lunedì, novembre 28, 2005

Al-Jazeera, Belgrado 99 e amnesie

Stavo mettendo giù qualche scomposta riflessione (io scrivo riflessione, ma voi leggete pure delirio) sull'indignazione dei media di fronte al caso "BushBlairAl-Jazeera" e la loro mancata reazione al bombardamento NATO della radiotelevisione serba nel 1999 (e per una guerra altrettanto ingiusta), quando ho letto questo splendido articolo di Brendan O'Neill intitolato "Al-Jazeera, Serbia, and Liberal Amnesia. When killing journalists was permissible". Dice quello su cui stavo rimuginando da un paio di giorni - e immagino di non essere la sola - ma lo dice molto meglio.
Eccone alcuni estratti (ci si dilunga un po', procuratevi alcuni generi di conforto):

“Non sorprende che i giornalisti vogliano difendere i colleghi [di Al-Jazeera] da un presidente dal grilletto facile, soprattutto considerando che l’esercito americano ha già colpito gli uffici di Al-Jazeera a Kabul nel novembre del 2001 e i suoi inviati in Iraq. Ma ho una domanda da fare. Perché alcuni giornalisti sembrano più indignati per le presunte minacce e offese del presidente Bush nei confronti di una stazione televisiva di quanto lo siano stati quando un altro presidente giunse a bombardarne una?
Perché danno sfogo a tanta rabbia e indignazione per l’incidente di Bush e Al-Jazeera, mentre finsero di non vedere - e tentarono addirittura di giustificare - il vergognoso bombardamento della televisione serba ne 1999 che provocò la morte e il ferimento di molti dipendenti?

[…]

Quando la NATO - con Clinton e Blair al comando - bombardò la sede della radiotelevisione serba a Belgrado il 23 aprile 1999, non si trattò di uno scherzo. Accadde veramente. Nel mezzo della notte, alle 2.20 del mattino - dei missili Cruise distrussero l’ingresso dell’edificio e ridussero in macerie almeno uno studio. C’erano circa 120 persone al lavoro, in quel momento; almeno 16 rimasero uccise, ed altre 16 furono ferite. Erano tutti civili, per lo più tecnici e operatori. John Simpson della BBC raccontò di aver visto ‘il corpo di una giovane truccatrice… sul pavimento di un camerino.’
Fu un attacco intenzionale ai lavoratori civili del settore dell’informazione. La NATO parlò apertamente e senza vergogna di questi attacchi come di un mezzo per segnar punti nella guerra di propaganda e indebolire ulteriormente il controllo del presidente Milosevic sulla Serbia.

[...]

Oggi i giornalisti si chiedono se Blair abbia o no preso sul serio la battuta di Bush sul bombardamento di Al-Jazeera. Non fateci caso. Ecco quello che disse Blair - in pubblico, ufficialmente - sul bombardamento e l’uccisione dei giornalisti nella campagna del Kosovo: i media ‘sono l’apparato che mantiene [Milosevic] al potere e siamo totalmente giustificati in quanto alleati NATO a danneggiare e a colpire quegli obiettivi.’

Anche l’ex ministro britannico Clare Short - che si è dimessa perché contraria alla guerra in Iraq e adesso posa da guerriera pacifista - giustificò il bombardamento dei giornalisti nel 1999. Disse allora: ‘Questa è una guerra, questo è un grave conflitto, vengono commessi e taciuti degli orrori. La macchina della propaganda sta prolungando la guerra ed è un bersaglio legittimo.’ Raccontatelo alla famiglia della giovane truccatrice.

Gli attacchi erano progettati per causare il massimo danno alla stazione televisiva, e, per citare un ufficiale statunitense, si sperava che i bombardamenti avessero ‘il massimo impatto in termini di propaganda a livello nazionale e internazionale’ per la NATO. La rivista militare Jane’s Defense Weekly riferì nel luglio del 2000 che gli strateghi della NATO avevano stabilito quali parti dell’edificio ospitassero con maggiore probabilità i sistemi di controllo dell’impianto antincendio, e che i missili erano programmati per colpire proprio questi punti, così che l’incendio causato dalle bombe potesse diffondersi più rapidamente e fosse più difficile estinguerlo.

Clinton, Blair e i loro compari della NATO giustificarono questi attacchi come ‘legittimi’ tentativi di indebolire il nemico colpendo la macchina della sua propaganda. Vogliono farci credere che gli operatori, i tecnici del suono e una truccatrice fossero quelli che mantenevano Milosevic al potere? In verità, il bombardamento segnò un nuovo minimo storico nella guerra ‘umanitaria’ privilegiata da Clinton e Blair: fu fatto per colpire i civili; fu progettato per causare il massimo danno; e serviva a dare una mano sul piano nazionale e internazionale a Stati Uniti e Gran Bretagna.

[...]

E tuttavia, l’indignazione tra i giornalisti per questo attacco ai loro colleghi si fece notare per la propria assenza; fu senz’altro più smorzata delle manifestazioni di sdegno che hanno accolto le rivelazioni sull’incidente Bush-Blair. In Gran Bretagna alcuni sindacati della stampa si rifiutarono perfino di condannare il bombardamento della sede della RTS. Il BECTU [Broadcasting Entertainment Cinematograph and Theatre Union] evitò perfino di commentare l’attacco e proibì che il proprio nome figurasse nelle manifestazioni pacifiste.

Ci fu un tono quasi celebrativo nei servizi che il Guardian dedicò al bombardamento della RTS. Nel suo primo pezzo dopo l’attacco, il quotidiano ripeté le giustificazioni della NATO senza metterle in discussione, dichiarando: ‘nel primo mattino la NATO ha attaccato il cuore della base del potere del presidente jugoslavo Slobodan Milosevic bombardando la sede della televisione di stato serba, interrompendo le trasmissioni nel mezzo di un notiziario.’

[...]

Alcuni giornalisti condannarono il bombardamento, non perché fosse moralmente e politicamente ingiusto, ma perché regalava una ‘vittoria di propaganda’ agli oppositori della guerra. L’editorialista del Guardian Polly Toynbee, che era favorevole ai bombardamenti, disse: ‘è stato un inutile atto di follia bombardare la stazione radiotelevisiva serba,’ poiché non era altro che un ‘regalo ai molti critici della NATO.’

