Per la serie "evitiamo gli allarmismi", oggi pomeriggio l'edizione online del Corriere della Sera apriva con la vendetta del pollo gigante:
Già che c'erano potevano almeno metterci la sagoma di Hitchcock, dietro. Faceva citazione.
giovedì, ottobre 13, 2005
Non fiori, ma...
Theodore Roosevelt Heller
Theodore Roosevelt Heller, 88, loving father of Charles (Joann) Heller; dear brother of the late Sonya (the late Jack) Steinberg. Ted was discharged from the U.S. Army during WWII due to service related injuries, and then forced his way back into the Illinois National Guard insisting no one tells him when to serve his country. Graveside services Tuesday 11 a.m. at Waldheim Jewish Cemetery (Ziditshover section), 1700 S. Harlem Ave., Chicago. In lieu of flowers, please send acerbic letters to Republicans.
Chicago Tribune, via News Hounds.
Theodore Roosevelt Heller, 88, loving father of Charles (Joann) Heller; dear brother of the late Sonya (the late Jack) Steinberg. Ted was discharged from the U.S. Army during WWII due to service related injuries, and then forced his way back into the Illinois National Guard insisting no one tells him when to serve his country. Graveside services Tuesday 11 a.m. at Waldheim Jewish Cemetery (Ziditshover section), 1700 S. Harlem Ave., Chicago. In lieu of flowers, please send acerbic letters to Republicans.
Chicago Tribune, via News Hounds.
martedì, ottobre 11, 2005
A sostegno di Giorgio e Luciana Alpi/Appello
«Ci appelliamo alla sensibilità e alla passione di quanti ancora credono che si possa giungere alla verità sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, giornalisti del Tg3 uccisi a Mogadiscio – Somalia – il 20 marzo 1994.
È di ieri la notizia, diffusa dalle agenzie stampa e da “Reporter Associati International”, della lettera scritta dall’on. Carlo Taormina al presidente della Camera on. Pierferdinando Casini, contenente la minaccia di una querela per diffamazione contro i genitori di Ilaria Alpi, Giorgio e Luciana, colpevoli - a giudizio dell’on. Taormina - di aver “osato” criticare il metodo e le procedure che il presidente Taormina applica ai lavori della Commissione. Critiche che facciamo fin d’ora nostre assumendocene la piena responsabilità.
La minaccia di querela contro i genitori di Ilaria Alpi, e del loro difensore Domenico D’Amati, segna l’ultimo atto di una politica spregiudicata portata avanti dall’on. Carlo Taormina all’interno della Commissione parlamentare da lui presieduta, una politica che ha portato ad oggi quale unico risultato dopo due anni di lavori quello di indicare nei giornalisti allontanati dal compito di consulenti della Commissione dei“depistatori”, altri giornalisti che erano, a ragione, considerati memorie storiche del “caso Alpi” additati come “occultatori”, altri ancora, i colleghi del Tg3 di Ilaria Alpi ridotti a “inquinatori”. E da ieri perfino i genitori di Ilaria bollati come “diffamatori”.
Una politica spregiudicata che non ha trovato alcun contrasto all’interno della Commissione parlamentare non solo da parte dei deputati della maggioranza di governo ma neppure tra i deputati che avrebbero dovuto rappresentare l’opposizione parlamentare, perennemente in bilico tra il ritirare la loro presenza dall’Ufficio di Presidenza e il rimanere in Commissione senza mai contraddire le scelte del presidente.
Una politica spregiudicata che ha posto nei fatti la Commissione parlamentare sulla strada di un conflitto tra poteri dello stato con il rifiuto di ottemperare ad alcuni disposizioni della magistratura in occasione alcuni delicati passaggi operativi e procedurali. E per questo motivo la Procura della Repubblica di Roma, con una iniziativa definita “grottesca” dal presidente della Commissione Carlo Taormina nella lettera inviata all’On. Pierferdinando Casini, ha aperto un’indagine intorno al ritrovamento a Mogadiscio (a undici anni di distanza dal duplice omicidio...) dell’auto indicata come quella dove persero la vita i due giornalisti italiani. Un ritrovamento che, come altri passaggi dei lavori della Commissione, lascia non pochi dubbi e perplessità...
Ci appelliamo all’opinione pubblica, ai movimenti, alle associazioni, a tutti i cittadini che hanno a cuore la verità e il rispetto delle procedure necessarie a raggiungerla. Ci appelliamo perchè tutti ci possano stringere solidarmente intorno alle figure di Giorgio e Luciana Alpi che hanno dedicato questi undici anni alla ricera della verità sull’esecuzione alla quale vennero sottoposti Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Ci appelliamo a quanti ancora credono sia possibile arrivare a identificare i mandanti del duplice omicidio e l’ambiente dal quale venne ordinato di assassinare i due giornalisti.
Ci appelliamo ai parlamentari del centrosinistra perchè adoperino ogni mezzo e ogni strumento perchè firmino questo appello e lo facciano arrivare fin dentro la Camera dei Deputati e al presidente on. Casini.
Ci appelliamo a tutti i giornalisti, agli operatori dell’informazione perchè non abbassino la guardia sulla drammatica vicenda della morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, perchè non si accontentino di verità tanto “semplici” come inusitatamente e pubblicamente enunciate dall’on. Carlo Taormina, prima ancora delle conclusioni ufficiali dei lavori della Commissione parlamentare, e che vedono indicare come causa della morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin qualcosa di molto simile a un incidente: “un tentativo di rapina, o rapimento, finito male...”.
La minaccia di querela per diffamazione contro Giorgio e Luciana Alpi ci indigna profondamente persino nella forma che è stata consapevolmente usata per diffonderla, ci indigna come cittadini che crediamo ancora nel valore della politica e degli strumenti democratici della politica per raggiungere la verità, ci indigna perchè segna il tentativo di delegittimare il lavoro e l’impegno di tutti coloro che per undici anni si sono impegnati e si sono battuti, senza alcun interesse personale, per cercare di arrivare a smascherare i mandanti dell’esecuzione di Ilaria e Miran. Ovunque si trovino, dentro e fuori la Somalia.
Noi firmatari di questo appello non ci accontenteremo fin quando non sarà raggiunta la verità, fino a quando non saranno chiarite tutte le dinamiche che hanno portato al duplice omicidio. Fino a quando non leggeremo nero su bianco i nomi dei mandanti.
Sentiamo di doverlo a Ilaria e Miran
Sappiamo di doverlo a Giorgio e Luciana
Noi siamo al loro fianco»
Vi invito a firmare l'appello qui: http://www.articolo21.info/appelli_form.php?id=51
È di ieri la notizia, diffusa dalle agenzie stampa e da “Reporter Associati International”, della lettera scritta dall’on. Carlo Taormina al presidente della Camera on. Pierferdinando Casini, contenente la minaccia di una querela per diffamazione contro i genitori di Ilaria Alpi, Giorgio e Luciana, colpevoli - a giudizio dell’on. Taormina - di aver “osato” criticare il metodo e le procedure che il presidente Taormina applica ai lavori della Commissione. Critiche che facciamo fin d’ora nostre assumendocene la piena responsabilità.
