Qualche giorno fa - durante la scansione quotidiana di RIA Novosti da politica (lettura rapida) a strange but true (lettura approfondita) - leggevo che su un'autostrada austriaca, nei pressi di Melk, si è ribaltato un camion carico di cetriolini sottaceto: vetro ovunque, traffico bloccato.
Non ho pensato: "buffo", "bufala" o "bel casino".
Ho pensato: "vodka".
Dev'essere tutta questa Russia.
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martedì, febbraio 12, 2008
Child in time
Comunque lui l'aveva detto, che gli piacevano i Deep Purple.
(foto AP/Dmitry Astakhov, scattata dopo il concerto al Cremlino per celebrare il 15° anniversario di Gazprom).
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lunedì, febbraio 11, 2008
Il condominio
- Ai primi di marzo a Trieste c'è Bentivoglio che presenta il suo film. Ci andiamo insieme? Ci andiamo insieme che non so dove sta il cinema?
- No.
- Dai.
- Che cinema?
- Alcione.
- Ci sono andato due volte. Al buio. A piedi. Mi sono perso. Non saprei tornarci.
- Di te mi piace tanto l'entusiasmo.
- Non sembra neanche un cinema, sta in un condominio.
- Quante storie. Andiamoci.
- Se non ti secca guardare i film con la luce accesa. Sai quelle salette di quando eri giovane tu.
- Cineforum, si chiamano.
- Ecco. Povero Bentivoglio, non ha davvero idea. E comunque non ti ci porto.
- Dai, ci andiamo e ci sediamo in fondo.
- Forse.
- Bisognerà suonare il citofono?
- Peggio.
- Che?
- Dovremo entrare sventolando la delega dell'assemblea condominiale.
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- No.
- Dai.
- Che cinema?
- Alcione.
- Ci sono andato due volte. Al buio. A piedi. Mi sono perso. Non saprei tornarci.
- Di te mi piace tanto l'entusiasmo.
- Non sembra neanche un cinema, sta in un condominio.
- Quante storie. Andiamoci.
- Se non ti secca guardare i film con la luce accesa. Sai quelle salette di quando eri giovane tu.
- Cineforum, si chiamano.
- Ecco. Povero Bentivoglio, non ha davvero idea. E comunque non ti ci porto.
- Dai, ci andiamo e ci sediamo in fondo.
- Forse.
- Bisognerà suonare il citofono?
- Peggio.
- Che?
- Dovremo entrare sventolando la delega dell'assemblea condominiale.
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sabato, febbraio 09, 2008
La scomparsa dei fatti
Da tempo ho deciso di non segnalare più gli articoli e le traduzioni che continuo a pubblicare su 2.0: lo uso come deposito di materiali che prima o poi torneranno utili, ha comunque il suo pubblico ostinato e resistente ed è giusto che vada avanti da solo, e poi ho voluto eliminare ogni forma di mediazione e di filtro.
Però è un dato di fatto che 2.0 si conquisterà forse un decimo degli accessi di questo blog (che è più simpatichino, ammettiamolo) e per questo ora faccio un'eccezione invitandovi a leggere la lettera di Paolo Rossi Barnard: un caso preoccupante di censura subdola, una censura che non arriva frontalmente dal Sistema ma prende il giornalista alle spalle, togliendogli il diritto di farsi sentire e di ottenere la solidarietà e l'appoggio dell'indignazione pubblica, paralizzandolo e privandolo di difese. La vera "scomparsa dei fatti" è anche quella in cui si zittisce usando, invece degli "editti bulgari", i tribunali: "in una collusione di fatto con i comportamenti di coloro di cui ti fidavi".
Insomma, trovate quei cinque minuti per leggere questa lettera, e se lo ritenete anche voi giusto e opportuno (per indignazione, per preoccupazione, per solidarietà, per stima) fatela circolare.
Grazie.
Aggiornamento: La risposta di Milena Gabanelli è stata pubblicata da Megachip, qui.
(Un grazie a Luposelvatico per la segnalazione).
Aggiornamento 2: la replica di Barnard su comedonchisciotte.org.
(E un grazie a Silviu').
Filed in: media appelli
Però è un dato di fatto che 2.0 si conquisterà forse un decimo degli accessi di questo blog (che è più simpatichino, ammettiamolo) e per questo ora faccio un'eccezione invitandovi a leggere la lettera di Paolo Rossi Barnard: un caso preoccupante di censura subdola, una censura che non arriva frontalmente dal Sistema ma prende il giornalista alle spalle, togliendogli il diritto di farsi sentire e di ottenere la solidarietà e l'appoggio dell'indignazione pubblica, paralizzandolo e privandolo di difese. La vera "scomparsa dei fatti" è anche quella in cui si zittisce usando, invece degli "editti bulgari", i tribunali: "in una collusione di fatto con i comportamenti di coloro di cui ti fidavi".
Insomma, trovate quei cinque minuti per leggere questa lettera, e se lo ritenete anche voi giusto e opportuno (per indignazione, per preoccupazione, per solidarietà, per stima) fatela circolare.
Grazie.
Aggiornamento: La risposta di Milena Gabanelli è stata pubblicata da Megachip, qui.
(Un grazie a Luposelvatico per la segnalazione).
Aggiornamento 2: la replica di Barnard su comedonchisciotte.org.
(E un grazie a Silviu').
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venerdì, febbraio 08, 2008
Evgenij
"Lettera dalla direzione:
Egregio Evgenij!
Si è deciso di privarla di un mese di stipendio per avere stupidamente appeso al muro un distruggi-documenti e averci attaccato un'etichetta con la scritta 'Lettere'. L'ufficio contabilità ha perso documenti molto importanti... Il ripetersi dell'episodio renderà necessario il licenziamento".
Fonte: bash.org, citatnik runeta.
Filed in: Russia
Egregio Evgenij!
Si è deciso di privarla di un mese di stipendio per avere stupidamente appeso al muro un distruggi-documenti e averci attaccato un'etichetta con la scritta 'Lettere'. L'ufficio contabilità ha perso documenti molto importanti... Il ripetersi dell'episodio renderà necessario il licenziamento".
Fonte: bash.org, citatnik runeta.
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giovedì, febbraio 07, 2008
Un magnifico perdente
What's a sweetheart like you doin' in a dump like this?
"Sweetheart like you", Infidels.
- Ehi, bambina.
- Ciao Renzo.
- Fatto bene, cazzo. Fatto proprio bene.
- Grazie.
- Pensare che la prima volta che ti ho vista ho pensato che eri proprio piccola.
- Perché avevi bevuto.
- Torni dentro?
- No, non torno.
- Ti tengo in braccio?
- No.
Mi appoggiò una mano sulla spalla, quella sua mano lunga e storta da extraterrestre buono, e io capii che c'eravamo quasi.
Renzo. Quando l'avevo conosciuto aveva già alle spalle storie finite male con donne sognate e perdute, sorelle di amici innamorate di virtuosi della chitarra classica, giapponesi newyorkesi, scandinave ingrassate, donne mal sposate, annoiate, indecise, tatuate, leopardate, sdentate, truccate, arricchite, troppo vecchie, troppo giovani.
