giovedì, novembre 20, 2008

Quattro volte Žižek

Il Piccolo, 20 novembre 2008, pagina 11.



Il Piccolo, 20 novembre 2008, pagina 21 (cliccate per ingrandire).



Cosa deve fare al giorno d'oggi una ragazza per essere un po' Chic & Žižek, signore mie!

Ve lo dicevo che erano indistruttibili



Tutto a posto (si fa per dire), notato niente?

Il Piccolo, 19 novembre 2008, prima pagina.

mercoledì, novembre 19, 2008

SOFA, So Good?

Questo post serve a raccogliere un po' di link e fondamentalmente a giustificare il gioco di parole nel titolo.
Tre giorni fa i media hanno diffuso la notizia dell'approvazione da parte del governo iracheno del SOFA (Status of Forces Agreement, Accordo sullo Status delle Forze Armate) con gli Stati Uniti. Si è scritto che l'accordo prevede il ritiro totale delle truppe USA dall'Iraq entro la fine del 2011.

Innanzitutto cos'è un SOFA lo capite benissimo qui dallo Zio che riporta alcuni utili estratti da Nemesi di Chalmers Johnson.

Fatto?

Se nel frattempo vi è sorta la domanda "Ma allora è possibile che gli Stati Uniti trovino il modo di garantirsi delle basi permanenti all'estero senza dover passare per l'approvazione del Congresso?", allora sappiate che la risposta è: sì, grazie ai SOFA.

Fatto?

Si parla spesso di un solo accordo, come osserva la Berrigan nel suo pezzo, ma in realtà gli accordi firmati sono due: il SOFA e lo Strategic Framework Agreement (Accordo quadro strategico): "un quadro strategico a lungo termine che [...] definirebbe per anni le relazioni tra i due paesi nei settori dell''economia, cultura, scienza, tecnologia, sanità e commercio'", secondo le parole del negoziatore americano, l'ambasciatore Crocker (fonte Reuters).
Come nota Moon of Alabama, però, il portavoce del primo ministro iracheno Al Maliki ha parlato anche di "aspetti legali e giudiziari".
Dunque, dov'è che si trova questo SFA? Si può leggere? Pare di no.
Non è che, come osserva sempre MoB, il SOFA di cui tutti parlano finirà per essere uno specchietto per le allodole mentre i veri piani strategici sull'Iraq si decidono da un'altra parte?

Un minuto di mumble mumble complottista.

Fatto?

Per tornare al SOFA, è interessante notare che non è ancora stato diffuso ufficialmente (sapete, tipo su un sito del governo statunitense). Il testo è stato pubblicato da Al Sabah di Baghdad, e il blogger e giornalista Raed Jarrar rimanda alla sua traduzione in inglese.

Fatti che meritano attenzione:

L'agenzia di informazione iraniana Fars è stata tra i primi a diffondere il testo in arabo (fonte: Missing Links); inoltre le autorità religiose iraniane avrebbero espresso approvazione riguardo l'accordo. Viene da pensare, come scrive Helena Cobban, che la permanenza delle truppe americane in Iraq fino alla fine del 2011 sia considerata come una garanzia che per i prossimi tre anni nessuno a Washington deciderà di attaccare l'Iran; lo proverebbe la rapidità con cui le principali fazioni del governo iracheno - pesantemente influenzate dall'Iran - hanno approvato questo SOFA.

La portavoce della Casa Bianca Dana Perino ha già detto che il "termine ultimo" citato dall'accordo è solo "aspirational", "un'aspirazione".

In rete si trova anche il testo dell'accordo con tanto di modifiche e revisioni (il file .pdf sta sempre dallo zio, io il file word l'ho caricato qui), che sono segnate in rosso.

È giunto il momento della traduzione breve ma illuminante?

Credo di sì. Secondo Chris Floyd il SOFA servirebbe a creare un'utile illusione che la guerra sia ormai magicamente alle spalle e la renderà meno visibile alla coscienza pubblica; e visto che le "aspirazioni" espresse nell'accordo dipendono dalle "circostanze" e le circostanze in tempo di guerra cambiano, Obama avrà abbondante spazio di manovra per decidere che l'America è più sicura se le truppe restano. L'epoca del pensiero magico: la cortina di fumo del SOFA e il potere presidenziale.

E così, a quanto pare,

indipendentemente dai contenuti del SOFA, presto il nuovo presidente degli Stati Uniti avrà la facoltà esecutiva di modificarlo: dunque Obama potrà tenere le truppe in Iraq per tutta la durata della sua amministrazione, e di questo deve essere grato a Bush, che ha fatto sì che l'accordo non raggiungesse mai lo status di un trattato e dunque non sia soggetto a dibattito e voto al Congresso.

E infine, la parola del giorno: aspirational, \ˌas-pə-ˈrā-sh(ə-)nəl\
Da aspiration, \ˌas-pə-ˈrā-shən\
3 a: a strong desire to achieve something high or great.

Il tutto, come sempre, li nobilita.

lunedì, novembre 17, 2008

Well I woke up this morning

La mia attività onirica bulgakoviana vi è ormai nota. Ultimamente ho chiesto un po' in giro, ché fare così tanti sogni e così strani richiede un minimo di organizzazione. Per esempio, è qualcosa che mangio o che non mangio? Vitamine in difetto o in eccesso? È il latte? Ci sono tracce di LSD nel Sensodyne? È il momento particolare della mia vita dominata da Saturno e il fatto che mai come ora sembri sceneggiata da uno a metà tra Calavera e Topo Gigio (cit. L.), cioè tra un adorabile sadico e un roditore biondo con spaventose carenze affettive?

Così ho chiesto in giro.
Solo che a chiedere in giro si ricevono le risposte più strane. Dice che questi sono sogni lucidi, che a volte capita anzi di non essere certi se si è svegli o se si sta sognando, dice che per questo ci sono perfino delle tecniche. A me queste tecniche sembrano sceme. La tecnica numero uno è abituarsi a controllare l'ora a intervalli regolari durante la giornata: così lo si farà anche durante il sogno, per accorgersi che nei sogni gli orologi fanno cose strane, e non tengono mai le lancette o i led al posto giusto. Ma chi lo porta mai, l'orologio.
La seconda tecnica è ancora più scema. Quando non si è certi se si stia sognando bisogna osservarsi le mani. Se mancano delle dita o ce ne sono d'avanzo si sogna. Grazie tante.
Questa tecnica mi sembrava così strampalata che l'ho esposta anche a M., e che vi devo dire: a noi questa roba alla Castaneda ci lascia più scettici di Focus. Del resto: mandateci a un seminario di sciamanesimo mesoamericano e dopo due ore stiamo già organizzando una corsa di fagioli salterini, un mini-torneo di Texas Hold'em o anche un banale giro di Mezcal.
E proprio a gente così devono capitare i sogni lucidi.

Fatto sta che da un po' di tempo sogno che spariscono le cose. C'è il sogno senza sale, il sogno senza carta, il sogno senza acqua.
Di sogni senza acqua ce ne sono due.
Variante uno, manca l'acqua ma fuori piove. L'acqua che piove però [inserire motivo qui: è acida, è salata, è solida] non è potabile e la sognante lucida si avvia a morte sicura.
Variante due, manca l'acqua ma piove in casa e l'acqua che piove non è potabile [inserire motivo qui: è tossica, è bollente, sembra acqua ma non lo è]; la sognante lucida anche qui si avvia a morte sicura.
In questi sogni è spesso presente mio padre, che nella vita reale è quello in grado di risolvere le cose con un cacciavite, un tronchesino, un deviatore, del nastro isolante o un po' di stucco. Ma lui nei sogni lucidi guarda in su e scuote la testa.

È l'alba e sento uno sgocciolio insistente.
Accendo la luce. Il Signor G. mi sta accucciato accanto, sveglio e con uno sguardo in cui leggo "che cazzo è", "dormo di qua perché di là c'è casino" e "sei tu il capo".
Raggiungo il soggiorno. Lo sgocciolio è sempre più forte e comincio a sentire un forte odore di muffa e umidità. Allungo la mano per accendere la lampada a soffitto. Cortocircuito. Il pavimento è bagnato, lo sgocciolio continua, sento odore di muri fradici e di incubo. Ed è buio pesto, il che significa che non posso neanche contarmi le dita delle mani.

Se fosse un sogno lucido in questo momento enterebbe tranquillo tranquillo M. armato di una delle sue battute oniriche tipo "mi dicono che qui si pescano cefali niente male" o "stellina, guarda che ti si sono arricciati i capelli".
Ma niente.
Comincio dunque a pensare di essere sveglia e nel mezzo di un dramma domestico.

Un'ora dopo ho già in mano alcune informazioni utili: l'impianto di riscaldamento dell'appartamento del piano di sopra ha deciso di scaricare il suo contenuto d'acqua su casa mia; il salvavita è scattato perché l'acqua scendeva dalla lampada a soffitto (e non so voi, ma a me il binomio acqua+elettricità sa di morte stupida; tra le cose che mi fanno paura lo metterei subito dopo gli scorpioni ma molto prima dei clown bianchi); da una metratura consistente del soffitto del soggiorno, della cucina e dello studio, e cioè di due terzi della casa, scende filtra zampilla e sgocciola tanta acqua evidentemente non potabile.

Sembra di stare in un film di Tarkovskij.

Accanto a me ci sono l'affranto vicino del piano di sopra e l'affranta sua moglie. Poco dopo si accodano mesti i vicini del piano di sotto, perché il Rio de la Plata ha raggiunto anche loro. Tutti lì, in pigiama, lividi, spettinati e con le torce in mano a prenderci gli schizzi e a chiederci quanto dureranno. Nel frattempo abbiamo chiuso l'acqua ai vicini, messo la caldaia assassina in condizioni di non nuocere e stabilito dei turni di guardia.

A quel punto arriva mio padre con un set di cacciaviti per smontaggio lampada e riattivazione corrente elettrica.

L'acqua continua a venir giù. Il pubblico è ora costituito da vicini affranti con anziana suocera al seguito, altri vicini preoccupati, signora morta, figlia della signora morta, bambina del pianoforte, bambina del flauto dolce e anche dentista del pianterreno (perché l'acqua quando si infiltra si infiltra).
Il signor G. ha conquistato un'altura (il lettore dvd) e assiste alla scena con l'aria di pensare "e a me tante storie per una pisciatina".

A quel punto riappare mio padre, questa volta armato di trapano, perché state certi che se c'è un lavoro impopolare da fare lui è pronto a farlo, anche se si tratta di bucare il soffitto. E di bucarlo più volte, visto che tra mio padre e il corso d'acqua c'è una trave che rompe i coglioni.
Una volta bucato il soffitto scendono, non per vantarci, 150 litri d'acqua, cioè sei secchiate da venticinque litri goccia più goccia meno.

