"Ma c'è davvero qualcuno che crede seriamente che lo scopo dello scudo missilistico sia, come dicono gli americani, quello di resistere a un attacco nucleare dall'Iran o addirittura dalla Corea del Nord? I russi credono giustamente che il sistema sia soprattutto diretto contro di loro, per isolarli ulteriormente. Putin ha reagito testando un nuovo missile a lunga gittata e ha suggerito che l'Europa potrebbe ridiventare il bersaglio delle armi nucleari russe. C'è una bella differenza rispetto al clima della metà degli anni Novanta: ora siamo sull'orlo di una nuova corsa agli armamenti".
Anche se oggi tra i temi del giorno discussi nella runet non ci sono Bush e il deragliamento della Russia ma lo scandaloso logotipo da 800.000 bagigiodollari* per le Olimpiadi di Londra (almeno in campo grafico le nanotecnologie hanno ancora un bel po' di strada da fare), questo commento di Martin Jacques a proposito dell'accerchiamento della Russia e delle responsabilità di USA e NATO merita una lettura.
*dicheno. Ho dovuto leggere i commenti per accorgermi che raffigura, in effetti, "2012". Se lo fissate a lungo vedrete macchioline fucsia tutto il giorno, e forse avrei dovuto dirvelo prima. Ma così mi pensate, no?
mercoledì, giugno 06, 2007
martedì, giugno 05, 2007
VVP e le nanotecnologie
[Contesto: alcuni deputati dello schieramento Russia Unita hanno presentato ieri alla Duma un progetto di legge che prevede la creazione della "Corporazione Russa per le Nanotecnologie". Si tratterà della più grande corporazione non commerciale russa, sarà subordinata al governo e ha già un nome ufficiale, "Rosnanotech". A marzo, durante il suo discorso all'Assemblea Federale, Putin aveva parlato della necessità di creare un istituto statale per lo sviluppo delle nanotecnologie. In aprile il primo vice-premier Ivanov aveva dichiarato: "È difficile capire cosa sono le nanotecnologie. Perfino gli scienziati non comprendono appieno tutti gli effetti dello sviluppo delle nanotecnologie. È come quando abbiamo creato la bomba atomica: non sapevamo che avrebbe portato al rapido sviluppo dell'energia nucleare". Doh].
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva nel suo studio all'interno del Cremlino e passava da un canale all'altro del suo televisore presidenziale. Non c'era niente di interessante. I membri dell'amministrazione comunale erano seduti nei loro uffici ad ascoltare la radio in attesa dell'annuncio della candidatura di Jurij Michajlovič Lužkov a sindaco della città. Nella stazione di polizia sedeva la fredda e severa aiutante del gran maestro Garri Kimovič Kasparov, Marina Alekseevna Litvinovič. Da un'altra parte il vice-capo dell'Amministrazione Vladislav Jur'evič Surkov saldava qualcosa dentro la testa del presidente dell'Associazione Nazionale per la Sicurezza Genetica, l'androide Aleksandr Sergeevič Baranov. Lì invece l'oligarca Boris Abramovič Berezovskij saldava qualcosa dentro la testa di una giornalista appena acquistata, l'androide Elena Viktorovna Tregubova.
A un tratto Vladimir Vladimirovič™ scattò in avanti. Sullo schermo era apparsa all'improvviso la figlia di Vladimir Vladimirovič™, Katja, in compagnia di un giovane che Vladimir Vladimirovič™ non conosceva.
Stavano ballando.
- E lei dove lavora? - domandò Katerina.
- Nelle nanotecnologie.
- Sarà di sicuro interessante da morire?
- Effettivamente molto interessante, sì, - disse sinceramente il giovane, - Le nanotecnologie oggi hanno delle potenzialità inesauribili. Sa, è sempre molto importante orientarsi correttamente. Per esempio, agli inizi dell'aviazione, bisognava appunto entrare per tempo in aviazione. All'epoca gli aviatori erano eroi. Oppure i computer. Quelli che sono entrati per tempo nel campo dei computer oggi hanno in mano tutto. Quelli che hanno cominciato a lavorare nell'amministrazione comunale di Piter quindici anni fa non li conosceva nessuno, e invece oggi li conosce tutto il mondo. Stessa cosa per il nanotecnologo: il futuro gli appartiene.
- Che scuole ha fatto? - domandò Katerina.
- Non c'è ancora una scuola, - spiegò il giovane. - Non c'è ancora nessuno che possa preparare questi specialisti. Ma con il tempo avremo tutto. E soprattutto le nanotecnologie cambieranno la vita delle persone. Non ci saranno più giornali, né libri...
- E cosa ci sarà?
- Le nanotecnologie. Continuamente e solo nanotecnologie. A proposito, è stata alla "Nanotech"?
- Ovviamente no.
- Venga domani stesso.
- E come?
- Le scrivo io l'autorizzazione.
Vladimir Vladimirovič™ fissava lo schermo con i presidenziali occhi spalancati.
I due giovani continuavano a ballare.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva nel suo studio all'interno del Cremlino e passava da un canale all'altro del suo televisore presidenziale. Non c'era niente di interessante. I membri dell'amministrazione comunale erano seduti nei loro uffici ad ascoltare la radio in attesa dell'annuncio della candidatura di Jurij Michajlovič Lužkov a sindaco della città. Nella stazione di polizia sedeva la fredda e severa aiutante del gran maestro Garri Kimovič Kasparov, Marina Alekseevna Litvinovič. Da un'altra parte il vice-capo dell'Amministrazione Vladislav Jur'evič Surkov saldava qualcosa dentro la testa del presidente dell'Associazione Nazionale per la Sicurezza Genetica, l'androide Aleksandr Sergeevič Baranov. Lì invece l'oligarca Boris Abramovič Berezovskij saldava qualcosa dentro la testa di una giornalista appena acquistata, l'androide Elena Viktorovna Tregubova.
A un tratto Vladimir Vladimirovič™ scattò in avanti. Sullo schermo era apparsa all'improvviso la figlia di Vladimir Vladimirovič™, Katja, in compagnia di un giovane che Vladimir Vladimirovič™ non conosceva.
Stavano ballando.
- E lei dove lavora? - domandò Katerina.
- Nelle nanotecnologie.
- Sarà di sicuro interessante da morire?
- Effettivamente molto interessante, sì, - disse sinceramente il giovane, - Le nanotecnologie oggi hanno delle potenzialità inesauribili. Sa, è sempre molto importante orientarsi correttamente. Per esempio, agli inizi dell'aviazione, bisognava appunto entrare per tempo in aviazione. All'epoca gli aviatori erano eroi. Oppure i computer. Quelli che sono entrati per tempo nel campo dei computer oggi hanno in mano tutto. Quelli che hanno cominciato a lavorare nell'amministrazione comunale di Piter quindici anni fa non li conosceva nessuno, e invece oggi li conosce tutto il mondo. Stessa cosa per il nanotecnologo: il futuro gli appartiene.
- Che scuole ha fatto? - domandò Katerina.
- Non c'è ancora una scuola, - spiegò il giovane. - Non c'è ancora nessuno che possa preparare questi specialisti. Ma con il tempo avremo tutto. E soprattutto le nanotecnologie cambieranno la vita delle persone. Non ci saranno più giornali, né libri...
- E cosa ci sarà?
- Le nanotecnologie. Continuamente e solo nanotecnologie. A proposito, è stata alla "Nanotech"?
- Ovviamente no.
- Venga domani stesso.
- E come?
- Le scrivo io l'autorizzazione.
Vladimir Vladimirovič™ fissava lo schermo con i presidenziali occhi spalancati.
I due giovani continuavano a ballare.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
Ma dico io
Se avete visto Breakfast on Pluto, siete sopravvissuti alla tortura del doppiaggio e ancora vi state chiedendo cosa intendesse dire il protagonista quando faceva la valigia, indossava il cappottino con il collo di peluche e lasciava il suo piccolo Amleto per la grande città, ecco: hamlet=villaggio, non giovin'uomo tradizionalmente raffigurato in calzamaglia. Ma dico io.
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Mahatma Gandhi e fragoline di bosco: a cena con Putin
[Tradotto perché molto divertente e perché Andrej Kolesnikov del Kommersant fa parte delle numerose debolezze del Miro. Anche perché la frase su Gandhi è stata, a quanto pare, un grande, grottesco momento VVP].
Il bollente menù di Putin
I giornalisti dei paesi del G8 a cena con il presidente russo
di Andrej Kolesnikov
Originale: Kommersant
Venerdì il presidente russo Vladimir Putin ha concesso un'intervista ai giornalisti dei paesi del G8. L'inviato speciale del Kommersant, Andrej Kolesnikov, che era uno dei partecipanti, racconta la drammatica storia della nuotata di Putin nelle acque pericolose dei media internazionali. Adesso ci manca solo la drammatica storia della decisione di Putin di estendere il suo mandato a sette anni.
Il presidente ha ospitato l'incontro con la stampa, organizzato secondo il principio "un giornalista per ogni paese" nella sua residenza di Novo-Ogarevo, nei pressi di Mosca. Il più noto tra i giornalisti era il direttore di Der Spiegel Stefan Aust, che è stato al centro del momento saliente dell'intervista e anche del maggiore problema che si è presentato. Gli altri partecipanti erano Franco Venturini del Corriere della Sera, Bronwen Maddox del British Times, l'inviato del giapponese Nihon Keizai Shimbun Yatsusiko Ota, Pierre Rousselin di Le Figaro, Doug Saunders dell'edizione europea del Canadian Globe and Mail e Gregory White della redazione moscovita del Wall Street Journal.
Abbiamo atteso il presidente per circa due ore, per lo più passate a concordare la data di pubblicazione dell'intervista. Idealmente l'intervista avrebbe dovuto essere pubblicata da tutte le testate contemporaneamente, un'impresa che è apparsa subito quasi impossibile dato che Der Spiegel, per esempio, esce il lunedì e che gli altri giornali avrebbero voluto dare almeno un'anticipazione il sabato.
I membri del servizio stampa del presidente Putin hanno faticato a convincere gli altri partecipanti ad aspettare lo Spiegel. Quando finalmente tutti i giornalisti presenti nella stanza hanno giurato solennemente che l'intervista non sarebbe apparsa prima di lunedì mattina, il signor Aust è stato trattato con una certa ostilità dai colleghi.
Il più indignato per l'accordo era il signor Venturini del Corriere della Sera. In quel momento mi è parso che il tipo non fosse del tutto affidabile. Ha guardato il tedesco come se volesse incenerirlo. Cosa che in un certo senso, come poi si è visto, ha fatto.
Quella sera Vladimir Putin non aveva, per così dire, un aspetto riposato. Quando i giornalisti si sono messi in fila per salutarlo uno per uno, prima di sedersi al tavolo, mi è sembrato perfino un po' turbato, cosa insolita all'inizio di un'intervista. Poi mi sono ricordato che era appena tornato da una visita a Naina Josifovna El'cin, dato che il 1° giugno segnava la fine dei quaranta giorni di lutto per la morte del primo presidente russo.
I giornalisti hanno appoggiato i registratori sul tavolo. La conversazione è cominciata nell'ufficio del signor Putin, al primo piano dell'ala destinata agli ospiti della residenza presidenziale. Tuttavia, molto prima che l'incontro cominciasse avevo intravisto il famoso ristoratore moscovita Arkadij Novikov e avevo capito che la serata non sarebbe trascorsa senza una buona cena fortificante.
Il signor Putin ha tenuto un breve discorso introduttivo, ha risposto a tre domande (i giornalisti avevano concordato anche chi di loro avesse dovuto cominciare), e poi ci ha invitati tutti al piano di sopra a mangiare.
Mentre i miei colleghi salivano le scale mi sono accorto che erano già molto contenti. Anzi, mi è sembrato perfino che tre di loro sarebbero stati soddisfatti se l'intervista fosse finita lì. Erano quelli che avevano posto le prime tre domande. Salendo siamo passati accanto ai colleghi che erano venuti a dare il loro appoggio morale ai partecipanti all'intervista. Erano seduti al secondo piano, davanti a un monitor che trasmetteva in diretta dall'ufficio del presidente. I giornalisti hanno salutato con gesto dolente i colleghi, come se si trattasse di amici e familiari di condannati ai lavori forzati in Siberia. Ho pensato allora che forse alcuni dei partecipanti all'intervista non escludevano una simile eventualità.
