– Fai l'albero, oggi?
– No.
– La vuoi la punta da mettere in cima, quella che si illumina e suona?
– Non faccio l'albero.
– Ah, bene. Perché se lo facevi...
– No.
– Io potevo darti i babbinatale che salgono sulla scaletta.
– Ma non lo faccio.
– Ah, va bene.
– Bene.
– Non è mica necessario. Io per esempio ho quello a fibre ottiche.
– Infatti.
– Non voglio essere invadente.
– Non ti preoccupare.
– Allora ti porto la corona da appendere fuori, quella con i fiocchi e le pigne.
– ...
– Almeno la corona la appenderai, no?
Signori, mia suocera.
domenica, dicembre 12, 2004
Te piace 'o alberello?
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sabato, dicembre 11, 2004
Travestimenti
Per la festa in maschera del suo reggimento in memoria della battaglia di Waterloo un soldato britannico si è travestito da terrorista suicida (turbante, barba posticcia e giubbotto imbottito di fili e finti candelotti esplosivi).
Visto nei dintorni della base militare di Aldershot, mentre tornava dalla festa ubriaco, è stato subito circondato e arrestato.
Allora: turbante, barba posticcia, finto giubbotto esplosivo, andatura barcollante. Solo io me lo immagino con la faccia di Peter Sellers?
Visto nei dintorni della base militare di Aldershot, mentre tornava dalla festa ubriaco, è stato subito circondato e arrestato.
Allora: turbante, barba posticcia, finto giubbotto esplosivo, andatura barcollante. Solo io me lo immagino con la faccia di Peter Sellers?
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venerdì, dicembre 10, 2004
Dorme
Com'è possibile pretendere di usare lo scanner di fronte a uno capace di trasformarlo in cuscino, per un pisolino tanto professionale?
Sogni belli, Gito.
Sogni belli, Gito.
Se
Non è tanto la notizia in sé che mi fa ridere.
È pensare alla faccia che avrei fatto vent'anni fa se mi avessero detto che Sylvester Stallone avrebbe girato un film sul Maresciallo Tito commentando "Non ne posso più di film inverosimili".
È pensare alla faccia che avrei fatto vent'anni fa se mi avessero detto che Sylvester Stallone avrebbe girato un film sul Maresciallo Tito commentando "Non ne posso più di film inverosimili".
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giovedì, dicembre 09, 2004
Aquile e balene
Sfogliando vecchi appunti ho trovato una frase di Herman Melville che mi piace molto, "I love all the men who dive", io amo tutti gli uomini che si tuffano, che vanno in profondità. E, parafrasando e riassumendo, prosegue così: tutti i pesci sono capaci di nuotare vicino alla superficie, ma ci vuole una balena per scendere giù per cinque miglia o più; e se non riesce a raggiungere il fondo non ci riuscirà neanche tutto il piombo di Galena.
Melville amava i tuffatori del pensiero, coloro che dalle origini del mondo non hanno fatto altro che tuffarsi per poi riemergere con gli occhi iniettati di sangue, tuffarsi e riemergere.
Mi rendo conto che questo corrisponde anche alla mia idea di vera scrittura, che dev'essere per forza correre rischi, affrontare fatiche, opporsi agli attriti: e per tanti che nuotano a filo d'acqua ce ne sono pochissimi altri che tornano su dal fondo con gli occhi arrossati. Melville, cantore di balene e di aquile - le aquile di montagna che anche gettandosi nelle gole più oscure volano più alte degli uccelli di pianura - era uno di loro.
Anch'io amo coloro che si tuffano.
Chissà cosa penserebbero gli oggetti della mia ammirazione sentendosi entusiasticamente catalogare come cetacei.
"Uomo, ammira dunque la balena e modella te stesso su di essa. Cerca anche tu di restare caldo in mezzo al ghiaccio. Vivi anche tu in questo mondo senza farne parte".
Herman Melville, Moby Dick
Melville amava i tuffatori del pensiero, coloro che dalle origini del mondo non hanno fatto altro che tuffarsi per poi riemergere con gli occhi iniettati di sangue, tuffarsi e riemergere.
Mi rendo conto che questo corrisponde anche alla mia idea di vera scrittura, che dev'essere per forza correre rischi, affrontare fatiche, opporsi agli attriti: e per tanti che nuotano a filo d'acqua ce ne sono pochissimi altri che tornano su dal fondo con gli occhi arrossati. Melville, cantore di balene e di aquile - le aquile di montagna che anche gettandosi nelle gole più oscure volano più alte degli uccelli di pianura - era uno di loro.
Anch'io amo coloro che si tuffano.
Chissà cosa penserebbero gli oggetti della mia ammirazione sentendosi entusiasticamente catalogare come cetacei.