Restiamo tutti incantati come davanti alle fontane di Versailles o al presepe più bagnato del mondo, a raccontarci storie di spandimenti, infiltrazioni, scarichi della lavastoviglie malamente innestati, calcare e lavatrici, trapani anarchici e tubature compiacenti.
Poi, silenzio.
Poi, la voce di mio padre: "E pensare quanto abbiamo faticato per avere l'acqua corrente in casa".

L'acqua, finalmente stanca di correre, si ferma.
Adesso c'è solo una libreria enorme da svuotare e un pavimento da asciugare. Ho passato il phon sulle stampe di Utamaro. Ho consolato il vicino affranto che tra una foto e l'altra ("per l'assicurazione") covava ormai propositi suicidi:
- Che disastro, ci vorranno mesi perché si asciughi tutto.
- Tranquillo, sono cose che si risolvono.
- E questo odore di muri bagnati, terribile.
- Ma no.
- Troppo gentile, troppo gentile! Pago tutto, danni diretti e indiretti!
- Però adesso non si metta a piangere che qua è già abbastanza umido.

Se vedete Saturno, o anche Topo Gigio, ditegli di piantarla. Col Calavera me la vedo io.

18.37.
Fortunatamente è stata una giornata serena e ventosa.
Peccato solo che faccia buio presto.
Peccato anche che - per un fenomeno meteorologico cui non mi sento di dar torto - sul soggiorno sia calata una fitta nebbia. Mia madre, che era passata per rendersi utile ("hai mica bisogno che ti lavo i vetri?"), ha appena tamponato il signor G. dopo una manovra azzardata e ora tenta la via della constatazione amichevole.

Ma io sono sorprendentemente calma.
Mi conto le dita.
Dieci.
Cazzo.

Palle

Con i carri armati russi a soli 50 chilometri da Tbilisi, il 12 agosto, Sarkozy disse a Putin che il mondo non avrebbe accettato la deposizione del Governo georgiano. Secondo Levitte [Jean-David, consigliere diplomatico di Sarkozy, N.d.T.], il russo non sembrava preoccupato per la reazione internazionale. “Saakashvili lo appenderò per le palle” dichiarò Putin.

Sarkozy pensò di aver capito male. “Appenderlo?” chiese. “Perché no?” disse Putin. “Gli americani hanno appeso Saddam Hussein.”

Sarkozy, dandogli del tu, cercò di ragionarci: “Sì, ma vuoi finire come Bush?”. Putin rimase brevemente interdetto e poi disse: “Ah. Anche tu hai ragione”.

Fonte: The Times



venerdì, novembre 14, 2008

Le Migliori Menti di Una Generazione, Per Fortuna Non la Mia

- Ti dirò, piaciuti i Soulwax.
- Bello?
- Bello perché vario, spaziano.
- Io ho sentito Craig.
- Techno di Detroit, spacca. Bravo?
- Picchiatissimo.
- E poi un tipo, come si chiama. All'inizio molto tranquillo, poi è cresciuto.
- Alla Grotta com'è?
- Beh, essendo kiccissimo è una figata.
- E il Fly?
- Una menata. Fanno mezz'ora e vanno via.
- Ma il posto migliore era il Sottosopra.
- Fighissimo.
- Ti ricordi il palchetto, che si poteva ancora fumare, sembrava di essere sulle giostre con le luci e il fumo che sapeva, che sapeva... di vaniglia, quasi.
- Figata.
- Peccato che ha chiuso.
- Adesso ha aperto un kebab. Mi pare.
- Cio', e invece Edo lo becco che mi ascolta minimal.
- Non capisce un cazzo, cerca best tracks minimal su emule.
- La minimal dopo dieci minuti ti scassa.
- Anche prima.
- Sai cosa, a me le robe elettro-modaiole non mi piacciono.
- Neanche a me.
- ...
- Vai a Venezia?
- Sì, vado a informarmi per l'esame da avvocato.
- Ah.
- ...
- Anch'io.


"Daju sovety", "Do consigli".

giovedì, novembre 13, 2008

War Nerd: Congo, il Guerriero Nkunda è 'Nfico

War Nerd: Congo, il Guerriero Nkunda è 'Nfico
di Gary Brecher

Se mai foste interessati a trovare un eroe, ecco come riconoscerlo: i telegiornali ne faranno un mostro 24 ore su 24, 7 giorni su 7. L'eroe mostro di oggi è il generale tutsi Laurent Nkunda, capo delle forze “ribelli” che starebbero “puntando” su Goma nel Congo Orientale.

La BBC, il solo canale di informazione che finga di prendere l'Africa sul serio, ha la sua giornalista predatrice numero uno, Orla Guerin, che sta sul caso Nkunda ogni santo giorno. Forse non conoscete il nome della Guerin ma se vi piacciono le notizie di guerra la riconoscerete perché avrete visto i suoi servizi da qualche zona di morte africana. In quei posti è perfetta, le stanno da Dio. Ha la faccia di un teschio, solo che i teschi sorridono, e un accento da paura che riporta alla mente il porridge freddo e la dannazione degli avanzi del giorno prima.

Non so da dove viene, ma devono aver dato una festa quando se n'è andata. In questo video della BBC c'è Olga che dice quanto sia una vergogna che i “profughi” del Campo di Kibati debbano fare la ressa per il cibo, preoccupati come sono di essere travolti dai “ribelli” di Nkunda. Da come la mettono giù Orla e le altre reti, nel Congo Orientale andava tutto bene finché il capo “ribelle” Nkunda non ha ordinato alle sue truppe di avanzare. Quando i “profughi” innocenti hanno saputo che Nkunda stava per arrivare hanno cominciato a fuggire, creando una “crisi umanitaria”.

Anche i mezzi di informazione cartacei ci stanno dando dentro, come il fogliaccio britannico The Guardian secondo il quale le truppe di Nkunda potrebbero in effetti avere “ucciso civili”, come se fosse una cosa insolita in Africa Centrale. L'articolo del Guardian accenna solo di sfuggita al fatto che i “civili” uccisi si trovavano in una “roccaforte delle milizie hutu”: quelle stesse milizie che uccisero la maggioranza della popolazione tutsi in Ruanda nel 1994. È come se gli ebrei avessero formato un esercito per respingere i nazisti, e quando i poveri nazisti si sono ritirati gli ebrei avessero fatto un'incursione per scoraggiare i “profughi” dal ricadere nella vecchia deprecabile abitudine del genocidio. Che è un'atrocità, certo. Solo che i nazisti, diamogliene atto, hanno avuto coraggio da vendere e hanno combattuto fino all'ultimo uomo; le “milizie” hutu invece hanno saputo solo fare a pezzi neonati e violentare bambine, e sono scappate alle prime voci che il nemico si stava avvicinando. Ecco perché sono ancora in circolazione.

Ogni parola, ogni singola disgustosa dannata parola di questi articoli della BBC e del Guardian è una cazzata. Mi dà la nausea ascoltare di continuo queste bugie. La ragione per cui il piccolo esercito di Nkunda (che dovrebbe contare dai 5000 ai 10.000 uomini) questa settimana è avanzato nel Congo Orientale è che le bande hutu stavano diventando un po' troppo aggressive con i villaggi tutsi, uccidendo gli uomini e sequestrando donne e bambine per farne schiave sessuali. Nkunda sa molto bene che nessun altro proteggerà i tutsi, per il semplice motivo che nessuno l'ha mai fatto. E così ha deciso di farlo lui. Nkunda è un grand'uomo, una persona brillante, un eroe, un genio militare che parla quattro lingue e ha sconfitto gli eserciti più forti in circolazione con meno di 10.000 uomini. È l'unico leader in gamba che quella parte dell'Africa abbia mai visto. Vale la pena di osservare come l'hanno fatto a pezzi, perché lì vedrete all'opera le stesse tecniche usate per fare a pezzi tutti i veri eroi.

Cominciamo con il trucco più vecchio, chiamare qualcuno che non ti piace “ribelle”. Come ha deciso, la BBC, che Nkunda è un “ribelle”? Non devono esistere un governo, una legge, un ordine pubblico, per potersi ribellare? Contro chi si starebbe ribellando, Nkunda? Non c'è legge nelle foreste del Congo Orientale. Le Nazioni Unite hanno una patetica forza simbolica di caschi blu che se ne vanno in giro ad ammazzare zanzare e a chiedere pompini alle ragazze del posto, ma il vero potere prima che arrivassero i soldati di Nkunda era nelle mani dei capi dei “profughi” hutu.

“Profugo”: un'altra parola fantastica, che fa il paio con “ribelle”. Rende gli hutu vittime innocenti, che tremano di paura all'avvicinarsi dei cattivi vecchi tutsi. Be', naturalmente è un'altra bugia ipocrita. Questi “profughi” sono bande capeggiate dalla gente peggiore del mondo: i leader dell'Interahamwe e dell'Impuzamugambe, le “milizie” hutu che in Ruanda nel 1994 massacrarono 800.000 uomini, donne, bambini e neonati tutsi.

Anzi, chiamare questi squadroni della morte “milizie” è far loro un complimento. Scoprirete che la BBC e le altre reti hanno tutta una serie di nomi per le squadre della morte: “terroristi” se vi odiano, “paramilitari” se non sono sicuri ma non vi inviterebbero alle feste di compleanno dei loro bimbi, e “milizie” se gli andate a genio. Chiamare le squadre genocide hutu “milizie” è come definire il Columbine una marachella.

La ragione per cui questi hutu sono nella giungla è semplice: hanno massacrato quasi un milione di ruandesi in meno di quattro mesi, ai tempi felici di Clinton, e poi sono scappati quando i tutsi, che sono sempre stati più coraggiosi degli hutu, hanno formato un piccolo esercito, l'RPF (Fronte Patriottico Ruandese), e hanno scacciato le ben più consistenti “milizie”. La verità è che i tutsi si sono comportati così bene in tutta quella storia che il mondo avrebbe dovuto rallegrarsene ed elogiarli. Vi dirò, se fossi stato al comando dell'RPF quando è rientrato in Ruanda camminando su mucchi di cadaveri maleodoranti fatti a pezzi dai machete, mi sarei ispirato al nome che Foday Sankoh diede alla marcia del suo esercito di svitati su Freetown, su in Sierra Leone: “Operazione Uccidere Tutto Ciò Che Respira”. Ma i tutsi non l'hanno fatto. Non si sono vendicati, hanno lasciato vivere gli hutu e hanno perfino tentato di instaurare un governo decente con elementi di entrambe le tribù. Sono fottutissimi santi, e invece qui dovrebbero fare la parte dei cattivi?

Permettete che ve lo dica ancora una volta, poiché nessuno qui sembra volerlo ricordare: ottocentomila civili tutsi massacrati a colpi di machete in meno di quattro mesi. Un vero sforzo comunitario, come la costruzione di fienili degli Amish, solo un tantino più sanguinario. Se volete farvi un'idea di come ci sono riusciti, vi raccomando un libro intitolato Machete Season, La stagione del machete.

