giovedì, novembre 30, 2006

Russia: un complotto filopresidenziale?

Vi propongo la traduzione di un articolo di Natal'ja Gevorkian, giornalista di Kommersant' e autrice di una biografia di Putin. È stato pubblicato ieri su Gazeta.ru.

Un complotto filopresidenziale
di Natal'ja Gevorkian
Gazeta.ru

La Russia è finita in una zona di negatività. Allacciate le cinture di sicurezza, stiamo entrando in una turbolenza.
Da tempo non vedevo una tale concentrazione in un così breve lasso di tempo di informazioni negative sulla Russia e sui russi. Dobbiamo risalire all'omicidio Politkovskaja e all'inizio della campagna antigeorgiana, almeno dal punto di vista degli osservatori esterni che hanno messo queste tristi notizie sulle prime pagine degli organi di informazione mondiali.
Io direi che però bisognerebbe risalire ai precedenti fatti di Kondopoga [città della Karelia a circa 1000 km a nord di Mosca, dove nella notte tra il 29 e 30 agosto in uno scontro tra russi e ceceni due russi sono morti e altri sono rimasti feriti; ci sono stati altri disordini nei giorni successivi, n.d.T.]: prima di essi la possibilità di scontri interetnici in Russia era stata solo teorica, la condotta delle autorità locali in simili situazioni solo ipotetica, e la presenza di serie e organizzate strutture nazionalistiche ancora in dubbio. Il test fu superato: possono verificarsi con facilità degli scontri, per esempio causati dall'ubriachezza, le autorità locali non sono in grado di gestirli ma le strutture organizzate ci sono e sono in grado di intervenire al momento giusto e al posto giusto. Poi il mondo ha cominciato a parlare della "marcia russa", e si è chiesto fino a che punto le autorità riuscissero a controllare e a gestire i nazionalisti. Infine tutto questo è confluito nella questione delle epurazioni dei georgiani e si è cominciato a parlare di razzismo. E un'altra domanda (che ho posto anch'io, inevitabilmente) è stata: la vantata stabilità putiniana, la chiave di volta del suo governo, è un mito o una realtà?

Gli eventi negativi hanno poi continuato a susseguirsi a ritmo serrato. La reazione di Putin all'assassinio della Politkovskaja ha fatto sobbalzare i mezzi di informazione di tutto il mondo. E con loro l'opinione pubblica mondiale e anche i capi di stato. Poi c'è stato il rifiuto di Angela Merkel di cedere a ricatti in materia energetica e in questo contesto il consolidamento della Comunità Europea nei negoziati con la Russia. Di conseguenza il dialogo non funziona e il secondo summit si conclude con un nulla di fatto. È noto che in caso di insuccesso e quando gli pongono domande scomode, il presidente russo reagisce sempre allo stesso modo: scatta, si controlla a stento, risponde bruscamente, si comporta secondo il principio "gli scemi siete voi". Sui capi occidentali questo ha un effetto respingente. Come direbbe Belkovskij, la solitudine di Putin nel club dei leader mondiali si aggrava.

La terribile morte di Litvinenko ha riportato in auge la sigla KGB, e solo i pigri non hanno ricordato che la Russia è ora governata da ex del KGB. È accaduto in modo automatico. Il caso Litvinenko resta tra le notizie principali e lo rimarrà almeno fino a quando proseguiranno le indagini. Chiunque ci sia dietro questa storia, si fa presto a trarne le conseguenze: questa non appartiene al genere di storie di cui ci si dimentica. Accompagnerà il leader russo, anche se fosse cento volte estraneo all'accaduto. Tony Blair ha assicurato che non ci sono barriere politiche o diplomatiche che possano impedire le indagini più accurate.

Il 24 novembre in Irlanda è stato ricoverato Egor Gajdar, con sintomi d'avvelenamento dopo una colazione leggera. Cosa è stato ingerito dall'autore del libro sulla morte dell'impero russo che ha smontato la verticale del potere e le speranze in un luminoso futuro per la nostra corporazione petrolifera? Per quale motivo ha perso conoscenza per tre ore, e cosa gli ha causato un'emorragia? Come mi ha detto un'amica, che conosce da molto tempo Gajdar: "Sai qual è il paradosso? Che preghiamo che sia solo un'intossicazione. Capisci, una semplice malattia, ma non questo incubo..." Capisco molto bene, e lo spero anch'io. Oggi l'avvelenamento di Gajdar è tra le prime notizie in tutto il mondo.

