lunedì, marzo 07, 2005

Qui Cinquantunesimo Stato

A me ieri sera ha fatto uno strano effetto vedere Gabriele Polo ospite con Scolari dello Speciale Tg1 in onda dopo le 23.00. Non tanto per il programma, o il canale (nel pomeriggio c'era stata la telefonata di Mara Venier a Giuliana Sgrena durante la diretta di Domenica In da Sanremo, e qui avevamo già toccato il sublime).
No, è che io pensavo che personaggi come Teodori e Iacchia - mai visti in natura, ma solo in vitro e per di più a Porta a Porta - fossero emanazioni ologrammatiche di Bruno Vespa: "lo studioso americanista" e l'"esperto di questioni militari", mica due persone reali. Non ho mai preso in considerazione la possibilità che potessero esistere veramente e non essere prodotto di una sessione di lavoro particolarmente appagante dell'Industrial Light & Magic.
Invece poi ho visto il direttore del Manifesto replicare pacatamente a un'affermazione di Iacchia, e Scolari mandare a quel paese Teodori: quindi essi vivono, e non comunicano solo con pari-ologramma.
Anche se, va detto, l'interazione era comunque ridotta al minimo: Polo e Scolari avevano gli sguardi obliqui e imbarazzati di due che hanno a che fare con un cromakey, la gestualità imprecisa dei meteorologi durante le previsioni del tempo. Per farla breve, i dubbi restano.

venerdì, marzo 04, 2005

lunedì, febbraio 28, 2005

Ready when you are, Mr. De Mille!



Si racconta che Cecil B. De Mille stesse girando la scena di una battaglia con migliaia di comparse e di animali, una scena che probabilmente sarebbe finita con la distruzione del set. In quel caso doveva essere per forza "buona la prima". Così De Mille pensò di andare sul sicuro mettendo al lavoro ben quattro cameramen. Quando l'azione si concluse e il set era completamente distrutto domandò a ciascun operatore se la ripresa fosse andata bene. "Eh, mi sa di no", disse il primo, "mi si è incastrata la pellicola", "Macché", disse il secondo, "c'era un capello sull'obiettivo". "Niente da fare", fece il terzo, "c'era il riflesso del sole sulla lente". Disperato, De Mille si rivolse all'ultimo operatore, che disse tutto allegro: "Io sono pronto quando è pronto lei, signor De Mille!".

C'è chi decide di nascere con venti giorni d'anticipo per non perdersi la notte degli Oscar.
Michele è arrivato poco prima della mezzanotte, e al suo papà non funzionava la videocamera appena comprata da Mediaworld per l'occasione.
Ancora non sa, Michele, che lo chiamiamo già "il nostro million dollar baby".
Ancora non sa, il papà di Michele, che ormai lo chiamiamo Mr. De Mille.

