giovedì, dicembre 17, 2009

Solo tra i fantasmi: 2666 di Roberto Bolaño/traduzione


Poco prima di morire per insufficienza epatica nel luglio del 2003, Roberto Bolaño disse che avrebbe preferito il mestiere del detective a quello dello scrittore. Aveva 50 anni, ed era già ampiamente considerato il più importante romanziere latinoamericano dopo Gabriel García Márquez. Ma nell'intervista pubblicata dall'edizione messicana di “Playboy” Bolaño fu esplicito. “Mi sarebbe piaciuto essere un investigatore della omicidi, molto più che uno scrittore” disse alla rivista. “Di questo sono assolutamente sicuro. Una serie di omicidi. Qualcuno che possa tornare, nottetempo, sulla scena del delitto, e non avere paura dei fantasmi.”

I polizieschi e le uscite provocatorie erano due passioni di Bolaño – una volta definì James Ellroy uno dei migliori scrittori viventi in lingua inglese – ma il suo interesse per le storie di piedipiatti non si limitava esclusivamente alla trama e allo stile. I racconti polizieschi sono essenzialmente indagini sui moventi e i meccanismi della violenza, e Bolaño – che era andato a vivere in Messico nel 1968, l'anno del massacro di Tlatelolco, ed era finito in carcere durante il golpe militare del 1973 nel suo paese, il Cile – era ossessionato anche da questo. Il grande tema della sua opera è il rapporto tra arte e infamia, mestiere e crimine, scrittore e Stato totalitario.

Marcela Valdes, “Alone Among the Ghosts: Roberto Bolano's '2666'”, The Nation, 8 dicembre 2008.

L'avete poi letto, Bolaño?
La traduzione dell'articolo di Valdes in ogni caso è qui in formato .pdf oppure su mirumir 2.0.

Sten non vuole essere ringraziato né citato. Dice che non è responsabile della revisione e dei riscontri sui testi, e tanto meno dei preziosi chiarimenti su Auxilio Lacouture o su quello che succede da pagina 299 a pagina 360 di 2666. Va bene. Grazie, zombi.

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