"Uomo, ammira dunque la balena e modella te stesso su di essa. Cerca anche tu di restare caldo in mezzo al ghiaccio. Vivi anche tu in questo mondo senza farne parte".
Herman Melville, Moby Dick
Falling asleep
"A judge said to have admitted falling asleep during a trial, page 6, G2, December 6, may have been somnolent. He was certainly not somnambulant. Somnolent: drowsy, sleepy; somnambulant: walking while asleep".
The Guardian, Corrections.
The Guardian, Corrections.
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corrections
Agenzia Walrus/Questi pazzi pazzi rumeni
Ancora loro.
Un ladro è finito in manette perché aveva chiesto a due agenti di spingere la macchina che stava cercando di rubare, mentre lui tentava di metterla in moto. Ma gli agenti, alla vista dell'autoradio sul sedile del passeggero, si sono insospettiti.
Alla polizia di Cluj hanno dichiarato: "È uno dei ladri più spavaldi con cui abbiamo avuto a che fare. Era calmo e controllato, ma un po' trasandato".
Solito Ananova.
Giorni fa, invece, un uomo ha rubato una preziosa collana da una gioielleria di Ramnicu Valcea e si è allontanato a piedi, inseguito dall'orefice. Poi, arrivato all'attraversamento pedonale, ha trovato il semaforo rosso. Perché avrebbe dovuto violare il codice della strada? Così un poliziotto: "Se ne stava lì ad aspettare che il semaforo diventasse verde, per poter attraversare. Non voleva commettere un reato". Preso.
A questo punto è possibile perfino individuare uno schema narrativo, un paradigma del furto in solitaria costituito da sgangherata iniziativa personale, pasticcio e plateale smascheramento; immancabilmente, il ladruncolo pecca d'ingenuità (o si astiene dal commettere due reati contemporaneamente) e la polizia non nasconde una certa benevolenza, una sorta di burbera ammirazione.
Un ladro è finito in manette perché aveva chiesto a due agenti di spingere la macchina che stava cercando di rubare, mentre lui tentava di metterla in moto. Ma gli agenti, alla vista dell'autoradio sul sedile del passeggero, si sono insospettiti.
Alla polizia di Cluj hanno dichiarato: "È uno dei ladri più spavaldi con cui abbiamo avuto a che fare. Era calmo e controllato, ma un po' trasandato".
Solito Ananova.
Giorni fa, invece, un uomo ha rubato una preziosa collana da una gioielleria di Ramnicu Valcea e si è allontanato a piedi, inseguito dall'orefice. Poi, arrivato all'attraversamento pedonale, ha trovato il semaforo rosso. Perché avrebbe dovuto violare il codice della strada? Così un poliziotto: "Se ne stava lì ad aspettare che il semaforo diventasse verde, per poter attraversare. Non voleva commettere un reato". Preso.
A questo punto è possibile perfino individuare uno schema narrativo, un paradigma del furto in solitaria costituito da sgangherata iniziativa personale, pasticcio e plateale smascheramento; immancabilmente, il ladruncolo pecca d'ingenuità (o si astiene dal commettere due reati contemporaneamente) e la polizia non nasconde una certa benevolenza, una sorta di burbera ammirazione.
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Oh no,
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martedì, dicembre 07, 2004
Cronache della città di G./Sogni
Per aprire un albergo a cinque stelle a Gorizia bisogna essere ottimisti o megalomani: presidenti, celebrità, ballerine e calciatori arrivano e se ne vanno prima del tramonto, oppressi dalla bellezza intollerabile del luogo e dei suoi abitanti. La sera circola un solo autobus, con la scritta incoraggiante "servizio notturno - alberghi cittadini". Vuoto come una diligenza fantasma.
Credo che l'ultimo turista di un certo status e censo sia stato qualcuno della dinastia Asburgo, e non dev'essersi neanche fermato per la notte. Da allora, la città è stata distrutta un paio di volte. Ci ha dormito il solito Hemingway, che scoperta, e Patty Pravo dieci giorni fa (perché messa a terra dall'influenza proprio prima dello show). Ma cinque stelle con parco e beauty farm, via.
L'hotel si chiama Dante.
Si trova forse in via Dante? No!
Può Dante averci dormito? Ma va'!
Eppure all'ingresso c'è un busto del poeta, e tempo fa si mormorava - orrore - di stanze ispirate alla Divina Commedia ("Buonasera, mi dà la suite dei lussuriosi, grazie"), progetto per fortuna accantonato.
La risposta va cercata nel vissuto del proprietario: "Ho sempre avuto una grande passione per Dante, perché da piccolo facevo dei sogni simili ai suoi".
Poi ci si domanda come fa uno a metter su un cinque stelle a Gorizia.
