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mercoledì, novembre 24, 2004

L'Iconocl/asta

Consiglio di lettura: Dust, ispirandosi all'apparizione miracolosa della Madonna del formaggio messa all'asta su Ebay (come tutto è soggettivo: dove alcuni potrebbero vedere la Madonna io ci ho visto mia zia Palmira da giovane. Cosa ci facesse mia zia Palmira su un pezzo di montasio, sulle prime non mi è sembrata una domanda fondamentale), ha scritto questo:

La visione è quella cosa
che si imprime sulla fetta
Se mangiasti troppo in fretta...
be', fra poco tornerà

Puoi cercarla sull'hamburger,
la schiacciata ed il panino
Evita il cacciatorino
altrimenti viene a pois

Dalla pizza margherita
ti sorride Berlusconi
che fra tasse e patrimoni
di miracoli ne fa

Sopra il toast che già pregusti
Bossi a un tratto ti compare
Ti sconsiglio di addentare
perché a male è andato già

Che traspare su quel sandwich
pieno zeppo di pancetta ?
C'è Bin Laden che l'affetta !
[ Non diciamolo al mullah ]

La tartina mostra un viso
E' la Vergine Maria !
No, ricorda più una spia...
Oh, madonna, ma è James Bond !

Sul Big Mac vedi apparire
dei Duran Duran il volto
E leccando il grasso sciolto
potrai dir "Simon l'è Bòn"

Sulla fetta di toscano
che avido e fremente impugni
ti congeleranno i grugni
di Schifani e di Maron

Perciò, attento, non buttarti
su ogni tipo di panino
Trangugiar ciò che è divino
non è segno di bon ton

Se l'oggetto te lo pappi
tu sarai un iconoclasta
Se lo metti invece all'asta
ci farai qualche milion

Link

giovedì, ottobre 28, 2004

Fine pomeriggio, poesia

I find it very difficult to enthuse
Over the current news.
Just when you think that at least the outlook is so black that it can grow no blacker, it worsens,
And that is why I do not like the news, because there has never been an era when so many things were going so right for so many of the wrong persons.

Ogden Nash, "Everybody Tells Me Everything"

giovedì, ottobre 21, 2004

Il y a 20 ans



In qualche modo le cose cominciano.
Per me, è cominciata così.
Ho un ricordo molto vivo dei film visti da bambina, quando i miei lavoravano fino a tardi e Antonia si addormentava sulla sedia in cucina con il televisore acceso. A volte mi sembra che gli anni successivi, dell'adolescenza e della prima età adulta, siano stati una ricostruzione furiosa di quei film senza titolo, mal capiti o fraintesi, divorati ad occhi spalancati e con il volume al minimo.
Se ho amato il cinema prima dei ragazzi e della musica è merito di un contagio, di uno sguardo fatale e casuale, in una di quelle sere silenziose in cui al desiderio che i miei tornassero presto seguiva la preoccupazione di non riuscire a vedere la fine del film.
François Truffaut è stato il regista di quel contagio, e il film I quattrocento colpi.
Truffaut per me è stato l'amore, la carnalità, il gioco, il macabro, lo scherzo, l'amarezza. I suoi maestri sono diventati i miei, ho scoperto il grande cinema americano ed europeo anche attraverso i suoi occhi, ho mandato a mente la lezione di Hitchcock e di Ray, di Gance e Ophüls. Truffaut è stato critico, polemico, bibliofilo, trasgressivo, convenzionale, romantico, cinico, dongiovanni, feticista, voyeur e tantissime altre cose. L'ho tradito, discusso e abbandonato molte volte, poi, come si fa con quello che si ama veramente.
Quella notte fatale, mentre la stufa si stava raffreddando, io sognai Doinel che accendeva una candela davanti al ritratto di Balzac, e io ero Doinel.
Per me, così è cominciata.