La minaccia di querela contro i genitori di Ilaria Alpi, e del loro difensore Domenico D’Amati, segna l’ultimo atto di una politica spregiudicata portata avanti dall’on. Carlo Taormina all’interno della Commissione parlamentare da lui presieduta, una politica che ha portato ad oggi quale unico risultato dopo due anni di lavori quello di indicare nei giornalisti allontanati dal compito di consulenti della Commissione dei“depistatori”, altri giornalisti che erano, a ragione, considerati memorie storiche del “caso Alpi” additati come “occultatori”, altri ancora, i colleghi del Tg3 di Ilaria Alpi ridotti a “inquinatori”. E da ieri perfino i genitori di Ilaria bollati come “diffamatori”.
Una politica spregiudicata che non ha trovato alcun contrasto all’interno della Commissione parlamentare non solo da parte dei deputati della maggioranza di governo ma neppure tra i deputati che avrebbero dovuto rappresentare l’opposizione parlamentare, perennemente in bilico tra il ritirare la loro presenza dall’Ufficio di Presidenza e il rimanere in Commissione senza mai contraddire le scelte del presidente.
Una politica spregiudicata che ha posto nei fatti la Commissione parlamentare sulla strada di un conflitto tra poteri dello stato con il rifiuto di ottemperare ad alcuni disposizioni della magistratura in occasione alcuni delicati passaggi operativi e procedurali. E per questo motivo la Procura della Repubblica di Roma, con una iniziativa definita “grottesca” dal presidente della Commissione Carlo Taormina nella lettera inviata all’On. Pierferdinando Casini, ha aperto un’indagine intorno al ritrovamento a Mogadiscio (a undici anni di distanza dal duplice omicidio...) dell’auto indicata come quella dove persero la vita i due giornalisti italiani. Un ritrovamento che, come altri passaggi dei lavori della Commissione, lascia non pochi dubbi e perplessità...
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lunedì, ottobre 10, 2005
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The Real Thing
Not a good idea
Sembra che Jeremy Clarkson (conduttore di Top Gear, un noto programma per gli amanti delle quattro ruote) durante la sua recente visita a Bassora abbia chiesto ai soldati britannici se fosse possibile far saltar in aria una macchina per far un po' di scena. Gli è stato risposto che organizzare esplosioni in Iraq non è quel che si dice una buona idea.
Fonte: The Independent
Fonte: The Independent
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Restare vivi a New Orleans
Se uno pensa di poter andar in giro ubriaco dalle parti di Bourbon Street, a New Orleans, si sbaglia, perché lì (adesso?) i poliziotti sono nervosi.
Un filmato mostra tre agenti che prendono a pugni e arrestano Robert Davis, 64 anni, per poi lasciarlo a terra ammanettato e ricoperto di sangue. Non è un bel vedere. Le hanno prese anche il programmista e il cameraman dell'Associated Press Television, autori del filmato.
Parole urlate da uno dei poliziotti: "Sono qua da sei settimane, cazzo, a cercare di restare vivo."
Ci riesce benissimo.
Il filmato è su Crooks and Liars.
Qui ci sono le foto.
Un filmato mostra tre agenti che prendono a pugni e arrestano Robert Davis, 64 anni, per poi lasciarlo a terra ammanettato e ricoperto di sangue. Non è un bel vedere. Le hanno prese anche il programmista e il cameraman dell'Associated Press Television, autori del filmato.
Parole urlate da uno dei poliziotti: "Sono qua da sei settimane, cazzo, a cercare di restare vivo."
Ci riesce benissimo.
Il filmato è su Crooks and Liars.
Qui ci sono le foto.
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Usa
sabato, ottobre 08, 2005
Iraq, Baviera
Nella base USA di Hohenfels, in Germania, c'è Rusafa, una finta città irachena che è poi la versione bavarese del distretto orientale di Baghdad: qui, con tecniche simili a quelle dei giochi di ruolo, i soldati americani dovrebbero imparare a usare le armi della diplomazia e della negoziazione. Insomma, il passaggio è da quick-shooters a smooth-talkers: da "prima spara e poi chiedi" a "chiedi, chiedi, chiedi" fino allo sfinimento del finto sceicco.
"È come attaccar discorso con una ragazza al bar," è l'analogia usata dal Capitano Chris Kuzio del 1° Battaglione, 36mo Reggimento di Fanteria, per far capire ai suoi ragazzi come devono andare le cose con gli iracheni. La raccomandazione "è stata seguita entusiasticamente, visto che molti dei finti abitanti del villaggio erano attraenti ragazze bavaresi".
Fonte: Stars&Stripes
Dei giochi di ruolo a Hohenfels aveva parlato, tempo fa, un articolo ripreso da Peacelink che si richiama a sua volta a un pezzo apparso su La Stampa.
"È come attaccar discorso con una ragazza al bar," è l'analogia usata dal Capitano Chris Kuzio del 1° Battaglione, 36mo Reggimento di Fanteria, per far capire ai suoi ragazzi come devono andare le cose con gli iracheni. La raccomandazione "è stata seguita entusiasticamente, visto che molti dei finti abitanti del villaggio erano attraenti ragazze bavaresi".
Fonte: Stars&Stripes
Dei giochi di ruolo a Hohenfels aveva parlato, tempo fa, un articolo ripreso da Peacelink che si richiama a sua volta a un pezzo apparso su La Stampa.
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Usa
La violenza causa violenza
Nella provincia irachena di Al-Anbar proseguono le operazioni militari statunitensi.
Secondo l'esercito americano e i media corporativi lo scopo di queste operazioni è "sradicare" i combattenti di al-Qaida in Iraq e i cosiddetti insorti.
Una giornalista irachena che scrive sotto il nome di Sabah Ali, appena tornata dall'area di Al-Qa’im, racconta una storia molto diversa. Avventurandosi nella zona dei combattimenti alla fine di settembre e agli inizi di ottobre, Sabah ha visitato il villaggio di Aanah, a 360 km a ovest di Baghdad, per testimoniare quali siano gli effetti sulla popolazione civile di queste operazioni. Il suo racconto, accompagnato da fotografie, è sul sito del giornalista indipendente Dahr Jamail:
“Ci sono 1500 famiglie di profughi in questa nuovissima e moderna città di Aanah (la vecchia Aanah fu inondata dall'Eufrate quando venne costruita una diga, negli anni ottanta). Il Comitato di Soccorso Umanitario di Aanah - Aanah Humanitarian Relief Committee (AHRC) ha detto che 7450 famiglie provenienti da Al-Qa’im e dintorni si trovano sparse in città, in villaggi e nel deserto dell'Iraq occidentale. Il rapporto dell'AHRC dice che alcune centinaia di famiglie sono ancora sotto assedio ad Al-Qa’im; non hanno lasciato la città per vari motivi: a causa di familiari disabili (ce ne sono ora molti ad Al-Qa’im), o perché non avevano il denaro per partire, oppure perché hanno preferito vivere sotto i bombardamenti piuttosto che in un campo profughi.