Quella prima sera Renzo era seduto tra due gemelle bionde dall'aria dignitosa e imbarazzata ed era ubriaco. Ubriaco di vodka agli antipasti.
- Strane mani.
- Malformazione congenita.
- Chi è?
Bum Bum scoppiò a ridere.
- Non lo sai?
- Cosa?
- Quello è il nostro batterista.
Le mani non erano un problema: si sarebbe detto che fosse nato con un paio di bacchette attaccate alle falangi (me ne accorsi quella prima sera, quando con la forchetta tracciava nell'aria benedizioni sincopate, costringendo le gemelle a scansarsi). Le mani non erano un problema. Il problema era che Renzo rallentava, rallentava per natura tendendo il più possibile a un idealtempo fatto di ritmo lento e vocalità nasale che potremmo definire ortodossia dylaniana. Tutto, tra le mani e dentro il microfono di Renzo, finiva per assomigliare a "Knocking on Heaven's Door" o a "Just like a woman", ma interpretate da un Bob Dylan narcolettico che si fosse visto scorrere davanti tutta la vita come un merci: conversione, involuzione e decadenza comprese. "Just like a woman" era la donna sempre sognata e perduta, quella capace di fingere come una donna, amare come una donna e cadere a pezzi come una bambina. E poi mettersi con un altro, come tutti sospettavamo: perché questa era la storia della vita di Renzo, piena di autocommiserazione, di valutazioni sentimentali errate e di ciucche tristi.
Basterebbe questo a spiegare la risata di Bum Bum: in qualche modo - per amicizia, per sopportazione, perché nessuno aveva il coraggio di cambiare la serratura della sala prove - Renzo era finito a fare il batterista in una garage band, dove alternava l'imposizione del canone Zimmermann ad adagi sentimentali e a memorie gloriose del passato. "Noi alla vostra età ghe spacavimo il cul ai passeri". Noi erano lui e l'amico eterno, il Kjuk (nome vero mai reso noto), un barbuto sornione che finì per accasarsi con un'austera maestra di Klagenfurt di nome Trixie e che godette di un breve periodo di notorietà quando una notte, insolitamente sobrio ma stanchissimo, dopo uno sbadiglio interminabile patì un blocco della mandibola e suonò a un centinaio di citofoni ululando incomprensibili richieste d'aiuto per poi aspettare l'alba nella caserma dei carabinieri, con la bocca spalancata in un urlo munchiano e le lacrime agli occhi,
mentre un ubriaco gli sognava sulle ginocchia.
- Non ti pensavo capace.
- Dovevo, no?
Lo sentii sbuffare il fumo dal naso e poi mugolare, mentre la mano sulla mia spalla anticipava un inesorabile ritmo lento.
- Renzo.
- Cosa.
- No.
Come gruppo erano abbastanza atipici da essere divertenti: collaborazioni imbarazzanti, discrete marchette ai matrimoni, extra ben pagati nei piano bar, feste dell'Unità, sospette collusioni con i danarosi giovani socialisti, liti, secessioni, sostituzioni, stonature, macchine sfasciate, bassisti inaffidabili, chitarristi aggressivi, qualche coma etilico. Per un po' non avevano neanche avuto un nome, benché a Renzo non mancassero le idee: tutte malinconiche, tutte all'insegna della mesta sconfitta e di vaghi sogni on the road, tutte incentrate sulla parola "perdente". Diventarono poi in effetti "The Beautiful Losers": arrendendosi, accettando che quel nome apparisse sui manifesti e sui volantini, rassegnandosi al ritmo lento.
- And she aches just like a woman.
- Non.
- But she breaks...
- Sono.
- ... just like a little girl.
- Una bambina.
- Ok.
Non c'era solo Bob Dylan, nella vita musicale di Renzo. C'erano anche i Creedence, Otis Redding, Jimi Hendrix, una certa tradizione anni Settanta di tramonti al tequila e donne disponibili, piedi scalzi e capelli lisci, e ovviamente Tom Petty & The Heartbreakers, la consacrazione del lamento adenoidale. Ma c'era soprattutto il suo eroe ruspante, il mito raggiungibile, il portable guru: Little Tony. Perché Little Tony era un grande, perché era tutt'altra cosa da quel montato di Bobby Solo, perché era un maestro di vita. O forse semplicemente per un Baby Whisky bevuto insieme in un'alba dell'82, intonando "Can't help falling in love" a due voci mentre un nugolo di zanzare si annientava in una scarica elettrica. Così le feste finivano sempre con Renzo ubriaco impegnato a interpretare la canzone che meglio rappresentava l'eterna storia di amore disperato e nobile rinuncia di un magnifico perdente: "Riderà".
Riderà, riderà, riderà.
Sguardi rivolti al soffitto.
Tu falla ridere perché.
Ospiti che se ne andavano trascinando i piedi.
Riderà, riderà, riderà.
Sempre più lento. Pausa.
Ha pianto troppo insieme a me.
E poi chitarre riposte, custodie chiuse con scatti esasperati, bestemmie a mezza voce, l'immancabile taciturno ex bambino prodigio che arpeggiava solitario in un angolo.
Buttò la sigaretta e mugolò più convinto, come un cucciolo afflitto.
Restava solo una cosa da fare.
Impedirgli di mettersi a cantare. Lì fuori.
- Renzo.
- Cosa.
- Allora ciao.
- Ciao.
- Baciami la bambina. E saluta tutti.
- Il cul ai passeri, ghe spacavimo.
- E fa' il bravo. Ah, comunque. Stevie Ray Vaughan.
- Cosa.
- No xe mal.
Se ne stette un po' lì a ruminare il sospetto del tradimento musicale. Poi rientrò, incespicando e agitando le mani nell'aria. Mentre mi allontanavo sentii che già singhiozzava "Riderà", pronto a scartare come un bufalo stanco verso "Knocking on Heaven's Door".
Perché tu, io lo so, sei migliore di me.
Renzo.
Un amplificatore lanciò nella notte l'urlo di un animale morente o innamorato.
Filed in: therealthing
"Sweetheart like you", Infidels.
- Ehi, bambina.
- Ciao Renzo.
- Fatto bene, cazzo. Fatto proprio bene.
- Grazie.
- Pensare che la prima volta che ti ho vista ho pensato che eri proprio piccola.
- Perché avevi bevuto.
- Torni dentro?
- No, non torno.
- Ti tengo in braccio?
- No.
Mi appoggiò una mano sulla spalla, quella sua mano lunga e storta da extraterrestre buono, e io capii che c'eravamo quasi.
Renzo. Quando l'avevo conosciuto aveva già alle spalle storie finite male con donne sognate e perdute, sorelle di amici innamorate di virtuosi della chitarra classica, giapponesi newyorkesi, scandinave ingrassate, donne mal sposate, annoiate, indecise, tatuate, leopardate, sdentate, truccate, arricchite, troppo vecchie, troppo giovani.
Quella prima sera Renzo era seduto tra due gemelle bionde dall'aria dignitosa e imbarazzata ed era ubriaco. Ubriaco di vodka agli antipasti.
