War Nerd: Dalla testa del rinoceronte al ventre della iena
di Gary Brecher
Un paio d'anni fa accennavo al fatto che le truppe dell'Etiopia stavano occupando Mogadiscio e commentavo che per noi era un esperimento perfetto. Adesso potevamo finalmente sapere se qualcuno era in grado di pacificare quel posto.
Be', è arrivata la risposta, perché l'esercito etiope ha appena annunciato che lascerà la Somalia non appena riuscirà a firmare un finto accordo con la fazione somala più vicina. Ne hanno avuto abbastanza.
E non li biasimo: due anni in Somalia sono come due anni nel canile di Michael Vick [il giocatore di football americano coinvolto nello scandalo dei combattimenti clandestini tra cani, N.d.T.]. No, peggio. Se gli anni dei cani sono anni umani moltiplicati per sette, gli anni in Somalia sono anni umani moltiplicati infinite volte più una. Il motto dell'Ufficio Turistico somalo dovrebbe essere “Non è mai troppo tardi per andarsene!” Non biasimo Clinton per la fuga dopo la faccenda di Black Hawk Down; lo biasimo per non avere ritirato le truppe il giorno dell'insediamento. Si fa prima a trasformare i cani di Vick in quaccheri che a insegnare ai somali, i diavoli del deserto per antonomasia, a essere pacifici.
Vi chiederete come mai gli etiopi abbiano finito per intraprendere il compito disperato – anzi, semplicemente ridicolo – di convincere i somali a giocare pulito. La risposta breve, perché so che la maggior parte delle persone vuole la versione da 30 secondi, è che l'Etiopia non ha mai visto un pezzo di terra che giudicasse indesiderabile, e Cheney aveva dato il via libera perché la Somalia era caduta nelle mani degli “islamici”.
Però se adesso smettete un momento di cazzeggiare e mi prestate un po' d'attenzione vi do una risposta più onesta. Innanzitutto, dire che Mogadiscio era caduta nelle mani degli islamici è come dire che Barstow è caduta nelle mani dei battisti: è sempre stato così. Ovviamente ai somali la faccenda dell'Islam piace, perché paragonata all'ideologia di base somala che è “ciascuno per sé e mangiamoci i perdenti”, la legge islamica è tutta tenera tolleranza. È buffo immaginare i somali che supplicano i mullah: “Vi prego vi prego, istituite la Sharia! Siamo pronti per quelle tranquille menate da hippy! Questa roba macho somala è troppo dura!” Vedete, quando l'Islam si è diffuso dal Marocco a Giakarta ha travolto tutte le tribù. Ad alcuni, pivellini di città, la Sharia faceva paura perché era roba tosta. Ma per i somali, abituati com'erano a combattere tutto il giorno per poche capre affamate per poi svegliarsi l'indomani e ricominciare a combattere per le stesse capre pidocchiose, la Sharia era l'Estasi. “Un momento, mi state dicendo che la Sharia proibisce il furto? Niente furto? Così forse posso dormire con entrambi gli occhi chiusi per la prima volta in vita mia? Evvai!”
A detta di tutti Mogadiscio era quasi pacifica quando gli islamici erano al potere. Era un po' come ai primi tempi dei taliban a Kabul: a nessuno importava che i taliban fossero “democratici” finché tenevano basso il livello delle sparatorie e delle pallottole vaganti. La democrazia è per i ricchi. Vi garantisco che se vi toccasse vivere come fanno a Kabul o a Mogadiscio non ci terreste tanto neanche voi. Non con le sparatorie tra signori della guerra che vi infuriano sotto casa ogni volta che uscite a prendere l'acqua dalla pompa del quartiere. Logora in fretta, questo genere di vita: dover stare attenti ai cecchini ogni volta che si attraversa la strada. Qualche anno così e si comincia a vedere di buon occhio un po' di fanatismo islamico dove tutto è vietato, tipo fare rumore, canticchiare un motivetto o far volare un aquilone o che ne so. Un bel “Fermi e zitti!” a tutto il vicinato, compresi i signori della guerra e i loro scagnozzi masticatori di qat capaci di far saltare in aria i ragazzini nei vicoli solo perché non riescono a gestirsi lo sballo.
Così a Mogadiscio le cose si erano calmate, in stile Sharia, e la città era al sicuro dalle sparatorie e dalle pallottole vaganti per la prima volta nella sua storia. Ma questo non andava bene, e così l'esercito etiope è sceso dalle montagne e ha attraversato il deserto fino a Mogadiscio. Ma gli etiopi non devono essersi divertiti, visto che la loro occupazione è andata come tutte le altre. Più che una gatta da pelare, una gatta rabbiosa da pelare. È stato abbattuto qualche centinaio di soldati etiopi, gli etiopi hanno ammazzato qualche migliaio di somali dando via a tutta una serie di folli vendette e poi, dopo essersi fermati per un po' hanno detto “fanculo” e se ne sono andati come avevano fatto i Rangers e la Delta Force quindici anni fa.