Credo che l'ultimo turista di un certo status e censo sia stato qualcuno della dinastia Asburgo, e non dev'essersi neanche fermato per la notte. Da allora, la città è stata distrutta un paio di volte. Ci ha dormito il solito Hemingway, che scoperta, e Patty Pravo dieci giorni fa (perché messa a terra dall'influenza proprio prima dello show). Ma cinque stelle con parco e beauty farm, via.
L'hotel si chiama Dante.
Si trova forse in via Dante? No!
Può Dante averci dormito? Ma va'!
Eppure all'ingresso c'è un busto del poeta, e tempo fa si mormorava - orrore - di stanze ispirate alla Divina Commedia ("Buonasera, mi dà la suite dei lussuriosi, grazie"), progetto per fortuna accantonato.
La risposta va cercata nel vissuto del proprietario: "Ho sempre avuto una grande passione per Dante, perché da piccolo facevo dei sogni simili ai suoi".
Poi ci si domanda come fa uno a metter su un cinque stelle a Gorizia.
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Cronache della città di G./Disappunto
Tutto si può dire dei goriziani, tranne che si lascino sfuggire una bella occasione per manifestare scontento: hanno perfezionato una mimica e un'intonazione da professionisti del disappunto, irradiano insoddisfazione.
Fiera di Sant'Andrea, domenica pomeriggio. La giornalista di una rete privata ha il compito ingrato di intervistare i passanti.
– Buongiorno, signora, ha fatto acquisti?
– No! Non ho soldi, guardi!
– Ma è piacevole passeggiare tra le bancarelle, vero?
– Ah, no, questa fiera fa schifo. Ogni anno peggio.
– Ma l'aria di festa...
– Non ho soldi!
– Ma i profumi delle leccornie e di dolciumi...
– E di pecorino! Che mi lo odio, il pecorin!
Luogo comune festivo contro artista del malumore, zero a uno.
Fiera di Sant'Andrea, domenica pomeriggio. La giornalista di una rete privata ha il compito ingrato di intervistare i passanti.
– Buongiorno, signora, ha fatto acquisti?
– No! Non ho soldi, guardi!
– Ma è piacevole passeggiare tra le bancarelle, vero?
– Ah, no, questa fiera fa schifo. Ogni anno peggio.
– Ma l'aria di festa...
– Non ho soldi!
– Ma i profumi delle leccornie e di dolciumi...
– E di pecorino! Che mi lo odio, il pecorin!
Luogo comune festivo contro artista del malumore, zero a uno.
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lunedì, dicembre 06, 2004
Cronache della città di G./Jackpot
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domenica, dicembre 05, 2004
Blog di confine
Io non ne parlo quasi mai. Parlo, è vero, della città di G. in termini tra lo scherzoso e il denigratorio (nulla che non si meriti, comunque). O delle "città gemelle". O della Jugoslavia. Ma del confine quasi mai.
Per motivi di lavoro stasera mi trovavo a preparare (abbastanza stancamente, ma con una certa rassegnata diligenza) la scheda di presentazione di un libro sul confine - o meglio su alcune proposte di progettazione del territorio di confine tra Gorizia e Nova Gorica - quando mi sono imbattuta nelle parole di Franco Dugo, artista goriziano:
"la definizione 'uomo di confine' la posso accettare, intendendo con ciò che la mia vita è stata segnata dalle vicende della storia di questa terra. E forse mi sento 'uomo di confine' nel senso un po' particolare di sentirsi ai margini, per motivi piuttosto banali. Per esempio per la difficoltà comune, anche a persone colte, di collocare geograficamente questa città. Il goriziano si trova per forza, mentalmente al confine. A Gorizia bisogna andarci, non la si attraversa per raggiungere altre città".
Mentre leggevo mi sono resa conto che questa percezione mi è familiare e costituisce - anche mio malgrado - parte della mia identità. Gorizia non è una città di confine; è il confine.
Io non ne parlo quasi mai: ma dovrò farlo, prima o poi, e forse andrà per le lunghe.
Fate finta allora che questo blog sia come la città di G.: dovete proprio venirci, mica attraversarlo per andare da un'altra parte. Almeno finché non ci avrò messo i link.
Per motivi di lavoro stasera mi trovavo a preparare (abbastanza stancamente, ma con una certa rassegnata diligenza) la scheda di presentazione di un libro sul confine - o meglio su alcune proposte di progettazione del territorio di confine tra Gorizia e Nova Gorica - quando mi sono imbattuta nelle parole di Franco Dugo, artista goriziano:
"la definizione 'uomo di confine' la posso accettare, intendendo con ciò che la mia vita è stata segnata dalle vicende della storia di questa terra. E forse mi sento 'uomo di confine' nel senso un po' particolare di sentirsi ai margini, per motivi piuttosto banali. Per esempio per la difficoltà comune, anche a persone colte, di collocare geograficamente questa città. Il goriziano si trova per forza, mentalmente al confine. A Gorizia bisogna andarci, non la si attraversa per raggiungere altre città".
