lunedì, settembre 22, 2008

War Nerd: si sono liberate delle stanze al Marriott di Islamabad

[Questo è il post iniziale dell'Islamablog del War Nerd: tradotto per seguirlo dall'inizio (e anche perché è breve, via)].

Marriott di Islamabad: ci sono stanze disponibili

di Gary Brecher

Così avrete sentito che Al Qaeda ha colpito il Marriott di Islamabad. È saltato in aria un camion mentre il personale della sicurezza stava facendo un sopralluogo con i cani da fiuto. Almeno i cani saranno morti felici, penso. Quei cani non sono tipi furiosi come gli anti-droga o gli anti-esplosivi. Si beccano un biscotto ogni volta che trovano cocaina o bombe al fertilizzante. Dunque l'ultima cosa che avranno sentito al Marriott, l'altra sera, sarà stato l'abbaiare e uggiolare felice di questi cani: "Oh, gente, 'sta roba è così grande che un canile pieno di biscotti stavolta non me lo toglie nessuno".

Secondo le prime notizie questi jihadisti camionisti cercavano la casa del Primo Ministro, dove i pezzi grossi del Pakistan partecipavano a una grande festa. Ma sono stati "scoraggiati" dai massicci controlli di sicurezza attorno alla villa e hanno deciso di puntare sul Marriott. È quella parola, "scoraggiati", e l'idea del ripiego, che mi confonde quando cerco di immaginarmi i dialoghi tra questi tizi nelle loro vesti funebri mentre stanno per piazzare una tonnellata di nitrato d'ammonio al Marriott. Devono essersi sforzati di fare buon viso a cattivo gioco: "Voglio dire, su, Rashid, anche il Marriott va bene!" "Oh cavoli sì, Tariq, niente da dire sul Marriott! Gran posto! Ti ricordi quando ci abbiamo fatto un sopralluogo, in primavera, e vestiti da infedeli occidentali abbiamo fatto un po' di foto dell'ingresso con il telefonino, e per sembrare disinvolti ci siamo presi quei frappè al bar della piscina? Incredibile!" "Oooo, siii, dimenticavo: il banana-mango? Paradisiaco!" "E sai quanti buoni bersagli ci saranno, anche lì? Magari non buoni come il Primo Ministro ma ci rifaremo con i numeri: quante stanze hanno, già?" “Miii, almeno 400. Niente niente ci sarà una decina di amministratori delegati. Quanti amministratori delegati fanno un Primo Ministro?"

Scommetto che erano già tutti allegri quando i cani hanno cominciato ad abbaiare. Ecco cosa rende così buffi gli attentatori suicidi, che lo ammettiate o no: nessuno può cambiarli, restano lagnosi e contegnosi e ridicoli anche quando stanno per vaporizzare un camion nella suite di lusso di un magnate del petrolio. Probabilmente la dinamica coppia nel camion (di solito sono due, ma questa volta non posso giurarci) ha passato gli ultimi minuti a discutere su chi dovesse premere il pulsante del detonatore. È la vita: cerchi il dramma e ti ritrovi con un paio di battutisti islamici nella cabina di un Ryder, che litigano sulla strada per arrivare al Marriott.

Fonte: exiledonline

Originale pubblicato il 20 settembre 2008

A sinistra



"George Bush (a sinistra). Foto AFP".

Da: lenta.ru.

venerdì, settembre 19, 2008

Zapatero chi?

Segue la traduzione di parte dell'intervista con John McCain di Radio Caracol Miami (il nome ricorda le radio di Grand Thefth Auto Vice City, se non avete presente non importa), in cui alcuni (i più maliziosi e incattiviti) hanno notato la stana vaghezza del candidato repubblicano alla presidenza quando si comincia a parlare di Spagna e Zapatero. Anzi, con tutto quel parlare di "emisfero", "regione" e "quei leader lì", ai tendenziosi maliziosi e incattiviti (diciamolo: questa faccenda è piaciuta molto a quegli impresentabili, irrilevanti russi) è sorto un sospetto.
Dunque la domanda del venerdì è: McCain sa che la Spagna sta in Europa e non in America Latina o fa il biondo perché vuole scansare la domanda? In questo caso, davvero non c'erano strumenti dialettici geograficamente
più eleganti?

Intervistatore:
Parliamo della Spagna. Se verrà eletto presidente sarà disposto a invitare il presidente José Luis Rodríguez Zapatero a un incontro alla Casa Bianca?
McCain: Sarò disposto a incontrare quei leader che sono nostri amici e che vogliono lavorare con noi in modo collaborativo. E, a tale proposito, il presidente messicano Calderon sta combattendo un'aspra lotta contro i cartelli della droga. Sono felice che ora stiamo cooperando con il governo messicano sul piano Merida, e intendo incentivare queste relazioni e invitarne quanti posso, di quei leader alla Casa Bianca.
Intervistatore: Quell'invito verrebbe esteso al governo Zapatero, al presidente in persona?
McCain: Non... Sa, onestamente devo dare un'occhiata alle relazioni e alle situazioni e alle priorità, ma posso assicurarle che instaurerò legami più stretti con i nostri amici e mi opporrò a coloro che vogliono fare del male agli Stati Uniti d'America. So fare entrambe le cose.
Intervistatore: Dunque deve capire se è disposto a incontrarla, o potrà farlo alla Casa Bianca?
McCain: Ancora una volta, non... tutto quello che posso dirle è che ho chiari trascorsi di collaborazione con i leader dell'emisfero che sono nostri amici e di capacità di oppormi a quelli che non lo sono, e questo si giudica sulla base delle nostre relazioni con l'America Latina e con l'intera regione.
Intervistatore: Va bene, ma per quanto riguarda l'Europa? Parlo del presidente della Spagna.
McCain: Per quanto riguarda me, cosa?
Intervistatore: È disposto a incontrarlo se verrà eletto presidente?
McCain: Sono disposto a incontrare qualsiasi leader devoto agli stessi nostri principi e filosofia sui diritti umani, la democrazia e la libertà, e mi opporrò a quelli che non lo fanno.

Fonte: http://blog.foreignpolicy.com/node/9824

giovedì, settembre 18, 2008

La mentalità russa e il "chesc"

[Un po' di Gogol', un po' di Bulgakov, qualche traccia di VVP e siparietto finale all'italiana: ecco come Andrej Kolesnikov del Kommersant' racconta la visita di Medvedev ai magazzini GUM, qualche giorno fa, dopo l'incontro del club Valdaj].

Una visita gastronomica
di Andrej Kolesnikov

Un'ora prima dell'inizio dell'incontro [del club Valdaj, nel salone delle feste dei grandi magazzini GUM] gli uomini del servizio di sicurezza del presidente si erano rivolti ansiosi al signor Kusnirovič, presidente della compagnia "Bosco dei Ciliegi" alla quale appartengono i magazzini GUM: erano preoccupati per le intenzioni del direttore del Gastronom N. 1, Konstantin Starikov, il quale pareva deciso a preparare una pagnotta al sale da porgere al presidente al suo ingresso nel negozio, proprio sulla Piazza Rossa. Si è infine riusciti a neutralizzare il signor Starikov, e il presidente è stato accolto senza pagnotta. Il gruppo del presidente era costituito dalla direttrice di RIA Novosti Svetlana Mironjuk, dal copresidente del club Valdaj e dal signor Kusnirovič. Prima dell'inizio dell'incontro il presidente ha promesso a quest'ultimo di visitare il negozio non appena la riunione si fosse conclusa.

Durante la riunione Dmitrij Medvedev, tra le altre cose, ha detto che "mentalmente il russo deve fare un salto enorme. Per lui finora la violazione dei contratti d'affari non sembra costituire un problema".

- Qando si chiude un contratto alla fine si propone il pagamento in contanti, cash - , ha raccontato il signor Medvedev ai politologi occidentali. - In qualsiasi altro paese civile questo suscita subito dubbi e domande: e le tasse, e i controlli? E gli accertamenti fiscali? Ma in Russia sono cose normali: fanno così semplicemente perché costa meno, e perché versare tutti quei soldi allo stato?

Quando i membri del club si sono fatti fotografare con Dmitrij Medvedev e si sono congedati, il signor Kusnirovič e il signor Medvedev sono andati a visitare i grandi magazzini GUM.

- Sono cinque anni che non vengo qui, - ha ammesso il signor Medvedev. - Ma prima mi piaceva tanto andare per negozi, riempivo il carrello anche se non ne avevo bisogno. Mi piaceva comprare questo e quello.

- E per noi, tra l'altro, da molto tempo è diventato inutilmente lungo e scomodo fare contratti in "chesc", - ha detto il signor Kusnirovič al presidente.

- Ma io non parlo di cose al nostro livello, – ha replicato Medvedev, – è che nel paese succede...

Nella situazione del signor Kusnirovič sarebbe stato stupido mettersi a discutere.

- La mentalità, - ha detto, - si può superare, dando al business la sicurezza nel domani. Il "chesc" serve a chiudere un contratto e chi si è visto si è visto... Ma se si lavora per i figli è tutta un'altra cosa...

È stata la volta del presidente di non mettersi a discutere. Sono entrati nel negozio.

- Ma qui è cambiato tutto... - ha detto il presidente guardandosi attorno. - Cinque anni fa era così diverso...

- Be', allora non era ancora nostro, il GUM, - ha precisato il signor Kusnirovič abbassando lo sguardo.

- Gli affari dovrebbero portare soddisfazione, non solo utili, - ha detto Medvedev pensoso.

- Certo, sia utili che soddisfazione, - ha sottolineato abbassando nuovamente lo sguardo Kusnirovič. - Ma quando facciamo un investimento gli utili sono fondamentali... - ha aggiunto tentando di cavarsi da questa delicata situazione.

Sono entrati nel Gastronom N. 1.

- Molto caretto, qui? - ha domandato il presidente guardandosi attorno.

- Ma no, - il signor Kusnirovič si è stretto nelle spalle. - Il sale sta a 15 rubli...

La prima cosa su cui il presidente ha posato gli occhi erano delle mele a 65 rubli.

