuto poco tempo per la bella, poliglotta e tendenzialmente bionda consorte olandese di Mishiko.
Ma signori, se ne vale la pena. Per la felicità di tutti noi Sandra Roelofs ha scritto un'autobiografia, intitolata assai modestamente La first lady della Georgia. Memorie di un'idealista.
E grazie alla Komsomolskaja Pravda (e soprattutto a Massimo che mi ha passato il link) eccone alcuni estratti tradotti in velocità da me medesima:
Sulla Georgia e i georgiani:
«Mi tocca combattere in un paese dove 2/3 della popolazione vivono sulla soglia della povertà, dove la gente ci invidia per la nostra felicità, la nostra ricchezza o la nostra carriera. Dobbiamo affrontare minacce, ricatti e spionaggio».
«A volte penso che molti abitanti di questo paese non meritino di vivere in questo paradiso, perché non vogliono e non hanno abbastanza a cuore il progresso della Georgia moderna».
«Se Shevardnadze lasciasse il suo posto e se ne andasse a stanare bin Laden, allora forse espierebbe tutto il male che ha fatto alla Georgia».
«Il grano saraceno, con il quale a Occidente si riempiono i cuscini, a quanto pare non è riso bruciacchiato».
«Se i georgiani sono europei? Certo! I primi uomini sono giunti in Europa dal Kenya passando per la Georgia».
«Quando sono andata con lui per la prima volta a un concerto non si è quasi accorto delle mie scarpe nuove. Era interessato solo alle macchine fotografiche e alle telecamere».
«Misha era certo di essere l'unica speranza per questo paese, e io ne ero altrettanto convinta. Una volta ha detto che aveva vissuto bene per 35 anni e che era pronto a morire... e io mi sono messa a piangere...».
«Il futuro del paese era stato messo in pericolo e noi eravamo in prima linea, a testa alta, pronti all'attacco».
«Sulla stampa è uscito un pesce d'aprile, dicevano che Misha aveva ricevuto in regalo dal suocero una Jaguar da 48.000 dollari... E io commenterei così: Misha una macchina così se la merita, perché in Georgia non ci sono tanti uomini intelligenti e saggi come lui».
«L'esercito fu vestito, nutrito e addestrato, ed ebbe inizio la privatizzazione delle grandi fabbriche».
«“Meglio nessuna riforma che riforme dimezzate!”: ecco il ritratto della politica di Saakashvili».
A proposito di sé:
«Mi preparai con cura alla cerimonia di insediamento, comprai il vestito a Parigi. Mi domandarono: “È per un matrimonio?” Io dissi: "Sì, in un certo senso"... Mi arricciai le punte dei capelli... Somigliavo ad Alice nel paese delle meraviglie».
«Su una delle pagine del mio diario è incollato un ritaglio con i consigli su cosa fare e cosa non fare quando si corre il rischio di una violenza».
«Ho regalato un telescopio all'osservatorio di Tbilisi. La gente era in estasi».
«Sono andata alla televisione... Le reazioni sono state magnifiche: parlo già bene il georgiano, sono piacevole, ho il senso dell'umorismo...»
«Con i bambini bisogna essere severi, non devono chiedere le canzoncine o le fiabe prima di mettersi a dormire».
[C'è un modo di dire russo: Muž da ženà - odnà satanà: letteralmente "moglie e marito, stesso satana"; per dire che i coniugi spesso condividono pensieri e azioni, e sono fatti - come in questo caso - l'uno per l'altra].
[Ma le famose lauree della signora sono lauree particolarmente brevi? Quei famosi diplomi d istituto parificato? Siamo sicuri che non ci sia scritto in piccolo "il titolo Dr. non va inteso letteralmente e non è riconosciuto in alcun paese, tranne forse gli Stati Uniti e parti della Georgia" o "Universitas Studiorum Avonensis" (che è quella dove si formano le rappresentanti dell'Avon)?]
Lo ammetto: finora ho avuto poco tempo per la bella, poliglotta e tendenzialmente bionda consorte olandese di Mishiko.
Ma signori, se ne vale la pena. Per la felicità di tutti noi Sandra Roelofs ha scritto un'autobiografia, intitolata assai modestamente La first lady della Georgia. Memorie di un'idealista.
E grazie alla Komsomolskaja Pravda (e soprattutto a Massimo che mi ha passato il link) eccone alcuni estratti tradotti in velocità da me medesima:
Sulla Georgia e i georgiani:
«Mi tocca combattere in un paese dove 2/3 della popolazione vivono sulla soglia della povertà, dove la gente ci invidia per la nostra felicità, la nostra ricchezza o la nostra carriera. Dobbiamo affrontare minacce, ricatti e spionaggio».
«A volte penso che molti abitanti di questo paese non meritino di vivere in questo paradiso, perché non vogliono e non hanno abbastanza a cuore il progresso della Georgia moderna».
«Se Shevardnadze lasciasse il suo posto e se ne andasse a stanare bin Laden, allora forse espierebbe tutto il male che ha fatto alla Georgia».
«Il grano saraceno, con il quale a Occidente si riempiono i cuscini, a quanto pare non è riso bruciacchiato».
«Se i georgiani sono europei? Certo! I primi uomini sono giunti in Europa dal Kenya passando per la Georgia».
Su Misha e la sua politica:
«Quando sono andata con lui per la prima volta a un concerto non si è quasi accorto delle mie scarpe nuove. Era interessato solo alle macchine fotografiche e alle telecamere».
«Misha era certo di essere l'unica speranza per questo paese, e io ne ero altrettanto convinta. Una volta ha detto che aveva vissuto bene per 35 anni e che era pronto a morire... e io mi sono messa a piangere...».
«Il futuro del paese era stato messo in pericolo e noi eravamo in prima linea, a testa alta, pronti all'attacco».
«Sulla stampa è uscito un pesce d'aprile, dicevano che Misha aveva ricevuto in regalo dal suocero una Jaguar da 48.000 dollari... E io commenterei così: Misha una macchina così se la merita, perché in Georgia non ci sono tanti uomini intelligenti e saggi come lui».
«L'esercito fu vestito, nutrito e addestrato, ed ebbe inizio la privatizzazione delle grandi fabbriche».
«“Meglio nessuna riforma che riforme dimezzate!”: ecco il ritratto della politica di Saakashvili».
A proposito di sé:
«Mi preparai con cura alla cerimonia di insediamento, comprai il vestito a Parigi. Mi domandarono: “È per un matrimonio?” Io dissi: "Sì, in un certo senso"... Mi arricciai le punte dei capelli... Somigliavo ad Alice nel paese delle meraviglie».
«Su una delle pagine del mio diario è incollato un ritaglio con i consigli su cosa fare e cosa non fare quando si corre il rischio di una violenza».
«Ho regalato un telescopio all'osservatorio di Tbilisi. La gente era in estasi».
«Sono andata alla televisione... Le reazioni sono state magnifiche: parlo già bene il georgiano, sono piacevole, ho il senso dell'umorismo...»
«Con i bambini bisogna essere severi, non devono chiedere le canzoncine o le fiabe prima di mettersi a dormire».
[C'è un modo di dire russo: Muž da ženà - odnà satanà: letteralmente "moglie e marito, stesso satana"; per dire che i coniugi spesso condividono pensieri e azioni, e sono fatti - come in questo caso - l'uno per l'altra].
[Ma le famose lauree della signora sono lauree particolarmente brevi? Quei famosi diplomi d istituto parificato? Siamo sicuri che non ci sia scritto in piccolo "il titolo Dr. non va inteso letteralmente e non è riconosciuto in alcun paese, tranne forse gli Stati Uniti e parti della Georgia" o "Universitas Studiorum Avonensis" (che è quella dove si formano le rappresentanti dell'Avon)?]
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sabato, agosto 23, 2008
Capital G.
Well I used to stand for something
Now I'm on my hands and knees
Traded in my God for this one
And he signs his name with a capital G.
[Trent Reznor, "Capital G."]
A questo punto a cosa servono la disinformazione, la propaganda, il complottismo, le teorie sugli universi paralleli, gli ufi, la satira, la fantasia, Kurt Vonnegut, l'lsd, Photoshop?
Se certe cose poi esistono davvero.
Filed in: Usa therealthing
venerdì, agosto 22, 2008
Will the real mirumir please stand up?
Silent Hill mode on.
Sta di qua.
[Per visagistica+dietrologia, russismi, frivolezze, fun facts e momentanei attacchi di follia continuate a citofonare qui]
Filed in: metablog
mercoledì, agosto 20, 2008
Ask toni_i: con quante K si scrive, Guofeng?
"vi segnalo in tempo reale
+6 ore di fuso
la morte del compagno Hua Guofeng
che dopo 30 anni i giornalisti continuano a chiamare con la K
uomo di transizione, troppo debole per fare paura, dietro cui si nascondeva Deng, pronto per la lotta finale contro la moglie di Mao.
fu durante il suo interregno che il PCC inventò dal nulla la teoria della Banda dei Quattro, cui i giornalisti occidentali continuano a credere"
toni_i
[Vi segnalo in tempo reale che - complice la mia prigionia caucasica - ho finalmente realizzato la vecchia idea di creare la sezione "Ask toni_i".
No, lui naturalmente non lo sa. Certo, cosa mi costava mandargli una mail, magari una di quelle mail con lo spazio per le X e con i trabocchetti che sono solita mandare al Manuel. D'accordo, ma avrebbe nicchiato o messo X a caso. E così. Adesso lo sa :-)]
Filed in: asktoni_i
+6 ore di fuso
la morte del compagno Hua Guofeng
che dopo 30 anni i giornalisti continuano a chiamare con la K
uomo di transizione, troppo debole per fare paura, dietro cui si nascondeva Deng, pronto per la lotta finale contro la moglie di Mao.
fu durante il suo interregno che il PCC inventò dal nulla la teoria della Banda dei Quattro, cui i giornalisti occidentali continuano a credere"
toni_i
[Vi segnalo in tempo reale che - complice la mia prigionia caucasica - ho finalmente realizzato la vecchia idea di creare la sezione "Ask toni_i".
No, lui naturalmente non lo sa. Certo, cosa mi costava mandargli una mail, magari una di quelle mail con lo spazio per le X e con i trabocchetti che sono solita mandare al Manuel. D'accordo, ma avrebbe nicchiato o messo X a caso. E così. Adesso lo sa :-)]
Filed in: asktoni_i
lunedì, agosto 18, 2008
VVP, Medvedev e i soldi
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin e il Presidente della Federazione Russa Dmitrij Anatol'evič Medvedev sedevano nella dacia governativa e leggevano la stampa occidentale.
- Quanto strillano, - scosse il capo Vladimir Vladimirovič™, - Come con Litvinenko...
- 'desso smettono, - disse sorridendo Dmitrij Anatol'evič.
- Perché? - domandò Vladimir Vladimirovič™, diffidente.
- Ho parlato con Musharraf, - disse il Presidente, - Perché si dimettesse.
Vladimir Vladimirovič™ fissò sconvolto Dmitrij Anatol'evič.
- Così adesso Condoleezza c'ha da fare, - disse Dmitrij Anatol'evič tutto contento, - Cosa? L'avevi detto. Dima, avevi detto, adesso sei tu il presidente. Dima, adesso occupati della politica estera. E io me ne sono occupato.
- Q... qu... Quanto? - balbettò Vladimir Vladimirovič™ con voce soffocata.
- Perché dobbiamo subito intristirci? - domandò Dmitrij Anatol'evič, - Pensa: i soldi sono solo carta.
E Vladimir Vladimirovič™ impallidì.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
- Quanto strillano, - scosse il capo Vladimir Vladimirovič™, - Come con Litvinenko...
- 'desso smettono, - disse sorridendo Dmitrij Anatol'evič.
- Perché? - domandò Vladimir Vladimirovič™, diffidente.
- Ho parlato con Musharraf, - disse il Presidente, - Perché si dimettesse.
Vladimir Vladimirovič™ fissò sconvolto Dmitrij Anatol'evič.
- Così adesso Condoleezza c'ha da fare, - disse Dmitrij Anatol'evič tutto contento, - Cosa? L'avevi detto. Dima, avevi detto, adesso sei tu il presidente. Dima, adesso occupati della politica estera. E io me ne sono occupato.
- Q... qu... Quanto? - balbettò Vladimir Vladimirovič™ con voce soffocata.
- Perché dobbiamo subito intristirci? - domandò Dmitrij Anatol'evič, - Pensa: i soldi sono solo carta.
E Vladimir Vladimirovič™ impallidì.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
VVP, Ivanov e Mišiko
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva nel suo studio da primo ministro e guardava alla televisione il presidente della Georgia Michail Nikolaevič Saakašvili che si mangiava la cravatta.
A un tratto le imponenti porte dello studio di spalancarono e il primo vice primo ministro Sergej Borisovič Ivanov entrò con un gran sorriso.
- Cia', bratello, - disse Sergej Borisovič, - Mi chiamavi?
- Lavori male, - disse Vladimir Vladimirovič ™ senza voltarsi, - I militari si lamentano. Quel tuo GLONASS non funziona. Armi moderne niente. E dove sono le famose nanotecnologie, eh?
E Vladimir Vladimirovič™ si voltò di scatto, puntando lo sguardo accigliato su Sergej Borisovič.
- Ma come, dove? - rispose Sergej Borisovič senza perdere il sorriso, - Eccole.
E il vice primo ministro indicò con gli occhi il televisore.
Vladimir Vladimirovič™ guardò senza capire.
- Nel senso… - Vladimir Vladimirovič™ era confuso, - Non ho capito. Cosa, la cravatta? Ci avete messo il polonio?
- Ma quale cravatta! - Sergej Borisovič scoppiò a ridere, - E quale polonio! Lui!
- Chi? - Vladimir Vladimirovič™ continuava a non capire, - Chi, lui? Mišiko?!
- Ma sì, - annuì Sergej Borisovič, - Ci serviva un nano-Hitler. È la nostra ultima invenzione. Ma guardalo, guardalo lì. Dagli qualche giorno e si spara. In compagnia di qualche ragazzetta.
Vladimir Vladimirovič™ fissava lo schermo con gli occhi spalancati.
Michail Nikolaevič continuava a masticare la cravatta.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
A un tratto le imponenti porte dello studio di spalancarono e il primo vice primo ministro Sergej Borisovič Ivanov entrò con un gran sorriso.
- Cia', bratello, - disse Sergej Borisovič, - Mi chiamavi?
- Lavori male, - disse Vladimir Vladimirovič ™ senza voltarsi, - I militari si lamentano. Quel tuo GLONASS non funziona. Armi moderne niente. E dove sono le famose nanotecnologie, eh?
E Vladimir Vladimirovič™ si voltò di scatto, puntando lo sguardo accigliato su Sergej Borisovič.
- Ma come, dove? - rispose Sergej Borisovič senza perdere il sorriso, - Eccole.
E il vice primo ministro indicò con gli occhi il televisore.
Vladimir Vladimirovič™ guardò senza capire.
- Nel senso… - Vladimir Vladimirovič™ era confuso, - Non ho capito. Cosa, la cravatta? Ci avete messo il polonio?
- Ma quale cravatta! - Sergej Borisovič scoppiò a ridere, - E quale polonio! Lui!
- Chi? - Vladimir Vladimirovič™ continuava a non capire, - Chi, lui? Mišiko?!
- Ma sì, - annuì Sergej Borisovič, - Ci serviva un nano-Hitler. È la nostra ultima invenzione. Ma guardalo, guardalo lì. Dagli qualche giorno e si spara. In compagnia di qualche ragazzetta.
Vladimir Vladimirovič™ fissava lo schermo con gli occhi spalancati.
Michail Nikolaevič continuava a masticare la cravatta.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
i dont see rusia no where
giovedì, agosto 14, 2008
Blood Simple
- Oh, la Manu.
- Ciao. Che fa papà?