Sul tavolo c'erano solo i menù. Leggendo il mio ho appreso che avremmo consumato "tartara di branzino con caviale nero, gazpacho con granchio, filetto di rombo e risotto con asparagi, petto d'anatra con fave e uva spina e zuppa di fragoline". Ho trovato quest'ultimo piatto particolarmente interessante. Sono stati poi proposti alla nostra attenzione un Tignanello Chianti del 2003 e un Terre Alte Friuli del 2004. All'improvviso non avevamo più alcuna fretta.
La conversazione è continuata, anche se non direi che il signor Putin ne fosse enormemente entusiasta. I giornalisti dovevano porre le domande in senso orario, ma alcuni di loro - evitando accuratamente di incontrare lo sguardo degli altri - hanno colto l'occasione per porre due e anche tre domande alla volta. Il presidente ha soddisfatto metodicamente la loro curiosità, ma nelle sue parole non ho trovato né un occasionale guizzo d'ingegno né un minimo d'entusiasmo. Ho capito che aveva da tempo preparato le risposte a ciascuna di queste domande e che probabilmente si annoiava. Nella successiva ora e mezza si è animato solo un paio di volte.
Però a un certo punto il direttore dello Spiegel ha chiesto al presidente russo se si considera davvero un autentico democratico, come lo ha definito l'ex-cancelliere tedesco Gerhard Schroeder. Questa domanda gli era già stata posta giorni fa al vertice UE-Russia a Samara, e ho pensato che il presidente si sarebbe spento del tutto. Invece abbiamo ricevuto la risposta dell'anno: "Dopo la morte del Mahatma Gandhi, non è rimasto nessuno con cui parlare".
Prima di allora il signor Putin, rispondendo, non aveva mai sorriso. Ma pronunciando queste parole ha spalancato gli occhi in modo insolito, cosa che poi ha permesso ai colleghi di parlare entusiasticamente di come avesse affrontato seriamente quella domanda e di quale considerazione abbia di se stesso. Inoltre quello che era stato detto è parso, senza esagerare, di un'ironia diabolica, proprio perché fino a quel momento il presidente non aveva sorriso neanche una volta.
Poi ha risposto alla mia domanda sul divieto d'esportazione di materiali biologici (il Kommersant ne sta scrivendo da diversi giorni). Il signor Putin ha concordato solo sul fatto che il processo non è sufficientemente regolamentato dal punto di vista legale, ed è apparso perplesso a proposito dell'utilità di mandare all'estero campioni di sangue e tessuti per farli analizzare. È stato perfino necessario promettere di fornire delle statistiche, cosa che faremo (tentar non nuoce).
In seguito, dopo l'intervista, ho saputo che il signor Putin era interessato a quell'informazione molto più di quanto avesse lasciato trasparire. Apparentemente le regole per l'uscita dei materiali biologici dal paese verranno elaborate per sua raccomandazione in pochi giorni e non in settimane o mesi come accade spesso per tali questioni.
Nel frattempo però l'intervista era andata avanti per più di due ore, e a un certo punto il signor Putin ha esclamato: "Ma che ore sono? Le 11.30?! Mi state torturando! Bisogna concludere!" Come rendendosi conto di quello che aveva detto, ha aggiunto rapidamente: "O piuttosto sono io che sto torturando voi. Comunque bisogna concludere".
"È d'accordo sul fatto che l'Iran debba possedere armi nucleari?" ha domandato un giornalista.
"Sono completamente d'accordo," ha detto frettolosamente il presidente, dedicandosi alla sua zuppa di fragoline, uno strano ma saporito miscuglio di acqua, fragoline fresche e qualcos'altro che faceva sì che Vladimir Putin trangugiasse avidamente il tutto. Anzi, mentre il presidente rispondeva svogliatamente a una domanda sul destino travagliato dell'Aeroflot, un cameriere ha chiesto se poteva portare via i resti della zuppa, ricevendo il divieto categorico del signor Putin: "La gelatina la lasci qui."
L'entusiasmo del signor Putin per le fragoline era ben più grande di quello suscitato dal fuoco di fila delle domande dei giornalisti, che alla fine si sono dimenticati di ogni regola e hanno cominciato a interrompersi a vicenda, con il giornalista italiano che reggeva sopra la testa con entrambe le mani un foglio di carta con su scritto in inglese "Anch'io ho una domanda!"
Verso la fine dell'intervista il presidente ha annunciato che sarebbe stato "accettabile" estendere il mandato del presidente da quattro a cinque anni, e forse addirittura a sette. Ne ha perfino spiegato il perché, e ha cominciato a lasciarsi andare e a rilassarsi mentre la conversazione volgeva al termine.
Forse era perché si era aspettato altre domande oltre a quella di protocollo sul destino di Andrej Lugovoj, come pure le domande rituali sull'omicidio di Anna Politkovskaja, sulla Cecenia e Beslan. Domande che non sono mai arrivate. I giornalisti erano interessati ad altro. Il collega giapponese si è lamentato che il bando dell'esportazione della polpa di granchio significa che i giapponesi non potranno disporre di polpa di granchio sufficiente per il sushi, anche se il presidente ha dichiarato di preferire di gran lunga il tonno.
Alla fine il signor Putin ha esercitato la propria autorità per portare al termine la conversazione, poco dopo la mezzanotte. Il signor Aust di Der Spiegel è corso dai suoi colleghi al secondo piano, intenti a dettare furiosamente per l'edizione di lunedì le risposte del presidente al loro direttore.
All'uscita tutti hanno nuovamente concordato sull'embargo fino a lunedì mattina, e tutti hanno nuovamente guardato male il signor Aust.
Il giorno successivo, il sito internet di Der Spiegel preannunciava l'intervista, di fatto pubblicando estesamente le risposte del signor Putin alle questioni più calde e violando così l'accordo. Alla mossa tedesca hanno subito reagito i giornalisti del Corriere della Sera, che domenica hanno deciso di offrire la versione completa della conversazione. Alla fine, solo il coraggioso servizio stampa del presidente russo è riuscito a rispettare l'embargo quasi fino a lunedì.
Il bollente menù di Putin
I giornalisti dei paesi del G8 a cena con il presidente russo
di Andrej Kolesnikov
Originale: Kommersant
Venerdì il presidente russo Vladimir Putin ha concesso un'intervista ai giornalisti dei paesi del G8. L'inviato speciale del Kommersant, Andrej Kolesnikov, che era uno dei partecipanti, racconta la drammatica storia della nuotata di Putin nelle acque pericolose dei media internazionali. Adesso ci manca solo la drammatica storia della decisione di Putin di estendere il suo mandato a sette anni.
Il presidente ha ospitato l'incontro con la stampa, organizzato secondo il principio "un giornalista per ogni paese" nella sua residenza di Novo-Ogarevo, nei pressi di Mosca. Il più noto tra i giornalisti era il direttore di Der Spiegel Stefan Aust, che è stato al centro del momento saliente dell'intervista e anche del maggiore problema che si è presentato. Gli altri partecipanti erano Franco Venturini del Corriere della Sera, Bronwen Maddox del British Times, l'inviato del giapponese Nihon Keizai Shimbun Yatsusiko Ota, Pierre Rousselin di Le Figaro, Doug Saunders dell'edizione europea del Canadian Globe and Mail e Gregory White della redazione moscovita del Wall Street Journal.
Abbiamo atteso il presidente per circa due ore, per lo più passate a concordare la data di pubblicazione dell'intervista. Idealmente l'intervista avrebbe dovuto essere pubblicata da tutte le testate contemporaneamente, un'impresa che è apparsa subito quasi impossibile dato che Der Spiegel, per esempio, esce il lunedì e che gli altri giornali avrebbero voluto dare almeno un'anticipazione il sabato.
I membri del servizio stampa del presidente Putin hanno faticato a convincere gli altri partecipanti ad aspettare lo Spiegel. Quando finalmente tutti i giornalisti presenti nella stanza hanno giurato solennemente che l'intervista non sarebbe apparsa prima di lunedì mattina, il signor Aust è stato trattato con una certa ostilità dai colleghi.
Il più indignato per l'accordo era il signor Venturini del Corriere della Sera. In quel momento mi è parso che il tipo non fosse del tutto affidabile. Ha guardato il tedesco come se volesse incenerirlo. Cosa che in un certo senso, come poi si è visto, ha fatto.
Quella sera Vladimir Putin non aveva, per così dire, un aspetto riposato. Quando i giornalisti si sono messi in fila per salutarlo uno per uno, prima di sedersi al tavolo, mi è sembrato perfino un po' turbato, cosa insolita all'inizio di un'intervista. Poi mi sono ricordato che era appena tornato da una visita a Naina Josifovna El'cin, dato che il 1° giugno segnava la fine dei quaranta giorni di lutto per la morte del primo presidente russo.
I giornalisti hanno appoggiato i registratori sul tavolo. La conversazione è cominciata nell'ufficio del signor Putin, al primo piano dell'ala destinata agli ospiti della residenza presidenziale. Tuttavia, molto prima che l'incontro cominciasse avevo intravisto il famoso ristoratore moscovita Arkadij Novikov e avevo capito che la serata non sarebbe trascorsa senza una buona cena fortificante.
Il signor Putin ha tenuto un breve discorso introduttivo, ha risposto a tre domande (i giornalisti avevano concordato anche chi di loro avesse dovuto cominciare), e poi ci ha invitati tutti al piano di sopra a mangiare.
Mentre i miei colleghi salivano le scale mi sono accorto che erano già molto contenti. Anzi, mi è sembrato perfino che tre di loro sarebbero stati soddisfatti se l'intervista fosse finita lì. Erano quelli che avevano posto le prime tre domande. Salendo siamo passati accanto ai colleghi che erano venuti a dare il loro appoggio morale ai partecipanti all'intervista. Erano seduti al secondo piano, davanti a un monitor che trasmetteva in diretta dall'ufficio del presidente. I giornalisti hanno salutato con gesto dolente i colleghi, come se si trattasse di amici e familiari di condannati ai lavori forzati in Siberia. Ho pensato allora che forse alcuni dei partecipanti all'intervista non escludevano una simile eventualità.
Sul tavolo c'erano solo i menù. Leggendo il mio ho appreso che avremmo consumato "tartara di branzino con caviale nero, gazpacho con granchio, filetto di rombo e risotto con asparagi, petto d'anatra con fave e uva spina e zuppa di fragoline". Ho trovato quest'ultimo piatto particolarmente interessante. Sono stati poi proposti alla nostra attenzione un Tignanello Chianti del 2003 e un Terre Alte Friuli del 2004. All'improvviso non avevamo più alcuna fretta.
La conversazione è continuata, anche se non direi che il signor Putin ne fosse enormemente entusiasta. I giornalisti dovevano porre le domande in senso orario, ma alcuni di loro - evitando accuratamente di incontrare lo sguardo degli altri - hanno colto l'occasione per porre due e anche tre domande alla volta. Il presidente ha soddisfatto metodicamente la loro curiosità, ma nelle sue parole non ho trovato né un occasionale guizzo d'ingegno né un minimo d'entusiasmo. Ho capito che aveva da tempo preparato le risposte a ciascuna di queste domande e che probabilmente si annoiava. Nella successiva ora e mezza si è animato solo un paio di volte.
Però a un certo punto il direttore dello Spiegel ha chiesto al presidente russo se si considera davvero un autentico democratico, come lo ha definito l'ex-cancelliere tedesco Gerhard Schroeder. Questa domanda gli era già stata posta giorni fa al vertice UE-Russia a Samara, e ho pensato che il presidente si sarebbe spento del tutto. Invece abbiamo ricevuto la risposta dell'anno: "Dopo la morte del Mahatma Gandhi, non è rimasto nessuno con cui parlare".
Prima di allora il signor Putin, rispondendo, non aveva mai sorriso. Ma pronunciando queste parole ha spalancato gli occhi in modo insolito, cosa che poi ha permesso ai colleghi di parlare entusiasticamente di come avesse affrontato seriamente quella domanda e di quale considerazione abbia di se stesso. Inoltre quello che era stato detto è parso, senza esagerare, di un'ironia diabolica, proprio perché fino a quel momento il presidente non aveva sorriso neanche una volta.
