Non vi dico nulla: voi sapete chi merita un voto nel sondaggio di Repubblica.
(ci si prova sempre)
"The hard man of the midfield, the terrier, the spoiler, the warrior", secondo il Guardian. È lui.
Anche oggi il gattusometro è al 100%, stabile.
sabato, luglio 08, 2006
Gattusology
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venerdì, luglio 07, 2006
Marina, la tarantola sasìna
Nella mia vita c'è stata una persona che mi ha insegnato più cose di tutti, e tutte rigorosamente sbagliate: Antonia.
Lei c'era sempre. C'era anche quando mamma e papà per dare una svolta decisiva alla mia vita mi iscrissero a un corso pomeridiano di inglese, certi che fosse la lingua del futuro: mi ci accompagnava lei.
– Sì ma cosa serve l'inglese.
– Serve.
– Ma fa schifo.
– Eh, schifo l'inglese. Son altre le cose che fa schifo.
– I vermi fa schifo.
– I sputi.
– Le pantegane.
– I scorpioni.
– Le scovazze.
L'elenco era già piuttosto lungo quando ci fermammo davanti al portone della scuola.
– Dove vai mentre io sono a lezione?
– Alla Standa.
– Mi compri un gioco che fa schifo?
– Se lo trovo.
Così, mentre io cantavo in coro con altri disgraziati "ui olìv ine ielo sotmarin, ielo sotmarin, ielo sotmarin", Antonia sostava pensosamente nel reparto giocattoli, interrogandosi sul significato di schifo.
– E allora, comprato?
– Sì sì.
– Ce l'hai?
– Ce l'ho in borsa.
– Fa tanto schifo?
– Ho paura di sì.
A casa, dalla borsa di cerata a quadri rossi spuntarono due deludenti scatoline di cartone.
– Gambaletti blu?
– No, aspetta.
Sbucò anche un sacchetto di plastica pieno di una cosa gommosa e nera, indefinibile.
– Cos'è!
– C'è scritto tarantola gigante, sarà un ragnone peloso.
– Uah, Madonna, e come lo chiamiamo.
– Marina, la tarantola sasìna.
– Apriamolo!
Aprimmo. Tutta quella gomma compressa cominciò a muoversi e a uscire dal sacchetto. Prese anche a ingrandirsi spiacevolmente.
– Oh!
– Oh! Come cresce, pensavo più piccolo.
– Ah che schifo, buttalo buttalo per terra.
– Che brutta roba.
– Orco, nonna, cos'hai comprato.
– Sembra vivo, Maria santa.
– È diventato grande.
– Si muove, salta.
– Nonna, adesso viene per di qua.
– Maria vergine, che schifo.
– Nonna, fa' qualcosa.
– Aspetta qua. Salta sulla sedia.
Andò a prendere scopa e paletta e con evidente raccapriccio, cercando di non guardare, raccolse la massa in movimento.
– Chiudi gli occhi sennò ti sogni!
– Chiudo, chiudo, ma tu portalo via.
– Eh, portarlo via...
– Fatto?
– Fatto.
– Faceva tanto schifo.
– Ah sì. Adesso ci facciamo un cacao con la panna e poi tiriamo fuori la dama.
Antonia barava, a dama. Stava vincendo la terza partita, muovendo le sue pedine su percorsi arbitrari, quando sentimmo aprire la porta di casa.
– Ciao mami!
– Ciao, tutto bene?
– Bene.
– Inglese?
– Ielo sotmarin.
– Ancora?
– Sì sì.
– Brava.
La sentimmo salire in camera, scendere, entrare in cucina, aprire il frigorifero.
– Dove l'hai buttato il robo, nonna?
– Nelle scovazze.
Ci guardammo negli occhi, preparando un'espressione mite e assorta: nonna e nipotina intente a giocare a dama, nella luce fioca del crepuscolo invernale.
– Mangio, mangio, mangio.
– Ma non puoi mangiare così!
– Mi pare che hai perso ancora.
– Sì, ma...
– Come fa? Ui olìv...
– ine ielo sotmarin...
Dalla cucina, un urlo come quelli delle attrici nei film di paura, quando aprono la bocca, la coprono con il dorso della mano aperta e spalancano gli occhi. L'urlo disperato poco prima di perdere i sensi.
– ... ielo sotmarin.
– Ielo sotmarin.
Da allora me la cavai inaspettatamente bene con l'inglese, che cominciò a piacermi, e trascurai del tutto le tarantole. Marina si trasformò presto in un grumo di gomma fusa, per tornare di tanto in tanto nei miei incubi dell'alba. Mia madre sviluppò un'improvvisa fobia per i ragni, dai più ritenuta inspiegabile. Antonia continuò a barare a dama, e a vincere.
Lei c'era sempre. C'era anche quando mamma e papà per dare una svolta decisiva alla mia vita mi iscrissero a un corso pomeridiano di inglese, certi che fosse la lingua del futuro: mi ci accompagnava lei.
– Sì ma cosa serve l'inglese.
– Serve.
– Ma fa schifo.
– Eh, schifo l'inglese. Son altre le cose che fa schifo.
– I vermi fa schifo.
– I sputi.
– Le pantegane.
– I scorpioni.
– Le scovazze.
L'elenco era già piuttosto lungo quando ci fermammo davanti al portone della scuola.
– Dove vai mentre io sono a lezione?
– Alla Standa.
– Mi compri un gioco che fa schifo?
– Se lo trovo.
Così, mentre io cantavo in coro con altri disgraziati "ui olìv ine ielo sotmarin, ielo sotmarin, ielo sotmarin", Antonia sostava pensosamente nel reparto giocattoli, interrogandosi sul significato di schifo.