- Che fa, tutto fa: nuoto, canoa, si è riguardato la Pellegrini per l'undicesima volta. Eccola lì sul divano, la salma.
- Ciao.
- Guarda, guarda cosa si è fatto alla gamba.
- Lina, un piccolo diversivo.
- Papà, ma sei caduto?
- Ma no, questo scemo va in cantina a fare non so cosa.
- Lavoretti miei.
- Lavoretti suoi e non torna più.
- Si è fatto male.
- Ma no, mi è sfuggita di mano una tavola di legno e l'ho fermata con la gamba.
- Certo, l'ha fermata per non rovinare il pavimento della cantina.
- Un po' di sangue.
- Fiumi di sangue. Torna su fischiettando e mi dice: "Posso avere un po' di acetone?" Che io ho pensato, eccolo che si è sporcato di vernice la maglietta.
- Volevo dire disinfettante. Al limite acqua ossigenata.
- Ma è scemo, è?
- Graffietto. Zi-iic. Qui.
- Ma quale graffietto, c'era sangue dappertutto.
- Manu, io lo faccio per lei.
- Nel senso?
- Nel senso che sviene per niente, si impressiona. Devo abituarla, un po' alla volta, al sangue.
- Manu.
- Così non sviene più.
- Manu, ti volevamo chiedere: chi ha attaccato per prima? La Georgia o la Russia?
- La Georgia.
- Ah.
- Toh.
- Chi ha vinto?
- Lui.
Filed in: therealthing lafamigliamir
- Ciao. Che fa papà?
- Che fa, tutto fa: nuoto, canoa, si è riguardato la Pellegrini per l'undicesima volta. Eccola lì sul divano, la salma.
- Ciao.
- Guarda, guarda cosa si è fatto alla gamba.
- Lina, un piccolo diversivo.
- Papà, ma sei caduto?
- Ma no, questo scemo va in cantina a fare non so cosa.
- Lavoretti miei.
- Lavoretti suoi e non torna più.
- Si è fatto male.
- Ma no, mi è sfuggita di mano una tavola di legno e l'ho fermata con la gamba.
- Certo, l'ha fermata per non rovinare il pavimento della cantina.
- Un po' di sangue.
- Fiumi di sangue. Torna su fischiettando e mi dice: "Posso avere un po' di acetone?" Che io ho pensato, eccolo che si è sporcato di vernice la maglietta.
- Volevo dire disinfettante. Al limite acqua ossigenata.
- Ma è scemo, è?
- Graffietto. Zi-iic. Qui.
- Ma quale graffietto, c'era sangue dappertutto.
- Manu, io lo faccio per lei.
- Nel senso?
- Nel senso che sviene per niente, si impressiona. Devo abituarla, un po' alla volta, al sangue.
- Manu.
- Così non sviene più.
- Manu, ti volevamo chiedere: chi ha attaccato per prima? La Georgia o la Russia?
- La Georgia.
- Ah.
- Toh.
- Chi ha vinto?
- Lui.
Filed in: therealthing lafamigliamir
domenica, agosto 10, 2008
L'ordine del giorno
L'ordine del giorno di Saakashvili:
3.00 attacco
6.00 blitzkrieg
7.00 colazione
12.00 vittoria
17.00 richiesta di aiuto.
Link: Ellustrator
Si ride anche, magari, ma a denti stretti.
Confermo che l'Andrea e la Miru stanno nella dacia estiva: lì troverete traduzioni, link, notizie, riassunti e (perfino!) qualche annotazione personale. Tanta roba, tradotta in fretta, con refusi simpatici e per una volta mandando a quel paese i diacritici (con i nomi georgiani adottiamo la traslitterazione dell'universo imperfetto mondo, cioè come viene viene e come Google comanda).
Capace che è pure roba interessante e fatta bene, visto che come recita giudiziosamente il disclaimer non siamo una testata giornalistica ai sensi di.
Per prima cosa date un'occhiata a questo round-up e agli apparenti problemi della Reuters con le comparse (in fondo al post): tanto la premessa grande come un palazzone di era sovietica l'ho già scritta di là.
Su questa terra
Hanno diritto su questa terra alla vita: il dubbio d’aprile, il profumo del pane
all’alba, le idee di una donna sugli uomini, le opere di Eschilo, il dischiudersi
dell’amore, un’erba su una pietra, madri in piedi sul filo del flauto, la paura di ricordare negli invasori.
Hanno diritto su questa terra alla vita: la fine di settembre, una signora quasi
quarantenne in tutto il suo fulgore, l’ora di sole in prigione, nuvole che imitano
uno stormo di creature, le acclamazioni di un popolo a coloro che sorridono alla morte, la paura dei canti negli oppressori.
Su questa terra ha diritto alla vita, su questa terra, signora alla terra, la
madre dei principi, la madre delle fini. Si chiamava Palestina si chiama
Palestina. Mia signora ho diritto, che sei mia signora, ho diritto alla vita.
Mahmoud Darwish (1941-2008)
Su Tlaxcala, qui.
Filed in: Palestina memoria
all’alba, le idee di una donna sugli uomini, le opere di Eschilo, il dischiudersi
dell’amore, un’erba su una pietra, madri in piedi sul filo del flauto, la paura di ricordare negli invasori.
Hanno diritto su questa terra alla vita: la fine di settembre, una signora quasi
quarantenne in tutto il suo fulgore, l’ora di sole in prigione, nuvole che imitano
uno stormo di creature, le acclamazioni di un popolo a coloro che sorridono alla morte, la paura dei canti negli oppressori.
Su questa terra ha diritto alla vita, su questa terra, signora alla terra, la
madre dei principi, la madre delle fini. Si chiamava Palestina si chiama
Palestina. Mia signora ho diritto, che sei mia signora, ho diritto alla vita.
Mahmoud Darwish (1941-2008)
Su Tlaxcala, qui.
Filed in: Palestina memoria
venerdì, agosto 08, 2008
Ma quant'è l'Ici per la Luna in settima casa?
Allora, porto I. a Monfalcone. Partiamo con buon anticipo perché si prepara un temporale.
Faccio appena in tempo a dire "oh, guarda, verso il mare è già sereno" che veniamo investite da una di quelle tormente perfettamente inutili da film di Petersen.
E così cerco di convincere I. a stare chiuse in macchina per un po', ché abbiamo tempo, e per distrarla le racconto pure un po' di significativi fatti miei. Come ultima risorsa potrei proporle di contarci i chakra.
Ma niente da fare, ricci naturali allunga già la mano verso il trolley e l'ombrello, affidandomi zaino e borsetta.
Questo significa che.
Mi tocca cercare parcheggio.
Piove.
Piove tanto e l'ombrello numero due sta nel portabagagli.
Scendo.
Piove, grandina e tira vento. Io ho un ombrello inutile, una borsa, una borsetta e uno zaino che deve contenere la sabbia di mezza costa adriatica, una dozzina di cristalli e il litraggio quotidiano di fiori di Bach.
Quando faccio il mio umido ingresso nell'atrio della stazione mancano comunque dieci minuti all'arrivo del treno.
I. mi osserva con curiosità e partecipazione.
- Ma sei fradicia, gioia.
- Lo so, - dico, allargando bruscamente le braccia e schizzando i deliziati presenti.
- Ma molto erotica. Molto.
- Grazie.
- Almeno, no?
- È già qualcosa, - confermo tendendole lo zainetto e tutta la sua prepotente forza di gravità.
Poi succedono due cose belle e importanti: arriva il treno e smette di piovere. Mi sbraccio per un po' davanti al finestrino sbagliato, poi torno a Gorizia e vado a prelevare il signor G. dai miei. L'avevo delocalizzato lì per eccesso di finestre spalancate in casa: è un Sacro di Birmania, crede nella reincarnazione e tende a planare spensierato dal secondo piano, anche se I. direbbe che è un semplice problema di radicamento. Tanto che un paio di volte ho pensato con orrore che fosse davvero volato di sotto, mentre lui si era semplicemente appartato con un Soriano (Osvaldo) tra gli scaffali della libreria.
Dunque prendo il G., torno a casa, bevo mezzo litro di latte gelido e accendo il pc.
Sentite qua. Credo che ora spenderò tutto il mio erotismo residuo sull'Ossezia Meridionale (come dice Andrea: "Che hanno certi giornalisti contro la geopolitica?"). Gli interessati, il Comitato Vittime della Miru, i fan acritici e i feticisti dei birkenstock bagnati numero 35 mi troveranno forse più spesso su 2.0.
Se I. fosse ancora qui mi direbbe che la ricerca della solitudine è normale, perché dopo tutto ho la Luna in settima casa, e infine mi proporrebbe di fare un po' di reiki al Caucaso. Questo lo penso con un'irresponsabile traccia di tenerezza. Poi mi accorgo di essermi seduta su un pezzo di ossidiana fiocco di neve, e impreco fino a sparigliarmi tutti i meridiani.
Filed in: therealthing
Faccio appena in tempo a dire "oh, guarda, verso il mare è già sereno" che veniamo investite da una di quelle tormente perfettamente inutili da film di Petersen.
E così cerco di convincere I. a stare chiuse in macchina per un po', ché abbiamo tempo, e per distrarla le racconto pure un po' di significativi fatti miei. Come ultima risorsa potrei proporle di contarci i chakra.
Ma niente da fare, ricci naturali allunga già la mano verso il trolley e l'ombrello, affidandomi zaino e borsetta.
Questo significa che.
Mi tocca cercare parcheggio.
Piove.
Piove tanto e l'ombrello numero due sta nel portabagagli.
Scendo.
Piove, grandina e tira vento. Io ho un ombrello inutile, una borsa, una borsetta e uno zaino che deve contenere la sabbia di mezza costa adriatica, una dozzina di cristalli e il litraggio quotidiano di fiori di Bach.
Quando faccio il mio umido ingresso nell'atrio della stazione mancano comunque dieci minuti all'arrivo del treno.
I. mi osserva con curiosità e partecipazione.
- Ma sei fradicia, gioia.
- Lo so, - dico, allargando bruscamente le braccia e schizzando i deliziati presenti.
- Ma molto erotica. Molto.
- Grazie.
- Almeno, no?
- È già qualcosa, - confermo tendendole lo zainetto e tutta la sua prepotente forza di gravità.
Poi succedono due cose belle e importanti: arriva il treno e smette di piovere. Mi sbraccio per un po' davanti al finestrino sbagliato, poi torno a Gorizia e vado a prelevare il signor G. dai miei. L'avevo delocalizzato lì per eccesso di finestre spalancate in casa: è un Sacro di Birmania, crede nella reincarnazione e tende a planare spensierato dal secondo piano, anche se I. direbbe che è un semplice problema di radicamento. Tanto che un paio di volte ho pensato con orrore che fosse davvero volato di sotto, mentre lui si era semplicemente appartato con un Soriano (Osvaldo) tra gli scaffali della libreria.
Dunque prendo il G., torno a casa, bevo mezzo litro di latte gelido e accendo il pc.
Sentite qua. Credo che ora spenderò tutto il mio erotismo residuo sull'Ossezia Meridionale (come dice Andrea: "Che hanno certi giornalisti contro la geopolitica?"). Gli interessati, il Comitato Vittime della Miru, i fan acritici e i feticisti dei birkenstock bagnati numero 35 mi troveranno forse più spesso su 2.0.
Se I. fosse ancora qui mi direbbe che la ricerca della solitudine è normale, perché dopo tutto ho la Luna in settima casa, e infine mi proporrebbe di fare un po' di reiki al Caucaso. Questo lo penso con un'irresponsabile traccia di tenerezza. Poi mi accorgo di essermi seduta su un pezzo di ossidiana fiocco di neve, e impreco fino a sparigliarmi tutti i meridiani.
Filed in: therealthing
giovedì, agosto 07, 2008
Non è tutto prana quel che luccica
- Qua Gorizia, là Nova Gorica. Le due Coree del Nord-Est, le chiama un'amica mia. In mezzo, il bosco.
- Ah, ma vedi, lì, tra gli alberi?
- Sole, si chiama.
- No, quella nebbiolina densa, quasi lattiginosa. Incredibile.
- Aspetta un momento. Sai che no?
- Spostati. Lì.
- Ah, sì. Zanzare.
- No. P R A N A.
- 'azz.
- Che.
- Sono stata or ora punta da un pulviscolo di prana.
Filed in: therealthing
- Ah, ma vedi, lì, tra gli alberi?
- Sole, si chiama.
- No, quella nebbiolina densa, quasi lattiginosa. Incredibile.
- Aspetta un momento. Sai che no?
- Spostati. Lì.
- Ah, sì. Zanzare.
- No. P R A N A.
- 'azz.
- Che.
- Sono stata or ora punta da un pulviscolo di prana.
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mercoledì, agosto 06, 2008
Il nostro obiettivo è il carnevale
Dal materiale d'archivio di Miroslava (attualmente "in vacanza-lavoro in Colchoz Amicizia Trattoristica numero 2"):
Dal libro "Per una migliore preparazione del carnevale", sottotitolo "A difesa del raccolto dei campi socialisti e dei beni socialisti". Anno 1934.
Il presidio di etnografi.
La commissione per le manifestazioni carnevalesche.
La prima media della scuola "M. Gor'kij" alla sfilata di carnevale.
"Nessuno meglio di lui sa fare le casette per gli uccelli".
Ma soprattutto:
"L'entusiasmo creativo delle vastissime masse lavoratrici è l'arma più importante nella lotta per il raccolto.
Gli operai stampatori della tipografia 'Kommunist' mostrano il libro dedicato alla preparazione del carnevale".
Che, riuscirei mai a inventarmi una cosetta del genere?
Eh, no. Eh no no no.
Filed in: Russia
Dal libro "Per una migliore preparazione del carnevale", sottotitolo "A difesa del raccolto dei campi socialisti e dei beni socialisti". Anno 1934.
Il presidio di etnografi.
La commissione per le manifestazioni carnevalesche.
La prima media della scuola "M. Gor'kij" alla sfilata di carnevale.
"Nessuno meglio di lui sa fare le casette per gli uccelli".
Ma soprattutto:
"L'entusiasmo creativo delle vastissime masse lavoratrici è l'arma più importante nella lotta per il raccolto.
Gli operai stampatori della tipografia 'Kommunist' mostrano il libro dedicato alla preparazione del carnevale".
Che, riuscirei mai a inventarmi una cosetta del genere?
Eh, no. Eh no no no.
Filed in: Russia
lunedì, agosto 04, 2008
Un giorno
"Šuchov si addormentò che si sentiva pienamente soddisfatto. Quel giorno gli erano andate bene molte cose. Non lo avevano messo in cella di rigore, la squadra non era finita a Socgorodok, a cena aveva mangiato la kaša, il caposquadra aveva ottenuto una buona percentuale, gli era piaciuto costruire il muro, non gli avevano trovato il seghetto durante la perquisizione, la sera aveva guadagnato un po' di soldi extra da Cezar e aveva comprato del tabacco. E non si era ammalato, non aveva ceduto.
Era passato un giorno, un giorno per niente cupo, quasi felice.
Uno dei tremilaseicentocinquantatré giorni della sua pena, dalla campanella del mattino a quella della sera.
I tre in più per gli anni bisestili".
Aleksandr Isaevič Solženicyn, Un giorno nella vita di Ivan Denisovič.
[foto]
Filed in: Russia memoria
Era passato un giorno, un giorno per niente cupo, quasi felice.
Uno dei tremilaseicentocinquantatré giorni della sua pena, dalla campanella del mattino a quella della sera.
I tre in più per gli anni bisestili".
Aleksandr Isaevič Solženicyn, Un giorno nella vita di Ivan Denisovič.
[foto]
Filed in: Russia memoria
Eternal Sunshine, Spotless Minds
- Foto del signor G. davanti alle veneziane nuove.
- Ma tu non hai le veneziane.
- Le ho.
- No.
- Perché non passi da un po'.