Poi ha risposto alla mia domanda sul divieto d'esportazione di materiali biologici (il Kommersant ne sta scrivendo da diversi giorni). Il signor Putin ha concordato solo sul fatto che il processo non è sufficientemente regolamentato dal punto di vista legale, ed è apparso perplesso a proposito dell'utilità di mandare all'estero campioni di sangue e tessuti per farli analizzare. È stato perfino necessario promettere di fornire delle statistiche, cosa che faremo (tentar non nuoce).
In seguito, dopo l'intervista, ho saputo che il signor Putin era interessato a quell'informazione molto più di quanto avesse lasciato trasparire. Apparentemente le regole per l'uscita dei materiali biologici dal paese verranno elaborate per sua raccomandazione in pochi giorni e non in settimane o mesi come accade spesso per tali questioni.
Nel frattempo però l'intervista era andata avanti per più di due ore, e a un certo punto il signor Putin ha esclamato: "Ma che ore sono? Le 11.30?! Mi state torturando! Bisogna concludere!" Come rendendosi conto di quello che aveva detto, ha aggiunto rapidamente: "O piuttosto sono io che sto torturando voi. Comunque bisogna concludere".
"È d'accordo sul fatto che l'Iran debba possedere armi nucleari?" ha domandato un giornalista.
"Sono completamente d'accordo," ha detto frettolosamente il presidente, dedicandosi alla sua zuppa di fragoline, uno strano ma saporito miscuglio di acqua, fragoline fresche e qualcos'altro che faceva sì che Vladimir Putin trangugiasse avidamente il tutto. Anzi, mentre il presidente rispondeva svogliatamente a una domanda sul destino travagliato dell'Aeroflot, un cameriere ha chiesto se poteva portare via i resti della zuppa, ricevendo il divieto categorico del signor Putin: "La gelatina la lasci qui."
L'entusiasmo del signor Putin per le fragoline era ben più grande di quello suscitato dal fuoco di fila delle domande dei giornalisti, che alla fine si sono dimenticati di ogni regola e hanno cominciato a interrompersi a vicenda, con il giornalista italiano che reggeva sopra la testa con entrambe le mani un foglio di carta con su scritto in inglese "Anch'io ho una domanda!"
Verso la fine dell'intervista il presidente ha annunciato che sarebbe stato "accettabile" estendere il mandato del presidente da quattro a cinque anni, e forse addirittura a sette. Ne ha perfino spiegato il perché, e ha cominciato a lasciarsi andare e a rilassarsi mentre la conversazione volgeva al termine.
Forse era perché si era aspettato altre domande oltre a quella di protocollo sul destino di Andrej Lugovoj, come pure le domande rituali sull'omicidio di Anna Politkovskaja, sulla Cecenia e Beslan. Domande che non sono mai arrivate. I giornalisti erano interessati ad altro. Il collega giapponese si è lamentato che il bando dell'esportazione della polpa di granchio significa che i giapponesi non potranno disporre di polpa di granchio sufficiente per il sushi, anche se il presidente ha dichiarato di preferire di gran lunga il tonno.
Alla fine il signor Putin ha esercitato la propria autorità per portare al termine la conversazione, poco dopo la mezzanotte. Il signor Aust di Der Spiegel è corso dai suoi colleghi al secondo piano, intenti a dettare furiosamente per l'edizione di lunedì le risposte del presidente al loro direttore.
All'uscita tutti hanno nuovamente concordato sull'embargo fino a lunedì mattina, e tutti hanno nuovamente guardato male il signor Aust.
Il giorno successivo, il sito internet di Der Spiegel preannunciava l'intervista, di fatto pubblicando estesamente le risposte del signor Putin alle questioni più calde e violando così l'accordo. Alla mossa tedesca hanno subito reagito i giornalisti del Corriere della Sera, che domenica hanno deciso di offrire la versione completa della conversazione. Alla fine, solo il coraggioso servizio stampa del presidente russo è riuscito a rispettare l'embargo quasi fino a lunedì.
lunedì, giugno 04, 2007
VVP e il Mahatma Gandhi
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva nella posizione del loto sul tetto del palazzo presidenziale. Nel cielo terso splendeva un sole dissennato. Sulla Piazza Rossa camminavano alcune persone.
Vladimir Vladimirovič™ le osservava disgustato.
- Che noia, eh - borbottò Vladimir Vladimirovič™, abbassando le presidenziali palpebre, - Dopo la morte del Mahatma Gandhi non è rimasto più nessuno con cui parlare...
Vladimir Vladimirovič™ raddrizzò le spalle. L'infuocato tetto di ferro del palazzo presidenziale gli scaldava le muscolose cosce.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
Vladimir Vladimirovič™ le osservava disgustato.
- Che noia, eh - borbottò Vladimir Vladimirovič™, abbassando le presidenziali palpebre, - Dopo la morte del Mahatma Gandhi non è rimasto più nessuno con cui parlare...
Vladimir Vladimirovič™ raddrizzò le spalle. L'infuocato tetto di ferro del palazzo presidenziale gli scaldava le muscolose cosce.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
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Tanzen! (Soviet mode on)
REGOLE
per il comportamento durante le serate danzanti.
Alle serate danzanti i lavoratori dovranno vestire abiti e calzature leggeri. È proibito danzare in abiti da lavoro o sportivi.
È proibito danzare in modo travisato.
Il ballerino deve danzare in modo corretto, chiaro e ugualmente bene con la gamba destra e con quella sinistra.
La donna ha il diritto di esprimere in forma adeguata insoddisfazione per l'inosservanza maschile della prefissata distanza di tre centimetri e di esigere una spiegazione in forma adeguata.
Si impone di fumare e scherzare nei luoghi a questo appositamente preposti.
Repubblica Socialista Sovietica Autonoma di Komi - N. SIZOV
Link: Radulova (in russo).
per il comportamento durante le serate danzanti.
Alle serate danzanti i lavoratori dovranno vestire abiti e calzature leggeri. È proibito danzare in abiti da lavoro o sportivi.
È proibito danzare in modo travisato.
Il ballerino deve danzare in modo corretto, chiaro e ugualmente bene con la gamba destra e con quella sinistra.
La donna ha il diritto di esprimere in forma adeguata insoddisfazione per l'inosservanza maschile della prefissata distanza di tre centimetri e di esigere una spiegazione in forma adeguata.
Si impone di fumare e scherzare nei luoghi a questo appositamente preposti.
Repubblica Socialista Sovietica Autonoma di Komi - N. SIZOV
Link: Radulova (in russo).
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venerdì, giugno 01, 2007
Prove di colore in famigliamir
Ieri, verso sera.
– Pronto.
– Che disastro!
– Ciao, mamma.
– Mi sono tinta i capelli con quel colore là! Che schifo!
– Troppo scuri?
– C'era scritto biondo scuro cannella.
– E allora?
– Dov'è la cannella! Dov'è la cannella! Come faccio adesso, tuo padre mi sta sgridando, dice cos'è questa fissa di cambiare colore.
– Infatti prima non stavi male.
– Ma se così abbronzata sembravo Tina Turner.
– Eh.
– Non è per il colore, è per tuo padre. Non capisce niente!
– Prova a lavarli ancora e aspetta qualche giorno.
– E chi esce, con questa testa. Domattina ho il dentista, domani sera l'inaugurazione dell'Estate di Cuore Amico. E mi diranno tutte "Hai cambiato colore?"
– Facile, sì.
– Cannella, c'era scritto. Pantegana, dovevano scrivere.
– Dimmi com'è questo colore, su.
– Mah, tipo i tuoi.
Me li immagino, lui e lei, litigati. Seduti davanti alla loro serie televisiva preferita, gli occhi fissi sullo schermo, mentre fingono di seguire i dialoghi ma in realtà osservano i capelli delle attrici confrontandoli mentalmente con la composizione d'alghe del Mar Morto che decora il capo di mia madre. Lui lancia uno sguardo a lei, immediatamente intercettato e distrutto da un Vympel R-77. Silenzio.
– Ciao.
– Come va oggi?
– Ci sono arrivati i moduli dell'Ici.
– E allora?
– E allora gli ho detto: se divorziamo oggi non devo pagare la mia parte di Ici, vero? E dove vai a vivere, dice lui. Vado dalla Manu, ho risposto. Sì, fa lui, in effetti ha una cantina grande.
– Scemo.
– E infatti. Poi mi fa: mi dai la mano, cocchina?
– E tu?
– E io gli ho detto: no, però puoi prenderti il piede.
– Pronto.
– Che disastro!
– Ciao, mamma.
– Mi sono tinta i capelli con quel colore là! Che schifo!
– Troppo scuri?
– C'era scritto biondo scuro cannella.
– E allora?
– Dov'è la cannella! Dov'è la cannella! Come faccio adesso, tuo padre mi sta sgridando, dice cos'è questa fissa di cambiare colore.
– Infatti prima non stavi male.
– Ma se così abbronzata sembravo Tina Turner.
– Eh.
– Non è per il colore, è per tuo padre. Non capisce niente!
– Prova a lavarli ancora e aspetta qualche giorno.
– E chi esce, con questa testa. Domattina ho il dentista, domani sera l'inaugurazione dell'Estate di Cuore Amico. E mi diranno tutte "Hai cambiato colore?"
– Facile, sì.
– Cannella, c'era scritto. Pantegana, dovevano scrivere.
– Dimmi com'è questo colore, su.
– Mah, tipo i tuoi.
Me li immagino, lui e lei, litigati. Seduti davanti alla loro serie televisiva preferita, gli occhi fissi sullo schermo, mentre fingono di seguire i dialoghi ma in realtà osservano i capelli delle attrici confrontandoli mentalmente con la composizione d'alghe del Mar Morto che decora il capo di mia madre. Lui lancia uno sguardo a lei, immediatamente intercettato e distrutto da un Vympel R-77. Silenzio.
– Ciao.
– Come va oggi?
– Ci sono arrivati i moduli dell'Ici.
– E allora?
– E allora gli ho detto: se divorziamo oggi non devo pagare la mia parte di Ici, vero? E dove vai a vivere, dice lui. Vado dalla Manu, ho risposto. Sì, fa lui, in effetti ha una cantina grande.
– Scemo.
– E infatti. Poi mi fa: mi dai la mano, cocchina?
– E tu?
– E io gli ho detto: no, però puoi prenderti il piede.
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famigliamir
giovedì, maggio 31, 2007
VVP e Valentina
[Contesto: il nostro donnone-alfa preferito, il governatore di San Pietroburgo Valentina Ivanovna Matvienko, qualche giorno fa ha partecipato a un burrascoso incontro con la stampa. La Matvienko e stata accusata di avere gestito male la Marcia dei dissenzienti del 15 aprile facendo intervenire la polizia, si è difesa dicendo che i manifestanti si erano feriti da soli per incolpare le autorità, ha a sua volta attaccato i giornalisti colpevoli di ritrarla sempre in modo "clownesco" e infine ha urlato un po' incongruamente "La Baturina a Mosca ne ha combinate di ben peggiori!" (la Baturina, moglie del sindaco di Mosca Lužkov, è nota per i suoi intrallazzi finanziari), frase che è ormai diventata un tormentone. Memorabile].
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva al grande tavolo presidenziale nel suo studio all'interno del Cremlino. Davanti a lui sopra il tavolo era appoggiata una grande coppa di platino con le aquile a due teste dorate incise sui panciuti e opachi fianchi. Accanto alla coppa c'era un termometro di cristallo, fabbricato nel 1827 su commissione del capo della terza sezione della cancelleria di sua maestà imperiale Nicola I, conte Aleksej Christofovič Benkendorf, appositamente per la misurazione dello stato d'animo del paese.
Vladimir Vladimirovič™ aprì un cassetto e ne estrasse un grande atlante militare. Vladimir Vladimirovič™ sfogliò l'atlante e strappò con decisione le pagine con le carte degli Stati Uniti d'America e della Federazione Russa. Vladimir Vladimirovič™ contemplò le pagine strappate e cominciò a farle a pezzettini, che poi mise nella coppa. Fatte così a pezzi tutte le carte, Vladimir Vladimirovič™ prese il termometro e lo immerse nella coppa.
