martedì, luglio 26, 2005

Riapparizione



You appear with the tedious inevitability of an unloved season.
(Hugo Drax, Mooonraker)

I danesi sono di una gentilezza quasi offensiva, quando ti dicono "prego" lo fanno tutti compresi, con uno sguardo serissimo e molto ma molto gentile, solitamente di colore blu. Anche di fronte a domande banali tipo "Dov'è la buca delle lettere più vicina?" esibiscono una precisione da navigatore satellitare, percorsi alternativi inclusi. Strada panoramica, inclusa.
Io non ci sono abituata. Troppa bionditudine, forse.

A proposito della battuta:
"Come si fa a mantenere pulita la Danimarca?"
"Si portano gli svedesi a prendere il traghetto",
beh, forse c'è qualcosa di vero.
Ma quando O. oggi mi ha chiesto:
"Cosa ti è piaciuto di più della Danimarca?"
io ho risposto distrattamente:
"La Svezia".

martedì, luglio 12, 2005

It's the occupation, baby

Il Professor Robert Pape dell'Università di Chicago ha raccolto con l'aiuto dei suoi studenti una vastissima documentazione sui terroristi suicidi: negli ultimi due anni ha messo insieme una banca dati che comprende tutti gli attacchi compiuti da terroristi suicidi in tutto il mondo, dal 1980 al 2004. La sua ricerca tiene conto di fonti in lingua araba, in ebraico, in russo e in tamil, e si basa non solo sui giornali ma anche sulle notizie delle comunità locali. Questa ricchezza di informazioni rende possibile una nuova interpretazione delle motivazioni del terrorismo suicida, che vanno cercate nell'occupazione, non nel fondamentalismo religioso.
Ecco cosa dice Pape in un'intervista della quale questi sono solo estratti:

"Il fatto centrale è che gli attacchi terroristici suicidi non sono tanto guidati dalla religione quanto da un chiaro obiettivo strategico: costringere le moderne democrazie a ritirare le loro truppe dal territorio che i terroristi considerano la propria terra. Dal Libano allo Sri Lanka alla Cecenia al Kashmir e alla Cisgiordania, l'obiettivo principale di ogni campagna di terrorismo suicida - o almeno in più del 95 % dei casi - è stato quello di costringere uno stato democratico a ritirarsi.
[...]
Dato che il terrorismo suicida è principalmente una reazione all'occupazione straniera e non una manifestazione del fondamentalismo islamico, l'utilizzo della forza militare per trasformare le società musulmane può solo finire - in un certo senso - per aumentare il numero di terroristi suicidi che vengono da noi.
Dal 1990 gli Stati Uniti hanno posizionato decine di migliaia di truppe di terra sulla Penisola araba, e da lì viene il principale appello alla mobilitazione di Osama bin Laden e Al Qaeda. Quelli che dicono che è bene che ci attacchino laggiù non capiscono che il terrorismo suicida non è un fenomeno dalle riserve limitate in cui vi sono solo poche centinaia di persone disposte a metterlo in atto perché agiscono sulla base del fanatismo religioso. È un fenomeno basato sulla domanda. Cioè si basa sulla presenza di truppe straniere su un territorio che i terroristi vedono come la propria terra. L'operazione in Iraq ha stimolato il terrorismo suicida dandogli nuovi orizzonti.
[...]
È dimostrato che la presenza di truppe americane è chiaramente il fattore decisivo che dà la spinta al terrorismo suicida. Se il fattore decisivo fosse il fondamentalismo islamico, dovemmo vedere in alcuni dei più grandi paesi fondamentalisti del mondo, come l'Iran, che ha una popolazione di 70 milioni di abitanti (tre volte quella dell'Iraq e tre volte quella dell'Arabia Saudita) dei gruppi molto attivi di terroristi suicidi disposti ad agire contro gli Stati Uniti. Invece, non c'è mai stato un terrorista suicida di Al Qaeda di provenienza iraniana, e non abbiamo alcuna prova che ci siano terroristi suicidi in Iraq che provengano dall'Iran.
[...]
Io possiedo il primo insieme completo di dati su tutti i terroristi suicidi di Al Qaeda dal 1995 al 2004, e non vengono dalle più grandi nazioni fondamentaliste del mondo. Due terzi vengono da paesi in cui gli Stati Uniti hanno dislocato le loro truppe da combattimento a partire dal 1990.
Un altro aspetto riguarda proprio l'Iraq. Prima della nostra invasione in tutta la storia dell'Iraq non c'era mai stato un attacco suicida. Mai. Dalla nostra invasione, il terrorismo suicida si è intensificato rapidamente con 20 attacchi nel 2003, 48 nel 2004, e più di 50 nei soli primi mesi del 2005.
[...]
Ho raccolto dati demografici da tutto il mondo sui 462 terroristi suicidi che sono riusciti a portare a termine la loro missione, a partire dal 1980. I miei dati indicano che la maggior parte sono volontari. Ben pochi sono criminali. Pochi fanno effettivamente parte di un gruppo terroristico. Per la maggior parte di loro il primo contatto con la violenza è proprio l'attacco suicida.
Non vi sono prove che vi fossero organizzazioni terroristiche suicide in attesa in Iraq prima della nostra invasione. Quello che sta succedendo è che questo tipo di terrorismo è stato prodotto dall'invasione."