sabato, febbraio 26, 2005

Due cose

Due cose.
Quando gli Stati Uniti vogliono esportare democrazia io mi preoccupo, però potrebbe benissimo trattarsi di un problema mio.
Sono attratta dall'Iran e prima o poi mi piacerebbe visitarlo, magari come turista e non come scudo umano. Mi interessa la sua cultura, il suo popolo, e se negli ultimi venticinque anni ho simpatizzato due o tre volte* per la repubblica islamica avevo le mie buone ragioni.
Detto questo, io lo so che i weblogger iraniani si trovano in difficoltà; di certo se ne parla tanto, recentemente, e forse in modo strumentale, ma questo non rende il problema meno reale e meno grave.
Quindi questi sono miei appunti personali, piccoli cambiamenti di prospettiva.
Sul blog di Another Irani Online ho scoperto alcune cose interessanti. In Iran ci sono due radio finanziate dagli Stati Uniti: Radio Sawa, in lingua araba, e Radio Farda, in lingua persiana. L'Iran Democracy Act - e io qui comincio seriamente a preoccuparmi, per il famoso mio problema - parla esplicitamente del ruolo di Radio Farda, mentre un articolo del Washington Post commenta l'insuccesso di Radio Sawa nel promuovere sentimenti filoamericani (copio e incollo perché ci vuole l'iscrizione, e anche se è gratuita io non voglio abbonare tutti e cinque i miei resistenti lettori al Post: "Radio Sawa, an Arab-language pop music and news station funded by the U.S. government and touted by the Bush administration as a success in reaching out to the Arab world, has failed to meet its mandate of promoting democracy and pro-American attitudes, according to a draft report prepared by the State Department's inspector general. The report credited Radio Sawa with attracting a large audience in key Middle East countries but said the station, which has an annual budget of $22 million, has been so preoccupied with building an audience through its music that it has failed to adequately measure whether it is influencing minds").
Si può obiettare sul fatto che la promozione degli ideali democratici come li intendono gli Stati Uniti debba per forza passare per la musica pop, ma non meravigliarsene.
Quindi lo so cosa state pensando: anche stavolta la Mira ha passato il sabato pomeriggio a scoprire l'acqua calda.
Ma magari anche no.
Radio Farda, dice Another Irani Online, questa settimana dedica un programma di "approfondimento" al problema della libertà dei blogger iraniani.
Ma è stata proprio Radio Farda a mettere nei guai Arash - il weblogger condannato a 14 anni di carcere per aver criticato il governo -, rivelando la sua vera identità durante un'intervista. È lo stesso Arash a dichiararlo, in una lettera citata (e tradotta) da Another Irani Online: "I was doing the interview with a pen name and then suddenly they would announce that were doing an interview with Arash Cigarchi. Believe me I placed no hope in them [Radio Farda] and I still dont... I don't expect anything from radio stations but it might not be a bad idea if a movement developed that familiarized them with their responsibilities to those of us who face a thousand dangers in Iran".
Insomma, conclude Another Irani Online, promuovendo con tanto zelo la democrazia e la libertà questi "benefattori" finiscono per mettere in pericolo proprio quelli che sarebbero in grado di portare un vero cambiamento nella loro società.
Questi sono i giovani iraniani: dategli una playlist come si deve e un po' d'informazione trasparente e aspettatevi anche di essere criticati.

*diciamo cinque, c'era Reagan.

Sempre carne è

"Rufus Wainwright, page 17, Friday Review, yesterday, has recorded a setting of Agnus Dei rather than Angus Dei".
The Guardian, sezione "Corrections" di oggi, grassetto mio.

giovedì, febbraio 24, 2005

Allarghiamoci a est



"non in senso bellico", ha però specificato il deputato di AN.

Di certo Menia è uno che non dimentica, e non solo nella Giornata del Ricordo: il 16 febbraio scorso ha presentato un'interrogazione nella quale ha chiesto di verificare la posizione e i diritti dello scrittore e studioso fiumano Giacomo Scotti, vice presidente dell'Unione Italiana, e di partire dalla sua situazione per controllare quante persone con doppia cittadinanza godano di pensioni e tutela sanitaria italiane. Scotti ha una pensione sociale di 500 euro e l'assistenza sanitaria del nostro paese; la doppia residenza e la doppia cittadinanza è consentita alla minoranza italiana da una legge del 1991. Ma queste cose Menia finge di dimenticarsele.

Piccoli equivoci

Divertente rettifica del New York Times a proposito di un paio di foto della Reuters: gli sciiti raffigurati non piangevano e si flagellavano a causa dei modesti risultati elettorali – come indicato nelle didascalie – ma nel contesto di un rito religioso (durante l'Ashura, per la precisione).

"The caption on Feb. 14 for a picture by Reuters with the continuation of an article about the Iraqi elections misstated the reason Abdul Aziz al-Hakim, a Shiite cleric, was weeping. He was participating in a mourning ritual as part of Ashura, a holy Shiite festival - not reacting to results showing that his political alliance had won a slim majority of seats. A second caption for a Reuters photo misstated the reason a Shiite was shown flagellating himself in a Baghdad procession. He was taking part in the same mourning ritual, not celebrating the election outcome".
The New York Times, sezione "Corrections".

mercoledì, febbraio 23, 2005

Il Guardian e Dr. Gonzo

Sembrava strano che Nixon avesse avuto da commentare su Hunter S. Thompson. Ovviamente era il contrario:

"In our G2 cover story about Hunter S Thompson yesterday we mistakenly attributed to Richard Nixon the view that Thompson represented "that dark, venal and incurably violent side of the American character". On the contrary, it was what Thompson said of Nixon".

Sul buon vecchio Guardian, sezione "Corrections".