Naturalmente vi furono giornalisti che presero posizione contro il bombardamento della tv serba. In Gran Bretagna, per esempio, il portavoce del Sindacato nazionale dei giornalisti si oppose con forza all’attacco. Ma in generale - in un momento in cui i mezzi di informazione non solo appoggiavano l’intervento ma lo incoraggiavano entusiasticamente - vi fu una certa indifferenza verso questo vergognoso attacco ai lavoratori dell’informazione: più un senso di imbarazzo che una reale opposizione.

Questa disparità tra l’atteggiamento dei media nell’incidente di Al-Jazeera e la loro reazione al bombardamento della TV serba da parte di Clinton è rivelatrice.
Da Clare Short ai giornalisti del Guardian ai rappresentanti sindacali, alcuni di coloro che oggi mettono in ridicolo la guerra illegale di Blair e Bush all’Iraq erano in prima linea nell’appoggiare una guerra altrettanto illegale per il Kosovo (neanche quell’intervento si guadagnò l’appoggio unanime delle Nazioni Unite). Anzi, alcuni degli argomenti che usarono per giustificare gli attacchi alla Jugoslavia - come la necessità di punire un ‘dittatore colpevole di genocidio’, di proteggere una ‘popolazione vulnerabile’ e di adempiere all'‘impegno internazionale’ di diffondere la pace e l’armonia - sono stati ripetuti da Bush e Blair con riferimento all’Iraq.

I giornalisti, specie di convinzioni liberali e di sinistra, hanno atteggiamenti molto contraddittori nei confronti delle guerre d’aggressione occidentali. Questo significa che non sono nella posizione migliore per lamentarsi degli aspetti della guerra in Iraq, visto che il loro supino consenso alla guerra del Kosovo ha preparato la strada ai successivi interventi in Afghanistan nel 2001 e in Iraq nel 2003.”

Il cuore e l'anima della compagnia

Su Crooks and Liars, il video dei mercenari che sparano con fucili automatici per le strade di Baghdad (apparentemente si tratta della route Irish, "la strada più pericolosa del mondo", quella che porta all'aeroporto), colpendo macchine di civili iracheni a caso. Ne aveva parlato ieri il Sunday Telegraph: il filmato era apparso per la prima volta su www.aegisIraq.co.uk e in seguito rimosso. Sull'homepage sta scritto: "Questo sito non appartiene alla Aegis Defence Ltd, appartiene agli uomini sul campo che rappresentano il cuore e l'anima della compagnia."
La Aegis nega che si tratti di propri dipendenti; comunque, in almeno uno dei filmati si sentono delle voci con accento scozzese o irlandese.
Certo: aegis significa protezione.

domenica, novembre 27, 2005

Il numero 35

Bilal Mahmud Awad Shebah, noto con il nome di Abu Ubaydah, era confidente, guardiano, messaggero e segretario personale di Al Zarqawi. In breve, il braccio destro numero 35.

venerdì, novembre 25, 2005

You have to do it with candor

L'ex direttore pasticcione e raccomandato della FEMA, Michael Brown, ha un nuovo lavoro: dirigerà in Colorado una ditta di consulenze nel settore della gestione dei disastri e delle emergenze.
In pratica, insegnerà ai clienti come evitare di commettere i suoi stessi errori.
Quando gli hanno chiesto come intende affrontare questo nuovo compito, ha risposto: "You have to do it with candor".

Fonti: CNN, SHNS.

mercoledì, novembre 23, 2005

Il cartaro truffaldino

Scrivevano Bonini e D'Avanzo poco tempo fa, a proposito del "cartaro truffaldino" Rocco Martino e del falso dossier sull'uranio del Niger:

"Il coinvolgimento italiano negli eventi che precedono l'invasione dell'Iraq ha, sin qui, trovato nella distrazione generale un solitario e grottesco protagonista in un tale che si chiama Rocco Martino, 'di Raffaele e America Ventrici, nato a Tropea (Catanzaro) il 20 settembre 1938'.

Smascherato dalla stampa inglese (Financial Times, Sunday Times) nell'estate del 2004, Rocco Martino vuota il sacco: 'È vero, c'è la mia mano nella disseminazione di quei documenti (sull'uranio nigeriano), ma io sono stato ingannato. Dietro questa storia ci sono, insieme, americani e italiani. Si è trattato di un'operazione di disinformazione'.

Confessione non lontana dalla verità, ma incompleta.
Nasconde gli architetti dell''operazione'. Rocco Martino è a occhio nudo soltanto una pedina. Come i suoi compari. Chi tira i fili delle loro mediocri avventure? Per saperlo bisogna, in ogni caso, cominciare da quel buffo tipo venuto a Roma da Tropea.

Rocco Martino è un carabiniere fallito. Uno spione disonesto. Intorno a lui si avverte l'aura del briccone anche se non si conosce la sua pasticciata storia. Capitano nell'intelligence politico-militare tra il '76 e il '77 'allontanato per difetti di comportamento'. Nell'85 arrestato per estorsione in Italia. Nel '93 arrestato in Germania con assegni rubati. E tuttavia, a sentire i funzionari del ministero della Difesa, 'fino al 1999' collabora ancora con il Sismi. E' un doppiogiochista."

È emerso un particolare che a me sembra nuovo: l'ex-analista della National Security Agency Wayne Madsen (il suo sito non ha i permalink, basta fare una ricerca nel testo con il nome "Martino") ha scritto ieri che Rocco Martino ha lavorato ufficiosamente per George H.W. Bush negli anni Ottanta: "Martino, che ha mantenuto la residenza in Lussemburgo, fa parte di una complessa rete di individui che figurarono come elementi di primo piano nella vicenda Iran-Contra. Tra di essi vi sono Michael Ledeen, Manucher Ghorbanifar, Adnan Khashoggi, e altri protagonisti di quell'operazione segreta che si sarebbe trasformata in uno scandalo di grandi proporzioni per l'amministrazione Reagan." Questa informazione verrebbe da fonti dell'intelligence statunitense.