– E allora, comprato?
– Sì sì.
– Ce l'hai?
– Ce l'ho in borsa.
– Fa tanto schifo?
– Ho paura di sì.
A casa, dalla borsa di cerata a quadri rossi spuntarono due deludenti scatoline di cartone.
– Gambaletti blu?
– No, aspetta.
Sbucò anche un sacchetto di plastica pieno di una cosa gommosa e nera, indefinibile.
– Cos'è!
– C'è scritto tarantola gigante, sarà un ragnone peloso.
– Uah, Madonna, e come lo chiamiamo.
– Marina, la tarantola sasìna.
– Apriamolo!
Aprimmo. Tutta quella gomma compressa cominciò a muoversi e a uscire dal sacchetto. Prese anche a ingrandirsi spiacevolmente.
– Oh!
– Oh! Come cresce, pensavo più piccolo.
– Ah che schifo, buttalo buttalo per terra.
– Che brutta roba.
– Orco, nonna, cos'hai comprato.
– Sembra vivo, Maria santa.
– È diventato grande.
– Si muove, salta.
– Nonna, adesso viene per di qua.
– Maria vergine, che schifo.
– Nonna, fa' qualcosa.
– Aspetta qua. Salta sulla sedia.
Andò a prendere scopa e paletta e con evidente raccapriccio, cercando di non guardare, raccolse la massa in movimento.
– Chiudi gli occhi sennò ti sogni!
– Chiudo, chiudo, ma tu portalo via.
– Eh, portarlo via...
– Fatto?
– Fatto.
– Faceva tanto schifo.
– Ah sì. Adesso ci facciamo un cacao con la panna e poi tiriamo fuori la dama.
Antonia barava, a dama. Stava vincendo la terza partita, muovendo le sue pedine su percorsi arbitrari, quando sentimmo aprire la porta di casa.
– Ciao mami!
– Ciao, tutto bene?
– Bene.
– Inglese?
– Ielo sotmarin.
– Ancora?
– Sì sì.
– Brava.
La sentimmo salire in camera, scendere, entrare in cucina, aprire il frigorifero.
– Dove l'hai buttato il robo, nonna?
– Nelle scovazze.
Ci guardammo negli occhi, preparando un'espressione mite e assorta: nonna e nipotina intente a giocare a dama, nella luce fioca del crepuscolo invernale.
– Mangio, mangio, mangio.
– Ma non puoi mangiare così!
– Mi pare che hai perso ancora.
– Sì, ma...
– Come fa? Ui olìv...
– ine ielo sotmarin...
Dalla cucina, un urlo come quelli delle attrici nei film di paura, quando aprono la bocca, la coprono con il dorso della mano aperta e spalancano gli occhi. L'urlo disperato poco prima di perdere i sensi.
– ... ielo sotmarin.
– Ielo sotmarin.
Da allora me la cavai inaspettatamente bene con l'inglese, che cominciò a piacermi, e trascurai del tutto le tarantole. Marina si trasformò presto in un grumo di gomma fusa, per tornare di tanto in tanto nei miei incubi dell'alba. Mia madre sviluppò un'improvvisa fobia per i ragni, dai più ritenuta inspiegabile. Antonia continuò a barare a dama, e a vincere.
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giovedì, luglio 06, 2006
Codice verde in famigliamir
Che non si dica che in famigliamir ci si risparmia davanti a un gol di Del Piero.
Referto medico:
Mentre esultava per la vittoria della nazionale italiana ai mondiali di calcio trauma distorsivo del primo dito piede sin. Da allora dolore (al dito) ed ecchimosi.
20 giorni di prognosi.
Compagne e compagni, vi presento fratellobbuono. Se vedete uno alto, magro, abbracciabile al 98%, che zoppica per Milano zona Loreto/viale Monza con una scarpa da ginnastica tagliata (la sua personale intepretazione della raccomandazione "indossare calzature aperte"), baciatelo per me.
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mercoledì, luglio 05, 2006
Chi l'ha vista
Sms di mia madre in gita, a questo punto non so dove (notare il vago sapore esterofilo):
"Entriamo da Pulfaro Italy. Baci mamma"
Google Earth deve farne, di strada.
"Entriamo da Pulfaro Italy. Baci mamma"
Google Earth deve farne, di strada.
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Respect
– No, madonna, dentro Del Piero.
– Noooo.
– È finita.
– Sentite un attimo. Del Piero, stagione 1997-98. Respect.
[Silenzio. Mi fissano diverse paia di occhi tra lo sbalordito e l'ostile.]
– Fanno otto anni fa.
E adesso io, Ales e anche il passero esigiamo delle scuse.
Gattusometro oltre i limiti consentiti, oggi.
– Noooo.
– È finita.
– Sentite un attimo. Del Piero, stagione 1997-98. Respect.
[Silenzio. Mi fissano diverse paia di occhi tra lo sbalordito e l'ostile.]
– Fanno otto anni fa.
E adesso io, Ales e anche il passero esigiamo delle scuse.
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martedì, luglio 04, 2006
L'ibrida
– Papà, scusa, c'è un motivo per cui stiamo andando a 5 chilometri all'ora?
– Siamo a cinquanta giusti, c'è il limite.
– Ah.
– Ma sei, eh. Mi ritirano la patente e poi mi tocca andare al mare con l'auto elettrica.
– Ok.
– E se te la devo dire tutta, mi sembra anche che uno mi abbia fatto un segnale con i lampeggianti.
– Eh come no. Non incrociamo una macchina da un quarto d'ora.