- Ah, buon prezzo, - ha concordato il presidente. - Oh, il passato di zucchini. Da dove?

- Da Černigov.

- Molto bene, che venga da Černigov, - ha detto chissà per quale motivo il signor Medvedev.

In quel momento è passato accanto al banco dei formaggi.

- Abbiamo perfino il matsoni [yogurt georgiano simile al kefir, N.d.T.], - non ha saputo trattenersi Kusnirovič, - e un direttore del GUM che di cognome fa Guguberidze.

- Giusto anche questo, - ha approvato entrambe le circostanze Dmitrij Medvedev.

- Cacao, latte condensato... Ah, eccolo qua, il sale, - ha detto il signor Medvedev. - Il sale c'è? Allora significa che nel paese va tutto bene. Sì? Se ci sono il sale e i fiammiferi. Ah, ecco i würstel... Poco tempo fa ho assistito al primo giorno di scuola, in un distretto... A lezione gli alunni mi hanno disegnato un maiale. E io gli ho chiesto: "E cosa si fa con il maiale?" E loro tutti in coro: "I würstel!" Senta, ma prima, prima dell'epoca sovietica qui c'era sempre un negozio di gastronomia?

- Be', sì.

E poi il presidente ha visto i contenitori con il succo di frutta. Questi contenitori se li ricordano tutti quelli che sono stati bambini all'epoca dell'Unione Sovietica. Tutti quelli che adesso hanno quarant'anni. E anche trenta.

- Non sono riuscito a mangiare, durante l'incontro con i politologi, - ha detto il presidente, - Adesso mi bevo un succo. - Quale mi consiglia, Anfisa?

La ragazza, che portava cucita sul petto la targhetta con il proprio nome, ha consigliato mele, arancia e ciliegia.

- No, pomodoro. Mi faccia un succo di pomodoro, Anfisa, - ha detto il presidente tendendo già il braccio.

- Prego, scontrino alla cassa, - ha subito risposto Anfisa, e brillantemente, senza sapere di aver chiuso così l'argomento della mentalità russa e del "chesc".

- Dmitrij Anatol'evič, mi scusi, non si rivolgeva a lei ma a me, - si è affrettato a spiegare Michail Kusnirovič.

Ma il signor Medvedev era già alla cassa. Preso lo scontrino, si è avvicinato al banco e ha chiesto:

- Ma come, devo bere da solo?

Il signor Kusnirovič ha allora fatto un cenno ad Anfisa perché preparasse un succo di pomodoro anche per lui, ma tutt'attorno si è alzato un coro di voci:

- Scontrino alla cassa!

Mentre bevevano il succo il presidente ha ricordato quanto deliziosi fossero i succhi di frutta della sua infanzia: barattoli da tre litri, succo e polpa di mela, betulla...

Erano ancora in piedi davanti al bancone.

- E dov'è il pane? - ha chiesto il presidente, vuotando il bicchiere. - Andiamo a prendere il pane. Torte, ce ne sono?

- Dmitrij Anatol'evič, la sua macchina è qui, - gli hanno bisbigliato.

- Devo... prendere il pane, - il signor Medvedev ha fatto un gesto sbrigativo con la mano e si è diretto verso l'altro capo del negozio.

- Ecco... Uh, prendi... una torta "Praga"! Ecco, una "Praga", una "Leningrado"...

E qui una donna (nel negozio c'era molta gente, nessuno pensava che lì potesse venirci il presidente) ha urlato a squarciagola:

- Una "Napoleone"! Prendi una "Napoleone"!

- No, una "Napoleone" magari un'altra volta... - ha bofonchiato il presidente.

- Prenda una "Kiev", - ha suggerito Kusnirovič. - La "Leningrado" può prenderla anche a Leningrado.

- E la "Kiev" allora a Kiev? - ha replicato Medvedev. - No, no, me le dia tutte e tre.

Di certo queste tre torte dovevano sopravvivere fino al giorno dopo, che era il compleanno del presidente.

Poi sono venuti a dirgli che bisognava tornare alla macchina facendo lo stesso percorso che avevano fatto all'andata.

- Non lo scelgo già da molto tempo, il percorso, - ha detto il presidente. - Vado dove mi dicono.

Quando sono arrivati all'uscita hanno visto un matrimonio accanto alla fontana. Ma soprattutto il matrimonio ha visto loro. Così il presidente si è lasciato fotografare a lungo in compagnia degli sposi.

All'improvviso è arrivato di corsa un italiano che si era accorto del presidente russo.

- Viva l'Italia! - ha urlato a tutto il GUM. - Viva Berlusconi! Viva Medvedev! Va benissimo!

Dopo essersi espresso in stile telegrafico l'italiano è scomparso.

- Nel nostro negozio di gastronomia si svolgono regolarmente i mesi della cucina italiana, spagnola e francese, - ha spiegato il signor Kusnirovič con un bel tono didascalico da voce narrante.

Quando Dmitrij Medvedev se n'era già andato, nell'ufficio del signor Kusnirovič è arrivato di corsa il direttore signor Starikov.

- Michail Ernestovič, la "Praga" non gliel'hanno consegnata!

- Non gliel'hanno consegnata o non l'hanno presa? - ha indagato il signor Kusnirovič.

- Se ne sono completamente dimenticati, in quel trambusto... - ha sospirato Konstantin Starikov.

Fonte: Kommersant'

Articolo pubblicato il 15 settembre 2008

[Nota: il signor Kusnirovič si riferisce al cash chiamandolo кешачок, kešačòk, neologismo insostituibile e intraducibile che è insieme diminutivo d'affetto e familiarità (con una sfumatura impercettibile di disprezzo) che suggerisce una sorta di bonaria indulgenza nei confronti del biasimato contante (un friulano userebbe il suffisso diminutivo -ut)].

mercoledì, settembre 17, 2008

Putin Transformer, CNN cut

[Con un po' di ritardo perché nel frattempo c'erano altre cose da seguire, ma sempre valido: ecco come la CNN ha censurato la famosa intervista di fine agosto a Putin, nella ricostruzione di Yasha Levine di exiledonline. Normali tattiche della guerra di propaganda, e del resto cosa non ha combinato il canale russo Vesti nel doppiaggio dell'intervista di Fox News alla bimba americana testimone dell'attacco georgiano a Tskhinvali. Comunque resta molto interessante capire quale versione di Putin Transformer sia stata proposta al vasto pubblico americano, e perché].

La Russia finirà per cacciare la CNN?

di Yasha Levine

Probabilmente non sapevate che la CNN ha censurato Putin per la sua eccessiva sensibilità. Sì, vero. Circa due settimane fa Putin [il 28 agosto, N.d.T.] ha concesso al canale televisivo un'intervista di 30 minuti. E sapete cos'è successo? Niente. Non è andata in onda. La CNN ancora non lo sa, ma questo potrebbe costarle i diritti di trasmissione russi. Il 29 agosto il primo ministro Vladimir Putin ha incontrato il corrispondente Matthew Chance per un'intervista esclusiva alla CNN. “Accesso senza precedenti al potente primo ministro russo, l'ex spia del KGB ora sempre più ai ferri corti con Washington” così una voce narrante accompagnava le immagini di Chance e Putin intenti a scherzare bonariamente prima dell'intervista e a passeggiare nel giardino del palazzo di Soči. Appena seduti Chance non ha perso tempo con le sue domande provocatorie:

Matthew Chance: Non è un segreto che per anni lei abbia sollecitato l'Occidente a prendere più seriamente le preoccupazioni della Russia sulle questioni internazionali. Per esempio sull'allargamento della NATO, il posizionamento di sistemi di difesa anti-missile in Europa Orientale. Questo conflitto non è stato un modo per dimostrare che in questa regione è la Russia a detenere il potere, non la NATO e di certo non gli Stati Uniti?
Vladimir Putin: Naturalmente no. E inoltre non siamo andati alla ricerca di simili conflitti e non li vogliamo in futuro.
Il fatto che questo conflitto abbia avuto luogo – che sia comunque scoppiato – è solo dovuto alla mancanza di attenzione per le nostre preoccupazioni.
Penso che sia lei che i suoi – i nostri – spettatori oggi saranno interessati a sapere un po' di più della storia delle relazioni tra i popoli e i gruppi etnici in questa regione del mondo. Perché la gente ne sa poco o nulla.
Se pensa che sia irrilevante può tagliarlo dal programma. Non esiti, non importa.


Commento premonitore, il suo. Non solo la CNN ha cancellato il successivo excursus storico di Putin sulle relazioni tra Russia, Georgia e Ossezia del Sud dal XVIII secolo in poi, ma la rete ha anche tagliato quasi tutto il resto. Nonostante lo specchietto per le allodole dell'“accesso senza precedenti” a beneficio del suo pubblico statunitense, la CNN ha ridotto l'intervista di 30 minuti a una serie frasi a effetto che esponevano e ridicolizzavano la teoria pazzerella di Putin che il partito repubblicano avesse scatenato la guerra per lanciare McCain. Il pubblico internazionale della CNN è riuscito a vedere qualcosa di più. Ma si è trattato soprattutto della ridicola decisione “non politica” della Russia di bandire alcuni importatori americani di carne di pollo per la pessima qualità dei loro prodotti. Le intenzioni della CNN erano chiare: Putin doveva venirne fuori come uno scemo. E pare che Putin abbia offerto loro la materia prima perfetta. Embargo sui polli morti e complotti neocon globali? Accidenti, quale leader mondiale che si rispetti potrebbe tirar fuori simili uscite? Neanche Ahmadinejad è capace di cadere così in basso. Be', l'embargo sulla carne di pollo come argomento forse era un po' debole, ma sulla cospirazione neocon non ci giurerei mica. Ma di questo parleremo più tardi. (Potete vedere il filmato pesantemente tagliato sul sito della CNN, ma la rete non ha mai messo a disposizione la versione integrale. Però potete vederla alla TV russa).