martedì, ottobre 19, 2004

The year of the miniskirt

Ogni anno ha la sua parola-tormentone: quella più sentita in giro, la più letta sui giornali, quella che ricorre più spesso nel linguaggio televisivo. La più molesta, anche. Sembra che per i britannici questo sia l'anno del chav, il ragazzetto con cappellino da baseball e una predilezione per le catene d'oro vistose e dozzinali, frequentatore accanito dei centri commerciali del regno.
Ma è la lista delle parole dell'anno dall'inizio del secolo a oggi a riservare sorprese: per esempio, tiddly-om-pom-pom nel 1909, sudden death nel 1927, sex nel 1929 (e sexy appena nel 1956), mobile phone già nel 1945. Fino agli squallidi axis of evil del 2002 e sex up del 2003. Sapere di essere nati nell'anno in cui da quelle parti il tormentone era "minigonna", giusto giusto tra byte e acid, con il senno di poi dà perfino una certa soddisfazione.

mercoledì, settembre 29, 2004

Astenersi non estimatori di John Cleese

Basil: How do you do doctor. Very nice to have you with us, doctor.
Mr Abbott: Thank You.
Basil: And Mrs Abbott, how do you do.
Mr Abbott: Dr Abbott, actually.
Basil: …I’m sorry?
Mr Abbott: Doctor Abbott.
Mrs Abbott:
Two doctors.
Basil: (to Mr Abbott) You’re two doctors?
Mrs Abbott: Yes.
Basil: Well, how did you become two doctors? That’s most unusual… I mean, did you take the exams twice, or…?
Mr Abbott: No, my wife’s a doctor…
Mrs Abbott:
I’m a doctor.
Basil: You’re a doctor too! So you’re three doctors.

Fawlty Towers, # 8, "The Psychiatrist"

E, nello stesso episodio, "a woman, you know: opposite person of the contradictory gender".
Astenersi non estimatori.

sabato, settembre 18, 2004

Riposini

Ecco come deve arrangiarsi un ragazzo per farsi una dormita in santa pace. (e poi, non dicevate che sono tele-igienico?)

domenica, settembre 12, 2004

O, o, o, o, that Shakespeherian rag

Non so quanti ammiratori del bardo capitino da queste parti, ma la scoperta via Reuters di questo ricchissimo sito della British Library sugli "in quarto" di Shakespeare a me ha risolto il pomeriggio domenicale. Sarà che ho ormai sublimato le lezioni di un certo temuto e scarmigliato professore di Ca' Foscari in un'esperienza mistica e totalizzante (lo giuro, siamo a livelli di paradiso artificiale). Oppure sarà semplicemente che oggi piove. Che sono una ragazza popolare, invece, già si sa.

E poi, la conoscete, no, la storia del tipo bello, ricco, nobile e scandinavo (quello biondo in calzamaglia) a cui appare il fantasma del padre e che si vendica con lo zio amante di mammà? Allora consiglio un'occhiata a Hamlet - the text adventure.
Cosa darei per risparmiare alla dolce Ofelia la pazzia e la successiva morte per acqua tra ghirlande di fiori. Già sarebbe tanto evitare di accopparle il padre.
Ma sì, ok, si chiama tragedia.