Mentre leggevo mi sono resa conto che questa percezione mi è familiare e costituisce - anche mio malgrado - parte della mia identità. Gorizia non è una città di confine; è il confine.
Io non ne parlo quasi mai: ma dovrò farlo, prima o poi, e forse andrà per le lunghe.
Fate finta allora che questo blog sia come la città di G.: dovete proprio venirci, mica attraversarlo per andare da un'altra parte. Almeno finché non ci avrò messo i link.
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giovedì, dicembre 02, 2004
Sarò noiosa/Marwan Barghouti parte terza
Ne avevo parlato fino alla nausea qui e poi qui.
Poteva bastare.
Però Barghouti ha deciso di candidarsi alla presidenza dell'Autorità nazionale palestinese: "un'opportunità e un rischio", scrive Arab Monitor. Quindi attacco con la terza puntata, che è solo la traduzione di alcune parti di un articolo scritto da Barghouti e apparso sul Washington Post del 16 gennaio 2002.
[...] Per Israele l’unico modo per garantire la propria sicurezza è semplicemente porre fine all’occupazione israeliana del territorio palestinese, durata 35 anni. Gli israeliani devono abbandonare il mito secondo il quale sarebbe possibile avere contemporaneamente la pace e l’occupazione dei territori, e una coesistenza pacifica tra padrone e schiavo. La mancanza di sicurezza in Israele nasce dalla mancanza di libertà dei palestinesi. Israele avrà la sicurezza solo dopo la fine dell’occupazione, non prima.
Quando Israele e il resto del mondo avranno compreso questa fondamentale verità, il seguito sarà chiaro: ponete fine all’occupazione, permettete ai palestinesi di vivere in libertà e lasciate che Israele e Palestina negozino sullo stesso piano di equità e indipendenza un futuro pacifico con stretti legami economici e culturali.
Non dimentichiamo che noi palestinesi abbiamo riconosciuto Israele sul 78% della Palestina storica. È Israele che si rifiuta di riconoscere il diritto della Palestina a esistere sul restante 22% del territorio occupato nel 1967. E tuttavia sono i palestinesi a essere accusati di non scendere a compromessi e di perdere le occasioni di pace. Francamente, siamo stufi di prenderci sempre la colpa per l’intransigenza israeliana quando tutto ciò che vogliamo ottenere è l’attuazione della legge internazionale.
E non abbiamo fiducia negli Stati Uniti, che forniscono ogni anno miliardi di contributi per finanziare l’espansione da parte di Israele di colonie illegali, che “combattono il terrorismo” fornendo a Israele gli F-16 e gli elicotteri militari usati contro la popolazione civile inerme, che “difendono la libertà e gli oppressi” coccolando Sharon nonostante sia stato accusato di crimini di guerra per la sua reponsabilità nel massacro dei profughi palestinesi nel 1982. Il ruolo dell’unica superpotenza mondiale si è ridotto a quello di un semplice spettatore che non ha nulla da offrire se non lo stanco ritornello del “Ponete fine alla violenza”, e che non fa niente per affrontare le radici di quella violenza: la negazione della libertà dei palestinesi.
[…]
E così noi ci difenderemo. Se Israele si riserva il diritto di bombardarci con gli F-16 e gli elicotteri, non dovrà sorprendersi quando i palestinesi ricorreranno ad armi difensive per tirarli giù. E se io, e il movimento Fatah al quale appartengo, mi oppongo fermamente agli attacchi ai civili israeliani, nostri futuri vicini, mi riservo il diritto di proteggere me stesso, di resistere all’occupazione del mio paese e di combattere per la mia libertà. Se ci si aspetta che i palestinesi negozino sotto l’occupazione, allora bisogna aspettarsi che Israele negozi mentre noi resistiamo a quell’occupazione.
Io non sono un terrorista, ma non sono nemmeno un pacifista. Sono un semplice palestinese, un uomo della strada, e chiedo solo ciò che ogni oppresso ha sempre chiesto – il diritto di aiutarmi da solo in assenza di qualsiasi altro aiuto.
Questo principio può portare anche al mio assassinio. Per questo, chiariamo la mia posizione, perché la mia morte non venga accantonata con leggerezza dall’opinione mondiale come un altro dato statistico nella “guerra al terrorismo” di Israele. Per sei anni sono stato rinchiuso come prigioniero politico in un carcere israeliano, dove sono stato torturato, dove sono rimasto appeso e bendato mentre un israeliano mi colpiva i genitali con un bastone.
Dal 1994, però, quando ho creduto che Israele fosse veramente intenzionata a terminare l’occupazione, sono stato un instancabile sostenitore di una pace basata sull’equità e la lealtà. Ho guidato delegazioni di Palestinesi in incontri con parlamentari israeliani per promuovere la comprensione reciproca e la collaborazione. Perseguo ancora la coesistenza pacifica tra i paesi uguali e indipendenti di Israele e Palestina, sulla base di un completo ritiro dai territori palestinesi occupati nel 1967 e di una giusta soluzione al problema dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni dell’Onu. Non voglio distruggere Israele ma soltanto porre fine all'occupazione del mio Paese.
