lunedì, settembre 26, 2005

Sex, booze or religion?

Il National Enquirer, che è un giornalaccio, ha scritto che Bush ha ripreso a bere dopo l'Uragano Katrina. Lo sguardo assente, le amnesie, la sintassi confusa, i neologismi da doposbronza e l'apparente incapacità di elaborare ragionamenti lineari fanno pensare che non abbia mai smesso.
Intanto il sito di scommesse sportive Betcris (nella sezione entertainment, con qualche problema di visualizzazione per chi usa Firefox) ha pubblicato le quote:



Con calma, c'è tempo fino al 1° maggio 2009.

domenica, settembre 25, 2005

Armed & Dangerous



"It is an important and popular fact that things are not always what they seem. For instance, on the planet Earth, man had always assumed that he was more intelligent than dolphins because he had achieved so much - the wheel, New York, wars and so on -- whilst all the dolphins had ever done was muck about in the water having a good time. But conversely, the dolphins had always believed that they were far more intelligent than man - for precisely the same reasons."
Douglas Adams, The Restaurant at the End of the Universe.

36 delfini armati di frecce avvelenate e addestrati dalla US Navy ad attaccare e uccidere si aggirano nel Golfo del Messico, apparentemente fuori controllo dopo l'Uragano Katrina. "Hanno imparato a sparare agli uomini in tuta da sub che simulavano attacchi terroristici durante le esercitazioni. Se dovessero scambiare semplici nuotatori o surfisti per spie o terroristi suicidi, potrebbero lanciare le loro frecce tossiche".
I delfini sono molto intelligenti; questi però, essendo stati addestrati dalla marina americana, potrebbero esserlo un po' meno.
Cose che capitano sul pianeta Terra.

Fonte: "Armed and dangerous - Flipper the firing dolphin let loose by Katrina", The Observer.

sabato, settembre 24, 2005

La vita è una cipolla OGM

L. ha una vecchia zia che alla domanda "Come va?" ha l'abitudine di rispondere "La vita è come una cipolla, più la sbucci e più ti fa piangere". In dialetto, lo dice: "La vita xe una zevolla...". Da sempre, con fare rassegnato: "Come va, zia?" "La vita xe una zevolla..."
Poi, un giorno.
L. dà un passaggio in auto alla zia, e mentre sono fermi a un semaforo, le dice:
– Eh, zia? Come va?
– Bene.
– ...
– Bene.
– Zia, la vita è come la cipolla, più la sbucci... Eh, zia?
– Sì.
– Vero?
– Sì – Lunga pausa. – Ultimamente però hanno inventato le cipolle che non fanno piangere.

venerdì, settembre 23, 2005

Nobody named Bianca

Su Crooks and Liars, per WMP e QT:

- aaaaahm, Bianca.
- ...
- Nessuno che si chiami Bianca?
- ...
- Beh, mi dispiace, Bianca non c'è. Sarei stato felice di rispondere alle sue domande.

Sembra che Bush abbia ricominciato a bere.