Che Madsen disponga di molte fonti tra amici ed ex amici all'interno dei servizi segreti americani, si era capito già in questa intervista sulla morte di Nicola Calipari risalente allo scorso mese di maggio, nella quale di fatto anticipava informazioni sul falso dossier sull'uranio nigeriano e il ruolo avuto dagli italiani: "Secondo i miei contatti nel governo americano, le persone coinvolte in incontri segreti che hanno portato alla guerra in Iraq comprendono il neo-conservatore Michael Ledeen, sua figlia Simone Ledeen, il sedicente agente a tempo del SISMI, Rocco Martino, Ghorbanifar, il funzionario del Pentagono Larry Franklin recentemente arrestato come spia israeliana, il suo superiore al Pentagono, Harold Rhode che è anche ufficiale di collegamento con l’attuale Ministro del Petrolio iracheno, Ahmad Chalabi. Penso che molti dettagli emergeranno su questa storia."

Cosmesi:
Prima di dormire, Eau de Soin demaquillante, Lozione detergente pelli intolleranti, maschera nutriente Yellowcake, crema Coherence Rass notte.

martedì, novembre 22, 2005

Il fosforo bianco sono gli altri

Per minimizzare l'impatto politico delle rivelazioni sull'uso del fosforo bianco a Fallujah da parte dell'esercito americano, il Pentagono ha sostenuto che le munizioni al fosforo sono legali perché non sono tecnicamente "armi chimiche."

Gabriele Zamparini dà notizia di un documento del Pentagono risalente al 1995 intitolato “Possible Use of Phosphorous Chemical”, che descrive l'uso che Saddam Hussein fece del fosforo bianco contro i curdi. Il documento, ripreso anche da Think Progress, sarebbe questo.
Vi si legge:

"L'Iraq potrebbe aver impiegato armi chimiche al fosforo contro la popolazione curda in aree lungo i confini tra Iraq, Iran e Turchia. […]

Alla fine di febbraio del 1991, dopo la schiacciante vittoria delle forze della coalizione in Iraq, i ribelli curdi intensificarono la loro lotta contro l'esercito iracheno nell'Iraq settentrionale. Durante la brutale repressione che seguì alla sollevazione curda, le forze irachene leali al presidente Saddam (Hussein) potrebbero aver usato arme chimiche al fosforo bianco (WP) contro i ribelli curdi e la popolazione delle province irachene di Erbil (GEOCOORD:3412N/04401E) (nei pressi del confine iraniano) e Dohuk (GEOCOORD:3652N/04301E) (nei pressi del confine iracheno). [sic. qui dovrebbe stare scritto confine turco, credo]"

Se questo documento è autentico, ne possiamo dedurre che il Pentagono definisce il fosforo bianco un'arma chimica quando viene usata dal nemico.

La gente di Fallujah, naturalmente, sarebbe morta comunque, anche usando mezzi convenzionali. È importante, allora, che siano state usate anche armi chimiche? Sì, lo è. Come scrive oggi George Monbiot sul Guardian "chiunque abbia visto le foto di reduci della prima guerra mondiale resi ciechi dalle armi chimiche comprenderà le ragioni della legge internazionale, e i pericoli impliciti nella sua violazione." Ma, aggiunge, "non dobbiamo dimenticare che l'uso di armi chimiche è stato un crimine di guerra all'interno di un crimine di guerra all'interno di un altro crimine di guerra. L'invasione dell'Iraq e l'attacco di Fallujah sono stati atti d'aggressione illegali. Prima di attaccare Fallujah, i marines impedirono di lasciare la città agli uomini in grado di combattere. Anche molte donne e bambini rimasero: il corrispondente del Guardian ha stimato che in città restarono tra i 30.000 e i 50.000 civili. I marines trattarono Fallujah come se i suoi unici abitanti fossero i combattenti. Rasero al suolo migliaia di edifici, negarono illegalmente l'accesso alla Mezzaluna Rossa irachena e secondo lo special rapporteur dell'ONU, usarono 'la fame e la mancanza d'acqua come armi contro la popolazione civile.'"

Monbiot ricorda un'altra cosa importante, e cioè che "su un'arma d'assalto usata dai marines erano montate delle testate contenenti 'circa un 35% di esplosivo termobarico e un 65% di esplosivo standard.'" Le utilizzarono per causare il crollo dei tetti e schiacciare gli insorti asserragliati, e lo fecero ripetutamente: "L'impiego di esplosivo per sgombrare le case fu enorme. Un articolo pubblicato nel 2000 descrive gli effetti che queste armi provocarono quando furono usate dai russi a Grozny. Le armi termobariche o fuel-air, secondo questo articolo, formano una nuvola di gas volatili o di esplosivi finemente polverizzati. 'Questa nuvola successivamente si incendia e risucchia l'ossigeno dell'area circostante. La mancanza d'ossigeno crea un'enorme pressione... chi si trova sotto questa nube muore letteralmente schiacciato. Al di fuori di quest'area l'onda d'urto viaggia a circa 3000 metri al secondo... Di conseguenza, un esplosivo fuel-air può avere gli effetti di un'arma tattica nucleare senza provocare radiazioni... Chi si trova direttamente sotto la nuvola muore incenerito o a causa della pressione. Chi si trova ai margini può riportare ferite molto gravi: ustioni, fratture, contusioni, cecità. La pressione può inoltre causare embolia, commozioni cerebrali, emorragie interne multiple al fegato e alla milza, collasso dei polmoni, rottura dei timpani e spostamento degli occhi dalle orbite.'"
Conclude Monbiot che "è molto difficile capire come si siano potute usare queste armi a Fallujah senza uccidere dei civili."
Dunque il problema diventa: "esiste un crimine che le forze della coalizione non abbiano commesso in Iraq?". Esiste?

Make up
Armi segrete: lucidalabbra Phyto-Lip n. 1, fondotinta mousse Matte Soufflé n. 620, cipria multicolor: Météorites Poudre Pressée, col. Winter Radiance (WR).

domenica, novembre 20, 2005

Due gradi di separazione

(Avvertenza: mi avete concesso democraticamente un po' di teoria del complotto, di tanto in tanto. Sit back and enjoy.)