– Tu sai come funziona l'ibrida?
– No.
– Te lo spiego?
– No.
– Ha un motore a benzina e un motore elettrico che aiuta il motore a benzina a spingere e fa anche da generatore per ricaricare le batterie. E anche altre cose.
– Si risparmia?
– Non poi tanto.
– Andando a cinque chilometri all'ora ci basterebbe il motorino elettrico, però. A pile ricaricabili, anche. A molla, forse.
– Lina, nostra figlia è deficiente. E tu, hai capito cos'è l'ibrida?
– Sì, bicolore, come la Lancia del figlio della Ines.
– Mamma.
– Voi pensate sempre che non stia ad ascoltare.
– Siamo a cinquanta giusti, c'è il limite.
– Ah.
– Ma sei, eh. Mi ritirano la patente e poi mi tocca andare al mare con l'auto elettrica.
– Ok.
– E se te la devo dire tutta, mi sembra anche che uno mi abbia fatto un segnale con i lampeggianti.
– Eh come no. Non incrociamo una macchina da un quarto d'ora.
– Tu sai come funziona l'ibrida?
– No.
– Te lo spiego?
– No.
– Ha un motore a benzina e un motore elettrico che aiuta il motore a benzina a spingere e fa anche da generatore per ricaricare le batterie. E anche altre cose.
– Si risparmia?
– Non poi tanto.
– Andando a cinque chilometri all'ora ci basterebbe il motorino elettrico, però. A pile ricaricabili, anche. A molla, forse.
– Lina, nostra figlia è deficiente. E tu, hai capito cos'è l'ibrida?
– Sì, bicolore, come la Lancia del figlio della Ines.
– Mamma.
– Voi pensate sempre che non stia ad ascoltare.
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lunedì, luglio 03, 2006
Non tutto il male vien per suocere
"Sono appena tornato da un viaggio di piacere: ho accompagnato mia suocera all'aeroporto".
Henny Youngman
Di tutto questo potremo ridere, un giorno. Forse anche questo pomeriggio.
Mia suocera è logorroica. Non semplicemente molto chiacchierona, no: l'ho sentita parlare anche in bagno, in completa solitudine. E non declamava versi, parlava con il coperchio del water.
(Prego visualizzare me - lampeggia la scritta "drammatizzazione" - con l'orecchio appoggiato alla porta del bagno, manine a ventosa, mentre suocera dice: "Su, stai su, avanti, cosa ti prende". Fine della drammatizzazione).
Gli argomenti di mia suocera sono ripetitivi e normalmente autoriferiti: vanno dall'infanzia ai mobili svedesi, dalle cadute dal fasciatoio dei figli neonati allo scriteriato acquisto di un tecnigrafo (pena e sventura, pena e sventura) per il wannabe architetto di famiglia, dalla confusa mappa alimentare dei congiunti e dei loro partner (per esempio, fratellobbuono non mangia più la pizza marinara da almeno quindici anni, ma la cosa non è stata ancora registrata nella costellazione familiare) alla descrizione burocratica di travagli e parti, con lunghe divagazioni sulla sfortuna e la tristezza di non avere figlie femmine.
Mio padre, al secondo incontro, si trovò costretto dalle regole della buona educazione a darle un passaggio in macchina. Fu la mezz'ora d'autostrada più lunga della sua vita: in confronto il viaggio spazio-tempo di Bowman era una gita a Posillipo con l'aggiunta di qualche modesto effetto speciale. "Allora, papà, com'è andata?" "Bene. Ore 10.30, lezione di ginecologia". Ormai sarebbe in grado di gestirsi un podalico.
Ora, per un'imprevedibile scherzo del copriletto della sua camera d'albergo in Sardegna la sera dell'ultimo giorno di vacanza mia suocera è inciampata, è spettacolarmente caduta e si è fratturata la quarta vertebra lombare.
Vi risparmio le vicende alterne delle impegnative spoglie: ospedale a Nuoro, ambulanza a Olbia, aereo per Malpensa, ambulanza, ospedale alla periferia di Milano. I tempi sono stati così rapidi da indurre a pensare che per sveltire le pratiche ella sia stata semplicemente dichiarata persona non grata nella natzione sarda. Si mormora che le vicine di letto abbiano festeggiato con un'offerta sontuosa alla Madonna dei Martiri, con uno spettacolo pirotecnico e con il concerto sotto le stelle di un sosia di Fred Bongusto.
A chi legge, tutto questo sembrerà moderatamente semplice, ma durante le sue vicissitudini vertebrali mia suocera parlava. Parlava tanto che la Tac è venuta male. È riuscita perfino a convincere il personale dell'ambulanza a una deviazione: "Mi scusino, ma mio marito ha dimenticato il cellulare in albergo e adesso sta già all'aeroporto. A questo proposito, non so se le ho già raccontato di mio figlio Luca, volevo dire Giovanni, volevo dire Alberto..." "Signora non si preoccupi eravamo quasi di strada". È riuscita a dettare al telefono le sue ultime volontà dalla sala partenze, dove giaceva imbarellata e imbustata come una faraona: "Perché adesso ci manca solo che cada l'aereo".
Poi, a Milano, la tragedia. Stanza linda e moderna, tutti i comfort, televisore, telefono diretto. Ma nessuna vicina di letto. (Visualizzare mia suocera in posizione forzatamente orizzontale che fissa con aria smarrita il vuoto giaciglio accanto al suo e che tenta timide conversazioni con il telecomando).