mercoledì, settembre 21, 2005

Un fallimento senza paragoni

"Non fatevi ingannare una seconda volta. Vi hanno detto che la Gran Bretagna doveva invadere l'Iraq a causa delle armi di distruzione di massa. Avevano torto. Ora dicono che le truppe britanniche devono restare in Iraq, altrimenti sarà il caos.
Questa seconda bugia sta infettando tutti. Ne vanno parlando i laburisti e i conservatori contrari alla guerra e perfino il portavoce liberaldemocratico, Sir Menzies Campbell. Il suo assioma è che i soldati occidentali sono così competenti che, ovunque vadano, ne può solo venir del bene. È loro dovere non lasciare l'Iraq finché l'ordine non sarà stato ristabilito, le infrastrutture ricostruite e la democrazia inculcata.
Notate la congiunzione "finché". Nasconde un sanguinoso mezzo secolo fatto di illusioni e di arroganza. Il fardello dell'uomo bianco è ancora vivo e vegeto nei cieli sopra Baghdad (le strade sono ormai troppo pericolose). Possono morire centinaia di soldati e di civili. Si possono sperperare milioni. Ma Tony Blair ci dice che solo i valori occidentali imposti con la canna di un fucile sono in grado di salvare il povero musulmano dal suo peggior nemico, se stesso.
[...]
Blair ha fatto quello che nessun primo ministro dovrebbe fare. Ha messo i suoi soldati alla mercé di una potenza straniera. Prima quella potenza era l'America. Ora, secondo il ministro della difesa, John Reid, è una banda di coraggiosi ma disperati iracheni sepolti nella Zona Verde di Baghdad. Dice che resterà finché non gli chiederanno di andarsene, finché le truppe irachene non saranno ben addestrate e le infrastrutture ricostruite. Significa fino al giorno del giudizio. Tutti lo sanno.
[...]
Le infrastrutture non sono state ricostruite. A Baghdad l'acqua, la corrente elettrica e le fognature stanno peggio di dieci anni fa. Ingenti somme di denaro - come il miliardo di dollari per forniture militare - vengono rubate e riposte in banche giordane. La nuova costituzione è lettera morta, eccetto la parte della sharia, che è già di fatto in vigore nelle aree sciite.
I soldati britannici combattono una guerra sul cui corso, condotta ed esito i loro governanti non hanno alcun controllo. La strategia di uscita non è più realistica, anzi, è disonesta. Non si parla più di ridurre il numero delle truppe da 8000 a 3000 il prossimo anno.
[...]
Le presunta ragione dell'occupazione dell'Iraq era di portarvi sicurezza e democrazia. Abbiamo smantellato la prima e mancato di costruire la seconda. L'Iraq è un fallimento senza paragoni nella recente politica britannica. Adesso ci dicono che dobbiamo "mantenere la rotta" o accadrà il peggio. Questo è il codice che usano i ministri che si rifiutano di ammettere un errore e che sperano che lo faccia qualcun altro dopo di loro. Per quella volta i curdi si saranno ancora più separati, i sunniti saranno ancora più infuriati e gli sciiti più fondamentalisti. Saranno morti un centinaio di soldati britannici.
L'America ha lasciato il Vietnam e il Libano al loro destino. Sono sopravvissuti. Noi abbiamo lasciato Aden e altre colonie. Alcune, come la Malaya e Cipro, hanno conosciuto scontri sanguinosi e la divisione. Abbiamo giustamente detto che erano affari loro. Lo è anche l'Iraq per gli iracheni. Abbiamo già fatto abbastanza guai laggiù.
Può davvero essere che i soldati britannici siano i migliori del mondo. Ma perché allora Blair li sta portando all'umiliazione?"

Simon Jenkins, "To say we must stay in Iraq to save it from chaos is a lie", The Guardian.

Avanzo di galera

Avete presente i saccheggi di New Orleans il giorno dopo l'uragano? I disordini, la minaccia di esecuzioni sommarie, la situazione ingestibile.
Ecco qua: questo avanzo di galera ha 73 anni e ha passato 16 giorni in carcere con l'accusa di aver rubato generi alimentari per un valore di 63 dollari.

"Il martedì dopo l'uragano avevano un bel po' d'acqua, stavamo al Motel Six, e loro avevano un bel po' d'acqua. Allora sono scesa a prendere un po' d'acqua per il gabinetto. Poi sono tornata giù e c'era tanta gente, sono andata in macchina a caricare il telefono e a prendere delle salsicce che tenevo nel bagagliaio.
Beh, ho visto parecchia gente, ma non sapevo cosa stesse succedendo. Così ho preso le mie salsicce e mi sono guardata attorno, e ho visto un poliziotto. Mi ha chiamata, 'venga qui', e io sono andata. Mi sono avvicinata e lui mi ha detto che quelle cose venivano da un negozio e che stavo saccheggiando.
Prima di tutto, sa, non sapevo cosa voleva dire saccheggiare, così ho detto 'non sono andata in nessun negozio. non sono entrata con la forza in nessun negozio. E Dio mi sia testimone, non sono andata in nessun negozio.' Sa, sono diabetica, perché mai dovrei andare a rubare in un negozio?"