Il professor Pape dice varie altre cose interessanti e fa anche delle previsioni; consiglio la lettura di tutta l'intervista. E no, non l'ho trovata su un sito di controinformazione. È apparsa sull'American Conservative.

Link.

sabato, luglio 09, 2005

La carovana si è fermata a Bregana

La Carovana per la Palestina è stata bloccata al confine tra Slovenia e Croazia, pare a causa di una pistola giocattolo e di un ragazzo palestinese privo di visto. I poliziotti croati non sono stati comprensivi.
Sì, t., in bicicletta era meglio.
Non si fa così, però.

Link in inglese.
Link in italiano.

venerdì, luglio 08, 2005

E la sciagurata rispose

Via Babsi m'è arrivato il meme dei libri. Uhm, ci sto.

Libri della mia biblioteca
A occhio, moltiplicando numeri di libri ammucchiati/allineati su ogni scaffale per il numero di scaffali, e aggiungendoci la casa dei miei ("li lascio qui per un po', ripasso a prenderli tra un paio di lustri"), potrebbero essere circa 4000-4500. Poi ci sono quelli prestati e quelli persi (curiosità: i libri lasciati a casa degli ex-fidanzati diventano ex-libri?).
Più o meno, i romanzi sono classificati per lingua, la saggistica per argomento, poi ci sono i libri d'arte, quelli di cinema e la sezione "linguistica" e "grafica/editoria". I gialli hanno una sezione a parte.
All'interno di queste categorie ci sono una simpatica anarchia, diversi colpi di scena e anche varie puttanate.
Naturalmente sottolineo a matita, prendo appunti, brutalizzo le copertine e qualche volta salto le pagine.

L’ultimo libro che ho comprato
La Scala di Dioniso, Luca Di Fulvio (Mondadori).
Storia della Palestina moderna, di Ilan Pappe (Einaudi).

Il libro che sto leggendo ora
Dio benedica l'America, le religioni della Casa Bianca, Sébastien Fath (Carocci).
Donne eccellenti, Barbara Pym (La Tartaruga).

Tre libri che consiglio
(mi limito a scrittori recenti e viventi, non mi limito a tre)
Domani nella battaglia pensa a me
, Javier Marías (Einaudi),
Manuale di pittura e calligrafia, José Saramago (Einaudi),
The Master, Colm Tóibín (Fazi)
Cani neri, Ian McEwan (Einaudi)
Imperium, Riszard Kapuscinski (Feltrinelli).
Regalerei il Dialogo sulla Società Americana di Roberto Giammanco (Nuova Italia).