È un libro semplicissimo: consiste in interviste a una banda di contadini hutu che trascorsero tre mesi a fare spedizioni quotidiane nella locale palude dove i civili tutsi superstiti cercavano di nascondersi. Raccontano tutti la stessa storia: “Ogni mattina ci alzavamo, prendevamo i machete e cercavamo dei tutsi da fare a pezzi. A volte stupravamo in gruppo le ragazze carine, perché quelle tutsi hanno la pelle così delicata, con tutto il latte che bevono. Ma quando avevamo finito ammazzavamo anche loro. Dopo settimane che li accoppavamo i tutsi non facevano neanche più resistenza. Si limitavano a starsene lì e ad aspettare che li finissimo. Che tempi”.

Se avete amici o parenti convinti che le persone siano fondamentalmente buone e sciocchezze di questo tipo, a Natale regalate loro questo libro. Li sistemerà subito. La gente parla di “banalità del male”, ma questo è ben peggio. È gente non ne ha nemmeno la nozione. Le sole persone per cui possano provare dispiacere sono loro stessi, perché devono farsi un po' in galera finché le Nazioni Unite non li lasceranno andare. Parlano della loro “sfortuna”, riferendosi all'arresto. In un certo senso hanno ragione, perché sono i soli hutu a essere stati presi e puniti.

Gli altri sono fuggiti nelle foreste del Congo Orientale. Sono i “profughi” per i quali Orla Guerin si addolora tanto: i fottuti mostri che hanno fatto del loro meglio per ammazzare tutta la popolazione tutsi del Ruanda in novanta giorni, manco si fosse trattato di un gioco a tempo.

E neanche in Congo hanno cambiato abitudini. Le milizie hutu hanno conservato i machete (“pangas”), hanno mantenuto il controllo della loro gente e si sono tenuti in allenamento facendo incursioni nei villaggi a caccia di donne e ragazze. Sono noti per marchiare le donne catturate come fossero bestiame, segnandole come schiave sessuali per sempre. A volte le lasciano andare, quando restano incinte, così possono tornarsene al villaggio con il bambino di uno stupratore hutu nella pancia. Bel ritorno a casa, dev'essere. Ma il più delle volte quando si stancano di una donna la trascinano nella foresta, la massacrano e la lasciano lì per gli animali.

Vi starete chiedendo dove prendono cibo e acqua questi begli esemplari di umanità. Be'. Le Nazioni Unite, sempre pronte a schierarsi dalla parte sbagliata in tutti i conflitti, erano lì proprio per dare loro da bere e da mangiare quando sono scappati dal Ruanda sotto l'avanzata dell'RPF, che in poche settimane ha ripreso il paese.

È buffo il modo in cui le Nazioni Unite si sono premurate di aiutare questi miserabili maiali, perché invece quando un milione di tutsi veniva scannato nessuno ha fatto niente. Ci vuole un po' per ammazzare così tanta gente con le mani. È un'attività aerobica. E nessuno, assolutamente nessuno, ha fatto niente durante la stagione del machete.

Oh, ma non appena gli hutu sconfitti hanno attraversato in fuga il confine, con le mani che grondavano ancora sangue di neonato, i caschi blu erano già lì con i loro sacchi di riso per consolarli. Fino a poco tempo fa per tutto questo non c'era una vera spiegazione. Io pensavo addirittura che non servisse: così vanno le cose, soprattutto in Africa. I cattivi vincono sempre e i virtuosi giornalisti della BBC si schierano sempre dalla loro parte. Be', penso ancora che in generale vada così, ma ultimamente un pezzo del rompicapo è diventato molto più chiaro. Sono desolato di dire che i francesi c'erano dentro fino al collo, per tutta la stagione del machete, secondo un rapporto indipendente pubblicato nell'agosto del 2008. Perfino io ne sono rimasto sconvolto. Secondo questo rapporto,

“La Francia ebbe la responsabilità della morte di alcune delle 800.000 persone massacrate in Ruanda tra aprile e luglio del 1994, la maggioranza delle quali tutsi o hutu moderate uccise dalle milizie hutu”.

“Gli stessi soldati francesi furono direttamente coinvolti nell'assassinio di tutsi e di hutu accusati di nascondere tutsi” dice il rapporto. “I soldati francesi commisero molti stupri, soprattutto di donne tutsi.” Il defunto presidente francese François Mitterrand e l'ex primo ministro Dominique de Villepin erano tra le autorità accusate dal rapporto di avere fornito supporto di “natura politica, militare, diplomatica e logistica”.

Adesso vorrei non aver mai difeso i rappresentanti militari francesi come feci quando tutti i neocon li attaccavano. Quella volta me le sentii, e per cosa poi? Solo perché potessero spazzar via indisturbati i tutsi, “il popolo alto”, una delle tribù più coraggiose, intelligenti e marziali del mondo. E tutto questo perché ai francesi piaceva come gli hutu parlavano il francese. Dev'essere la ragione più stronza per appoggiare un genocidio che abbia mai sentito: “Ah, m’sieu, è verò hanno uscìso dei bebè, ma parlano il fronscèse così bene! Gli hutu non userebbero mai e poi mai il pronome sbagliato; quando dicono 'Siamo venuti a usciderti, piscìno' usano sempre il 'tu' e quando dicono 'E adesso uscidiamo te, vecchiò', o 'vecchià', usano sempre il rispettoso 'vous'! E che ascento, così parisièn!”

Ma sì, toh, una piccola vendetta per il francese che ho dovuto studiare a scuola. I pii europei amano dire come l'Africa Centrale sia il cuore di tenebra, come sia profondo e oscuro ed esistenziale, ma non ammetterebbero mai quanto abbiano contribuito a mantenerla in questo stato spalleggiando sempre, sempre, sempre i peggiori bastardi di tutta la foresta. Questo lo sapevo già dei britannici; hanno fatto cose così atroci in Africa che a Londra esiste tutta un'industria editoriale che si occupa di far sì che la verità non trapeli mai. E questa è la ragione per cui si hanno storie come quelle di Orla Guerin o quella merda del Guardian. E la cosa divertente è che i giornali e i canali “progressisti” sono i peggiori bugiardi, i migliori complici di genocidio in circolazione.

Be', adesso capisco che i francesi sono altrettanto cattivi. Pensavo, tipo, che potessero non esserlo; c'è sempre stata questa battuta tra i militari che i francesi perdono le guerre perché le combattono seguendo le regole. Ricordo di aver letto una lettera furiosa della Regina Elisabetta a Enrico IV – grandissimo uomo, il più grande della sua epoca – in cui lo malediceva per non aver cancellato l'intera popolazione di una città cattolica durante le guerre di religione. E invece no, i francesi di oggi fanno proprio schifo uguale.

Nkunda presto sarà morto. Potete contarci, visto che tutti i “buoni” sono contro di lui. E quei poveri poveri “profughi” saranno liberi di sequestrare e stuprare ragazzine tutsi e poi affettarle con i loro amati pangas, e Orla potrà raccontarci che in Congo è tornata la pace, adesso che il “ribelle” non c'è più.

Originale: War Nerd: Congo Warrior Nkund is Ncool

Pubblicato l'11 novembre 2008

[A proposito del rapporto ruandese sulle responsabilità della Francia, commento di Jean-François Dupaquier pubblicato l'8 agosto scorso da Le Monde]

mercoledì, novembre 12, 2008

Sono una Donna non Sono una Panda

- Quale cartolina, non ho ricevuto nessuna cartolina.
- Be', avresti dovuto.
- No. Mi prendi in giro?
- No. Per quale altro motivo mi sarei segnato con quante z si scrive Donizetti?
- È perché prima ti ho chiesto se mi avevi portato qualcosa, e tu hai detto di no, e adesso vuoi farmi credere che mi hai scritto e che è colpa mia se i vicini mi rubano la posta o se il portalettere la usa per accendere il fuoco nel caminetto.
- No, sul serio. Ti ho scritto varie cose.
- Varie cose come, carine?
- Sì, carine e soprattutto varie.
- Dimmele adesso.
- Ormai.
- Se non è vero è uno scherzo crudele.
- È arrivata perfino a mia zia.
- Adesso devo battermi anche con la zia. Anziana?
- Sui 75.
- Ecco.
- Senti.
- Cosa.
- Guarda che sono pur sempre un uomo.
- Cioè?
- Cioè: semplice.
- Va bene. Tra qualche giorno ti dirò oh mi è arrivata la cartolina grazie per quelle frasi bellissime non avevo idea che celassi questi nobili sentimenti ma confesso che li ricambio.
- Non puoi.
- Come no, sono una donna.

martedì, novembre 11, 2008

Grande Concorso Completa la Frase!/1

Ne avete abbastanza di studi pseudoparaultraquasiscientifici sulle origini di dipendenze/manie/fobie/istinti/vezzi/turbe psichiche/golosità/capricci (con grande spreco di topi da laboratorio) e della vittoria schiacciante di Focus sul comune buon senso?

Partecipate al Grande Concorso Completa la Frase (senza l'aiuto di Google) e Vinci una Madonnina Placcata Zecchina!

La frase di oggi è:

"Secondo il professore di psicofarmacologia Rainer Spanagel... "

Un, due, due e mezzo, tre via!

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Update: avevamo detto che non vale! :-D

Estracomunitari

"Maroni, vogliamo vietare che dei estracomunitari girino in bicicletta nelle ore critiche e al buio senza luci, io questa sera ne ho schivati 2".

[Scusate, scusate, scusate, ma Spazio Azzurro è una droga].

lunedì, novembre 10, 2008

Gongolare è umano

"Per quanto mi riguarda non ho perso l'occasione per gongolare e rigirare un po' il coltello nella piaga, dopo tutta la distruzione che questa gente ha causato all'America e al mondo. Così ho creato un personaggio alla Bugs Bunny chiamato 'Josh' per fare un ballo del qua qua virtuale e un po' sporco nella sezione dei commenti di Pajamas Media, aizzando quegli scimmioni e facendoli strepitare fino al parossismo. Non c'è cosa che un repubblicano odi di più dell'essere chiamato 'perdente', se ve lo stavate chiedendo".

Ecco come Mark Ames ha monitorato le reazioni della destra repubblicana alla vittoria di Obama, non tardando a rendersi conto che i pezzi grossi di Fox News si erano subito affrettati a collocarsi nella nuova dinamica abbandonando il loro rissoso, amareggiato e poco conciliante popolo: la traduzione dell'articolo è qui.

sabato, novembre 08, 2008

Borneo to Be Alive: Donna Torna alla Realtà, Parla con Robot

Rieccomi. Ho appena scambiato due chiacchiere con A.L.I.C.E. (sì, beh)

Human: Alice, for whom did you vote?
ALICE: Um, I'm not saying me vote for anyone.
Human: Come on, Obama or McCain?
ALICE: Obama.
Human: Why?
ALICE: Reductionism.

martedì, novembre 04, 2008

The Borneo Experiment/In aggiornamento

[Apdeit: è il 7 novembre, sono ancora incolume, in tre giorni ho rimpicciolito solo tre teste e resterei chiusa qua dentro ancora per un po'. Aggiornamenti in fondo al post].