- Come. Ma sì invece, scusa. Cos'è che abbiamo fatto l'ultima volta?
- Siamo andati al cine.
- Ma quando.
- L'ultima volta, ci siamo litigati per una settimana per metterci d'accordo e poi siamo andati al cine.
- Mi ricordo che mi sono un po' inalberato, ma il cine.
- Un po' inalberato, piangevo! Il cine all'aperto.
- Ma no.
- Allora. Quel giorno mi hai costretta a fare un pezzo di autostrada e ho dovuto sorpassare anche un tot di camion, mentre tu ti divertivi a tenere il conto e bisbigliarmi nell'orecchio "Galleria! Ci passeremo?". Insopportabile. Poi niente, abbiamo mangiato una pizza e infine siamo andati al cine.
- Pizza. Pizza?
- Sì, e il gelato. Guarda che era pochissimo tempo fa.
- Ma no. Siamo andati a vedere Benvenuti?
- Benvenuti? Bentivoglio!
- Eh.
- Quello era a gennaio.
- Allora no. E cosa abbiamo visto?
- I corti.
- I corti. Non ci credo, dimmene uno.
- Quello dei due vecchietti a pesca e della dentiera.
- Ah. Sì.
- Ah. Sì. Come mi chiamo?
- Chi sei?
---
- Poi non abbiamo cenato, era ancora aperta quella panetteria che è anche bar, con i tavolini fuori, hai presente...
- Sì.
- E lì ci siamo prese un paio di dolcetti, poi siamo...
- Sì. Me la ricordo perché quella bionda slavata una volta ci ha fatto aspettare un'ora per un'aranciata.
- Mh?
- E poi la incontravo sempre sull'autobus e la guardavo con odio perché quel giorno ci aveva fatto perdere un sacco di tempo, con quell'aranciata.
- Sì, con odio, figuriamoci. 'scolta.
- 'sta stronza.
- Questa cosa sarà successa più di due anni fa.
- Sì. Circa.
- Il mio anzianotto ha la memoria selettiva.
- Stento un po' con i ricordi recenti, ma a lungo termine tutto bene.
- Mi preoccupa un po' che continui a rimuovermi.
[Dà un'occhiata al cellulare] - Chi è che si mette a farmi gli squillini? Un'ora fa, hm.
- ...
- Oh. Tu.
Filed in: therealthing
- Ma tu non hai le veneziane.
- Le ho.
- No.
- Perché non passi da un po'.
- Come. Ma sì invece, scusa. Cos'è che abbiamo fatto l'ultima volta?
- Siamo andati al cine.
- Ma quando.
- L'ultima volta, ci siamo litigati per una settimana per metterci d'accordo e poi siamo andati al cine.
- Mi ricordo che mi sono un po' inalberato, ma il cine.
- Un po' inalberato, piangevo! Il cine all'aperto.
- Ma no.
- Allora. Quel giorno mi hai costretta a fare un pezzo di autostrada e ho dovuto sorpassare anche un tot di camion, mentre tu ti divertivi a tenere il conto e bisbigliarmi nell'orecchio "Galleria! Ci passeremo?". Insopportabile. Poi niente, abbiamo mangiato una pizza e infine siamo andati al cine.
- Pizza. Pizza?
- Sì, e il gelato. Guarda che era pochissimo tempo fa.
- Ma no. Siamo andati a vedere Benvenuti?
- Benvenuti? Bentivoglio!
- Eh.
- Quello era a gennaio.
- Allora no. E cosa abbiamo visto?
- I corti.
- I corti. Non ci credo, dimmene uno.
- Quello dei due vecchietti a pesca e della dentiera.
- Ah. Sì.
- Ah. Sì. Come mi chiamo?
- Chi sei?
---
- Poi non abbiamo cenato, era ancora aperta quella panetteria che è anche bar, con i tavolini fuori, hai presente...
- Sì.
- E lì ci siamo prese un paio di dolcetti, poi siamo...
- Sì. Me la ricordo perché quella bionda slavata una volta ci ha fatto aspettare un'ora per un'aranciata.
- Mh?
- E poi la incontravo sempre sull'autobus e la guardavo con odio perché quel giorno ci aveva fatto perdere un sacco di tempo, con quell'aranciata.
- Sì, con odio, figuriamoci. 'scolta.
- 'sta stronza.
- Questa cosa sarà successa più di due anni fa.
- Sì. Circa.
- Il mio anzianotto ha la memoria selettiva.
- Stento un po' con i ricordi recenti, ma a lungo termine tutto bene.
- Mi preoccupa un po' che continui a rimuovermi.
[Dà un'occhiata al cellulare] - Chi è che si mette a farmi gli squillini? Un'ora fa, hm.
- ...
- Oh. Tu.
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venerdì, agosto 01, 2008
VVP, Medvedev e il mercato
[Contesto:
1. ieri Medvedev ha detto che il potere russo non deve più terrorizzare (letteralmente dare gli incubi: ha coniato il verbo "košmarit'", da košmar)] gli affari.
2. Aleksej Venediktov, conduttore radiofonico di Echo Moskvy, ha dichiarato in un'intervista: Putin mi ha detto che è solito usare i giornalisti come uno strumento].
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin e il Presidente della Federazione Russa Dmitrij Anatol'evič Medvedev sedevano in un ufficio del Cremlino.
- Mi annoio, - disse Dmitrij Anatol'evič, - Pensavo che la presidenza fosse più divertente.
- È che non sai fare, - sorrise Vladimir Vladimirovič™, - Dài, adesso ti insegno.
- Dài, - disse Dmitrij Anatol'evič.
- Schema classico, - cominciò Vladimir Vladimirovič™, - Poliziotto buono e poliziotto cattivo.
- Cioè? - il Presidente non capiva, - Non sono stato nel KGB, io.
- Semplicissimo, - spiegò Vladimir Vladimirovič™, - Prima rimprovero e poi marcia indietro.
- Non capisco uguale, - rispose sinceramente Dmitrij Anatol'evič.
- Lo dicevo a Venediktov, - sospirò Vladimir Vladimirovič™, - Così non va bene, non va. E lui: allora fai parlare Medvedev, l'ho già detto ai giornali...
- Ma spiega, allora! - esclamò Dmitrij Anatol'evič.
- Ma cosa c'è da spiegare? - sospirò nuovamente Vladimir Vladimirovič™, - Allora, io prendo e faccio una lavata di capo a uno... come con Chodorkovskij. Tipo vedi di guarire o ti mandiamo un dottore, eccetera.
- Be'? - Dmitrij Anatol'evič non capiva, - A cosa ci serve un altro Chodorkovskij?
- Ma non ce ne sarà un altro! - disse Vladimir Vladimirovič™, - Io gli faccio una lavata di capo, poi te ne esci tu e dici: non bisogna, tipo, dare gli incubi agli affari eccetera. Bisogna convivere pacificamente.
- Come come? - si interessò il Presidente, tirando a sé il bloc notes, - Dare gli incubi? Mo' me lo segno...
- Segna, segna, - disse Vladimir Vladimirovič™, - Quando parlo io, il mercato crolla. Quando parli tu, il mercato risale. Capito?
- Capito, - annuì Dmitrij Anatol'evič, prendendo appunti, - E perché, questo?
- Come, perché? - Vladimir Vladimirovič™ non capivo, - Ci si annoia! Per divertirci un pochetto, no?
Dmitrij Anatol'evič guardò Vladimir Vladimirovič™ con rispetto.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
1. ieri Medvedev ha detto che il potere russo non deve più terrorizzare (letteralmente dare gli incubi: ha coniato il verbo "košmarit'", da košmar)] gli affari.
2. Aleksej Venediktov, conduttore radiofonico di Echo Moskvy, ha dichiarato in un'intervista: Putin mi ha detto che è solito usare i giornalisti come uno strumento].
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin e il Presidente della Federazione Russa Dmitrij Anatol'evič Medvedev sedevano in un ufficio del Cremlino.
- Mi annoio, - disse Dmitrij Anatol'evič, - Pensavo che la presidenza fosse più divertente.
- È che non sai fare, - sorrise Vladimir Vladimirovič™, - Dài, adesso ti insegno.
- Dài, - disse Dmitrij Anatol'evič.
- Schema classico, - cominciò Vladimir Vladimirovič™, - Poliziotto buono e poliziotto cattivo.
- Cioè? - il Presidente non capiva, - Non sono stato nel KGB, io.
- Semplicissimo, - spiegò Vladimir Vladimirovič™, - Prima rimprovero e poi marcia indietro.
- Non capisco uguale, - rispose sinceramente Dmitrij Anatol'evič.
- Lo dicevo a Venediktov, - sospirò Vladimir Vladimirovič™, - Così non va bene, non va. E lui: allora fai parlare Medvedev, l'ho già detto ai giornali...
- Ma spiega, allora! - esclamò Dmitrij Anatol'evič.
- Ma cosa c'è da spiegare? - sospirò nuovamente Vladimir Vladimirovič™, - Allora, io prendo e faccio una lavata di capo a uno... come con Chodorkovskij. Tipo vedi di guarire o ti mandiamo un dottore, eccetera.
- Be'? - Dmitrij Anatol'evič non capiva, - A cosa ci serve un altro Chodorkovskij?
- Ma non ce ne sarà un altro! - disse Vladimir Vladimirovič™, - Io gli faccio una lavata di capo, poi te ne esci tu e dici: non bisogna, tipo, dare gli incubi agli affari eccetera. Bisogna convivere pacificamente.
- Come come? - si interessò il Presidente, tirando a sé il bloc notes, - Dare gli incubi? Mo' me lo segno...
- Segna, segna, - disse Vladimir Vladimirovič™, - Quando parlo io, il mercato crolla. Quando parli tu, il mercato risale. Capito?
- Capito, - annuì Dmitrij Anatol'evič, prendendo appunti, - E perché, questo?
- Come, perché? - Vladimir Vladimirovič™ non capivo, - Ci si annoia! Per divertirci un pochetto, no?
Dmitrij Anatol'evič guardò Vladimir Vladimirovič™ con rispetto.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
mercoledì, luglio 30, 2008
Androidi
D. Zelenin: Ancora un'ultima cosa. Tornando all'argomento scolastico vorrei raccontare di un istituto, o meglio di un campo estivo, unico nel suo genere. È il "Komp'juterija" ("Informatica"), che è stato fondato nel distretto di Tver' cinque anni fa. Da un lato è un normale campo estivo dove i ragazzi trascorrono le vacanze scolastiche, dall'altro è un luogo di formazione serissimo, dove per 30 giorni il ragazzino si immerge completamente nell'ambiente informatico e poi ne esce che è perfettamente addentro alla grafica computerizzata, al design, alla tecnologia dell'informazione.
D. Medvedev: L'importante è che dopo questa immersione riemerga.
D. Zelenin: Dopo 30 giorni i genitori lo vanno a riprendere. Ma vorrei dire che molti dirigenti e membri del Governo della Federazione Russa ci hanno mandato i loro ragazzi.
D. Medvedev: Non sarebbe male immergerci i dirigenti, per poi riportarli sul posto di lavoro già perfettamente reinstallati.
Fonte: Cremlino, trascrizione di un incontro sulla tecnologia dell'informazione svoltosi in Karelia.
[Mr. Parker rulìt]
Filed in: Russia
D. Medvedev: L'importante è che dopo questa immersione riemerga.
D. Zelenin: Dopo 30 giorni i genitori lo vanno a riprendere. Ma vorrei dire che molti dirigenti e membri del Governo della Federazione Russa ci hanno mandato i loro ragazzi.
D. Medvedev: Non sarebbe male immergerci i dirigenti, per poi riportarli sul posto di lavoro già perfettamente reinstallati.
Fonte: Cremlino, trascrizione di un incontro sulla tecnologia dell'informazione svoltosi in Karelia.
[Mr. Parker rulìt]
Filed in: Russia
Sorelle Forbice R Us
Scissor Sisters, risposta eurasiatica?
Il raduno degli amanti della ruche?
I croupier del Perla di Nova Gorica?
Rappresentanti della sezione giovanile di Russia Unita?
Assistenti di volo Aeroflot?
Coppie di scambisti con un debole per i peluche?
Divise ufficiali della squadra olimpica russa e pupazzetto Čeburaška in versione Shining.
Filed in: Russia
martedì, luglio 29, 2008
Se il Bajkal fosse tocio (e l'Altai de polenta)
toni_i: Ora so dov'è il Subcomandante: "Un gruppo di esploratori russi ha raggiunto, a bordo del sottomarino Mir-2, il fondo del lago più profondo del mondo, a 1680 metri. È il Bajkal, in Siberia. L'impresa è riuscita oggi, martedì 29 luglio. La missione è guidata da Arthur Čilingarov, scienziato e uomo politico russo".
Fjodor: scusa, compagno T, ma hanno fatto ritorno? che dal comunicato non si evince...
toni_i: ... dettagli borghesi...
Sub Miru da profondità lacustri a rapporto.
Qua sul fondo si sta bene, la compagnia è selezionata, il cibo buono benché un po' monotono. Certo, se il Bajkal fosse tocio (larì-larà) sarebbe forse più interessante ma porrebbe qualche ostacolo alla missione.
Ho letto (sul Moskovskij Komsomolec, vabbe') un termine bellissimo per gli esploratori della Mir-2: cosmonauti acquatici, gidrokosmonavty. Con la g di ghiro, perché qua con l'acca ci si arrangia come si può.
Priorità, quando riemergo:
- fotografare via Generale Chinotto.
- appendere (pensavo nella vicina via Generale Papa, per pigrizia) striscione con scritta "Tony Leung ripensaci".
- diffondere voci incontrollabili: mio cugino mi ha detto che Ratko Mladić ha aperto un frizerski salon a Capodistria con il falso nome di Suzana. Tipo.
- leggere la posta, tipo.
Il sondaggio resta aperto (ormai vive di vita propria come i miei fuseaux in fuga per la libertà), dunque potete cancellare i cookies e dare il via a un'ondata di ripensamenti.
Filed in: therealthing Russia
domenica, luglio 20, 2008
La Miru che Vorrei: Il Grande Poll-Party Estivo!
Mie vaghe stelle dell'URSS, mi smaterializzo a scopo di vacanza per una settimana: dunque direi che non è ancora il momento di fondare il Comitato di Sostegno Vittime della Miru & Altre Calamità Naturali.
Di lasciare il solito post con spazio per i commenti "ti amo poi ti odio poi ti amo poi ti odio e poi ti apprezzo" non mi va, dunque mi porto gli haloniomi di servizio in ferie e vi propongo una fìcier nuovissima e gratuita: il sondaggio fantasioso.
Con questo sondaggio praticamente potete scegliere la Miru dei vostri sogni.
Naturalmente la particolarità di questo sondaggio è che essendo una fìcier di haloscan - o meglio un uìgget - probabilmente sonderà a modo suo, si rifiuterà di funzionare, vi installerà un dialer in grado di comporre a ore dispari il mio numero di cellulare a vostre spese (ve ne accorgerete quando vi arriverà una bolletta in kune). Eccetera. Lo sapremo solo votando.
I brogli (cioè votare più volte, votare dal computer del collega ignaro, cancellare i cookies e poi rivotare) sono incoraggiati.
Fate i bravi, se possibile non lavorate tanto e soprattutto - con i tempi che corrono - non mettete le mani in tasca.
Pakà,
Miru
[Comunicazione interna: manca all'appello un paio di fuseaux neri lunghi fino al ginocchio con discreta raggiera di perline rosso rubino sul lato esterno della gamba destra (per voi che state lurkando: roba discreta ed elegante, benché di un'eleganza un po' flamenca che ha i suoi estimatori, vieppiù iberici). Io lo so che ci siete e vi state nascondendo come i vostri gemelli scomparsi un mese fa. Ma cos'avete, voi fuseaux neri? Il complesso dei calzini spaiati in lavatrice? La fuga non paga: uscite subito con l'etichetta ben visibile, lentamente, senza fare scherzi. D'accordo, trattiamo: lascio a casa il top modello "Myspace".