Tre giorni fa, la svolta. Fa la sua comparsa La Vicina di Letto, l'idealtipo della donna sofferente ma coraggiosa con cui condividere finalmente i mille piccoli disturbi, le foto delle tragiche vacanze a Orosei e i pregi e i difetti della nuora evoluta e comunista, quella che "scrive anche su un block".
Appena entrato nella cameretta for two, fratellobbuono si accorge subito che qualcosa non va: mamma insolitamente zitta e vistosamente agitata. Lo vede, e prende a fare gesti ampi e incomprensibili, in un'estasi di cenni e ammiccamenti.
"Mamma? Quante parole? E congiunzioni?"
Gesti, cenni, nervosismo.
"Mettiamoci almeno d'accordo: film o libro?"
Cos'è il genio, cos'è l'istinto, a questo punto cos'è il karma: la Vicina di Letto è sordomuta.
E mia suocera, che avrebbe potuto trillare con voce da soprano "La signora non parla e non ci sente!", ha preferito mimare la propria disperazione con la stucchevole grazia di un clown triste.
Oggi, al telefono, mi ha detto: "Con la vicina non c'è male, mi intendo a gesti, così". Voglio vederla, a mimare le emorroidi di Tina o il mestiere del moroso della figlia di Pia o la disgraziata faccenda del tecnigrafo.
Poi ha aggiunto, inquietante: "Te, è come se ti avessi sempre davanti".
Comincerò a preoccuparmi quando chiederà un set di freccette in tungsteno.
[Disclaimer: ogni riferimento a fatti, persone o luoghi reali è puramente casuale. Si ringrazia il personale del reparto di radiologia per le amorose cure prestate alla paziente e (beh, sì) per il senso dell'umorismo]
Henny Youngman
Di tutto questo potremo ridere, un giorno. Forse anche questo pomeriggio.
Mia suocera è logorroica. Non semplicemente molto chiacchierona, no: l'ho sentita parlare anche in bagno, in completa solitudine. E non declamava versi, parlava con il coperchio del water.
(Prego visualizzare me - lampeggia la scritta "drammatizzazione" - con l'orecchio appoggiato alla porta del bagno, manine a ventosa, mentre suocera dice: "Su, stai su, avanti, cosa ti prende". Fine della drammatizzazione).
Gli argomenti di mia suocera sono ripetitivi e normalmente autoriferiti: vanno dall'infanzia ai mobili svedesi, dalle cadute dal fasciatoio dei figli neonati allo scriteriato acquisto di un tecnigrafo (pena e sventura, pena e sventura) per il wannabe architetto di famiglia, dalla confusa mappa alimentare dei congiunti e dei loro partner (per esempio, fratellobbuono non mangia più la pizza marinara da almeno quindici anni, ma la cosa non è stata ancora registrata nella costellazione familiare) alla descrizione burocratica di travagli e parti, con lunghe divagazioni sulla sfortuna e la tristezza di non avere figlie femmine.
Mio padre, al secondo incontro, si trovò costretto dalle regole della buona educazione a darle un passaggio in macchina. Fu la mezz'ora d'autostrada più lunga della sua vita: in confronto il viaggio spazio-tempo di Bowman era una gita a Posillipo con l'aggiunta di qualche modesto effetto speciale. "Allora, papà, com'è andata?" "Bene. Ore 10.30, lezione di ginecologia". Ormai sarebbe in grado di gestirsi un podalico.
Ora, per un'imprevedibile scherzo del copriletto della sua camera d'albergo in Sardegna la sera dell'ultimo giorno di vacanza mia suocera è inciampata, è spettacolarmente caduta e si è fratturata la quarta vertebra lombare.
Vi risparmio le vicende alterne delle impegnative spoglie: ospedale a Nuoro, ambulanza a Olbia, aereo per Malpensa, ambulanza, ospedale alla periferia di Milano. I tempi sono stati così rapidi da indurre a pensare che per sveltire le pratiche ella sia stata semplicemente dichiarata persona non grata nella natzione sarda. Si mormora che le vicine di letto abbiano festeggiato con un'offerta sontuosa alla Madonna dei Martiri, con uno spettacolo pirotecnico e con il concerto sotto le stelle di un sosia di Fred Bongusto.
A chi legge, tutto questo sembrerà moderatamente semplice, ma durante le sue vicissitudini vertebrali mia suocera parlava. Parlava tanto che la Tac è venuta male. È riuscita perfino a convincere il personale dell'ambulanza a una deviazione: "Mi scusino, ma mio marito ha dimenticato il cellulare in albergo e adesso sta già all'aeroporto. A questo proposito, non so se le ho già raccontato di mio figlio Luca, volevo dire Giovanni, volevo dire Alberto..." "Signora non si preoccupi eravamo quasi di strada". È riuscita a dettare al telefono le sue ultime volontà dalla sala partenze, dove giaceva imbarellata e imbustata come una faraona: "Perché adesso ci manca solo che cada l'aereo".
Poi, a Milano, la tragedia. Stanza linda e moderna, tutti i comfort, televisore, telefono diretto. Ma nessuna vicina di letto. (Visualizzare mia suocera in posizione forzatamente orizzontale che fissa con aria smarrita il vuoto giaciglio accanto al suo e che tenta timide conversazioni con il telecomando).
Tre giorni fa, la svolta. Fa la sua comparsa La Vicina di Letto, l'idealtipo della donna sofferente ma coraggiosa con cui condividere finalmente i mille piccoli disturbi, le foto delle tragiche vacanze a Orosei e i pregi e i difetti della nuora evoluta e comunista, quella che "scrive anche su un block".