Allora, gli attentati di Amman. Capisco che i giornalisti italiani in quei giorni scioperavano e che la notizia non è stata seguita benissimo – salvo poi dare grande rilievo alla kamikaze mancata, fotografata con tanto di corpetto esplosivo – ma la versione ufficiale e accettata sembra fatta apposta per un'innocua esercitazione di dietrologia.

Il soffitto
Probabilmente un esperto di esplosioni sarebbe in grado di spiegarmi come mai i soffitti del Radisson erano sfondati mentre le pareti vicine ai luoghi delle esplosioni sono rimaste praticamente intatte, quindi su questo non mi soffermerò più di tanto. Però al dietrologo dilettante verrebbe da dire che c'erano delle bombe sul/nel soffitto, non che si sono fatte saltare in aria delle persone. Ah, dimenticavo: di bombe posizionate nel controsoffitto parlava il primo lancio Reuters (ne parlano Al Jazeera qui, e anche il Daily Star, qui).

La kamikaze mancata
Storia dell'Associated Press: la donna ha detto che lei e il marito indossavano cinture esplosive quando sono entrati nella sala da ballo del Radisson in cui si trovavano centinaia di persone, compresi dei bambini, ospiti di una festa di matrimonio giordano-palestinese. "Mio marito indossava una cintura e ne fece indossare una anche a me. Mi insegnò come usarla, come tirare e farla esplodere," ha detto. "Mio marito fece esplodere la sua bomba. Io cercai di far esplodere la mia cintura, ma non ci riuscii. Me ne andai, c'era gente che scappava e io scappai fuori con loro." Nella versione dell'Associated Press, il vice primo ministro Muasher aggiunge un particolare importante: il marito, vedendo che la donna non riusciva a farsi esplodere, la spinse fuori dalla sala da ballo, e poi si fece saltare in aria.
La stessa storia su Al Jazeera è raccontata così: "Entrammo nell'albergo. Mio marito andò in un angolo e io andai nell'altro. Nell'albergo c'era un matrimonio. C'erano donne e bambini. Mio marito fece esplodere la sua bomba, io cercai di far esplodere la mia, ma non funzionava. La gente scappava e anch'io scappai con loro".
Allora il marito la spinse fuori prima di farsi esplodere o no? E soprattutto, perché avrebbe dovuto farlo?

Parenti serpenti
La donna è stata arrestata la domenica mattina successiva all'attentato in una "casa sicura" che si trova nello stesso quartiere in cui il marito e gli altri avevano affittato un appartamento immobiliato. I servizi giordani si sono basati sul comunicato di rivendicazione dei tre attacchi terroristici firmato dall'Organizzazione di al Qaeda per la Jihad in Giordania, in cui si parlava di una donna tra gli attentatori. Come abbiano fatto a trovare il nascondiglio "sicuro", non si sa. Visto che era, per l'appunto, "sicuro".
Infatti la versione negli ultimi giorni è cambiata ancora una volta: niente più luogo sicuro, la donna si era rifugiata a Salt, chiedendo ospitalità alla famiglia del defunto marito di sua sorella. Il defunto marito della sorella non era uno qualunque, ma Nidal Arabiyat, un alleato di al-Zarqawi che era rimasto ucciso in uno scontro con gli americani in Iraq nel 2003, secondo le fonti ufficiali del governo giordano. E mica solo un alleato: no, addirittura un esperto di esplosivi. Il mondo è piccolo.

Non volevo, uffaQui la storia si fa appassionante, perché al-Zarkawi interpreta il suo solito cameo. Innanzitutto bisogna osservare che le rivendicazioni del fantomatico al-Zarkawi sono sempre precise, tempestive e aggiungono utili dettagli. In questo caso alla rivendicazione è perfino seguita una seconda dichiarazione. O questo signore è un grafomane, o qualcuno stava dando dei ritocchi strategici alla storia. Poi, venerdì scorso è arrivata un'ulteriore precisazione di al-Zarqawi, ovviamente in una registrazione radio diffusa su internet: non voleva colpire i fedeli musulmani intenti a partecipare alle feste nuziali. Da una notizia AGI: "una puntualizzazione che sembra confermare quanto stragi così sanguinose, che hanno provocato nel complesso almeno 58 morti, abbiano messo seriamente in imbarazzo il super-terrorista di origini giordane, luogotenente di Osama bin Laden in Iraq, per lo sdegno che hanno suscitato prima di tutto nello stesso mondo islamico." In imbarazzo.
Insomma, 'sta al Qaeda per la Jihad nella Terra dei Due Fiumi credeva che gli alberghi fossero "covi di agenti dei servizi segreti americani, israeliani e giordani", quando la proprietà del Radisson di Amman è giordano-palestinese. Infatti sono stati fatti fuori i capi dell'intelligence palestinese e alcuni cinesi, oltre ai molti civili giordani, e lasciamo pure perdere l'articolo di Haaretz, poi smentito, secondo cui prima degli attentati alcuni israeliani erano stati fatti uscire dal Radisson dai servizi di sicurezza giordani (nel sito del quotidiano ci sono ancora le due versioni: uno e due). Ma invece no, al Quaeda pensava che lì ci fosse il megaraduno dell'asse del male.

Il soffitto, reloaded
Nella necessità di spiegarsi del "super-terrorista" c'è un altro strano riferimento: "L'idea che si siano fatti esplodere nel mezzo di festeggiamenti per un matrimonio è una bugia del regime giordano... l'obiettivo era un incontro di servizi segreti, solo che a causa dell'esplosione è crollato il soffitto sugli ospiti del ricevimento".
Ci teneva, a spiegare perché fosse crollato il soffitto. E poi uno non deve pensar male.

Due gradi di separazione
Ma se c'è una cosa che mi fa impazzire è che praticamente tutti gli iracheni sembrano essere divisi da non più di due gradi di separazione da al-Zarqawi. In questo caso, Sajida Mubarak Atrous al-Rishawi, la kamikaze mancata, è la sorella del defunto Mubarak Atrous al-Rishawi, già braccio destro (ma non sappiamo quale numero) di al Zarqawi ucciso non si sa quando a Fallujah. E suo cognato - l'esperto di esplosivi, morto anche lui in battaglia - era un altro braccio destro. Naturalmente, in questo modo gli Stati Uniti possono dire che al-Zarqawi è ormai alle corde, perché è costretto a mandare a morire i suoi uomini migliori (e le loro sorelle, e i loro mariti, altri elementi validi dell'organizzazione). Il fatto che quattro iracheni debbano farsi la gita suicida in Giordania non si spiega se non con il fatto che Abu Musab è rimasto senza parenti.