Ho deciso di infettare (perdonatemi):
Frammento, Da Queen, il Calavera

We watch Porta a Porta so you don't have to

News Hounds vanta questo sottotitolo: "We watch FOX so you don't have to". Insomma, guardiamo FOX News al vostro posto, non è necessario che lo facciate voi.
Servizio utilissimo: leggete per esempio l'ultima trovata dell'analista militare David Hunt (nel programma di O'Reilly ha spiegato che gli Stati Uniti dovrebbero trovare il modo di entrare nei computer delle banche saudite e yemenite e rubare quei 500 miliardi di dollari che servono a finanziare il terrorismo internazionale. e questa cosa lui la chiama giustizia biblica. imperdibile).
Allora ho pensato: uno può fare benissimo a meno di guardare RaiUno, i tg e Bruno Vespa, però avere una vaga idea di quello che viene detto, per quanto tempo e con quale dose di sfrontatezza sarebbe anche utile. Spiacevole, ma forse divertente.
Se qualcuno avesse lo stomaco e la forza morale per farci su un weblog io lo leggerei di sicuro.

Quella persona, è ovvio, non voglio essere io. Però, se qualcuno è disposto a metterci lo stomaco, da qualche parte dovrei avere ancora un po' di forza morale e dello spazio web malamente utilizzato.

giovedì, luglio 07, 2005

Hold tight London/post in aggiornamento

Notizie aggiornate da Londra su Europhobia.
(via Chicken Yoghurt).
Adesso anche sul blog del Guardian.
Project nothing! mette insieme un po' di fonti e di notizie.
Altri aggiornamenti sul sito della BBC.
E poi c'è Wikipedia.
The London Bomb Blasts Pool su Flickr.
Liveblogging anche da Perfect.co.uk.
Kinja digest.
Surviving a terrorist attack.

Commenti del giorno:
"It's probably the French" (Wibbler.com).

"Tomorrow's Daily Mail:
Asylum Seeker Terror Attacks Hit House Prices"
(Shot by both sides)

"No one has told the Big Brother housemates, have they?"
the journal of flaming kitties
"And then there was a very gentle boom.
We all screamed a little, like people on a slow rollercoaster, and then relaxed and smiled. Some of us giggled with relief. Whatever that was, it wasn't us.
Only when biking in, listening to Radio 5's brilliant coverage, did I realise I'd heard the bus bomb go off in Tavistock Square.
Tavistock Square is actually dedicated to peace. It's got a lovely garden with statues of peacemakers and pacifists."
Skip's Acorn Treasury

lunedì, luglio 04, 2005

Happy Birthday, America

"There are some who, uh, feel like that, you know, the conditions are such that they can attack us there. My answer is: Bring 'em on. We got the force necessary to deal with the security situation".
George W. Bush, July 2, 2003

Sono passati due anni dal "bring 'em on" di Bush.
Così, oggi, Today in Iraq (che proprio con quell'incitamento apre i suoi post da due anni a questa parte) augura buon compleanno all'America.
Le immagini sono durissime; bisogna guardare.

Burnt on the 4th of July

"È strano che il Congresso abbia approvato un disegno di legge che proibisce di bruciare la bandiera la stessa settimana in cui è stato confermato l'uso del napalm in Iraq da parte dei soldati americani. Apparentemente, ridurre in cenere gli iracheni va bene, ma non va bene bruciare un pezzo di stoffa tricolore."
Mike Whitney, in Show your Independence on the 4th; Burn a Flag.

Il Live8 con parole non mie

Oh, già, e poi c'è stato il Live8. Vi risparmio la tirata, anche perché K-Punk lo dice meglio:

"La Restaurazione che è in corso da vent'anni fu inaugurata da tre non eventi: il Live Aid, il crollo del Muro di Berlino e la prima Guerra del Golfo.
Nessuna di queste cose è accaduta. Anzi, la loro apparizione sugli schermi mediatici mondiali segnò l'inizio di una nuova era, un'era in cui niente sarebbe successo, mai più.

Il Live Aid era l'anti punk, il suo ricatto ideologico esigeva che rinunciassimo all'estetica e alla politica. Se il post-punk aveva chiesto e per un breve momento aveva ottenuto tutto - innovazione sonora e/in quanto insurrezione politica - il Live Aid ci convinse che in uno stato di emergenza queste pretese eccessive dovevano essere sospese. Queste pretese si stavano già affievolendo, ma il Live Aid colse il clima e catalizzò una nuova ideologia di benessere conformista che ci fu venduto come Realismo Capitalista. Misuratevi con ciò che è possibile.[...] Mangiate un hot dog, cantate assieme a Freddy "Sun City" Mercury, salvate il mondo. Ora il pop non è altro che intrattenimento (ma come, vi ricordate forse un tempo in cui non era così?), e l'intrattenimento fa parte di una sinergia multinazionale, è il far soldi con un nuovo volto altruista. [...] il super-io postmoderno dice: divertiti, per il bene di tutti. [...]