lunedì, settembre 06, 2004

Essere e avere

Non amo dare qui giudizi su film e raccomandarne o sconsigliarne la visione. Al massimo slittano direttamente nella categoria "dobraroba". Questa è un'eccezione.
Poche sere fa ho visto Essere e Avere, di Nicholas Philibert, un film-documentario ambientato nel Puy-de-Dôme, nella Francia rurale. È la storia di un anno scolastico in una vera multiclasse, o classe unica, in cui "i più piccoli", "i piccoli" e "i più grandi" vengono seguiti e istruiti da un maestro sulla soglia della pensione (si tratta per lui dell'ultimo anno di insegnamento).
Con occhio attento e quasi invisibile, il regista osserva e registra la vita della classe, i suoi ritmi quotidiani scanditi dalle stagioni: il film si apre infatti con uno scuolabus che affronta un paesaggio montano invernale e si chiude con le ultime lezioni all'aperto e la gita nel silenzio dei campi di grano in un'estate abbagliante.
Giorno dopo giorno, senza un'evidente imposizione di ritmo e senza apparente fretta, ci vengono mostrati minimi e lenti progressi, scene di vita familiare (come l'episodio dell'intera famiglia alle prese con il problema di aritmetica del bambino), momenti di vita di classe. Vediamo il maestro, alle prese con un dovere sentito e coltivato come vocazione, impartire i rudimenti della scrittura e della costruzione delle frasi, farsi severo di fronte a un litigio tra ragazzi, tranquillizzare una mamma preccupata per i problemi di apprendimento e di comunicazione della sua bambina e un bimbo in ansia per la malattia del papà. A un certo punto ascoltiamo il maestro parlare di sé e della sua storia familiare – i genitori fieri del suo lavoro di insegnante, i sacrifici della famiglia, una professione voluta e sentita fin da piccolo – e capiamo quanto sia a un tempo consapevole del suo ruolo e vicino ai genitori umili dei suoi allievi. Lo vediamo presente e sollecito, mentre dosa l'alfabeto e i numeri alla sua classe, sovrintende divertito alla loro educazione fino a quell'"au revoir monsieur" detto da ciascuno dei bambini, ultimo di una lunga serie e, semplicemente, ultimo: i bambini ci sfilano davanti agli occhi fuori dalla classe e dal film. La sola figura del maestro, l'aria un po' spaesata e commossa, occupa l'inquadratura finale.
E mi sono resa conto di questo: pensavo i due verbi impegnativi del titolo alludessero a concetti, a chissà quali lezioni morali. Sono invece i primi due verbi che si imparano a scuola, che si coniugano con lentezza esasperante, tra gli errori e gli incespicamenti.
Ho pensato spesso, negli ultimi giorni, a questo film-documentario in cui i bambini sono coltivati e protetti come belle e preziose piantine: si ha l'impressione che la scuola davvero li difenda e li custodisca, che si prenda cura di loro, che li renda più forti nonostante le lacune e le imperfezioni, e forse più fortunati dei loro genitori, migliori. Come deve essere.
Ne L'argent de poche (tradotto in italiano come Gli anni in tasca), che l'opera di Philibert richiama, anche per l'ambientazione – se non fosse che a Truffaut sta a cuore la storia, e anche un po' di autobiografia, e non la verosimiglianza – si assiste alla caduta dalla finestra di un bambino, con miracoloso lieto fine. Un personaggio commenta: "i bambini sbattono contro tutto, sbattono contro la vita, ma hanno la grazia divina, e anche la pelle dura".
Invece noi lo sappiamo, non hanno la pelle abbastanza dura. La "grazia divina" spesso si dimentica di loro, lasciandoci inariditi a desiderare che le cose andassero, se non come nel film di Truffaut, almeno come nella tenace, coraggiosa multiclasse di Essere e Avere.

domenica, agosto 01, 2004

Quattro mura

Cose che ho sentito dire in questa casa:
"Ma li avete letti tutti?"
"Ce l'hai il dvd di Zardoz?"
"Mi metti Heroes?"
"Io di solito mi siedo qui."
"Ma se cambiate casa qua ci posso venire io?"
"Due giorni in questo posto e non mi sento più le gambe."
"Il fascino di una casa crepuscolare."
"Un mortorio. Neanche un lampadario"
"Posso misurarti le scale?"
"Quante belle energie!"
"L'angoliera, perché non attaccarla al soffitto?"
"Ma il castello si vede?"
"Questo interruttore è per la luce o per la ventola del bagno?"
"Ma qua è ancora Italia?"
"Direi che queste pareti hanno una bella impaginazione"
"Rinforzarla, questa porta. Con un bel fischer."
"I cassetti scorrono benissimo."
"In effetti quelle Nike le avevo già notate nella scarpiera in bagno..."
"No, il Maresciallo Tito no."
"Quello che ho visto uscire da sotto l'armadio è un gatto o un mucchio di polvere?"