E però
Al-Zarqawi non esiste. Se non esiste, possiamo dire che ha i giorni contati. Può scriversi le letterine con al-Zawahiri. Può telefonarsi con Bin Laden. Può fare dichiarazioni. Può anche essere ripudiato dalla sua famiglia.
Se telefonasse in diretta dalla De Filippi io personalmente mi insospettirei, e anche se improvvisamente cominciasse a dire "voi giornalisti fraintendete tutto quel che dico, uffa", però tutto il resto può reggere ancora per un po'.

Un po' di materiale interessante in:
Xymphora, Another day in the Empire, "Did Al Zarqawi really bomb Amman?", Xiaodong People, Uruknet.

Make up
Il fondotinta adatto a questo post dovrebbe essere molto coprente: diciamo l'Unifiance Lissage Optique, da abbinare alla Poudre Coromandel (che uniforma e scalda). E poi, grande ritorno dell'eyeliner con lo Spectacular nero; per sopracciglia ben definite come quelle di al-Zarqawi, Dual Perfection n. 01. E poi due gocce di Baiser du Dragon.

sabato, novembre 19, 2005

Pelle e capelli scuri

I soldati americani in Iraq hanno ucciso finora ben 13 giornalisti dall'inizio dell'invasione e ne stanno tenendo cinque in arresto senza che siano stati incriminati.
I militari dicono che è loro intenzione prevenire l'uccisione di civili, ma che la natura della guerra costringe i soldati a reagire rapidamente per proteggersi. Quindi l'atteggiamento trigger happy delle truppe sarebbe giustificato (boh, questa mi ricorda qualcosa).
Nell'agosto del 2003 gli americani uccisero Mazen Dana, un noto cameraman palestinese che lavorava per la Reuters e che aveva ottenuto il permesso di fare delle riprese all'esterno della prigione di Abu Ghraib. L'inchiesta militare che ne seguì giunse alla conclusione che il soldato che aveva sparato aveva agito ragionevolmente: aveva infatti visto un uomo "con pelle e capelli scuri" e aveva scambiato la telecamera per un lanciagranate.
Ragionevole.
Un altro problema è costituito dai giornalisti imprigionati, attualmente cinque. Il tenente colonnello Rudisill, addetto alle pubbliche relazioni della forza multinazionale in Iraq, ha spiegato che la coalizione ha l'autorità di tenere in arresto chiunque sia sospettato di costituire una minaccia per la sicurezza, e che i detenuti non hanno diritto a un avvocato finché non vengono incriminati: cosa che può richiedere dei mesi e anche non verificarsi mai. Quindi, se vieni arrestato e non incriminato non hai diritto a un avvocato. Questi si prendono da 90 a 120 giorni per decidere se incriminarti o meno. Tre-quattro mesi ad Abu Ghraib sono assicurati, in ogni caso. Poi al limite ti rilasciano perché non sei colpevole. Che metodo.
Ali Mashhadani è stato arrestato in agosto: durante una perquisizione le truppe americane hanno trovato nella sua videocamera del materiale sugli insorti. È finito ad Abu Ghraib senza neanche sapere perché, niente avvocati e niente visite. Samir Mohammed Noor, arrestato in circostanze simili dai soldati iracheni, è stato portato ad Abu Ghraib dentro una coperta, per come lo avevano conciato. Se c'è qualcosa che l'esercito iracheno impara in fretta, sono le cattive lezioni.

Fonte: "Journalists' perils in Iraq highlighted", The Boston Globe.

venerdì, novembre 18, 2005

Overheard in Friuli

– Come va?
– Male, male. Di giorno ho sempre sonno, mi addormento in piedi. Poi verso il tardo pomeriggio mi sveglio e la notte ho l'insonnia.
– Ma da quanto tempo soffri di questi disturbi?
– Da sempre! Ho finito a fatica le scuole medie. Per fortuna alle superiori tutto bene, il massimo dei voti.
– Ah, allora stavi meglio.
– No. Ho fatto le serali.

Comunicazione di servizio

La mia anima complottista stava già sospettando che la Tin volesse dirottarmi su Alice a colpi di disservizi, ma a quanto pare oggi sono ferme tutte le ADSL Telecom del Friuli Venezia Giulia. (mi consola? un po'). Questo significa che per spedire dei file ho dovuto connettermi a 56k. Questo significa che la mia velocità di reazione - e di risposta alle mail - sarà direttamente proporzionale a quella del modem.
In compenso, spero che anche la funzione Autotrolling® sia disabilitata.

mercoledì, novembre 16, 2005

Come Mogadiscio

Sciiti torturano sunniti: in una prigione segreta, al Ministero degli Interni iracheno, sono stati scoperti 173 prigionieri accusati di "terrorismo" e rapimenti. Al solito: botte, fame, elettricità, buio e paura.
Baghdad "sta diventando sempre più simile a Mogadiscio, ogni giorno che passa", ha commentato un ufficiale americano.
Anche questa ci mancava.
Non è bella, la democrazia?

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Make-up: per un trucco notturno, un tratto di Pure Color Eyeliner nella tonalità pervinca, sulle ciglia un tocco di mascara Magnascopic blu scuro, fondotinta Individualist matte beige n° 6.

Gli exit poll

Considerazioni varie:
1. in effetti la (c) doveva essere "ti tocchi", ma è stata sostituita con il fondotinta coprente nell'esigenza di mantenere il blog entro limiti pudibondi (vi conosco, mascherine, e c'era il rischio che mi sbracaste subito, procurandomi la bandierina nera di objectionable content. Ecco, già che ci siamo, non pasticciate mai con l'angolo in alto a destra di blogger: e non faccio nomi).
2. però scusate, possibile che dobbiamo farci sputtanare subito? C'è stata una finta doppia delega, tra un po' diranno che abbiamo falsificato il sondaggio e che siamo i soliti comunisti.
3. mi sembra di capire che un po' di dietrologia si può fare, nei limiti, abbinandola a consigli di bellezza. Quando parlerò di mascara allungaciglia Bodansky non andate a chiederlo in profumeria.
4. non volevo far saltare la copertura del signorG - smaliziato agente operativo nordcoreano - come se fosse un Valerie Plame qualunque; a questo punto mi trovo costretta a dichiarare aperto il G-gate.
5. grazie per non aver mai preso in considerazione l'ipotesi (a).