Sono passati vent'anni ed è chiaro che cedere a quel ricatto non ha portato quasi a nulla. L'impatto sull'Africa è stato minimo. Ma l'impatto politico culturale qui è stato immenso, [...] una sistematica subordinazione di ogni aspetto della vita a banale spettacolo. [...] Dovete chiedervi: un mondo che ha reso famosi gli Snow Patrol merita di essere salvato? E ancora gli U2 - sempre gli U2. I pii sacerdoti dell'anti-punk. Il Suono della Restaurazione. Pathos inneggiante. Niente succederà finché gli U2 non saranno distrutti, distrutti definitivamente. Finché non sarà molto più imbarazzante e vergognoso amare gli U2 di quanto lo sia mai stato amare gli Emerson Lake and Palmer e i Pink Floyd."

domenica, luglio 03, 2005

Robe degli altri mondi (attenti allo spoiler)

Al cinema. Sullo schermo, dialogo tra padre e figlio a bordo dell'unica auto funzionante in città, mentre i treppiedi giganti si danno da fare per polverizzare New York e i suoi abitanti:
– ma chi sono, papà, terroristi?
– no!
– da dove vengono?
– non lo so!
– dall'Europa?
Con queste premesse, non mi aspettavo che il ragazzino problematico e rompiballe riuscisse ad arrivare fino alla fine del film. E invece ci arriva prima di Tom Cruise e prendendo la strada difficile. C'è da dire che almeno lui non rimane bloccato per mezz'ora in uno scantinato allagato con Tim Robbins (la parte inutile del film) a schivare subdole sonde aliene che si rivelano poi distruggibilissime a colpi d'accetta.
Quando Spielberg fa così (e io trovo che lo faccia quasi sempre) mi ricorda il Milan contro il Liverpool nella finale di Champions.

venerdì, luglio 01, 2005

La catapulta e la propaganda

"Credo che il popolo americano dovrebbe capire che non c'è una soluzione rapida al problema che ci troviamo ad affrontare laggiù. Non vorrei profetizzare o predire se sarà una questione di mesi o di anni o di decenni. Non avevamo, che io sappia, una tabella di marcia per vincere la prima guerra mondiale. Penso che nessuno sapesse veramente se ci sarebbero voluti 2 o 4 o 6 anni per uscire vittoriosi dalla seconda guerra mondiale. Io sono convinto che la nostra causa sia giusta. Sono convinto che il nostro scopo e i nostri obiettivi siano indubitabili".

G. W. Bush?
Donald Rumsfeld?
No, Lyndon Johnson, a proposito della guerra in Vietnam.
Citato da Tom Engelhardt, qui.

Engelhardt fa alcune considerazioni sul recente breve discorso di Fort Bragg: Bush ha usato le parole "perdita" e "perdere" sette volte; "prevalere" due volte; "vincere", "vinto", "vittoria" e "trionfo" neanche una volta. L'Iraq è stato nominato 91 volte e l'Afghanistan solo due (nonostante la fresca notizia dell'abbattimento dell'elicottero americano). Gli uomini di Bush sanno leggere i sondaggi, e tra i pochi numeri a favore del presidente c'è quel 52% di americani che ancora ritiene che stia gestendo bene la 'guerra al terrore'. Nel discorso a Fort Bragg Bush è riuscito a mettere insieme gli attacchi dell'11 settembre, la guerra al terrore e la guerra in Iraq. La data 11 settembre è stata nominata 5 volte; le parole "terrore", "terrorismo", "anti-terrorismo" e "terrorista" sono state usate 35 volte (o circa una ogni 100 parole).