In quel momento sul tavolo di Vladimir Vladimirovič™ prese a squillare il telefono. Vladimir Vladimirovič™ sollevò il ricevitore.
- Ascolta bratello, - nel ricevitore risuonò la voce del governatore di San Pietroburgo Valentina Ivanovna Matvienko, - Che stai facendo?
- Mah, così... - Vladimir Vladimirovič™ si confuse un po', lanciando uno sguardo al termometro, - Così, sto misurando... la temperatura dei rapporti russo-americani. Perché?
- Riferisco! - disse lentamente Valentina Ivanovna, con tono trionfante, - Ho proibito i bagni nella Neva!
- Ma perché mai? - si stupì Vladimir Vladimirovič™, - Fa caldo!
- La Neva si getta nel golfo di Finlandia, - spiegò Valentina Ivanovna, - E da lì all'estero sono due passi.
- E dunque? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- La nostra gente, lo sai anche tu, è incosciente, - disse Valentina Ivanovna, - In acqua, quando nuota, fa il bisogno piccolo e anche quello grosso.
- Beh, e allora? - Vladimir Vladimirovič™ si strinse nelle presidenziali spalle, - Quello che è naturale non è vergogna. A meno che non si mettano a sporcare tutto...
- Ma che sporcare e sporcare, bratello! - esclamò Valentina Ivanovna, - Sono tutti campioni biologici! E l'esportazione di materiale biologico è stata proibita dal Servizio doganale federale!
Vladimir Vladimirovič™ sospirò.
- Sei una donna ben strana, Valentina, - disse quietamente Vladimir Vladimirovič™, - Da un lato sembri così... normale. Dall'altro... eh...
Valentina Ivanovna taceva.
- Beh, adesso perché te ne stai zitta? - domandò Vladimir Vladimirovič™, - Perché hai disperso una marcia autorizzata? Ora siamo nei guai...
- Come fai a non capire? - domandò Valentina Ivanovna con voce tremante, - Gli organizzatori vogliono destabilizzare la situazione nel paese! Le persone vanno a queste marce vestite di bianco, con i rasoi, e poi si tagliano di nascosto, si imbrattano di sangue a vicenda e poi accusano la polizia di aver picchiato i manifestanti! Hai sentito che li finanzia Berezovskij?!
- E dove li trova, i soldi? - Vladimir Vladimirovič™ sorrise, - Faresti bene ad andare da qualche parte a riposarti. Sennò mi dispiace proprio per te. E mi dispiace, lo dico sinceramente, anche per la città.
- Ah, ti dispiace per la città?! - urlò indignata Valentina Ivanovna, con la voce rotta dai singhiozzi, - La Baturina a Mosca ne ha combinate di ben peggiori!!!
E il governatore interruppe la conversazione.
Vladimir Vladimirovič™ scosse il capo e riagganciò.
Poi osservò il termometro e scosse nuovamente il capo.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva al grande tavolo presidenziale nel suo studio all'interno del Cremlino. Davanti a lui sopra il tavolo era appoggiata una grande coppa di platino con le aquile a due teste dorate incise sui panciuti e opachi fianchi. Accanto alla coppa c'era un termometro di cristallo, fabbricato nel 1827 su commissione del capo della terza sezione della cancelleria di sua maestà imperiale Nicola I, conte Aleksej Christofovič Benkendorf, appositamente per la misurazione dello stato d'animo del paese.
Vladimir Vladimirovič™ aprì un cassetto e ne estrasse un grande atlante militare. Vladimir Vladimirovič™ sfogliò l'atlante e strappò con decisione le pagine con le carte degli Stati Uniti d'America e della Federazione Russa. Vladimir Vladimirovič™ contemplò le pagine strappate e cominciò a farle a pezzettini, che poi mise nella coppa. Fatte così a pezzi tutte le carte, Vladimir Vladimirovič™ prese il termometro e lo immerse nella coppa.
In quel momento sul tavolo di Vladimir Vladimirovič™ prese a squillare il telefono. Vladimir Vladimirovič™ sollevò il ricevitore.
- Ascolta bratello, - nel ricevitore risuonò la voce del governatore di San Pietroburgo Valentina Ivanovna Matvienko, - Che stai facendo?
- Mah, così... - Vladimir Vladimirovič™ si confuse un po', lanciando uno sguardo al termometro, - Così, sto misurando... la temperatura dei rapporti russo-americani. Perché?
- Riferisco! - disse lentamente Valentina Ivanovna, con tono trionfante, - Ho proibito i bagni nella Neva!
- Ma perché mai? - si stupì Vladimir Vladimirovič™, - Fa caldo!
- La Neva si getta nel golfo di Finlandia, - spiegò Valentina Ivanovna, - E da lì all'estero sono due passi.
- E dunque? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- La nostra gente, lo sai anche tu, è incosciente, - disse Valentina Ivanovna, - In acqua, quando nuota, fa il bisogno piccolo e anche quello grosso.
- Beh, e allora? - Vladimir Vladimirovič™ si strinse nelle presidenziali spalle, - Quello che è naturale non è vergogna. A meno che non si mettano a sporcare tutto...
- Ma che sporcare e sporcare, bratello! - esclamò Valentina Ivanovna, - Sono tutti campioni biologici! E l'esportazione di materiale biologico è stata proibita dal Servizio doganale federale!
Vladimir Vladimirovič™ sospirò.
- Sei una donna ben strana, Valentina, - disse quietamente Vladimir Vladimirovič™, - Da un lato sembri così... normale. Dall'altro... eh...
Valentina Ivanovna taceva.
- Beh, adesso perché te ne stai zitta? - domandò Vladimir Vladimirovič™, - Perché hai disperso una marcia autorizzata? Ora siamo nei guai...
- Come fai a non capire? - domandò Valentina Ivanovna con voce tremante, - Gli organizzatori vogliono destabilizzare la situazione nel paese! Le persone vanno a queste marce vestite di bianco, con i rasoi, e poi si tagliano di nascosto, si imbrattano di sangue a vicenda e poi accusano la polizia di aver picchiato i manifestanti! Hai sentito che li finanzia Berezovskij?!
- E dove li trova, i soldi? - Vladimir Vladimirovič™ sorrise, - Faresti bene ad andare da qualche parte a riposarti. Sennò mi dispiace proprio per te. E mi dispiace, lo dico sinceramente, anche per la città.
- Ah, ti dispiace per la città?! - urlò indignata Valentina Ivanovna, con la voce rotta dai singhiozzi, - La Baturina a Mosca ne ha combinate di ben peggiori!!!
E il governatore interruppe la conversazione.
Vladimir Vladimirovič™ scosse il capo e riagganciò.
Poi osservò il termometro e scosse nuovamente il capo.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
VVP e le armi genetiche
[Contesto: il Servizio doganale federale russo ha bloccato le esportazioni di tutto il materiale biologico umano, dai capelli ai campioni di sangue. Pare che all'origine di questa decisione ci sia un rapporto presentato a Putin dal direttore dell'FSB Patrušev: secondo il documento l'Occidente potrebbe sviluppare "armi genetiche contro la Russia". La decisione ha causato un notevole allarme perché tra le altre cose impedirebbe ai cittadini russi di ricorrere a laboratori stranieri per curare le proprie malattie, ma il ministero della sanità ha escluso che possano esserci conseguenze per i pazienti russi. Link (in russo) e Link (in inglese). E ora leggetevi questo terribile VVP].
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin e il direttore del Servizio di sicurezza federale Nikolaj Platonovič Patrušev sedevano nei seminterrati della Lubjanka, impegnati in un colloquio segretissimo.
- Ecco cosa devo dirti, bratello, - sussurrò tutto emozionato Nikolaj Platonovič, - Il fatto è che... hanno trovato il petrolio.
- Ah, che novità, - Vladimir Vladimirovič™ alzò le spalle, - Trovato il petrolio, ma pensa. Mi hai chiamato per dirmi questo?
- Non capisci, - disse a voce ancora più bassa Nikolaj Platonovič, - L'hanno trovato sotto tutta la Russia.
- Cioè, come, sotto tutta la Russia? - si stupì Vladimir Vladimirovič™, - Anche a Mosca?
- Anche a Mosca, - annuì Nikolaj Platonovič, - E a Piter. E anche a Soči. Capisci? Petrolio dappertutto!
- Niente male, - Vladimir Vladimirovič™ sgranò i presidenziali occhi, - Adesso si comincia a vivere!
- C'è un solo impedimento, - Nikolaj Platonovič si fece un po' più vicino, - La popolazione. In Russia vivono centoquarantacinque milioni di persone. Proprio sopra il nostro petrolio... e questa gente bisognerebbe metterla da qualche parte.
- Facciamo uno sgombero, - propose Vladimir Vladimirovič™, - Come a Butovo [villaggio alla periferia di Mosca, dove circa un anno fa le vecchie case sono state demolite per fare spazio a moderni condomini, n.d.T.].
- Bratello, - scosse la testa il direttore, - Sono centocinquanta milioni! Dove li metti? Occuperanno sempre un bel po' di spazio.
- E allora che si fa? - domandò Vladimir Vladimirovič™ fissando gli occhi trasparenti di Nikolaj Platonovič, - Naaah... Questo no!
- E allora che ne dici di questo? - bisbigliò Nikolaj Platonovič, - Anche gli americani sanno del nostro petrolio. E lavorano a un programma.
- Che programma? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Armi genetiche, - disse il direttore con un filo di voce, guardandosi attorno.
- E cosa sono? - domandò spaventato Vladimir Vladimirovič™.
- Aggressione etnicamente orientata, - sussurrò Nikolaj Platonovič, guardandosi attorno continuamente, - Danneggerà la salute del popolo russo! Fino alla sterilità e alla morte.
- Perché?! - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Come, perché?! - Nikolaj Platonovič si sollevò perfino un po' dalla sedia, - Perché poi potranno estrarre il petrolio dalla nostra terra!!!
- E noi cosa possiamo fare? - domandò Vladimir Vladimirovič™.
- Giocare d'anticipo, - disse convinto Nikolaj Platonovič.
- In che senso? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva, e fissò nuovamente i trasparenti occhi di Nikolaj Platonovič.
- Ma sì, ma sì, - annuì Nikolaj Platonovič, - Dobbiamo ripulire la Russia dei suoi abitanti prima degli americani! Per cominciare ho detto a Ivanov di proibire l'esportazione dei materiali biologici umani.
- Materiali biologici? - ripeté Vladimir Vladimirovič™.
- Beh, sì, - annuì Nikolaj Platonovič, - Tutti i campioni delle analisi. Primo, senza quei campioni laggiù (e Nikolaj Platonovič con gli occhi indicò il soffitto) non possono produrre le armi.
- E secondo? - domandò interessato Vladimir Vladimirovič™.
- E secondo, - rispose tranquillamente Nikolaj Platonovič, - Qui la gente non potrà curarsi.
- Ma... eh... - Vladimir Vladimirovič™ aggrottò la presidenziale fronte, - Però tutti hanno diritto alla salute e all'assistenza medica, no?
- Ma da cosa mi stai citando? - Nikolaj Platonovič non capiva.
- Dalla costituzione, - rispose Vladimir Vladimirovič™.
- La costituzione? - Nikolaj Platonovič continuava a non capire, - E cosa c'entra?
Vladimir Vladimirovič™ si strinse nelle presidenziali spalle.
- Bratello! - lo implorò il direttore, - Ma quale costituzione?! Lì c'è il petrolio, capisci?! Il petrolio!!! Barìl-barìle, aj-lju-lju! Lì c'è più petrolio che in tutto il resto del mondo! Un mare di petrolio! E vieni a parlarmi di costituzione... Ma adesso per noi è come stare in Sardegna...
- Sssst!!!! - Vladimir Vladimirovič™ sgranò gli occhi e si portò un dito alle labbra, - Però della Sardegna non si parla. Qualcuno potrebbe sentirci.
E Vladimir Vladimirovič™ e Nikolaj Platonovič fecero scorrere lo sguardo sui nudi muri di cemento della Lubjanka.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin e il direttore del Servizio di sicurezza federale Nikolaj Platonovič Patrušev sedevano nei seminterrati della Lubjanka, impegnati in un colloquio segretissimo.