È vero: questa casa è spesso in penombra, silenziosa, un po' impolverata. Equidistanti, ci sono una caserma e una chiesa. La mattina e la sera si danno il cambio uno strepitante inno di Mameli e un'elaborata, interminabile scampanata preregistrata. È un posto che mi piace.
In questo momento si sentono solo il ronzio di un aereo da turismo, le foglie dei pioppi agitate dal vento e un bambino che passa in bici sotto casa. Tra un po' il vicino annaffierà il giardino e manderà a fanculo la moglie a mezza voce. Speriamo che non gli venga voglia di passare il tosaerba.
In giornate immobili e calde come questa la micia zampetta ancora per le stanze, sempre giovane e bella, mentre il Gito sogna.

domenica, luglio 04, 2004

The rady is a tramp



Le comiche disgrazie dell'inglese altrui, in Engrish.com, io le trovo irresistibili.

venerdì, luglio 02, 2004

Different

Gmail is different


Bene, ce l'ho anch'io.
mirumir(chiocciola)gmail.com, e rispondo quasi sempre.
Una volta ho perfino spiegato a un estraneo come potenziare il robomobile per cavarsela nelle miniere di Zelmite.
A dire il vero, non è più tornato dalla grotta numero 7.

giovedì, giugno 17, 2004

Il giovane uomo sul triclinio

Miro: "Ciao! Come stai? Come va la tua schiena?
DRoaster: "Meglio, meglio, sono stato dal dottore."
Miro: "Sai, mamma, ieri aveva un forte mal di schiena"
Mamma: "Oh, poverrrino."
DR: "Sì, vede, signora, io ho fatto l'errore di dormire molti mesi sul divano."
Mamma: "Sul divano? Ma non poteva portarsi un sacco a pelo?"
Miro: "No, vedi, mamma, lui dorme sul divano, ma di casa sua."
DR: "In effetti."

lunedì, giugno 14, 2004

Quasi una dichiarazione

Caro Ales,

prima del calcio d'inizio vorrei dirti questo: sarà perché ho qualche parente dalle parti di Conegliano, ma dove altri vedono una faccia così così io vedo uno dei miei cugini più piccoli che sgambavano sui campetti nei pomeriggi d'estate, lasciandomi ad arrancare sulla fascia sinistra impedita da ciccia e fiatone. Quest'aria di famiglia fa sì che ti perdoni tutto: il Cepu, i passeri, il sito aziendale e perfino le compilation dance. Non prendertela: ai Mondiali e agli Europei è sempre andata così, saranno la stanchezza, la sfortuna, il peso psicologico, i dualismi di maniera.
Parolacce, dinne pure; evita invece di caricare la squadra come fai sempre in questi casi, non ho sotto mano le statistiche ma ho l'impressione che porti sfiga. Lo dico con rispetto, e con un campionato difficile alle spalle in cui abbiamo sistematicamente perso tutto. Tu mi capisci.
Dice Javier Marías che il calcio è un'attività in cui bisogna vincere sempre, in ogni stagione, in ogni torneo e partita. Altri, gli scrittori, gli architetti e i musicisti, possono ogni tanto prendersela un po' comoda. Nel calcio, invece, non c'è posto per il riposo né per il divertimento, a poco servono i precedenti gloriosi. Eppure, bisogna anche riconoscere "che ha qualcosa di non definibile e che non si trova di solito negli altri ordini della vita: incita all'oblio, il che equivale a dire che non incita mai al rancore, una cosa che si impara soltanto in età adulta".
Vada come vada, Ales, pensa a non farti male, arma il tuo migliore e imperioso battito di ciglia e fammi divertire. Io il rancore non l'ho ancora imparato.

domenica, giugno 13, 2004

Quest'anno si cambia



Il Gito è piccolo. Sono le sue prime Elezioni e i suoi primi Europei di Calcio, e questa sera si comincia a far sul serio: ci sono Francia-Inghilterra e si chiudono i seggi. Si sa come sono fatta io: urlo, mi agito, telefono, minaccio, impreco. Non devo farmi solo gli affari miei, ma anche quelli di tutta Europa, o almeno dell'isolato.
In questi casi La Micia™ si allontanava con stile, appartandosi sotto il letto, non senza farmi capire quanto seccante e tutto sommato poco femminile fosse la situazione.
Ma lui è piccolo, e siamo soli in casa: ai primi exit-poll starà giocando ignaro con le sue otto palline di gomma (come sia capace di tenerle tutte in gioco, è un mistero). Mica si aspetta un inferno in salotto.
Quest'anno, allora, si cambia: tifo composto (in funzione antifrancese, perché il Miro non dimentica), reazioni da camera dei Lord, una scatolina di tonno al mais per lui, una tisana per me. Come nella pubblicità odiosa del cibo chic per gatti: scene al rallentatore, lei tutta vestita di bianco, il felino sinuoso e delicato, il rumore di un petalo bianco che cade sulla moquette.