I risultati:
due traslochi, tre fondotinta, un qualsiasi cosa tranne il trasloco, un ok per tutto, un'opzione omega, quattro cinque dietrologie, un dubbio sul fondotinta di puffetta e una roba da chiarire sul bambino kinder candidato manciuriano.

martedì, novembre 15, 2005

I leoni di Uday

Due iracheni arrestati nel loro paese dalle forze di occupazione americane ma mai accusati di alcun crimine hanno denunciato il trattamento subito.
In particolare, i soldati americani:
– hanno finto di volerli giustiziare, mettendoli al muro e puntando loro addosso i fucili. (ce l'ho)
– li hanno umiliati durante gli interrogatori in varie strutture di detenzione. (ce l'ho)
– li hanno messi in una gabbia di leoni. (leoni? mi manca)

Sherzad Khalid, 35 anni, e Thahe Sabar, 37, dicono di essere stati picchiati brutalmente durante i vari mesi di prigionia trascorsi in posti come Camp Bucca, Abu Ghraib e un'altra struttura di detenzione che si trova all'aeroporto di Baghdad. Le torture hanno avuto luogo perché i due non erano in grado di dire dove si nascondesse Saddam Hussein e di parlare delle armi di distruzione di massa in Iraq. Quando a Sabar fu chiesto delle armi di distruzione di massa e del nascondiglio di Saddam, lui ovviamente si mise a ridere; ovviamente lo picchiarono più forte.
Entrambi uomini d'affari, erano stati arrestati il 17 luglio 2003. Entrambi erano favorevoli all'invasione degli Stati Uniti.
"Per me quello è stato un periodo tremendo," ha detto Khalid, raccontando che fu spinto per ben tre volte dentro una gabbia di leoni in uno dei palazzi presidenziali di Baghdad, prima di finire contro il muro per una finta esecuzione. "Mi chiedevo se l'esercito americano potesse davvero comportarsi in questo modo."
Adesso fanno causa a Rumsfeld e agli alti comandi militari in Iraq.

Fonte: "Abuse Included Use of Lions, Iraqis Allege", Washington Post.

Altre informazioni sul sito dell'American Civil Liberties Union:
Thahe Mohammed Sabar, sposato con quattro figli, è stato in carcere per circa sei mesi e sottoposto a torture e a trattamento crudele e degradante. Adesso ha un problemi nervosi e ci sono momenti in cui perde il controllo, trema e piange.
È stato frequentemente e brutalmente percosso con fucili e armi elettriche. È stato legato a una recinzione e lasciato molte ore a una temperatura di oltre 48° C.
Durante una delle finte fucilazioni, lui ed altri prigionieri hanno perso il controllo della vescica, e sono stati derisi e umiliati. I soldati li hanno minacciati di spedirli a Guantánamo, dove sarebbero morti. Poi: gabbia di leoni, privazione del cibo e dell'acqua, somministrazione di razioni di cibo marcio, divieto di andare in bagno.
Quando l'hanno rilasciato, Sabar è tornato ad Abu Ghraib perché gli restituissero i suoi effetti personali e per chiedere notizie di un amico e di un socio che erano ancora prigionieri. L'hanno rinchiuso di nuovo. Poi l'hanno lasciato andare, senza restituirgli nulla.

Sherzad Kamal Khalid è sposato con quattro figli. Ha fatto due mesi di prigionia. È stato sottoposto a violente percosse e altri crudeli abusi. Il personale militare statunitense gli infliggeva regolarmente e intenzionalmente abusi fisici. Lo hanno preso a calci e pugni per ore dopo averlo legato e incappucciato, terrorizzandolo e ferendolo con colpi a caso e inaspettati.
Poi, minacce di morte e finte esecuzioni. Privazione di sonno, cibo e acqua. Somministrazione di cibo guasto. Divieto di andare in bagno. A un certo punto è stato costretto a restare per alcuni giorni in una "tenda del silenzio", dove veniva picchiato quando dava segno di addormentarsi.
A più di un anno dal rilascio, soffre ancora di ulcere gastriche per una malattia non curata durante la prigionia. Soffre anche di una depressione grave e di incubi.

Khalid e Saber continuano a non saper nulla di armi di distruzioni di massa o di dove cavolo si nascondesse il Saddam.
In compenso adesso sanno dove Uday teneva i grandi felini.

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Ma voi, gentili lettori e commentatori, che ne direste di un post di dietrologia pura, di tanto in tanto? Un po' di teoria della cospirazione da far invidia agli amici iraniani e alle loro ipotesi su Edoardo Agnelli e il complotto sionista degli Elkann. O a quelli che dicono che non si è schiantato nessun aereo sul Pentagono. Tra la fantapolitica, il fantaterrorismo e final fantasy. Solo per divertirsi un po'.
Mi fate un favore se rispondete nei commenti, scegliendo tra:

a) naa, meglio se continui così.
b) uhm non mi va, parla un po' di questo interessantissimo trasloco che assorbe tanto del tuo interessantissimo tempo.
c) pensandoci bene, non hai mai parlato di fondotinta coprenti.
d) perché, non stai già facendo dietrologia da anni?

I timidi possono scrivermi una mail. Quelli che rispondono d si accomodino all'uscita.

domenica, novembre 13, 2005

La cura dell'acqua e altre utili torture

Non credo che tra i gentili lettori e commentatori di questo blog ci sia un fanatico abbonato del Wall Street Journal, e così ho pensato di segnalarvi l'editoriale di sabato (io ci sono arrivata via War and Piece). Sappiamo che esistono entusiastici sostenitori della tortura per il bene della sicurezza nazionale, ma questo articolo è una vera apologia dei metodi disinvolti. Anzi, per usare le parole di Laura Rozen di War and Piece, quello che colpisce è che "il contenuto è tremendo, ma è scritto nel tipico stile 'siamo ragionevoli, contrariamente a quello che vi hanno insegnato in chiesa il tipo di tortura che facciamo noi è l'unico sistema per vincere una guerra.' Onestamente, questo articolo dovrebbe finire sui libri di storia, come le foto dei linciaggi, perché segna un momento bassissimo della storia americana."