Non sorprende che tutto questo non sia piaciuto troppo al primo ministro. Vedete, quando Putin ha detto alla CNN che non gli importava se tagliavano alcuni commenti non era del tutto sincero. Non solo gli importava, ma si è sommamente incazzato quando ha scoperto che era stata censurata tutta l'intervista. In fin dei conti è lui che di solito censura gli altri. E poi non è che conceda interviste televisive agli americani tutti i mesi, e neanche tutti gli anni. Se non erro, l'ultima intervista concessa alla TV americana da Putin risale al lontano 2000, quando è stato ospite del Larry King Live e ha espresso un brusco commento sull'affondamento del sottomarino Kursk. E poi c'è la faccenda dello spazio che la CNN ha concesso a Saakashvili. Solo nell'ultimo mese Saakashvili è apparso una decina di volte, con interviste della durata dai 5 ai 10 minuti. Come la CNN giustamente ha fatto notare, Putin è un'ex spia del KGB, dunque presta attenzione a tutti i dettagli fino all'ultimo secondo. Ed ecco perché ha preso la censura come un insulto personale da parte della direzione della rete (interpretandolo come un'ulteriore prova della cospirazione dei media internazionali). Però potrebbe essere lui ad avere l'ultima parola. Si dice in giro che Putin cerchi vendetta. Secondo una fonte che ha accesso ai piani alti del potere, i russi stanno programmando azioni punitive contro la CNN. A questo punto sono solo voci, ma potrebbero apprestarsi a cacciare circa la metà della decina di giornalisti occidentali che lavorano alla sede di Mosca della CNN. Prima o poi saranno costretti a chiedere il rinnovo del visto ed ecco fatto: glielo negheranno, una cosa pulita e tranquilla. Possiamo solo sperare che quel fantoccio di Matthew Chance abbia presto bisogno di un visto.

Ma perché la CNN ha deciso di tagliare l'intervista? Il fatto è che Putin rischiava di uscirne molto ma molto bene. Già, l'embargo sui polli era imbarazzante, ma la teoria del complotto McCain/neocon non era così folle come molti vorrebbero credere. Gary Brecher ha sempre detto che questa piccola guerra aveva tutta l'aria di essere un piano neocon malriuscito per il dominio del mondo. Come dice Gary, le mosse della Georgia non hanno alcun senso dalla prospettiva georgiana. Qualcuno deve aver detto a quegli idioti che si sarebbero potuti tranquillamente prendere l'Ossezia del Sud. Chi meglio di Cheney?

Putin è stato capace di toccare toni insolitamente accorati, durante quell'intervista. Di certo niente a che fare con l'intervista grottesca di otto anni fa, con la crudele battuta “è affondato” a proposito del Kursk. Questa volta è stato pacato, ragionevole e soprattutto molto convincente e credibile: insomma, niente di ciò che ci si aspetterebbe da quell'ibrido tra Stalin e Hitler che viene scodellato al pubblico americano. E alla CNN se ne sono preoccupati così tanto da censurare brutalmente il tutto e sperare che nessuno se ne sarebbe accorto.

Ma allora quali sono le parti di Putin lasciate fuori dalla CNN in sede di montaggio?

Putin l'anti-stalinista:

Dunque coloro che insistono che quei territori debbano continuare ad appartenere alla Georgia sono stalinisti: difendono la decisione di Josif Vissarionovič Stalin [Fu Stalin a dividere per primo l'Ossezia e a darne la metà meridionale alla Georgia]

Putin il sensibile:

Per noi è una particolare tragedia, perché durante i molti anni in cui abbiamo vissuto insieme la cultura georgiana – perché il popolo georgiano è una nazione dalla cultura antichissima – è diventata senza dubbio parte della cultura multinazionale della Russia… [T]enendo conto del fatto che quasi un milione, anche più di un milione di Georgiani si è trasferito qui abbiamo legami spirituali speciali con quel paese e con il suo popolo. Per noi è una particolare tragedia.

Putin il pacifico:

Adesso lei e io siamo seduti qui, a conversare tranquillamente nella città di Soči. Ad alcune centinaia di chilometri da qui sono giunte le navi della flotta russa, che trasportano missili il cui raggio d'azione è proprio alcune centinaia di chilometri. Non sono le vostre navi ad essersi avvicinate alle vostre coste; sono le vostre che si sono avvicinate alle nostre. Dunque quale scelta abbiamo?
Non vogliamo complicazioni; non vogliamo litigare con nessuno; non vogliamo combattere nessuno. Vogliamo una normale cooperazione e un atteggiamento rispettoso verso di noi e verso i nostri interessi. È chiedere troppo?

Putin l'uomo d'affari coscienzioso:

La costruzione del primo sistema di gasdotti è stata avviata durante gli anni Sessanta, all'apice della Guerra Fredda, e per tutto questo tempo, dagli anni Sessanta a oggi, la Russia ha sempre soddisfatto i propri obblighi contrattuali in modo molto coerente e affidabile, indipendentemente dalla situazione politica.
Non politicizziamo mai le relazioni economiche, e siamo sorpresi dalla posizione di alcuni funzionari dell'amministrazione degli Stati Uniti che vanno nelle capitali europee a cercare di convincere gli europei a non comprare i nostri prodotti, come il gas naturale, in un incredibile tentativo di politicizzare la sfera economica. Di fatto è una cosa molto dannosa.
È vero che gli europei dipendono dalle nostre forniture, ma anche noi dipendiamo da chiunque acquisti il nostro gas. Si tratta di interdipendenza; è esattamente questa la garanzia della stabilità.
Fonte: exiledonline

Articolo pubblicato l'11 settembre 2008

martedì, settembre 16, 2008

War Nerd: La Georgia e i falchi americani da salotto

[Questo lo postiamo di qua, un po' perché il War Nerd è il War Nerd, e un po' perché c'entra con il post precedente e i relativi commenti. Insomma, di sprizzamenti by proxy si parla].

War Nerd: La Georgia e i falchi americani da salotto

di Gary Brecher

Adesso non vorrei proprio essere nei panni della Georgia, tanti sono i cosiddetti esperti americani che fanno progetti per i georgiani e concepiscono piani brillanti per spedirli in guerra contro i russi. “Ecco cosa dovreste fare...” Sembra di sentire le chiacchiere da bar di un ubriaco che tenta di convincere un pivellino di 45 chili a battersi nuovamente con l'energumeno che l'ha appena messo al tappeto. Guarda caso non hanno molta voglia di provare queste teorie sulla propria pelle.

Questi falchi da salotto hanno cominciato presto. Il 16 agosto, a una settimana dall'inizio dei combattimenti tra Russia e Georgia, la rivista neocon Weekly Standard pubblicava un cinguettante articolo che elencava tutte le armi che potevamo spedire ai georgiani per aiutarli a combattere una bella, lunga e sanguinosa guerriglia.

Era tutta roba classica alla Tom Clancy, basata sull'idea che le guerre si fanno con la roba, non con le persone. Questa gente non vuole guardare in faccia la realtà che per la guerriglia l'arma fondamentale, la sola che conti, è la gente. E che cominciare una guerriglia significa condannare la maggioranza delle persone che conosci a una gran brutta morte.

Adesso abbiamo Sarah Palin, la mamma cecchina che tutti amano, che si offre volontaria per fare la guerra alla Russia per l'Ossezia del Sud.
Per quanto ne so io, la Palin non ha mica intenzione di andare in guerra di persona. A lei piacciono i bersagli che non ti sparano addosso, tipo gli alci. Ma ecco cosa hanno in comune tutti questi allegri volontari: nessuno di loro andrà davvero lì a combattere i russi, e per quanto ne so nessuno ha mai nemmeno pensato di chiedere ai poveri georgiani che ne pensano dell'inferno di una possibile guerriglia. Tutto ciò che volevano i georgiani era entrare nella NATO, fare un po' di soldi e magari comprarsi un'auto usata. Sono come quei tizi che entrano nell'esercito per beccarsi una borsa di studio e si ritrovano al fronte: solo che loro nella NATO non ci sono neanche entrati. Li offriamo volontari, li sacrifichiamo senza neanche averli fatti entrare nel club.

La dimostrazione più folle d'entusiasmo belligerante sta in un articolo di DoD buzz scritto da Greg Grant, che cita una fonte anonima del Dipartimento della Difesa ansiosa di trasformare i georgiani in novelli Hezbollah. L'anonimo guerrafondaio di Greg è stato ripreso con fin troppo entusiasmo da Noah Schachtman, che scrive per una cosiddetta rubrica di guerra chiamata “The Danger Room” su Wired. Il suo articolo,“La Georgia come l'Hezbollah del Mar Nero?” sembra sottintendere una risposta favorevole: “Ma chiaro! E vai!”. Domanda sbagliata, risposta decisamente sbagliata. Sono sicuro che se lo chiedessimo ai georgiani loro strillerebbero: “Agh! No! Non vogliamo vivere come gli Hezbollah, rintanati nelle nostre casupole sotto i continui bombardamenti, ad allevare bambini senza altre prospettive che non siano il martirio!” Ma i neocon non l'hanno chiesto, ai georgiani. Tranquilli nei loro salotti, pensano che sarebbe perfetto se la Georgia, un paese piccolo, poco bellicoso e molto classe media, cercasse di imitare gli sciiti libanesi che compongono le squadre suicide di Hezbollah. La cosa più strana di questi articoli è che trasudano ammirazione per Hezbollah. È stranino scoprire che questi guru della difesa americani tutto a un tratto si mettono a fare i complimenti a Hezbollah. Io ho lodato il braccio militare di Hezbollah per anni e ne ho ricevuto in cambio solo un sacco di insulti.