Poteva bastare.
Però Barghouti ha deciso di candidarsi alla presidenza dell'Autorità nazionale palestinese: "un'opportunità e un rischio", scrive Arab Monitor. Quindi attacco con la terza puntata, che è solo la traduzione di alcune parti di un articolo scritto da Barghouti e apparso sul Washington Post del 16 gennaio 2002.
[...] Per Israele l’unico modo per garantire la propria sicurezza è semplicemente porre fine all’occupazione israeliana del territorio palestinese, durata 35 anni. Gli israeliani devono abbandonare il mito secondo il quale sarebbe possibile avere contemporaneamente la pace e l’occupazione dei territori, e una coesistenza pacifica tra padrone e schiavo. La mancanza di sicurezza in Israele nasce dalla mancanza di libertà dei palestinesi. Israele avrà la sicurezza solo dopo la fine dell’occupazione, non prima.
Quando Israele e il resto del mondo avranno compreso questa fondamentale verità, il seguito sarà chiaro: ponete fine all’occupazione, permettete ai palestinesi di vivere in libertà e lasciate che Israele e Palestina negozino sullo stesso piano di equità e indipendenza un futuro pacifico con stretti legami economici e culturali.
Non dimentichiamo che noi palestinesi abbiamo riconosciuto Israele sul 78% della Palestina storica. È Israele che si rifiuta di riconoscere il diritto della Palestina a esistere sul restante 22% del territorio occupato nel 1967. E tuttavia sono i palestinesi a essere accusati di non scendere a compromessi e di perdere le occasioni di pace. Francamente, siamo stufi di prenderci sempre la colpa per l’intransigenza israeliana quando tutto ciò che vogliamo ottenere è l’attuazione della legge internazionale.
E non abbiamo fiducia negli Stati Uniti, che forniscono ogni anno miliardi di contributi per finanziare l’espansione da parte di Israele di colonie illegali, che “combattono il terrorismo” fornendo a Israele gli F-16 e gli elicotteri militari usati contro la popolazione civile inerme, che “difendono la libertà e gli oppressi” coccolando Sharon nonostante sia stato accusato di crimini di guerra per la sua reponsabilità nel massacro dei profughi palestinesi nel 1982. Il ruolo dell’unica superpotenza mondiale si è ridotto a quello di un semplice spettatore che non ha nulla da offrire se non lo stanco ritornello del “Ponete fine alla violenza”, e che non fa niente per affrontare le radici di quella violenza: la negazione della libertà dei palestinesi.
[…]
E così noi ci difenderemo. Se Israele si riserva il diritto di bombardarci con gli F-16 e gli elicotteri, non dovrà sorprendersi quando i palestinesi ricorreranno ad armi difensive per tirarli giù. E se io, e il movimento Fatah al quale appartengo, mi oppongo fermamente agli attacchi ai civili israeliani, nostri futuri vicini, mi riservo il diritto di proteggere me stesso, di resistere all’occupazione del mio paese e di combattere per la mia libertà. Se ci si aspetta che i palestinesi negozino sotto l’occupazione, allora bisogna aspettarsi che Israele negozi mentre noi resistiamo a quell’occupazione.
Io non sono un terrorista, ma non sono nemmeno un pacifista. Sono un semplice palestinese, un uomo della strada, e chiedo solo ciò che ogni oppresso ha sempre chiesto – il diritto di aiutarmi da solo in assenza di qualsiasi altro aiuto.
Questo principio può portare anche al mio assassinio. Per questo, chiariamo la mia posizione, perché la mia morte non venga accantonata con leggerezza dall’opinione mondiale come un altro dato statistico nella “guerra al terrorismo” di Israele. Per sei anni sono stato rinchiuso come prigioniero politico in un carcere israeliano, dove sono stato torturato, dove sono rimasto appeso e bendato mentre un israeliano mi colpiva i genitali con un bastone.
Dal 1994, però, quando ho creduto che Israele fosse veramente intenzionata a terminare l’occupazione, sono stato un instancabile sostenitore di una pace basata sull’equità e la lealtà. Ho guidato delegazioni di Palestinesi in incontri con parlamentari israeliani per promuovere la comprensione reciproca e la collaborazione. Perseguo ancora la coesistenza pacifica tra i paesi uguali e indipendenti di Israele e Palestina, sulla base di un completo ritiro dai territori palestinesi occupati nel 1967 e di una giusta soluzione al problema dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni dell’Onu. Non voglio distruggere Israele ma soltanto porre fine all'occupazione del mio Paese.