Ma è inteso: al primo agguato da dietro le tende, torniamo due bestie.

Cronache della città di G./elezioni europee

In un seggio di Gorizia, un signore si è presentato con la prepustnica, pensando che il lasciapassare rientrasse nella categoria "validi documenti di riconoscimento".
Un altro voleva votare con il certificato elettorale della moglie (perché no?).
Diversi elettori hanno chiesto agli scrutatori un consiglio sul voto.
Uno ha domandato cosa fosse la Lega Lombarda.
Una signora pensava di dover firmare la scheda prima di inserirla nell'urna.
Ieri mattina al supermercato, complice l'afa, un goriziano doc ce la metteva tutta per convincere un suo amico che i seggi sarebbero stati aperti alle 18.00 (l'inizio degli Europei di Calcio?!). Alla faccia della Presidenza del Consiglio e dei suoi graditi sms.
Qualche volta, e che non si dica in giro, io amo questa città.

mercoledì, giugno 09, 2004

Il sacro feretro

Settanta chilometri di code, attese di otto ore, 105mila persone già in visita al feretro di Ronald Reagan alla biblioteca-museo di Simi Valley, in California. Qualcuno pensa già di mettere la sua immagine sulla banconota da 10 dollari. In Italia c'è chi ha mostrato segni di delirio.
Radio Reloj di Cuba così ha salutato la sua dipartita: "è morto colui che non avrebbe mai dovuto nascere". Chiamatemi sentimentale.

lunedì, maggio 31, 2004

Since the majority of me


Since the majority of me
Rejects the majority of you,
Debating ends forthwith, and we
Divide. And sure of what to do

We disinfect new blocks of days
For our majorities to rent
With unshared friends and unwalked ways,
But silence too is eloquent:

A silence of minorities
That, unopposed at last, return
Each night with cancelled promises
They want renewed. They never learn.

Philip Larkin

lunedì, maggio 24, 2004

Ernesto, il sogno

La figura del Che, seppure molto amata, mi ha sempre messa leggermente a disagio. Non solo per l'iconografia un po' stanca, ma per una certa grandezza fuori scala del personaggio, una specie di Cristo laico, troppo simbolo e troppo poco umano. La sua storia è tutta ormai assimilata, con gli elementi del racconto al posto giusto. Una storia ammirevole ed esemplare, certo, bella e piena di poesia, tragicità e fervore rivoluzionario, ma pur sempre una storia.
Ripercorrere il viaggio avventuroso del Che quando era ancora lo studente di medicina Ernesto Guevara, e con l'amico Alberto Granado, biologo e ricercatore, attraversò l'America Latina in un percorso che trasformò entrambi, restituisce a quella storia esemplare la dimensione dell'umano, della giovinezza e del sogno. Perché non è - per una volta - il racconto innarrivabile della passione e della morte del Comandante, ma il racconto di una rinascita, quella a una nuova consapevolezza e a una nuova responsabilità politica e civile: la capacità di "sentire ogni ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo", che è la più bella qualità di un rivoluzionario.
Su questo possiamo lavorarci, e sognare.

Mi sono spiegata.
Volevo sapere una cosa.
Ieri sera avete visto il documentario In viaggio con Che Guevara, e:

1. avete pensato: il solito Minà;
2. avete pensato: il solito Che;
3. questa notte i vostri sogni sono stati belli e dolci (come mi figuro che siano i sogni di Alberto, nell'inquadratura finale).

Se avete risposto 3, ogni tanto potremmo vederci per bere qualcosa insieme?

giovedì, maggio 06, 2004

Il fanatico del gore+velocità

"Andiamo a vedere Dawn of the Dead?"
"Ma è solo un remake!"
"Sì, però qui gli zombi si muovono ve-lo-cis-si-mi!"