Ma è accusata anche di aver rubato della birra:
"Come prima cosa, non bevo. Non avevo della birra. Ho sempre una borsa frigo nel bagagliaio. Mi porto sempre del cibo nel bagagliaio. Tutti quelli che mi conoscono sanno che tengo del cibo nel bagagliaio quando vado da qualche parte. Ero andata a prendere il resto del cibo per dar da mangiare a mio marito. Ho un marito di 80 anni e l'avevo lasciato di sopra quando mi hanno arrestata, non l'ho più visto fino a venerdì scorso."

"Mi hanno portata a Gretna dove credo di esser stata circa una settimana da martedì a martedì, a Gretna. Da là mi hanno portata alla stazione degli autobus o alla stazione dei treni, e lì ho dormito sul pavimento tutta la notte. Non ci volevano dire - non mi volevano dire dove mi avrebbero portata. Semplicemente continuavano a portarmi in giro. Il mattino dopo mi hanno messa su un autobus e così mi hanno portata a Saint Gabriel [il penitenziario di stato], e lì sono rimasta fino a venerdì."

La cauzione sarebbe stata di 50.000 dollari, ma sembra che il giudice si sia impietosito.

martedì, settembre 20, 2005

Il piccolo problema di Usamah

Usamah Nabil, un bambino iracheno di 10 anni che vive a Baghdad, ha un problema che non dipende in alcun modo da lui, che gli è toccato suo malgrado e nonostante i suoi tentativi di liberarsene:
"Questo problema lo segue ovunque vada. Non è un problema di salute, o sociale, o umanitario: il problema è che questo bambino assomiglia moltissimo a George W. Bush. Al punto che i suoi genitori e i suoi amici e compagni di scuola hanno smesso di chiamarlo con il suo vero nome, e lo chiamano 'Bush'."
Dice suo padre: "Mio figlio Usamah ha un'intelligenza vivace e lavora molto bene nel mio negozio. Ma il problema è il suo aspetto che somiglia a quello di... Bush, tanto che i clienti non lo chiamano più con il suo nome, lo chiamano "Piccolo Bush", e questo gli dà dispiacere, e qualche volta mi mette in imbarazzo quando reagisce a quel nome usando parole forti... Ha cominciato a odiare la scuola per quel soprannome... Ma io cerco di convincerlo che Bush verrà dimenticato tra qualche anno, e solo pochi lo ricorderanno, e che lui potrà vivere con il suo vero nome e il suo vero aspetto."

Ho capito, ma intanto.

La porastella è qui. Via Angry Arab.

Sì, va bene: Usamah Nabil "Bush".
Non c'è niente da ridere.

Negoziati

Sai di vivere in un paese occupato "quando non puoi arrestare persone che sparano ai tuoi poliziotti e non puoi tenerle in carcere. Un esercito straniero demolisce i muri della tua prigione, porta via i suoi connazionali e consente la fuga di 150 detenuti".
[...]
"Oh, di certo qualcuno dirà che il sistema giudiziario iracheno è ingiusto, poco credibile, e che non gli si può affidare delle persone, ecc. Tutto questo può anche essere vero, e io non sono il genere di persona che pensa che un arresto sia un fatto indiscutibile. Ma questo non spiega la situazione dei soldati britannici: dopo tutto non erano stati rapiti in Gran Bretagna mentre badavano ai loro affari. Erano in Iraq, armati, "sotto copertura", e sparavano ai civili per la strada.
Secondo le autorità irachene questi uomini avevano aperto il fuoco contro ufficiali di polizia iracheni a un posto di blocco, e questo mi sembra molto verosimile. Dopo tutto, quale iracheno ha il diritto di chiedere all'Uomo occidentale di fermarsi a un posto di blocco? Nessuno, ovviamente, e se qualcuno osa farlo bisogna reagire sparando.
Naturalmente questi uomini erano anche sotto copertura, vestiti da arabi. Ma, anche così, gli iracheni avrebbero dovuto rendersi conto che questi erano Soldati Occidentali "con compiti speciali di sicurezza" e tenersene ben lontani. Possibile che non abbiano un po' di giudizio, questi indigeni?"
Under the Same Sun