Sarà questo che intende Bush quando parla (facendo alla grammatica quello che le truppe americane stanno facendo agli iracheni, talvolta ricambiate) di "kind of catapult the propaganda"? (copiate questo indirizzo nella barra del browser per ascoltare: http://mirumir.altervista.org/propaganda.mp3)

giovedì, giugno 30, 2005

I scream you scream we all scream for ice cream

Non solo hanno di che vestire e un alloggio.
Non solo ricevono gli articoli igienici di prima necessità.
Ma hanno anche la possibilità di fare esercizio fisico e ricevono cure mediche e odontoiatriche eccellenti (superb).
E poi, quando si tratta di maneggiare un Corano, la guardia si mette i guanti di lattice e afferra il libro saldamente con entrambe le mani.
Ma questo è niente.
Il Brigadier Generale Jay Hood, che dirige il parco divertimenti di Guantanamo, ha detto:
"far from torturing prisoners, ice cream and candy bars are sometimes used to induce them to give up information".
Altro che torture, a volte negli interrogatori si usano gelati e barrette di cioccolato per convincere i detenuti a collaborare.
Chiudere Guantanamo, dopo tutti quei soldi spesi in medici, dentisti, guanti di lattice e variegato al caffè (non riesco a togliermi dalla mente una versione yanqui del barattolino Sammontana)?
La gente è pazza.

mercoledì, giugno 29, 2005

Qualche minuto di trip iraniano

Oggi Chiara mi ha spedito il link a questo articolo sulle elezioni nella Repubblica Islamica, dandomi uno spunto molto valido per mettere insieme un po' di idee sull'argomento.
Sì, questo è il momento giusto per abbandonare il blog se il trip iraniano non interessa.
Altrimenti,

Mettetevi comodi
Ahmad Rafat dice varie cose molto interessanti: in primo luogo, il vero vincitore di queste elezioni non è Mahmoud Ahmadinejad ma l'Ayatollah Seyyed Ali Khamenei, il leader spirituale della Rivoluzione Islamica; "parlare di Ahmadinejad come vincitore delle elezioni significa non aver capito le contraddizioni iraniane", e Rafat spiega bene perché.
C'è poi una seconda importante considerazione che ci tocca da vicino, quella sul ruolo della politica europea, che "ha contribuito non in modo indifferente alla sconfitta del riformismo e alla vittoria del radicalismo nella Repubblica Islamica":
"La scelta della questione nucleare come l'arma di pressione sulla Repubblica Islamica, quando l'80 per cento degli iraniani, sostenitori di questo regime e dissidenti, rivendicano il diritto del loro paese a possedere non solo la tecnologia atomica ma anche la bomba nucleare, è stato l'altro grande errore dell'Occidente. Nessuno, salvo rare eccezioni, dentro e fuori del paese si è schierato in questa campagna sul nucleare a lato dell'occidente. Il discorso sarebbe stato del tutto diverso, se l'Europa avesse scelto il rispetto dei Diritti Umani come arma di pressione sul governo di Teheran. Dal Premio Nobel, Shirin Ebadi, alle organizzazioni dei giornalisti iraniani dentro e fuori dell'Iran, tutti avevano avvertito i paesi europei sul rischio di fare del dossier nucleare iraniano una bandiera. Il diritto di possedere tecnologia nucleare, pacifica o non, ha unito gli iraniani favorevoli e contrari al regime. Quando i paesi vicini o addirittura confinanti con l'Iran possiedono armi atomiche, non è facile convincere gli iraniani che loro devono essere privati di questo stesso diritto."

Mettetevi un po' più comodi, accendete il ventilatore
L'errore di percezione non è stato solo degli europei. Insomma, i blogger iraniani si sono sbagliati alla grande. Che abbaglio, gente. Vi ricorda qualcosa?
Come scrive Nema Milaninia, nel seguire le elezioni iraniane i mezzi di comunicazione in lingua inglese hanno scoperto il weblog iraniano e una società ben più complessa di quanto avessero immaginato. È vero che i blogger iraniani sono un esempio importante della natura sfaccettata della cultura e della politica del loro paese. Ma è anche vero che sono stati sorpresi e smentiti dai risultati delle elezioni.
Secondo Milaninia le elezioni hanno dimostrato quanto limitata e fuorviante sia la prospettiva di blogger e giornalisti. Ci sono quasi 100,000 weblog scritti in Farsi, e più di 5 milioni di utenti Internet in Iran, su una popolazione di 70 milioni. Sono numeri significativi, ma resta il fatto che la grande maggioranza degli iraniani non possiede un accesso a Internet: "Piuttosto, come accade in molti altri paesi, i blogger rappresentano le idee di un gruppo demografico molto limitato: individui benestanti e comunque privilegiati che hanno già accesso a fonti di informazione straniere indipendenti".
Il successo di Ahmadinejad dimostra che lo scontento tra i poveri, tra i militari, tra gli operai e i contadini è più potente del previsto ("l'altra volta ho votato Khatami sognando la libertà, questa volta ho scelto Ahmadinejad per arrivare a fine mese", commenta un impiegato nell'articolo di Rafat).
Insomma, i blog sono uno strumento potente in Iran. Però la loro prospettiva è limitata.