Sono molte le famiglie che non sono riuscite a fuggire. Abu Alaa’, per esempio: la sua casa è stata colpita poco tempo fa, sua moglie ha perso la vista durante quell'attacco. Abu Alaa’ non ha potuto andarsene perché sua moglie e suo padre sono stati di nuovo colpiti la scorsa settimana. Sua moglie è stata ferita all'addome ed è ancora all'ospedale.
Facciamo appello alla società internazionale perché a queste famiglie sia dato il modo di lasciare la città prima che venga distrutta. Le persone che rimangono indietro non sono necessariamente combattenti. Semplicemente, non sono state in grado di andarsene.
Le famiglie che sono rimaste si trovano nei seguenti villaggi/città/zone: area al-Mashari`-The Projects (2500 famiglie), Okashat (950 famiglie), Fheida (500), fabbrica di fosfato (400), fabbrica di cemento (350), Tiwan (400), Aanah (1500), Raihana (100), Hasa (200), Jbab (125), Nhaiya (100) e Ma’adhid (75).
Molte famiglie hanno cercato riparo nelle scuole, negli edifici pubblici, negli uffici e nei centri giovanili. Altre vivono in tende donate da comitati di soccorso locali.
I più fortunati sono quelli che hanno amici o parenti in grado di ospitarli in vere case. Molti di loro necessitano di cure mediche, i bambini e i ragazzi non vanno a scuola e hanno perso già un anno di lezioni, le donne stanno affrontando difficoltà incredibili per cercare di mantenere le loro famiglie in condizioni impossibili. Il centro giovanile di Aanah si è trasformato in un campo profughi: 45 famiglie vivono in tende, 17 nell'edificio.
Raja Yasin, una vedova originaria di Bassora, madre di 10 figli, dice: ‘Se non fossimo scappati saremmo morti sotto le bombe. Adesso non possediamo nulla. Abbiamo bisogno di coperte e di cibo.’ La famiglia di Raja è disperatamente povera. Solo il figlio adolescente riesce ad aiutarla a sfamare tutti. Ma Raja è felice di essere scappata con tutta la famiglia [perché]: ‘l'attacco comincerà domani,’ dice.
La situazione della signora Khamis, madre di otto figli e moglie di un insegnante, non è migliore: ‘Abbiamo dovuto scappare a piedi nudi. Ho lasciato il pranzo sulla stufa quando è cominciato l'attacco. Ci sono stati bombardamenti pesanti e colpi di mortaio, abbiamo dovuto correre per le strade secondarie sventolando bandiere bianche.’ Ma neanche la vita al campo è facile: ‘Non c'è acqua calda; devo fare dei bagni caldi ai bambini e il tempo sta cambiando. C'è solo un bagno per tutte queste famiglie, un unico bagno per uomini, donne e bambini. Mio fratello ha cercato per tre volte di ritornare ad Al-Qa’im per prendere dei vestiti e altre cose a casa nostra, ma non è riuscito ad attraversare i posti di blocco. Abbiamo bisogno di coperte, cibo, combustibile, medicine... e l'attacco comincerà domani.’
La famiglia Khamis non ha ricevuto alcuna razione di cibo o salario nei due mesi precedenti l'ultimo attacco.
Molti casi avrebbero necessitato di cure mediche immediate (si trattava soprattutto di bambini), ma le famiglie erano bloccate nel campo profughi. Quando l'attacco ha avuto inizio, sabato 1 ottobre, e poi c'è stato il secondo attacco su Haditha con il nome di ‘Operation River Gate’, sono state bloccate tutte le strade.
Il dottor Hamdi Al-Aloossy, Direttore generale dell'ospedale di Al-Qa’im, si trovava ad Aanah per incontrare il dottor Walid Jawad, Direttore generale dell'ospedale di Aanah, e discutere su quel che bisognava fare per il problema dei profughi e dell'imminente invasione di Al-Qa’im.
Il dottor Hamdi ha confermato che la maggioranza della popolazione di Al-Qa’im (150.000 persone) aveva lasciato la città, e che erano rimasti solo i disabili e coloro che avevano scelto di restare. Ha anche confermato che molti dei feriti che aveva in cura erano donne e bambini (come aveva dichiarato già tre giorni prima sul canale Al-Arabia). Ha spiegato che le famiglie non temono tanto i bombardamenti e i colpi di mortaio quanto l'invasione iracheno-americana della città, cosa che è stata confermata da molte persone.
Secondo il dottor Hamdi, ‘Quando le famiglie hanno visto alla TV quello che è successo a Tal-Afar e hanno sentito il Ministro della Difesa minacciare un attacco ad Al-Qa’im si sono spaventate. È stata una dichiarazione irresponsabile, quella del Ministro della Difesa. Non ci sono stati ordini di evacuazione. Queste migliaia di bambini e di famiglie vivono in condizioni pessime. Un bambino di due mesi è stato punto sette volte dagli scorpioni. Altre due famiglie, ciascuna di 14 componenti, sono state intossicate dal cibo in scatola. La sicurezza sanitaria nel campo è pari a zero. E la sicurezza sanitaria nelle aree bombardate e attaccate è totalmente a rischio. Mi viene da piangere se penso a quelle famiglie. La mortalità infantile si è triplicata a causa di malattie banali perché non disponiamo né di vaccini, né di corrente elettrica per conservarli. Non possiamo controllare le condizioni di salute delle donne, molte sono scappate. Ne ricevevamo 200 al giorno, ora sono 15-20. Non abbiamo statistiche, ma possiamo dire approssimativamente che la percentuale di mortalità femminile è aumentata del doppio.’
‘Ripariamo l'ospedale ogni due mesi; i vetri, l'acqua, l'elettricità... e poi lo bombardano di nuovo. Il governo dovrebbe fare qualcosa. La violenza porta solo ad altra violenza.’
Il dottor Walid di Aanah ha detto che il suo ospedale non è in grado di accogliere il gran numero di profughi. ‘Riceviamo 500-600 pazienti al giorno; non abbiamo questa capacità, non abbiamo un chirurgo, un anestesista, medicine e scorte d'emergenza, sciroppi pediatrici, materiali di laboratorio, ecc.,’ ha detto il dottor Walid, ‘E ad Aanah adesso ci sono 3-5 famiglie in ciascuna casa.’