Il portavoce del Ministro della Difesa inglese ha detto: "Non abbiamo avuto conferma dei dettagli. Non abbiamo appreso nulla che suggerisca che abbiamo assaltato la prigione. Sappiamo che ci sono stati negoziati."
E infatti. Non c'è niente di male a negoziare con i carri armati.
Nuova versione: "Due soldati britannici sono stati fermati e portati a un commissariato di polizia iracheno. Abbiamo cominciato a negoziare con le autorità irachene per ottenere la loro liberazione. Pensiamo che le autorità abbiano ordinato la loro liberazione, ma purtroppo non sono stati liberati e ci siamo preoccupati per la loro sicurezza e quindi un blindato di fanteria Warrier ha sfondato il muro di cinta in quel posto".
(
a proposito: le mie traduzioni sono stranine, ma quelle di Repubblica di più)

Tutta colpa dell'Iran, comunque.

Aggiornamento con foto: "Minor damage was caused to the prison compound wall and to the house in which our two soldiers were held."
Brigadiere John Lorimer, Comandante della 12ma Brigata Meccanizzata.

lunedì, settembre 19, 2005

Macabro puzzle/The sunshine girls

Esterno giorno, spiaggia. Due donne sui settanta, sedute in riva al mare. Bassa marea, gabbiani, luce settembrina.
– E poi, quei tocchi trovati a Doberdò?
– Nei sacchi delle scovazze, sì sì.
– L'altro giorno un torso...
– E poi dei arti: bracci, gambe.
– Ma niente teste.
– Niente. Per forza...
– Colle teste...
– Se fa il brodo!

martedì, settembre 13, 2005

Il macabro puzzle

A causa di elaborati lavori di rifacimento del vialetto sotto casa che prevedono un impiego smodato e mattiniero di martello pneumatico e ruspa mi assento per qualche giorno, metto pianeta e colonie in vacation mode e vi affido i commenti del blog per i soliti festini (ai quali potrei partecipare anch'io).
Questo per dire che, se sentite parlare del ritrovamento di un numero x di sacchetti contenenti resti umani in località Medeazza (Medja Vas) tra il Carso triestino (competenza del Calavera) e quello goriziano (doline mie), io ho ancora tutti i miei pezzetti al loro posto: il "macabro puzzle" con il quale sono alle prese "gli inquirenti" non condurrà alla mia foto segnaletica o al mio grazioso dna. Qui l'unico puzzle sarà il vialetto in questione, che i miei pretenziosi vicini vorranno lastricare di mattonelle zebrate Dolce e Gabbana o di mosaici pornosoft fintoromani.
Insomma, non sono stata depezzata.
Né ho bevuto del succo di frutta avvelenato da acquabomber.
Né (benché mi piaccia raccontarlo in giro e ne manifesti tutti i sintomi) sono stata rapita dagli alieni.
Vi bacio.