Nei giorni scorsi ho letto un commento a un post che già di per sé è interessante (soprattutto perché pone l'accento sul rischio di disumanizzare le parti della popolazione iraniana più povere e più religiose, attribuendo alla loro mancanza di coscienza politica e di istruzione il successo di Ahmadinejad: una disumanizzazione sulla quale il regime dello Scià prosperava, e il regime dello Scià non ha bisogno di esser qui commentato).
Eccolo, il commento:
"Penso che uno dei problemi sia che dopo esser stati seduti davanti a uno schermo per ore e ore ci siamo dimenticati che là fuori esiste un mondo vero abitato da gente vera. Chi sono i 17 milioni che hanno votato per Ahmadinejad? Non li ho mai incontrati in internet o nei caffè chic che frequento? Forse la prossima volta dovremmo comprare 17 milioni di computer per tutti quelli che hanno votato Ahmadinejad. Dovremmo anche fornir loro stuzzichini, cappuccino, scones e tutta quella roba alla moda che mangiamo nei nostri caffè. Forse all'inizio non li gradiranno, ma poi ci faranno l'abitudine. Poi possiamo vestirli con abiti di marca e far loro visitare i weblog progressisti. Questo dovrebbe insegnar loro quelle belle idee come libertà, democrazia e libertà di stampa. Forse così potrebbero dimenticare la povertà, la disoccupazione, l'ineguaglianza, ecc. Potrebbero perfino dimenticare che vivono in una baracca, senza lavoro e senza futuro.
L'alternativa è spegnere i computer e cercare di vedere perché 17 milioni di persone hanno scelto Ahmadinejad. Servono solo un po' di apertura mentale e un po' di coraggio".

martedì, giugno 28, 2005

Due sullo Skydiver

"It's just lucky for her that an alien came through that door instead of her husband" Ed Straker, ep. The Square Triangle.

– Ma tu lo sapevi, del comandante Straker?
– No, cosa?
– È morto.
– Ma me lo devi dire così?
– Eh.
– Io ero innamorata di Paul Foster, l'alter ego belluomo.
– Ecco, la cosa strana...
– Eh?
– È morto anche lui, un paio di giorni prima.
– Foster.
– Comunque Freeman è ancora vivo.
– Bene.
– Credo.
– Fermiamoci qui, prima che tu mi dica che abbiamo anche perso la guerra con gli Ufo.
– Piuttosto, mi sa che lo Skydiver è appena entrato in riserva.
– Terrò presente.

lunedì, giugno 27, 2005

Bio esiste

Mi risveglio per due minuti dal torpore per ricordare che se la Triestina resta in B è anche merito della tolleranza zero di quest'uomo.

Erano gli inizi di giugno:



Oh, ha funzionato.

venerdì, giugno 24, 2005

Allegri tropici

Stanno bene, mangiano bene, hanno tutto quel che vogliono... e vivono ai tropici!

"They're living in the tropics. They're well fed. They've got everything they could possibly want. There isn't any other nation in the world that would treat people who were determined to kill Americans the way we're treating these people."
Dick Cheney a proposito dei detenuti di Guantanamo.