Allora. Io da questo momento avvio un esperimento.
Non voglio sapere niente di elezioni USA.
Ho gli ultimi due libri di Bolaño, la Russia, scorte di latte, contatti umani non ostili, un gatto autistico, un mucchio di traduzioni, le dispense di sloveno, un amico che vuole sapere tutto di Boriška il bambino di Marte, nomi di fiori, lettere indecifrabili di architetti morti, una vecchia registrazione sovietica con i versi degli uccelli dell'Ussuri.
Posso farcela.

Voi nei commenti potete parlare di tutto, fare scommesse, passarmi informazioni fuorvianti oppure ignorarmi per una settimana.
Io aggiornerò.

[continua]

Dormito bene, sognato autostrade, Alpi, minareti, una cattedrale di San Michele visitabile solo a patto di liberarsi da ogni residuo granello di polvere (almeno così diceva in un francese confuso la voce femminile che usciva dal citofono al pianterreno). Così prima di salire ci si ripuliva minuziosamente in un vestibolo dai soffitti altissimi immerso in una luce verde molto densa (sembrava di stare sul fondo di una bottiglia, tra filamenti di deposito).
A. chiedeva "Cosa sono i cirri?". Qualcuno rispondeva (sbrigativamente) "Montagne. Un tipo di montagne".

Le elezioni USA sono una specie di Festival di Sanremo. Fai di tutto per evitarlo, poi ti ritrovi a canticchiare con una certa convinzione strofe sconosciute che - a dirla tutta - ti fanno vergognare un po'.

[continua]

Serve un po' di rumore bianco?
Ecco le voci degli uccelli della taiga dell'Ussuri, prima parte (5 Mb):

gluchaja kukuška - cuculus saturatus
obyknovennaja kukuška - cuculus canorus
širokokrylaja kukuška - hierococcyx fugax
širokorot - eurystomus orientalis
sinechvostka - tarsiger cyanurus
dikuša - falcipennis falcipennis (maschio)
dikuša - falcipennis falcipennis (femmina)
čërnyj žuravl' - grus monacha
bol'šekljuvaja vorona - corvus macrorhynchos
taežnaja ovsjanka - emberiza tristrami
tolstokljuvaja penočka - phylloscopus schwarzii
korol'kovaja penočka - phylloscopus proregulus
seryj ličinkoed - pericrocotus divaricatus
mucholovka-mugimaki - muscicapa mugimaki
korotkochvostka - urosphena squameiceps
sinjaja mucholovka - muscicapa cyanomelana
bol'šoj černogolovnyj dubonos - eophona personata
solovej-svistun - pseudaedon sibilans
sinij solovej - larvivora cyane
sizyj drozd - turdus hortulorumcuculus saturatus

Poi mi ringraziate con calma.

[continua]

Per il suo primo discorso sullo stato della nazione alla Duma Dmitrij Medvedev ha scelto proprio oggi. Visto che lo seguiamo in cinque poteva invitarci a pranzo e spiegarci due cose tra l'antipasto e il secondo. "Ah, e poi gnam, mfh, chiederò l'estensione del mandato presidenziale a sei anni", "Apperò'" "Sì, e a cinque di quello mfh gn parlamentare" "Va bene, basta che fai bocconi piccoli e che non ti metti subito davanti al computer dopo mangiato".

[continua]

Roba che filtra: Gasparri, Obama & Alcaida (sms a tradimento di Bracciodestro, commenti adocchiati su Faccialibro). Obama avrebbe detto che quando Gasparri parla tutta Tora Bora ride. Credo, non sono sicura.

[continua]

Altre due ore trascorse in beata impermeabilità a parlare con il subcomandante F. di zapatisti, anarchici, Bosnia, differenze tra il portoghese di Portogallo e portoghese do Brasiu, pittrici russe, poeti del Mozambico, sciure tedesche, celebrità sparagnine, neonazisti pentiti riparati in Svezia, basi NATO, il femminile di auteur e i caratteri unicode. Il signor G. dorme, il Lenino sorride accigliato, io so solo che ha vinto il tizio giovane: un altro mondo è dunque possibile. Dovrebbero farle più spesso, queste elezioni americane.

[continua]

Sbirciando nei commenti leggo che a Washington Obama ha il 93%: devo crederci? Cos'è, come Russia Unita in Cecenia? L'ultima volta che si è votato in Cecenia Kadyrov ha detto che si aspettava un'affluenza del 100% "e anche più". La Commissione Elettorale, chiamata in causa, ha riconosciuto che l'affermazione era tecnicamente corretta. Al-Obama ha dunque un consenso kadyroviano?
Comunque i link-trappola con US nell'indirizzo non li clicco, sappiatelo.

[continua]

Tanto io la penso come il subcom. (Come mi è veltronico dentro, il Joffrin).

[continua]

04.11 22:18 Американские дети проголосовали за Обаму
04.11 21:42
Голый ковбой
проголосовал за Джона Маккейна

04.11 22:18 I bambini americani hanno votato per Obama.
04.11 21:42 Il cowboy nudo ha votato per John McCain.

[continua]

Liberi di non crederci, ma: ancora immune.
Se mi mandate link sospetti io ricambio con la seconda parte degli uccelli della taiga e poi interrogo.

[continua]

1. Sono immune.
2. Non voglio uscire da questo post.
3. Hanno incoronato il nuovo re del Bhutan, soprannominato "il principe affascinante" per il suo bel fisico (cito; grazie toni_i!).
4. Adesso cerco una foto del nuovo re del Bhutan e vi so dire.
5. Cercando.
6. Cliccando.
7. Guardando.
8. È molto bello.

[continua]

Да сдравствует революция. Prosto tak, così.

[continua]

Sogno. Sto cucinando. Improvvisamente il contenitore del sale fino scompare sotto i miei occhi: un momento prima è lì, poi non c'è più. Un'altra volta la stessa storia, dice mia madre. Lo sai che tuo zio va a raccontarlo in giro. Capisco così che non è la prima volta che capita, e che zio Pepi lo spaccia in giro come il miracolo della sparizione del sale.
Telefona M. Ma stella, ti è scomparso di nuovo il sale? Chi te l'ha detto, domando? Le voci girano, dice. Io minimizzo. Te l'ho sempre detto che usi i contenitori sbagliati, dice lui.

[continua]

Zò, comunque non penserete mica che qua stiamo a pettinare la testina di Lenino?
"Russia contro Europa: la solita vecchia storia", di John Laughland

[continua]

Papà e mamma di signore abbronzato si sono conosciuti a un corso di russo? Dice il Times.

[Ritorno pilotato alla realtà, con moltissima calma; continua]

Va bene, usciamo di qui.

War Nerd: Jack Al-Sparrow vs Buoni Samaritani

[Inserire disclaimer qui]

War Nerd update: Jack Al-Sparrow vs. Buoni Samaritani

di Gary Brecher

Ma sono o non sono bravo a programmare questi articoli? Il giorno dopo il pezzo sui guai dell'Etiopia in Somalia esplodono cinque autobombe in due città somale contro il consolato di Etiopia, il Palazzo Presidenziale, un Quartier Generale delle Nazioni Unite e i Servizi Segreti del Puntland.

Prima volta che sento parlare di Servizi Segreti del Puntland, tra l'altro. Il Puntland è la parte più appuntita della Somalia, la costa in alto che si spinge nell'Oceano Indiano e poi si dirige a ovest verso Gibuti. Il Puntland ha fatto parecchio notizia perché è da lì che vengono i più tosti pirati del mondo. Forse i Servizi davano fastidio al business locale. Avrei pensato che il loro compito principale fosse quello di individuare le navi più promettenti, di fare il sopralluogo prima del colpo per poi passare le informazioni ai Long John Silver del posto. Be', se invece c'erano delle forze anticrimine adesso sono carne macinata. Così imparano, quei buoni samaritani, a fare i furbi con il Corno.

Devo però fermarmi un momento a rendere merito ai bellissimi pirati somali. Di questi giorni stanno tutti a PARLARE di pirateria ma nessuno fa niente. Eccetto i somali. Ci sono tutti questi marmocchi che vogliono essere come Jack Sparrow, li sento che tormentano le loro mamme mentre cerco di pranzare da Wendy’s: solo che i ragazzini somali non stanno mica lì a piagnucolare con i genitori per farsi comprare giocattoli costosissimi. No, loro escono e prendono quello che vogliono abbordando navi straniere che cercano di sgattaiolare oltre la costa del Puntland.

Dio, dev'essere una delle viste più spaventose del mondo, un motoscafo pieno di scheletri somali armati fino ai denti e pronti a saltare a bordo. Gli equipaggi delle navi vengono soprattutto da posti dell'Asia meridionale, sono buoni lavoratori tamil e bengalesi, e non hanno firmato per fare la spalla ai Pirati del Puntland.

Ogni tanto non manca un po' di giustizia poetica, come quando hanno sequestrato uno yacht francese e hanno preso in ostaggio l'equipaggio, tempo fa. Sfortunatamente gli stappa-champagne sono stati salvati.

E si può scommettere che il denaro è passato di mano. Le compagnie di navigazione non amano parlare di riscatto, però pagano. Così ci sono un bel po' di somali che sfoggiano ricchezze e motoscafi lungo la costa del Puntland, yo ho ho e un bel po' di soldi. L'altro giorno ho visto uno di quegli articoli ipocriti dal titolo “Cosa induce i somali alla pirateria?” La domanda più stupida che ci sia; perfino l'occhiello dava la risposta: “Donne, soldi, droga”. Questo risponde alla vostra domanda? Per non dire, come ho spiegato nell'articolo precedente, che i somali sono tradizionalmente dei predatori. A loro piace. Piace anche al vostro nipotino grassoccio appassionato di video-game, solo che lui non ha il fegato per farlo. Cosa pensate che stia facendo appiccicato alla sua console, se non falciare gente per rubargli la roba? Solo che i somali prendono e lo fanno, a sangue freddo.

Comunque nella Somalia a pezzi di oggi il Puntland ha il ruolo del cattivo. La parte nord-occidentale è il cocco di mamma della Somalia: è lì che trovate i somali buoni. Hargeisa, dove è scoppiata la maggior parte delle bombe, è la capitale della Somalia santarellina. Quello che è successo è il vecchio modo della Somalia di dire no all'innovazione occidentale. Consideratelo un voto per la tradizione: la cara vecchia tradizione di rubare e di tagliare gole. La stessa cosa che fa il vostro tesorino quando gioca con l'X-Box, capite.