lunedì, settembre 12, 2005

L'innocente prima o poi si risente

Secondo fonti dell'esercito statunitense una buona parte (circa il 75%) degli iracheni catturati dagli americani in Iraq vengono rilasciati per mancanza di prove che attestino la loro pericolosità (traduzione: "perché sono innocenti"). Molti - circa la metà - sono rimessi in libertà pochi giorni dopo il loro arresto, ma altre migliaia di persone finiscono in carceri come Abu Ghraib, dove attendono in media sei mesi prima di esser scarcerate. Lo dice il tenente Kristy Miller, portavoce del sistema di dentenzione militare in Iraq.
Dall'inizio dell'invasione dell'Iraq fino agli inizi dello scorso mese 42.228 detenuti iracheni sono entrati in questo sistema di detenzione, e la maggior parte di essi è stata poi liberata. Venerdì scorso i detenuti erano 12.184.
Due membri iracheni del comitato che si occupa delle scarcerazioni hanno rivelato gli errori più comuni che portano all'arresto di innocenti. Un caso per tutti: i soldati statunitensi hanno arrestato un iracheno perché aveva con sé un manifesto con scritte in caratteri arabi e raffigurante un uomo decapitato. I soldati hanno subito pensato che si trattasse di propaganda terroristica e hanno trascinato l'uomo ad Abu Ghraib. Mesi dopo, quando gli avvocati iracheni hanno esaminato il caso si sono immediatamente resi conto che il manifesto era un innocente tributo a Imam Hussein, decapitato nel settimo secolo e profondamente venerato dagli Sciiti.

Se me ne vado in giro con il poster che raffigura (metti, e non ridere) la Salomè con la testa del Battista o il David con la testa di Golia e di consequenza - nell'impossibilità di spiegare l'equivoco ed essendo scambiata per una che va a tagliare la testa alle persone - mi faccio qualche mese di villeggiatura a spese del governo che occupa (ops, democratizza) il mio paese, mentre una commissione con calma si decide a scoprire l'esistenza del Caravaggio-questo-sconosciuto, magari quando esco non voglio tanto bene a quel paese che occupa (ops, democratizza) il mio. Magari a quel punto mio padre e tutti i miei cugini maschi anche di secondo grado si vorranno un po' vendicare. E io ne ho tanti, di cugini maschi anche di secondo grado.

Ovviamente a forza di arrestare innocenti si crea un certo risentimento: "Insurrezione dopo insurrezione, è diventato chiaro che se si gestiscono male le detenzioni si creano più insorti di quanti se ne vogliano eliminare", ha detto Anthony Cordesman del Centro per gli Studi Strategici Internazionali di Washington. Secondo Cordesman tutto questo succede perché gli americani hanno tardato a sviluppare un'accurata rete di intelligence. Semplicemente, non hanno reclutato un numero sufficiente di interpreti arabi.
Niente che non si sapesse già, vero? Però i numeri fanno una certa impressione.

Fonte: ajc.com

sabato, settembre 10, 2005

L'amico di John

Aggiornamento: colui che è entrato nel nostro album dei bei ricordi come "amico di John" si chiama Ben Marble ed è un giovane medico del pronto soccorso che nel tempo libero canta e suona in una rock band. La sua casa è stata distrutta dall'uragano, gli è appena nata una bambina, ha perso quasi tutto. Tranne la macchina. Ma i poliziotti costringono lui e gli altri che ancora hanno un'auto a lunghe deviazioni, con quel che costa la benzina. E così, quando sa che Cheney si trova da quelle parti e che verrà intervistato dalla tv, chiama un amico, prende la videocamera e con indosso una vecchia maglietta con su scritto "I pity da fool" parte per la sua piccola missione.
Ma non finisce qui.
Dopo un po' due della polizia militare lo vengono a cercare, mentre scava tra le macerie di casa sua, e lo ammanettano in attesa di ricevere informazioni sul suo conto. Dodici minuti dopo lo lasciano andare: "Hanno detto che non avevo infranto nessuna legge e che ero libero."

Poi il nostro eroe ha messo tutto il video in vendita su Ebay. Però ha dovuto togliere la parola fuck.
Santo paese.

Fonte: OpEdNews

Il pianeta cadavere

Vi presento la colonia* Antipova, universo sette, quinta galassia:



Lo so, fa paura anche a me. Le luci e i colori sono quelli di un horror spaziale di Mario Bava (ma lui ci avrebbe aggiunto anche il fucsia), e la nube malefica è impossibile da ignorare.
Commento di A: "è come il lato oscuro della mente, l'imprevedibile pazzia, la follia di un impiegato del catasto che spara sulla folla."
Ancora adesso quando accedo alla schermata di riepilogo e vedo la mia nuova creatura (accanto alle più armoniose karenina, rostova, maslova e al pianeta principale mirumir) ho un lieve sobbalzo.
Adesso capisco come si sentiva la mamma del piccolo Charles Manson.