Ed è anche noto che Vladimir Putin non volerà a Riga per il summit della NATO. Si preparava ad andarci. Per quanto il servizio stampa presidenziale possa affannarsi a dare la propria versione, è del tutto chiaro che gli hanno semplicemente chiuso la porta in faccia. E l'unico presidente disposto anche solo a lasciare quella porta socchiusa è Jacques Chirac, che tra cinque mesi uscirà dalla scena politica. Per contro si aprono le porte a Ucraina e Georgia. E in più la NATO insiste sui rischi di un'eccessiva dipendenza dei suoi membri dall'energia russa.

Il Wall Street Journal scrive oggi che è ora di aggiungere la Russia ai nemici dell'America. Solo poco tempo fa una simile affermazione sarebbe parsa assurda. Ma l'accumularsi di aspetti negativi si trasforma nella riluttanza dell'Occidente a ignorare quello che fino a ieri faceva paura. Questa negatività distrugge le barriere politiche e diplomatiche, per tornare alle parole di Blair. Si è smesso di ignorare con tatto la scomoda e sgraziata posizione assunta dalla Russia nel suo tentativo di occupare due sedie, dividendosi tra Oriente e Occidente. È impossibile sperare di volare a Riga per cenare con i leader mondiali e contemporaneamente vendere armi a Iran e Venezuela. È impossibile far finta di non sapere che oltre a fini pacifici le centrali atomiche possono aprire la strada a un programma nucleare. Cioè, era possibile fino a due mesi fa, ora non lo è più. In questi mesi è accaduto quello che ho appena descritto.

Tutti questi aspetti negativi spingono la Russia e il suo presidente in un'area marginale, dove già si trova la Bielorussia di Lukašenko. In Russia si ritiene, evidentemente, che niente possa minacciare gli affari e che il mondo senza il nostro petrolio e il nostro gas non possa andare da nessuna parte. Da zona di rischio, quale è stata considerata finora, la Russia torna ad essere vista come un pericolo per gli altri paesi. Come lo era l'Unione Sovietica, che non interferiva con le esportazioni di petrolio.

L'atteggiamento nei confronti della Russia sta cambiando radicalmente sotto i nostri occhi. E, per quanto possa sembrare strano, perfino la disavventura di Kerimov aggiunge altra negatività, perché nelle sue corse con la Ferrari il milionario russo e deputato della Duma non è andato sulla Rublevo-Uspenskj, ma a Nizza, dove evidentemente ci sono più pedoni che ricconi pazzi al volante. Quindi, alla luce dei recenti fatti, i media stranieri si accaniranno a cercare i legami di Kerimov, soprattutto quelli con il Cremlino, e seguiranno con attenzione le indagini e la conclusione del'inchiesta.

La particolarità di questa zona di negatività nella quale ci troviamo consiste nel fatto che gli osservatori sembrano già preparati a ulteriori cattive notizie dalla Russia. Pensano che ci saranno altre vittime, che niente sia casuale. Credo che questa turbolenza avrà fine quando Putin dichiarerà la sua intenzione di rimanere per il terzo mandato. A questo sta lavorando tutta la negatività, a dimostrare al presidente che non ha una via d'uscita.
Putin non ha una via d'uscita perché gli stanno già chiudendo le porte in faccia, perché nessuno vuole più dialogare con lui, perché lo stanno già tempestando di domande sugli omicidi, perché presto non avrà un solo amico tra i capi mondiali, e quelli nuovi non sono mai stati suoi amici.
La fonte della turbolenza va cercata tra coloro ai quali non fa comodo che Putin lasci la presidenza. E non fa comodo a quelli che hanno trasformato il potere in business e per i quali un cambio di leader e di regole del gioco comportarebbe gravi perdite finanziarie.
Voglio ricordare, a tale proposito, quanti analisti finanziari e capi stranieri hanno fatto capire inequivocabilmente che non ci sarebbe niente di spaventoso in un simile corso di eventi. Offeso e infuriato, Putin può restare per il terzo mandato, e il paese lo sosterrà. Gli artefici dell'attuale situazione conoscono bene il carattere del presidente. Direi che si sta delineando un complotto il cui fine è creare le condizioni per escludere l'uscita di Putin dalla presidenza. I prossimi eventi dipenderanno da quanto sono stati corretti i calcoli di coloro che con grandissima professionalità e assoluto cinismo hanno lavorato per creare questa situazione.

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