Quando Israele ed Hezbollah si sono scontrati nel 2006, tutti gli esperti militari assicuravano all'America che Israele avrebbe presto cacciato Hezbollah dal Libano del Sud. Neanche per sogno, dicevo io, e adesso, senza neanche ammettere che loro avevano torto e io ragione, hanno cambiato idea. Adesso adorano Hezbollah, vogliono che i nostri poveri alleati georgiani imitino Hezbollah.
Ma questi Rambo della domenica non capiscono. Non si può prendere un georgiano pacifico, classe media, e trasformarlo in un guerrigliero Hezbollah. Bisogna cominciare con il giusto tipo di persone, perché la guerriglia – sono costretto a ripetermi – è fatta di persone. La guerriglia non è fatta di aggeggini tecnologici, o di astute strategie. Non è un episodio di McGyver. La guerriglia significa essere disposti ad accettare un livello di sofferenza e di morte che l'americano medio non riesce neanche a immaginare. E che non immaginerà mai. Ecco quello che ci vuole. Ecco perché sapevo che gli Hezbollah avrebbero vinto la guerra del 2006 contro Israele: perché sono passati attraverso decenni di sofferenza, di bombe a grappoli che piovevano sui loro poveri villaggi, di bombardamenti conto terzi dell'Esercito del Libano del Sud, e attraverso tutto questo Hezbollah ha svolto il lavoro lento e noioso di organizzare gli sciiti, di fornire i servizi di base, soffrendo con loro e preparandoli al combattimento finale. È questo che crea un buon esercito di guerriglieri: povertà e sofferenza incanalate in un'organizzazione di stampo paramilitare. È questo che ha permesso agli sciiti di cacciare gli israeliani dal Libano e poi combatterli fino a condurli allo stallo quando hanno cercato di ritornarvi nel 2006: il fatto che avevano vissuto duramente, nella povertà e nella disperazione per tanto tempo, e che quella sofferenza li aveva resi pronti a morire. È questa la parte meno divertente ed eccitante della guerriglia: i guerriglieri subiscono un numero di perdite tanto ma tanto maggiore degli eserciti che li combattono.

E non si tratta solo delle morti tremende: sono gli anni di disperazione che conducono a quelle morti. Forse questi guerrafondai che vogliono che i georgiani si mettano a fare la guerriglia dovrebbero fermarsi un momento a immaginare cosa significhi attraversare quell'inferno. Cominciamo con roba relativamente all'acqua di rose. Se sei una famiglia che vive in una comunità di insorti, la prima cosa di cui ti accorgi è che non hai più l'elettricità né l'acqua corrente. È pratica comune della contro-insorgenza bombardare le fonti d'acqua e di elettricità. Di solito quando leggiamo i giornali saltiamo questa parte per passare alle cose più “serie”, tipo il numero di vittime. Me non è una cosa poi così stupida, se hai provato a vivere senza acqua né elettricità, soprattutto quando cerchi di prenderti cura dei bambini. Non bombardano la centrale elettrica per caso, o perché sono cattivi. È pratica comune della contro-insorgenza rendere la vita intollerabile ai civili che appoggiano la guerriglia. Il nemico peggiora le tue sofferenze, giorno dopo giorno, tagliandoti i rifornimenti di farmaci, l'elettricità e l'acqua, colpendo con l'artiglieria o gli attacchi aerei chiunque si avventuri a uscire per procurarsi un pezzo di pane. Poi arrivano i rapimenti, le rappresaglie, i massacri. Ancora una volta non si tratta di “atrocità” casuali, ma di pratica militare comune. Le cifre della guerriglia dicono che per ogni soldato ucciso i guerriglieri possono aspettarsi di perdere dieci persone della loro comunità. Ma è una stima per difetto. Può salire di molto. È molto più facile ammazzare i civili che appoggiano i guerriglieri che catturare questi ultimi. È così che i britannici hanno convinto i boeri a negoziare: non potendo prendere i guerriglieri hanno messo la popolazione civile boera nei campi di concentramento a morire di tutte le malattie africane che passavano di lì. Ha funzionato proprio bene: il 25% dell'intera popolazione boera è morto e i guerriglieri boeri nel veldt sono impazziti dal dolore e hanno rinunciato a combattere; e militarmente stavano vincendo. Pensate a tutti quelli che conoscete, alla vostra famiglia, e fate una croce su un quarto delle loro foto nel vostro piccolo album di famiglia.

Questo è il prezzo che la Georgia pagherebbe se fosse tanto stupida da dare retta a Wired. È pura, macabra aritmetica: dimensioni della popolazione civile che appoggia la guerriglia, suo tasso demografico, dimensioni e tasso demografico del nemico. Sotto questo punto di vista per la Georgia si mette malissimo. In Russia ci sono più di 140 milioni di persone e Mosca non ha problemi a reclutare mercenari, kontraktniki. L'hanno fatto così bene in Cecenia che sono riusciti ad ammazzare quasi la metà dei maschi ceceni in età militare. Sono cose che riescono bene con le popolazioni piccole. Lo abbiamo fatto noi per interposta persona nel Salvador, un bel paese di piccole dimensioni, ed è quello che farebbero i russi in Georgia se i georgiani fossero davvero così stupidi da mettersi a girare un remake di Alba Rossa con loro.

Ecco cosa significherebbero i sogni degli ammiratori americani di Hezbollah per un civile georgiano in una rivolta anti-russa: ti sfondano la porta alle 3 del mattino e ti entra in casa una squadra di mercenari che sparano a tutto spiano. Se tu e i tuoi familiari non morite già nei vostri letti è perché ai kontraktniki servite in qualche modo vivi. I possibili usi sono lo stupro di gruppo nel caso delle donne e delle ragazzine, il ricatto se in casa girano un po' di soldi e l'interrogatorio se siete stati abbastanza sfortunati da crescere con qualche esponente della guerriglia. A loro non importa se sei pacifista, se hai passato la vita a scansare le teste calde. Ti tortureranno comunque, e che parli o no alla fine ti uccideranno, il più delle volte aiutandosi con i trapani o la benzina, perché anche questa è pratica comune della contro-insorgenza. E anche quando sei morto non hanno finito. Il mattino dopo scaricano il tuo cadavere nel fango davanti a casa tua, così tua madre e tua sorella possono vedere esattamente quello che ti hanno fatto. Gli Hezbollah sono stati in grado di resistere alle sofferenze della guerriglia per tante ragioni, ma nessuna di queste si applica alla Georgia. I sostenitori di Hezbollah sono musulmani sciiti ridotti in povertà, capaci di martirio, privi di tutto, e con un tasso demografico molto alto. Può suonare brutale, ma un tasso demografico molto alto è fondamentale per la guerriglia, per la semplice ragione che saranno in tanti a essere massacrati: decine dei tuoi per ogni soldato nemico ucciso dai guerriglieri.
Il tasso demografico georgiano è molto basso, 10,87 per mille. Poco meglio di quello tedesco (9,35) e circa la metà di quello libanese, e la popolazione sciita ha un tasso molto più alto rispetto a quello del Libano in generale. I ceceni sono un'altra popolazione con un alto tasso demografico, il più alto tra i popoli dell'ex Unione Sovietica. Ma contano anche le dimensioni totali della popolazione. La popolazione cecena è abbastanza piccola da consentire che i russi si limitassero semplicemente a uccidere la maggior parte dei giovani maschi pronti a combatterli: perché ci sono (o c'erano) circa 1,5 milioni di ceceni. Anche la Georgia è un paese molto piccolo, con una popolazione totale di 4,6 milioni di persone. I georgiani non sono quel genere di comunità povera e disperata che può sostenere una guerriglia. I georgiani sono stati sempre buoni imprenditori. Volevano solo entrare nella NATO e avere una vita dignitosa, e non certo passare quello che hanno passato gli sciiti o i ceceni. Non sono abbastanza disperati, giovani o folli per una guerriglia, ed è una fortuna.

Mi sono chiesto perché i cosiddetti “esperti” non comprendano quale inferno sia la guerriglia. Penso che uno dei motivi sia il fatto che consideriamo la rivoluzione americana come un esempio classico di guerriglia. Be', non è un esempio classico. È stata la semi-guerriglia più pulita della storia. Fatta eccezione per il sanguinario Tarleton [Banastre Tarleton, uomo politico e ufficiale britannico noto per la sua spietatezza, responsabile del massacro di Waxhaw e soprannominato dai rivoluzionari americani “Ban il sanguinario” o “Il macellaio”, N.d.T.] i britannici combatterono in modo relativamente pulito contro di noi, per la semplice ragione che i ribelli erano protestanti anglofoni bianchi al cui fianco le giubbe rosse avevano ballato fino a pochi mesi prima. Non è così che gli eserciti combattono gli insorti. Chiedetelo ai kikuyu, o ai boeri, perfino agli scozzesi. Nella guerra civile inglese entrambe le parti si batterono con una certa correttezza finché si trattò di inglesi contro inglesi, ma quando l'esercito di Cromwell si diresse a nord per soffocare la ribellione scozzese i prigionieri furono molto pochi. E quando gli inglesi passarono in Irlanda, be', questo scommetto che non volete neanche saperlo.

I russi, cioè il nemico contro i quale questi guerriglieri da salotto vogliono scagliare i georgiani, non si fanno troppi problemi neppure quando si tratta di massacrare la loro gente, figuriamoci civili insorti di un paese straniero. Si dovrebbe pensare che sia ormai un fatto noto, dopo quello che è accaduto in Cecenia per 14 anni. I ceceni hanno dichiarato almeno 100.000 morti nella sola prima guerra cecena. Nessuno sa per certo quanti siano i morti della seconda guerra cecena. Però sappiamo che sono morti in modi orribili, perché questa è stata una guerra tra squadre della morte, squadre della morte russe e cecene alla ricerca di chiunque si ritenesse schierato da una parte o dall'altra. Queste persone sono state prese, sono morte in modo spaventoso, e poi non sono mai state trovate oppure sono state gettate dove i loro familiari potevano trovarle, per il semplice orrore che poteva derivarne. E poi ci sono le sofferenze dei sopravvissuti. Lo stupro è una strategia fondamentale in questo tipo di guerra, come incendiare le case e cacciare la popolazione civile dalle proprie abitazioni. Almeno un terzo della popolazione cecena ha dovuto scappare di casa almeno una volta. Dopo anni di guerra contro i russi i maschi ceceni in età militare sono così pochi che gli insorti hanno dovuto rinunciare alle norme islamiche e lasciare che le vedove si offrissero volontarie per missioni suicide, come il gruppo che ha occupato il teatro di Mosca nel 2002. Quando una “vedova di guerra” è pronta a prendere un teatro di Mosca e a sistemare bombe accanto alle uscite ha visto molto più della morte del marito. È passata attraverso esperienze che non riusciamo nemmeno a immaginare. Anzi, i tizi come questi cosiddetti esperti di Wired sembrano mettercela tutta per cercare di non immaginare cosa succederebbe ai georgiani se seguissero i loro consigli. Ci si diverte molto di più, suppongo, sforzandosi di non pensare troppo a ciò che si pretende da queste persone.