- Strane mani.
- Malformazione congenita.
- Chi è?
Bum Bum scoppiò a ridere.
- Non lo sai?
- Cosa?
- Quello è il nostro batterista.
Le mani non erano un problema: si sarebbe detto che fosse nato con un paio di bacchette attaccate alle falangi (me ne accorsi quella prima sera, quando con la forchetta tracciava nell'aria benedizioni sincopate, costringendo le gemelle a scansarsi). Le mani non erano un problema. Il problema era che Renzo rallentava, rallentava per natura tendendo il più possibile a un idealtempo fatto di ritmo lento e vocalità nasale che potremmo definire ortodossia dylaniana. Tutto, tra le mani e dentro il microfono di Renzo, finiva per assomigliare a "Knocking on Heaven's Door" o a "Just like a woman", ma interpretate da un Bob Dylan narcolettico che si fosse visto scorrere davanti tutta la vita come un merci: conversione, involuzione e decadenza comprese. "Just like a woman" era la donna sempre sognata e perduta, quella capace di fingere come una donna, amare come una donna e cadere a pezzi come una bambina. E poi mettersi con un altro, come tutti sospettavamo: perché questa era la storia della vita di Renzo, piena di autocommiserazione, di valutazioni sentimentali errate e di ciucche tristi.
Basterebbe questo a spiegare la risata di Bum Bum: in qualche modo - per amicizia, per sopportazione, perché nessuno aveva il coraggio di cambiare la serratura della sala prove - Renzo era finito a fare il batterista in una garage band, dove alternava l'imposizione del canone Zimmermann ad adagi sentimentali e a memorie gloriose del passato. "Noi alla vostra età ghe spacavimo il cul ai passeri". Noi erano lui e l'amico eterno, il Kjuk (nome vero mai reso noto), un barbuto sornione che finì per accasarsi con un'austera maestra di Klagenfurt di nome Trixie e che godette di un breve periodo di notorietà quando una notte, insolitamente sobrio ma stanchissimo, dopo uno sbadiglio interminabile patì un blocco della mandibola e suonò a un centinaio di citofoni ululando incomprensibili richieste d'aiuto per poi aspettare l'alba nella caserma dei carabinieri, con la bocca spalancata in un urlo munchiano e le lacrime agli occhi,
mentre un ubriaco gli sognava sulle ginocchia.
- Non ti pensavo capace.
- Dovevo, no?
Lo sentii sbuffare il fumo dal naso e poi mugolare, mentre la mano sulla mia spalla anticipava un inesorabile ritmo lento.
- Renzo.
- Cosa.
- No.
Come gruppo erano abbastanza atipici da essere divertenti: collaborazioni imbarazzanti, discrete marchette ai matrimoni, extra ben pagati nei piano bar, feste dell'Unità, sospette collusioni con i danarosi giovani socialisti, liti, secessioni, sostituzioni, stonature, macchine sfasciate, bassisti inaffidabili, chitarristi aggressivi, qualche coma etilico. Per un po' non avevano neanche avuto un nome, benché a Renzo non mancassero le idee: tutte malinconiche, tutte all'insegna della mesta sconfitta e di vaghi sogni on the road, tutte incentrate sulla parola "perdente". Diventarono poi in effetti "The Beautiful Losers": arrendendosi, accettando che quel nome apparisse sui manifesti e sui volantini, rassegnandosi al ritmo lento.
- And she aches just like a woman.
- Non.
- But she breaks...
- Sono.
- ... just like a little girl.
- Una bambina.
- Ok.
Non c'era solo Bob Dylan, nella vita musicale di Renzo. C'erano anche i Creedence, Otis Redding, Jimi Hendrix, una certa tradizione anni Settanta di tramonti al tequila e donne disponibili, piedi scalzi e capelli lisci, e ovviamente Tom Petty & The Heartbreakers, la consacrazione del lamento adenoidale. Ma c'era soprattutto il suo eroe ruspante, il mito raggiungibile, il portable guru: Little Tony. Perché Little Tony era un grande, perché era tutt'altra cosa da quel montato di Bobby Solo, perché era un maestro di vita. O forse semplicemente per un Baby Whisky bevuto insieme in un'alba dell'82, intonando "Can't help falling in love" a due voci mentre un nugolo di zanzare si annientava in una scarica elettrica. Così le feste finivano sempre con Renzo ubriaco impegnato a interpretare la canzone che meglio rappresentava l'eterna storia di amore disperato e nobile rinuncia di un magnifico perdente: "Riderà".
Riderà, riderà, riderà.
Sguardi rivolti al soffitto.
Tu falla ridere perché.
Ospiti che se ne andavano trascinando i piedi.
Riderà, riderà, riderà.
Sempre più lento. Pausa.
Ha pianto troppo insieme a me.
E poi chitarre riposte, custodie chiuse con scatti esasperati, bestemmie a mezza voce, l'immancabile taciturno ex bambino prodigio che arpeggiava solitario in un angolo.
Buttò la sigaretta e mugolò più convinto, come un cucciolo afflitto.
Restava solo una cosa da fare.
Impedirgli di mettersi a cantare. Lì fuori.
- Renzo.
- Cosa.
- Allora ciao.
- Ciao.
- Baciami la bambina. E saluta tutti.
- Il cul ai passeri, ghe spacavimo.
- E fa' il bravo. Ah, comunque. Stevie Ray Vaughan.
- Cosa.
- No xe mal.
Se ne stette un po' lì a ruminare il sospetto del tradimento musicale. Poi rientrò, incespicando e agitando le mani nell'aria. Mentre mi allontanavo sentii che già singhiozzava "Riderà", pronto a scartare come un bufalo stanco verso "Knocking on Heaven's Door".
Perché tu, io lo so, sei migliore di me.
Renzo.
Un amplificatore lanciò nella notte l'urlo di un animale morente o innamorato.
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mercoledì, febbraio 06, 2008
Cappuccetto Rosso Redux
Me li vedo arrivare già un po' intristiti, cestino dondolante, mantellina rossa, camminata a papera, lentiggini imprecise, pellicciotto spelacchiato, faccia sudata.
- Ciao.
- Ciao.
- Oh, ciao Cappuccetto Rosso. Ciao... hu... bestiolina.
- Magari sono un lupo, no?
- Ah, già.
- "Mentre attraversava il bosco Cappuccetto Rosso si imbatté in una bestiolina".
- Non c'è bisogno di essere sarcastici.
- Chi si è mangiato la nonna? Mah, si son sentiti dei rumori e gnam. Una bestiolina, forse.
- Oh, ma permaloso!
- Dovevi fare la sceneggiatrice di Lost.
- E tu sei sicuro sicuro di non aver comprato il costume di Gatto Silvestro?
Intanto Cappuccetto, in disparte, sta socializzando con un notevole Alex di Arancia Meccanica.
Filed in: therealthing
- Ciao.
- Ciao.
- Oh, ciao Cappuccetto Rosso. Ciao... hu... bestiolina.
- Magari sono un lupo, no?
- Ah, già.
