mercoledì, ottobre 03, 2012

Il piffero


Mio padre adora le cantine. Gli piace soprattutto la mia, che riordina incessantemente con l'estro e la crudeltà di un piccolo dio annoiato. Ricamino a punto croce raffigurante gattino scontento: appeso alla parete in pesante cornice di legno. Cintura rossa Lady Gaga meets Ziggy Stardust meets Perestrojka: acciambellata su uno scaffale come una vipera in letargo. Borraccia termica, sprezzantemente ribattezzata water marino: in bilico su un pacco di carta igienica da 12 rotoli che dichiara la propria morbistenza. Foto di me bambina, paffuta, avvinghiata a un tronco d'albero: appoggiata a un tubo rosso in similpelle con scritta dorata in latinorum accademico.

Un momento.

Tubo rosso in similpelle con scritta dorata in latinorum accademico: novità.
"La laurea", ho pensato e forse detto a voce alta.
Poi ho fatto quello che facciamo noi Vittorelli prima di scoperchiare qualcosa: ho soppesato, annusato, agitato. Faceva un rumore strano, non il fruscio rassicurante di una pergamena ritrovata. Ho aperto. Dentro non c'era la laurea. C'era un flauto dolce di legno. Verde.

– Papà, ho visto che hai trovato il tubone della laurea.
– Sì, ci ho messo dentro il piffero.
– Ho visto.
– No, perché magari cerchi il piffero.
– Certo.
– E allora l'ho messo lì.
– Se mi viene voglia di suonare la sigla dell'Almanacco del giorno dopo.
– Vedi che adesso puoi.
– Grazie papi.
– Siamo molto contenti?
– Siamo molto contenti.

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