- Ecco cosa devo dirti, bratello, - sussurrò tutto emozionato Nikolaj Platonovič, - Il fatto è che... hanno trovato il petrolio.
- Ah, che novità, - Vladimir Vladimirovič™ alzò le spalle, - Trovato il petrolio, ma pensa. Mi hai chiamato per dirmi questo?
- Non capisci, - disse a voce ancora più bassa Nikolaj Platonovič, - L'hanno trovato sotto tutta la Russia.
- Cioè, come, sotto tutta la Russia? - si stupì Vladimir Vladimirovič™, - Anche a Mosca?
- Anche a Mosca, - annuì Nikolaj Platonovič, - E a Piter. E anche a Soči. Capisci? Petrolio dappertutto!
- Niente male, - Vladimir Vladimirovič™ sgranò i presidenziali occhi, - Adesso si comincia a vivere!
- C'è un solo impedimento, - Nikolaj Platonovič si fece un po' più vicino, - La popolazione. In Russia vivono centoquarantacinque milioni di persone. Proprio sopra il nostro petrolio... e questa gente bisognerebbe metterla da qualche parte.
- Facciamo uno sgombero, - propose Vladimir Vladimirovič™, - Come a Butovo [villaggio alla periferia di Mosca, dove circa un anno fa le vecchie case sono state demolite per fare spazio a moderni condomini, n.d.T.].
- Bratello, - scosse la testa il direttore, - Sono centocinquanta milioni! Dove li metti? Occuperanno sempre un bel po' di spazio.
- E allora che si fa? - domandò Vladimir Vladimirovič™ fissando gli occhi trasparenti di Nikolaj Platonovič, - Naaah... Questo no!
- E allora che ne dici di questo? - bisbigliò Nikolaj Platonovič, - Anche gli americani sanno del nostro petrolio. E lavorano a un programma.
- Che programma? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Armi genetiche, - disse il direttore con un filo di voce, guardandosi attorno.
- E cosa sono? - domandò spaventato Vladimir Vladimirovič™.
- Aggressione etnicamente orientata, - sussurrò Nikolaj Platonovič, guardandosi attorno continuamente, - Danneggerà la salute del popolo russo! Fino alla sterilità e alla morte.
- Perché?! - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Come, perché?! - Nikolaj Platonovič si sollevò perfino un po' dalla sedia, - Perché poi potranno estrarre il petrolio dalla nostra terra!!!
- E noi cosa possiamo fare? - domandò Vladimir Vladimirovič™.
- Giocare d'anticipo, - disse convinto Nikolaj Platonovič.
- In che senso? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva, e fissò nuovamente i trasparenti occhi di Nikolaj Platonovič.
- Ma sì, ma sì, - annuì Nikolaj Platonovič, - Dobbiamo ripulire la Russia dei suoi abitanti prima degli americani! Per cominciare ho detto a Ivanov di proibire l'esportazione dei materiali biologici umani.
- Materiali biologici? - ripeté Vladimir Vladimirovič™.
- Beh, sì, - annuì Nikolaj Platonovič, - Tutti i campioni delle analisi. Primo, senza quei campioni laggiù (e Nikolaj Platonovič con gli occhi indicò il soffitto) non possono produrre le armi.
- E secondo? - domandò interessato Vladimir Vladimirovič™.
- E secondo, - rispose tranquillamente Nikolaj Platonovič, - Qui la gente non potrà curarsi.
- Ma... eh... - Vladimir Vladimirovič™ aggrottò la presidenziale fronte, - Però tutti hanno diritto alla salute e all'assistenza medica, no?
- Ma da cosa mi stai citando? - Nikolaj Platonovič non capiva.
- Dalla costituzione, - rispose Vladimir Vladimirovič™.
- La costituzione? - Nikolaj Platonovič continuava a non capire, - E cosa c'entra?
Vladimir Vladimirovič™ si strinse nelle presidenziali spalle.
- Bratello! - lo implorò il direttore, - Ma quale costituzione?! Lì c'è il petrolio, capisci?! Il petrolio!!! Barìl-barìle, aj-lju-lju! Lì c'è più petrolio che in tutto il resto del mondo! Un mare di petrolio! E vieni a parlarmi di costituzione... Ma adesso per noi è come stare in Sardegna...
- Sssst!!!! - Vladimir Vladimirovič™ sgranò gli occhi e si portò un dito alle labbra, - Però della Sardegna non si parla. Qualcuno potrebbe sentirci.
E Vladimir Vladimirovič™ e Nikolaj Platonovič fecero scorrere lo sguardo sui nudi muri di cemento della Lubjanka.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
mercoledì, maggio 30, 2007
SdL, puntate precedenti: gelato!
Katharina si rende finalmente conto che Laura deve stare vicina ad Alexander. Alfons si accorge dei debiti di Viola e le consiglia di iniziare la procedura fallimentare.
Laura in ospedale conosce meglio Christian, scoprendo anche che la moglie di quest'ultimo preparava i gelati benissimo.
Tanja inizialmente se la prende con Laura e Robert che non sono intervenuti alla sua festa, poi capisce le motivazioni addotte dall'amica.
Alfons sta male per il fatto di non poter rivelare di essere il padre di Alexander e soprattutto per non potergli essere vicino in questo momento di difficoltà: vorrebbe che la verità venisse fuori ma Hildegard lo induce a ragionare.
È arrivato il giorno del compleanno di Alexander e la famiglia, nonostante il coma del giovane, "festeggia" prima intorno al suo letto e poi in hotel.
Alexander si sveglia proprio mentre Laura è accanto a lui. Katharina avrebbe voluto essere lei a fianco del marito al momento del risveglio.
Robert pensa che non otterrà mai il perdono del fratello.
[Comincio a elaborare delle antipatie: Laura, la parassita. Scommetto che all'inizio della storia lei e Alexander si amano e Katharina li divide con un losco sotterfugio per sposarselo. E lei è quella carina e paziente, che per ora si è messa in orbita di stazionamento e naturalmente alla fine l'avrà vinta. Adesso la parassita divide il suo tempo tra Alexander (in coma) e Christian (marito di donna in coma). Comunque la donna in coma sapeva preparare il gelato, e questo cambia un bel po' la prospettiva.
Alfons è sempre il padre di Alexander ma nessuno deve saperlo. Mentre tutti festeggiano il compleanno di Alexander soffiando sulle sue candeline e mangiando la sua torta, lui si ridesta e trova accanto a sé Laura; la feroce Katharina sta allegramente brindando con gli altri e si perde il risveglio (-1500 punti, sfiga). Per Robert, fratello di Alexander e responsabile del suo coma, casini in vista. Viola, che per tutte queste puntate ha usato una macchina da stiro rubata, adesso è sommersa dai debiti. Chi è Hildegard?].
Laura in ospedale conosce meglio Christian, scoprendo anche che la moglie di quest'ultimo preparava i gelati benissimo.
Tanja inizialmente se la prende con Laura e Robert che non sono intervenuti alla sua festa, poi capisce le motivazioni addotte dall'amica.
Alfons sta male per il fatto di non poter rivelare di essere il padre di Alexander e soprattutto per non potergli essere vicino in questo momento di difficoltà: vorrebbe che la verità venisse fuori ma Hildegard lo induce a ragionare.
È arrivato il giorno del compleanno di Alexander e la famiglia, nonostante il coma del giovane, "festeggia" prima intorno al suo letto e poi in hotel.
Alexander si sveglia proprio mentre Laura è accanto a lui. Katharina avrebbe voluto essere lei a fianco del marito al momento del risveglio.
Robert pensa che non otterrà mai il perdono del fratello.
[Comincio a elaborare delle antipatie: Laura, la parassita. Scommetto che all'inizio della storia lei e Alexander si amano e Katharina li divide con un losco sotterfugio per sposarselo. E lei è quella carina e paziente, che per ora si è messa in orbita di stazionamento e naturalmente alla fine l'avrà vinta. Adesso la parassita divide il suo tempo tra Alexander (in coma) e Christian (marito di donna in coma). Comunque la donna in coma sapeva preparare il gelato, e questo cambia un bel po' la prospettiva.
Alfons è sempre il padre di Alexander ma nessuno deve saperlo. Mentre tutti festeggiano il compleanno di Alexander soffiando sulle sue candeline e mangiando la sua torta, lui si ridesta e trova accanto a sé Laura; la feroce Katharina sta allegramente brindando con gli altri e si perde il risveglio (-1500 punti, sfiga). Per Robert, fratello di Alexander e responsabile del suo coma, casini in vista. Viola, che per tutte queste puntate ha usato una macchina da stiro rubata, adesso è sommersa dai debiti. Chi è Hildegard?].
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Sturm der Liebe,
Tempesta d'amore
Falso Allarme per Devo Sparare a un Pilota
Chi: Mike Figgis.
Cosa: regista inglese.
Dove: ufficio immigrazione dell'Aeroporto di Los Angeles.
Gli è stato chiesto: "Qual è lo scopo della sua visita?"
Avrebbe dovuto dire: "Girare il primo episodio di una serie televisiva".
Che si chiama, anche: episodio-pilota.
Girare si dice: to shoot.
Ha detto: "I'm here to shoot a pilot".
È stato trattenuto e interrogato per: 5 ore.
Trattandosi di Mike Figgis: potevano tenerselo.
Link
Cosa: regista inglese.
Dove: ufficio immigrazione dell'Aeroporto di Los Angeles.
Gli è stato chiesto: "Qual è lo scopo della sua visita?"
Avrebbe dovuto dire: "Girare il primo episodio di una serie televisiva".
Che si chiama, anche: episodio-pilota.
Girare si dice: to shoot.
Ha detto: "I'm here to shoot a pilot".
È stato trattenuto e interrogato per: 5 ore.
Trattandosi di Mike Figgis: potevano tenerselo.
Link
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falsiallarmi
martedì, maggio 29, 2007
Lettere dalla città di G./Caro J.
Caro J.,
sono passati dieci anni ed è giunto il momento di ammetterlo. Tentare di galleggiare completamente vestito, con gli stivali, di notte, in un affluente del Mississippi, cantando "Whole Lotta Love": che idea del cazzo.
Odio i Led Zeppelin.
Ti penso spesso,
M.
sono passati dieci anni ed è giunto il momento di ammetterlo. Tentare di galleggiare completamente vestito, con gli stivali, di notte, in un affluente del Mississippi, cantando "Whole Lotta Love": che idea del cazzo.
Odio i Led Zeppelin.
Ti penso spesso,
M.
SdL, puntate precedenti: girlfriend in a coma
Alexander apre gli occhi, anche se solo per un momento, proprio mentre Laura è nella sua stanza. Ma Katharina è in agguato, la donna capisce che Laura fa ancora visita ad Alexander nonostante lei non voglia.
Katharina vuole trasferire Alexander in una clinica a Città Del Capo in Sud Africa, ma tutta la famiglia si schiera contro questo proposito. E comunque il trasferimento viene negato dai medici di Alexander, che ha avuto un arresto cardiaco.
Viola, vedendo Charlotte ed Alfons abbracciati, pensa che i due abbiano una storia.
L'ex fidanzato di Natalie vuole rimettersi con lei e la tempesta di telefonate, poi si presenta in hotel: Xaver ne è geloso.
Robert consiglia a Laura di dedicarsi solo a Lars, intanto Laura in ospedale conosce Christian, il marito di una donna in coma.
[Alexander è ancora in coma, Laura gli sta appiccicata, Katharina è contrariata. Viola vuole Alfons, ma lui si abbraccia con Charlotte. A Xaver piace Natalie. Laura deve dedicarsi a Lars, dice Robert, ma conosce Christian, il marito di una donna in coma. Questa Laura frequenta troppo il reparto rianimazione, se volete il mio parere. E poi non sappiamo chi sia, Lars. Totale personaggi della puntata: 12; di queste, in coma: 2. Arresti cardiaci: 1. Il paziente Alexander ha aperto gli occhi: 1 volta].
Katharina vuole trasferire Alexander in una clinica a Città Del Capo in Sud Africa, ma tutta la famiglia si schiera contro questo proposito. E comunque il trasferimento viene negato dai medici di Alexander, che ha avuto un arresto cardiaco.
Viola, vedendo Charlotte ed Alfons abbracciati, pensa che i due abbiano una storia.