Durante la nostra visita allo studio del dottor Walid c'era un andirivieni continuo di pazienti. La maggioranza viene da Al-Qa’im o Rawa, un'altra città dell'Iraq occidentale che ha conosciuto una brutta invasione tre mesi fa. Una giovane di 18 anni, Sabreen, zoppica e ha bisogno di un'operazione e di terapie. È una delle cinque operaie della fabbrica tessile di Rawa che sono state colpite dalle truppe americane tre mesi fa. Il dottor Walid l'ha mandata da un chirurgo suo amico a Ramadi.
Alla scuola superiore di Aanah abbiamo incontrato 14 famiglie; la maggioranza era di Rawa. Hanno trasformato le aule in soggiorni, cucine e stanze da letto. I banchi vengono usati come tavoli da cucina, e i piatti e i vestiti si lavano in cortile. Inutile dire che tutte le scuole delle zone vicine sono chiuse. Invece ad Aanah, dove la situazione è relativamente tranquilla, le scuole sono aperte, ma utilizzano per le lezioni solo 2-3 aule, lasciando il resto alle famiglie sfollate.
La cosa più triste è che queste famiglie non sanno perché devono affrontare questo destino. Aala’ Ahmad, 15 anni, non capisce perché l'esercito americano abbia occupato la casa della sua famiglia e li abbia cacciati via, solo perché dalla loro casa si poteva vedere tutta Rawa: ‘Non ci hanno permesso di rientrare in casa, hanno detto che dovevano tornarci regolarmente,’ dice. Aala’ ha perso l'anno scolastico.
Um Ismael, madre di sei figli, non capisce perché gli americani abbiano fatto saltare in aria la porta della sua casa, che era aperta. ‘Hanno perquisito e distrutto ogni cosa, e non hanno trovato niente,’ dice, 'Non c'erano nemmeno degli uomini giovani che potessero arrestare. Cosa faremo adesso?’
Le famiglie con le quali abbiamo trascorso la nostra prima notte ad Aanah avevano trovato riparo in un edificio in costruzione vuoto. È un casa di due piani, abbastanza grande. Il proprietario è un avvocato che appartiene a una famiglia molto conosciuta. Le donne hanno pulito la casa, hanno spazzato via gli animali morti, le macerie e le immondizie, hanno fatto in modo che ci fosse l'acqua, la corrente elettrica, hanno steso tappeti di plastica sul pavimento, hanno schermato le aperture delle finestre. Però non è facile viverci, la notte è pieno di pipistelli, entra aria fredda, le scale non hanno protezioni, ecc.
Afaf, che fa la maestra e ha quattro figli, racconta quello che è successo: ‘Ce ne siamo andati 3 settimane fa quando sono cominciati i bombardamenti su Al-Qa’im. Alcune famiglie erano scappate prima, quando il ministro della Difesa, Sadoon Al-Duleimi, ha minacciato un attacco all'area di Al-Garbiya. Hanno fatto bene, perché così sono riuscite a portare con sé un po' di mobili, dei vestiti e del cibo. Quando sono cominciati i bombardamenti abbiamo dovuto scappare il più presto possibile. È stato un giorno molto triste. La gente correva sventolando bandiere bianche, terrorizzata; fuggivano tutti, chi in auto, chi a piedi; alcuni avevano dei furgoni e hanno dato una mano agli anziani e alle famiglie.’
Tutte queste persone avevano ragioni più o meno simili per scappare, ma tutte erano d'accordo su una cosa: avevano paura dell'invasione di americani e iracheni. ‘Ci preoccupiamo per le nostre figlie. Tutto si può aggiustare, tranne l'onore,’ ci dice Afaf. Avevano paura che gli invasori avrebbero violentato le loro ragazze. ‘Abbiamo visto quello che è successo a Tal-Afar. Arrestano gli uomini, le donne vengono lasciate sole, le strade sono bloccate. Non vogliamo trovarci in questa situazione.’
Altre famiglie vivono in condizioni orribili in vari campi profughi sparsi in tutta la provincia nordoccidentale di Al-Anbar."
Nota: La visita ha avuto luogo prima che le operazioni militari in corso avessero inizio. Le notizie da quella zona confermano che la situazione è molto peggiorata.
Secondo l'esercito americano e i media corporativi lo scopo di queste operazioni è "sradicare" i combattenti di al-Qaida in Iraq e i cosiddetti insorti.
Una giornalista irachena che scrive sotto il nome di Sabah Ali, appena tornata dall'area di Al-Qa’im, racconta una storia molto diversa. Avventurandosi nella zona dei combattimenti alla fine di settembre e agli inizi di ottobre, Sabah ha visitato il villaggio di Aanah, a 360 km a ovest di Baghdad, per testimoniare quali siano gli effetti sulla popolazione civile di queste operazioni. Il suo racconto, accompagnato da fotografie, è sul sito del giornalista indipendente Dahr Jamail:
“Ci sono 1500 famiglie di profughi in questa nuovissima e moderna città di Aanah (la vecchia Aanah fu inondata dall'Eufrate quando venne costruita una diga, negli anni ottanta). Il Comitato di Soccorso Umanitario di Aanah - Aanah Humanitarian Relief Committee (AHRC) ha detto che 7450 famiglie provenienti da Al-Qa’im e dintorni si trovano sparse in città, in villaggi e nel deserto dell'Iraq occidentale. Il rapporto dell'AHRC dice che alcune centinaia di famiglie sono ancora sotto assedio ad Al-Qa’im; non hanno lasciato la città per vari motivi: a causa di familiari disabili (ce ne sono ora molti ad Al-Qa’im), o perché non avevano il denaro per partire, oppure perché hanno preferito vivere sotto i bombardamenti piuttosto che in un campo profughi.
Sono molte le famiglie che non sono riuscite a fuggire. Abu Alaa’, per esempio: la sua casa è stata colpita poco tempo fa, sua moglie ha perso la vista durante quell'attacco. Abu Alaa’ non ha potuto andarsene perché sua moglie e suo padre sono stati di nuovo colpiti la scorsa settimana. Sua moglie è stata ferita all'addome ed è ancora all'ospedale.
Facciamo appello alla società internazionale perché a queste famiglie sia dato il modo di lasciare la città prima che venga distrutta. Le persone che rimangono indietro non sono necessariamente combattenti. Semplicemente, non sono state in grado di andarsene.
Le famiglie che sono rimaste si trovano nei seguenti villaggi/città/zone: area al-Mashari`-The Projects (2500 famiglie), Okashat (950 famiglie), Fheida (500), fabbrica di fosfato (400), fabbrica di cemento (350), Tiwan (400), Aanah (1500), Raihana (100), Hasa (200), Jbab (125), Nhaiya (100) e Ma’adhid (75).