Originale: alternet

Articolo originale pubblicato il 13 settembre 2008

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Manuela Vittorelli è membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica. Questo articolo è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne autori, traduttori, revisori e fonte.

lunedì, settembre 15, 2008

Solito Titolo sui Mercenari Americani Qui

Darius Mahdi Nazemroaya, in un articolo dal titolo che non lascia nulla all'immaginazione ("Contractor statunitensi addestrano militari georgiani ad atti di sabotaggio") pubblicato su Globalresearch, riporta alcune immagini piuttosto interessanti e scrive:

"Il 14 settembre 2008 un camion di soldati della forza di pace russa ha urtato contro una bomba collocata sul ciglio di una strada in Abkhazia. Non è plausibile che dietro questo genere di attentati ci siano gli abkhazi. L'Abkhazia vuole i peacekeeper russi sul proprio territorio. Il governo abkhazo ha accusato le forze speciali georgiane dell'attentato contro i soldati russi.
I soldati russi si trovano in Abkhazia e Ossezia del Sud su mandato della Comunità degli Stati Indipendenti e in seguito agli accordi tra Georgia, Ossezia del Sud e Abkhazia. Da qualche tempo Abkhazia, Ossezia del Sud e Russia accusano la Georgia di compiere azioni di sabotaggio e terrorismo contro gli abkhazi, gli osseti e russi.
Anche gli Stati Uniti sono accusati di avere svolto un ruolo importante nelle tensioni tra Georgia, Abkhazia, Ossezia del Sud e Russia.
Gli organi di polizia e di sicurezza dell'Abkhazia hanno diffuso varie fotografie che ritraggono militari e/o contractor americani mentre insegnano al personale militare georgiano a compiere atti di sabotaggio. La prima, seconda e quarta fotografia qui sotto mostrano un istruttore con una targhetta che lo qualifica come 'US contractor'.
[...]
'Le immagini mostrano chiaramente uomini che indossano uniformi con mostrine di altri paesi a fianco dei peacekeeper georgiani. Stanno insegnando ai georgiani tecniche di sabotaggio, in particolare a costruire ordigni rudimentali a scopi sovversivi e per uccidere delle persone', ha detto il vice procuratore generale russo Sergej Nikolaevič Fridinskij durante una conferenza stampa".

Link

Sul ruolo delle società mercenarie statunitensi nell'addestramento e armamento delle forze speciali georgiane abbiamo già dato qui.
Adesso vediamo 'ste foto della rozza propaganda abkhaza (fonti: governo della Federazione Russa, governo abkhazo, agenzia di informazione russa).















Io non me ne intendo, e oltretutto sono bionda. Dunque cercherò di non pensare male perché non ho le competenze tecniche e non ho mai costruito ordigni rudimentali da deporre delicatamente sul ciglio di una poverosa strada abkhaza.
Direi che le interpretazioni che possiamo dare sono molte e varie:

1. Giocano.
2. Sono tutte scuse per stare vicini vicini.
3. Rifanno l'impianto elettrico della dacia.
4. Si sono messi in testa di costruire un Folletto Hoover con materiali poveri.
5. Sono innocui fermodellisti.
6. Vogliono fare colpo sull'unica giovane donna presente e si giocano a suon di cacciavite a stella il ruolo di maschio alfa.
7. È un classico raduno di Flickeriani (quelli del pool "Crude devices").
8. Sono membri del club "Tombolo e bricolage" della Gola di Pankisi (sezione bricolage, e dovreste vedere il tombolo).

È vero, il tizio occhialuto con l'espressione di uno che ha cominciato a raccontarti una barzelletta e non si ricorda come va a finire reca fiero sul petto l'etichetta "US Contractor" e il proprio cognome (McKeown) bene in evidenza. Ma avrebbe senso? Avrebbe senso che si chiamasse davvero McKeown e facesse l'istruttore? Per quanto ne so è più probabile che si tratti di un insegnante di religione in incognito, di un revisore dei conti della Parmalat a piede libero, di un fisico delle particelle sotto copertura (ah, no, quello è il suo amico con gli occhiali e i baffi da motociclista).
E anche ammettendo che uno possa essere così stupido, mica è detto che sia proprio un contractor militare: e non potrebbe noleggiare ruspe e affini o gazebi per matrimoni, per esempio?

Come sono andata?

p.s. Per carità, dice un amico mio di non noleggiare mai un gazebo da McKeown, che lui si è trovato malissimo e che c'erano fili rossi che spuntavano da tutte le parti. Eccetera.

VVP e l'f-word

Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva nella sala delle riunioni del Governo. Davanti a lui sedevano a capo chino i ministri, i vice premier e i primi vice premier.
Vladimir Vladimirovič™ passò lentamente in rassegna i presenti con il suo premierale sguardo.
- State lì seduti? - disse in tono minaccioso Vladimir Vladimirovič™, - State zitti? Va giù il petrolio, vanno giù gli indici, vanno giù gli aerei e voi ve ne state lì seduti? Zitti?
Vladimir Vladimirovič™ posò ancora una volta lo sguardo sui presenti.
- Allora vi insegno io a lavorare! - strillò a un tratto, battendo i premierali pugni sul tavolo.
I ministri incassarono la testa nelle spalle e continuarono a tacere.
Solo il ministro degli esteri Sergej Viktorovič Lavrov, senza alzare lo sguardo, bofonchiò d'un fiato, rapidissimo:
- Hu a iu tu faching lekcia mi? Hu a iu tu faching lekcia mi? Hu a iu tu faching lekcia mi?
- Coooosa?! - prese a dire molto lentamente Vladimir Vladimirovič™.
- Citavo! - bofonchiò ancora più rapidamente Sergej Viktorovič, arrossendo - Citavo, bratello, citavo! Citavo!
Il viso di Vladimir Vladimirovič™ si imporporò.

Originale: vladimir.vladimirovich.ru

domenica, settembre 14, 2008

L'Impero colpisce Perm'?

Un abitante di Perm', a proposito del Boeing 737 precipitato poco lontano da casa sua: "La prima cosa che è pensato è stata: gli americani ci attaccano con i Grad".

Link

venerdì, settembre 12, 2008

Effe qua, effe là: Lavrov, Miliband e il linguaggio diplomatico

Su, confessate. Quando sentite una dichiarazione del ministro degli esteri britannico David Miliband o vi imbattete in una sua fotografia non provate l'impulso irrefrenabile di prendergli la punta del naso tra l'indice e il medio e torcergliela fino a farlo piagnucolare? Di mettergli una ventina di grammi di sostanze proibite nella taschina del blazer? Di vestirlo da criceto e abbandonarlo nel recinto delle tigri siberiane? Di vestirlo da tigre siberiana e abbandonarlo tra le braccia di Putin?

A me e a Lavrov qualche volta sì.

Non gli bastava l'embargo delle cornamuse di Sua Maestà, al Miliband: lui voleva esprimere personalmente al ministro degli esteri russo - non particolarmente noto per la sua delicatezza diplomatica - lo scontento britannico per i fatti della Georgia e per la nuova aggressiva politica estera della Russia. Pare però che a Lavrov non sia piaciuto ricevere lezioni dal giovane Miliband, racconta Andrew Porter del Telegraph.

Chi ha visto la trascrizione della telefonata dice che l'uso ripetuto della "F word" è stato tale da rendere difficile la stesura di una nota leggibile sulla conversazione.

Secondo una notizia non confermata, Lavrov avrebbe detto più o meno "Chi è lei per f-darmi delle f-lezioni?" ("Who are you to f------ lecture me?") e avrebbe chiesto al f-Miliband in termini ugualmente bruschi se f-sapesse f-qualcosa della storia russa.

Una fonte interna a Whitehall ha raccontato: "Era tutto un effe qua e un effe là. Non quello che si definirebbe linguaggio diplomatico. Piuttosto scioccante".

Fonti del Foreign Office hanno confermato che sono volate parolacce, "ma solo da una parte".

Dai commenti al blog di Porter: "Miliband does not need abuse from others, he appears quite capable of abusing himself".

Link

Update:
Il portavoce del Ministero degli Esteri russo però nega. I ministri non si insultano, dice. Inammissibile. Cosa sono queste storie.

Ok.
Chi ha sottomano un costume da criceto taglia, direi, 48?

martedì, settembre 09, 2008

Sapessi com'è strano Berlusconi che bombarda Bolzano

Dal lungo e circostanziato pezzo dell'inviato della testata russa Expert Online a Cernobbio, Evgenij Utkin:

"Al summit hanno partecipato anche due vip russi (anche se come uditori, perché non inclusi nel programma preliminare): l'assistente del presidente della Federazione Russa Arkadij Dvorkovič e il conduttore televisivo e membro del Consiglio presso il presidente della Federazione Russa per lo sviluppo delle istituzioni della società civile e dei diritti dell'uomo Aleksej Puškov. Il primo giorno Dvorkovič ha tenuto una buona conferenza stampa (i giornalisti lo hanno definito 'rigoroso e competente'), mentre Puškov il secondo giorno ha partecipato a un programma televisivo di RAIUno intitolato 'La vita dopo il petrolio' (peccato che poi l'abbiano spostato all'una di notte, dopo un documentario sul concorso di Miss Italia, quando tutti i potenziali spettatori già dormivano). Inoltre hanno concesso varie interviste.