*per colonizzazione si intende prendere possesso di uno spazio vuoto, inospitale, completamente disabitato, e costruirci fabbrichette e laboratori. No, perché lo so che siete sospettosi per natura.

venerdì, settembre 09, 2005

Non una, ma due volte

Voce fuori campo:
"Go fuck yourself Mr. Cheney. Go fuck yourself."

Disponibile in Quicktime e WMP su Crooks and Liars, qui.
E anche sul blog what tian has learned (link diretto, qui).

giovedì, settembre 08, 2005

Ventiquattro volte al secondo

La photographie, c'est la vérité
et le cinéma, c'est vingt-quatre fois la vérité par seconde.

Jean-Luc Godard

Grafica rivoluzionaria, stile inconfondibile, grandi contenuti: correte a vedere Kinobit, il vlog di Strelnik!

Il Terzo Mondo in casa

Di fronte agli umiliati e offesi di New Orleans il dubbio era venuto a molti, ma ora il rapporto delle Nazioni Unite sullo sviluppo umano conferma che ci sono zone degli Stati Uniti povere come quelle del Terzo Mondo: il documento di 350 pagine - che può essere visto come una risposta insolitamente esplicita agli attacchi degli Stati Uniti all'ONU - critica la politica americana nella lotta alla povertà e afferma che "c'è urgente necessità di sviluppare una rete di sicurezza collettiva che vada oltre le risposte militari al terrorismo."

Per mezzo secolo gli Stati Uniti hanno assistito a un notevole calo della mortalità tra i bambini sotto i cinque anni, ma a partire dal 2000 questa tendenza si è invertita.
Anche se gli Stati Uniti sono primi al mondo nella spesa sanitaria - spendendo pro capite il doppio di quello che spendono in media le altre nazioni ricche dell'OCSE, e cioè il 13 per centro delle entrate nazionali - questo va sporporzionatamente a favore degli americani bianchi.
Il tasso di mortalità infantile negli Stati Uniti è oggi lo stesso della Malesia. Le spese in campo sanitario riflettono le sofisticate tecnologie americane. Ma il paradosso che sta al centro del sistema sanitario americano è che paesi che spendono molto meno degli Stati Uniti hanno in media una popolazione più sana, e questo a causa delle disparità e delle disuguaglianze americane. Un bambino appartenente al 5% costituito dalle famiglie più ricche d'America vivrà il 25% più a lungo di un bambino nato nel 5% costituito dalle famiglie più povere, e il tasso di mortalità infantile è lo stesso della Malesia che ha un quarto delle entrate degli Stati Uniti.
Tra i neri di Washington DC c'è una percentuale di mortalità infantile più alta dello stato indiano del Kerala.

La salute dei cittadini statunitensi dipende da molti fattori: l'assicurazione sanitaria, il reddito, la lingua e il livello di istruzione. Le madri nere hanno una doppia probabilità di mettere al mondo bambini sottopeso rispetto alle madri bianche, e i loro bambini hanno una probabilità maggiore di ammalarsi.
In tutti gli Stati Uniti i bambini neri hanno una doppia probabilità di morire prima di compiere un anno rispetto ai bambini bianchi.
Gli ispanoamericani hanno una doppia probabilità di non possedere un'assicurazione sanitaria.

Gli Stati Uniti sono l'unico paese ricco a non avere un sistema universale di assicurazione sanitaria. Più di una persona su sei in età lavorativa è priva di assicurazione. Tra le famiglie che vivono sotto la soglia della povertà, una su tre non è assicurata. Solo il 13% degli americani bianchi sono privi di assicurazione, in contrasto con il 21% dei neri e il 34% degli ispanoamericani. Nascere in una famiglia priva di assicurazione aumenta di circa il 50% le probabilità di morire entro il primo anno di vita.
Se fosse colmato il divario tra bianchi e neri nell'assistenza sanitaria, si salverebbero 85.000 vite all'anno.
La percentuale di povertà infantile (definita come l'appartenenza a una famiglia che ha un reddito inferiore al 50% del reddito medio nazionale) è attualmente superiore al 20%.