More bucks for Bucky

William "Bucky" Bush, zio di George W., esercitando il proprio diritto d'opzione ha appena incassato 450.000 dollari in profitti di guerra grazie alla Engineered Support Systems, Inc., che fornisce mezzi corazzati e altro materiale militare alle truppe in Iraq. Zio Bucky è entrato nel consiglio d'amministrazione della compagnia nel 2000, otto mesi prima che il nipote fosse eletto alla Casa Bianca.
"Having a Bush doesn't hurt", ha commentato un pezzo grosso della ESSI.

martedì, febbraio 22, 2005

10.000 Before Donald



Oggi è il Free Motjaba and Arash Day, giorno dedicato ai due blogger iraniani che stanno passando dei guai per aver espresso troppo liberamente le proprie opinioni.
Avranno anche le loro difficoltà (anche se non mi sembrano eccessivamente impegnati ad autocensurarsi, e c'è chi è convinto che in Iran "the revolution will be blogged"), ma è certo che i blog iraniani non mancano di senso dell'umorismo, come si può notare da questa guida illustrata dell'Iran per principianti.

lunedì, febbraio 21, 2005

Falce e carota

Pensavamo di essere alla frutta...



e invece siamo appena alla verdura.

sabato, febbraio 19, 2005

Al Jazeera e le altre

A proposito delle emittenti televisive mediorientali da noi si fa ancora un bel po' di confusione, e non si può dire che i mezzi di informazione italiani contribuiscano a far chiarezza. Da qualche anno mi piacerebbe capirci qualcosa di più, e di meno mediato: che Al Jazeera sia guardata con una certa diffidenza nel mondo arabo è un'informazione che sta cominciando a filtrare anche da noi, e che la concorrente Al Arabyya sia proprietà della famiglia reale saudita - con tutte le conseguenze del caso - è risaputo, ma le altre emittenti?
In risposta al semplicistico (perfino per me, semplicistico) articolo di Hassan Fattah sulle televisioni satellitari arabe apparso sul New York Times dieci giorni fa, Angry Arab (cioè As'ad AbuKhalil) dà la sua versione, in un post interessante e molto dettagliato.

Insomma, io sono il tipo che quando entra per la prima volta nella sua stanza d'albergo in un paese straniero la seconda cosa che fa è appoggiare la valigia.
La prima, è accendere la tv.

mercoledì, febbraio 16, 2005

Cosa vuole questo da me

Tu, che sei capitato su questo blog cercando su Google "una linea bianca verticale sul monitor": probabilmente son cazzi, contatta un tecnico.

martedì, febbraio 15, 2005

Srce v breznu

Questa sera TV Slovenija 1 trasmetterà la prima puntata de Il cuore nel pozzo.
Ieri sera, invece, è andato in onda il documentario Fascist Legacy, di Ken Kirby: il programma sui crimini di guerra italiani in Etiopia e in Jugoslavia che la Rai ha acquistato ma mai trasmesso.
(Il documentario è stato prodotto dalla BBC nel 1989 e viene proiettato in sale e sedi di partito italiani da qualche anno.)

lunedì, febbraio 14, 2005

Parole sante

"In queste occasioni bisogna essere cinici e cattivi.
E a noi questa cinicità e questa cattiveria ci manca".
Valerio Bertotto dell'Udinese dopo la partita di ieri con la Juventus.

La vendetta degli gnomi

Ed ecco cosa succede a scherzare con gli gnomi, secondo il Sun.

John John

The former prime minister we unintentionally and mistakenly called John John should, of course, have been John Major (Parties trade accusations of dirty tricks, page 10, February 7).
The Guardian, sezione "Corrections", oggi.

sabato, febbraio 12, 2005

Rileggere la propria storia/ancora a proposito delle foibe

"Ma che cosa sa tuttora la maggioranza degli italiani sulla politica di sopraffazione del fascismo nei confronti delle minoranze slovena e croata [...] addirittura da prima dell'avvento al potere; della brutale snazionalizzazione [...] come parte di un progetto di distruzione dell'identità nazionale e culturale delle minoranze e della distruzione della loro memoria storica? I paladini del nuovo patriottismo fondato sul vittimismo delle foibe farebbero bene a rileggersi i fieri propositi dei loro padri tutelari, quelli che parlavano della superiorità della civiltà e della razza italica, che vedevano un nemico e un complottardo in ogni straniero, che volevano impedire lo sviluppo dei porti jugoslavi per conservare all'Italia il monopolio strategico ed economico dell'Adriatico. Che cosa sanno dell'occupazione e dello smembramento della Jugoslavia e della sciagurata annessione della provincia di Lubiana al regno d'Italia, con il seguito di rappresaglie e repressioni che poco hanno da invidiare ai crimini nazisti? Che cosa sanno degli ultranazionalisti italiani che nel loro odio antislavo fecero causa comune con i nazisti insediati nel Litorale adriatico, sullo sfondo della Risiera di S. Sabba e degli impiccati di via Ghega?