Invece

È che – come prima cosa – non siamo in tanti.
Alcuni poi negano di esserlo, o di esserlo mai stati.
Poi molti di noi hanno una vita, un lavoro, e questa cosa la devono fare rubando tempo a tutto il resto. Portiamo avanti quello che hanno fatto i nostri padri e i nostri nonni, a volte anche le nostre mamme.
Anche oggi: dovrei lavorare.
E invece devo andare a buttar giù un paio di bambini dalle scale.
Magari uno di questi crescerà, farà i soldi e poi diventerà Presidente del Consiglio.

mercoledì, giugno 22, 2005

Doublespeak

Un appello: la prossima volta che mi propongono di occuparmi dell'edizione degli atti di un convegno e io sono tentata di accettare, sopprimetemi. Soprattutto se ci sono di mezzo istituti superiori, università, megalomani e psicopatici generici. Di gente che scrive po' con l'accento ce n'è in giro più di quanto credessi, e non sono disposta ad accettarlo. Comunque sempre meglio di quelli che scrivono più con l'apostrofo, o quelli che in Word vanno a capo come ai tempi dell'Olivetti lettera 35 (ci resteranno male, quando non sentono un bel "ding!" a fine riga?). Quelli che scrivono vieppiù.
Eccetera eccetera.

Lusky tempo fa aveva scritto un post sul doublespeak che elaboriamo con astuzia e istinto di sopravvivenza nei rapporti di lavoro: frasi vaghe che aprono una possibile via di fuga, dando all'intelocutore l'impressione di essere ascoltato e - in una certa misura - capito, o perfino esaudito.
Ecco il mio doublespeak.
Però dopo l'estate cambio vita, giuro, perché mi sento ridicola a imbottirmi di integratori multiminerali multivitaminici per la prima volta dai tempi della maturità (e quella volta si chiamavano ancora ricostituenti).

Il modesto
Certo, il testo sarà da rivedere.
Qua e là (lasciamelo per un weekend e te lo distruggo)

L'absolute beginner

Questa foto l'ho ritoccata io, si nota?
Ma davvero? (vedo che hai appena imparato a usare tutti i filtri di Photoshop)

Il ladro
La risoluzione non dovrebbe'essere male, no?
Insomma (75 dpi, tu lo sai e lo so io: l'hai rubata su internet)

Il naif
Ma come, la risoluzione a schermo e quella per la stampa sono diverse?
Possiamo sempre ridimensionare l'immagine (lo vedi questo francobollo, cocco? se la sostituissi con la foto formato tessera di mia suocera non se ne accorgerebbe nessuno)

L'illuso/1
È ancora possibile aggiungere un paragrafo qua e là?
Vediamo (escluso)

L'illuso/2
È arrivata la relazione del prof. X: facciamo ancora in tempo a inserirla?
Facciamo il possibile (per inserirla nel distruggidocumenti)

Lo psichedelico
Sarebbe bello avere un po' di colore.
Vediamo come cadono i sedicesimi (sognatelo)

L'incosciente
Ma si può ancora passare dal 17x24 a un formato superiore?
Come dice? (ti sto dando il tempo per essere fuori di qui tra sessanta secondi, poi probabilmente ti farò a pezzi)

Il suicida
Dicevo, si può ancora passare dal 17x24 a un formato superiore?
Essendo già alla prima bozza, è un po' difficile (sto effettivamente per farti a pezzi)

L'ansioso
Qual è la scadenza per la consegna del materiale?
Lunedì (tra un mese)

Il creativo
Per le correzioni ho usato penne di colori diversi.
Ha fatto proprio bene a dirmelo (pensavo di essere finita in una puntata di Art Attack)

Pantone mon amour
L'immagine scontornata in copertina...
Sì?
Meno seppia.
Ah (meno seppia. Gesù)

L'ottimista
È stata una riunione molto costruttiva.
Molto (meno di un pomeriggio alla bocciofila, comunque)

L'adulatore
Però, che lavoro creativo!
In un certo senso (meno di zero)