Appena entrato nella cameretta for two, fratellobbuono si accorge subito che qualcosa non va: mamma insolitamente zitta e vistosamente agitata. Lo vede, e prende a fare gesti ampi e incomprensibili, in un'estasi di cenni e ammiccamenti.
"Mamma? Quante parole? E congiunzioni?"
Gesti, cenni, nervosismo.
"Mettiamoci almeno d'accordo: film o libro?"
Cos'è il genio, cos'è l'istinto, a questo punto cos'è il karma: la Vicina di Letto è sordomuta.
E mia suocera, che avrebbe potuto trillare con voce da soprano "La signora non parla e non ci sente!", ha preferito mimare la propria disperazione con la stucchevole grazia di un clown triste.
Oggi, al telefono, mi ha detto: "Con la vicina non c'è male, mi intendo a gesti, così". Voglio vederla, a mimare le emorroidi di Tina o il mestiere del moroso della figlia di Pia o la disgraziata faccenda del tecnigrafo.
Poi ha aggiunto, inquietante: "Te, è come se ti avessi sempre davanti".
Comincerò a preoccuparmi quando chiederà un set di freccette in tungsteno.
[Disclaimer: ogni riferimento a fatti, persone o luoghi reali è puramente casuale. Si ringrazia il personale del reparto di radiologia per le amorose cure prestate alla paziente e (beh, sì) per il senso dell'umorismo]
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domenica, luglio 02, 2006
Il gattusometro, oggi
Frase del giorno: "Il cartellino? Me lo mangio!"
Gennaro Gattuso, 2 luglio 2006.
Gattusometro*: 96%.
*(cito dalla definizione di Anna)
Gattusometro: raffinato strumento di alta tecnologia che mette insieme l'influenza di diverse variabili (lunghezza del capello, barba o no, sudato o no, occhietto luccicoso o cupo, divisa o tenuta borghese, tibia o omero in bocca, vicinanza della prossima partita, se sta giocando col Milan o con la Nazionale, ormone femminile, varie ed eventuali) per calcolare l'abbracciabilità del piccolo e ingenuo Ringhio.
Update fondamentale: e che non si dica che qua ci piace buttar via le domeniche. Tamas l'aveva detto, non l'ha fatto, ci siamo rimaste/i male, l'ha fatto, si è già pentito: gattusometro.blogspot.com, un'idea del cazzo, ma forse anche no.
Gennaro Gattuso, 2 luglio 2006.
Gattusometro*: 96%.
*(cito dalla definizione di Anna)
Gattusometro: raffinato strumento di alta tecnologia che mette insieme l'influenza di diverse variabili (lunghezza del capello, barba o no, sudato o no, occhietto luccicoso o cupo, divisa o tenuta borghese, tibia o omero in bocca, vicinanza della prossima partita, se sta giocando col Milan o con la Nazionale, ormone femminile, varie ed eventuali) per calcolare l'abbracciabilità del piccolo e ingenuo Ringhio.
Update fondamentale: e che non si dica che qua ci piace buttar via le domeniche. Tamas l'aveva detto, non l'ha fatto, ci siamo rimaste/i male, l'ha fatto, si è già pentito: gattusometro.blogspot.com, un'idea del cazzo, ma forse anche no.
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venerdì, giugno 30, 2006
Prepartita
– Ciao mamma.
– Oh ciao stiamo guardando Germania-Argentina.
– Ecco appunto: come sta andando?
– Supplementari.
– Ah.
– Comunque l'arbitro sta da quella parte là.
Al momento: toniometro 75%, gattusometro 95%.
– Oh ciao stiamo guardando Germania-Argentina.
– Ecco appunto: come sta andando?
– Supplementari.
– Ah.
– Comunque l'arbitro sta da quella parte là.
Al momento: toniometro 75%, gattusometro 95%.
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mercoledì, giugno 28, 2006
Mirumir LE/Ometti barbuti sempre piaciuti
1. Eddie ha ragione: "scuro, barba folta, impegnato nello sterminio di agnelli come propaganda anticristiana": Bruno era inconfondibilmente il braccio destro numero 54. Esperto in jihad valligiana, dicono gli esperti.
2. Bipedi astenersi. È sanguinario, veste il turbante nero più elegantemente del Mullah Omar, sa usare la mitragliatrice meglio di Big Al, è più fotogenico di Bin Laden, è un ciclotimico non da poco ("Per un po' può essere di buon umore, improvvisamente si incupisce e resta così per ore") e apparentemente una gamba gli basta e gli avanza. È il Mullah Dadullah Akhund, mi permetto di tenerlo d'occhio.
3. Dr Omar is in tha house. Il Mullah si è rifatto vivo, in un'audiocassetta trasmessa da una televisione privata. Solo perché abbiamo perso la capitale dell'Afghanistan non significa che noi talebani siamo finiti, ha detto. Poi ha lanciato la pubblicità di una scopa ruotante (sic) di ultima generazione e di un set di padelle in Nano-Flon.
4. È scuro, ha la barba folta, è aggressivo, per fortuna tiene due gambe. Oggi il gattusometro segna il 90%.
2. Bipedi astenersi. È sanguinario, veste il turbante nero più elegantemente del Mullah Omar, sa usare la mitragliatrice meglio di Big Al, è più fotogenico di Bin Laden, è un ciclotimico non da poco ("Per un po' può essere di buon umore, improvvisamente si incupisce e resta così per ore") e apparentemente una gamba gli basta e gli avanza. È il Mullah Dadullah Akhund, mi permetto di tenerlo d'occhio.