Insomma, vediamo se siete d'accordo:

“Se Osama bin Laden è vivo e sta cercando segni di cedimento nella volontà degli Stati Uniti di combattere la guerra contro il terrorismo, non deve far altro che assistere al dibattito nazionale sui metodi impiegati per interrogare i suoi compatrioti e gli altri che intendono farci del male.

Dopo l'11 settembre non è irrealistico ipotizzare uno scenario in cui la nostra capacità di ottenere informazioni da un terrorista sia l'unico sistema per prevenire un attacco bioterroristico o perfino la distruzione nucleare di una città americana. E sappiamo che le informazioni ottenute dalla mente dell'11 settembre, Khalid Sheikh Mohammed, e da altre persone hanno contribuito a prevenire ulteriori attacchi sul suolo americano.

E tuttavia, secondo coloro che criticano l'amministrazione Bush, le tecniche d'interrogatorio aggressive e stressanti usate con successo su gente come KSM [sic] hanno posto gli Stati Uniti sulla china pericolosa della 'tortura' diffusa e indiscriminata e degli abusi di Abu Ghraib. John McCain (R., Arizona) ha proposto al Senato un emendamento che proibirebbe tutte le tecniche di interrogatorio stressanti. Il pericolo per la sicurezza nazionale è che questo farebbe capire a tutti i terroristi del mondo che non hanno assolutamente niente da temere se mantengono il silenzio una volta caduti nelle mani degli Stati Uniti.

L'Emendamento McCain si basa sull'ipotesi che le tecniche usate dalla CIA per interrogare i pezzi grossi di al Qaeda siano in qualche modo 'migrate' in Iraq, causando gli abusi di Abu Ghraib. Ma l'ironia è che il Congresso sta proponendo questa eccessiva reazione riparatrice proprio mentre emergono prove schiaccianti che dimostrano la falsità di questa interpretazione.

L'ex segretario alla difesa Jim Schlesinger ha condotto più di dieci inchieste sugli abusi sui detenuti, e lo scorso anno ha spiegato che gli abusi di Abu Ghraib erano dovuti semplicemente al comportamento sadico di riservisti malamente addestrati assegnati ai 'turni di notte'. Le vittime non erano nemmeno obiettivi dell'intelligence. Se questi argomenti non sono sufficienti, abbiamo ora i verdetti delle nove corti marziali che hanno punito i soldati colpevoli di Abu Ghraib, nessuno dei quali è stato in grado di dimostrare l'affermazione che gli abusi avessero qualcosa a che fare con gli interrogatori.

Non stiamo dicendo che non ci sono stati abusi sui detenuti nella guerra al terrorismo - ce ne sono stati probabilmente centinaia. Ma ci sono stati anche più di 70.000 prigionieri. In altre parole, la percentuale degli abusi è positiva se confrontata con il sistema carcerario civile statunitense. Ed è migliore della percentuale relativa a conflitti del passato come il Vietnam e la seconda guerra mondiale.

Due fondamentali fonti di confusione sono costituite da un travisamento delle Convenzioni di Ginevra e da un uso abborracciato (o intenzionalmente distorto) della parola 'tortura'. Le Convenzioni di Ginevra sono molto rigide su quali siano i detenuti ai quali va applicato lo status e la protezione di 'prigionieri di guerra'. Per esempio, devono aver combattuto in uniforme e aver mostrato un certo rispetto per le leggi della guerra, come quella di evitare attacchi ai civili.

Inoltre, ogni forma di manipolazione, comprese le modifiche in senso positivo come il miglioramento delle razioni, è proibita negli interrogatori di legittimi prigionieri di guerra. Concedere ai guerriglieri e ai terroristi lo status di prigionieri di guerra sarebbe una forma di disarmo unilaterale, e, cosa peggiore, legittimerebbe la loro condotta.

Per quanto riguarda la 'tortura', è semplicemente perverso mettere insieme la amputazioni e le elettroesecuzioni che Saddam infliggeva ad Abu Ghraib con gli abusi minori commessi da alcune canaglie tra i soldati americani e tanto meno con le tecniche di interrogatorio autorizzate dagli Stati Uniti. Nessuno ha ancora dimostrato concretamente che qualcosa di simile alla 'tortura' sia stato sanzionato dall'esercito o dal governo americano. Le 'posizioni di stress' che sono state consentite (come portare un cappuccio, l'esposizione al caldo e al freddo, e il raramente autorizzato waterboarding, che induce una sensazione di soffocamento) sono tutte tecniche psicologiche intese a spezzare la resistenza del detenuto."

E continua, ma direi che può bastare per farsi un'idea senza esser costretti a dare di stomaco.
Ora, in cosa consiste il "raramente autorizzato waterboarding"? Andrew Sullivan rimanda alla pagina di Wikipedia, che qui sintetizzo.
Sembrano esistere diverse varietà di tortura note con il nome di waterboarding. La prima di queste va anche sotto il nome di cura dell'acqua. La cura dell'acqua consiste nel legare il soggetto a una sedia, coprirgli la faccia con uno straccio e versarci sopra dell'acqua. Il soggetto ha la sensazione di annegare. Una variante consiste nel versargli dell'acqua in gola stando ben attenti a non farlo annegare ma facendo in modo che ne abbia l'impressione.
La seconda forma di waterboarding prevede che il soggetto sia legato a una tavola e calato in una tinozza piena d'acqua, dove deve credere che l'annegamento è imminente. Poi lo si solleva e lo si rianima. Se necessario si ripete il processo. La tortura dovrebbe essere più psicologica che fisica, poiché la vittima è portata a credere di essere sul punto di morire. Questo rafforza il controllo del torturatore e fa sì che la vittima sperimenti un terrore mortale.
Poi c'è la tortura dell'acqua che veniva riservata alle donne accusate di stregoneria: le presunte streghe venivano immerse nell'acqua e tirate fuori dopo un po', quando erano in grado di confessare. Se confessavano, venivano uccise. Se non confessavano, venivano rimesse in acqua. Quindi la vittima era libera o di annegare o di farsi condannare a morte.
Il waterboarding attualmente praticato richiede che si leghi la vittima a una tavola in modo che la testa sia più bassa rispetto ai piedi per impedire qualsiasi movimento. Si tiene uno straccio sulla faccia del torturato, e ci si versa sopra dell'acqua. La respirazione diventa difficile e la vittima avrà paura di morire per asfissia; ma è relativamente difficile aspirare una grande quantità d'acqua, perché i polmoni si trovano più in alto rispetto alla bocca, e se i torturatori sono esperti è difficile che la vittima muoia.

sabato, novembre 12, 2005

Lo possiamo torturare?