Aggiornamento: allarme rientrato, recuperati anche i gemelli senza il sacrificio di una sola perlina rosso rubino. Avevano tentato la via della clandestinità fingendosi calze microfibra 50 den: i fuseaux sono gente semplice].
Di lasciare il solito post con spazio per i commenti "ti amo poi ti odio poi ti amo poi ti odio e poi ti apprezzo" non mi va, dunque mi porto gli haloniomi di servizio in ferie e vi propongo una fìcier nuovissima e gratuita: il sondaggio fantasioso.
Con questo sondaggio praticamente potete scegliere la Miru dei vostri sogni.
Naturalmente la particolarità di questo sondaggio è che essendo una fìcier di haloscan - o meglio un uìgget - probabilmente sonderà a modo suo, si rifiuterà di funzionare, vi installerà un dialer in grado di comporre a ore dispari il mio numero di cellulare a vostre spese (ve ne accorgerete quando vi arriverà una bolletta in kune). Eccetera. Lo sapremo solo votando.
I brogli (cioè votare più volte, votare dal computer del collega ignaro, cancellare i cookies e poi rivotare) sono incoraggiati.
Fate i bravi, se possibile non lavorate tanto e soprattutto - con i tempi che corrono - non mettete le mani in tasca.
Pakà,
Miru
[Comunicazione interna: manca all'appello un paio di fuseaux neri lunghi fino al ginocchio con discreta raggiera di perline rosso rubino sul lato esterno della gamba destra (per voi che state lurkando: roba discreta ed elegante, benché di un'eleganza un po' flamenca che ha i suoi estimatori, vieppiù iberici). Io lo so che ci siete e vi state nascondendo come i vostri gemelli scomparsi un mese fa. Ma cos'avete, voi fuseaux neri? Il complesso dei calzini spaiati in lavatrice? La fuga non paga: uscite subito con l'etichetta ben visibile, lentamente, senza fare scherzi. D'accordo, trattiamo: lascio a casa il top modello "Myspace".
Aggiornamento: allarme rientrato, recuperati anche i gemelli senza il sacrificio di una sola perlina rosso rubino. Avevano tentato la via della clandestinità fingendosi calze microfibra 50 den: i fuseaux sono gente semplice].
sabato, luglio 19, 2008
L'epopea delle badanti
Il romanzo di Gabriel García Márquez è Cent'anni di solitudine, non Cent'anni di sollecitudine come abbiamo scritto (Actor plans to film long-lost García Márquez screenplay, page 20, July 15).
The Guardian, corrections, 16 luglio 2008.
Filed in: correzioni
The Guardian, corrections, 16 luglio 2008.
Filed in: correzioni
giovedì, luglio 17, 2008
Casa e Chiesa
Qualche giorno fa a Monfalcone assisto a una conversazione con Giulietto Chiesa su media e informazione. Si parla del prezzo del petrolio e delle guerre degli Stati Uniti, del surriscaldamento globale, del fatto che i telegiornali e la stampa a grande diffusione non ne parlano, che l'industria automobilistica continua a produrre auto che tra cinque-sei anni saremo costretti a lasciare in garage. Di quanti kilowatt consumiamo girando la chiavetta dell'accensione e facendo questo e quello.
Manca l'informazione.
E d'accordo, con qualche piccola riserva firmo pure io - come la maggioranza dei presenti, quel genere di pubblico accorto e preoccupato che fa domande intelligenti - per il progetto di Pandora.tv. Intanto penso distrattamente ai miei che in quel momento si stanno guardando qualche soap bavarese e combattono il surriscaldamento globale con il climatizzatore che ronza in modalità "I feel good".
Il giorno dopo.
Origlio familiare, al largo di Duino.
- Lina, godiamoci tutto questo.
- Domani piove?
- No, tra cinque anni non ci potremo permettere neanche il carburante per il motore della barca.
- Perché saremo poveri?
- Perché il prezzo del petrolio sale, mica scende più.
- Sale, sale.
- Poi questi attaccano l'Iran. Israele, Stati Uniti. Comunque attaccano.
- Ma Ahmadinejad ha già detto che in caso di attacco lui affonda tutte le petroliere nello Stretto di Hormuz.
- E fa bene, fa.
- ...
- ...
- Scusate, ma queste cose dove le avete sentite?
- Come. Telegiornali, giornali.
- Mica ce le leggiamo su internèt, noi.
Note a me stessa:
1. rivedere il concetto di informazione dal basso;
2. prepararsi ad attacco contro Iran;
3. più soap bavaresi nella mia vita.
Filed in: therealthing lafamigliamir
Manca l'informazione.
E d'accordo, con qualche piccola riserva firmo pure io - come la maggioranza dei presenti, quel genere di pubblico accorto e preoccupato che fa domande intelligenti - per il progetto di Pandora.tv. Intanto penso distrattamente ai miei che in quel momento si stanno guardando qualche soap bavarese e combattono il surriscaldamento globale con il climatizzatore che ronza in modalità "I feel good".
Il giorno dopo.
Origlio familiare, al largo di Duino.
- Lina, godiamoci tutto questo.
- Domani piove?
- No, tra cinque anni non ci potremo permettere neanche il carburante per il motore della barca.
- Perché saremo poveri?
- Perché il prezzo del petrolio sale, mica scende più.
- Sale, sale.
- Poi questi attaccano l'Iran. Israele, Stati Uniti. Comunque attaccano.
- Ma Ahmadinejad ha già detto che in caso di attacco lui affonda tutte le petroliere nello Stretto di Hormuz.
- E fa bene, fa.
- ...
- ...
- Scusate, ma queste cose dove le avete sentite?
- Come. Telegiornali, giornali.
- Mica ce le leggiamo su internèt, noi.
Note a me stessa:
1. rivedere il concetto di informazione dal basso;
2. prepararsi ad attacco contro Iran;
3. più soap bavaresi nella mia vita.
Filed in: therealthing lafamigliamir
mercoledì, luglio 16, 2008
How much is abbastanza?
- Basta, a questo punto c'è abbastanza confidenza.
- Mh.
- Dunque non voglio più sentire "ti disturbo?" "puoi?" "possiamo?".
- E come devo dire?
- Devi dire "Senti, stronzo, vediamoci".
- Ma.
- Niente ma.
- Va bene.
- Oh.
- Scolta.
- Cosa.
- Stronzo, mettiti il parigamba che passo a prenderti e andiamo a farci due tuffi a Duino.
- No, non abbiamo abbastanza confidenza.
- Ma.
- Zero.
Filed in: therealthing
- Mh.
- Dunque non voglio più sentire "ti disturbo?" "puoi?" "possiamo?".
- E come devo dire?
- Devi dire "Senti, stronzo, vediamoci".
- Ma.
- Niente ma.
- Va bene.
- Oh.
- Scolta.
- Cosa.
- Stronzo, mettiti il parigamba che passo a prenderti e andiamo a farci due tuffi a Duino.
- No, non abbiamo abbastanza confidenza.
- Ma.
- Zero.
Filed in: therealthing
lunedì, luglio 14, 2008
Un tranquillo weekend de paura
Dal 1° luglio è entrato in vigore l'obbligo del bollino (vinjeta) per circolare su autostrade e raccordi autostradali della Slovenia. 35 euro, validità sei mesi.
Naturalmente per l'abitante della città di G. è una specie di catastrofe, come tutti i cambiamenti.
Subito si diffondono voci incontrollabili: le multe saranno salatissime, i controlli non li farà solo la stradale ma anche personale non meglio identificato, probabilmente in borghese, probabilmente travestito da tavolo da picnic nelle aree di sosta, e se entri dal valico di Sant'Andrea senza vinjeta praticamente sei già un fuorilegge.
Nella mia famiglia, inoltre, circolano tare, vezzi e idiosincrasie di genere automobilistico: mio nonno tendeva a entrare nelle vetrine dei negozi e delle concessionarie e a trascinarsi via le sagome di cartone in forma di cuoco fuori dei ristoranti, mia madre non resiste mai alla tentazione di tamponare i camion romeni fermi nei parcheggi. Io modestamente imbocco tratti di autostrada per errore. Ma anche per andare a comprare il latte al Mercator più vicino: son lì che percorro una rotatoria familiare fatta mille volte e all'improvviso eccomi sul raccordo già con lo sguardo da lemming.
Allora, visto che viene a trovarmi Andrea e sicuramente gireremo la Slovenia, io decido di procurarmi il bollino.
- Buondì.
- 'giorno.
- Vorrei un bollino da sei mesi per la Slovenia.
- Una vinjeta.
- Una vinjeta.
- 35 euro.
- Ecco qua.
- Me racomando. Se la taca sul parabris e la fa qualche piegheta, no stacarla per nisun motivo.
- Va bene.
- Perché vien via a tochi. I gà fato aposta. [altra voce incontrollabile che terrorizza l'abitante della città di G., N.d.C.]
- Va bene, liscio le pieghe.
- E poi la tien il tajando, me racomando.
- Va ben, grazie.
- Se se shpaca il parabrìs, la tien tajando la gà vinjeta.
- Va ben, grazie.
- Se fa incidente e se shpaca machina, la tien tajando la gà vinjeta.
- Si be', però.
Esco con la certezza che, se dovesse cadere un meteorite e la vita ripartire faticosamente da capo, la vinjeta da 35 euro sarebbe lì, attaccata a quello che resta del parabrezza.
Questa mattina, bracciodestro e io siamo rimasti intrappolati in macchina sotto una grandinata che domani farà i titoli dei giornali locali:
- Sai quanto vendono domani con il titolone "Maltempo assassino, goriziani assediati"?
- Eh? Non ci sento, parla più forte.
- Titoloni maltempo.
- Eh.
- Domani storica riunificazione delle due Coree? No, "Maltempo divide nuovamente le due Gorizie".
- Guerra alla Cina? No, "Interruzione della corrente nel rione di Straccis".
- Scoperto il vaccino contro l'AIDS? No, "Chicchi di grandine funestano il raccolto isontino".
- Raggiunto accordo di pace universale? No, "Anziano disperso mentre percorre controcorrente via Generale Chinotto".
- ...
- ...
- Sembra anche a te che la macchina a ogni colpo di grandine si sposti?
- È una Fiat.
- Mi sembra di vedere una piccola incrinatura sul parabrezza.
Ma mi gò tajando. Gò anca vinjeta.
p.s. nessun toponimo è stato inventato nella stesura di questo post.
Comunicazione di servizio: no funzia comenti. Ma voi gà linkino, voi gà blog.
Torno subito.
Filed in: therealthing
Naturalmente per l'abitante della città di G. è una specie di catastrofe, come tutti i cambiamenti.
Subito si diffondono voci incontrollabili: le multe saranno salatissime, i controlli non li farà solo la stradale ma anche personale non meglio identificato, probabilmente in borghese, probabilmente travestito da tavolo da picnic nelle aree di sosta, e se entri dal valico di Sant'Andrea senza vinjeta praticamente sei già un fuorilegge.
Nella mia famiglia, inoltre, circolano tare, vezzi e idiosincrasie di genere automobilistico: mio nonno tendeva a entrare nelle vetrine dei negozi e delle concessionarie e a trascinarsi via le sagome di cartone in forma di cuoco fuori dei ristoranti, mia madre non resiste mai alla tentazione di tamponare i camion romeni fermi nei parcheggi. Io modestamente imbocco tratti di autostrada per errore. Ma anche per andare a comprare il latte al Mercator più vicino: son lì che percorro una rotatoria familiare fatta mille volte e all'improvviso eccomi sul raccordo già con lo sguardo da lemming.
Allora, visto che viene a trovarmi Andrea e sicuramente gireremo la Slovenia, io decido di procurarmi il bollino.
- Buondì.
- 'giorno.
- Vorrei un bollino da sei mesi per la Slovenia.
- Una vinjeta.
- Una vinjeta.
- 35 euro.
- Ecco qua.
- Me racomando. Se la taca sul parabris e la fa qualche piegheta, no stacarla per nisun motivo.
- Va bene.
- Perché vien via a tochi. I gà fato aposta. [altra voce incontrollabile che terrorizza l'abitante della città di G., N.d.C.]
- Va bene, liscio le pieghe.
- E poi la tien il tajando, me racomando.
- Va ben, grazie.
- Se se shpaca il parabrìs, la tien tajando la gà vinjeta.
- Va ben, grazie.
- Se fa incidente e se shpaca machina, la tien tajando la gà vinjeta.
- Si be', però.
Esco con la certezza che, se dovesse cadere un meteorite e la vita ripartire faticosamente da capo, la vinjeta da 35 euro sarebbe lì, attaccata a quello che resta del parabrezza.
Questa mattina, bracciodestro e io siamo rimasti intrappolati in macchina sotto una grandinata che domani farà i titoli dei giornali locali:
- Sai quanto vendono domani con il titolone "Maltempo assassino, goriziani assediati"?
- Eh? Non ci sento, parla più forte.
- Titoloni maltempo.
- Eh.
- Domani storica riunificazione delle due Coree? No, "Maltempo divide nuovamente le due Gorizie".
- Guerra alla Cina? No, "Interruzione della corrente nel rione di Straccis".
- Scoperto il vaccino contro l'AIDS? No, "Chicchi di grandine funestano il raccolto isontino".
- Raggiunto accordo di pace universale? No, "Anziano disperso mentre percorre controcorrente via Generale Chinotto".
- ...
- ...
- Sembra anche a te che la macchina a ogni colpo di grandine si sposti?
- È una Fiat.
- Mi sembra di vedere una piccola incrinatura sul parabrezza.
Ma mi gò tajando. Gò anca vinjeta.
p.s. nessun toponimo è stato inventato nella stesura di questo post.
Comunicazione di servizio: no funzia comenti. Ma voi gà linkino, voi gà blog.
Torno subito.
Filed in: therealthing
giovedì, luglio 10, 2008
Vai ad Amsterdam, vedi donne, fai sculture
La nostra nuova sezione dedicata ai monumenti russi si arricchisce dell'opera di uno scultore che, ispirato da una visita al quartiere a luci rosse di Amsterdam, al suo ritorno ha creato un bassorilievo raffigurante dei seni femminili accarezzati da una mano maschile, il tutto collocato su un piedistallo alto un metro nel parco della città di Batajsk, nei pressi di Rostov sul Don.
L'autore, Anatolij Sknarin, ad Amsterdam è stato colpito da una composizione simile e ha così deciso di emularla. Prossimamente sulla base del monumento verranno incisi alcuni versi che incoraggeranno gli uomini a toccare l'opera per "migliorare la propria forza virile" e "restare giovani per sempre".
[Aggiungeteci "we do not require prescriptions" e "WORKS FAST!" ed è spam poetry]
Link con foto
Filed in: Russia monumentirussi
L'autore, Anatolij Sknarin, ad Amsterdam è stato colpito da una composizione simile e ha così deciso di emularla. Prossimamente sulla base del monumento verranno incisi alcuni versi che incoraggeranno gli uomini a toccare l'opera per "migliorare la propria forza virile" e "restare giovani per sempre".
[Aggiungeteci "we do not require prescriptions" e "WORKS FAST!" ed è spam poetry]
Link con foto
Filed in: Russia monumentirussi
mercoledì, luglio 09, 2008
Puranche
"Non essere modesta e riservata, un segnalino che Do you remember the Yellow Path (insomma, la Cosa, quella là) è su Nazione Indiana, forse potresti puranche metterlo".
Agente Smile&Wave
Il mio Agente nonché Nuovo Amico Immaginario (lo chiameremo Smile&Wave) dice che sono troppo modesta e riservata, e che mica può fare tutto lui: già fa cose che un Agente normalmente non fa, tipo preoccuparsi che tra una mail e l'altra non sia scivolata nella doccia o non mi sia incastrata un cucchiaino tra gli incisivi superiori. E che insomma, comincia quasi a capire perché la mia commercialista sia scappata lasciando solo un post-it con su scritto "il dadaismo fiscale è la risposta".