L'ex fidanzato di Natalie vuole rimettersi con lei e la tempesta di telefonate, poi si presenta in hotel: Xaver ne è geloso.
Robert consiglia a Laura di dedicarsi solo a Lars, intanto Laura in ospedale conosce Christian, il marito di una donna in coma.
[Alexander è ancora in coma, Laura gli sta appiccicata, Katharina è contrariata. Viola vuole Alfons, ma lui si abbraccia con Charlotte. A Xaver piace Natalie. Laura deve dedicarsi a Lars, dice Robert, ma conosce Christian, il marito di una donna in coma. Questa Laura frequenta troppo il reparto rianimazione, se volete il mio parere. E poi non sappiamo chi sia, Lars. Totale personaggi della puntata: 12; di queste, in coma: 2. Arresti cardiaci: 1. Il paziente Alexander ha aperto gli occhi: 1 volta].
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Tempesta d'amore
VVP e l'Altra Marcia dei Dissenzienti
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin e il vice capo della sua Amministrazione Vladislav Jur'evič Surkov percorrevano i corridoi del Cremlino rinfrescati dall'aria condizionata.
- E allora, che c'è ancora? - disse Vladimir Vladimirovič™. Aveva voglia di andarsene a casa, da sua moglie, a bere il tè.
- Ci sarà un'altra Marcia dei dissenzienti, - rispose Vladislav Jur'evič, - Questa volta a Voronež.
- Beh, e voi? - domandò Vladimir Vladimirovič™.
- Al solito, - Vladislav Jur'evič si strinse nelle spalle, - Abbiamo autorizzato la manifestazione, purché non in centro, ma da un'altra parte.
- E loro? - domandò Vladimir Vladimirovič™.
- Al solito, - Vladislav Jur'evič si strinse nuovamente nelle spalle, - Hanno detto che andranno lo stesso in centro.
- Adesso spiegami una cosa, - Vladimir Vladimirovič™ si fermò di scatto, - Perché fate così?
- Per dimostrare che infrangono le leggi, - rispose Vladislav Jur'evič, - Noi lo sappiamo, che loro andranno lo stesso in centro. E lì troveranno la polizia.
- Ma ovvio che andranno in centro! - esclamò Vladimir Vladimirovič™, - Devono dissentire! Fanno la marzia dei dissenzienti! Ovvio che non sono d'accordo sul posto che gli date. Ma si possono fare le cose con più delicatezza! Non occorre mica arrivare alla polizia.
- E come? - domandò con interesse Vladislav Jur'evič.
- È molto semplice, - rispose Vladimir Vladimirovič™, - Permettete loro di marciare dove vogliono.
- E perché? - si stupì Vladislav Jur'evič.
- Perché loro rifiuteranno! - disse Vladimir Vladimirovič™ con convinzione, - Sono dissenzienti! Non possono essere d'accordo con le autorità!
- Allora facciamola ancora più facile, - Vladislav Jur'evič afferrò la palla al balzo, - Li invitiamo noi, alla Marcia dei dissenzienti.
- Giusto! - annuì Vladimir Vladimirovič™, - Telefona subito a Lužkov. Che conceda alla Marcia dei dissenzienti il patrocinio del sindaco e del comune di Mosca. E vedrai quanti di loro verranno.
- Nessuno, verrà, - rispose Vladislav Jur'evič, - Sono dissenzienti, dissentiranno.
- E noi questo vogliamo! - disse Vladimir Vladimirovič™, - Bene bene, a questo punto io me ne andrei a casa...
E Vladimir Vladimirovič™ si allontanò frettolosamente lungo il corridoio del Cremlino.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
- E allora, che c'è ancora? - disse Vladimir Vladimirovič™. Aveva voglia di andarsene a casa, da sua moglie, a bere il tè.
- Ci sarà un'altra Marcia dei dissenzienti, - rispose Vladislav Jur'evič, - Questa volta a Voronež.
- Beh, e voi? - domandò Vladimir Vladimirovič™.
- Al solito, - Vladislav Jur'evič si strinse nelle spalle, - Abbiamo autorizzato la manifestazione, purché non in centro, ma da un'altra parte.
- E loro? - domandò Vladimir Vladimirovič™.
- Al solito, - Vladislav Jur'evič si strinse nuovamente nelle spalle, - Hanno detto che andranno lo stesso in centro.
- Adesso spiegami una cosa, - Vladimir Vladimirovič™ si fermò di scatto, - Perché fate così?
- Per dimostrare che infrangono le leggi, - rispose Vladislav Jur'evič, - Noi lo sappiamo, che loro andranno lo stesso in centro. E lì troveranno la polizia.
- Ma ovvio che andranno in centro! - esclamò Vladimir Vladimirovič™, - Devono dissentire! Fanno la marzia dei dissenzienti! Ovvio che non sono d'accordo sul posto che gli date. Ma si possono fare le cose con più delicatezza! Non occorre mica arrivare alla polizia.
- E come? - domandò con interesse Vladislav Jur'evič.
- È molto semplice, - rispose Vladimir Vladimirovič™, - Permettete loro di marciare dove vogliono.
- E perché? - si stupì Vladislav Jur'evič.
- Perché loro rifiuteranno! - disse Vladimir Vladimirovič™ con convinzione, - Sono dissenzienti! Non possono essere d'accordo con le autorità!
- Allora facciamola ancora più facile, - Vladislav Jur'evič afferrò la palla al balzo, - Li invitiamo noi, alla Marcia dei dissenzienti.
- Giusto! - annuì Vladimir Vladimirovič™, - Telefona subito a Lužkov. Che conceda alla Marcia dei dissenzienti il patrocinio del sindaco e del comune di Mosca. E vedrai quanti di loro verranno.
- Nessuno, verrà, - rispose Vladislav Jur'evič, - Sono dissenzienti, dissentiranno.
- E noi questo vogliamo! - disse Vladimir Vladimirovič™, - Bene bene, a questo punto io me ne andrei a casa...
E Vladimir Vladimirovič™ si allontanò frettolosamente lungo il corridoio del Cremlino.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
lunedì, maggio 28, 2007
SdL, puntate precedenti: la macchina stiratrice!
Alfons, mentre Alexander è in coma, gli dice di essere suo padre. L'uomo vorrebbe parlare con Werner a proposito della sua paternità, ma Charlotte interviene.
Laura cerca di essere sempre vicina ad Alexander, ma Katharina è ovviamente molto gelosa di ciò, fino ad impedirle di vedere l'uomo. Per fortuna c'è Tanja: un espediente organizzato dalla ragazza riesce a risolvere la situazione di Laura almeno temporaneamente. Proprio Katharina, la cui presenza accanto al marito non sembra portare alcun beneficio, scopre che la causa del coma di Alexander è Robert e ne parla con Charlotte. Werner chiarisce i suoi dissapori con il figlio Robert, ma l'uomo perde ogni potere all'interno dell'albergo perchè ora lo dirige Katharina. La macchina stiratrice di Viola risulta un oggetto rubato!
[Allora, dovrebbe essere così: Alexander sta con Katharina e non sa di essere figlio di Alfons. Katharina dirige l'albergo e detesta Laura che ama Alexander, forse ricambiata. Alexander è in coma a causa di Robert, che è figlio di Werner. Il tutto avviene all'interno e nelle immediate vicinanze di un albergo bavarese e fa da copertura a un contrabbando di DSI (Dispositivi da Stiro Improvvisati)].
Tutta questa curiosità morbosa nasce da qui.
Laura cerca di essere sempre vicina ad Alexander, ma Katharina è ovviamente molto gelosa di ciò, fino ad impedirle di vedere l'uomo. Per fortuna c'è Tanja: un espediente organizzato dalla ragazza riesce a risolvere la situazione di Laura almeno temporaneamente. Proprio Katharina, la cui presenza accanto al marito non sembra portare alcun beneficio, scopre che la causa del coma di Alexander è Robert e ne parla con Charlotte. Werner chiarisce i suoi dissapori con il figlio Robert, ma l'uomo perde ogni potere all'interno dell'albergo perchè ora lo dirige Katharina. La macchina stiratrice di Viola risulta un oggetto rubato!
[Allora, dovrebbe essere così: Alexander sta con Katharina e non sa di essere figlio di Alfons. Katharina dirige l'albergo e detesta Laura che ama Alexander, forse ricambiata. Alexander è in coma a causa di Robert, che è figlio di Werner. Il tutto avviene all'interno e nelle immediate vicinanze di un albergo bavarese e fa da copertura a un contrabbando di DSI (Dispositivi da Stiro Improvvisati)].
Tutta questa curiosità morbosa nasce da qui.
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Sturm der Liebe,
Tempesta d'amore
Pop, politica, panna montata: il magico mondo di Eurovision
Di Verka Serdjučka mi sono accorta in ritardo. Navigavo ancora a vista nel tunnel del soldato di bronzo e della crisi Russia-Estonia quando mi sono imbattuta nelle foto di alcuni manifestanti scattate a San Pietroburgo: scritte più o meno filoestoni, slogan che invitavano alla pacifica convivenza tra i due popoli. "Vogliamo vivere in pace con i nostri vicini" e "Giù le mani dall'Estonia", mh-mh, solite cose. Solo quando ho notato il ricorrere di "tumbaj, lasha" e "lasha, tumbaj" mi è parso di ricordare un tunz-tunz molesto che prendeva da tempo a testate la mia residua integrità postsovietica.
Bene.
Una breve ricerca mi ha portata su YouTube.
E ci ho trovato la Pia™, storica amica di mia suocera, abbigliata e accessoriata da Pia™: occhiali panoramici, collo di leprotto, tailleur metallizzato, collant coprente setificato e copricapo esuberante. In pratica, Verka Serdjučka, cioè Andrej Michailovič Danilko, popolare travestito, comico e performer ucraino che con "Dancing Laša Tumbaj" è arrivato secondo al festival della canzone europea (dopo la serba Marija Šerifović con "Molitva" e prima delle Serebro, le solite ragazzine russe in overknees, e neanche a righe).
E qui veniamo alla Russia. Perché secondo Danilko l'espressione "Laša Tumbaj" significa semplicemente "panna montata" in mongolo, però ha una sospetta somiglianza fonetica con "Russia, goodbye" e suonerebbe provocatoria, tanto più se pronunciata da un ucraino. Ecco il perché delle scritte alla manifestazione filo-estone. Capito.
Naturalmente, come spiega bene Kirill Pankratov su Exile.ru (la sopravvivenza di questa rivista per me è la prova dell'esistenza in vita della libertà di stampa in Russia), l'Eurofestival - oltre a essere un gran baraccone "in grado di far sembrare American Idol un lugubre sermone metodista" - è terreno fertile per le più fantasiose teorie, del complotto e non. C'è chi lo vede come l'ultimo rifugio dei romantici, c'è chi non riesce a dimenticare l'esibizione dei lettoni boccellizzati Bonaparti, e c'è chi calcola (come per le Olimpiadi e per il Partito Comunista alle elezioni) quanti paesi facevano parte dell'Unione Sovietica o sono ex-repubbliche socialiste (rispettivamente 8 e 15, l'ho letto sul blog di Kononenko) e quanti sono i paesi ortodossi tra i primi dieci (8, dice lui, che però ha incluso l'Armenia). Nel magico mondo di Eurovision la vittoria serba viene vista come un modo per addolcire l'amaro calice dell'incombente indipendenza del Kosovo (e la finale si è tenuta in Finlandia, il paese di Martti Ahtisaari!), cose così.
Il Miro, nel frattempo, entrava nel tunnel delle dichiarazioni e del vissuto di Danilko/Serdjučka, avvalendosi di fonti sitografiche autorevoli come le pagine di wikipedia in russo e in inglese a lui dedicate, ma soprattutto il fondamentale articolo di Zizn'.ru intitolato: "Perdonami, Russia!" (la foto dimostra ancora una volta che Verka è la Pia™, di questo sono sempre più convinta). Andrej dice che lui non aveva intenzione di alludere a "Russia, goodbye", ma che la frase gli è venuta da sé dopo le parole "I want to see"; poi qualcuno gli ha detto che "Laša tumbaj" in un dialetto mongolo significa "sbatti il burro", e quindi il tutto è diventato "Voglio vederti mentre sbatti il burro", con coreografia e movimenti delle braccia adeguati. Seguono pareri di esperti a vario titolo, tra i quali una docente di lingua mongola ("in mongolo non esiste niente del genere"). Sulla Gazeta po-kievski la lingua da mongola diventa moldava e Danilko è categorico: non intendo scusarmi con lo show-business russo, non ho fatto niente! Pensavamo che ci avrebbero accusato di filonazismo, mica di queste cose qui. E c'ho uno spettacolo da preparare, mica posso pensare a queste insinuazioni. E comunque sbaglia chi dice che mi sono giocato il pubblico russo. Pare in effetti che Verka in Russia sia ancora più seguita che nel suo paese, non unanimamente felice di essere rappresentato da una drag queen in una manifestazione peraltro così sobria ed elitaria. Eh.