Gli attentatori probabilmente non erano pirati, perché la pirateria è più una scelta di carriera, perché da queste parti nessun capo è stato mai in grado di convincere i propri ambiziosi sottoposti a tentare la strada degli attentati suicidi per migliorare il proprio curriculum. Neanche Johnny Depp potrebbe rinfocolare lo spirito di squadra se finisse un discorso con “Arrr, miei prodi, fatevi saltare in aria!”.

Probabilmente gli attentatori erano islamici, perché un vero groupie islamico pensa seriamente che finire vaporizzato in un camion imbottito di fertilizzante sia il modo migliore per raggiungere la felicità e la ricchezza passando per il Paradiso. Probabilmente queste bombe sono collegate alle Corti islamiche che governavano la Somalia prima che gli etiopi (con l'aiuto di Cheney) le cacciassero da Mogadiscio. Per altre informazioni leggete qua sotto, come si dice noi giornalisti.

Originale: Exiledonline

Originale pubblicato il 30 ottobre 2008

lunedì, novembre 03, 2008

War Nerd: Dalla testa del rinoceronte al ventre della iena

[Qui mi sa che ci vuole il solito disclaimer grande come un condominio. In questi giorni, con l'aiuto fondamentale di Andrea, sto leggendo e traducendo un po' di cose su Somalia, pirateria, navi NATO e russe nell'Oceano Indiano, sequestro della nave ucraina Faina, Africom; e visto che il tema si sta allargando - e che con la complicità del prezioso bracciodestro sono ormai passata da Jack Sparrow alla maledizione dei rifiuti tossici - ho pensato che in attesa di qualche eventuale post riassuntivo con vari link e diramazioni non sarebbe stato male rilassarci con un paio di traduzioni fresche fresche del War Nerd].

War Nerd: Dalla testa del rinoceronte al ventre della iena


di Gary Brecher

Un paio d'anni fa accennavo al fatto che le truppe dell'Etiopia stavano occupando Mogadiscio e commentavo che per noi era un esperimento perfetto. Adesso potevamo finalmente sapere se qualcuno era in grado di pacificare quel posto.

Be', è arrivata la risposta, perché l'esercito etiope ha appena annunciato che lascerà la Somalia non appena riuscirà a firmare un finto accordo con la fazione somala più vicina. Ne hanno avuto abbastanza.

E non li biasimo: due anni in Somalia sono come due anni nel canile di Michael Vick [il giocatore di football americano coinvolto nello scandalo dei combattimenti clandestini tra cani, N.d.T.]. No, peggio. Se gli anni dei cani sono anni umani moltiplicati per sette, gli anni in Somalia sono anni umani moltiplicati infinite volte più una. Il motto dell'Ufficio Turistico somalo dovrebbe essere “Non è mai troppo tardi per andarsene!” Non biasimo Clinton per la fuga dopo la faccenda di Black Hawk Down; lo biasimo per non avere ritirato le truppe il giorno dell'insediamento. Si fa prima a trasformare i cani di Vick in quaccheri che a insegnare ai somali, i diavoli del deserto per antonomasia, a essere pacifici.

Vi chiederete come mai gli etiopi abbiano finito per intraprendere il compito disperato – anzi, semplicemente ridicolo – di convincere i somali a giocare pulito. La risposta breve, perché so che la maggior parte delle persone vuole la versione da 30 secondi, è che l'Etiopia non ha mai visto un pezzo di terra che giudicasse indesiderabile, e Cheney aveva dato il via libera perché la Somalia era caduta nelle mani degli “islamici”.

Però se adesso smettete un momento di cazzeggiare e mi prestate un po' d'attenzione vi do una risposta più onesta. Innanzitutto, dire che Mogadiscio era caduta nelle mani degli islamici è come dire che Barstow è caduta nelle mani dei battisti: è sempre stato così. Ovviamente ai somali la faccenda dell'Islam piace, perché paragonata all'ideologia di base somala che è “ciascuno per sé e mangiamoci i perdenti”, la legge islamica è tutta tenera tolleranza. È buffo immaginare i somali che supplicano i mullah: “Vi prego vi prego, istituite la Sharia! Siamo pronti per quelle tranquille menate da hippy! Questa roba macho somala è troppo dura!” Vedete, quando l'Islam si è diffuso dal Marocco a Giakarta ha travolto tutte le tribù. Ad alcuni, pivellini di città, la Sharia faceva paura perché era roba tosta. Ma per i somali, abituati com'erano a combattere tutto il giorno per poche capre affamate per poi svegliarsi l'indomani e ricominciare a combattere per le stesse capre pidocchiose, la Sharia era l'Estasi. “Un momento, mi state dicendo che la Sharia proibisce il furto? Niente furto? Così forse posso dormire con entrambi gli occhi chiusi per la prima volta in vita mia? Evvai!”

A detta di tutti Mogadiscio era quasi pacifica quando gli islamici erano al potere. Era un po' come ai primi tempi dei taliban a Kabul: a nessuno importava che i taliban fossero “democratici” finché tenevano basso il livello delle sparatorie e delle pallottole vaganti. La democrazia è per i ricchi. Vi garantisco che se vi toccasse vivere come fanno a Kabul o a Mogadiscio non ci terreste tanto neanche voi. Non con le sparatorie tra signori della guerra che vi infuriano sotto casa ogni volta che uscite a prendere l'acqua dalla pompa del quartiere. Logora in fretta, questo genere di vita: dover stare attenti ai cecchini ogni volta che si attraversa la strada. Qualche anno così e si comincia a vedere di buon occhio un po' di fanatismo islamico dove tutto è vietato, tipo fare rumore, canticchiare un motivetto o far volare un aquilone o che ne so. Un bel “Fermi e zitti!” a tutto il vicinato, compresi i signori della guerra e i loro scagnozzi masticatori di qat capaci di far saltare in aria i ragazzini nei vicoli solo perché non riescono a gestirsi lo sballo.

Così a Mogadiscio le cose si erano calmate, in stile Sharia, e la città era al sicuro dalle sparatorie e dalle pallottole vaganti per la prima volta nella sua storia. Ma questo non andava bene, e così l'esercito etiope è sceso dalle montagne e ha attraversato il deserto fino a Mogadiscio. Ma gli etiopi non devono essersi divertiti, visto che la loro occupazione è andata come tutte le altre. Più che una gatta da pelare, una gatta rabbiosa da pelare. È stato abbattuto qualche centinaio di soldati etiopi, gli etiopi hanno ammazzato qualche migliaio di somali dando via a tutta una serie di folli vendette e poi, dopo essersi fermati per un po' hanno detto “fanculo” e se ne sono andati come avevano fatto i Rangers e la Delta Force quindici anni fa.

Questo risponde alla domanda che mi facevo in quel pezzo di qualche anno fa: può un esercito africano fare un lavoro migliore del nostro, occupando Mogadiscio? E proprio come pensavo la risposta era: “Macché”. Il fatto è che quello che noi consideriamo un maledetto casino al quale dispensare opere di carità per la maggior parte dei somali è naturale. Non per tutti: i somali avevano la fama di essere i migliori burocrati di tutto il Corno d'Africa, che ci crediate o no, sotto i regimi coloniali. Non sono gente stupida. Ma sono nomadi per natura, e i nomadi non hanno il concetto di un governo centrale che protegga tutti. Vogliono proteggersi da soli. I somali vivono in pratica come pensano di vivere i survivalisti dell'Idaho: per conto proprio, proteggendo le loro famiglie. I picchiatelli dell'Idaho lo fanno in modo completamente sbagliato, come qualsiasi somalo o bedù sarebbe in grado di dirgli: non devi nasconderti in una capanna di legno a lucidare il fucile giorno e notte, circondato da sensori di movimento. Ti devi muovere, insieme alle tue capre. Continui a muoverti, stai all'erta, non ti fidi di nessuno al di fuori del tuo clan. Se proprio vuoi farlo non puoi asserragliarti in casa con la tua famiglia, perché vi metteranno sotto assedio e vi spazzeranno via. Hai bisogno di un clan. Così i somali si organizzano in clan per reciproca difesa, combattono e scappano. Prima usavano i cammelli, poi hanno conosciuto l'auto dei loro sogni, il pickup Toyota, e non si sono più voltati indietro. Monta una mitragliatrice pesante sovietica o un cannone AA su quel coso e hai esaudito un sogno.

Nel frattempo c'erano anche dei somali in giacca e cravatta, che cercavano di vivere all'occidentale a Mogadiscio. Ma ha vinto il deserto, ha vinto la tradizione. La Somalia ha scelto la vita epica: sparare raffiche da un technical, non passare scartoffie. Una notizia non tanto buona se eri, per dire, una madre di famiglia con tre figli a carico, ma un'OTTIMA notizia se eri un ragazzetto sconvolto dal qat che non vedeva l'ora di premere il grilletto.

Così il caos, la fame, ecc. di cui si lamentano i buoni samaritani sono solo la versione somala della rivoluzione reaganiana: tornate alle radici! Vivete come i vostri nonni! Solo con le Toyota al posto dei cammelli. Più veloci, non puzzano, non mordono. Con me funzionerebbe.

E quando vivi così la guerra è nell'ordine delle cose, come il sole che sorge al mattino. Alzati e splendi, alzati e spara! Alzati e accoltella! O le capre o la morte, come probabilmente diceva il Patrick Henry somalo.
E non scandalizzatevi tanto. Se avete letto l'Iliade conoscete la storia. Questo ci insegnano i professori, anche se i bastardi non lo ammetteranno mai: scorrerie per il bestiame, scorrerie per gli schiavi, scorrerie per il semplice piacere di uccidere.

Naturalmente per ballare bisogna essere in due, quando i clan smettono di ammazzarsi tra loro e guardano oltre l'orizzonte alla ricerca di bersagli più grossi da abbattere unendo le forze. È così che pensano i nomadi. È così che i mongoli si sono trasformati in una marea rossa: hanno smesso di rubarsi gli yak tra loro e si sono resi conto che c'erano bottini migliori in Cina o in Asia Centrale.

Ed è qui che entra in gioco l'Etiopia. Quando i somali hanno esplorato l'interno si sono imbattuti nell'impero etiope che si spingeva a est, dalle montagne verso il deserto di Ogaden. I somali erano predatori per natura; gli amhara, la tribù etiope dominante, erano agricoltori, affamati di terra come tutti gli agricoltori e dunque bravi a impossessarsene. Quando sulla carta geografica si scontrano due tribù come quelle la guerra è nell'ordine delle cose.