Quanto tempo ci vorrà al procuratore speciale Patrick Fitzgerald per presentare le prove contro Lewis "Scooter" Libby, per scoprire se ha mentito per coprire le proprie azioni o quelle di altri alla Casa Bianca, per convincere i testimoni a parlare? Tanto.
Linwood Barclay del Toronto Star avanza la sua modesta proposta:

"Fitzgerald non potrebbe attaccare un po' di elettrodi al torace di Libby e tirar su i volt? Alcuni di voi troveranno questa mia posizione un po' estrema, ma se non ho preso una cantonata questo è esattamente il genere di cose che incontrano il favore del superiore di Libby, il vicepresidente Dick Cheney."[...]

"Non fraintendetemi. Non sto dicendo che il vecchio Scooter è un terrorista. Non me lo vedo a legarsi in vita della dinamite e a salire su un autobus. Insomma, guardate i completi eleganti che indossa. Chi vorrebbe rovinare dei vestiti così? Però lasciar filtrare il nome di un agente della CIA è una questione di sicurezza nazionale. E se anche un solo funzionario degli Stati Uniti pensa che vada bene spifferare i nomi di agenti sotto copertura, o coprire quelli che pensano che vada bene, non è che poi tutti penseranno che è normale? Se Dick Cheney dice che bisogna torturare i sospetti terroristi per scoprire cosa sanno e che minaccia rappresentano per la sicurezza nazionale, perché dovrebbe opporsi all'uso degli stessi metodi sul suo ex collaboratore? E anche se Libby poi si rivela completamente innocente è comunque una bella scorciatoia per arrivare alla verità. Certo, alcuni repubblicani possono temere che Libby sotto tortura si lasci sfuggire qualcosa, o che che faccia dei nomi, giusto per salvarsi dal dolore. Potrebbe perfino inventarsi delle cose, confessare crimini che non ha commesso, e solo per compiacere i tizi che gli infilano il bambù sotto le unghie o fanno su e giù con l'interruttore della corrente. Ma di sicuro Dick Cheney non sarebbe preoccupato. Se Cheney pensasse che la tortura è un metodo inaffidabile per ottenere la verità, non cercherebbe di ottenere un'esenzione da leggi che vietano il trattamento 'crudele, inumano o degradante' dei sospetti criminali.
L'unico problema è: chi dovrebbe farlo? Se Fitzgerald si sente a disagio a torturare in prima persona, ci sono vari paesi stranieri in cui spedire Libby. Alla Casa Bianca potrebbe controllare lui stesso la lista completa. Ma come dicevo, è solo un'idea. Forse Cheney rilascerebbe una dichiarazione: 'Sono così dedito alla tortura per estorcere informazioni che sono disposto, come gesto di buona volontà, a farla praticare sul mio ex capo di gabinetto.' Allora sarei disposto a credergli."

venerdì, novembre 11, 2005

Tra un minuto

Io avrei un paio di argomenti (volendo anche) seri da trattare. Appena smetto di ridere.



Ecco, per ottenere il jackpot del sadico bisognerebbe almeno aggiungere "pavimento bagnato", secondo me.

Altre chiavi di ricerca di oggi: "auguri di buon natale al fidanzato", "calendario delle donne cozze", "visto con la suocera" ("visto" sarà participio passato o sostantivo?) e il fondamentale "michael della terza".

giovedì, novembre 10, 2005

Segnatevi questo link/Timeline on Iraq

Enigma America pubblica una cronologia del coinvolgimento americano in Iraq dall'inizio della guerra Iran-Iraq al mese di giugno 2005.
Via Crooks and Liars.

Saluto alla bandiera di Blair



La prima pagina del Sun di martedì scorso mostrava il volto sofferente e coperto di sangue di John Tulloch, ferito negli attentati del 7 luglio a Londra. Il titolo era "Dite a Tony che ha ragione", e la pagina era composta in modo da far pensare ai lettori che la vittima approvasse le misure antiterrorismo messe in atto dal governo Blair.
Problema: John Tulloch, docente di comunicazione (e dunque abituato ad analizzare i media e le loro distorsioni), non pensa affatto che Tony abbia ragione:

Dal Guardian di oggi (via Davblog)

"Questo significa usare la mia immagine per fa approvare una legislazione draconiana e assolutamente non necessaria. È un'incredibile ironia che il Sun dica di rappresentare la gente, e che non chieda invece alle persone coinvolte, alle vittime, ciò che pensano veramente. Se volete proprio usare la mia immagine, le parole che escono dalla mia bocca devono essere 'Non a nome mio, Tony'. Niente di quel che ho letto o visto negli ultimi mesi mi ha convinto che queste leggi sono necessarie."

"È un classico caso di manipolazione dei media che dimostra la connivenza tra il New Labour e la stampa di Murdoch. Non c'è bisogno di un'analisi sofisticata per capire quello che stanno facendo con la retorica delle immagini e il testo. Le parole collegano la mia immagine a una particolare interpretazione politica di quell'evento, dando l'impressione che escano dalla mia bocca. Mi viene in mente il famoso saggio del semiologo Roland Barthes, il quale analizzò l'immagine di un soldato nero che faceva il saluto militare alla bandiera francese. Ecco cos'abbiamo qui: mi fanno salutare la bandiera di Blair."

Finalmente un'"immagine iconica" che sa il fatto suo.