Molte famiglie hanno cercato riparo nelle scuole, negli edifici pubblici, negli uffici e nei centri giovanili. Altre vivono in tende donate da comitati di soccorso locali.
I più fortunati sono quelli che hanno amici o parenti in grado di ospitarli in vere case. Molti di loro necessitano di cure mediche, i bambini e i ragazzi non vanno a scuola e hanno perso già un anno di lezioni, le donne stanno affrontando difficoltà incredibili per cercare di mantenere le loro famiglie in condizioni impossibili. Il centro giovanile di Aanah si è trasformato in un campo profughi: 45 famiglie vivono in tende, 17 nell'edificio.
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La famiglia Khamis non ha ricevuto alcuna razione di cibo o salario nei due mesi precedenti l'ultimo attacco.
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Il dottor Hamdi Al-Aloossy, Direttore generale dell'ospedale di Al-Qa’im, si trovava ad Aanah per incontrare il dottor Walid Jawad, Direttore generale dell'ospedale di Aanah, e discutere su quel che bisognava fare per il problema dei profughi e dell'imminente invasione di Al-Qa’im.
Il dottor Hamdi ha confermato che la maggioranza della popolazione di Al-Qa’im (150.000 persone) aveva lasciato la città, e che erano rimasti solo i disabili e coloro che avevano scelto di restare. Ha anche confermato che molti dei feriti che aveva in cura erano donne e bambini (come aveva dichiarato già tre giorni prima sul canale Al-Arabia). Ha spiegato che le famiglie non temono tanto i bombardamenti e i colpi di mortaio quanto l'invasione iracheno-americana della città, cosa che è stata confermata da molte persone.
Secondo il dottor Hamdi, ‘Quando le famiglie hanno visto alla TV quello che è successo a Tal-Afar e hanno sentito il Ministro della Difesa minacciare un attacco ad Al-Qa’im si sono spaventate. È stata una dichiarazione irresponsabile, quella del Ministro della Difesa. Non ci sono stati ordini di evacuazione. Queste migliaia di bambini e di famiglie vivono in condizioni pessime. Un bambino di due mesi è stato punto sette volte dagli scorpioni. Altre due famiglie, ciascuna di 14 componenti, sono state intossicate dal cibo in scatola. La sicurezza sanitaria nel campo è pari a zero. E la sicurezza sanitaria nelle aree bombardate e attaccate è totalmente a rischio. Mi viene da piangere se penso a quelle famiglie. La mortalità infantile si è triplicata a causa di malattie banali perché non disponiamo né di vaccini, né di corrente elettrica per conservarli. Non possiamo controllare le condizioni di salute delle donne, molte sono scappate. Ne ricevevamo 200 al giorno, ora sono 15-20. Non abbiamo statistiche, ma possiamo dire approssimativamente che la percentuale di mortalità femminile è aumentata del doppio.’
‘Ripariamo l'ospedale ogni due mesi; i vetri, l'acqua, l'elettricità... e poi lo bombardano di nuovo. Il governo dovrebbe fare qualcosa. La violenza porta solo ad altra violenza.’
Il dottor Walid di Aanah ha detto che il suo ospedale non è in grado di accogliere il gran numero di profughi. ‘Riceviamo 500-600 pazienti al giorno; non abbiamo questa capacità, non abbiamo un chirurgo, un anestesista, medicine e scorte d'emergenza, sciroppi pediatrici, materiali di laboratorio, ecc.,’ ha detto il dottor Walid, ‘E ad Aanah adesso ci sono 3-5 famiglie in ciascuna casa.’
Durante la nostra visita allo studio del dottor Walid c'era un andirivieni continuo di pazienti. La maggioranza viene da Al-Qa’im o Rawa, un'altra città dell'Iraq occidentale che ha conosciuto una brutta invasione tre mesi fa. Una giovane di 18 anni, Sabreen, zoppica e ha bisogno di un'operazione e di terapie. È una delle cinque operaie della fabbrica tessile di Rawa che sono state colpite dalle truppe americane tre mesi fa. Il dottor Walid l'ha mandata da un chirurgo suo amico a Ramadi.
Alla scuola superiore di Aanah abbiamo incontrato 14 famiglie; la maggioranza era di Rawa. Hanno trasformato le aule in soggiorni, cucine e stanze da letto. I banchi vengono usati come tavoli da cucina, e i piatti e i vestiti si lavano in cortile. Inutile dire che tutte le scuole delle zone vicine sono chiuse. Invece ad Aanah, dove la situazione è relativamente tranquilla, le scuole sono aperte, ma utilizzano per le lezioni solo 2-3 aule, lasciando il resto alle famiglie sfollate.
La cosa più triste è che queste famiglie non sanno perché devono affrontare questo destino. Aala’ Ahmad, 15 anni, non capisce perché l'esercito americano abbia occupato la casa della sua famiglia e li abbia cacciati via, solo perché dalla loro casa si poteva vedere tutta Rawa: ‘Non ci hanno permesso di rientrare in casa, hanno detto che dovevano tornarci regolarmente,’ dice. Aala’ ha perso l'anno scolastico.
Um Ismael, madre di sei figli, non capisce perché gli americani abbiano fatto saltare in aria la porta della sua casa, che era aperta. ‘Hanno perquisito e distrutto ogni cosa, e non hanno trovato niente,’ dice, 'Non c'erano nemmeno degli uomini giovani che potessero arrestare. Cosa faremo adesso?’
Le famiglie con le quali abbiamo trascorso la nostra prima notte ad Aanah avevano trovato riparo in un edificio in costruzione vuoto. È un casa di due piani, abbastanza grande. Il proprietario è un avvocato che appartiene a una famiglia molto conosciuta. Le donne hanno pulito la casa, hanno spazzato via gli animali morti, le macerie e le immondizie, hanno fatto in modo che ci fosse l'acqua, la corrente elettrica, hanno steso tappeti di plastica sul pavimento, hanno schermato le aperture delle finestre. Però non è facile viverci, la notte è pieno di pipistelli, entra aria fredda, le scale non hanno protezioni, ecc.
Afaf, che fa la maestra e ha quattro figli, racconta quello che è successo: ‘Ce ne siamo andati 3 settimane fa quando sono cominciati i bombardamenti su Al-Qa’im. Alcune famiglie erano scappate prima, quando il ministro della Difesa, Sadoon Al-Duleimi, ha minacciato un attacco all'area di Al-Garbiya. Hanno fatto bene, perché così sono riuscite a portare con sé un po' di mobili, dei vestiti e del cibo. Quando sono cominciati i bombardamenti abbiamo dovuto scappare il più presto possibile. È stato un giorno molto triste. La gente correva sventolando bandiere bianche, terrorizzata; fuggivano tutti, chi in auto, chi a piedi; alcuni avevano dei furgoni e hanno dato una mano agli anziani e alle famiglie.’