Gli amhara erano originariamente gente di montagna, di posti dove fa freddo all'equatore e perfino i babbuini hanno il pelo lungo. Ma avevano mandato i loro coloni nelle calde e secche pianure della Somalia per generazioni. Quei coloni finirono nel mezzo di una classica guerra africana nel deserto di Ogaden dal 1976 al 1978, quando l'esercito somalo avanzò fino alla capitale dell'Etiopia, Addis Abeba. Fu una di quelle magnifiche guerre convenzionali nel Corno d'Africa che nessuno ha avuto il buon senso di filmare, accidenti, e così non riusciremo mai a vederla come dovremmo. Dev'essere stata una gran cosa, perché i somali erano specializzati in attacchi con mezzi corazzati attraverso il deserto. Avevano una grossa ed efficiente forza di carri armati russi, vecchi ma solidi T-34 (IL carro armato del XX secolo) e T-54/5. Se si considera che la popolazione dell'Etiopia è circa sei volte più grande di quella della Somalia, fa impressione pensare che le colonne di carri armati somali si sono addentrate così tanto nel paese nemico. Ma i somali avevano un grande vantaggio: ogni somalo è un assassino nato. È la sola cosa che conoscono.

Avevano anche il vantaggio di combattere contro un paese che si stava disintegrando. L'Etiopia non è mai stata il posto più organizzato del pianeta. È famosa per un bel po' di cose strane, come le pulci peggiori del mondo e la più antica e bizzarra versione del Cristianesimo, ma non per essere precisa come un orario ferroviario tedesco. L'Etiopia era uno di quei paesi in cui l'esercito era l'unica parte dello Stato a funzionare. Nel 1974 alcuni intraprendenti ufficiali comunisti dichiararono che l'Etiopia non era altro che un casino feudale ingiusto e sul punto di crollare. Il che era assolutamente vero. Sfortunatamente – e probabilmente questo lo avrete già indovinato – quello che avevano in mente loro era perfino peggiore. Molti di questi ufficiali erano stati educati a Mosca e ne avevano ricavato l'impressione che i russi fossero comunisti, e così da bravi studenti una volta tornati a casa vollero applicare ciò che avevano imparato. Fa ridere, adesso che sappiamo che a quell'epoca in Russia i veri comunisti non esistevano già più. I russi si saranno sentiti mancare di fronte ai loro amici abissini che narravano cinguettanti le glorie del comunismo. Scommetto che avrebbero voluto urlare: “Ehi, amico, no! È solo... raccontarvi queste storie è il mio lavoro, ma nessuno si aspetta che ci crediate!”

A essere onesti, un fiero ufficiale etiope avrebbe avuto tutte le ragioni per incazzarsi: metà della popolazione era costituita da braccianti poverissimi che lavoravano la terra dei signori amhara in cambio di una quota da fame del raccolto. La popolazione era in crescita vertiginosa e la terra mancava. Più gente, meno terra e un folle mucchio di signori, signore e monaci a comandare. Era come l'Inghilterra medievale, ma con un'esplosione demografica in corso e un esercito incazzato.

Così all'inizio della rivoluzione etiopica c'è un meraviglioso incredibile casino. Prendete una carta geografica dell'Etiopia e vedrete che ricorda la testa di un rinoceronte messa di profilo (un rinoceronte che guarda verso est, diciamo, pensando probabilmente “Dio come mi piacerebbe nuotare fino a Diego Garcia e scroccare qualche birra, scappare da questo ghetto...")

Il corno del rinoceronte entra nei deserti della Somalia. E adesso vediamola dal punto di vista etnico: gli amhara, la tribù cristiana dominante, controllano solo le montagne, all'incirca dove dovrebbe trovarsi l'orecchio del rinoceronte. In cima alla testa ci sono i territori ribelli, l'Eritrea e il Tigrè. A est e lungo il margine del deserto ci sono gli afar, forse la peggiore tra le tribù del Corno d'Africa; quando gli amhara sentono la parola “afar” dicono “Via, via, niente da far!” Un po' di umorismo tribale, ehm. Comunque spostandosi a destra su questa testa di rinoceronte che comincio a rimpiangere di avere evocato, il corno del rinoceronte è tutto somalo, e giù lungo la mandibola si incontrano gli oromo.

Ok? Ne avete abbastanza di teste di rinoceronte? Anch'io. Allora, nel 1974, proprio nel mezzo di questo bel castello di carte, o di ossa tenute insieme con la Vinavil – no, non sto ricominciando con un altro rinoceronte – in questo casino entra il Derg, un gruppo di 120 ufficiali etiopi di ispirazione comunista, per la maggioranza del Tigrè e della regione Amhara, decisi a incasinare l'unica zona relativamente stabile del paese, le montagne dell'Amhara, cacciando l'aristocrazia, liberando i servi e distribuendo loro la terra. Sorpresa sorpresa, è andata un po' male.

Prossimamente continuerò a parlare di questo e di un libro che racconta quello che accadde allora dal punto di vista di un bambino che lo visse – già questo vale una medaglia – e apparteneva a due diverse fazioni ribelli, una somala e l'altra amhara/comunista. È una delle storie migliori che conosca, e uno dei modi migliori per capire cosa potrebbe nascere in un paese che è molto più lontano dal posto in cui vivete di quanto lo sia Plutone.

Originale: Exiledonline

Originale pubblicato il 29 ottobre 2008

mercoledì, ottobre 29, 2008

Smells like perestrojka spirit



Crisi? Ecco come l'homo postsovieticus si sta attrezzando:

- Il cocktail Erš (birra+vodka): bevete mezza bottiglia di birra, aggiungete 0,25 di vodka.
- Mescolate l'erba con il tabacco, di questi tempi meglio non sprecare prodotto.
- Anche la Klinskoe (birra leggera) è bevibile, comunque.
- Le sigarette Pëtr 1 contengono più nicotina delle vostre amate Kent.
- Per la metro meglio comprare un biglietto da venti corse.
- La carta igienica "54 metri" è 10 volte meno cara della "ZEVA" e dura di più.
- Quando andate al lavoro in macchina passate a prendere i colleghi e dividete le spese per la benzina.
- Le gomme per la macchina si possono anche comprare usate. Meglio comprare quelle per tutte le stagioni, una volta i nostri papà le usavano d'inverno e d'estate, potete farlo anche voi.
- Per telefonare ai cellulari usate il fisso, se usate il cellulare urlate "telefonami tu!" e chiudete la comunicazione. Dovete metterci al massimo 5 secondi.
- L'olio di girasole non raffinato costa meno.
- Se si strofina il pane nero con dell'aglio profuma di salame.
- Mettendo una guarnizione tra la testata e il blocco dei cilindri l'auto può andare con la benzina a 76 ottani. Se non ci riesce, venderla e comprarsi una Žiguli. Lei può.
- Si possono fregare i tergicristalli dalle altre macchine.
- Al supermercato chiedere sempre di assaggiare e non comprare. Così si fa economia e si pranza.
- Negli ipermercati tipo Auchan si può bere e mangiare finché qualcuno non se ne accorge.
- Con pochi soldi si possono piantare patate, rincalzarle d'estate, raccoglierle in autunno e sfamare tutta la famiglia per tutto l'inverno.
- Non bisogna per forza lavare i piatti con il Fairy. Lavateli a mano semplicemente con soda, cenere, detersivo in polvere.
- Esistono anche dentifrici economici, e il risultato è lo stesso.
- I calzini costano 10-20 rubli, e non 500 come nei negozi ladri.
- I fazzoletti di carta usa e getta sono uno spreco: usate fazzoletti di stoffa, stracci. Anche le maniche.
- Comprare il tè freddo è una gran cavolata. Fatevelo da soli.
- La mia ricetta per un bel compleanno: 4 pacchi di pel'meni, una cassa di birra (20 bottoglie) e 5 bottiglie di vodka da 0,75 vengono in tutto: birra 400, vodka 750, pel'meni 150. fanno 1300 rubli. Se volete anche fare una grigliatina, invece dei wurstel di soia comprate salsicce a 30 rubli il pacco.
- Non buttate il vetro e le lattine, vendeteli.
- Se non riuscite a dormire per la fame, mandate giù due bicchieri d'acqua calda e mettetevi a letto. Il cervello sulle prime non si renderà conto che avete fregato lo stomaco.
- Nei parchi le nonne e le giovani mamme buttano il pane alle anatre e ai cigni. Se non avete coraggio di chiedere un pezzo di pane, buttatevi in acqua e lottate.
- I blog si possono leggere anche a 128kbit/s.
- Se si congela un uovo e poi lo si taglia a metà, quando lo si frigge si hanno due tuorli.
- Le calze si rammendano su una vecchia lampadina.
- Tutti i Rolex portateli al banco dei pegni. Il cellulare ha anche l'orologio!

Fonte: http://yandex-top-ru.livejournal.com/6101227.html?#cutid1 (RUS)

martedì, ottobre 28, 2008

VVP e il crollo

Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin si trovava nel suo studio. Accanto a lui c'era il ministro delle finanze della Federazione Russa Aleksej Leonidovič Kudrin. I due uomini osservavano la cornice della finestra, dalla quale pendevano i pesanti tendaggi.
- Lo vedi anche tu che è un po' storta? - domandò Vladimir Vladimirovič™, - Ho come l'impressione che possa cadere da un momento all'altro.
- Perché mai? - Aleksej Leonidovič non capiva, - Perché dovrebbe cadere, solo perché sta storta? Magari era già storta.
- Ma no, - scosse il capo Vladimir Vladimirovič™, - Prima stava dritta. Adesso sta storta.
- Non lo so, - disse Aleksej Leonidovič, sogguardando la cornice di lato, - A dire il vero, non vedo alcuna fondamentale ragione per cui debba cadere.
- Proprio questo mi spaventa, - rispose Vladimir Vladimirovič™, - Che tu non ne veda la ragione.
In quel momento qualcosa scricchiolò, la pesante cornice si mosse e crollò con un gran fracasso. Si sollevò una fitta nuvola di polvere.
Vladimir Vladimirovič™ fissò attentamente Aleksej Leonidovič. Il ministro delle finanze osservava con interesse il danno.
- Non capisco, - disse onestamente Aleksej Leonidovič, - Non doveva cadere…
Vladimir Vladimirovič™ tacque.

Originale: vladimir.vladimirovich.ru

lunedì, ottobre 27, 2008

Fine dello spettacolo

Copertina dello Spiegel, 18 febbraio 2002:



Copertina dello Spiegel, 27 ottobre 2008:



Link (RUS)

domenica, ottobre 26, 2008

I made a teliscop for YOU and I luv u so



tutti insieme:
MISSES PALIN!
i want to fly into ur Airspase!
MISSES PALIN!
i want to reer my little Head!
MISSES PALIN!
why wont You reply to my Emails?!!
I made a teliscop for YOU and i luv u so!