3. Dr Omar is in tha house. Il Mullah si è rifatto vivo, in un'audiocassetta trasmessa da una televisione privata. Solo perché abbiamo perso la capitale dell'Afghanistan non significa che noi talebani siamo finiti, ha detto. Poi ha lanciato la pubblicità di una scopa ruotante (sic) di ultima generazione e di un set di padelle in Nano-Flon.
4. È scuro, ha la barba folta, è aggressivo, per fortuna tiene due gambe. Oggi il gattusometro segna il 90%.
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lunedì, giugno 26, 2006
Lightblogging e regola estiva
Inauguro un breve periodo di lightblogging. Entra pertanto in vigore la mia unica regola estiva: "No leopardato, no rosa corallo. Parolacce, vediamo".
Quello che davvero mi preoccupa al momento è che ultimamente ho cominciato a trovare attraente Gattuso. Durante la partita contro la Repubblica Ceca mi sono anche sorpresa a mormorare: "Ma si è imbellito, o cosa? Più capelli, meno capelli? Più barba, meno barba? Cos'è? Il caldo?"
Oggi il gattusometro segna una percentuale di abbracciabilità dell'85%.
Probabilmente ho il transfert facile. Potrei aver bisogno di parlarne.
Quello che davvero mi preoccupa al momento è che ultimamente ho cominciato a trovare attraente Gattuso. Durante la partita contro la Repubblica Ceca mi sono anche sorpresa a mormorare: "Ma si è imbellito, o cosa? Più capelli, meno capelli? Più barba, meno barba? Cos'è? Il caldo?"
Oggi il gattusometro segna una percentuale di abbracciabilità dell'85%.
Probabilmente ho il transfert facile. Potrei aver bisogno di parlarne.
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sabato, giugno 24, 2006
Ezio l'Ufo
"Eine stillstehende Uhr hat doch täglich zweimal richtig gezeigt".
"Un orologio fermo fa pur sempre l'ora giusta due volte al giorno".
Marie Von Ebner-Eschenbach
(citata in Woody Allen, Anything Else)
– Ho visto Ezio, l'altro giorno.
– Poveretto.
– Io non me la ricordo bene, la storia di Ezio, ero troppo piccola quando ne ho sentito parlare per la prima volta. Vostro coetaneo, più o meno?
– Più giovane, l'età di tua zia.
– Ezio era strano fin da bambino. Sensibile e intelligente, ma strano.
– I nonni vivevano a Trieste.
– Poi la nonna è morta, il nonno era malato.
– E i genitori di Ezio lo portavano spesso dal nonno, perché gli tenesse compagnia. Si metteva accanto al letto, giocavano a carte...
– Leggevano...
– Una sera Ezio prende un'ascia. Avrà avuto quindici anni.
– E spacca la testa del nonno.
– Manicomio criminale, elettroshock, cliniche. Psichiatrico, poi legge Basaglia.
– Adesso vive con i genitori anziani, è figlio unico.
– Tutto bene. Loro si chiudono a chiave in camera, la sera.
– Da ragazzo era fissato con gli Ufo. Lo chiamavamo Ezio l'Ufo.
– Adesso invece ascolta Radio Maria.
– Poveretto.
– Credo che i suoi fossero consanguinei, il problema era lì.
– I nostri però non erano consanguinei, Elio, e neanch'io sono tanto normale.
– Me l'ha detto anche il dentista, ieri: "Suo fratello non è tanto normale, sa". Forse non dovresti chiamarlo dottor Živago.
– La somiglianza c'è. Comunque neanche i miei figli sono tanto tanto normali.
– Eh.
[Mi guardano. Zitti.]
– Papà, zio. Cazzo volete.
– Ezio ha sempre avuto la passione del volo. Ti ricordi, aveva quell'aereo che suo padre gli aveva saldato in fonderia...
– Sì, solo che ce lo tirava in testa. Aveva la passione degli aerei, ma anche delle teste. Per non parlare delle asce.
– Scusate, ma Ezio qualche volta esce di casa?
– Sì, ha anche un lavoretto in una comunità.
– Ah, e cosa fa?
– Lavora in una falegnameria.
– Tra tutti i lavori.
– Papà, a te capita di restare solo con lui?
– Sì. Parliamo, e poi lo aiuto a spostare le casse dello stereo. Le sposta di continuo.
– Certe volte chiede di quella scema di nostra sorella. Lei gli telefona apposta dicendogli che passerà a trovarlo, in realtà è per evitare che lui vada da lei.
– Che genio.
– Il genio della famiglia.
– Certe volte Ezio chiede anche di te: "Che intelligente, tua figlia", dice. "Che brava".
– Sì, capita che chieda di te.
– Ah.
– È un uomo in gamba, ma sfortunato. L'importante è che non ci siano in giro oggetti contundenti.
[Mi fissano.]
– Beh, io andrei. Ciao.
– Che fai stasera, sei sola?
– Sì.
– Chiudi bene la porta.
– Lo farò.
[Mi allontano. Quando mi volto a guardarli mi accorgo che mi stanno ancora fissando.]
– Ohi. Papà, zio.
– Eh.
– Se non date a Ezio il mio indirizzo è meglio, però.
– Ma no.
– Il tuo, figurati.
– Diceva sempre: "Com'è gentile vostra s-sorella, mi t-telefona spesso".
– E noi gli abbiamo dato quello della z-zia.
"Un orologio fermo fa pur sempre l'ora giusta due volte al giorno".
Marie Von Ebner-Eschenbach
(citata in Woody Allen, Anything Else)
– Ho visto Ezio, l'altro giorno.
– Poveretto.
– Io non me la ricordo bene, la storia di Ezio, ero troppo piccola quando ne ho sentito parlare per la prima volta. Vostro coetaneo, più o meno?