- "Mentre attraversava il bosco Cappuccetto Rosso si imbatté in una bestiolina".
- Non c'è bisogno di essere sarcastici.
- Chi si è mangiato la nonna? Mah, si son sentiti dei rumori e gnam. Una bestiolina, forse.
- Oh, ma permaloso!
- Dovevi fare la sceneggiatrice di Lost.
- E tu sei sicuro sicuro di non aver comprato il costume di Gatto Silvestro?
Intanto Cappuccetto, in disparte, sta socializzando con un notevole Alex di Arancia Meccanica.
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martedì, febbraio 05, 2008
Made in porcellana
Ed ecco perché amo i traduttori automatici. Traducono tutto, anche la Cina:
Questo vestiario "Made in China" diventa "Sdelano v farfore", cioè "fabbricato in porcellana".
Via Sad Translations/Grustnye Perevody.
Questo vestiario "Made in China" diventa "Sdelano v farfore", cioè "fabbricato in porcellana".
Via Sad Translations/Grustnye Perevody.
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Russia
I candidati alle presidenziali USA, l'anima di Putin e l'Unione Sovietica
Oggi Siberian Light pubblica una fedele e divertente sintesi delle idee sulla Russia dei candidati superstiti alle elezioni presidenziali americane. Avvertimento d'obbligo: si tratta di un sito sulla Russia autorevole e informato, non filo-cremliniano né particolarmente tenero nei confronti di Putin.
Traduco integralmente.
"Sapete, la Russia non è l'unico posto in cui si terranno delle elezioni presidenziali nel 2008. I più acuti tra di voi si saranno accorti che attualmente in America è in corso una piccola competizione.
Oggi negli Stati Uniti è Super Tuesday e dunque, per assicurarmi che tutte le elezioni vengano trattate in modo equo, pensavo di dare un'occhiata a quello che i candidati alle presidenziali rimasti in corsa hanno da dire sulla Russia e sul nostro eroe Vladimir Putin, l'uomo forte che tutti sperano di poter un giorno emulare...
Cominciamo con i candidati repubblicani. Va detto che alcuni di loro hanno idee ben strane.
Il primo della lista è Mitt Romney, un vero esperto in rigurgiti verbali. Prendete per esempio la sua reazione alla notizia che Time Magazine aveva eletto Putin Persona dell'Anno:
'Oh, state scherzando. È disgustoso. Sono assolutamente... voglio dire, state... voglio dire, non ho visto Time. Dite sul serio?'
Ma è riuscito a recuperare quel tanto di compostezza da spiegare il perché di tanto disgusto:
'Beh, sapete, ha incarcerato i suoi oppositori politici. Ci sono stati molti omicidi sospetti. Ha soffocato il dissenso e la libera stampa. E suggerire che uno così sia l'uomo dell'anno è disgustoso. Sono atterrito'.
Almeno lui è preoccupato. Ron Paul, l'outsider ostinato, più che alla politica sembrava interessato a dimostrare la sua indipendenza dal pensiero mainstream quando è stato l'unico a votare contro una risoluzione del 2007 che osservava...
'l'inquietante schema di omicidi di molti giornalisti indipendenti in Russia a partire dal 2000, sollecitando il presidente russo Vladimir Putin ad autorizzare la collaborazione con gli inquirenti stranieri nella soluzione di questi omicidi'.
All'infuori di Ron Paul, la linea del Partito Repubblicano sembra dunque essere 'non amiamo Putin'. Mick Huckabee non fa eccezione. Quando gli è stato chiesto un parere sulla famigerata foto di Putin a pesca a petto nudo, Huckabee ha confessato il suo amore per un altro torace:
'Sono impressionato dal fatto che possa uscire e andare a pescare, ma quella foto a petto nudo non mi fa nessun effetto. Be', se fosse una foto di Scarlett Johansson sarebbe un'altra storia'.
Lo sarebbe eccome.
Il premio per i repubblicani, però, va al vecchio John McCain, che ha fatto tesoro della propria lunga esperienza per guardare nella profondità degli occhi di Putin e vedere qualcosa di più della sua anima:
'Conosco il signor Putin. L'ho guardato negli occhi e ci ho visto tre lettere: KGB'.
McCain non si limita però alle battute, ma è capace di resistere all'isterismo e di offirci delle analisi ponderate:
'Putin ci creerà un sacco di difficoltà... Non credo che ci sarà un ritorno alla guerra fredda, non hanno la popolazione... niente che possa riportarli a quel genere di potenza militare a cui erano abituati, neanche a colpi di petrodollari... ma stanno cercando di riaffermare l'impero russo... e per noi saranno una spina nel fianco'.
Mentre sto scrivendo ci sono solo due candidati democratici ancora in corsa: Hillary Clinton e Barack Obama.
Hillary, com'era prevedibile, ricorre a una battuta stantia:
'Questo è il presidente che ha guardato nell'anima di Putin. Io avrei potuto digli che era un agente del KGB e che per definizione non possiede un'anima. Voglio dire, è tempo sprecato, è una sciocchezza'.
Dov'è che l'abbiamo già sentito dire?
Clinton sembra avere ormai rinunciato anche all'idea di promuovere la democrazia in Russia:
'Mi interessa soprattutto quello che la Russia fa al di fuori dei suoi confini. Non credo, come presidente degli Stati Uniti, di poter agitare la mano e dire ai russi che dovrebbero avere un governo diverso'.
Almeno Barack Obama trova il tempo per parlare di politica, anche se in modo un po' ottuso e riuscendo a contraddirsi leggermente:
'Non perseguiremo il disarmo unilaterale. Finché esisteranno le armi nucleari, conserveremo un forte deterrente nucleare. Ma sul lungo cammino verso l'eliminazione delle armi nucleari manterremo i nostri impegni nel rispetto del Trattato di Non Proliferazione Nucleare. Collaboreremo con la Russia per togliere dallo stato di allerta i missili balistici americani e russi e per ridurre sensibilmente le scorte di armamenti e materiali nucleari. Cominceremo col perseguire una messa al bando globale della produzione di materiale fissile per la costruzione di armi. E ci proporremo di estendere il bando russo-americano sui missili a medio raggio così da rendere globale l'accordo'.
Eccoli qui, dunque. Adesso avete gli strumenti per decidere quale candidato rappresenti meglio le vostre idee sulla Russia.
Ma prima voglio ricordarvi rapidamente perché questi sei candidati sono rimasti in corsa. Perché non sono stupidi come Bill Richardson:
'Se verrò eletto presidente... cercherò di negoziare immediatamente con l'Unione Sovietica'.
E ora, al voto".
Link
Traduco integralmente.
"Sapete, la Russia non è l'unico posto in cui si terranno delle elezioni presidenziali nel 2008. I più acuti tra di voi si saranno accorti che attualmente in America è in corso una piccola competizione.
Oggi negli Stati Uniti è Super Tuesday e dunque, per assicurarmi che tutte le elezioni vengano trattate in modo equo, pensavo di dare un'occhiata a quello che i candidati alle presidenziali rimasti in corsa hanno da dire sulla Russia e sul nostro eroe Vladimir Putin, l'uomo forte che tutti sperano di poter un giorno emulare...