Questo risponde alla domanda che mi facevo in quel pezzo di qualche anno fa: può un esercito africano fare un lavoro migliore del nostro, occupando Mogadiscio? E proprio come pensavo la risposta era: “Macché”. Il fatto è che quello che noi consideriamo un maledetto casino al quale dispensare opere di carità per la maggior parte dei somali è naturale. Non per tutti: i somali avevano la fama di essere i migliori burocrati di tutto il Corno d'Africa, che ci crediate o no, sotto i regimi coloniali. Non sono gente stupida. Ma sono nomadi per natura, e i nomadi non hanno il concetto di un governo centrale che protegga tutti. Vogliono proteggersi da soli. I somali vivono in pratica come pensano di vivere i survivalisti dell'Idaho: per conto proprio, proteggendo le loro famiglie. I picchiatelli dell'Idaho lo fanno in modo completamente sbagliato, come qualsiasi somalo o bedù sarebbe in grado di dirgli: non devi nasconderti in una capanna di legno a lucidare il fucile giorno e notte, circondato da sensori di movimento. Ti devi muovere, insieme alle tue capre. Continui a muoverti, stai all'erta, non ti fidi di nessuno al di fuori del tuo clan. Se proprio vuoi farlo non puoi asserragliarti in casa con la tua famiglia, perché vi metteranno sotto assedio e vi spazzeranno via. Hai bisogno di un clan. Così i somali si organizzano in clan per reciproca difesa, combattono e scappano. Prima usavano i cammelli, poi hanno conosciuto l'auto dei loro sogni, il pickup Toyota, e non si sono più voltati indietro. Monta una mitragliatrice pesante sovietica o un cannone AA su quel coso e hai esaudito un sogno.
Nel frattempo c'erano anche dei somali in giacca e cravatta, che cercavano di vivere all'occidentale a Mogadiscio. Ma ha vinto il deserto, ha vinto la tradizione. La Somalia ha scelto la vita epica: sparare raffiche da un technical, non passare scartoffie. Una notizia non tanto buona se eri, per dire, una madre di famiglia con tre figli a carico, ma un'OTTIMA notizia se eri un ragazzetto sconvolto dal qat che non vedeva l'ora di premere il grilletto.
Così il caos, la fame, ecc. di cui si lamentano i buoni samaritani sono solo la versione somala della rivoluzione reaganiana: tornate alle radici! Vivete come i vostri nonni! Solo con le Toyota al posto dei cammelli. Più veloci, non puzzano, non mordono. Con me funzionerebbe.
E quando vivi così la guerra è nell'ordine delle cose, come il sole che sorge al mattino. Alzati e splendi, alzati e spara! Alzati e accoltella! O le capre o la morte, come probabilmente diceva il Patrick Henry somalo.
E non scandalizzatevi tanto. Se avete letto l'Iliade conoscete la storia. Questo ci insegnano i professori, anche se i bastardi non lo ammetteranno mai: scorrerie per il bestiame, scorrerie per gli schiavi, scorrerie per il semplice piacere di uccidere.
Naturalmente per ballare bisogna essere in due, quando i clan smettono di ammazzarsi tra loro e guardano oltre l'orizzonte alla ricerca di bersagli più grossi da abbattere unendo le forze. È così che pensano i nomadi. È così che i mongoli si sono trasformati in una marea rossa: hanno smesso di rubarsi gli yak tra loro e si sono resi conto che c'erano bottini migliori in Cina o in Asia Centrale.
Ed è qui che entra in gioco l'Etiopia. Quando i somali hanno esplorato l'interno si sono imbattuti nell'impero etiope che si spingeva a est, dalle montagne verso il deserto di Ogaden. I somali erano predatori per natura; gli amhara, la tribù etiope dominante, erano agricoltori, affamati di terra come tutti gli agricoltori e dunque bravi a impossessarsene. Quando sulla carta geografica si scontrano due tribù come quelle la guerra è nell'ordine delle cose.
Gli amhara erano originariamente gente di montagna, di posti dove fa freddo all'equatore e perfino i babbuini hanno il pelo lungo. Ma avevano mandato i loro coloni nelle calde e secche pianure della Somalia per generazioni. Quei coloni finirono nel mezzo di una classica guerra africana nel deserto di Ogaden dal 1976 al 1978, quando l'esercito somalo avanzò fino alla capitale dell'Etiopia, Addis Abeba. Fu una di quelle magnifiche guerre convenzionali nel Corno d'Africa che nessuno ha avuto il buon senso di filmare, accidenti, e così non riusciremo mai a vederla come dovremmo. Dev'essere stata una gran cosa, perché i somali erano specializzati in attacchi con mezzi corazzati attraverso il deserto. Avevano una grossa ed efficiente forza di carri armati russi, vecchi ma solidi T-34 (IL carro armato del XX secolo) e T-54/5. Se si considera che la popolazione dell'Etiopia è circa sei volte più grande di quella della Somalia, fa impressione pensare che le colonne di carri armati somali si sono addentrate così tanto nel paese nemico. Ma i somali avevano un grande vantaggio: ogni somalo è un assassino nato. È la sola cosa che conoscono.