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Una certa persona di famiglia potrebbe essere definita natalomane: lo si nota dagli addobbi nel salotto, dal redivivo alberello a fibre ottiche, da una lampada dai colori pastello che emette fasci di luce e musica, dai presepi improvvisati un po' ovunque, mentre Ella la cagnolina sfoggia un berretto da babbo natale. L'anno scorso ho scambiato per una saliera un pastore di ceramica con pecora in spalla (un consiglio: tutto quello che si trova nei paraggi di una cometa non è commestibile). La cena della Vigilia ci si sente un po' come i personaggi di un presepio vivente postmoderno. Saranno anche le musiche natalizie in sottofondo, ma se in quel momento mi apparisse un biondino alato e riucciuto in abito lungo con lo striscione "Pace in terra agli uomini di buona volontà" lo troverei anche normale ("ancora un po' di parmigiano?" "no, quella non è una saliera, caro").
Quella certa persona di famiglia da qualche anno ha deciso di imboccare la strada (dovrei dire il tunnel) dei regali utili, dei regali di coppia.
L'espressione "regalo per la coppia" in questo contesto evoca tante cose letalmente tediose: che ne so, ciabatte in tinta, pigiami abbinati, una trapunta doppia, due tazzone per il caffelatte... Mai che venga in mente a nessuno che magari a tutti e due piacerebbe il dvd di Tetsuo.
E che insidioso sa essere l'aggettivo "utile".
"Vi serve una piccola aspirapolvere raccoglibriciole?" (disperatamente)
"Vi piacerebbe, vero, una pentola a pressione per due persone?" (mi hai letto nel pensiero)
"E un cestello per cuocere a vapore nella pentola a pressione per due persone che vi ho regalato lo scorso anno?" (chi lo immaginava che una pentola a pressione potesse avere più optional di una Smart?)
"E un decanter per il vino rosso?" (e l'apribottiglie, quando?).
Quest'anno l'interrogatorio è stato più complesso, e rivelava una discreta conoscenza delle tecniche della CIA.
"Un ferro da stiro da viaggio?" (nnn-nnn)
"Un asciugacapelli da viaggio?" (mi chiedo se voglia mandarci a tutti i costi in esilio)
Poi, dopo breve riflessione, di fronte alla mia faccia sgomenta:
"Ah, ecco!"
"Eeee....?"
"Un'affettatrice!"
"..."
"E per te, A., pensavamo a un set per la bourguignonne".
"Mamma, ma vivo solo" (immaginarsi, prego, la scena di A. che rincasa la sera tardi e si prepara una bourguignonne per uno).
"Puoi sempre invitare qualche collega-a" (e per collega-a intende collega donna, con relativa fantasia sul figlio che rincasa e allestisce una bourguignonne per quattro seducenti donne manager, in una sala da pranzo illuminata dalla luce delle candele).
Ho 22 giorni per dirottare l'affettatrice che mi sta puntando come un meteorite.
Io dico che quell'asciugacapelli da viaggio potrebbe servire.
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mercoledì, dicembre 01, 2004
Agenzia Walrus/Shine on you crazy diamond
Non si capisce bene per quale motivo, ma alcuni scienziati britannici hanno stilato un elenco delle 100 cose da fare prima di morire: ammesso che possa interessare vedere il dito medio di Galileo, ordinare azoto liquido per preparare a casa propria il gelato più omogeneo del mondo, o imparare il Choctaw (una lingua che ha ben due tempi passati, e della quale io avevo sentito dire che ne ha ben tre). E ancora: bollire un uovo con un telefono cellulare, dare il proprio nome a una nuova specie, clonare l'animaletto domestico, estrarre il proprio DNA, vedere un atomo. Insomma, tutte le cose migliori che la scienza può offrire nel campo delle "nuove esperienze" invece di occuparsi delle solite quisquilie.
Fino allo sfizio estremo, al gloriosamente inutile e al supremamente idiota: diventare un diamante da un carato (bastano poche ceneri e sei il migliore amico delle ragazze, dicono).
Questi non devono conoscerla, la canzone di De Andrè.
Fino allo sfizio estremo, al gloriosamente inutile e al supremamente idiota: diventare un diamante da un carato (bastano poche ceneri e sei il migliore amico delle ragazze, dicono).
Questi non devono conoscerla, la canzone di De Andrè.
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Old age
Sede centrale di Friulcassa, ex Cassa di Risparmio di Gorizia, ore 10.30. Cinque sportelli, mai aperti tutti contemporaneamente.
Bisogna munirsi di biglietto numerato, e io ho il 4. Il display segna il 79. Ho venticinque persone davanti.