Tutte queste persone avevano ragioni più o meno simili per scappare, ma tutte erano d'accordo su una cosa: avevano paura dell'invasione di americani e iracheni. ‘Ci preoccupiamo per le nostre figlie. Tutto si può aggiustare, tranne l'onore,’ ci dice Afaf. Avevano paura che gli invasori avrebbero violentato le loro ragazze. ‘Abbiamo visto quello che è successo a Tal-Afar. Arrestano gli uomini, le donne vengono lasciate sole, le strade sono bloccate. Non vogliamo trovarci in questa situazione.’
Altre famiglie vivono in condizioni orribili in vari campi profughi sparsi in tutta la provincia nordoccidentale di Al-Anbar."
Nota: La visita ha avuto luogo prima che le operazioni militari in corso avessero inizio. Le notizie da quella zona confermano che la situazione è molto peggiorata.
venerdì, ottobre 07, 2005
Lost Before Translation
George W. Bush riceve il Primo Ministro ungherese, e scommetto che nessuno vorrebbe trovarsi nei panni dell'interprete.
Cioè, cioè
The Prime Minister also brought up some issues of concern to the people of Hungary, one of which, of course, is visa policy. He understands that his job, when talking to the President, is to -- is to say, the people of my country -- which he did -- are concerned about the visa policy.
Una visita è una visita è una visita
All in all, I found it to be a great visit. The visit, by the way, started yesterday when his good wife and my wife visit -- had a -- had a strong visit.
Cos'è successo in Ungheria nel '56?
Q: I would like to raise the question to President Bush, as well, if, as far as you know, you've got an invitation from the Hungarian government for next year for the 50th anniversary of the 1956 revolution? So would you accept this invitation?
[...]
PRESIDENT BUSH: Well, he did extend the invitation, and I appreciate the invitation, because 1956 means a lot to a lot of Americans. A lot of Americans came from Hungary to live here after the '56 incidents. They can trace their history to our country because of those -- of what took place in Hungary. Plus, a lot of Americans followed the incidents in 1956, and appreciated and respected the courage of folks who were willing to stand up for freedom and liberty.
See, 1956 says to us, there are key moments in history when ordinary citizens are willing to defend the right for all to be free. And so it's an important event. I told the Prime Minister, I'm not my own scheduler. I will pass the word on how important this event is, and I will look very carefully at the invitation.
Fonte: Whitehouse.org, via First Draft.
Cioè, cioè
The Prime Minister also brought up some issues of concern to the people of Hungary, one of which, of course, is visa policy. He understands that his job, when talking to the President, is to -- is to say, the people of my country -- which he did -- are concerned about the visa policy.
Una visita è una visita è una visita
All in all, I found it to be a great visit. The visit, by the way, started yesterday when his good wife and my wife visit -- had a -- had a strong visit.
Cos'è successo in Ungheria nel '56?
Q: I would like to raise the question to President Bush, as well, if, as far as you know, you've got an invitation from the Hungarian government for next year for the 50th anniversary of the 1956 revolution? So would you accept this invitation?
[...]
PRESIDENT BUSH: Well, he did extend the invitation, and I appreciate the invitation, because 1956 means a lot to a lot of Americans. A lot of Americans came from Hungary to live here after the '56 incidents. They can trace their history to our country because of those -- of what took place in Hungary. Plus, a lot of Americans followed the incidents in 1956, and appreciated and respected the courage of folks who were willing to stand up for freedom and liberty.
See, 1956 says to us, there are key moments in history when ordinary citizens are willing to defend the right for all to be free. And so it's an important event. I told the Prime Minister, I'm not my own scheduler. I will pass the word on how important this event is, and I will look very carefully at the invitation.
Fonte: Whitehouse.org, via First Draft.
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giovedì, ottobre 06, 2005
The Madness of President George
Nel 2003 George Bush raccontò ai ministri palestinesi che Dio gli aveva detto di invadere l'Afghanistan e l'Iraq e di creare uno Stato Palestinese. Lo rivela una serie televisiva in tre parti che andrà in onda su BBC TWO lunedì 10, 17 e 24 ottobre, e nella quale Abu Mazen e il suo ministro degli esteri Nabil Shaath descrivono il loro primo incontro con Bush nel giugno del 2003.
Racconta Nabil Shaath: "Il presidente Bush disse a tutti noi: 'ho una missione per conto di Dio. Dio mi ha detto, 'George, va' a combattere quei terroristi in Afghanistan.' E io l'ho fatto, e Dio allora mi ha detto, 'George, va' a metter fine alla tirannia in Iraq...' E io l'ho fatto. E ora, di nuovo, sento venire a me le parole di Dio, 'Va' a dare ai palestinesi il loro stato e agli israeliani la loro sicurezza, e porta la pace in Medio Oriente.' E in nome di Dio io lo farò.'"
Abu Mazen, che era presente, racconta che Bush gli disse: "Ho un obbligo morale e religioso. E dunque vi darò uno Stato Palestinese."
Secondo Ralph Waldo Emerson, Dio entra in ogni individuo attraverso una porta privata. Il problema è che la porta privata di Bush è probabilmente quella del suo mobile bar.
Fonte: BBC, via Angry Arab.
Racconta Nabil Shaath: "Il presidente Bush disse a tutti noi: 'ho una missione per conto di Dio. Dio mi ha detto, 'George, va' a combattere quei terroristi in Afghanistan.' E io l'ho fatto, e Dio allora mi ha detto, 'George, va' a metter fine alla tirannia in Iraq...' E io l'ho fatto. E ora, di nuovo, sento venire a me le parole di Dio, 'Va' a dare ai palestinesi il loro stato e agli israeliani la loro sicurezza, e porta la pace in Medio Oriente.' E in nome di Dio io lo farò.'"
Abu Mazen, che era presente, racconta che Bush gli disse: "Ho un obbligo morale e religioso. E dunque vi darò uno Stato Palestinese."
Secondo Ralph Waldo Emerson, Dio entra in ogni individuo attraverso una porta privata. Il problema è che la porta privata di Bush è probabilmente quella del suo mobile bar.
Fonte: BBC, via Angry Arab.
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La famiglia, qualche vestito, qualche imprevisto
Sulla Repubblica di oggi Antonello Caporale intervista il forzista Guido Crosetto, secondo il quale il taglio del 10% metterà in crisi i parlamentari che già vivono "al limite delle loro possibilità": mutui da pagare, questioni di dignità che impediranno le dimissioni, bocconi amari. E tutto questo per 800 euro in meno in busta paga, signori.
Con quattordicimila euro al mese si tira la cinghia.
Dopo le spiego che fine fanno quei quattordicimila euro.
Lo spieghi adesso.
Parta da questa premessa: i politici vivono al di sopra delle loro possibilità.