Ecco che cosa significa parlare delle foibe: chiamare in causa il complesso di situazioni cumulatesi nell'arco di un ventennio con l'esasperazione di violenza e di lacerazioni politiche, militari, sociali concentratesi in particolare nei cinque anni della fase più acuta della seconda guerra mondiale. È qui che nascono le radici dell'odio, delle foibe, dell'esodo dall'Istria. Nella storia non vi sono scorciatoie per amputare frammenti di verità, mezze verità, estraendole da un complesso di eventi in cui si intrecciano le ragioni e le sofferenze di molti soggetti. Al singolo, vittima di eventi più grandi di lui, può anche non importare capire l'origine delle sue disgrazie; ma chi fa responsabilmente il mestiere di politico o anche più modestamente quello dell'educatore deve avere la consapevolezza dei messaggi che trasmette, deve sapere che cosa significa trasmettere un messaggio dimezzato, unilaterale".

Enzo Collotti, su Il Manifesto.

giovedì, febbraio 10, 2005

5 cent/La piccola posta di Miro Van Pelt


C'è questo carissimo amico, D., che attraversa una fase di grandi cambiamenti e ora – tra le altre cose – ha l'idea di avviare una piccola casa editrice.
Poi ci sono io, che per noia o sbadataggine ho l'abitudine di apparire nei sogni altrui comunicando messaggi sibillini e strampalati.
Insomma, immaginate di starvene in fase REM, con i vostri bei movimenti oculari rapidi rapidi, il corpo assolutamente immobile e tutto il resto e – ta-daaa – mi presento io. Non è una bella esperienza, ed è quello che è successo a D.
Non è neanche il massimo avere un io metafisico che se ne va a spasso senza guinzaglio, se volete saperla tutta. Che è quello che spesso succede a me.
Ecco la lettera di D.
La mia interpretazione (commento di D.: "In certi punti non so se mi stai più sul Zolla o più sull'Hillmann", e va' a sapere se è complimento o perfidia) arriva fino a un certo punto, e riguarda i due verbi, ma il senso del gesto mi è oscuro.
Chiedo aiuto.
E no, non porto i numeri del lotto.

"Cara Miro,
ti so molto impegnata per chiederti di prestare attenzione a quanto segue, ma dal momento che tu ne sei la causa, devi rassegnarti e concedermi 5 minuti...
Ieri mattina ti ho sognata. Del sogno mi rimane solo la parte finale, in cui tu sei più una figura metafisica che la Miro in carne ed ossa, ed il messaggio con cui ti congedi lo è ancora di più, tanto che rimbalzo a te un tentativo di spiegazione, o di interpretazione. Vedo la tua "immagine", quasi l'apparizione di te stessa che mi dice che, per far andare le cose in modo semplice, ci vogliono "skip" (ma io vedo la parola scritta come schip) e "shift", e me lo spieghi tracciando con le mani una linea spezzata che sembra un cappello a cilindro. Lo fai come se prendessi la linea dall'esterno delle falde, con pollice ed indice, salendo in verticale e congiungendo le dita in cima. Oggi pensavo che è una specie di Omega, non trovi? In ogni caso la "ricetta" ha a che fare con il mare, o con il navigare, in maniera simbolica, evidentemente. Qui ci vuole il tuo inglese, mia cara, perché, se tanto mi dà tanto, una sana traduzione, eclettica e intuitiva come potrebbe essere la tua, di certo potrebbe scatenare, che ne so, il nome di una casa editrice?"

mercoledì, febbraio 09, 2005

Agenzia Walrus/L'evilometro



La scala della depravazione classifica l'orrore di un atto in base alla somma dei suoi particolari più macabri. Che delusione, pensavo fossero riusciti a quantificare il buon vecchio Satana.