Cominciamo con i candidati repubblicani. Va detto che alcuni di loro hanno idee ben strane.
Il primo della lista è Mitt Romney, un vero esperto in rigurgiti verbali. Prendete per esempio la sua reazione alla notizia che Time Magazine aveva eletto Putin Persona dell'Anno:
'Oh, state scherzando. È disgustoso. Sono assolutamente... voglio dire, state... voglio dire, non ho visto Time. Dite sul serio?'
Ma è riuscito a recuperare quel tanto di compostezza da spiegare il perché di tanto disgusto:
'Beh, sapete, ha incarcerato i suoi oppositori politici. Ci sono stati molti omicidi sospetti. Ha soffocato il dissenso e la libera stampa. E suggerire che uno così sia l'uomo dell'anno è disgustoso. Sono atterrito'.
Almeno lui è preoccupato. Ron Paul, l'outsider ostinato, più che alla politica sembrava interessato a dimostrare la sua indipendenza dal pensiero mainstream quando è stato l'unico a votare contro una risoluzione del 2007 che osservava...
'l'inquietante schema di omicidi di molti giornalisti indipendenti in Russia a partire dal 2000, sollecitando il presidente russo Vladimir Putin ad autorizzare la collaborazione con gli inquirenti stranieri nella soluzione di questi omicidi'.
All'infuori di Ron Paul, la linea del Partito Repubblicano sembra dunque essere 'non amiamo Putin'. Mick Huckabee non fa eccezione. Quando gli è stato chiesto un parere sulla famigerata foto di Putin a pesca a petto nudo, Huckabee ha confessato il suo amore per un altro torace:
'Sono impressionato dal fatto che possa uscire e andare a pescare, ma quella foto a petto nudo non mi fa nessun effetto. Be', se fosse una foto di Scarlett Johansson sarebbe un'altra storia'.
Lo sarebbe eccome.
Il premio per i repubblicani, però, va al vecchio John McCain, che ha fatto tesoro della propria lunga esperienza per guardare nella profondità degli occhi di Putin e vedere qualcosa di più della sua anima:
'Conosco il signor Putin. L'ho guardato negli occhi e ci ho visto tre lettere: KGB'.
McCain non si limita però alle battute, ma è capace di resistere all'isterismo e di offirci delle analisi ponderate:
'Putin ci creerà un sacco di difficoltà... Non credo che ci sarà un ritorno alla guerra fredda, non hanno la popolazione... niente che possa riportarli a quel genere di potenza militare a cui erano abituati, neanche a colpi di petrodollari... ma stanno cercando di riaffermare l'impero russo... e per noi saranno una spina nel fianco'.
Mentre sto scrivendo ci sono solo due candidati democratici ancora in corsa: Hillary Clinton e Barack Obama.
Hillary, com'era prevedibile, ricorre a una battuta stantia:
'Questo è il presidente che ha guardato nell'anima di Putin. Io avrei potuto digli che era un agente del KGB e che per definizione non possiede un'anima. Voglio dire, è tempo sprecato, è una sciocchezza'.
Dov'è che l'abbiamo già sentito dire?
Clinton sembra avere ormai rinunciato anche all'idea di promuovere la democrazia in Russia:
'Mi interessa soprattutto quello che la Russia fa al di fuori dei suoi confini. Non credo, come presidente degli Stati Uniti, di poter agitare la mano e dire ai russi che dovrebbero avere un governo diverso'.
Almeno Barack Obama trova il tempo per parlare di politica, anche se in modo un po' ottuso e riuscendo a contraddirsi leggermente:
'Non perseguiremo il disarmo unilaterale. Finché esisteranno le armi nucleari, conserveremo un forte deterrente nucleare. Ma sul lungo cammino verso l'eliminazione delle armi nucleari manterremo i nostri impegni nel rispetto del Trattato di Non Proliferazione Nucleare. Collaboreremo con la Russia per togliere dallo stato di allerta i missili balistici americani e russi e per ridurre sensibilmente le scorte di armamenti e materiali nucleari. Cominceremo col perseguire una messa al bando globale della produzione di materiale fissile per la costruzione di armi. E ci proporremo di estendere il bando russo-americano sui missili a medio raggio così da rendere globale l'accordo'.
Eccoli qui, dunque. Adesso avete gli strumenti per decidere quale candidato rappresenti meglio le vostre idee sulla Russia.
Ma prima voglio ricordarvi rapidamente perché questi sei candidati sono rimasti in corsa. Perché non sono stupidi come Bill Richardson:
'Se verrò eletto presidente... cercherò di negoziare immediatamente con l'Unione Sovietica'.
E ora, al voto".
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Russia
lunedì, febbraio 04, 2008
Putin, Medvedev e l'aforisma
Andrej Kolesnikov del Kommersant' a proposito della visita di Putin e Medvedev ai cadetti dell'accademia militare di Rostov sul Don:
"Poi Vladimir Vladimirovič e Dmitrij Medvedev sono passati nell'aula computer. Il presidente è stato fatto accomodare accanto a un ragazzino sui dieci-dodici anni, che Putin ha subito afferrato per una spalla. Tanto che il braccio destro del ragazzino sembrava paralizzato, rendendogli praticamente impossibile utilizzare il mouse.
Il computer era aperto su un'home page intitolata 'Come non annegare nel mare dell'informazione'. Vladimir Putin ha letto, si è guardato attorno e ha lanciato l'SOS:
- Dov'è il nostro Dmitrij Anatol'evič?
Senza di lui, a quanto pare, Vladimir Putin rischiava di andare a fondo. Per la prima volta mi è sembrato che il presidente della Russia dipendesse tanto dal candidato alla presidenza (pensare che fino a poco tempo fa era l'esatto contrario).
Dmitrij Medvedev non si è fatto attendere.
- Che motore di ricerca usate? - ha chiesto senza indugio.
Sia al cadetto, sia a Vladimir Putin doveva essere subito chiaro che Dmitrij Medvedev e i computer si danno del tu.
- E ce l'avete un sito? - ha domandato Dmitrij Medvedev.
- Sì, - ha annuito il ragazzino, con l'aria di un condannato a morte.
- E lo possiamo vedere? - ha proposto il signor Medvedev.
Capiva, evidentemente, che se un sito esiste bisogna entrarci.
Sul sito c'erano un po' di fotografie che Dmitrij Medvedev era deciso a ingrandire seduta stante. Era infatti inflessibile nella determinazione di dimostrare le possibilità illimitate di internet, e anche le proprie.
Ma le immagini neanche si aprivano. Il ragazzino cliccava e cliccava instancabilmente. Vladimir Putin lo stringeva ancora di più nella sua morsa implacabile, ma non c'era verso.
- Lì c'è la parola 'ovunque', forse bisogna cliccare lì per aprire, - ho pensato io a voce alta.
- Ma sì, ma sì, - si è animato Vladimir Putin. - Bisogna schiacciare lì, vedrete che si apre subito.
- Chiaro, è così che si risolve di solito, - ho detto io.
