giovedì, dicembre 02, 2004

Sarò noiosa/Marwan Barghouti parte terza

Ne avevo parlato fino alla nausea qui e poi qui.
Poteva bastare.
Però Barghouti ha deciso di candidarsi alla presidenza dell'Autorità nazionale palestinese: "un'opportunità e un rischio", scrive Arab Monitor. Quindi attacco con la terza puntata, che è solo la traduzione di alcune parti di un articolo scritto da Barghouti e apparso sul Washington Post del 16 gennaio 2002.

[...] Per Israele l’unico modo per garantire la propria sicurezza è semplicemente porre fine all’occupazione israeliana del territorio palestinese, durata 35 anni. Gli israeliani devono abbandonare il mito secondo il quale sarebbe possibile avere contemporaneamente la pace e l’occupazione dei territori, e una coesistenza pacifica tra padrone e schiavo. La mancanza di sicurezza in Israele nasce dalla mancanza di libertà dei palestinesi. Israele avrà la sicurezza solo dopo la fine dell’occupazione, non prima.
Quando Israele e il resto del mondo avranno compreso questa fondamentale verità, il seguito sarà chiaro: ponete fine all’occupazione, permettete ai palestinesi di vivere in libertà e lasciate che Israele e Palestina negozino sullo stesso piano di equità e indipendenza un futuro pacifico con stretti legami economici e culturali.
Non dimentichiamo che noi palestinesi abbiamo riconosciuto Israele sul 78% della Palestina storica. È Israele che si rifiuta di riconoscere il diritto della Palestina a esistere sul restante 22% del territorio occupato nel 1967. E tuttavia sono i palestinesi a essere accusati di non scendere a compromessi e di perdere le occasioni di pace. Francamente, siamo stufi di prenderci sempre la colpa per l’intransigenza israeliana quando tutto ciò che vogliamo ottenere è l’attuazione della legge internazionale.
E non abbiamo fiducia negli Stati Uniti, che forniscono ogni anno miliardi di contributi per finanziare l’espansione da parte di Israele di colonie illegali, che “combattono il terrorismo” fornendo a Israele gli F-16 e gli elicotteri militari usati contro la popolazione civile inerme, che “difendono la libertà e gli oppressi” coccolando Sharon nonostante sia stato accusato di crimini di guerra per la sua reponsabilità nel massacro dei profughi palestinesi nel 1982. Il ruolo dell’unica superpotenza mondiale si è ridotto a quello di un semplice spettatore che non ha nulla da offrire se non lo stanco ritornello del “Ponete fine alla violenza”, e che non fa niente per affrontare le radici di quella violenza: la negazione della libertà dei palestinesi.
[…]
E così noi ci difenderemo. Se Israele si riserva il diritto di bombardarci con gli F-16 e gli elicotteri, non dovrà sorprendersi quando i palestinesi ricorreranno ad armi difensive per tirarli giù. E se io, e il movimento Fatah al quale appartengo, mi oppongo fermamente agli attacchi ai civili israeliani, nostri futuri vicini, mi riservo il diritto di proteggere me stesso, di resistere all’occupazione del mio paese e di combattere per la mia libertà. Se ci si aspetta che i palestinesi negozino sotto l’occupazione, allora bisogna aspettarsi che Israele negozi mentre noi resistiamo a quell’occupazione.
Io non sono un terrorista, ma non sono nemmeno un pacifista. Sono un semplice palestinese, un uomo della strada, e chiedo solo ciò che ogni oppresso ha sempre chiesto – il diritto di aiutarmi da solo in assenza di qualsiasi altro aiuto.
Questo principio può portare anche al mio assassinio. Per questo, chiariamo la mia posizione, perché la mia morte non venga accantonata con leggerezza dall’opinione mondiale come un altro dato statistico nella “guerra al terrorismo” di Israele. Per sei anni sono stato rinchiuso come prigioniero politico in un carcere israeliano, dove sono stato torturato, dove sono rimasto appeso e bendato mentre un israeliano mi colpiva i genitali con un bastone.
Dal 1994, però, quando ho creduto che Israele fosse veramente intenzionata a terminare l’occupazione, sono stato un instancabile sostenitore di una pace basata sull’equità e la lealtà. Ho guidato delegazioni di Palestinesi in incontri con parlamentari israeliani per promuovere la comprensione reciproca e la collaborazione. Perseguo ancora la coesistenza pacifica tra i paesi uguali e indipendenti di Israele e Palestina, sulla base di un completo ritiro dai territori palestinesi occupati nel 1967 e di una giusta soluzione al problema dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni dell’Onu. Non voglio distruggere Israele ma soltanto porre fine all'occupazione del mio Paese.

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