Dunque a quanto pare ho i miei piccoli segreti.
La notizia numero uno è che ho per l'appunto un Agente. Non so cosa ci proponiamo, perché per non agitarmi non mi dice tutto, oppure mi dice le cose un po' alla volta, con gradualità e soprattutto invertendo gli elementi della frase e buttando dentro qualche refuso. Lui pretende solo che firmi con il nome che ha scelto la mia mamma e il cognome che mi ha passato il mio papà (la stessa cosa che mi diceva la commercialista dadaista) e non travestita da brand postsovietico.
La seconda è che in effetti La Pista Gialla è su Nazione Indiana, prima parte e seconda parte.
La terza è che dopo cinque anni e mezzo di blog non so ancora fare il trackback.
Ma secondo voi.
Sarà un'estate lunga e calda?
Filed in: smile&wave therealthing
Agente Smile&Wave
Il mio Agente nonché Nuovo Amico Immaginario (lo chiameremo Smile&Wave) dice che sono troppo modesta e riservata, e che mica può fare tutto lui: già fa cose che un Agente normalmente non fa, tipo preoccuparsi che tra una mail e l'altra non sia scivolata nella doccia o non mi sia incastrata un cucchiaino tra gli incisivi superiori. E che insomma, comincia quasi a capire perché la mia commercialista sia scappata lasciando solo un post-it con su scritto "il dadaismo fiscale è la risposta".
Dunque a quanto pare ho i miei piccoli segreti.
La notizia numero uno è che ho per l'appunto un Agente. Non so cosa ci proponiamo, perché per non agitarmi non mi dice tutto, oppure mi dice le cose un po' alla volta, con gradualità e soprattutto invertendo gli elementi della frase e buttando dentro qualche refuso. Lui pretende solo che firmi con il nome che ha scelto la mia mamma e il cognome che mi ha passato il mio papà (la stessa cosa che mi diceva la commercialista dadaista) e non travestita da brand postsovietico.
La seconda è che in effetti La Pista Gialla è su Nazione Indiana, prima parte e seconda parte.
La terza è che dopo cinque anni e mezzo di blog non so ancora fare il trackback.
Ma secondo voi.
Sarà un'estate lunga e calda?
Filed in: smile&wave therealthing
martedì, luglio 08, 2008
Pugno e Arrocco
Ho appena scoperto con colpevole ritardo che esiste una disciplina sportiva chiamata chess-boxing. È quello che sembra, cioè si gioca a scacchi e si tira di boxe. Non contemporaneamente (come speravo io, con tanto di colpi bassi e di sortite illecite alla Wiley Coyote che si concludono con te che metti una carica di esplosivo ditta ACME sotto la sedia dell'avversario per il gran finale) ma a round alterni. Cioè, ti metti seduto a petto nudo (perché sei un pugile) davanti a una scacchiera indossando le cuffie (perché sei anche uno scacchista e non devi deconcentrarti) e con un asciugamano sulle spalle (perché comunque sei un pugile). Giochi quattro minuti.
Poi sbling, su i guantoni, su il paradenti, e fai a pugni per tre minuti. Poi sbling e ti risiedi (è fondamentale che ti levi i guantoni). Avanti così per sei round di scacchi e cinque di boxe, il genere di attività che la mia amica D. classificherebbe come "un po' stanchevole". A decidere l'incontro, o il ko o lo scacco matto: comunque una strage di cellule celebrali che tra qualche anno ti renderà complicato risolvere uno schema di parole crociate facilitate.
Ah, e poi naturalmente i giocatori hanno soprannomi godibili ("Il prete", "Il joker", "Anti terror").
La disciplina in origine avrebbe tratto ispirazione da una striscia del 1992 del disegnatore Enki Bilal. Poi un artista olandese, Iepe Rubingh, ha deciso di metterla in pratica nella vita reale (prendi la fantasia di un fumettista visionario e make it real: sensatissimo, non fa un plissé). Motto della Federazione Mondiale: "Si combatte sul ring e ci si fa la guerra sulla scacchiera".
Aggiungerci anche una cantatina sotto la doccia non renderebbe il tutto più completo ed emozionante?
Ve lo racconto perché il campione mondiale di pugno e arrocco è un giovinotto russo di Krasnojarsk, Nikolaj Sažin detto "Il presidente", che ha sconfitto in finale un poliziotto tedesco ex-peacekeeper in Kosovo (tanto per star tranquilli sulle forze di peacekeeping in Kosovo).
Sapete i nuovi orizzonti che mi ha aperto il chess-boxing?
Oggi ho già inventato quattro sport.
Per esempio, il makeup-swimming: si alternano complesse sessioni di trucco a vasche a stile libero. Si vince per miglior tempo complessivo o per sbavatura del trucco dell'avversario.
Oppure il poetry-cycling: tappe in bicicletta inframmezzate da estenuanti reading poetici con voce impostata.
Il graffiti-climbing consiste invece nello scalare una parete decorandola a imperitura memoria. Vince chi fa prima, è prevista la squalifica per chi scrive "tuo per sempre Bagigio" e "I love you by Pingu" e per gli ultimi e ormai anziani irriducibili di "3msc" (che io credevo la pubblicità di un gestore telefonico di ultima generazione o di una nuova rotta di crociere).
Infine, il Mar Rosso-Risiko: si alternano i lanci di dadi alla visione dei filmini delle vacanze, per demoralizzare gli avversari e spiargli la carta degli obiettivi.
Ho già in mente il motto della Federazione Mondiale Mar Rosso-Risiko: "Combattere a Sharm per vincere in Kamchatka".
Adesso mi informo se già esiste.
Filed in: Russia therealthing
Poi sbling, su i guantoni, su il paradenti, e fai a pugni per tre minuti. Poi sbling e ti risiedi (è fondamentale che ti levi i guantoni). Avanti così per sei round di scacchi e cinque di boxe, il genere di attività che la mia amica D. classificherebbe come "un po' stanchevole". A decidere l'incontro, o il ko o lo scacco matto: comunque una strage di cellule celebrali che tra qualche anno ti renderà complicato risolvere uno schema di parole crociate facilitate.
Ah, e poi naturalmente i giocatori hanno soprannomi godibili ("Il prete", "Il joker", "Anti terror").
La disciplina in origine avrebbe tratto ispirazione da una striscia del 1992 del disegnatore Enki Bilal. Poi un artista olandese, Iepe Rubingh, ha deciso di metterla in pratica nella vita reale (prendi la fantasia di un fumettista visionario e make it real: sensatissimo, non fa un plissé). Motto della Federazione Mondiale: "Si combatte sul ring e ci si fa la guerra sulla scacchiera".
Aggiungerci anche una cantatina sotto la doccia non renderebbe il tutto più completo ed emozionante?
Ve lo racconto perché il campione mondiale di pugno e arrocco è un giovinotto russo di Krasnojarsk, Nikolaj Sažin detto "Il presidente", che ha sconfitto in finale un poliziotto tedesco ex-peacekeeper in Kosovo (tanto per star tranquilli sulle forze di peacekeeping in Kosovo).
Sapete i nuovi orizzonti che mi ha aperto il chess-boxing?
Oggi ho già inventato quattro sport.
Per esempio, il makeup-swimming: si alternano complesse sessioni di trucco a vasche a stile libero. Si vince per miglior tempo complessivo o per sbavatura del trucco dell'avversario.
Oppure il poetry-cycling: tappe in bicicletta inframmezzate da estenuanti reading poetici con voce impostata.
Il graffiti-climbing consiste invece nello scalare una parete decorandola a imperitura memoria. Vince chi fa prima, è prevista la squalifica per chi scrive "tuo per sempre Bagigio" e "I love you by Pingu" e per gli ultimi e ormai anziani irriducibili di "3msc" (che io credevo la pubblicità di un gestore telefonico di ultima generazione o di una nuova rotta di crociere).
Infine, il Mar Rosso-Risiko: si alternano i lanci di dadi alla visione dei filmini delle vacanze, per demoralizzare gli avversari e spiargli la carta degli obiettivi.
Ho già in mente il motto della Federazione Mondiale Mar Rosso-Risiko: "Combattere a Sharm per vincere in Kamchatka".
Adesso mi informo se già esiste.
Filed in: Russia therealthing
Operazione Magistral'
"I lavori di ristrutturazione di questa via sono condotti dalla
società 'Reduci dalla guerra in Afghanistan'.
Ci scusiamo per i temporanei disagi".
via nishak.moroto.com
[Magistral' significa via di comunicazione ma anche arteria principale di una città. No che poi pensate che faccio i giuochi di parole criptici o mi sono fumata anche i lama e i maialini vietnamiti, toh :-)]
Filed in: Russia
lunedì, luglio 07, 2008
Quantificare i lama
Notizia Associated Press:
"Giraffa aiuta cammelli e zebre a scappare da un circo".
"Secondo la polizia di Amsterdam 15 cammelli, due zebre e un numero indeterminato di lama e maialini vietnamiti sono scappati da un circo olandese dopo che una giraffa ha aperto con un calcio un buco nella loro gabbia".
Via Schneier, che commenta: ma i lama sono tanto difficili da contare?
["Just smile and wave boys, just smile and wave!"]
Filed in: dobraroba
"Giraffa aiuta cammelli e zebre a scappare da un circo".
"Secondo la polizia di Amsterdam 15 cammelli, due zebre e un numero indeterminato di lama e maialini vietnamiti sono scappati da un circo olandese dopo che una giraffa ha aperto con un calcio un buco nella loro gabbia".
Via Schneier, che commenta: ma i lama sono tanto difficili da contare?
["Just smile and wave boys, just smile and wave!"]
Filed in: dobraroba
Uniti da un bulldozer
"Eh sì, è un'amara scoperta per gli israeliani. Quel muro di cemento da megalomani, alto 12 metri, che per qualche motivo loro chiamano 'recinzione', non li ha salvati. Non ha dato loro la sicurezza. Trasformare Gaza in un campo di concentramento non ha neanche salvato Sderot e Ashkelon dai razzi Qassam. Non ci vuole un genio per intuire che quando la 'recinzione' sarà completata Herzeliya, Ramat Asharon e Tel Aviv subiranno lo stesso destino. Israele farebbe meglio a prepararsi a costruire un bel tetto di cemento sulle sue aree abitate. Essendo sensibile al poetico uso delle parole degli israeliani, immagino già che il nome di quel muro sarà tipo 'nuvola di difesa', 'soffitto di sicurezza' o addirittura 'arcobaleno di cemento'".
Gilad Atzmon, "Uniti da un bulldozer... e io penso tra me e me".
Filed in: Israele Palestina
venerdì, luglio 04, 2008
Ink different
- Pensavo di farmi un tatuaggio.
- Anch'io.
- Allora io accompagno te, magari ti tengo la manina e intanto vedo. Colorato?
- Mh, no.
- Io più di te, dunque colorato.
- Sè.
- Non so ancora cosa. Forse мир. Forse una stellina rossa. Forse qualcosa di così leggiadro da non potermene mai stufare. Un particolare della Battaglia di San Romano. O magari un codice a barre, o l'isbn a 13 cifre del mio libro preferito.
- Perché non la tua data di scadenza?
- Strnz.
Filed in: therealthing inkitup
- Anch'io.
- Allora io accompagno te, magari ti tengo la manina e intanto vedo. Colorato?
- Mh, no.
- Io più di te, dunque colorato.
- Sè.
- Non so ancora cosa. Forse мир. Forse una stellina rossa. Forse qualcosa di così leggiadro da non potermene mai stufare. Un particolare della Battaglia di San Romano. O magari un codice a barre, o l'isbn a 13 cifre del mio libro preferito.
- Perché non la tua data di scadenza?
- Strnz.
Filed in: therealthing inkitup
giovedì, luglio 03, 2008
The Zeta Sessions
Allora.
Io le medie le feci alla Virgilio, che stava a pochi metri da casa mia ed era considerata scuola di buon livello. Chiamerò Zeta il suo preside di allora.
Zeta era siciliano, attempato, tarchiato, spesso sudato e parlava a voce troppo alta.
Amava comunicare attraverso altoparlanti installati in tutte le aule. I suoi scricchiolanti proclami cominciavano sempre con "attenziòne a tutte le classi, attenziòne a tutte le classi" e proseguivano con istruzioni, comandamenti, precetti e severi moniti espressi con piglio ducesco.
Al piano di sotto c'era la sede di un istituto professionale: questo per Zeta voleva dire ragazzi, cioè maschi, cioè un'insidiosa concentrazione di testosterone, cioè quel genere di invito al peccato che rende la donna, nella visione esistenziale di tutti i Zeta di questo mondo, bottàna. Dunque si assicurava che le alunne salissero le scale in assetto antisesso: occhi bassi, nessuna lusinga cosmetica visibile, grembiule nero lungo fino a metà polpaccio completamente abbottonato. Zeta ci controllava dall'altro, sporgendosi dalla balaustra e sudando per le zaffate di sudore, feromoni e profumo Charlie che gli salivano alle narici.
Era la fine degli anni Settanta, nelle case emancipate circolava Duepiù, alla tv si assisteva ai primi legnosi tentativi di educazione sessuale.
Io mi trovavo in piena fase crisalide a lenta trasformazione. Alla tizia di Lettere, la Livari, una brava persona con metodi educativi da kapò che le impedivano di accettare la timida presenza di un gomito sul banco, per qualche motivo piacevo. Guardava quella mia faccia che spuntava dal fagotto nero, gli occhi sgranati tra i ciuffi di capelli castani, ed evocava il sorriso di Madame Henriot.
Poi a casa nel libro di storia dell'arte dei Fratelli Fabbri cercavo Renoir, e covavo paziente furore.
Odiavo Zeta, la Livari, le balillesche lezioni di educazione fisica, l'altoparlante.
Odiavo Radio Gamma Zero.
Era l'epoca d'oro delle radio private: grazie a Giuliano su Radio Popolare ascoltavo cantautori e rock a pomeriggi alterni, costruendomi mappe musicali con nomi provvisoriamente storpiati.
Radio Gamma Zero invece era perentoriamente, espressamente fascista.
Zeta usava Radio Gamma Zero per le segnalazioni dell'ultimo minuto, come gli orari dei pullman della gita o della settimana bianca, la comunicazione di uno sciopero, la pensata dei soliti bolscevichi sindacalizzati, gli incontri con i genitori.
Ci sarebbe da interrogarsi a lungo sulla fascinazione di Zeta per le comunicazioni filtrate da qualche genere di altoparlante o amplificatore, per quel suo modo spavaldo di cavalcare le onde sonore.
Fatto sta che a un certo punto i virgiliani si misero tutti ad ascoltare quelle frequenze, usandole perfino per dediche e richieste musicali. Mettiamo che un tizio della scuola avesse deciso di scommettere sui pezzi di corpo che stavano nascosti sotto il tuo grembiule nero e intendesse fartelo sapere: ecco che ti arrivava un Heart of Glass via Gamma Zero, con dedica sibillina.
Detestavo tutto questo.
L'apoteosi arrivò verso la fine, quando già dalle finestre aperte entrava il profumo dei tigli in fiore. Un "attenziòne a tutte le classi" sfumò nel testamento storico-politico di Zeta. Aveva appena comunicato la quota d'iscrizione della gita a Miramar. Poi ci fu una pausa, animata da un ansimare soffice.
"Ricordatevi, ricordatevi tutti", riprese con voce spezzata dalla commozione o dal caldo, "Che quando una certa persona fu appesa a testa in giù nel piazzale, soldi non caddero da quelle sue tasche".
Fissai, come tutti, l'altoparlante. Poi spostai lo sguardo sulla Livari, che annuiva solennemente a occhi chiusi. Infine contemplai i polsini sporchi di gesso del mio grembiule e sospirando appoggiai un gomito sul banco, il palmo della mano ad accogliere mento e guancia.