E chi glielo ordina di vivere al di sopra delle loro possibilità?
L'immagine pubblica richiede molte volte che si comportino come se avessero più soldi in tasca di quelli che in effetti hanno. Un parlamentare del sud spende anche un terzo in più di uno del nord. Dove l'economia è più debole la politica è il potere che deve farsi riconoscere. Al sud sei uno straccione se non giri con l'auto blu e l'autista. [...]
Di quei quattordicimilia euro tolga duemila che servono per pagare una segreteria a Roma. Altri duemila per la segreteria nel proprio collegio.
Ne rimangono sempre diecimila.
Ne tolga altri 1500 per il partito.
Ne tolgo duemila, ma restano ottomila.
Vivere a Roma ha un costo.
Quanto?
Mille, duemila euro, a seconda delle persone.
E siamo a seimila.
Sa quanto costa una campagna elettorale? Mi tengo basso e le fornisco una cifra in lire: duecento milioni. Sono quaranta milioni l'anno che dovrebbe mettere da parte. Almeno 1500 euro al mese.
E siamo a 4500 euro.
Lei fa il parlamentare, vuol essere rieletto, organizza incontri e cene. Chi paga?
E chi paga?
Lo so io chi paga.
Poi c'è la famiglia.
La famiglia, qualche vestito, qualche imprevisto. Si fa presto a bussare alla porta della banca.
Strano, meschino, ingiusto paese.
Con quattordicimila euro al mese si tira la cinghia.
Dopo le spiego che fine fanno quei quattordicimila euro.
Lo spieghi adesso.
Parta da questa premessa: i politici vivono al di sopra delle loro possibilità.
E chi glielo ordina di vivere al di sopra delle loro possibilità?
L'immagine pubblica richiede molte volte che si comportino come se avessero più soldi in tasca di quelli che in effetti hanno. Un parlamentare del sud spende anche un terzo in più di uno del nord. Dove l'economia è più debole la politica è il potere che deve farsi riconoscere. Al sud sei uno straccione se non giri con l'auto blu e l'autista. [...]
Di quei quattordicimilia euro tolga duemila che servono per pagare una segreteria a Roma. Altri duemila per la segreteria nel proprio collegio.
Ne rimangono sempre diecimila.
Ne tolga altri 1500 per il partito.
Ne tolgo duemila, ma restano ottomila.
Vivere a Roma ha un costo.
Quanto?
Mille, duemila euro, a seconda delle persone.
E siamo a seimila.
Sa quanto costa una campagna elettorale? Mi tengo basso e le fornisco una cifra in lire: duecento milioni. Sono quaranta milioni l'anno che dovrebbe mettere da parte. Almeno 1500 euro al mese.
E siamo a 4500 euro.
Lei fa il parlamentare, vuol essere rieletto, organizza incontri e cene. Chi paga?
E chi paga?
Lo so io chi paga.
Poi c'è la famiglia.
La famiglia, qualche vestito, qualche imprevisto. Si fa presto a bussare alla porta della banca.
Strano, meschino, ingiusto paese.
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martedì, ottobre 04, 2005
Tattiche di umiliazione
I prigionieri al guinzaglio, le piramidi di corpi nudi, l'utilizzo di cani per terrorizzare i detenuti non sono mica forme di tortura. Sono tecniche di umiliazione, approvate e incoraggiate dai superiori. Il soldato Lynndie England dice che ad Abu Ghraib succedeva ben di peggio. Una notte per esempio le capitò di sentire urla da far gelare il sangue. "Non gridavano mai così quando li stavamo umiliando". Dice che quelle urla la perseguitano ancora, che riesce ancora a sentirle come se fosse successo ieri.
Invece le tecniche usate da lei e da altri (denudare, umiliare, ammanettare ai letti e al soffitto) erano tattiche per ammorbidire i detenuti prima degli interrogatori, normale amministrazione. E gli ufficiali della polizia militare la mattina dopo vedevano le foto e approvavano: "Oh, buon lavoro, continuate così!".
Ma quelle urla erano un'altra cosa, roba da far accapponare la pelle a una Lynndie England. Dice lei. Mi permetto di dubitare che sia ancora perseguitata dal ricordo.
Altre 87 fotografie di abusi e torture a Abu Ghraib saranno presto rese pubbliche per decisione di un giudice federale dopo il ricorso dell'American Civil Liberties Union. Ma il Dipartimento della Difesa probabilmente farà di tutto per impedirlo, perché queste cose finiscono sempre per alimentare la propaganda antiamericana. Chissà come mai.
Link: "Lynndie England speaks of worse abuse at Abu Ghraib", Mail&Guardian Online.
Invece le tecniche usate da lei e da altri (denudare, umiliare, ammanettare ai letti e al soffitto) erano tattiche per ammorbidire i detenuti prima degli interrogatori, normale amministrazione. E gli ufficiali della polizia militare la mattina dopo vedevano le foto e approvavano: "Oh, buon lavoro, continuate così!".
Ma quelle urla erano un'altra cosa, roba da far accapponare la pelle a una Lynndie England. Dice lei. Mi permetto di dubitare che sia ancora perseguitata dal ricordo.
Altre 87 fotografie di abusi e torture a Abu Ghraib saranno presto rese pubbliche per decisione di un giudice federale dopo il ricorso dell'American Civil Liberties Union. Ma il Dipartimento della Difesa probabilmente farà di tutto per impedirlo, perché queste cose finiscono sempre per alimentare la propaganda antiamericana. Chissà come mai.
Link: "Lynndie England speaks of worse abuse at Abu Ghraib", Mail&Guardian Online.
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lunedì, ottobre 03, 2005
Cento di questi anni
"In un certo senso non ho niente da dire, ma molto da aggiungere."
Cento di questi anni a Gore Vidal, che oggi ne compie ottanta.
Cento di questi anni a Gore Vidal, che oggi ne compie ottanta.
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giovedì, settembre 29, 2005
President Evil e compagni di merende
La lista completa dei soprannomi usati da George W. Bush per compari e collaboratori. Pensavo che avesse esaurito i due unici neuroni sobri nel sublime texanismo "Turd blossom" riservato a Karl Rove. Però Pootie-Poot per Putin non è male.
Via Metafilter, Dubya Nickname.
Via Metafilter, Dubya Nickname.
Nuove frontiere della chirurgia
Titolo di Google News.
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mercoledì, settembre 28, 2005
Di trentatrè che lui ce n'ha
È finalmente giunto il momento di contare i vice/assistenti/importantissimi collaboratori/luogotenenti/alter ego di Zarqawi catturati, uccisi o ricercati negli ultimi due anni e mezzo.
Con quello di ieri sono 33.
Con quello di ieri sono 33.
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Sensazione, Estasi e Vacanza a New Orleans
"Hasty negotiations"? Trattative affrettate?