- Ma certo, - ha assentito il presidente, offrendo al mondo il suo nuovo aforisma: - Finché non si schiaccia non funziona niente.
E anche lì i due hanno dimostrato di essere diversi: uno disposto ad aspettare che qualcosa si cliccasse da sé, e l'altro che voleva a tutti i costi schiacciare".
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Foto: © AFP/Scanpix
"Poi Vladimir Vladimirovič e Dmitrij Medvedev sono passati nell'aula computer. Il presidente è stato fatto accomodare accanto a un ragazzino sui dieci-dodici anni, che Putin ha subito afferrato per una spalla. Tanto che il braccio destro del ragazzino sembrava paralizzato, rendendogli praticamente impossibile utilizzare il mouse.
Il computer era aperto su un'home page intitolata 'Come non annegare nel mare dell'informazione'. Vladimir Putin ha letto, si è guardato attorno e ha lanciato l'SOS:
- Dov'è il nostro Dmitrij Anatol'evič?
Senza di lui, a quanto pare, Vladimir Putin rischiava di andare a fondo. Per la prima volta mi è sembrato che il presidente della Russia dipendesse tanto dal candidato alla presidenza (pensare che fino a poco tempo fa era l'esatto contrario).
Dmitrij Medvedev non si è fatto attendere.
- Che motore di ricerca usate? - ha chiesto senza indugio.
Sia al cadetto, sia a Vladimir Putin doveva essere subito chiaro che Dmitrij Medvedev e i computer si danno del tu.
- E ce l'avete un sito? - ha domandato Dmitrij Medvedev.
- Sì, - ha annuito il ragazzino, con l'aria di un condannato a morte.
- E lo possiamo vedere? - ha proposto il signor Medvedev.
Capiva, evidentemente, che se un sito esiste bisogna entrarci.
Sul sito c'erano un po' di fotografie che Dmitrij Medvedev era deciso a ingrandire seduta stante. Era infatti inflessibile nella determinazione di dimostrare le possibilità illimitate di internet, e anche le proprie.
Ma le immagini neanche si aprivano. Il ragazzino cliccava e cliccava instancabilmente. Vladimir Putin lo stringeva ancora di più nella sua morsa implacabile, ma non c'era verso.
- Lì c'è la parola 'ovunque', forse bisogna cliccare lì per aprire, - ho pensato io a voce alta.
- Ma sì, ma sì, - si è animato Vladimir Putin. - Bisogna schiacciare lì, vedrete che si apre subito.
- Chiaro, è così che si risolve di solito, - ho detto io.
- Ma certo, - ha assentito il presidente, offrendo al mondo il suo nuovo aforisma: - Finché non si schiaccia non funziona niente.
E anche lì i due hanno dimostrato di essere diversi: uno disposto ad aspettare che qualcosa si cliccasse da sé, e l'altro che voleva a tutti i costi schiacciare".
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Foto: © AFP/Scanpix
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venerdì, febbraio 01, 2008
Perché qui c'è Osama
Una nuova tattica per combattere il crimine a Bogotà: pattugliare le strade vestito da bin Laden.
"Faccio la guardia a bar, negozi e soprattutto ristoranti. La gente può venire qui a divertirsi e sa che non è un posto pericoloso perché qui c'è Osama".
Funziona.
Interessante. Chissà se si occupa anche di recupero crediti.
Link al video.
----------------
Make up:
Fake is Fake Mat Foundation, But Real is Fake Too Pressed Powder for Dry Skins, Pink-O-Sama Roll-on Blush, Arabian Nights Long&Curly Mascara, Have We Ever Met Somewhere Evoluscious Lip Plumper, No, Nowhere Body Essence, AlQaedora Translucent Body Cream.
"Faccio la guardia a bar, negozi e soprattutto ristoranti. La gente può venire qui a divertirsi e sa che non è un posto pericoloso perché qui c'è Osama".
Funziona.
Interessante. Chissà se si occupa anche di recupero crediti.
Link al video.
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Make up:
Fake is Fake Mat Foundation, But Real is Fake Too Pressed Powder for Dry Skins, Pink-O-Sama Roll-on Blush, Arabian Nights Long&Curly Mascara, Have We Ever Met Somewhere Evoluscious Lip Plumper, No, Nowhere Body Essence, AlQaedora Translucent Body Cream.
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giovedì, gennaio 31, 2008
L'anima del lottatore di sambo
Поцелуй не для прессы-Poceluj ne dlja pressy, "un film sulla politica, la vita e l'amore".
L'eroina è una giovane e bella hostess. Un giorno a Leningrado conosce un giovanotto e se ne innamora. Lui pratica il sambo (wink wink), parla bene il tedesco (wink wink wink) ed è avviato a una rapida carriera politica, tanto che negli anni Novanta diventa vicesindaco della città.
"Per la prima volta avremo la possibilità di guardare alla vita di un politico da un altro punto di vista. Non solo colui che vediamo nei telegiornali, sui giornali e nelle occasioni ufficiali, ma un capofamiglia, un marito, un figlio e un padre. Soprattutto una persona. Com'è in famiglia, nella vita di tutti i giorni? Cosa c'è nella sua anima? In quel cuore c'è ancora posto per l'amore?" Tante prove attendono la coppia: quella più grande è rappresentanta dalle elezioni...
Eppure tutto questo mi ricorda qualcuno. Soprattutto la parte sull'anima.
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L'eroina è una giovane e bella hostess. Un giorno a Leningrado conosce un giovanotto e se ne innamora. Lui pratica il sambo (wink wink), parla bene il tedesco (wink wink wink) ed è avviato a una rapida carriera politica, tanto che negli anni Novanta diventa vicesindaco della città.
"Per la prima volta avremo la possibilità di guardare alla vita di un politico da un altro punto di vista. Non solo colui che vediamo nei telegiornali, sui giornali e nelle occasioni ufficiali, ma un capofamiglia, un marito, un figlio e un padre. Soprattutto una persona. Com'è in famiglia, nella vita di tutti i giorni? Cosa c'è nella sua anima? In quel cuore c'è ancora posto per l'amore?" Tante prove attendono la coppia: quella più grande è rappresentanta dalle elezioni...
Eppure tutto questo mi ricorda qualcuno. Soprattutto la parte sull'anima.
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mercoledì, gennaio 30, 2008
VVP e i dibattiti
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin telefonò al primo vice primo ministro Dmitrij Anatol'evič Medvedev.
- Ascolta, bratello, - disse Vladimir Vladimirovič™, - Cos'è che stai facendo?
- Ma così, - rispose Dmitrij Anatol'evič, - Mi preparo ai dibattiti televisivi con i miei avversari.
- Cosa? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva, - Ma quali dibattiti? Mi hai visto una sola volta partecipare a un dibattito con qualcuno, eh?
- No, - rispose francamente Dmitrij Anatol'evič.
- Ah, ecco, - disse Vladimir Vladimirovič™, - Scordateli, i dibattiti. Ne hai, di cose da fare!
- Però non capisco, - borbottò Dmitrij Anatol'evič, - Perché non dibattiamo mai con nessuno, noi?