Sorrideva, Madame Henriot.
Aveva appena scoperto i Joy Division.
Filed in: therealthing
Io le medie le feci alla Virgilio, che stava a pochi metri da casa mia ed era considerata scuola di buon livello. Chiamerò Zeta il suo preside di allora.
Zeta era siciliano, attempato, tarchiato, spesso sudato e parlava a voce troppo alta.
Amava comunicare attraverso altoparlanti installati in tutte le aule. I suoi scricchiolanti proclami cominciavano sempre con "attenziòne a tutte le classi, attenziòne a tutte le classi" e proseguivano con istruzioni, comandamenti, precetti e severi moniti espressi con piglio ducesco.
Al piano di sotto c'era la sede di un istituto professionale: questo per Zeta voleva dire ragazzi, cioè maschi, cioè un'insidiosa concentrazione di testosterone, cioè quel genere di invito al peccato che rende la donna, nella visione esistenziale di tutti i Zeta di questo mondo, bottàna. Dunque si assicurava che le alunne salissero le scale in assetto antisesso: occhi bassi, nessuna lusinga cosmetica visibile, grembiule nero lungo fino a metà polpaccio completamente abbottonato. Zeta ci controllava dall'altro, sporgendosi dalla balaustra e sudando per le zaffate di sudore, feromoni e profumo Charlie che gli salivano alle narici.
Era la fine degli anni Settanta, nelle case emancipate circolava Duepiù, alla tv si assisteva ai primi legnosi tentativi di educazione sessuale.
Io mi trovavo in piena fase crisalide a lenta trasformazione. Alla tizia di Lettere, la Livari, una brava persona con metodi educativi da kapò che le impedivano di accettare la timida presenza di un gomito sul banco, per qualche motivo piacevo. Guardava quella mia faccia che spuntava dal fagotto nero, gli occhi sgranati tra i ciuffi di capelli castani, ed evocava il sorriso di Madame Henriot.
Poi a casa nel libro di storia dell'arte dei Fratelli Fabbri cercavo Renoir, e covavo paziente furore.
Odiavo Zeta, la Livari, le balillesche lezioni di educazione fisica, l'altoparlante.
Odiavo Radio Gamma Zero.
Era l'epoca d'oro delle radio private: grazie a Giuliano su Radio Popolare ascoltavo cantautori e rock a pomeriggi alterni, costruendomi mappe musicali con nomi provvisoriamente storpiati.
Radio Gamma Zero invece era perentoriamente, espressamente fascista.
Zeta usava Radio Gamma Zero per le segnalazioni dell'ultimo minuto, come gli orari dei pullman della gita o della settimana bianca, la comunicazione di uno sciopero, la pensata dei soliti bolscevichi sindacalizzati, gli incontri con i genitori.
Ci sarebbe da interrogarsi a lungo sulla fascinazione di Zeta per le comunicazioni filtrate da qualche genere di altoparlante o amplificatore, per quel suo modo spavaldo di cavalcare le onde sonore.
Fatto sta che a un certo punto i virgiliani si misero tutti ad ascoltare quelle frequenze, usandole perfino per dediche e richieste musicali. Mettiamo che un tizio della scuola avesse deciso di scommettere sui pezzi di corpo che stavano nascosti sotto il tuo grembiule nero e intendesse fartelo sapere: ecco che ti arrivava un Heart of Glass via Gamma Zero, con dedica sibillina.
Detestavo tutto questo.
L'apoteosi arrivò verso la fine, quando già dalle finestre aperte entrava il profumo dei tigli in fiore. Un "attenziòne a tutte le classi" sfumò nel testamento storico-politico di Zeta. Aveva appena comunicato la quota d'iscrizione della gita a Miramar. Poi ci fu una pausa, animata da un ansimare soffice.
"Ricordatevi, ricordatevi tutti", riprese con voce spezzata dalla commozione o dal caldo, "Che quando una certa persona fu appesa a testa in giù nel piazzale, soldi non caddero da quelle sue tasche".
Fissai, come tutti, l'altoparlante. Poi spostai lo sguardo sulla Livari, che annuiva solennemente a occhi chiusi. Infine contemplai i polsini sporchi di gesso del mio grembiule e sospirando appoggiai un gomito sul banco, il palmo della mano ad accogliere mento e guancia.
Sorrideva, Madame Henriot.
Aveva appena scoperto i Joy Division.
Filed in: therealthing
martedì, luglio 01, 2008
Anche gli agenti del KGB piangono
Oh, raffica improvvisa di tristezza e nostalgia.
A Mosca ha chiuso il Detskij Mir (Mondo del Bambino), l'univermag che ha rifornito di vestiti, giocattoli, libri eccetera i bambini sovietici e poi russi per tanti anni (50, ché aprì quasi in contemporanea con il lancio dello Sputnik): sarà sottoposto a un prolungato lavoro di ristrutturazione che lo trasformerà completamente per far posto a multisala, ristoranti, negozi, parcheggio sotterraneo e cupola di vetro.
Ecco com'era, in questa bellissima galleria fotografica. Ciao hall, ciao scale, ciao ascensori, ciao ornamenti decorazioni e fregi, ciao archi colonne di marmo consunte piastrelle, ciao giostra a due piani, ciao ingressi dalla metro. Mi sa che non ci vediamo più.
D'accordo, su un ascensore una targhetta indica "prossimo collaudo 12.1988", dunque un'aggiustatina forse ci voleva.
Ma insomma.
Non tutti sanno che: in epoca sovietica "l'hanno portato/a al Detskij Mir" poteva non alludere a un'esperienza ludica. Vista la prossimità dei due edifici (che danno sulla stessa piazza) così veniva infatti soprannominata la - ehr - Lubjanka.
Che vista, da lì.
(Guardate che anche gli agenti del KGB piangono).
Filed in: Russia memoria
A Mosca ha chiuso il Detskij Mir (Mondo del Bambino), l'univermag che ha rifornito di vestiti, giocattoli, libri eccetera i bambini sovietici e poi russi per tanti anni (50, ché aprì quasi in contemporanea con il lancio dello Sputnik): sarà sottoposto a un prolungato lavoro di ristrutturazione che lo trasformerà completamente per far posto a multisala, ristoranti, negozi, parcheggio sotterraneo e cupola di vetro.
Ecco com'era, in questa bellissima galleria fotografica. Ciao hall, ciao scale, ciao ascensori, ciao ornamenti decorazioni e fregi, ciao archi colonne di marmo consunte piastrelle, ciao giostra a due piani, ciao ingressi dalla metro. Mi sa che non ci vediamo più.
D'accordo, su un ascensore una targhetta indica "prossimo collaudo 12.1988", dunque un'aggiustatina forse ci voleva.
Ma insomma.
Non tutti sanno che: in epoca sovietica "l'hanno portato/a al Detskij Mir" poteva non alludere a un'esperienza ludica. Vista la prossimità dei due edifici (che danno sulla stessa piazza) così veniva infatti soprannominata la - ehr - Lubjanka.
Che vista, da lì.
(Guardate che anche gli agenti del KGB piangono).
Filed in: Russia memoria
Bloody Friday
- L'altra sera poi ti chiamavo, ma avevi il telefono spento.
- Perché siamo andati a una messa di commemorazione!
- Ah. Evento sociale.
- C'era anche quella tua compagna di classe, la Miriani. Com'è che faceva di nome, già?
- Chi se lo ricorda.
- Forse Elisabetta? No. Comunque deve avere una qualche nevrosi. Sempre a sistemarsi la cintura, la maglietta, a scoprirsi la schiena.
- Co-prirsi?
- Sco-prirsi! Un tormento. È che mi stava seduta proprio davanti, dunque ero per così dire costretta a guardarla.
- Eh.
- E il prete. Ha fatto un discorso strano sulla defunta. Non so come dirti: strano. Poi, niente, aveva una benda sull'occhio sinistro.
- Mamma.
- No, aspetta. Io ho pensato a un'operazione, no? Tipo cataratta. Anche se adesso non ti mettono neanche la benda. Tuo padre l'aveva, la benda? No. La nonna? Sì.
- Mamma, alla nonna se è per questo avevano fatto anche l'anestesia generale. Era circa l'Ottocento.
- Comunque. A un certo punto se ne sta lì a fare quello che deve fare e dice: "Ecco l'Agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo. Non preoccupatevi per me, ho soltanto un'emorragia in corso". Così, tutto d'un fiato, che io ho pensato ma allora sta' a vedere che adesso c'è una pozza di sangue sull'altare. O sulle ostie, e tocca rifar tutto.
- Mamma.
- Be', capita, eh. Poi ho guardato tutti gli altri, ma nessuno ha fatto una piega. Cioè, non erano neanche preoccupati, e non è che fino a quel momento ci fosse un brusio tipo "Cos'ha Padre Monocolo? Cos'ha? Sta male? Sta male? Sviene? Sviene?".
- Con l'eco.
- Ma sì. Niente brusio. Poi è andato avanti tranquillo. Senza neanche assentarsi, così, con l'emorragia in corso.
- Niente sangue visibile?
- Solo quello di Cristo. Che comunque se l'è bevuto lui.
- Fine.
- Fine. E niente questua, per una volta che avevo gli spicci pronti.
- Mamma, non sei portata.
- Però va a finire sul blog, questa qui.
Filed in: therealthing lafamigliamir
- Perché siamo andati a una messa di commemorazione!
- Ah. Evento sociale.
- C'era anche quella tua compagna di classe, la Miriani. Com'è che faceva di nome, già?
- Chi se lo ricorda.
- Forse Elisabetta? No. Comunque deve avere una qualche nevrosi. Sempre a sistemarsi la cintura, la maglietta, a scoprirsi la schiena.
- Co-prirsi?
- Sco-prirsi! Un tormento. È che mi stava seduta proprio davanti, dunque ero per così dire costretta a guardarla.
- Eh.
- E il prete. Ha fatto un discorso strano sulla defunta. Non so come dirti: strano. Poi, niente, aveva una benda sull'occhio sinistro.
- Mamma.
- No, aspetta. Io ho pensato a un'operazione, no? Tipo cataratta. Anche se adesso non ti mettono neanche la benda. Tuo padre l'aveva, la benda? No. La nonna? Sì.
- Mamma, alla nonna se è per questo avevano fatto anche l'anestesia generale. Era circa l'Ottocento.
- Comunque. A un certo punto se ne sta lì a fare quello che deve fare e dice: "Ecco l'Agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo. Non preoccupatevi per me, ho soltanto un'emorragia in corso". Così, tutto d'un fiato, che io ho pensato ma allora sta' a vedere che adesso c'è una pozza di sangue sull'altare. O sulle ostie, e tocca rifar tutto.
- Mamma.
- Be', capita, eh. Poi ho guardato tutti gli altri, ma nessuno ha fatto una piega. Cioè, non erano neanche preoccupati, e non è che fino a quel momento ci fosse un brusio tipo "Cos'ha Padre Monocolo? Cos'ha? Sta male? Sta male? Sviene? Sviene?".
- Con l'eco.
- Ma sì. Niente brusio. Poi è andato avanti tranquillo. Senza neanche assentarsi, così, con l'emorragia in corso.
- Niente sangue visibile?
- Solo quello di Cristo. Che comunque se l'è bevuto lui.
- Fine.
- Fine. E niente questua, per una volta che avevo gli spicci pronti.
- Mamma, non sei portata.
- Però va a finire sul blog, questa qui.
Filed in: therealthing lafamigliamir
lunedì, giugno 30, 2008
La botola, la mascherina e il quadrupede telecomandato
Ovvero, i dieci brevetti anti-terrorismo più stranini, via Schneier. Li trovate raccolti qui su Neatorama, con disegni e tutto.
1. SUV anti-terroristi: il tettuccio si apre e spunta una pratica mitragliatrice.
2. mascherina antigas portatile con lembo di stoffa per proteggere anche la bocca, via.
3. tuta protettiva con toilette incorporata.
4. stazione missilistica mobile (viaggia in treno; ehi, ma questo i sovietici lo facevano già, non c'è niente da ridere).
5. auricolare per animale quadrupede non umano addestrato (ma poi cos'è che dovrebbe fare il quadrupede, esattamente?).
6. botola per aerei; se i terroristi stanno per forzare la cabina di pilotaggio gli si fa il vuoto sotto i piedi.
7. sistema gas narcotizzante per aerei; se i terroristi hanno forzato la porta della cabina di pilotaggio e hanno schivato la botola la soluzione ideale è addormentare tutti. Ma tutti, eh. Sistema Dubrovka, lo chiamerei. Se i terroristi sanno della mascherina antigas portatile del punto 2, che vi devo dire: sfiga.
8. sistema di controllo dei passeggeri durante il volo: per immobilizzare il terrorista senza immobilizzare anche gli altri passeggeri. Comprende vari sensori e una siringa (quando c'è una "condizione emotiva anomala" bisogna pur far qualcosa, abbiate pazienza).
9. rete di contenimento per esplosioni, cioè ombrello di kevlar da sparare o lanciare manualmente sull'uomo-bomba. Nel caso specifico, l'uomo-bomba è un attempato figlio dei fiori, o un reduce del Vietnam con il pareo, giudicate voi.
10. crematorio mobile, cioè camera di combustione portatile; perché non sempre i sistemi anti-terrorismo stranini funzionano, credo.
Filed in: falsiallarmi
1. SUV anti-terroristi: il tettuccio si apre e spunta una pratica mitragliatrice.
2. mascherina antigas portatile con lembo di stoffa per proteggere anche la bocca, via.
3. tuta protettiva con toilette incorporata.
4. stazione missilistica mobile (viaggia in treno; ehi, ma questo i sovietici lo facevano già, non c'è niente da ridere).
5. auricolare per animale quadrupede non umano addestrato (ma poi cos'è che dovrebbe fare il quadrupede, esattamente?).
6. botola per aerei; se i terroristi stanno per forzare la cabina di pilotaggio gli si fa il vuoto sotto i piedi.
7. sistema gas narcotizzante per aerei; se i terroristi hanno forzato la porta della cabina di pilotaggio e hanno schivato la botola la soluzione ideale è addormentare tutti. Ma tutti, eh. Sistema Dubrovka, lo chiamerei. Se i terroristi sanno della mascherina antigas portatile del punto 2, che vi devo dire: sfiga.
8. sistema di controllo dei passeggeri durante il volo: per immobilizzare il terrorista senza immobilizzare anche gli altri passeggeri. Comprende vari sensori e una siringa (quando c'è una "condizione emotiva anomala" bisogna pur far qualcosa, abbiate pazienza).
9. rete di contenimento per esplosioni, cioè ombrello di kevlar da sparare o lanciare manualmente sull'uomo-bomba. Nel caso specifico, l'uomo-bomba è un attempato figlio dei fiori, o un reduce del Vietnam con il pareo, giudicate voi.
10. crematorio mobile, cioè camera di combustione portatile; perché non sempre i sistemi anti-terrorismo stranini funzionano, credo.
Filed in: falsiallarmi
VVP, Medvedev e l'ADS-1
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin istruiva il Presidente della Federazione Russa Dmitrij Anatol'evič Medvedev sulle questioni pratiche.
- Guarda, - disse Vladimir Vladimirovič™, indicando a Dmitrij Anatol'evič il Presidente della Duma di Stato Boris Vjačeslavovič Gryzlov - Qui abbiamo l'androide deputato standard ADS-1. Si carica con un colpetto nell'orecchio.
Vladimir Vladimirovič™ ficcò il proprio premierale dito nell'orecchio del Presidente della Duma. Il Presidente si mise in moto.
- Grande! - si entusiasmò Dmitrij Anatol'evič, - E posso anch'io?
- Devi, - disse Vladimir Vladimirovič™, - Però, per carità, attento. Non rompere il pulsante.