Ci sarebbe già da discutere sul fatto che per risolvere il problema degli sfollati di New Orleans alla FEMA sia venuto in mente di noleggiare tre navi da crociera della Carnival ("Dunque, posti letto, posti letto, tanti posti letto... idea! Gli mandiamo la Sensation, l'Ecstasy e l'Holiday!"). Che poi sono rimaste mezze vuote. Del resto, uno che ci fa ormeggiato in un porto, dopo aver perso tutto, senza la possibilità di cercarsi un lavoro?
Ma vogliamo definirlo "un ottimo prezzo", "date le circostanze"?
236 milioni di dollari significano almeno cabina esterna superior gran balcone per tutti, animazione e buffet di mezzanotte inclusi. Cena al tavolo del comandante, inclusa. Ragazzini sotto i 12 anni gratis. E che cavolo.
A proposito degli sfollati di New Orleans, i media hanno un po' esagerato - e soprattutto non verificato - i racconti di stupri, violenze e omicidi al Superdome e al centro congressi nei giorni del disastro. Niente mucchi di cadaveri, niente bambini fatti a pezzi. Dieci morti al Superdome, quattro al centro congressi. Solo due sono sospetti omicidi; sembra che una delle due vittime -- trovata al Superdome -- sia stata uccisa altrove e poi portata lì.
La versione apocalittica era piaciuta tanto anche ai nostri quotidiani, ma tant'è: i bagni non funzionavano, mancavano il cibo e le medicine, faceva molto caldo, però si è scoperto che i neri e i disperati non vanno in giro a stuprare e uccidere donne e bambini.
Ci sarebbe già da discutere sul fatto che per risolvere il problema degli sfollati di New Orleans alla FEMA sia venuto in mente di noleggiare tre navi da crociera della Carnival ("Dunque, posti letto, posti letto, tanti posti letto... idea! Gli mandiamo la Sensation, l'Ecstasy e l'Holiday!"). Che poi sono rimaste mezze vuote. Del resto, uno che ci fa ormeggiato in un porto, dopo aver perso tutto, senza la possibilità di cercarsi un lavoro?
Ma vogliamo definirlo "un ottimo prezzo", "date le circostanze"?
236 milioni di dollari significano almeno cabina esterna superior gran balcone per tutti, animazione e buffet di mezzanotte inclusi. Cena al tavolo del comandante, inclusa. Ragazzini sotto i 12 anni gratis. E che cavolo.
A proposito degli sfollati di New Orleans, i media hanno un po' esagerato - e soprattutto non verificato - i racconti di stupri, violenze e omicidi al Superdome e al centro congressi nei giorni del disastro. Niente mucchi di cadaveri, niente bambini fatti a pezzi. Dieci morti al Superdome, quattro al centro congressi. Solo due sono sospetti omicidi; sembra che una delle due vittime -- trovata al Superdome -- sia stata uccisa altrove e poi portata lì.
La versione apocalittica era piaciuta tanto anche ai nostri quotidiani, ma tant'è: i bagni non funzionavano, mancavano il cibo e le medicine, faceva molto caldo, però si è scoperto che i neri e i disperati non vanno in giro a stuprare e uccidere donne e bambini.
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martedì, settembre 27, 2005
Bored with Empire
"Yeeha is not a foreign policy"
"Ex-Republican. Ask me why"
"Blind Faith in Bad Leadership is not Patriotism"
"Osama bin Forgotten"
"Make levees not war"
"W's the Devil, One Degree of Separation"
"Dick Cheney Eats Kittens"
"Bush busy creating business for morticians worldwide"
"Liar, born liar, born-again liar"
"Dude -- There's a War Criminal in My White House!!!"
"Motivated moderates against Bush"
"Bored with Empire"
"War is Terrorism with a Bigger Budget."
"No Iraqis Left Me on a Roof to Die"
Scritte viste alla manifestazione di Washington D.C., in questo articolo di Tom Engelhardt.
(confesso un debole per il Cheney magnagatti e per i "moderati motivati contro Bush")
"Ex-Republican. Ask me why"
"Blind Faith in Bad Leadership is not Patriotism"
"Osama bin Forgotten"
"Make levees not war"
"W's the Devil, One Degree of Separation"
"Dick Cheney Eats Kittens"
"Bush busy creating business for morticians worldwide"
"Liar, born liar, born-again liar"
"Dude -- There's a War Criminal in My White House!!!"
"Motivated moderates against Bush"
"Bored with Empire"
"War is Terrorism with a Bigger Budget."
"No Iraqis Left Me on a Roof to Die"
Scritte viste alla manifestazione di Washington D.C., in questo articolo di Tom Engelhardt.
(confesso un debole per il Cheney magnagatti e per i "moderati motivati contro Bush")
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lunedì, settembre 26, 2005
Sex, booze or religion?
Il National Enquirer, che è un giornalaccio, ha scritto che Bush ha ripreso a bere dopo l'Uragano Katrina. Lo sguardo assente, le amnesie, la sintassi confusa, i neologismi da doposbronza e l'apparente incapacità di elaborare ragionamenti lineari fanno pensare che non abbia mai smesso.
Intanto il sito di scommesse sportive Betcris (nella sezione entertainment, con qualche problema di visualizzazione per chi usa Firefox) ha pubblicato le quote:
Con calma, c'è tempo fino al 1° maggio 2009.
Intanto il sito di scommesse sportive Betcris (nella sezione entertainment, con qualche problema di visualizzazione per chi usa Firefox) ha pubblicato le quote:
Con calma, c'è tempo fino al 1° maggio 2009.
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domenica, settembre 25, 2005
Armed & Dangerous
"It is an important and popular fact that things are not always what they seem. For instance, on the planet Earth, man had always assumed that he was more intelligent than dolphins because he had achieved so much - the wheel, New York, wars and so on -- whilst all the dolphins had ever done was muck about in the water having a good time. But conversely, the dolphins had always believed that they were far more intelligent than man - for precisely the same reasons."
Douglas Adams, The Restaurant at the End of the Universe.
36 delfini armati di frecce avvelenate e addestrati dalla US Navy ad attaccare e uccidere si aggirano nel Golfo del Messico, apparentemente fuori controllo dopo l'Uragano Katrina. "Hanno imparato a sparare agli uomini in tuta da sub che simulavano attacchi terroristici durante le esercitazioni. Se dovessero scambiare semplici nuotatori o surfisti per spie o terroristi suicidi, potrebbero lanciare le loro frecce tossiche".
I delfini sono molto intelligenti; questi però, essendo stati addestrati dalla marina americana, potrebbero esserlo un po' meno.
Cose che capitano sul pianeta Terra.
Fonte: "Armed and dangerous - Flipper the firing dolphin let loose by Katrina", The Observer.
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