– Più giovane, l'età di tua zia.
– Ezio era strano fin da bambino. Sensibile e intelligente, ma strano.
– I nonni vivevano a Trieste.
– Poi la nonna è morta, il nonno era malato.
– E i genitori di Ezio lo portavano spesso dal nonno, perché gli tenesse compagnia. Si metteva accanto al letto, giocavano a carte...
– Leggevano...
– Una sera Ezio prende un'ascia. Avrà avuto quindici anni.
– E spacca la testa del nonno.
– Manicomio criminale, elettroshock, cliniche. Psichiatrico, poi legge Basaglia.
– Adesso vive con i genitori anziani, è figlio unico.
– Tutto bene. Loro si chiudono a chiave in camera, la sera.
– Da ragazzo era fissato con gli Ufo. Lo chiamavamo Ezio l'Ufo.
– Adesso invece ascolta Radio Maria.
– Poveretto.
– Credo che i suoi fossero consanguinei, il problema era lì.
– I nostri però non erano consanguinei, Elio, e neanch'io sono tanto normale.
– Me l'ha detto anche il dentista, ieri: "Suo fratello non è tanto normale, sa". Forse non dovresti chiamarlo dottor Živago.
– La somiglianza c'è. Comunque neanche i miei figli sono tanto tanto normali.
– Eh.
[Mi guardano. Zitti.]
– Papà, zio. Cazzo volete.
– Ezio ha sempre avuto la passione del volo. Ti ricordi, aveva quell'aereo che suo padre gli aveva saldato in fonderia...
– Sì, solo che ce lo tirava in testa. Aveva la passione degli aerei, ma anche delle teste. Per non parlare delle asce.
– Scusate, ma Ezio qualche volta esce di casa?
– Sì, ha anche un lavoretto in una comunità.
– Ah, e cosa fa?
– Lavora in una falegnameria.
– Tra tutti i lavori.
– Papà, a te capita di restare solo con lui?
– Sì. Parliamo, e poi lo aiuto a spostare le casse dello stereo. Le sposta di continuo.
– Certe volte chiede di quella scema di nostra sorella. Lei gli telefona apposta dicendogli che passerà a trovarlo, in realtà è per evitare che lui vada da lei.
– Che genio.
– Il genio della famiglia.
– Certe volte Ezio chiede anche di te: "Che intelligente, tua figlia", dice. "Che brava".
– Sì, capita che chieda di te.
– Ah.
– È un uomo in gamba, ma sfortunato. L'importante è che non ci siano in giro oggetti contundenti.
[Mi fissano.]
– Beh, io andrei. Ciao.
– Che fai stasera, sei sola?
– Sì.
– Chiudi bene la porta.
– Lo farò.
[Mi allontano. Quando mi volto a guardarli mi accorgo che mi stanno ancora fissando.]
– Ohi. Papà, zio.
– Eh.
– Se non date a Ezio il mio indirizzo è meglio, però.
– Ma no.
– Il tuo, figurati.
– Diceva sempre: "Com'è gentile vostra s-sorella, mi t-telefona spesso".
– E noi gli abbiamo dato quello della z-zia.
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giovedì, giugno 22, 2006
Come maltrattare Google e vivere felici/14
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Il Grande Backup
– Come scalda, questo portatile.
– Sì, sembra che tutti gli HP scaldino parecchio.
– Certo, solo che al tuo si è anche rotta la ventola.
Ecco cos'era il silenzio di certi pomeriggi, tra lo stormire dei tigli, il tubare delle tortore e gli echi del dolce idioma degli avventori del Bar Da Teo: una banale questione di ventola rotta.
Dunque pare che il mio portatile abbia deciso di reincarnarsi quanto prima in una poltiglia anaeroba: ha detto che il primo che arriva al Nirvana aspetta l'altro (come direbbe tonii, ci siamo entrambi formati sui manga; oltretutto, il povero notebook al Nirvana è convinto di arrivarci con le mappe di ViaMichelin). Sto facendo il Grande Backup, vorrei essere tenuta per mano. Adesso, e soprattutto quando staccherò la spina.
– Sì, sembra che tutti gli HP scaldino parecchio.
– Certo, solo che al tuo si è anche rotta la ventola.
Ecco cos'era il silenzio di certi pomeriggi, tra lo stormire dei tigli, il tubare delle tortore e gli echi del dolce idioma degli avventori del Bar Da Teo: una banale questione di ventola rotta.
Dunque pare che il mio portatile abbia deciso di reincarnarsi quanto prima in una poltiglia anaeroba: ha detto che il primo che arriva al Nirvana aspetta l'altro (come direbbe tonii, ci siamo entrambi formati sui manga; oltretutto, il povero notebook al Nirvana è convinto di arrivarci con le mappe di ViaMichelin). Sto facendo il Grande Backup, vorrei essere tenuta per mano. Adesso, e soprattutto quando staccherò la spina.
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mercoledì, giugno 21, 2006
Pericoloso esponente della guerriglia sciita n. 15346
"Blitz delle forze governative irachene, all'alba, nel quartiere Khadimiyah di Bagdad, dove è stato catturato uno dei più pericolosi esponenti della guerriglia sciita. Nouri Abu Haider Al Oqabi è considerato il capo di una "cellula dedita all'assassinio sistematico" nei confronti di chi viene ritenuto estraneo alla sua organizzazione".
Link.
Non so voi, ma io mi iscrivo subito alla loro mailing list.