Sono circondata dalla terza età e anche dalla quarta: uomini malmessi in giubbotto trapuntato e berretto di feltro che parlano di tasse e di soldi, donne in cappotto cammello e berretto d'angora che fissano i display. A un certo punto un vecchio in trapuntato blu e cuffia marrone approfitta di un momento di distrazione e si lancia verso uno sportello libero ("se non ci va nessuno..."). Aveva fino a quel momento giocato la parte del rincoglionito estremo, impedito dal dolore all'anca.
Il suo scatto sorprende tutti.
Gli uomini se la prendono con il display luminoso ("con tutti questi anziani..."). Le donne se la prendono con il furbo.
Una signora sui settanta (quella che aveva il numero 8 e si era convinta che ben 74 persone le fossero passate avanti) mi fa: "Teniamoli d'occhio". Adesso, superata la perplessità numerica, ha l'aria di una che la sa lunga: "Non sanno aspettare, gli uomini".
Io penso ai cassieri, a come dev'essere restare indifferenti davanti a questi dannati varicosi e sciupati messi in fila dietro alla linea di cortesia o seduti qua e là, col numero e la bolletta in mano. A come dev'essere esporre la scritta "sportello chiuso" davanti a facce così. Ci si abitua?
T. mi scrive che all'inaugurazione di una mostra a Trieste, durante il rinfresco a bordo piscina, lui e A. hanno scambiato due chiacchiere con una signora anziana: "Ci ha detto che lei le mostre a Trieste le vede tutte e che sono tutte bellissime. Ma sai perché? Per il rinfresco. E mi è stato confermato - da un giovane professore universitario che considerava la cosa assai divertente - che a Trieste questa di andare per inaugurazioni o convegni per sbarcare il lunario con qualche pasto gratis e per stare al caldo è abitudine di molti pensionati". E conclude: "non è forse invece che quelle mostre o convegni, quei rinfreschi e quel caldo gli spettano di diritto perché lo pagano anche loro, e vanno a prendersi una parte di quello che gli spetta? La cosa non è per nulla divertente, caro il mio professore". Si chiude un occhio, si racconta la cosa pensando che faccia ridere: chissà se ci si abitua, a questo.
Old age is
a flight of small
cheeping birds
skimming
bare trees
above a snow glaze.
William Carlos Williams, "To Waken an Old Lady".
Bisogna munirsi di biglietto numerato, e io ho il 4. Il display segna il 79. Ho venticinque persone davanti.
Sono circondata dalla terza età e anche dalla quarta: uomini malmessi in giubbotto trapuntato e berretto di feltro che parlano di tasse e di soldi, donne in cappotto cammello e berretto d'angora che fissano i display. A un certo punto un vecchio in trapuntato blu e cuffia marrone approfitta di un momento di distrazione e si lancia verso uno sportello libero ("se non ci va nessuno..."). Aveva fino a quel momento giocato la parte del rincoglionito estremo, impedito dal dolore all'anca.
Il suo scatto sorprende tutti.
Gli uomini se la prendono con il display luminoso ("con tutti questi anziani..."). Le donne se la prendono con il furbo.
Una signora sui settanta (quella che aveva il numero 8 e si era convinta che ben 74 persone le fossero passate avanti) mi fa: "Teniamoli d'occhio". Adesso, superata la perplessità numerica, ha l'aria di una che la sa lunga: "Non sanno aspettare, gli uomini".
Io penso ai cassieri, a come dev'essere restare indifferenti davanti a questi dannati varicosi e sciupati messi in fila dietro alla linea di cortesia o seduti qua e là, col numero e la bolletta in mano. A come dev'essere esporre la scritta "sportello chiuso" davanti a facce così. Ci si abitua?
T. mi scrive che all'inaugurazione di una mostra a Trieste, durante il rinfresco a bordo piscina, lui e A. hanno scambiato due chiacchiere con una signora anziana: "Ci ha detto che lei le mostre a Trieste le vede tutte e che sono tutte bellissime. Ma sai perché? Per il rinfresco. E mi è stato confermato - da un giovane professore universitario che considerava la cosa assai divertente - che a Trieste questa di andare per inaugurazioni o convegni per sbarcare il lunario con qualche pasto gratis e per stare al caldo è abitudine di molti pensionati". E conclude: "non è forse invece che quelle mostre o convegni, quei rinfreschi e quel caldo gli spettano di diritto perché lo pagano anche loro, e vanno a prendersi una parte di quello che gli spetta? La cosa non è per nulla divertente, caro il mio professore". Si chiude un occhio, si racconta la cosa pensando che faccia ridere: chissà se ci si abitua, a questo.
Old age is
a flight of small
cheeping birds
skimming
bare trees
above a snow glaze.
William Carlos Williams, "To Waken an Old Lady".
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William Carlos Williams
martedì, novembre 30, 2004
Belly Dancers vs George Bush
Bush atterra in Canada e trova i manifestanti ad attenderlo. E che manifestanti: "You'll see the Raging Grannies in addition to radical cheerleaders, Belly Dancers Against Bush, (and) Artists Against War who have created an 'Unwelcome Mat'", dice soddisfatto Joe Cressy del comitato No to Bush.