Potremmo continuare con le rivelazioni sulla vita sentimentale di Andrej, che dice di aver vissuto con una donna per otto lunghi anni e di esserne rimasto segnato per la vita ("È stata una prova pesante"... "Dio dà qualcosa e toglie qualcos'altro" ... "La mia arte ci ha guadagnato"). Però ce le teniamo per eventuali sviluppi: Verka/Pia™ entra di diritto nel novero dei nostri donnoni-alfa, con la Matvienko, la Pugačëva e poche altre (temo che Ljudmila non ce la farà, benché a Volgograd abbiano avuto l'idea di proporla come successore del marito per risolvere il problema del terzo mandato).
Dunque, almeno per oggi, "O-key, eppy end". Benché l'Ucraina con la sua rivoluzione Pantone™ abbia poco da ridere, detto tra noi.
Bene.
Una breve ricerca mi ha portata su YouTube.
E ci ho trovato la Pia™, storica amica di mia suocera, abbigliata e accessoriata da Pia™: occhiali panoramici, collo di leprotto, tailleur metallizzato, collant coprente setificato e copricapo esuberante. In pratica, Verka Serdjučka, cioè Andrej Michailovič Danilko, popolare travestito, comico e performer ucraino che con "Dancing Laša Tumbaj" è arrivato secondo al festival della canzone europea (dopo la serba Marija Šerifović con "Molitva" e prima delle Serebro, le solite ragazzine russe in overknees, e neanche a righe).
E qui veniamo alla Russia. Perché secondo Danilko l'espressione "Laša Tumbaj" significa semplicemente "panna montata" in mongolo, però ha una sospetta somiglianza fonetica con "Russia, goodbye" e suonerebbe provocatoria, tanto più se pronunciata da un ucraino. Ecco il perché delle scritte alla manifestazione filo-estone. Capito.
Naturalmente, come spiega bene Kirill Pankratov su Exile.ru (la sopravvivenza di questa rivista per me è la prova dell'esistenza in vita della libertà di stampa in Russia), l'Eurofestival - oltre a essere un gran baraccone "in grado di far sembrare American Idol un lugubre sermone metodista" - è terreno fertile per le più fantasiose teorie, del complotto e non. C'è chi lo vede come l'ultimo rifugio dei romantici, c'è chi non riesce a dimenticare l'esibizione dei lettoni boccellizzati Bonaparti, e c'è chi calcola (come per le Olimpiadi e per il Partito Comunista alle elezioni) quanti paesi facevano parte dell'Unione Sovietica o sono ex-repubbliche socialiste (rispettivamente 8 e 15, l'ho letto sul blog di Kononenko) e quanti sono i paesi ortodossi tra i primi dieci (8, dice lui, che però ha incluso l'Armenia). Nel magico mondo di Eurovision la vittoria serba viene vista come un modo per addolcire l'amaro calice dell'incombente indipendenza del Kosovo (e la finale si è tenuta in Finlandia, il paese di Martti Ahtisaari!), cose così.
Il Miro, nel frattempo, entrava nel tunnel delle dichiarazioni e del vissuto di Danilko/Serdjučka, avvalendosi di fonti sitografiche autorevoli come le pagine di wikipedia in russo e in inglese a lui dedicate, ma soprattutto il fondamentale articolo di Zizn'.ru intitolato: "Perdonami, Russia!" (la foto dimostra ancora una volta che Verka è la Pia™, di questo sono sempre più convinta). Andrej dice che lui non aveva intenzione di alludere a "Russia, goodbye", ma che la frase gli è venuta da sé dopo le parole "I want to see"; poi qualcuno gli ha detto che "Laša tumbaj" in un dialetto mongolo significa "sbatti il burro", e quindi il tutto è diventato "Voglio vederti mentre sbatti il burro", con coreografia e movimenti delle braccia adeguati. Seguono pareri di esperti a vario titolo, tra i quali una docente di lingua mongola ("in mongolo non esiste niente del genere"). Sulla Gazeta po-kievski la lingua da mongola diventa moldava e Danilko è categorico: non intendo scusarmi con lo show-business russo, non ho fatto niente! Pensavamo che ci avrebbero accusato di filonazismo, mica di queste cose qui. E c'ho uno spettacolo da preparare, mica posso pensare a queste insinuazioni. E comunque sbaglia chi dice che mi sono giocato il pubblico russo. Pare in effetti che Verka in Russia sia ancora più seguita che nel suo paese, non unanimamente felice di essere rappresentato da una drag queen in una manifestazione peraltro così sobria ed elitaria. Eh.
Potremmo continuare con le rivelazioni sulla vita sentimentale di Andrej, che dice di aver vissuto con una donna per otto lunghi anni e di esserne rimasto segnato per la vita ("È stata una prova pesante"... "Dio dà qualcosa e toglie qualcos'altro" ... "La mia arte ci ha guadagnato"). Però ce le teniamo per eventuali sviluppi: Verka/Pia™ entra di diritto nel novero dei nostri donnoni-alfa, con la Matvienko, la Pugačëva e poche altre (temo che Ljudmila non ce la farà, benché a Volgograd abbiano avuto l'idea di proporla come successore del marito per risolvere il problema del terzo mandato).
Dunque, almeno per oggi, "O-key, eppy end". Benché l'Ucraina con la sua rivoluzione Pantone™ abbia poco da ridere, detto tra noi.
venerdì, maggio 25, 2007
Sturm der Liebe in famigliamir
– No, noi alle sei non possiamo.
– Abbiamo da fare.
– Diciamo che abbiamo da fare.
– Possiamo dirglielo: guardiamo Tempesta d'Amore.
– Ssst, Elio. Lui, lo guarda.
– Ci piace molto, è una cosa alla buona.
– Una produzione tedesca.
– Succedono cose incredibili che poi si risolvono, vero Lina?
– L'altro giorno uno è rimasto morto per due giorni.
– Sì, ogni tanto lo inquadravano. Immobile, morto.
– Era cardiopatico e mangiava troppo. Poi hanno nascosto il cadavere nel furgone della lavanderia per portarlo in Italia.
– Voleva essere sepolto sotto un albero...
– ... un ulivo.
– Tedeschi, sono.
– E due giorni dopo si è svegliato. Risorto, dopo due giorni.
– Ma noi ci accontentiamo.
– Ambientato in un albergo, sai?
– Un albergo di lusso, un cinque stelle. Fürstenhof, si chiama. Sarebbe bello se Fürsten volesse dire cinque e hof stelle.
– Ma non mi sembra, Elio.
– No, infatti, ma facciamo finta.
– Ci piacciono molto gli esterni.
– Sì, le aiuole fiorite, i campi da tennis, gli animali, la coccinella sul filo d'erba...
– Ah, Elio: sai quello vestito di bianco con la racchetta che passa sempre davanti all'albergo?
– Sì, sempre lui. Sempre la stessa scena. Lo vedi da come muove la racchetta, il mona.
– Io mi sono accorta ieri.
– No, io avevo dei sospetti già da prima ma stavo zitto. Raccoglievo elementi per poi stupirti.
– Anche la coccinella è sempre la stessa. E il gatto rosso si lecca sempre la zampa sinistra.
– Ma noi facciamo finta di non accorgercene. Si vede che è fatto in economia.
– È rilassante.
– Non pensare che guardiamo solo quello. Non siamo rincoglioniti.
– Veramente ieri tuo padre ha insistito per raccontare la trama alla Gianvi.
– Perché quella non sta mai zitta, volevo confonderla. Adesso crede che abbiamo conoscenze in Baviera.
– Scemo.
– Comunque Annozero ce lo registriamo, no, Lina?
– Annozero, e anche Ballarò.
– Tempesta d'amore però lo guardiamo in diretta.
– Abbiamo da fare.
– Diciamo che abbiamo da fare.
– Possiamo dirglielo: guardiamo Tempesta d'Amore.
– Ssst, Elio. Lui, lo guarda.
– Ci piace molto, è una cosa alla buona.
– Una produzione tedesca.
– Succedono cose incredibili che poi si risolvono, vero Lina?
– L'altro giorno uno è rimasto morto per due giorni.
– Sì, ogni tanto lo inquadravano. Immobile, morto.
– Era cardiopatico e mangiava troppo. Poi hanno nascosto il cadavere nel furgone della lavanderia per portarlo in Italia.
– Voleva essere sepolto sotto un albero...
– ... un ulivo.
– Tedeschi, sono.
– E due giorni dopo si è svegliato. Risorto, dopo due giorni.
– Ma noi ci accontentiamo.
– Ambientato in un albergo, sai?
– Un albergo di lusso, un cinque stelle. Fürstenhof, si chiama. Sarebbe bello se Fürsten volesse dire cinque e hof stelle.
– Ma non mi sembra, Elio.
– No, infatti, ma facciamo finta.
– Ci piacciono molto gli esterni.
– Sì, le aiuole fiorite, i campi da tennis, gli animali, la coccinella sul filo d'erba...
– Ah, Elio: sai quello vestito di bianco con la racchetta che passa sempre davanti all'albergo?
– Sì, sempre lui. Sempre la stessa scena. Lo vedi da come muove la racchetta, il mona.
– Io mi sono accorta ieri.
– No, io avevo dei sospetti già da prima ma stavo zitto. Raccoglievo elementi per poi stupirti.
– Anche la coccinella è sempre la stessa. E il gatto rosso si lecca sempre la zampa sinistra.
– Ma noi facciamo finta di non accorgercene. Si vede che è fatto in economia.
– È rilassante.
– Non pensare che guardiamo solo quello. Non siamo rincoglioniti.
– Veramente ieri tuo padre ha insistito per raccontare la trama alla Gianvi.
– Perché quella non sta mai zitta, volevo confonderla. Adesso crede che abbiamo conoscenze in Baviera.
– Scemo.
– Comunque Annozero ce lo registriamo, no, Lina?
– Annozero, e anche Ballarò.
– Tempesta d'amore però lo guardiamo in diretta.
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Insieme per l'emivita
Mesi fa eravamo rimasti alla considerazione che il Polonio-210 ha 138 giorni di emivita, ma se li sta godendo tutti: stava nel tè, nella tazzina, nella teiera, nella lavastoviglie, addosso ai camerieri, in un sushi bar di Soho, in quattro alberghi, in un ristorante di Mayfair, su tre aerei, nelle sedi di due società, nell'ufficio di Berezovskij, in varie auto, in uno stadio, ad Amburgo, e perfino a casa di una suocera. Ovviamente anche nella casa di Litvinenko, definita inabitabile.
La svolta di un paio di giorni fa era la notizia che la Procura britannica della Corona ha chiesto l'incriminazione "per omicidio tramite avvelenamento deliberato" dell'ex agente russo Andrej Lugovoj. Solito tira e molla: noi chiediamo l'estradizione, ma tanto la Russia non vuole. O forse chiederà in cambio Berezovskij, ma noi non cederemo perché ormai è degnissimo cittadino britannico.
Intanto Lugovoj promette straordinarie rivelazioni.
Ah già: al festival di Cannes sarà proiettato a sorpresa il documentario di Nekrasov (amico del defunto) sul caso. Chiamiamola coincidenza.
Però.
Perché dovrei fare il post lunghissimo che temete tutti, quando posso tentare un piccolo esperimento?
Sono curiosa di sapere quali sono i fatti e le immagini salienti che ricordate del caso Litvinenko: le prime cose che vi vengono in mente, l'impressione generale, quello che vi ha interessati o lasciati indifferenti, la vostra fantateoria preferita. Tutto, anche i dettagli comici, frivoli o irrilevanti. La foto dell'ex-colonnello dell'FSB agonizzante? Scaramella? Guzzanti? Il sushi? Putin che ammazza la gente (o l'agente)?