L'entusiasta
Avremo certo occasione di lavorare ancora insieme!
Ma certo (ho dato precise istruzioni di sopprimermi, comunque; dopo la mia morte la mia tribù attaccherà la tua tribù, e ci sarà da divertirsi per generazioni)

lunedì, giugno 20, 2005

I preti sognano campane elettriche

Il battesimo di Michele Giacomo è filato liscio, merito di un Michele Giacomo straordinariamente composto e di partecipanti eccezionalmente disciplinati, disposti a scandire all'unisono una serie di "rinuncio!" e "credo!" da far invidia a una convention di Forza Italia. Il petit a forza di sentirsi tracciare segni della croce sulla fronte e di farsi aspergere di ingredienti benedetti come un'insalatina gentile si è solo un po' innervosito.
E siccome non c'era da cantare, io mi sono lasciata distrarre dagli affreschi romanici e dal più molesto pensiero del pane chiuso nel bagagliaio sotto il sole.
A cerimonia finita, il parroco ha calato l'asso:
"E adesso faccio anche suonare le campane, visto che sono elettriche".
E via con un dj set che ha stordito tutta Summaga.

Mai credere a D. quando dice: "ci saranno trenta-trentacinque persone, ma il pane fallo per dieci". Che fanno gli altri venti-venticinque, giocano a chi arrotola meglio il San Daniele sulle patatine? E poi, come previsto, JC non si è fatto vedere (il caldo, i playoff di B, il Bossi Umberto da miracolare) quindi la moltiplicazione era esclusa.
In breve, il pane era tanto, gli invitati apparentemente contenti.
Naturalmente il padrone di casa è stato di parola:



Che soddisfazione.

Nell'afa del dopopranzo Mik dormiva sul divano, protetto dall'ombra fresca del salotto; penso che sognasse la mamma, con tenerezza e concentrazione.

giovedì, giugno 16, 2005

Il buon pane del Mulino Rosso

Io ai battesimi e ai matrimoni religiosi sono una mina vagante. C'è sempre il pericolo che faccia qualcosa di sbagliato, che mi accodi a un'altra sfilza di invitati, che faccia incavolare il prete perché stono l'alleluia o al contrario esaspero il labiale. Ecco perché gli amici mi trovano sempre qualcosa da fare: vogliono tenermi occupata. Domenica mattina si battezza il piccolo Mik, con festicciola e rinfresco nel giardino di casa, e B. e D. devono essersi detti:
– la madrina è fuori discussione, ché è comunista;
– affidarle la bisnonna, no, perché è capace di sfinirla con la condizione della donna nell'Ottocento o con i canti delle mondine;
– farle fare le foto, no, perché poi finiamo tutti su Flickr.
Insomma, qualsiasi cosa, ma teniamola lontana dal bambino per carità.
Possiamo chiederle di fare il pane. (competenza, questa, assai sopravvalutata, n.d.a.).
E così me l'hanno chiesto con grande delicatezza:
"Ci farebbe molto piacere se tu potessi fare il pane."
"Solo se posso fare anche le ostie della comunione."
"No, non puoi fare le ostie della comunione, quelle possono farle solo le suore."
"Io sono una suora laica zapatista."
"Ecco."
"Va bene, lo faccio. Ma solo se piantate sulla statale un cartello con su scritto 'degustazione pane del Mulino Rosso, km 1'."
"Si può fare."
Così faccio il pane. È una settimana che faccio pane, che poi surgelo: classico, integrale, con i cereali, con i semini di papavero, con il sesamo, con le olive, con il rosmarino. Impasto e rivedo testi, correggo bozze, controllo vedove e orfane, faccio postscript, distillo pdf e ogni tanto dimentico anche il pane in forno. Dopo due giorni di trambusto, il giudizioso signor G. ha imparato ad aprirsi le scatolette da solo.
Il capricorno sconsolato e un po' isterico che è in me vorrebbe che questa roba bastasse per tutti gli invitati, ma chi lo sa.
"D., ma dopo il battesimo si ferma anche quel vostro amico?"
"Ma chi?"
"Il Gesù Cristo."
"..."
"Dicono che con il pane fa miracoli."
No, nemmeno io mi sopporto, a volte.



Disclaimer per B. e D.: d'accordo, niente di tutto questo è vero, a parte il battesimo, il labiale, il pane, la bisnonna, le bozze, la preoccupazione del signor G. e l'invocazione allo special guest dalle decantate facoltà paneplastiche. La schiacciata al rosmarino nell'immagine è - naturalmente - vera. Se le ostie sapranno di poco, non venite a piangere sulla mia spalla. E ricordatevi il cartello sulla statale.