Non so cosa mi incuriosisce di più: se le nonnine scatenate, le ragazze pon-pon radicali e le danzatrici del ventre contro Bush o l'appariscente assenza delle spogliarelliste.
Non so cosa mi incuriosisce di più: se le nonnine scatenate, le ragazze pon-pon radicali e le danzatrici del ventre contro Bush o l'appariscente assenza delle spogliarelliste.
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lunedì, novembre 29, 2004
Zero the Hero
"Any number divided by zero is undefined, not zero as reported last Sunday in a Starship article about the number zero. Zero divided by zero is also undefined. The Star regrets the error".
Toronto Star, sezione "Corrections".
Toronto Star, sezione "Corrections".
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Agenzia Walrus/Questi pazzi pazzi rumeni
Eccoli, di nuovo.
Per la seconda volta in un mese un cieco ruba una macchina e va a schiantarsi contro un albero. Aveva dichiarato: "Volevo dimostrare a me stesso che potevo fare tutto quel che volevo, nonostante il mio handicap". Questa volta si era fatto accompagnare da un altro cieco e da un vedente, che avrebbe dovuto fargli da navigatore. È successo a Izvoare, in Romania. Lo dice Ananova.
Per la seconda volta in un mese un cieco ruba una macchina e va a schiantarsi contro un albero. Aveva dichiarato: "Volevo dimostrare a me stesso che potevo fare tutto quel che volevo, nonostante il mio handicap". Questa volta si era fatto accompagnare da un altro cieco e da un vedente, che avrebbe dovuto fargli da navigatore. È successo a Izvoare, in Romania. Lo dice Ananova.
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sabato, novembre 27, 2004
Con i tempi che corrono/2
... but many Padanians are armed, mi fa notare Dust al volo prima di comporre "Il pandàno" (sottotitolo, Salvaguardiamo una specie in via d'estinzione):
Lungo il placido Eridano
sempre immerso nella bruma
bello come un dio pagano
che fatica e che consuma
mai sdraiato sul divano
disdegnando la carega
là tra i fumi ed il metano
vive insieme alla sua Lega
il pacifico pandàno.
Lungo il placido Eridano
sempre immerso nella bruma
bello come un dio pagano
che fatica e che consuma
mai sdraiato sul divano
disdegnando la carega
là tra i fumi ed il metano
vive insieme alla sua Lega
il pacifico pandano
Animale assai nostrano
concentrato in nord Italia
è più sacro del Corano
E' inseguito da una taglia
chi molesta il buon pandano
Si munisca di una sega
e si asporti quella mano
o provvederà la Lega
Giù le zampe dal pandano !
Patatonia è un luogo strano
(il paese ov'è diffuso)
pianeggiante e anche montano
dal confine un po' confuso
con un clima assai malsano
Ma il pandano non si piega
né al terrone né al pantano
E si stringe alla sua Lega
Ce l'ha duro, quel pandano !
Dei sudisti tien lontano
la marmaglia spendacciona
Non si mischia col romano
ché si sa, Roma è ladrona
A chi non è puro ariano
lui l'accesso a forza nega
Ma decresce piano piano
(pur protetto dalla Lega)
non prolifico, il pandano.
Link
Lungo il placido Eridano
sempre immerso nella bruma
bello come un dio pagano
che fatica e che consuma
mai sdraiato sul divano
disdegnando la carega
là tra i fumi ed il metano
vive insieme alla sua Lega
il pacifico pandàno.
Lungo il placido Eridano
sempre immerso nella bruma
bello come un dio pagano
che fatica e che consuma
mai sdraiato sul divano
disdegnando la carega
là tra i fumi ed il metano
vive insieme alla sua Lega
il pacifico pandano
Animale assai nostrano
concentrato in nord Italia
è più sacro del Corano
E' inseguito da una taglia
chi molesta il buon pandano
Si munisca di una sega
e si asporti quella mano
o provvederà la Lega
Giù le zampe dal pandano !
Patatonia è un luogo strano
(il paese ov'è diffuso)
pianeggiante e anche montano
dal confine un po' confuso
con un clima assai malsano
Ma il pandano non si piega
né al terrone né al pantano
E si stringe alla sua Lega
Ce l'ha duro, quel pandano !
Dei sudisti tien lontano
la marmaglia spendacciona
Non si mischia col romano
ché si sa, Roma è ladrona
A chi non è puro ariano
lui l'accesso a forza nega
Ma decresce piano piano
(pur protetto dalla Lega)
non prolifico, il pandano.
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venerdì, novembre 26, 2004
Con i tempi che corrono
... non si sa mai, e allora volevo dire che:
no Padanian was harmed in the making of this weblog.
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