Anche all'inviato di Expert Online sono state fatte molte domande sulla visione russa del conflitto, ed è stato riscontrato che perfino tra i giornalisti non molti avevano sentito parlare di Tskhinvali e che non tutti hanno compreso la situazione. Dunque è convenuto dare una versione approssimativa, senza troppi dettagli, che potesse risultare familiare e comprensibile ai giornalisti austriaci e italiani: 'Immaginatevi che una notte all'improvviso Berlusconi cominciasse a bombardare Bolzano [qui il giornalista aggiunge un paio di dati – corretti – sulla questione sudtirolese a beneficio del pubblico russo, N.d.T.] e che la mattina mandi i carri armati e distrugga mezza città, soprattutto cittadini pacifici come quelli che stavano nelle torri gemelle di New York e anche qualche poliziotto austriaco. Poi l'Austria, difendendo i fratelli che parlano la sua stessa lingua, manda l'esercito a Bolzano, libera la città e poi, per metterla in sicurezza da ulteriori attacchi dalle zone vicine, oltrepassa i confini della provincia autonoma. Dopo tutto questo è abbastanza comprensibile che o tutti i responsabili di questi bombardamenti finiscano in carcere, o che Bolzano chieda l'indipendenza (e il riconoscimento da parte dell'Austria)'. Le analogie potevano andare oltre, perché in Austria c'è il Tirolo del Nord, e alcuni abitanti di queste zone (benché siano una minoranza) vedrebbero di buon occhio un'unificazione. Ma l'esempio è servito a capire la questione e soprattutto a sollevare una domanda: perché un presidente si mette a bombardare i suoi cittadini? (cosa che in Europa è di certo impossibile)

A proposito, piuttosto inaspettati sono stati i risultati di un sondaggio online del quotidiano La Stampa, che ha posto ai suoi lettori la seguente domanda: 'Chi ha ragione nel conflitto caucasico?' Circa il 70% ha votato per la Russia*. Tra l'altro questo giornale ha mantenuto una posizione abbastanza equilibrata, mandando i suoi corrispondenti da entrambe le parti del conflitto".

Interessante quest'ultima parte, da applauso tutto il resto. Direi che dopo questa spiegazione del Caucasus for Dummies (il repertorio dummie, non vi sarà sfuggito, comprende sempre le Torri Gemelle) al bravo giornalista russo non restasse altro che chiedere un foglietto e dei pennarelli.

Fonte: Expert.ru, "Summit 'freddo' all'italiana".

*vero, il 73%.

lunedì, settembre 08, 2008

Trigger happy in South Ossetia

[Negli scorsi giorni Vesti ha dedicato un servizio al primo di questi due video (abbondantemente circolati in rete) di soldati georgiani che scorrazzano per le strade di Tskhinvali sparando a tutto quello che capita, il primo giorno dell'operazione "Čistoe pole" ("Campo aperto", nel senso di "piazza pulita"), un mese fa. Ecco dunque l'Ossezia del Sud vista con gli occhi di un tankista, ed ecco il commento di War Nerd].

War Nerd: video di georgiani che si danno alla pazza gioia!
di Gary Brecher

Ecco qua un paio di bei filmati di guerra per voi vittime della scrivania. Questa volta si tratta delle truppe georgiane che fanno fuori la capitale dell'Ossezia del Sud, Tskhinvali, il giorno che sono entrate per riprendersi la provincia dopo che Bush e Cheney gli hanno promesso che i russi non avrebbero alzato un dito. Poi non è che sia proprio andata alla grande, ma quel primo giorno lì, quando erano i T-72 georgiani migliorati contro i civili osseti armati di AK-47, i nostri piccoli alleati si sono divertiti come matti, e per nostra fortuna uno ha girato questi video per poi mostrarli ai suoi amichetti di Facebook.



Questo filmato mostra l'uomo più felice della Georgia quel giorno (l'8 agosto), un bifolco georgiano che fa esattamente quello che abbiamo sognato tutti: percorrere la via principale di una città nemica tenendo entrambe le mani su una mitragliatrice, alla ricerca di un civile abbastanza scemo da tirar su la testa. Il tizio di tanto in tanto urla “Yee-haw!”, specie dopo una bella mitragliata contro un condominio o un parco. È così simile a un “Yee-haw!” americano che non posso fare a meno di chiedermi se l'ha imparato tale e quale da quegli istruttori delle Forze Speciali che gli abbiamo mandato per insegnare ai georgiani a combattere. Questo tizio lo fai contento con niente; se ne sta lì seduto, con un gran cannone provvisto di comode maniglie per piazzarci entrambe le mani e di un grilletto a lingua di bue da premere con il pollicione e di tanto in tanto spara una raffica contro un albero per impedire a quei rivoltosi degli scoiattoli osseti di insorgere. Questo me lo sognerò la notte per tanto tanto tempo.



In questo video ci sono tizi che fanno più o meno la stessa cosa, sparacchiando con armi leggere qua e là per una polverosa strada osseta. Però non sembra che si divertano tanto. Forse perché questo video è stato girato dentro una jeep che non sembra avere alcun armamento. O forse l'arma sta in alto e nel filmato non si vede. I tizi a bordo urlano tra loro tutto il tempo, ma visto che parlano georgiano non ho la più pallida idea di cosa dicano. So solo che non sembrano neanche un po' contenti come il tizio con la mitragliatrice. Forse sono le solite chiacchiere che si sentono nei video girati sui mezzi da combattimento, un misto di istruzioni all'autista per dirgli dove svoltare e la squadra che urlacchia per un immaginario carro armato nemico che potrebbe sbucare da dietro l'angolo. Questo branco di sfigati si nasconde dietro un T-72. Lo vediamo muoversi come un pitbull tarchiato e ruotare la torretta proprio come gli hanno insegnato gli istruttori americani. E intanto si sentono gli spari di armi leggere, ma se c'è una cosa che si impara dopo aver visto tanti video di combattimenti è che le armi leggere, non robe da cecchini, non sono cosa di cui preoccuparsi se stai dietro a un veicolo armato almeno decente, o perfino in una trincea decente, o anche dietro un cumulo di macerie. Ecco perché i soldati si agitano solo quando sentono avvicinarsi un rumore di motori: ci vuole un bel macchinone per montare una mitragliatrice in grado di attraversare gli ostacoli e falciare la gente a distanza. Così questa jeep o quello che è se ne va a balzelloni per la strada, attaccata al culo del carro armato, e non le succede niente. Però a quella strada sembra essere successo un gran casino. 'Sti georgiani cercano di venirne fuori come povere vittime, ma non so, gente, c'è un mucchio di roba saltata in aria in tutti i video che ho visto di Tskhinvali, e quei “Yee-haw” del tizio danno l'idea che i georgiani se la stessero godendo alla grande, un po' come Quantrill e la sua banda.

Fonte: exiledonline

*È grasso, vive a Fresno, fa inserimento dati, beve Diet Coke: è tutto quello che si sa di Gary Brecher, l'autore di The War Nerd, una rubrica sulle guerre in corso e altri conflitti militari pubblicata su The eXile (ora exiledonline). Mancando di esperienza militare sul campo, Brecher si definisce un autodidatta da sempre ossessionato dalla guerra che trascorre circa otto ore al giorno in rete alla ricerca di notizie. Di qui la descrizione di "War Nerd", che riassume un "piacere estetico e forse anche feticistico per lo studio, l'osservazione e l'intima conoscenza dei conflitti armati" e che è fondamentale anche per capire il tono spesso cinico, idiosincratico e dissacrante che accompagna i suoi pezzi.
Questo prendetelo come un disclaimer, il War Nerd e la sua metaforica schiumina agli angoli della bocca si detestano o si adorano. Ma io la seconda che ho detto.
Otto ore al giorno per la ricerca di notizie in rete però sono poche.

venerdì, settembre 05, 2008

Reazioni sproporzionate

What's the definition of a gentleman?
Someone who knows how to play the bagpipe and doesn't.

C'è chi ha minacciato di revocare contratti mai ratificati, chi ha invocato sanzioni, chi evocato nuove guerre fredde e risorti muri di Berlino. La Gran Bretagna ha scelto il blocco delle cornamuse. Come ha comunicato sconcertato il console russo a Londra, il Fòrin òfis (ecco perché amo il russo: è capace di trasformare un ministero degli esteri in un'espressione dalle fosforescenze goideliche, almeno per un orecchio svagato) ha detto no alla partecipazione del Reggimento dei Fucilieri Reali al festival "Kremlevskaja Zorja", che celebra il 325° anniversario delle Guardie Imperiali Russe e si svolgerà a Mosca dall'11 al 14 settembre.
Niente Fucilieri di Sua Maestà, niente 40 cornamuse 40 e tutto per una guerra nel Caucaso.
Questa è quella che io chiamo tra me e me una reazione sproporzionata.
Link (RUS) (ENG)

Perché a Kaliningrad sì e qui no?

Ieri nella città portuale di Liepaja, in Lettonia, è stato inaugurato un monumento che raffigura una scatola di sardine con su scritto "Sardine. Prodotte nel 1892" e "Scadenza illimitata".
"Abbiamo deciso di immortalare le sardine nella loro patria", ha dichiarato il direttore della fabbrica che ha patrocinato l'iniziativa, il quale ha poi aggiunto "Perché a Kaliningrad dev'esserci un monumento alle sardine e qui no?". Risulta infatti che il primo monumento alle sardine sia stato realizzato a Kaliningrad un anno fa. E in ogni caso - anche fuor di contesto - "Perché a Kaliningrad sì e qui no?" come motivazione è praticamente inattaccabile e molto elegante (quando i lettoni sapranno che a Kaliningrad i russi stanno per costruire una centrale nucleare le cose si faranno complicate).
Apprezzo che RIA Novosti inserisca questa la notizia nella categoria "mondo" oltre che in "strano ma vero": spero che questo non voglia dire che la fabbrica di pesce di Liepaja sta preparando una dichiarazione unilaterale di indipendenza perché al momento le nostre energie sono stiracchiate come le truppe americane nell'Universo, e ci costerebbe fatica seguire tutto.
Va bene, poi fondamentalmente mi andava di postare la foto con le signore che toccano le beneauguranti sardine.