- Perché? - domandò Dmitrij Anatol'evič, avvicinando all'orecchio del Presidente della Duma il presidenziale dito.
- Perché poi non è più possibile caricarlo, - disse Vladimir Vladimirovič™, - E quelli si metteranno a fare attività legislativa autonomamente.
- Ohi, mammina - disse il Presidente, e allontanò precipitosamente il dito dall'orecchio di Gryzlov.
Vladimir Vladimirovič™ sorrise incoraggiante.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
- Guarda, - disse Vladimir Vladimirovič™, indicando a Dmitrij Anatol'evič il Presidente della Duma di Stato Boris Vjačeslavovič Gryzlov - Qui abbiamo l'androide deputato standard ADS-1. Si carica con un colpetto nell'orecchio.
Vladimir Vladimirovič™ ficcò il proprio premierale dito nell'orecchio del Presidente della Duma. Il Presidente si mise in moto.
- Grande! - si entusiasmò Dmitrij Anatol'evič, - E posso anch'io?
- Devi, - disse Vladimir Vladimirovič™, - Però, per carità, attento. Non rompere il pulsante.
- Perché? - domandò Dmitrij Anatol'evič, avvicinando all'orecchio del Presidente della Duma il presidenziale dito.
- Perché poi non è più possibile caricarlo, - disse Vladimir Vladimirovič™, - E quelli si metteranno a fare attività legislativa autonomamente.
- Ohi, mammina - disse il Presidente, e allontanò precipitosamente il dito dall'orecchio di Gryzlov.
Vladimir Vladimirovič™ sorrise incoraggiante.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
domenica, giugno 29, 2008
venerdì, giugno 27, 2008
giovedì, giugno 26, 2008
mercoledì, giugno 25, 2008
martedì, giugno 24, 2008
E si rompe
"L'erogazione delle banconote avviene in 10 secondi!
Se i soldo non vengono ritirati, il bancomat se li riprende
e si rompe!"
Filed in: Russia
lunedì, giugno 23, 2008
Super promozione
domenica, giugno 22, 2008
Finché lo fanno i cherubini, per noi è ok
Sulle prime ho fatto il possibile per ignorare questa notizia (scoperta con sgomento grazie a un pacato lancio RIA Novosti del 16 giugno) e seppellirla negli oscuri anfratti del mio subconscio.
Poi ho pensato: e se la trovano su Repubblica online in giornata fiacca e si accorgono che il Miro ha colpevolmente omesso l'informazione?
Inauguro dunque un brevissimo periodo di glasnost' e vi comunico che nel Sud della Russia, nella cittadina termale di Železnovodsk (lett. acque ferrose), è stato inaugurato un monumento al clistere.
Il primo al mondo, dice il direttore delle terme.
Non so voi, ma io ho deciso di credergli sulla parola.
Il monumento è di bronzo, è alto un metro e mezzo, pesa circa 400 chili ed è opera della scultrice Svetlana Avakina, la quale afferma orgogliosamente di essersi ispirata a Botticelli. Infatti il clisterone è retto (chiedo scusa) da tre angioletti: "l'ironia è che i fanciullini rubano a Marte le sue armi e per così dire prendono in giro il dio della guerra, e la guerra è una tragedia. Similmente, il clistere è una procedura spiacevole. Ma se la fanno i cherubini, è ok".
Foto con infermierine seksi? Foto.
C'è da dire che i russi hanno una soglia monumentale bassissima, cioè erigono facile. Tempo fa, per esempio, nella piazza principale della città di Orël (aquila) hanno tirato su un'aquila con le ali spiegate. Grandina. E mica di bronzo. Di crine, tipo.
1. con questo post si inaugura pertanto l'inevitabile sezione monumenti russi;
2. non abituatevi alla glasnost', ché si comincia così e poi si finisce a fare la pubblicità di Vuitton per sopravvivere;
3. sto via fino a venerdì, ma in bozze ci sono parecchie cose (blogger ha la pubblicazione differita, sarebbe brutto non approfittarne per postare qualcosa dai miei archivi segreti): dunque l'osmizza resta aperta. I commenti sono a vostra disposizione per socializzare, lurkare, delurkarvi, scambiarvi i numeri di telefono, dichiararvi amore eterno, fare affermazioni azzardate e cambiare repentinamente idea.
Besitos, bratell*s.
Filed in: Russia monumenti russi
Poi ho pensato: e se la trovano su Repubblica online in giornata fiacca e si accorgono che il Miro ha colpevolmente omesso l'informazione?
Inauguro dunque un brevissimo periodo di glasnost' e vi comunico che nel Sud della Russia, nella cittadina termale di Železnovodsk (lett. acque ferrose), è stato inaugurato un monumento al clistere.
Il primo al mondo, dice il direttore delle terme.
Non so voi, ma io ho deciso di credergli sulla parola.
Il monumento è di bronzo, è alto un metro e mezzo, pesa circa 400 chili ed è opera della scultrice Svetlana Avakina, la quale afferma orgogliosamente di essersi ispirata a Botticelli. Infatti il clisterone è retto (chiedo scusa) da tre angioletti: "l'ironia è che i fanciullini rubano a Marte le sue armi e per così dire prendono in giro il dio della guerra, e la guerra è una tragedia. Similmente, il clistere è una procedura spiacevole. Ma se la fanno i cherubini, è ok".
Foto con infermierine seksi? Foto.
C'è da dire che i russi hanno una soglia monumentale bassissima, cioè erigono facile. Tempo fa, per esempio, nella piazza principale della città di Orël (aquila) hanno tirato su un'aquila con le ali spiegate. Grandina. E mica di bronzo. Di crine, tipo.
1. con questo post si inaugura pertanto l'inevitabile sezione monumenti russi;
2. non abituatevi alla glasnost', ché si comincia così e poi si finisce a fare la pubblicità di Vuitton per sopravvivere;
3. sto via fino a venerdì, ma in bozze ci sono parecchie cose (blogger ha la pubblicazione differita, sarebbe brutto non approfittarne per postare qualcosa dai miei archivi segreti): dunque l'osmizza resta aperta. I commenti sono a vostra disposizione per socializzare, lurkare, delurkarvi, scambiarvi i numeri di telefono, dichiararvi amore eterno, fare affermazioni azzardate e cambiare repentinamente idea.
Besitos, bratell*s.
Filed in: Russia monumenti russi
venerdì, giugno 20, 2008
Due
Bar, cassa, barista assorto nella pulizia nel bancone.
(lui) - Pago due caffè.
(io) - No, io.
(lui) - Zitt'.
(barista, senza sollevare lo sguardo) - Due.
(lui) - No, li paghiamo, non li prendiamo.
(barista, impassibile) - Due.
(io, mettendoci anche un vago sfarfallante gesto della mano) - No, li abbiamo già presi, eravamo seduti lì.
(lui, sospirando) - Sì.
(barista, con espressione so quel che dico) - Due.
(all together now) - Ma...
(barista) - DUE EURO.
Filed in: therealthing
(lui) - Pago due caffè.
(io) - No, io.
(lui) - Zitt'.
(barista, senza sollevare lo sguardo) - Due.
(lui) - No, li paghiamo, non li prendiamo.
(barista, impassibile) - Due.
(io, mettendoci anche un vago sfarfallante gesto della mano) - No, li abbiamo già presi, eravamo seduti lì.
(lui, sospirando) - Sì.
(barista, con espressione so quel che dico) - Due.
(all together now) - Ma...
(barista) - DUE EURO.
Filed in: therealthing
giovedì, giugno 19, 2008
Sì o no
- adesso rispondimi, ma sincero, sì o no, d'accordo?
- d'accordo.
- perché gli uomini prendono in giro le bionde?
- sì.
Fonte: bash.org.ru, Citatnik Runeta
Filed in: Russia
- d'accordo.
- perché gli uomini prendono in giro le bionde?
- sì.
Fonte: bash.org.ru, Citatnik Runeta
Filed in: Russia
Velocissimi nel loro genere
"Nessuno mi crede quando lo racconto, ma i tedeschi bevono ancora più dei russi. Solo che i russi bevono un po' più velocemente".
Il gestore di un albergo turco, nell'articolo di Clifford J. Levy sul New York Times dedicato al turismo russo all'estero.
(Nella foto: albergo di Antalya in forma di San Basilio+Cremlino).
Filed in: Russia
mercoledì, giugno 18, 2008
Garantito
Internazionalmente premiato
Diplomato in singoli 6 mesi.
¡Non perdere tempo con stupide regole!
Impara come hai imparato spagnolo
e io ho dato in inglese tutto
cosa tu intendi.
Garantito!
via grustnye perevody.
Filed in: correzioni
martedì, giugno 17, 2008
Many Shades of White
- No, avevi ragione: ho in loop i Raconteurs.
- Che ti dicevo.
- Li amiamo tanto. Ma ti volevo chiedere: dov'è finita la sorella?
- Quale sorella?
- La sorella White. Cioè, sì, hanno litigato? Mentre gli altri due cantano e suonano lei sta in un cantuccio a braccia conserte battendo il tempo con il piedino? Gli appiccica il daygum sulla Airline? Come funzionano, questi side project?
[Sguardo prima perplesso, poi intenerito, infine di pietà]
- Cosa?
- Ma...
- Cosa, cosa, cosa?
- Solo tu potevi crederci, dopo tutti questi anni.
- Ah.
- Eh.
- Forse erano un po' strani, come fratelli.
- Un po' tanto.
- A me poi stavano anche un po' antipatici, all'inizio. Sai, fratello e sorella, un po' ciesotti. Tutti e due a strimpellare la chitarra la domenica in un luogo di culto presbiteriano di Detroit e poi via di corsa a torturare lucertole.
- E invece. Sposati e divorziati.
- Divorziati! Ma allora altro che cantuccio a braccia conserte, lei è chiusa nello scantinato a cucire bamboline gotiche con la faccia di lui e di quell'altro intonando sinistre nenie.
- Ma no, sono amici, si vedono ancora, eccetera.
- Ma farti un po' i cazzi tuoi, tu?
I White Stripes non sono fratello e sorella e io devo venirlo a sapere da Calavera?
- Pensa che stavo per farci su un post, sulla scomparsa di sorella White.
- Adesso devi farlo.
- E tu e io, siamo tipo fratelli, vero?
- No.
Filed in: therealthing muzyka
- Che ti dicevo.
- Li amiamo tanto. Ma ti volevo chiedere: dov'è finita la sorella?
- Quale sorella?
- La sorella White. Cioè, sì, hanno litigato? Mentre gli altri due cantano e suonano lei sta in un cantuccio a braccia conserte battendo il tempo con il piedino? Gli appiccica il daygum sulla Airline? Come funzionano, questi side project?
[Sguardo prima perplesso, poi intenerito, infine di pietà]
- Cosa?
- Ma...
- Cosa, cosa, cosa?
- Solo tu potevi crederci, dopo tutti questi anni.
- Ah.
- Eh.
- Forse erano un po' strani, come fratelli.
- Un po' tanto.
- A me poi stavano anche un po' antipatici, all'inizio. Sai, fratello e sorella, un po' ciesotti. Tutti e due a strimpellare la chitarra la domenica in un luogo di culto presbiteriano di Detroit e poi via di corsa a torturare lucertole.
- E invece. Sposati e divorziati.
- Divorziati! Ma allora altro che cantuccio a braccia conserte, lei è chiusa nello scantinato a cucire bamboline gotiche con la faccia di lui e di quell'altro intonando sinistre nenie.
- Ma no, sono amici, si vedono ancora, eccetera.
- Ma farti un po' i cazzi tuoi, tu?
I White Stripes non sono fratello e sorella e io devo venirlo a sapere da Calavera?
- Pensa che stavo per farci su un post, sulla scomparsa di sorella White.
- Adesso devi farlo.
- E tu e io, siamo tipo fratelli, vero?
- No.
Filed in: therealthing muzyka
lunedì, giugno 16, 2008
sabato, giugno 14, 2008
venerdì, giugno 13, 2008
Vita di Merna
Nelle mappe catastali di inizio Novecento quella vasta distesa erbosa compresa tra le valli dell'Isonzo/Soča e del Vipacco/Vipava che ancora oggi potete vedere a sinistra di via Trieste dirigendovi verso Gorizia in località Merna/Miren viene chiamata "campagna grande". Nel 1910 Edi e Bepi Rusjan, che sono stati i primi a volare di tutto l'Impero austro-ungarico, trasferiscono lì il laboratorio nel quale hanno preso a costruire le loro "trapole de carta". Anzi, stanno per inaugurare la produzione in serie grazie a un imprenditore di Zagabria che vuole metterci i capitali quando Edi durante un'esibizione a Belgrado con forte vento di tramontana precipita ai piedi della fortezza Kalemegdan, alla confluenza della Sava con il Danubio. È il 9 gennaio 1911.
Nel 1912 la campagna grande diventa aeroporto invernale per la Scuola Militare Aeronautica di Wiener Neustadt e poi secondo aeroporto dell'Impero. A sei anni dalla fine della Prima guerra mondiale si distinguono ancora le trincee e i camminamenti austriaci e la linea ferroviaria che porta a Trieste.
Negli anni Venti la Regia Aeronautica comincia a costruire nell'aeroporto di Gorizia-Merna le prime strutture: hangar Gleiwitz, hangar della Ricognizione, officine, palazzina avieri, corpo di guardia, autorimessa, hangar in ferro Lancini, Palazzina Comando, uffici amministrativi, infermeria, polveriera, riservetta munizioni, stazione R.T.
Negli anni Trenta si aggiungono le palazzine ufficiali e sottufficiali con circolo, mensa, alloggi.
Il primo reparto a insediarsi è il 21° Stormo ricognizione. Nel settembre del 1931 arriva il 4° Stormo Caccia. In tempo di guerra quello di Gorizia-Merna è uno degli aeroporti italiani più affollati: è sede di 4° Stormo, Scuola di Volo Avanzata, 1° Nucleo Addestramento Aerosiluranti. Poi arrivano l'8 settembre, i tedeschi, i titini, i tedeschi contro i titini, due bombardamenti, infine gli americani.
Alla fine della Seconda guerra mondiale la località di Merna/Miren finisce in Jugoslavia e per poche centinaia di metri l'aeroporto resta in Italia, con la testata della pista che dista appena 150 metri dal confine e dalla cortina di ferro: è la sua condanna.
Nel dopoguerra, per un breve periodo, si trasforma in aeroporto civile. Poi, negli anni Cinquanta, la palazzina ufficiali e l'ex magazzino vestiario diventano sede di un'industria dolciaria. Non che Gorizia abbia una vocazione o una tradizione nel settore delle caramelle: è una conseguenza delle agevolazioni di zona franca e della crisi in altri settori.
Alla mezzanotte del 31 dicembre 1967 il primo aviere Mian emette l'ultimo bollettino meteo e invia il telegramma con il quale comunica che la stazione non è più operativa.
Dopo la dismissione, dell'aeroporto di Gorizia-Merna rimangono i resti del deposito di benzina, della palazzina sottufficiali, del magazzino vestiario, della stazione R.T., della baracca recupero velivoli incidentati, del magazzino MSA, del serbatoio pensile dell'acqua, dell'officina III tipo, dell'aerostazione passeggeri, della torre di controllo, dei rifugi antiaerei, del parcheggio dei velivoli commerciali, della piscina, tracce dei piazzali del 4° e 21° Stormo, del comando della Ricognizione, di due serbatoi, i ruderi della cabina impianto anti incendi e la piscina della colonia elioterapica. Per lo più macerie.
Dagli anni Sessanta e Settanta sull'aeroporto si organizzano voli per le scuole, gare di aeromodelli, lanci con il paracadute. Negli ultimi decenni quella vasta distesa erbosa tra il Vipacco e l'Isonzo, dove oggi i goriziani vanno a correre al tramonto, è riuscita a schivare l'insediamento di una Scuola della Guardia di Finanza e un paio di "progetti integrati". Si è vista chiudere, in tempi recenti, perché i controlli antiterrorismo l'hanno trovata "non idonea". Chiudere, recintare e poi riaprire.