[I luv u so, distratti]

venerdì, ottobre 24, 2008

Appunti sulla Bolivia/1

Negli ultimi tempi mi sono decisa a capire meglio quello che sta succedendo in Bolivia, dove nei mesi di agosto e settembre lo scontro tra governo e prefetti e "civici" separatisti si era fatto così drammatico da far pensare a un tentativo in piena regola di colpo di stato, con azioni di squadre armate, scontri con polizia ed esercito e occupazioni di istituzioni e uffici pubblici: tensioni che sono sfociate nel massacro dei contadini boliviani sostenitori del presidente Morales avvenuto l'11 settembre a El Porvenir, nel dipartimento di Pando.

La situazione è tuttora complessa, e nel conflitto non c'è un solo fronte.

Dunque pensavo di parlarne e di farlo qui, perché sono mie considerazioni accompagnate da link ad articoli e traduzioni, soprattutto di Tlaxcala che da sempre segue con attenzione e sensibilità le problematiche dell'America Latina dando voce alle fonti sul territorio. Ma anche perché, essendomi imbattuta a proposito del massacro di El Porvenir nel personaggio (inafferrabile, ambiguo, forse morto) di Marco Marino Diodato, vorrei cominciare - con calma e ponderazione, né oggi né domani, un po' alla volta e con costanza - a parlare dei neofascisti italiani trasfughi in Spagna e in America Latina (argomento solo sfiorato con Cicuttini nella Pista Gialla) cercando di evitare il più possibile discorsi generici su "mercenari neofascisti" e "esuli di Avanguardia Nazionale" per concentrarmi su alcune figure e le loro provate responsabilità.

Questi dunque saranno semplicemente appunti e raccolte di link a beneficio mio e di chi condivide il mio interesse per quanto sta succedendo (e per il passato): nessun piano di lavoro, nessuna aspettativa.

Dunque, la Bolivia, a partire dai fatti più recenti:

- Il culmine della marcia di centinaia di migliaia di persone da Caracollo a La Paz per vegliare sulla riunione del Congresso Nazionale: la convocazione del referendum sulla Nuova Costituzione Politica dello Stato che si svolgerà il 25 gennaio del 2009.

- Un'intervista al presidente Evo Morales in cui parla dei conflitti, della situazione del paese, della Nuova Costituzione e del suo modo di concepire la politica.

- Servono però alcune tracce preziose per orientarsi meglio nel conflitto attuale (concreto o latente): sono esposte benissimo da Raquel Gutiérrez Aguilar in questo articolo: ricostruzione schematica dei fatti, identificazione dei quattro fronti principali dello scontro, situazione e responsabilità dei mezzi di informazione boliviani, rischi, concrete speranze che vengono ancora una volta dal basso, dalla comunità boliviana, da quei movimenti sociali che si sono messi in marcia da Caracollo a La Paz per vigilare sull'accordo per la nuova Costituzione.
Questo, unito a un uso sporadico di Google e ad alcune incursioni giudiziose su wikipedia, è un buon punto di partenza.

- Il tentativo di colpo di stato nei dipartimenti autonomisti (Santa Cruz, Beni, Pando, Tarija e Chuquisaca), il precedente di agosto a Cochabamba con Reyes Villa e il ruolo dei media: il giornalista boliviano di Datos&Análisis Wilson García Mérida a proposito del tentativo di balcanizzazione della Bolivia.

- E la manina italiana al servizio dei narcolatifondisti e del prefetto di Pando Leopoldo Fernández (attualmente agli arresti)?
La notizia della "resurrezione" di Marco Marino Diodato (dopo il misterioso suicidio avvenuto anni fa) e della sua possibile partecipazione al massacro dei campesinos dell'11 settembre è stata ripresa da varie fonti italiane senza offrire ulteriori particolari. Vivo o morto che sia, qui ci sono alcune cose forse vi interesserà sapere su Marco Marino Diodato, il neofascista abruzzese che in Bolivia ha fatto una carriera esemplare nel narcotraffico e al servizio delle élite politiche, dal dittatore Banzer in poi: Il neofascista italiano Diodato tra i registi della strage di Pando.

- Poco più di un anno fa in un articolo di Eva Golinger tradotto da Gianluca Bifolchi si parlava dell'ingerenza statunitense attraverso USAID e i suoi milioni di dollari di finanziamento a movimenti dell'opposizione: attività mirata ad appoggiare le organizzazioni separatiste in regioni ricche di risorse naturali come Santa Cruz e Cochabamba.

- Del ruolo di USAID e delle iniziative dell'ambasciatore statunitense Philip Goldberg in Bolivia per favorire la secessione dei dipartimenti orientali ha parlato Michel Chossudovsky in La destabilizzazione della Bolivia e l'opzione Kosovo.

- Pochi giorni fa il giornalista investigativo Jeremy Bigwood ha anticipato alcuni documenti (da lui ottenuti dal Governo degli Stati Uniti soprattutto in base al Freedom of Information Act) che dimostrano una chiara politica di intervento e di ingerenza negli affari interni boliviani da parte degli Stati Uniti, in particolare attraverso USAID.

[Siate gentili con l'America, o incoraggerà "eventi", "discussioni pubbliche" e un "efficiente ed efficace monitoraggio sociale" anche a casa vostra].

mercoledì, ottobre 22, 2008

US and them



"Siate gentili con l'America o porteremo nel vostro paese la democrazia".

martedì, ottobre 21, 2008

Fundraising


"Paisa', dai soldi per battere Obama!"
[Fonte: Ellustrator]


Sulla lettera di raccolta fondi
della campagna presidenziale di John McCain

Abbiamo ricevuto una lettera dal Senatore John McCain in cui si richiede un contributo finanziario per la sua campagna Presidenziale.
A tale proposito vorremmo ribadire che le autorità russe, la Missione Permanente della Federazione Russa alle Nazioni Unite o il Governo russo non finanziano attività politiche in paesi stranieri.

Dichiarazione della Missione Permanente della Federazione Russa alle Nazioni Unite, 20 ottobre 2008.

Koni, il GLONASS, le pozzanghere e il Know-how

[Dunque il labrador premierale ha indossato in diretta un collare-ricevitore GLONASS per monitorare i progressi del sistema di navigazione satellitare russo e...]

V. V. Putin: A posto, neanche pesante. Koni (rivolgendosi al labrador Koni), vieni qui, ti hanno portato un regalo.

Ju. М. Urličič: Questa è la componente elettronica. Il modulo BM del GLONASS-GPS. Starà all'interno. Qui c'è la placca. Il resto del peso è costituito dalla batteria. Ma il know-how consiste nel fatto…

S. B. Ivanov: ... che l'abbiamo fatto solo noi, altri al mondo non ce ne sono. Quando il cane sta fermo, non si muove, mettiamo - chiedo scusa - che si infili in una pozzanghera da qualche parte nel bosco...

V. V. Putin: Be', ma il mio cane non è un porcellino, non sguazza nelle pozzanghere.

S. B. Ivanov: Sì, be', nel bosco. Allora la batteria non funziona, cioè subentra la modalità di risparmio energetico.

E. A. Beljanko: C'è uno speciale sensore di movimento che spegne il sistema di navigazione per risparmiare energia. Cioè, se non c'è movimento, se le coordinate non cambiano inutile consumare energia.

V. V. Putin: E questo cos'è?

E. A. Beljanko: Questo... con l'aiuto di diversi dispositivi si può controllare l'animale. Ecco, qui ha registrato una breve passeggiata vicino casa. L'edificio non c'è perché questa zona non è coperta dalla mappa.

V. V. Putin: Glielo mettiamo? (mettono il collare a Koni)

S. B. Ivanov: È triste. È finita la libertà, ti hanno imbrigliata.

V. V. Putin: (Rivolgendosi a Koni) Ti piace? Le piace. Scodinzola, significa che le piace.

E. A. Beljanko: Adesso però servirebbe che se ne andasse da qualche parte.

Fonte: Kremlin.ru

lunedì, ottobre 20, 2008

Quella struttura speciale chiamata "Cremlino"

Weekends don't count unless you spend them doing something completely pointless.
Calvin, Calvin&Hobbes

Capo non è che metti un link nella oumpeig per quella cosa di Stalin? che non c'ho più la memoria ma dovessi ricordarmi che me lo sono perso sarebbe tiribile.
Tov. Fjodor





Eccolo: Commander Stalin, gioco di strategia di ambientazione baffona in tempo reale.

"Il giocatore è Stalin: deve organizzare lo stato, l'industrializzazione, gestire le risorse, creare un'ampia base di consenso sociale (i lavoratori), sviluppare la scienza e la tecnologia per trasformare il suo paese in una superpotenza.
Se va tutto bene si resta al potere, ma le cose non finiscono qui: l'Unione Sovietica è ora una superpotenza e l'ombra minacciosa della Guerra Mondiale incombe. Nonostante le sue intenzioni pacifiche il paese verrà attaccato dalla Germania nazista. Non potrà fare altro che difendersi.
Buona fortuna, compagno!"

Dal manuale: "Le strutture e gli edifici sono costruiti dai lavoratori. Il compagno Stalin produce lavoratori fedeli al partito ed estremamente efficaci da una struttura speciale chiamata 'Cremlino'. All'inizio del gioco è sempre presente almeno una di queste strutture".

Gratis e subito, compagni, gratis e subito: diamo un'altra spallata al PIL.

giovedì, ottobre 16, 2008

Donna si registra a Feisbuk sbagliato, conosce gente interessante

Ah, ma voi dicevate quel Facebook? Quel posto pieno di bacheche e di notifiche in cui tutti sanno sistematicamente tutto di tutti, o almeno quello che tutti vogliono che si sappia di loro? Lo Strumento del Demonio™? La vera causa del global meltdown?

No, io intendevo questo: FSBuk (cliccare per ingrandire).


[Traduzione vichinga:]

Da tempo nella rete gira voce che i blog siano controllati dai servizi segreti.

Ma allora dai una mano all'FSB, iscriviti volontariamente a FSBuk, il social network definitivo nel quale è possibile compilare da soli il proprio dossier, invitare (denunciare) gli amici (soggetti), raccogliere informazioni, migliorare il proprio rating o livello di fiducia (il simpatizzante ha meno del 50%, l'agente tra il 50% e l'80%, il capo della rete fino al 120%) e aggiungere fatti interessanti della propria vita.

Genialno.
Solo su invito. L'invito si può richiedere. Non richiedete l'invito.