[Su mirumir 2.0 continuo a tener d'occhio la Russia ficcando il naso nel conflitto caucasico, ma soprattutto dietro e intorno. Oggi per esempio ho lavorato un po' con le energie (nota per la cugina I.: non prana, idrocarburi).
Va da sé che nel frattempo mi imbatto in curiosità, cerchi nella steppa, uomini stregadevočki, meravigliose donne in carne che palpeggiano sardine, film di cassetta ucraini dal clamoroso successo. Tutto questo accumulo di imperdibilia verrà postato di qua].

mercoledì, settembre 03, 2008

Unione indistruttibile di libere fattorie

Ach, Sojuuuz nerušiiiimiij!
Per fare breve storia lunga: due fattorie estoni si sono appena dichiarate "Repubblica Sovietica" e chiedono il riconoscimento.
Lo ha comunicato oggi l'organizzazione dei "Comunisti di Pietroburgo e dell' Oblast' di Leningrado", che si sono precipitati (fate attenzione a questo plurale) in Estonia a offrire il proprio sostegno ai separatisti.
La decisione di uscire dalla borghese Estonia e di fondare una repubblica sovietica è stata presa dal contadino Andres Tamm, la cui fattoria si trova nel nord-est del paese, poco distante dai confini con la Russia. Si è unita a lui la contadina della fattoria vicina, Ajne Saar, per un vertiginoso totale di due fattorie.
La nuova aspirante repubblica sovietica ha già un governo e una forza di polizia, ha cominciato a demarcare i propri confini (non chiedetemi come) e stilerà un trattato di amicizia con la Russia da mandare a Medvedev (che sarà tanto tanto contento: così impara a mettere nel quinto punto della politica estera i rapporti d'affetto e d'amicizia con i paesi vicini e a raccontarlo alla televisione).
"Non vogliamo più vivere nella borghese Estonia, dove a nessuno importa della povera gente, dove imperversano la disoccupazione e la corruzione e dove tutto dipende dalla NATO e dagli americani".
Foto! (Le didascalie sono tradotte fedelmente dal sito dei Comunisti di Pietroburgo e dell'Oblast' di Leningrado. Cliccate per ingrandire).



Il capo della Rebubblica Socialista Sovietica Estone Andres Tamm.



Il territorio della RSSE.



Ajne Saar di guardia al confine della RSSE



Inviati dei Comunisti di Pietroburgo e Oblast' di Leningrado nella RSSE.



L'autoproclamata RSSE.



I commissari del popolo.



Difesa dei confini.



In attesa delle squadracce borghesi estoni.

E sì, a quanto pare sono proprio in cinque (nelle foto di gruppo il quinto fa la foto, classico).
Però io dico: riconosciamoli, cosa ci costa.
1. sono più matti di quelli di Penza che si erano scavati un buco sotto la neve per aspettare la fine del mondo, ma molto più simpatici;
2. e poi amano la vita all'aperto;
3. il loro presidente è molto alto;
4. il piccoletto con il cappellino mimetico somiglia a Johnny Rotten;
5. costituiscono un precedente, d'ora in poi ci basterà una nuda proprietà sul Collio sloveno per autoproclamarci Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia;
6. e immaginate, solo immaginate, cosa devono essere quelle riunioni dei commissari del popolo: borghesia di qua, borghesia di là. Grandiozno!

Tutta questa storia ha delle fonti, mica l'ho letta su pravda.ru.

lunedì, settembre 01, 2008

Un eroe del nostro tempo

Ma che robe mi tocca leggere in giro. Traduco letteralmente da questo articolo di Lenta.ru.

Kaladze ringrazia Berlusconi per la fine della guerra in Ossezia.

Il difensore georgiano del Milan ha spiegato che un ruolo fondamentale nella cessazione delle ostilità in Ossezia è stato svolto da Silvio Berlusconi. Secondo il calciatore Berlusconi ha parlato al telefono per cinque ore con il primo ministro Putin e proprio dopo questo colloquio è stata presa la decisione di fermare la guerra in Ossezia. Berlusconi, dice Kaladze, ha fatto per la cessazione delle ostilità più dell'Unione Europea e degli Stati Uniti: "Il mondo non sa che è stato Berlusconi a fermare la guerra, e voglio ringraziarlo per questo".

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Cosa ringrazi, tieni d'occhio Di Vaio invece.

Avrei voluto mettere dei corsivi, ma l'imbarazzo della scelta era eccessivo.

sabato, agosto 30, 2008

I was made for lobbying you, baby

Un giorno Yankele va a trovare Moishele, vede un quadro appeso alla parete, se ne innamora e lo convince a venderglielo. Quanto lo hai pagato?, chiede Yankele. Duecento, ma a mia moglie piace tanto! Io te ne do duecentocinquanta, dice Yankele. Prendilo, dice Moishele. Sua moglie, quando lo sa, gli dice: se te ne ha dati duecentocinquanta ne vale di più, vai e ricompralo! Così Moishele lo ricompra per trecento. Poi è la volta di Yankele, che ci ripensa, torna da Moishele e lo convince a rivendere per trecentocinquanta. I due vanno avanti così per un bel po', mentre il prezzo del quadro lievita. Un giorno Yankele va a trovare Moishele per ricomprarsi il quadro ma trova la parete sgombra. Dov'è finito il quadro, domanda. È arrivato un tizio, dice Moishele, gli è piaciuto, mi ha offerto un sacco di soldi e se l'è portato via.
Ma come, fa Yankele deluso, ci stavamo guadagnando così bene noi due.

A differenza di Yankele quelli come Randy Scheunemann, i lobbisti servitori di due padroni, sanno come si fa a muovere il contante. Scheunemann è consigliere per la politica estera del senatore McCain e dunque potenziale futuro consigliere per la sicurezza nazionale del presidente degli Stati Uniti.
Però ha anche un altro ruolo, o meglio lo ha avuto ufficialmente fino a pochi mesi fa: quello di lobbista, faccendiere, intrallazzatore di professione.
Il 17 aprile scorso Scheunemann ha organizzato una telefonata tra John McCain e il presidente della Georgia e ha poi preparato per il candidato alla presidenza degli Stati Uniti un comunicato di pieno sostegno alla repubblica georgiana. Quel giorno una società di lobbying che Scheunemann possiede a metà con un suo socio ha firmato un contratto da 200.000 dollari per continuare a fornire consigli strategici al governo georgiano a Washington. Allora Scheunemann aveva già smesso formalmente di lavorare per la Georgia. Ma faceva ancora parte della Orion Strategies, composta da lui e dal suo socio Mike Mitchell. Scheunemann è rimasto alla Orion fino al 15 maggio, quando la campagna McCain ha imposto una più severa politica anti-lobbying.

Durante la sua attività di faccendiere, dunque, Scheunemann poteva contare sul contatto con McCain per curare gli affari dei suoi clienti. A partire dal 2004 risultano 71 telefonate e incontri con McCain e i suoi assistenti per conto di clienti stranieri, Georgia compresa. I contatti si concentravano solitamente sull'ingresso della Georgia nella NATO e su proposte legislative, come un provvedimento appoggiato anche da McCain a favore della posizione della Georgia sull'Ossezia del Sud. Un altro risultato, sempre sponsorizzato da McCain e frutto del lavoro di lobbying della Orion, sarebbe stato l'autorizzazione di una sovvenzione di 10 milioni di dollari alla Georgia in base al NATO Freedom Consolidation Act.

Dunque ecco cosa faceva Scheunemann, mentre la campagna presidenziale di McCain prendeva quota: da un lato consigliava il candidato sulla politica estera, dall'altro lavorava per conto della Georgia e di altri paesi che aspiravano, tra le altre cose, a entrare nella NATO. Negli ultimi anni ha presentato il senatore ai ministri degli esteri di Albania, Croazia e Macedonia (ma anche a un rappresentante di Taiwan, per un accordo sul libero scambio), e ha accompagnato McCain in Lettonia nel 2001 e in Georgia nel 2006.
Tra il 1° gennaio 2007 e il 15 maggio 2008 la campagna McCain lo ha pagato circa 70.000 dollari. Durante lo stesso periodo il governo della Georgia ha versato alla sua società ben 290.000 dollari.
A partire dal 2004 la Orion ha ricevuto dalla Georgia la bella somma di 800.000 dollari.

Scheunemann non è stato solo socio e presidente della Orion Strategies.
Come Scheunemann&Associates, secondo il Lobbying Registration Office degli Stati Uniti e l'osservatorio OpenSecrets.org, ha rappresentato per diversi anni la National Rifle Association. Nel 2005 la società ha lavorato per la Caspian Alliance, un consorzio di paesi produttori di petrolio e gas della regione del Mar Caspio.
Nel 1999-2000 Scheunemann è stato anche presidente del Mercury Group, altra società di lobbying che ha lavorato, tra gli altri, per BP America, Lookheed Martin, Barrett Firearms Manufacturing, National Shooting Sports Foundation, Sporting Arms and Ammunitions Manufacturers.
Tutto questo, compresa l'evidente simpatia per le armi, le munizioni, il petrolio e l'industria militare, potrebbe anche bastare.

Invece non basta.
Scheunemann è stato uno dei più entusiastici sostenitori della guerra in Iraq: con altri neo-conservatori di spicco come Robert Kagan e William Kristol ha diretto il Project for a New American Century, gruppo che svolse un ruolo fondamentale nell'aggregare supporto per la guerra in Iraq. Il PNAC scrisse una lettera a Clinton quattro anni prima dell'11 settembre chiedendo l'attacco contro l'Iraq. Scrisse una lettera a Bush quattro giorni dopo l'11 settembre chiedendo l'attacco contro l'Iraq e minacciando ritorsioni politiche.
Scheunemann ha anche guidato il Comitato per la Liberazione dell'Iraq, sottogruppo del PNAC che contava tra i propri membri il famigerato bancarottiere Ahmed Chalabi, vecchia conoscenza della CIA, fornitore della falsa documentazione sulle armi di distruzione di massa irachene e dunque decisivo per chiudere la partita con Saddam.