Ci si potrebbe fare una pista in asfalto, una pista in erba, un museo del volo, una biblioteca-cineteca, renderla sede di attività produttive aeronautiche, di aree giochi e di aree attrezzate per le attività sportive. C'è posto per correre, giocare, volare, volare aquiloni. Tutto quello che 157 ettari di tanti prati e poche macerie rendono possibile, mettendo insieme una storia prima felice e poi dolentissima e funesta e il legame affettivo tra i goriziani e le superfici erbose, tra le grandi superfici erbose e il cielo.
Lo chiameremo il Comandante: è il presidente di un'associazione culturale che da anni si occupa della valorizzazione dell'aeroporto di Gorizia-Merna. È figlio di un timido asso dell'aviazione acrobatica e pilota di linea in pensione: se volete farvi un volo su Gorizia lui la domenica vi porta su.
Giorni fa il Comandante chiede un incontro con il sindaco per ricordargli ancora una volta tutto quello che si può fare di bello con questi 157 ettari.
Il signor sindaco ascolta.
Annuisce.
E poi, perplesso, domanda:
- Ma i depositi per i container?
Il Comandante questa la sa:
- Certo. È prevista un'area dedicata alle attività produttive, qui lungo il perimetro.
- No, scusi, ma io dove lo faccio, il terminal per i Tir?
Filed in: therealthing
Nel 1912 la campagna grande diventa aeroporto invernale per la Scuola Militare Aeronautica di Wiener Neustadt e poi secondo aeroporto dell'Impero. A sei anni dalla fine della Prima guerra mondiale si distinguono ancora le trincee e i camminamenti austriaci e la linea ferroviaria che porta a Trieste.
Negli anni Venti la Regia Aeronautica comincia a costruire nell'aeroporto di Gorizia-Merna le prime strutture: hangar Gleiwitz, hangar della Ricognizione, officine, palazzina avieri, corpo di guardia, autorimessa, hangar in ferro Lancini, Palazzina Comando, uffici amministrativi, infermeria, polveriera, riservetta munizioni, stazione R.T.
Negli anni Trenta si aggiungono le palazzine ufficiali e sottufficiali con circolo, mensa, alloggi.
Il primo reparto a insediarsi è il 21° Stormo ricognizione. Nel settembre del 1931 arriva il 4° Stormo Caccia. In tempo di guerra quello di Gorizia-Merna è uno degli aeroporti italiani più affollati: è sede di 4° Stormo, Scuola di Volo Avanzata, 1° Nucleo Addestramento Aerosiluranti. Poi arrivano l'8 settembre, i tedeschi, i titini, i tedeschi contro i titini, due bombardamenti, infine gli americani.
Alla fine della Seconda guerra mondiale la località di Merna/Miren finisce in Jugoslavia e per poche centinaia di metri l'aeroporto resta in Italia, con la testata della pista che dista appena 150 metri dal confine e dalla cortina di ferro: è la sua condanna.
Nel dopoguerra, per un breve periodo, si trasforma in aeroporto civile. Poi, negli anni Cinquanta, la palazzina ufficiali e l'ex magazzino vestiario diventano sede di un'industria dolciaria. Non che Gorizia abbia una vocazione o una tradizione nel settore delle caramelle: è una conseguenza delle agevolazioni di zona franca e della crisi in altri settori.
Alla mezzanotte del 31 dicembre 1967 il primo aviere Mian emette l'ultimo bollettino meteo e invia il telegramma con il quale comunica che la stazione non è più operativa.
Dopo la dismissione, dell'aeroporto di Gorizia-Merna rimangono i resti del deposito di benzina, della palazzina sottufficiali, del magazzino vestiario, della stazione R.T., della baracca recupero velivoli incidentati, del magazzino MSA, del serbatoio pensile dell'acqua, dell'officina III tipo, dell'aerostazione passeggeri, della torre di controllo, dei rifugi antiaerei, del parcheggio dei velivoli commerciali, della piscina, tracce dei piazzali del 4° e 21° Stormo, del comando della Ricognizione, di due serbatoi, i ruderi della cabina impianto anti incendi e la piscina della colonia elioterapica. Per lo più macerie.
Dagli anni Sessanta e Settanta sull'aeroporto si organizzano voli per le scuole, gare di aeromodelli, lanci con il paracadute. Negli ultimi decenni quella vasta distesa erbosa tra il Vipacco e l'Isonzo, dove oggi i goriziani vanno a correre al tramonto, è riuscita a schivare l'insediamento di una Scuola della Guardia di Finanza e un paio di "progetti integrati". Si è vista chiudere, in tempi recenti, perché i controlli antiterrorismo l'hanno trovata "non idonea". Chiudere, recintare e poi riaprire.
Ci si potrebbe fare una pista in asfalto, una pista in erba, un museo del volo, una biblioteca-cineteca, renderla sede di attività produttive aeronautiche, di aree giochi e di aree attrezzate per le attività sportive. C'è posto per correre, giocare, volare, volare aquiloni. Tutto quello che 157 ettari di tanti prati e poche macerie rendono possibile, mettendo insieme una storia prima felice e poi dolentissima e funesta e il legame affettivo tra i goriziani e le superfici erbose, tra le grandi superfici erbose e il cielo.
Lo chiameremo il Comandante: è il presidente di un'associazione culturale che da anni si occupa della valorizzazione dell'aeroporto di Gorizia-Merna. È figlio di un timido asso dell'aviazione acrobatica e pilota di linea in pensione: se volete farvi un volo su Gorizia lui la domenica vi porta su.
Giorni fa il Comandante chiede un incontro con il sindaco per ricordargli ancora una volta tutto quello che si può fare di bello con questi 157 ettari.
Il signor sindaco ascolta.
Annuisce.
E poi, perplesso, domanda:
- Ma i depositi per i container?
Il Comandante questa la sa:
- Certo. È prevista un'area dedicata alle attività produttive, qui lungo il perimetro.
- No, scusi, ma io dove lo faccio, il terminal per i Tir?
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giovedì, giugno 12, 2008
Pens to the angry one
Menù fotografato a Montecatini da bradshaw of the future.
Nel menù in inglese di una certa pizzeria Le Macine lo stesso autore ha poi scoperto un'irresistibile lista di "Pants". Cioè, insomma, calzoni.
Enjoy:
link http://www.pizzerialemacine.it/menuin.htm
Filed in: correzioni
mercoledì, giugno 11, 2008
VVP e gli affari
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin e la sua consorte percorrevano in incognito la Rublëvka a bordo della loro "Zaporožec".
A un tratto da un cespuglio sbucò un poliziotto della stradale in uniforme che puntò contro Vladimir Vladimirovič™ il suo bastoncino bianco e nero.
Vladimir Vladimirovič™ accostò, spense il motore e abbassò il finestrino.
- Benebenebenebene… - disse allusivo il poliziotto, avvicinandosi lentamente all'auto e picchiettandosi la palma della mano sinistra con il bastoncino, - Cosa ci facciamo qui?
- Mi scusi? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Dico, cosa ci facciamo qui sulla corsia speciale? Eh? - disse il poliziotto, osservando con disgusto l'automobile di Vladimir Vladimirovič™.
- Vado... - bofonchiò Vladimir Vladimirovič™.
- Ah, andiamo? - si stupì il poliziotto, - E dov'è che andiamo con questo scassone? Non sappiamo forse quali persone passano di qui?!
- Quali? - Vladimir Vladimirovič™ continuava a non capire.
- Ah, non sappiamo quali?! - esclamò il poliziotto, - Proprio proprio non lo sappiamo, quali persone passano di qui? Il presidente? No no no. Gli uomini d'affari? No no no. Di qui ci passano solo i pensionati sull'utilitaria, eh già già!
- Beh, io in effetti... - disse Vladimir Vladimirovič™ confuso, - Dia un'occhiata ai documenti, qui...
- Ah, e così abbiamo i documenti! - continuò il poliziotto, girando lentamente attorno all'automobile di Vladimir Vladimirovič™, - Ma allora su questo immondezzaio ci abbiamo anche i documenti!... E la revisione, l'abbiamo fatta? E magari siamo anche a posto con l'Euro 3, sì?
- Sì, ma controlli, controlli pure, - borbottò Vladimir Vladimirovič™, tendendo al poliziotto la documentazione della presidenza del consiglio.
- Ma cosa abbiamo qui, - disse il poliziotto, senza toccare le carte, - Pensionato? Ho capito, niente documenti... e dove prenderli, del resto? Quanto hai di pensione?
- Pensione? - ancora una volta Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Cinquecento rubli, - tagliò corto il poliziotto, - E ringraziami che non ti impedisco di usare un mezzo di trasporto potenzialmente pericoloso…
- Cinquecento rubli? - si stupì Vladimir Vladimirovič™, - E per cosa?!
- Pedaggio, - scoppiò a ridere il poliziotto della stradale, dando un calcio a una ruota dell'auto di Vladimir Vladimirovič™.
- Ah, pedaggio, - sorrise Vladimir Vladimirovič™, che si voltò verso la consorte, - Ascolta, hai mica cinquecento rubli?
La consorte di Vladimir Vladimirovič™ arrossì, aprì la borsetta, estrasse il borsellino e prese una banconota da cinquecento rubli.
Vladimir Vladimirovič™ prese la banconota e l'allungò al poliziotto della stradale. Il poliziotto con un movimento impercettibile sfilò la banconota dalla mano di Vladimir Vladimirovič™, fece un gran sorriso e si portò la mano alla tesa del berretto.
- Buon viaggio! - abbaiò il poliziotto, scoppiando a ridere.
Vladimir Vladimirovič™ tirò su il finestrino e ripartì.
- Perché gli hai dato quei soldi? - domandò a Vladimir Vladimirovič™ la sua consorte, - Tu sei il primo ministro!
- Adesso da noi va in un altro modo, - rispose Vladimir Vladimirovič™ rimettendosi in carreggiata, - Adesso da noi, mia cara, lo stato non si mescola con gli affari.
E Vladimir Vladimirovič™ accelerò.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
A un tratto da un cespuglio sbucò un poliziotto della stradale in uniforme che puntò contro Vladimir Vladimirovič™ il suo bastoncino bianco e nero.
Vladimir Vladimirovič™ accostò, spense il motore e abbassò il finestrino.
- Benebenebenebene… - disse allusivo il poliziotto, avvicinandosi lentamente all'auto e picchiettandosi la palma della mano sinistra con il bastoncino, - Cosa ci facciamo qui?
- Mi scusi? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Dico, cosa ci facciamo qui sulla corsia speciale? Eh? - disse il poliziotto, osservando con disgusto l'automobile di Vladimir Vladimirovič™.
- Vado... - bofonchiò Vladimir Vladimirovič™.
- Ah, andiamo? - si stupì il poliziotto, - E dov'è che andiamo con questo scassone? Non sappiamo forse quali persone passano di qui?!
- Quali? - Vladimir Vladimirovič™ continuava a non capire.
- Ah, non sappiamo quali?! - esclamò il poliziotto, - Proprio proprio non lo sappiamo, quali persone passano di qui? Il presidente? No no no. Gli uomini d'affari? No no no. Di qui ci passano solo i pensionati sull'utilitaria, eh già già!
- Beh, io in effetti... - disse Vladimir Vladimirovič™ confuso, - Dia un'occhiata ai documenti, qui...
- Ah, e così abbiamo i documenti! - continuò il poliziotto, girando lentamente attorno all'automobile di Vladimir Vladimirovič™, - Ma allora su questo immondezzaio ci abbiamo anche i documenti!... E la revisione, l'abbiamo fatta? E magari siamo anche a posto con l'Euro 3, sì?
- Sì, ma controlli, controlli pure, - borbottò Vladimir Vladimirovič™, tendendo al poliziotto la documentazione della presidenza del consiglio.
- Ma cosa abbiamo qui, - disse il poliziotto, senza toccare le carte, - Pensionato? Ho capito, niente documenti... e dove prenderli, del resto? Quanto hai di pensione?
- Pensione? - ancora una volta Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Cinquecento rubli, - tagliò corto il poliziotto, - E ringraziami che non ti impedisco di usare un mezzo di trasporto potenzialmente pericoloso…
- Cinquecento rubli? - si stupì Vladimir Vladimirovič™, - E per cosa?!
- Pedaggio, - scoppiò a ridere il poliziotto della stradale, dando un calcio a una ruota dell'auto di Vladimir Vladimirovič™.
- Ah, pedaggio, - sorrise Vladimir Vladimirovič™, che si voltò verso la consorte, - Ascolta, hai mica cinquecento rubli?
La consorte di Vladimir Vladimirovič™ arrossì, aprì la borsetta, estrasse il borsellino e prese una banconota da cinquecento rubli.
Vladimir Vladimirovič™ prese la banconota e l'allungò al poliziotto della stradale. Il poliziotto con un movimento impercettibile sfilò la banconota dalla mano di Vladimir Vladimirovič™, fece un gran sorriso e si portò la mano alla tesa del berretto.
- Buon viaggio! - abbaiò il poliziotto, scoppiando a ridere.
Vladimir Vladimirovič™ tirò su il finestrino e ripartì.
- Perché gli hai dato quei soldi? - domandò a Vladimir Vladimirovič™ la sua consorte, - Tu sei il primo ministro!
- Adesso da noi va in un altro modo, - rispose Vladimir Vladimirovič™ rimettendosi in carreggiata, - Adesso da noi, mia cara, lo stato non si mescola con gli affari.
E Vladimir Vladimirovič™ accelerò.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
martedì, giugno 10, 2008
VVP, Medvedev e la visita ufficiale
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin percorreva un lungo corridoio del Cremino e all'improvviso si imbatté nel Presidente della Federazione Russa Dmitrij Anatol'evič Medvedev.
- Ascolta, bratello! - esclamò Vladimir Vladimirovič™, - Ma dov'eri? Ti ho telefonato per giorni, non ti trovavo...
- Sono andato in Germania, - sorrise Dmitrij Anatol'evič, - In visita ufficiale.
- Cioè, come, ufficiale? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Ma sì, - disse Dmitrij Anatol'evič, e il sorriso gli si allargò, - Ufficiale. Sai, sono tipo presidente, adesso. Eccetera.
- E cos'è che hai detto? - domandò Vladimir Vladimirovič™.
- Già non me lo ricordo più, - rispose Dmitrij Anatol'evič, - Comunque ho letto. Sì, be', me l'hanno scritto...
- Ah, te l'hanno scritto... - sospirò sollevato Vladimir Vladimirovič™, - Be', allora tutto bene... Però non è che me la rifai, questa cosa di andartene senza avvertire, eh?
E Vladimir Vladimirovič™ si allontanò.
Dmitrij Anatol'evič, allibito, lo seguì con lo sguardo.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
- Ascolta, bratello! - esclamò Vladimir Vladimirovič™, - Ma dov'eri? Ti ho telefonato per giorni, non ti trovavo...
- Sono andato in Germania, - sorrise Dmitrij Anatol'evič, - In visita ufficiale.
- Cioè, come, ufficiale? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Ma sì, - disse Dmitrij Anatol'evič, e il sorriso gli si allargò, - Ufficiale. Sai, sono tipo presidente, adesso. Eccetera.
- E cos'è che hai detto? - domandò Vladimir Vladimirovič™.
- Già non me lo ricordo più, - rispose Dmitrij Anatol'evič, - Comunque ho letto. Sì, be', me l'hanno scritto...
- Ah, te l'hanno scritto... - sospirò sollevato Vladimir Vladimirovič™, - Be', allora tutto bene... Però non è che me la rifai, questa cosa di andartene senza avvertire, eh?
E Vladimir Vladimirovič™ si allontanò.
Dmitrij Anatol'evič, allibito, lo seguì con lo sguardo.
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lunedì, giugno 09, 2008
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