- Perché, - rispose Vladimir Vladimirovič™, - Perché noi non negoziamo con i terroristi.
E Vladimir Vladimirovič™ riagganciò.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
[Intanto, nel mondo reale...]
- Ascolta, bratello, - disse Vladimir Vladimirovič™, - Cos'è che stai facendo?
- Ma così, - rispose Dmitrij Anatol'evič, - Mi preparo ai dibattiti televisivi con i miei avversari.
- Cosa? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva, - Ma quali dibattiti? Mi hai visto una sola volta partecipare a un dibattito con qualcuno, eh?
- No, - rispose francamente Dmitrij Anatol'evič.
- Ah, ecco, - disse Vladimir Vladimirovič™, - Scordateli, i dibattiti. Ne hai, di cose da fare!
- Però non capisco, - borbottò Dmitrij Anatol'evič, - Perché non dibattiamo mai con nessuno, noi?
- Perché, - rispose Vladimir Vladimirovič™, - Perché noi non negoziamo con i terroristi.
E Vladimir Vladimirovič™ riagganciò.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
[Intanto, nel mondo reale...]
martedì, gennaio 29, 2008
Nanomembranotecnologie!
Ministero della Difesa russo, ieri: presentazione della nuova linea di uniformi per le forze armate creata dallo stilista Valentin Judaškin.
"Gli ho domandato se è vero che per le nuove uniformi erano state usate le più moderne tecnologie.
- Sì! - ha confermato [Judaškin].- Abbiamo impiegato le nanomembranotecnologie!
- Membrano? - ho chiesto, colpito.
- Certamente,- mi ha assicurato.
- E lei sa di cosa si tratta?
- Si capisce. Se le ho usate."
Andrej Kolesnikov, Kommersant'
[Con una frangia così emo le nanomembrane c'entrano di sicuro, fidatevi].
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lunedì, gennaio 28, 2008
VVP e la torre petrolifera
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin entrò nello studio del vice capo della sua Amministrazione Vladislav Jur'evič Surkov.
- Ascolta, bratello, - disse un po' esitante Vladimir Vladimirovič™, - Avrei pensato una cosetta…
Vladimir Vladimirovič™ si avvicinò alla scrivania di Vladislav Jur'evič e vi posò alcuni fogli di carta con lo stemma presidenziale.
Vladislav Jur'evič gettò un'occhiata a un foglio. Vide il disegno del Cremlino moscovita: al centro, al posto del campanile di Ivan il Grande c'era un'enorme torre petrolifera sormontata da una cupola dorata.
- Cos'è 'sta roba? - Vladislav Jur'evič non capiva.
- Una mia piccola creazione… - bofonchiò Vladimir Vladimirovič™ arrossendo, - La cupola d'oro del petrolio...
- Come? - si stupì Vladislav Jur'evič, - Cupola d'oro del petrolio?!
- Ma sì, - si affrettò a spiegare Vladimir Vladimirovič™, - Sai, pensa che ti pensa mi sono chiesto: quali sono le cose più importanti per la Russia? Le cose più importanti per la Russia sono il petrolio e l'ortodossia. Se sono così importanti, bisogna unirli in qualche modo.
- Per esempio? - domandò Vladislav Jur'evič.
- Be', per esempio, - continuò Vladimir Vladimirovič™ tutto ispirato, - Per esempio potremmo costruire dei monasteri attorno ai pozzi petroliferi. Un tempo li costruivano accanto alle sorgenti, adesso attorno ai pozzi. Monastero di San Neftejugansk. Eh?
- Interessante, - annuì Vladislav Jur'evič, - Continua.
- L'aquila dello stemma russo ha due teste, - proseguì Vladimir Vladimirovič™, - Una è l'ortodossia. L'altra il petrolio. In una zampa ci mettiamo la croce, nell'altra una torre petrolifera. Questa è la Russia del futuro come io la vedo: solo torri petrolifere e monasteri. E nient'altro! Le torri estraggono e i cittadini pregano.
- E noi? - domandò Vladislav Jur'evič.
- E noi teniamo d'occhio tutto questo! - rispose Vladimir Vladimirovič™.
- Bratello, - disse piano Vladislav Jur'evič, - Dimmelo sinceramente, ma che sei venuto a fare? Cos'è 'sta gran pensata improvvisa? Questo è il mio lavoro.
- E io cosa faccio? - sbottò Vladimir Vladimirovič™, - Cosa faccio, io? Mi sento inutile! Tutti Dimočka Dimočka e invece da me non viene mai nessuno! Perché tu non vieni mai da me, eh?
- Ma così... - borbottò Vladislav Jur'evič, - Sai, le elezioni... Dimoč…
- Ecco! - strillò Vladimir Vladimirovič™, - Anche tu! E io dove vado?! Cosa faccio, io?! Tutti voi restate! Tu resti! Dima resta! E io no! Restano tutti all'infuori di me!
Vladimir Vladimirovič™ singhiozzò.
- E poi, - Vladimir Vladimirovič™ indicò il foglio di carta intestata con il disegno della torre petrolifera, - Se questo è il tuo lavoro perché non te lo sei inventato tu, allora?
Vladislav Jur'evič sospirò, aprì un cassetto della scrivania, tirò fuori un libro e lo gettò davanti a Vladimir Vladimirovič™. La copertina aveva la doratura sontuosa dei testi ecclesiastici.
Al centro della copertina stava scritta un'unica parola: "Petrolio".
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
- Ascolta, bratello, - disse un po' esitante Vladimir Vladimirovič™, - Avrei pensato una cosetta…
Vladimir Vladimirovič™ si avvicinò alla scrivania di Vladislav Jur'evič e vi posò alcuni fogli di carta con lo stemma presidenziale.
Vladislav Jur'evič gettò un'occhiata a un foglio. Vide il disegno del Cremlino moscovita: al centro, al posto del campanile di Ivan il Grande c'era un'enorme torre petrolifera sormontata da una cupola dorata.
- Cos'è 'sta roba? - Vladislav Jur'evič non capiva.
- Una mia piccola creazione… - bofonchiò Vladimir Vladimirovič™ arrossendo, - La cupola d'oro del petrolio...
- Come? - si stupì Vladislav Jur'evič, - Cupola d'oro del petrolio?!
- Ma sì, - si affrettò a spiegare Vladimir Vladimirovič™, - Sai, pensa che ti pensa mi sono chiesto: quali sono le cose più importanti per la Russia? Le cose più importanti per la Russia sono il petrolio e l'ortodossia. Se sono così importanti, bisogna unirli in qualche modo.
- Per esempio? - domandò Vladislav Jur'evič.
- Be', per esempio, - continuò Vladimir Vladimirovič™ tutto ispirato, - Per esempio potremmo costruire dei monasteri attorno ai pozzi petroliferi. Un tempo li costruivano accanto alle sorgenti, adesso attorno ai pozzi. Monastero di San Neftejugansk. Eh?
- Interessante, - annuì Vladislav Jur'evič, - Continua.