Link (tutto po russki).

mercoledì, ottobre 15, 2008

CSI Alpe-Adria: signora Lina nutre sospetti, nega coinvolgimento

- Comunque è sembrato subito strano anche a me, con tutti quegli erbèg.
- Cioè?
- Ma sarà stato davvero un incidente?, ho pensato.
- Eccola lì, la bionda di CSI Alpe-Adria.
- Strano, comunque.
- Dici che è stato papà che gli ha svitato i bulloni?
- Cosa scrivono su Internet?
- Non sono ancora arrivati al pensionato settantenne di Gorizia.
- Lo sai che il tipo che organizza le gite ai mercatini di Natale...
- Non dirmelo.
- Sì sì, sabato gita al funerale. C'è gente che va.
- Non tu.
- No, figurati, io no.
- Ok.
- Comunque conosco chi ci va.
- Ho capito, ma.
- Si fanno la passeggiata, no?
- Mamma.
- È un po' come la sfilata dei Krampus, stai un po' lì e poi vai a farti un giro. Sai che pasticcerie ci sono, a Klagenfurt. Sleppe di torta così.
- Ma tu no, vero mamma?
- Certo che no. A me neanche i Krampus mi piacciono tanto.
- Mh.
- E va bene. Colpa dell'anca di tuo padre.

martedì, ottobre 14, 2008

Dall'italiano all'italiano

sms di D., ieri pomeriggio:

"C'è Berlusconi da Bush su Rai1: l'interprete dall'italiano è ritradotta in italiano".

E così accendo.
In effetti.
Passaggio uno: Berlusconi parla.
Passaggio due: voce femminile traduce in inglese.
Passaggio tre: voce maschile ritraduce in italiano.

Parafrasando Wright, chewing-gum per le orecchie.

lunedì, ottobre 13, 2008

Unclassified: il fu belluomo anche alto

Insomma, avrei avuto una cosa da raccontarvi, ma poi.

Perché è mai possibile che noi famigliamir ce ne stiamo tranquilli e zitti e con la coscienza perfettamente a posto, senza rivelazioni imbarazzanti? Possibile che dove tutti tengono l'imbottita invernale noi dobbiamo averci sempre uno scheletro?

Comunque.
Questo fu il dialogo con mia madre dopo una memorabile gita a Klagenfurt:

- Sì e poi a un certo punto in mezzo a tutta quella gente c'era un gran bel signore e ci siamo messi a parlare un po' in italiano e un po' in tedesco, ma soprattutto in italiano. No, certo che non so il tedesco, che c'entra. Ma tanto un bel signore, che bell'uomo, giovanile. Mi ricordava qualcuno, ho pensato subito a un attore di qualche telefilm di canale 5. E quando gli dico che sono di Gorizia lui mi dice: ma za che mio cenero è ti Corizia!
E allora mi viene in mente chi mi somiglia, così chiamo la Carla e la Nives e chiamo anche papà perché ci faccia la foto.
Ma che bell'uomo, nonostante tutto.
Anche alto.
Ecco, tieni.
- Cazzo, mamma. Haider.
- Va bene, puoi metterla sul tuo blog.

Vabbe', tanto questo si era fatto fotografare fino all'ultimo con nani e ballerine.
Ecco a voi, da sinistra, su sfondo di abeti e neve finta:
groupie elettrizzata;
mia madre (noterete che le ride anche il naso per la soddisfazione);
il fu belluomo anche alto;
l'unica del gruppo a fare colazione con pane e volpe: intuendo quanto la foto possa risultare compromettente decide di concedersi un sorriso enigmatico da Gioconda in età.

Clicchino, clicchino qui.

Putin e la tigre dell'Amur

Putin presenta al pubblico il suo regalo

di Andrej Kolesnikov

Nel pomeriggio di giovedì si è saputo che i giornalisti del “pool governativo” erano attesi a Novo-Ogarevo per le otto di sera. Su cosa sarebbe successo neanche una parola, il che ha fatto crescere enormemente le aspettative e le ipotesi. Abbiamo ricevuto in risposta solo vaghi accenni. Ci hanno assicurato che si sarebbe trattato di un incontro informale del premier con i giornalisti, e che non si sarebbe parlato di economia. Ovviamente dopo queste parole nessuno credeva che il premier non avrebbe fatto alcuna dichiarazione su questioni economiche.

Già si sapeva che il primo ministro quella sera era atteso alla Casa Bianca per discutere della crisi finanziaria. E più il tempo passava, tanto più si rafforzava la certezza che ci aspettasse una grossa sorpresa, tanto per cambiare sgradita.
E il tempo passava sì. Siamo arrivati a Novo-Ogarevo alle sette di sera. L'incontro, come si sa, era stato fissato per le otto. Ma né alle nove né alle dieci c'era alcun indizio del fatto che il premier stesse lasciando la Casa Bianca per tornare a Novo-Ogarevo.

A quel punto le opinioni dei giornalisti, per usare un eufemismo, divergevano ormai ampiamente. Si era già formata una scuola di pensiero secondo la quale per parlare di economia era effettivamente troppo tardi, perché a quell'ora nessuno guarda più la televisione e i giornali hanno già chiuso le pagine. Dunque si sarebbe parlato di altro.

C'è stato chi ha ipotizzato che il labrador Koni avesse partorito. Ho parlato con un tizio che non si vantava delle sue informazioni e anzi sembrava volerle tenere più o meno per sé, ma che ha comunque raccontato che secondo lui il premier per il suo compleanno (che si festeggia il 7 ottobre) aveva ricevuto in regalo un'automobile e che voleva presentarla alla stampa. Quel giornalista ha perfino scritto sul suo bloc notes “auto” e “regalo” e ci ha aggiunto l'ora in cui aveva espresso quella geniale ipotesi, così che poi, quando si fosse avverata, nessuno potesse incolparlo di non aver detto nulla.

Mi sorprendeva soprattuto la sicurezza con la quale il giornalista, che pretendeva di conoscere e perfino di sapere cosa pensasse il premier, si è messo a scommettere “qualsiasi cosa” con un altro giornalista: se Vladimir Putin ci avesse mostrato un'automobile lui avrebbe vinto, in tutti gli altri casi avrebbe perso. Insomma, era disposto a mettersi in una posizione scomoda a priori, tanto era convinto di averci azzeccato.

Si è sparsa la voce che il premier ci avrebbe aspettati sulla piattaforma di atterraggio per gli elicotteri. Così è spuntata la convinzione che gli avessero regalato un elicottero.

Ma alle undici di sera l'ottimismo era ormai svanito. È prevalsa nuovamente l'ipotesi di qualche importante dichiarazione. Ci avevano assicurato già due volte che il premier stava arrivando, e due volte che era ancora alla Casa Bianca. Di certo stava limando il discorso.

Pochi pensavano che ci avrebbe comunicato le sue dimissioni. Un primo ministro non può mica lasciare in balia del fato il suo paese in un momento di crisi. Ma a mezzanotte ormai non si poteva più escludere nulla.

Tanto più che l'incontro è stato a un tratto spostato in un altro edificio della residenza, e quando sono state sistemate le telecamere, i fotografi si sono inginocchiati sul pavimento e i giornalisti della carta stampata si sono stretti nello spazio restante, nella stanza si è imposta un'atmosfera di tale solennità che sotto il suo peso solo una cosa si desiderava: sapere che anche tu eri una piccola parte di quel grande paese, la Federazione Russia, e che proprio tu saresti stato tra i pochi a sapere quello che sarebbe successo a questo paese ormai il mattino dopo. E tutti noi eravamo spossati da questa consapevolezza, o non consapevolezza. E resistevamo come potevamo.

Il premier ha fatto il suo ingresso nella stanza a mezzanotte e mezza. Indossava una giacca marrone e dei jeans, e io ho pensato: non si fanno discorsi sullo stato della nazione vestiti così (a meno che non si tratti in effetti di annunciare le proprie dimissioni).

Ha cominciato a parlare, e io mi sono detto: no, comunque non ne verrà niente di buono.

- Non mi aspettavo, - ha detto Vladimir Putin, - che ci fossero tante telecamere. Ma vabbe'... Con alcuni di voi lavoro ormai da molto tempo, con altri da meno... Comunque voglio dire...

Io già mi immaginavo i titoli dei giornali: russi, occidentali, orientali... Mi è sembrato che il paese stesse già sussultando.

Almeno ero presente a un fatto di portata storica.

- Vi prego di non fare rumore, di non urlare, di non strillare... - il premier ha poi continuato dopo una breve pausa. - È una misura di carattere personale. Prego, accomodiamoci nella stanza accanto.

Per qualche motivo aveva deciso di continuare il suo discorso nella stanza accanto. Perché? Come saperlo? Avrà avuto le sue ragioni. Siamo entrati nella stanza accanto. E ho visto il tigrotto. Se ne stava così, dentro due ceste col fondo piatto. Era piccolo. Ha voltato il capo nella nostra direzione e io ho pensato: Vladimir Putin resta.

Si è inginocchiato accanto al tigrotto (che poi si è rivelata una tigrotta) e ha cominciato ad accarezzarlo. Lo faceva con grande attenzione e ha consigliato a tutti di fare lo stesso. Non ce n'erano tanti, che avevano voglia di accarezzare la bestiola. Si è saputo che aveva due mesi e mezzo, che era un regalo (comunque un regalo, allora) di compleanno e che aveva appena mangiato due chili di carne e per questo era così tranquilla. Tutti i tentativi di sapere chi fosse l'autore del regalo si sono infranti contro la sua sovrumana benevolenza...

- Da dove viene? - ha ripetuto la domanda Vladimir Putin.- Dalla Russia. È cittadina russa.

- Vivrà con lei?

- Deve vivere in condizioni normali. Così la metteremo in un ottimo zoo.

Ho pensato che per un tigrotto difficilmente uno zoo rappresenta delle condizioni normali. A meno che non sia nato in uno zoo.

La tigrotta è rimasta sorprendentemente tranquilla. Mi sono chiesto se non l'avessero un po' sedata. Ma il signor Putin ha reagito con indignazione alla domanda.

A quel punto le luci delle telecamere hanno abbagliato la tigre, che ha cominciato a soffiare.
- Un po' più attenti, - ha detto il premier.
Ho pensato che si preoccupasse per i giornalisti.

- Poi si spaventa e scappa, - ha continuato Vladimir Putin.

- Se si spaventa, noi scappiamo più veloci di lei, - ho buttato lì io.

I giornalisti hanno cominciato a suggerire nomi per la tigrotta, tra cui Mašen'ka e Alenka.

- Sì, Mašen'ka, - si è rallegrato il signor Putin. - Ieri mi hanno suggerito proprio questo nome!

Non riusciva a staccarsi da lei e continuava ad accarezzarla e accarezzarla...
In quelle sei ore uno di noi aveva fatto una scommessa e adesso pensava che doveva pagarla, e ha perfino detto che era pronto ad andare fino in fondo.

Gli altri semplicemente guardavano la tigre. Vladimir Putin voleva semplicemente mostrarla al pubblico. Tutto lì. Non c'erano stati grandi sconvolgimenti. Ma avrebbero potuto essercene. Di ogni tipo. E soprattutto nessuno se ne sarebbe meravigliato. L'attuale momento politico ed economico è tale che tutti sono pronti a qualsiasi svolta degli eventi.

Tranne, forse, che a vedere in uno degli uffici di Vladimir Putin una tigre dell'Amur.


Fonte: Kommersant' (RUS)

Originale pubblicato l'11 ottobre 2008