Fonti:
Human Development Report 2005
"UN hits back at US in report saying parts of America are as poor as Third World", The Independent

Di questo non si parla

Oggi è il nono giorno di sciopero della fame dei sette compagni che chiedono al Ministero degli Esteri e al governo italiano di garantire i visti ai sei esponenti della società civile irachena invitati alla Conferenza di Chianciano dell'1-2 ottobre 2005.

È bene ricordare chi sono questi esponenti:
Sheikh Jawad al Khalesi, leader dell'Iraqi National Foundation Congress; professore universitario sciita che si è opposto alle elezioni del 30 gennaio. Sta cercando di formare un fronte politico interconfessionale dell’opposizione. È già intervenuto diverse volte all’estero ed anche in Europa.
Ayatollah Sheikh Ahmed al Baghdadi, una delle più importanti autorità religiose sciite.
Salah al Mukhtar, già ambasciatore iracheno in India e Vietnam. Intellettuale dell’ambiente nazionalista-progressista. Attualmente esiliato in Yemen, collabora con numerosi giornali arabi.
Sheikh Hassan al Zargani, Portavoce internazionale del movimento di Muqtada al Sadr e editore del giornale Hawza chiuso dagli americani. Attualmente esule in Siria.
Mohamad Faris, Comunista patriottico iracheno residente in Siria. Sta lavorando per l’unificazione delle forze della Resistenza.
Ibrahim al Kubaisi, Medico di Falluja, fratello del segretario dell’Alleanza Patriottica Irachena, rapito dagli americani il 4 settembre 2004. Anch’egli ha già avuto modo di lasciare alcune volte l’Iraq.

Va ricordato anche che (come si è appreso agli inizi di agosto) 44 membri del Congresso degli Stati Uniti hanno inviato una richiesta formale al governo italiano, invitandolo ad impedire lo svolgimento del convegno. L’ambasciata italiana a Baghdad, nei giorni successivi, ha comunicato che i visti richiesti per gli esponenti iracheni non sarebbero stati più concessi per decisione politica del Ministero degli Esteri.

Ora, l'impressione è che i mezzi di informazione ad ampia diffusione siano finora stati indecisi tra il non parlare affatto di questa vicenda e il parlarne in modo confuso e poco informato (per fare un esempio, si confonde tra l'organizzazione della conferenza e la presunta raccolta di fondi a favore della resistenza irachena).
Non sto parlando di solidarietà con il popolo iracheno e di critica dell'occupazione angloamericana (benché le trovi legittime e perfettamente sensate), mi fermo molto prima: non capisco perché quei sei esponenti della società civile irachena sono considerati pericolosi dal nostro Ministero degli Esteri (e lasciamo perdere discorsi vaghi sul terrorismo e la sicurezza del nostro paese: quellesei persone, e i loro tre interpreti, via), e se la decisione di non rilasciare i visti è conseguenza diretta delle pressioni americane e della lettera dei 44 membri del congresso degli Stati Uniti. A questo punto sono curiosa: c'è il pericolo che questi signori vengano qui ad "attentare alla nostra sicurezza"? E come? Ah, già, parlando: di elezioni irachene, di governi fantoccio, di Abu Ghraib, degli scontri interconfessionali alimentati dagli Stati Uniti, di guerra e di occupazione.

Un grazie ai "pericolosi" Sette che digiunano.