Avevano anche il vantaggio di combattere contro un paese che si stava disintegrando. L'Etiopia non è mai stata il posto più organizzato del pianeta. È famosa per un bel po' di cose strane, come le pulci peggiori del mondo e la più antica e bizzarra versione del Cristianesimo, ma non per essere precisa come un orario ferroviario tedesco. L'Etiopia era uno di quei paesi in cui l'esercito era l'unica parte dello Stato a funzionare. Nel 1974 alcuni intraprendenti ufficiali comunisti dichiararono che l'Etiopia non era altro che un casino feudale ingiusto e sul punto di crollare. Il che era assolutamente vero. Sfortunatamente – e probabilmente questo lo avrete già indovinato – quello che avevano in mente loro era perfino peggiore. Molti di questi ufficiali erano stati educati a Mosca e ne avevano ricavato l'impressione che i russi fossero comunisti, e così da bravi studenti una volta tornati a casa vollero applicare ciò che avevano imparato. Fa ridere, adesso che sappiamo che a quell'epoca in Russia i veri comunisti non esistevano già più. I russi si saranno sentiti mancare di fronte ai loro amici abissini che narravano cinguettanti le glorie del comunismo. Scommetto che avrebbero voluto urlare: “Ehi, amico, no! È solo... raccontarvi queste storie è il mio lavoro, ma nessuno si aspetta che ci crediate!”
A essere onesti, un fiero ufficiale etiope avrebbe avuto tutte le ragioni per incazzarsi: metà della popolazione era costituita da braccianti poverissimi che lavoravano la terra dei signori amhara in cambio di una quota da fame del raccolto. La popolazione era in crescita vertiginosa e la terra mancava. Più gente, meno terra e un folle mucchio di signori, signore e monaci a comandare. Era come l'Inghilterra medievale, ma con un'esplosione demografica in corso e un esercito incazzato.
Così all'inizio della rivoluzione etiopica c'è un meraviglioso incredibile casino. Prendete una carta geografica dell'Etiopia e vedrete che ricorda la testa di un rinoceronte messa di profilo (un rinoceronte che guarda verso est, diciamo, pensando probabilmente “Dio come mi piacerebbe nuotare fino a Diego Garcia e scroccare qualche birra, scappare da questo ghetto...")
Il corno del rinoceronte entra nei deserti della Somalia. E adesso vediamola dal punto di vista etnico: gli amhara, la tribù cristiana dominante, controllano solo le montagne, all'incirca dove dovrebbe trovarsi l'orecchio del rinoceronte. In cima alla testa ci sono i territori ribelli, l'Eritrea e il Tigrè. A est e lungo il margine del deserto ci sono gli afar, forse la peggiore tra le tribù del Corno d'Africa; quando gli amhara sentono la parola “afar” dicono “Via, via, niente da far!” Un po' di umorismo tribale, ehm. Comunque spostandosi a destra su questa testa di rinoceronte che comincio a rimpiangere di avere evocato, il corno del rinoceronte è tutto somalo, e giù lungo la mandibola si incontrano gli oromo.
Ok? Ne avete abbastanza di teste di rinoceronte? Anch'io. Allora, nel 1974, proprio nel mezzo di questo bel castello di carte, o di ossa tenute insieme con la Vinavil – no, non sto ricominciando con un altro rinoceronte – in questo casino entra il Derg, un gruppo di 120 ufficiali etiopi di ispirazione comunista, per la maggioranza del Tigrè e della regione Amhara, decisi a incasinare l'unica zona relativamente stabile del paese, le montagne dell'Amhara, cacciando l'aristocrazia, liberando i servi e distribuendo loro la terra. Sorpresa sorpresa, è andata un po' male.
Prossimamente continuerò a parlare di questo e di un libro che racconta quello che accadde allora dal punto di vista di un bambino che lo visse – già questo vale una medaglia – e apparteneva a due diverse fazioni ribelli, una somala e l'altra amhara/comunista. È una delle storie migliori che conosca, e uno dei modi migliori per capire cosa potrebbe nascere in un paese che è molto più lontano dal posto in cui vivete di quanto lo sia Plutone.
Originale: Exiledonline
Originale pubblicato il 29 ottobre 2008
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