Nella campagna per McCain Scheunemann ha criticato gli altri candidati per la loro "mentalità 10 settembre", inadatta a combattere il terrorismo. Alla metà del 2007 ha definito l'idea di ritirare le truppe dall'Iraq "ridicola".
Aveva già lavorato per McCain verso la fine degli anni Novanta, quando le idee del senatore in materia di politica estera hanno segnalato una svolta e il candidato ha cominciato a legare i suoi istinti interventisti al contesto ideologico del neo-conservatorismo. All'inizio del 1999 McCain, parlando all'università del Kansas, usò un discorso al quale aveva collaborato anche Scheunemann e nel quale si rifletteva l'idea neo-conservatrice della "grandezza nazionale". Scheunemann avrebbe poi detto di essersi ispirato alla retorica della Guerra Fredda e ai critici della strategia del contenimento.

Nella sua densa carriera politica Scheunemann ha anche fatto parte di varie commissioni del Congresso degli Stati Uniti, è stato consigliere di Bob Dole e consigliere per la sicurezza nazionale di Dole e Trent Lott. Ha avuto a che fare con delibere del Senato sull'uso della forza militare americana in Somalia, Penisola Coreana, Iraq, Haiti e Bosnia. Ha lavorato come coordinatore per la politica repubblicana al Senato occupandosi di riforma delle Nazioni Unite, allargamento della NATO, cambiamenti climatici, sanzioni economiche, difesa missilistica e trasferimenti di tecnologia in Cina. È stato perfino consigliere di Rumsfeld sull'Iraq, all'inizio dell'amministrazione Bush.

Come può passare il suo tempo libero uno come Scheunemann?
Va a caccia.
Una volta si dimenticò di togliere il fucile dal bagagliaio prima di andare al Congresso e fu arrestato per possesso d'arma da fuoco non registrata. Era il 1997.

Ma il grosso del (doppio) lavoro di Scheunemann è stato orientato verso l'Europa: essenzialmente promozione di programmi "democratici" e allargamento della NATO alla sfera ex-sovietica. Come membro del consiglio di amministrazione (insieme a McCain) dell'International Republican Institute, veicolo istituzionale del National Endowment Fund (che è a sua volta il fronte civile della CIA), Scheunemann ha lavorato sulle questioni dell'allargamento della NATO e come faccendiere/consulente ha fornito i propri servizi a Lettonia, Macedonia, Romania, Georgia, in modo anche creativo e trasversale: per esempio, un contratto prevedeva che favorisse gli interessi della Romania nella ricostruzione dell'Iraq.

Ah, e poi Scheunemann farebbe o avrebbe fatto parte dell'esecutivo di Worldwide Strategic Partners, il cui presidente è Stephen Payne (il faccendiere e consulente governativo che è appena finito nei guai perché garantiva contatti con alti rappresentanti della Casa Bianca in cambio di "donazioni per la biblioteca privata del Presidente Bush", insomma "cash for access": l'hanno filmato mentre organizzava incontri con Cheney, Rice e altri per conto di un ex-dignitario centroasiatico che mirava a rilanciarsi politicamente).
Di cosa si occupa, la Worldwide Strategic Partners? Mettiamo che tu stia governando un paese che dispone di una quantità interessante di risorse energetiche. Vorresti trarne profitto e consolidare il tuo potere. Peccato però che nemici interni o esterni te lo impediscano, e che le compagnie straniere siano riluttanti a investire nel tuo paese perché pare troppo instabile. Ecco che interviene la Worldwide Strategic Partners, che grazie ai buoni contatti finanziari e politici offre “assistenza allo sviluppo finanziario e geopolitico al governo ospite” in cambio dei diritti di sfruttamento delle sue risorse. In pratica la WSP cerca di far sì che la politica estera statunitense ti permetta di restare al potere e ti procuri la fiducia degli investitori.
Secondo il Times, la Caspian Alliance per la quale Scheunemann aveva lavorato nel 2005-2006 era una controllata della WSP.

Questo si chiama far girare il contante.

"Siamo tutti georgiani", ha detto John McCain.
Scheunemann però è anche rumeno, albanese, lettone, macedone, azero, kazako, taiwanese, whatever: lo pagano. Il conflitto di interessi è, come si suol dire, così 10 settembre.

Fonti:
http://www.rightweb.irc-online.org
http://www.opensecrets.org/
http://blog.washingtonpost.com
http://www.sourcewatch.org/

http://www.timesonline.co.uk
http://thinkprogress.org
http://www.usatoday.com
http://majikthise.typepad.com

[Nella foto, da sinistra: Stephen Payne, Ahmed Chalabi, Randy Scheunemann].

[Disclaimer: nella stesura di questo post non sono stati maltrattati né Yankele, né Moishele, né i Kiss. La storiella yiddish, di attribuzione incerta, probabilmente l'ho sentita raccontare da Moni Ovadia. Si esprime inoltre solidarietà al popolo georgiano, a quello iracheno e, per una volta, a quello americano].

giovedì, agosto 28, 2008

VVP, Medvedev e il babbeo

Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin, il Presidente della Federazione Russa Dmitrij Anatol'evič Medvedev e il babbeo che scriveva su internet cretinate su di loro sedevano in uno studio all'interno del Cremlino.
- Ascolta, bratello, - disse Vladimir Vladimirovič™, - Tu cosa pensi? Abbiamo fatto bene a riconoscere?
- Non siamo stati troppo frettolosi? - domandò Dmitrij Anatol'evič.
- Vedete, bratellos, - rispose il babbeo che scriveva cretinate, - Una volta ero molto giovane e amavo una ragazza. Lei non mi respingeva ma neanche ci stava. E insomma, una sera mi capitò di fermarmi a dormire da lei. Solo perché casa mia era troppo lontana. Così entrai nel suo letto, le tolsi le maglietta e lei sembrava non obiettare. Ma quando cercai di spingermi un po' più in là, disse piano: Non bisogna, e si voltò dall'altra parte. Be', allora io mi fermai. Ma poi non c'è più stata un'altra occasione.
- Come si chiamava la ragazzetta? - domandò Vladimir Vladimirovič™, tirando a sé il bloc notes.
- Non ha importanza, - rispose il babbeo.
- Va la', che tanto la troviamo comunque, - sorrise Vladimir Vladimirovič™.
- Non è questo il punto, - si strinse nelle spalle il babbeo.
- E qual è il punto, allora? - domandò impaziente il Presidente.
- Siamo rimasti amici, - spiegò il babbeo, - E una volta, già molti anni fa, quando era già sposata con figli le dissi: sei l'unica donna che non sono riuscito ad avere.
- E lei? - domandò Vladimir Vladimirovič™.
- E lei mi rispose che non ci avevo provato, - rispose il babbeo.
- Com'è 'sta storia? - il Presidente non capiva, - L'aveva detto lei che non bisognava!
- È quello che le dissi io, - continuò il babbeo, - Ma tipo sei stata tu a dirmi che non bisognava.
- E lei? - domandò Vladimir Vladimirovič™.
- E lei mi ripose, - disse il babbeo, - Che non si deve ascoltare quello che dice una donna in queste situazioni.
- Non ho capito, - disse il Presidente, - Aveva detto che non bisognava! Cosa bisognava fare, andare contro la sua volontà? E magari saltava fuori una denuncia! Guardate che son cose...
- Capite, - disse tranquillo tranquillo il babbeo, - Forse mi avrebbe denunciato, forse anche no. Ma per tutta la vita ho avuto la sensazione che stavo per avere tutto e invece mi sono arreso. Capite? La vita sarebbe potuta andare diversamente...
Vladimir Vladimirovič™ e Anatol'evič Medvedev guardavano attentamente il babbeo.
- Voi non vi siete fermati davanti a un "non bisogna", - disse il babbeo, - E adesso non avrete mai nulla da rimpiangere.
Dalle finestre giungeva il bel suono delle campane del Cremlino.
Da qualche parte volava l'aereo del ministro degli esteri della Gran Bretagna David Miliband. Il ministro degli esteri francese Bernard Kouchner pensava febbrilmente quali sanzioni infliggere alla Russia. Il politologo Randy Scheunemann assicurava al senatore che Mosca avrebbe attaccato Tbilisi con la bomba atomica, magari non oggi, ma domani sì. I senatori Barack Obama e Hillary Clinton bevevano in silenzio vodka Stoličnaja. Poco distante, il consorte di Hillary Clinton sogguardava con interesse la consorte di Barack Obama.
Il presidente dell'Ossezia del Sud Eduard Kokoity aveva il mal di testa per i tre litri di vino secco bevuti la sera prima. Il presidente dell'Abkhazia Sergej Vasil'evič Bagapš era seduto su una sdraio sul lungomare di Sukhumi e soddisfatto ammirava con il binocolo l'incrociatore lanciamissili Moskva.
A Kiev il Presidente dell'Ucraina Viktor Andreevič Yushenko temeva che il Capo del Governo Yulia Timoshenko chiedesse l'impeachment. Il presidente della Georgia Mikheil Nikolaevič Saakashvili rileggeva febbrilmente La guerra dei mondi di Wells.
Nel porto di Batumi i marinai americani scaricavano una partita di cravatte.

Originale: vladimir.vladimirovich.ru

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mercoledì, agosto 27, 2008

VVP e il bottoncino

Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva nel suo studio a leggere i giornali.
- Isolamento internazionale, - borbottò Vladimir Vladimirovič™, - Diritto internazionale... Deplorevole... Valori... Fondo di stabilizzazione... I terroristi hanno dirottato nuovamente un aereo... Terremoto sul Bajkal... Oh!
Vladimir Vladimirovič™ sfilò dalla tasca il telefono mobile con l'aquila a due teste al posto della tastiera e premette il pulsante di chiamata del deputato della Duma di Stato, membro della commissione della Duma per la difesa, primo vice presidente del partito "Russia Unita" Artur Nikolaevič Čilingarov.
- Ascolta, bratello! - domandò preoccupato Vladimir Vladimirovič™, - Com'è, lì?
- E chi lo sapeva, che veniva fuori quel casino! - esclamò Artur Nikolaevič, - Gli abbiamo solo datto una toccatina!
- A cosa, avete dato una toccatina? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Ma sì, lì in fondo c'era quel solito pippoletto, - spiegò Artur Nikolaevič, - Insomma quella specie di bottoncino. Lo abbiamo toccato con il manipolatore, e, e... che salto che ha fatto!
Vladimir Vladimirovič™ impallidì.

Originale: vladimir.vladimirovich.ru

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