Tutte le informazioni sullo sciopero e le iniziative in corso, qui.

martedì, settembre 06, 2005

Guarda chi si rivede

La FEMA, l'Agenzia federale per la gestione delle emergenze, qualche giorno fa aveva elencato sul suo sito le associazioni a cui mandare contributi in denaro per aiutare le vittime dell’uragano Katrina. Oggi quella pagina non esiste più (io ho fatto in tempo a vederla grazie a una segnalazione di Pino), ma, in breve, metteva a disposizione i nomi e i numeri di telefono della Croce Rossa, di Operation Blessing e di America's Second Harvest, una rete nazionale di banche del cibo.
Operation Blessing, con il suo bilancio di 190 milioni di dollari, è parte integrante dell'impero di Pat Robertson, il telepredicatore fondatore della Christian Coalition. E questo si sa.
Quello che si sa meno sta scritto oggi sul New York Daily News.
Nel 1994, durante il genocidio del Ruanda, Robertson usò il suo circuito televisivo 700 Club per raccogliere donazioni pubbliche a favore dei profughi ruandesi.
Nel 1999 un'indagine dell'ufficio del procuratore generale della Virginia concluse che gli aerei acquistati per portare nello Zaire gli aiuti umanitari per i rifugiati furono in realtà principalmente usati per trasportare apparecchiature in una miniera di diamanti gestita da una compagnia chiamata African Development Corp.
Chi dirigeva quella compagnia mineraria e ne era l'unico azionista? Pat Robertson stesso.
Si era assicurato la concessione mineraria da Mobutu Sese Seko, suo amico di lunga data e all’epoca dittatore dello Zaire.

Fonte: “Disaster used as political payoff”, New York Daily News.
(via War and Piece)

Fallimenti

Scrive oggi Eugene Robinson sul Washington Post:

"Ogni città grande o piccola della Louisiana che non sia stata colpita dall’uragano è piena di sfollati. E poi ci sono le decine di migliaia in Texas e le moltitudini che si ritrovano sparse negli stati vicini. Le comunità che ospitano queste persone hanno le migliori intenzioni, ma molte non saranno in grado di sostenere economicamente il peso aggiuntivo. Dove andranno queste persone? Perché non c’era un piano?

Ed è qui che comincio a puntare il dito, perché pochi giorni sul posto del disastro mi hanno convinto che due sono le cose in cui il governo federale ha fallito, e che di questo fallimento possiamo incolpare unicamente il presidente.

Primo, un’amministrazione che a partire dall’11 settembre 2001 ci ha detto che un grande attentato terroristico è inevitabile avrebbe dovuto prevedere un buon piano per evacuare una grande città americana. Anche se non ci fosse stato un piano specifico per New Orleans – benché si sapesse che una rottura degli argini era una delle catastrofi naturali più probabili – avrebbe dovuto esserci un piano generico. George W. Bush ci ha detto più volte che le nostre città erano minacciate. Non avrebbe dovuto ordinare un piano per sgomberarle?

Secondo, qualcuno avrebbe dovuto pensare a cosa fare di centinaia di migliaia di sfollati, sia nell’immediato sia a lungo termine. Mentre la gente lasciava in massa New Orleans, sono state le autorità locali e statali a far fronte alla sfida, inventandosi cosa fare man mano che i problemi si ponevano. Portate quel gruppo di persone all’Astrodome. Abbiamo un albergo vuoto che possiamo usare. Mandatene un centinaio in chiesa e faremo del nostro meglio.

Le tendopoli non sono un’ipotesi entusiasmante, ma neanche l’improvvisazione. Qual è il problema? Il fervore ideologico dell’amministrazione Bush per lo “small government” (“meno governo”)? La Casa Bianca pensa davvero che la responsabilità maggiore debba ricadere sui volontari, sulle parrocchie, sugli individui? O si tratta solo di incredibile incompetenza e scarsa lungimiranza?"

Fonte: "It's your failure too, Mr Bush"

lunedì, settembre 05, 2005

Il problema di questi graffiti



- Stai dipingendo il muro, lo fai sembrare bello.
- Grazie.
- Non vogliamo che sia bello, odiamo questo muro, vattene via.

Il problema è che i graffiti di Banksy in Cisgiordania sono proprio belli.

(via electronic intifada)