Perché io un'idea ormai ce l'avrei, ma (come dice una mia cara amica) vorrei rendere breve e piacevole una storia lunghissima e complicata. Se non vi viene in mente niente passo senza indugio a raccontarvi i fatti miei.
La svolta di un paio di giorni fa era la notizia che la Procura britannica della Corona ha chiesto l'incriminazione "per omicidio tramite avvelenamento deliberato" dell'ex agente russo Andrej Lugovoj. Solito tira e molla: noi chiediamo l'estradizione, ma tanto la Russia non vuole. O forse chiederà in cambio Berezovskij, ma noi non cederemo perché ormai è degnissimo cittadino britannico.
Intanto Lugovoj promette straordinarie rivelazioni.
Ah già: al festival di Cannes sarà proiettato a sorpresa il documentario di Nekrasov (amico del defunto) sul caso. Chiamiamola coincidenza.
Però.
Perché dovrei fare il post lunghissimo che temete tutti, quando posso tentare un piccolo esperimento?
Sono curiosa di sapere quali sono i fatti e le immagini salienti che ricordate del caso Litvinenko: le prime cose che vi vengono in mente, l'impressione generale, quello che vi ha interessati o lasciati indifferenti, la vostra fantateoria preferita. Tutto, anche i dettagli comici, frivoli o irrilevanti. La foto dell'ex-colonnello dell'FSB agonizzante? Scaramella? Guzzanti? Il sushi? Putin che ammazza la gente (o l'agente)?
Perché io un'idea ormai ce l'avrei, ma (come dice una mia cara amica) vorrei rendere breve e piacevole una storia lunghissima e complicata. Se non vi viene in mente niente passo senza indugio a raccontarvi i fatti miei.
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giovedì, maggio 24, 2007
"Spinti a sparire": il metodo del generale
Generale in pensione, ex paracadutista, ex combattente contro i nazisti, il vecchio porta una benda nera sull'occhio sinistro e a quanto pare è sordo. Dicono che è stato collaboratore di Massu, che ha combattuto contro i nazisti, che ha utilizzato ampiamente la tortura durante la guerra d'Algeria. Però ha anche combattuto contro i nazisti. Ci spiegano che il governo francese all'epoca aveva approvato le azioni degli squadroni della morte perché voleva che l'FLN fosse liquidato. E poi gli algerini hanno ammazzato altri algerini, per la precisione 45.000. E pensare, dice il giornalista italiano, che l'Algeria poteva diventare la Svizzera d'Africa.
Accanto a me è seduto Silvino, ex partigiano, presidente dell'ANPI. Ogni tanto si impenna, chissà se per qualcosa che è stato detto o perché punta un dettaglio, qualche fila più in là. Forse è semplicemente stanco, o stufo.
Il generale dice che non ha fatto volentieri quello che ha fatto, che ha scritto le proprie memorie perché la gente sapesse, che era necessaria una risposta francese al film di Pontecorvo e agli scritti di Mannoni.
Che la Battaglia d'Algeri è stata vinta dai francesi.
Sì, sottolinea con entusiasmo il giornalista italiano: la Battaglia d'Algeri è stata vinta dalla Francia, la guerra del Vietnam è stata vinta dagli americani. Sono state vittorie militari, ma sconfitte politiche. Dice. Il giornalista si mette a parlare di estremismo islamico, di gente che si fa esplodere in mezzo ai civili. Immaginate, dice, che questa sia una moschea affollata, piena di gente che sta pregando. Arriva uno, si ferma qui davanti e si fa esplodere. Gli fanno notare che in Algeria non andava così, ma è evidentemente colpito dalla potenza dell'immagine appena evocata, e dall'avere trasformato con poca spesa un tendone ai Giardini Pubblici di G. in un pezzo disperato di Iraq.
Silvino si guarda attorno, nota che prendo distrattamente appunti e per qualche secondo i miei occhi incrociano i suoi, due pesci malati in un acquario torbido.
Ci ripetono che il vecchio, del resto, ha combattuto contro i nazisti. Che la Francia sapeva.
Delle memorie invece non si parla: le torture ci sono state, ma non vengono descritte né quantificate. Non ci dicono quanti suicidi, quanta gente volata dalle finestre, quante persone fatte sparire dopo le confessioni, persone che oramai "non sentivano più niente": la tortura è un male piccolo ma necessario per sconfiggere il grande male del terrorismo, il vecchio è una lezione per la Francia, per tutti. La traduzione del libro sarà presto pubblicata dalla casa editrice che ha promosso la rassegna, e questo è quanto.
Se lasciassero spazio alle domande ci sarebbe da chiedere cos'ha fatto il generale dopo la guerra d'Algeria, dopo aver torturato, suicidato, spinto giù dalle finestre per il bene e con la benedizione del suo paese. Io lo so: ha fatto carriera, è andato in Sudamerica dove negli anni Settanta ha partecipato all'addestramento dei militari argentini, ai quali ha insegnato i propri metodi ("l'interrogatorio si converte in un metodo quando si svolge in modo da ottenere sempre una risposta", dice il colonnello Bigeard nel film di Pontecorvo: quel metodo è la tortura).
Il vecchio è stato una lezione per tutti: Argentina, Cile e Paraguay hanno applicato il metodo con diligenza, la battaglia di Algeri è ora utilizzata dal Pentagono per studiare come affrontare la guerriglia irachena.
Dopo un'ultima impennata Silvino se n'è andato. Il pubblico tace, l'incontro è finito.
Un ragazzo con gli occhiali scuri si avvicina al vecchio con la benda, gli stringe la mano e gli chiede un autografo: "Merci, monsieur Aussaresses". A voce troppo alta, perché a quanto pare il vecchio è sordo.
Accanto a me è seduto Silvino, ex partigiano, presidente dell'ANPI. Ogni tanto si impenna, chissà se per qualcosa che è stato detto o perché punta un dettaglio, qualche fila più in là. Forse è semplicemente stanco, o stufo.
Il generale dice che non ha fatto volentieri quello che ha fatto, che ha scritto le proprie memorie perché la gente sapesse, che era necessaria una risposta francese al film di Pontecorvo e agli scritti di Mannoni.
Che la Battaglia d'Algeri è stata vinta dai francesi.
Sì, sottolinea con entusiasmo il giornalista italiano: la Battaglia d'Algeri è stata vinta dalla Francia, la guerra del Vietnam è stata vinta dagli americani. Sono state vittorie militari, ma sconfitte politiche. Dice. Il giornalista si mette a parlare di estremismo islamico, di gente che si fa esplodere in mezzo ai civili. Immaginate, dice, che questa sia una moschea affollata, piena di gente che sta pregando. Arriva uno, si ferma qui davanti e si fa esplodere. Gli fanno notare che in Algeria non andava così, ma è evidentemente colpito dalla potenza dell'immagine appena evocata, e dall'avere trasformato con poca spesa un tendone ai Giardini Pubblici di G. in un pezzo disperato di Iraq.
Silvino si guarda attorno, nota che prendo distrattamente appunti e per qualche secondo i miei occhi incrociano i suoi, due pesci malati in un acquario torbido.
Ci ripetono che il vecchio, del resto, ha combattuto contro i nazisti. Che la Francia sapeva.
Delle memorie invece non si parla: le torture ci sono state, ma non vengono descritte né quantificate. Non ci dicono quanti suicidi, quanta gente volata dalle finestre, quante persone fatte sparire dopo le confessioni, persone che oramai "non sentivano più niente": la tortura è un male piccolo ma necessario per sconfiggere il grande male del terrorismo, il vecchio è una lezione per la Francia, per tutti. La traduzione del libro sarà presto pubblicata dalla casa editrice che ha promosso la rassegna, e questo è quanto.
Se lasciassero spazio alle domande ci sarebbe da chiedere cos'ha fatto il generale dopo la guerra d'Algeria, dopo aver torturato, suicidato, spinto giù dalle finestre per il bene e con la benedizione del suo paese. Io lo so: ha fatto carriera, è andato in Sudamerica dove negli anni Settanta ha partecipato all'addestramento dei militari argentini, ai quali ha insegnato i propri metodi ("l'interrogatorio si converte in un metodo quando si svolge in modo da ottenere sempre una risposta", dice il colonnello Bigeard nel film di Pontecorvo: quel metodo è la tortura).
Il vecchio è stato una lezione per tutti: Argentina, Cile e Paraguay hanno applicato il metodo con diligenza, la battaglia di Algeri è ora utilizzata dal Pentagono per studiare come affrontare la guerriglia irachena.
Dopo un'ultima impennata Silvino se n'è andato. Il pubblico tace, l'incontro è finito.
Un ragazzo con gli occhiali scuri si avvicina al vecchio con la benda, gli stringe la mano e gli chiede un autografo: "Merci, monsieur Aussaresses". A voce troppo alta, perché a quanto pare il vecchio è sordo.
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mercoledì, maggio 23, 2007
VVP e la Bank of New York
[Contesto: la Russia ha fatto causa alla Bank of New York per riciclaggio di denaro sporco (i fatti risalgono agli anni Novanta). Il Servizio doganale federale russo ha accusato il più antico istituto di credito americano di avere provocato danni alla Federazione per un totale di quasi 17 miliardi di euro].
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva al grande tavolo presidenziale nel suo studio all'interno del Cremlino. A un tavolinetto, davanti a Vladimir Vladimirovič™, sedeva invece il direttore del Servizio doganale federale Andrej Jur'evič Bel'janinov.
- Ecco, - disse Andrej Jur'evič, estraendo dalla borsa alcune carte, - Abbiamo fatto causa alla Bank of New York. Per ventidue miliardi di dollari statunitensi.
- Ventidue miliardi? - si stupì Vladimir Vladimirovič™, - E perché così pochi?
- Vale a dire… - si confuse Andrej Jur'evič, - Vale a dire... come così pochi?! Ventidue miliardi!
- Bratello, - sorrise Vladimir Vladimirovič™, - La procura è riuscita a tirar fuori a Chodorkovskij ventitré miliardi! Praticamente tutta la Bank of New York.
- Ma allora… - borbottò Andrej Jur'evič, riponendo le sue carte nella borsa, - Dobbiamo chiedere di più?
- Non chiedere, ma esigere! - annuì Vladimir Vladimirovič™, - Bisogna porsi dei traguardi ambiziosi! Mille miliardi, dovranno pagare!
- Mille miliardi! - esclamò Andrej Jur'evič.
- Mille! - Vladimir Vladimirovič™ batté felice le presidenziali mani, - In questo momento ci fanno comodo anche gli spiccioli.
Andrej Jur'evič arrossì.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
Filed in: Russia
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva al grande tavolo presidenziale nel suo studio all'interno del Cremlino. A un tavolinetto, davanti a Vladimir Vladimirovič™, sedeva invece il direttore del Servizio doganale federale Andrej Jur'evič Bel'janinov.
- Ecco, - disse Andrej Jur'evič, estraendo dalla borsa alcune carte, - Abbiamo fatto causa alla Bank of New York. Per ventidue miliardi di dollari statunitensi.
- Ventidue miliardi? - si stupì Vladimir Vladimirovič™, - E perché così pochi?
- Vale a dire… - si confuse Andrej Jur'evič, - Vale a dire... come così pochi?! Ventidue miliardi!
- Bratello, - sorrise Vladimir Vladimirovič™, - La procura è riuscita a tirar fuori a Chodorkovskij ventitré miliardi! Praticamente tutta la Bank of New York.
- Ma allora… - borbottò Andrej Jur'evič, riponendo le sue carte nella borsa, - Dobbiamo chiedere di più?
- Non chiedere, ma esigere! - annuì Vladimir Vladimirovič™, - Bisogna porsi dei traguardi ambiziosi! Mille miliardi, dovranno pagare!
- Mille miliardi! - esclamò Andrej Jur'evič.
- Mille! - Vladimir Vladimirovič™ batté felice le presidenziali mani, - In questo momento ci fanno comodo anche gli spiccioli.
Andrej Jur'evič arrossì.
Originale: vladimir.vladimirovich.ru
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