- L'aquila dello stemma russo ha due teste, - proseguì Vladimir Vladimirovič™, - Una è l'ortodossia. L'altra il petrolio. In una zampa ci mettiamo la croce, nell'altra una torre petrolifera. Questa è la Russia del futuro come io la vedo: solo torri petrolifere e monasteri. E nient'altro! Le torri estraggono e i cittadini pregano.
- E noi? - domandò Vladislav Jur'evič.
- E noi teniamo d'occhio tutto questo! - rispose Vladimir Vladimirovič™.
- Bratello, - disse piano Vladislav Jur'evič, - Dimmelo sinceramente, ma che sei venuto a fare? Cos'è 'sta gran pensata improvvisa? Questo è il mio lavoro.
- E io cosa faccio? - sbottò Vladimir Vladimirovič™, - Cosa faccio, io? Mi sento inutile! Tutti Dimočka Dimočka e invece da me non viene mai nessuno! Perché tu non vieni mai da me, eh?
- Ma così... - borbottò Vladislav Jur'evič, - Sai, le elezioni... Dimoč…
- Ecco! - strillò Vladimir Vladimirovič™, - Anche tu! E io dove vado?! Cosa faccio, io?! Tutti voi restate! Tu resti! Dima resta! E io no! Restano tutti all'infuori di me!
Vladimir Vladimirovič™ singhiozzò.
- E poi, - Vladimir Vladimirovič™ indicò il foglio di carta intestata con il disegno della torre petrolifera, - Se questo è il tuo lavoro perché non te lo sei inventato tu, allora?
Vladislav Jur'evič sospirò, aprì un cassetto della scrivania, tirò fuori un libro e lo gettò davanti a Vladimir Vladimirovič™. La copertina aveva la doratura sontuosa dei testi ecclesiastici.
Al centro della copertina stava scritta un'unica parola: "Petrolio".
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
sabato, gennaio 26, 2008
VV
Non è tornato dalla battaglia
Perché tutto è diverso? Eppure niente è cambiato,
Stesso cielo, di nuovo azzurro,
Stesso bosco, stessa aria e stessa acqua,
Soltanto lui non è tornato dalla battaglia.
Adesso non riesco a capire chi di noi due avesse ragione
Durante le dispute insonni e inquiete.
Ha cominciato a mancarmi solo adesso
Che non è tornato dalla battaglia.
Taceva a sproposito e cantava fuori tempo,
Parlava sempre di qualcos’altro,
Non mi lasciava dormire, si alzava all’aurora,
Ma ieri non è tornato dalla battaglia.
Non è il vuoto che ha lasciato,
A un tratto mi accorgo che eravamo in due.
È stato come se il vento avesse spento il fuoco,
Quando non è tornato dalla battaglia.
La primavera erompe, come un'evasa.
Per sbaglio l’ho persino chiamato:
– Amico, lasciami un po’ di fumo! – E per risposta il silenzio:
Ieri non è tornato dalla battaglia.
I nostri morti non ci lasceranno nella disgrazia,
I nostri caduti saranno sentinelle.
Il cielo si riflette nel bosco, come sull'acqua
E gli alberi si ergono azzurri.
Anche il posto ci bastava in questa trincea,
E il tempo scorreva per entrambi.
Ora è tutto per me. Solo mi pare
Di essere io quello che non è tornato dalla battaglia.
Vladimir Vysockij, 1969.
Perché tutto è diverso? Eppure niente è cambiato,
Stesso cielo, di nuovo azzurro,
Stesso bosco, stessa aria e stessa acqua,
Soltanto lui non è tornato dalla battaglia.
Adesso non riesco a capire chi di noi due avesse ragione
Durante le dispute insonni e inquiete.
Ha cominciato a mancarmi solo adesso
Che non è tornato dalla battaglia.
Taceva a sproposito e cantava fuori tempo,
Parlava sempre di qualcos’altro,
Non mi lasciava dormire, si alzava all’aurora,
Ma ieri non è tornato dalla battaglia.
Non è il vuoto che ha lasciato,
A un tratto mi accorgo che eravamo in due.
È stato come se il vento avesse spento il fuoco,
Quando non è tornato dalla battaglia.
La primavera erompe, come un'evasa.
Per sbaglio l’ho persino chiamato:
– Amico, lasciami un po’ di fumo! – E per risposta il silenzio:
Ieri non è tornato dalla battaglia.
I nostri morti non ci lasceranno nella disgrazia,
I nostri caduti saranno sentinelle.
Il cielo si riflette nel bosco, come sull'acqua
E gli alberi si ergono azzurri.
Anche il posto ci bastava in questa trincea,
E il tempo scorreva per entrambi.
Ora è tutto per me. Solo mi pare
Di essere io quello che non è tornato dalla battaglia.
Vladimir Vysockij, 1969.
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Vladimir Vysockij
giovedì, gennaio 24, 2008
VVP e la bambolina
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin si avvicinò a una parete del suo studio all'interno del Cremlino e aprì una porticina dall'aspetto poco vistoso. Vladimir Vladimirovič™ fece scorrere la presidenziale mano sulla superficie grezza del muro, premette un interruttore e lo stanzino presidenziale si illuminò di una luce fioca. Vladimir Vladimirovič™ entrò e si fermò davanti a un'antica vetrinetta. Dietro le ante polverose si intravedevano il piede di Šamil Basaev, la mano di Ruslan Gelaev e un cofanetto con l'occhio di Aslan Maschadov. Vladimir Vladimirovič™ aprì con cura le porticine scricchiolanti, spostò il cofanetto e prese una scatola di scarpe. Poi Vladimir Vladimirovič™ chiuse la vetrina, uscì dallo stanzino e appoggiò la scatola sulla scrivania presidenziale. Vladimir Vladimirovič™ sedette sulla poltrona e sollevò il coperchio della scatola. Nella scatola c'erano alcune bambole. Vladimir Vladimirovič™ frugò nella scatola e ne estrasse la bambola dell'ex vice-presidente della compagnia Jukos Vasilij Georgevič Aleksanjan.
Negli occhi della bambola erano conficcati due spilloni d'oro. Altri due spilloni spuntavano dal petto del vice-presidente, uno era piantato a sinistra sotto il costato. Vladimir Vladimirovič™ rigirò la bambola tra le presidenziali mani.
- Allora, dici che ti resta ancora poco da vivere... - bofonchiò Vladimir Vladimirovič™ con voce appena udibile. Poi prese dalla scatola un altro spillone e lo conficcò nella bambolina di Vasilij Georgevič.
Esattamente nel punto in cui nelle persone normali si trova il cuore.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Negli occhi della bambola erano conficcati due spilloni d'oro. Altri due spilloni spuntavano dal petto del vice-presidente, uno era piantato a sinistra sotto il costato. Vladimir Vladimirovič™ rigirò la bambola tra le presidenziali mani.
- Allora, dici che ti resta ancora poco da vivere... - bofonchiò Vladimir Vladimirovič™ con voce appena udibile. Poi prese dalla scatola un altro spillone e lo conficcò nella bambolina di Vasilij Georgevič.
Esattamente nel punto in cui nelle persone normali si trova il cuore.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
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