Intanto, su segnalazione di Kerub e Cala annotiamo l'uccisione del bracciodestro numero 53 di al Zarqawi, lo sceicco Mansour: "esponente chiave", "tutte le prerogative per succedere a Zarqawi verso il comando, per via delle sue capacità di guida, l'esperienza militare e l'istruzione religiosa", "emiro spirituale". Il portavoce dell'esercito americano lo ha definito "multifunctional". In effetti si dice in giro che sapesse fare anche un ottimo caffè con la cremina.
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Non so voi, ma io mi iscrivo subito alla loro mailing list.
Intanto, su segnalazione di Kerub e Cala annotiamo l'uccisione del bracciodestro numero 53 di al Zarqawi, lo sceicco Mansour: "esponente chiave", "tutte le prerogative per succedere a Zarqawi verso il comando, per via delle sue capacità di guida, l'esperienza militare e l'istruzione religiosa", "emiro spirituale". Il portavoce dell'esercito americano lo ha definito "multifunctional". In effetti si dice in giro che sapesse fare anche un ottimo caffè con la cremina.
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martedì, giugno 20, 2006
The importance of being Elio
– Ciao senti domani ricordati di fare gli auguri a tuo padre per l'onomastico.
– Va bene. Però il mio onomastico cade alla fine di marzo e voi non me li fate, gli auguri.
– Uh, piccola. È che in famiglia non siamo per queste cose.
– Ma com'è che papà si offende se non gli facciamo gli auguri per San Luigi?
– Perché è un onomastico importante.
– Ma si chiama Elio.
– Va bene. Però il mio onomastico cade alla fine di marzo e voi non me li fate, gli auguri.
– Uh, piccola. È che in famiglia non siamo per queste cose.
– Ma com'è che papà si offende se non gli facciamo gli auguri per San Luigi?
– Perché è un onomastico importante.
– Ma si chiama Elio.
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lunedì, giugno 19, 2006
Come maltrattare Google e vivere felici/13
Se vuole, vuole.
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Come maltrattare Google e vivere felici/12
Rotoli del marmotte. Un genio.
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giovedì, giugno 15, 2006
Osama bin Landen, circa
Americablog: perché gli Stati Uniti non sono ancora riusciti a prendere Osama bin Laden? Perché lo hanno sempre chiamato con il cognome sbagliato*. Se n'era accorto perfino il correttore ortografico di Word. Doh!
* l'estratto fa parte di un documento di 73 pagine sulla "Guerra al terrore" che l'ufficio di Rumsfeld ha prima diffuso via e-mail e in seguito tentato di recuperare. Troppo tardi...
* l'estratto fa parte di un documento di 73 pagine sulla "Guerra al terrore" che l'ufficio di Rumsfeld ha prima diffuso via e-mail e in seguito tentato di recuperare. Troppo tardi...
mercoledì, giugno 14, 2006
Precet(ta)ti
Riordinare la cucina, annaffiare le piantine, sottoporre ad alimentazione forzata il signor G., impacchettare la Patetica Madonna bandita da tutte le liste di nozze, verificare ed eliminare le ciliegie arricchite di vermetti. Tutto entro le 4, quando la signora Miru farà ritorno in un trionfo di libri e in un tripudio di bestemmie. Mi è andata bene: voleva portarmi con sé per aiutarla a trasportare le scatole ma si è resa conto che come bestia da soma valgo poco, a meno che il signor Leonzio non le procuri un carretto siciliano. Sulla soglia, ha aggiunto: "Fai anche la polvere!" ed è zampettata giù per le scale come una cutrettola prima che le potessi chiedere spiegazioni. Che cosa vuole insinuare? La mia folta e pregiata pelliccia emana un suo odore, a mio avviso inebriante, ma non è polverosa! Forse era un ordine ma non riesco a comprendere l'espressione fare la polvere. Devo sbatacchiare quello strofinaccio di gatto e diffonderla per le stanze? Non ne capisco la ragione.
Quando ho spiegato alla signora Miru di essere un cane polivalente non immaginavo di ritrovarmi badante, colf e cat-layer: pensavo a un ruolo di alto profilo e grande responsabilità nel Mondo dell'Editoria o nella Galassia Linguistica. E invece sono qui, in cucina, a rabboccare di pasta tricolore gli incantevoli vasi espositivi e di croccantini altrettanto tricolori la ciotola dello stupido gatto. La cosa peggiore, però, è che in me prevale l'istinto zelante e pinolo del sommergibilista anche nelle mansioni più noiose o avvilenti. Ad esempio, quel contenitore: non riesco a tollerarlo, è più forte di me. Graziosi vasi bianchi decorati con motivi floreali e lepidotteri in blu cobalto, sul modello della ceramica Blueware. Ma ogni volta che il mio sguardo cade su quella mensola, non posso evitare gli sgrisoli. Un elegante corsivo ne indica il contenuto, potete guardare anche voi: coffee, sugar, tea e sale. Sale, non salt, in uno stampatello da geometra! Incuriositi, sollevate il tappo di legno: rilucenti e opalescenti grani di sale? Macché, fino! Diffidate dalle donne che usano il sale fino per la pasta, sono capaci di tutto.
Sboccia la primavera, l'estate è alle porte, maturano i referendum, si svegliano dal letargo i vescovi della CEI. Infatti, proprio un anno fa, la Chiesa Cattolica si era mobilitata suggerendo l'astensione allo scopo di far fallire la consultazione popolare in tema di procreazione medicalmente assistita. I vescovi avevano rifiutato sdegnati l'accusa di ingerenza, trascurando il fatto che quanto non viene ingerito può essere assunto per altre vie. Ora ci riprovano, più compatti e incoerenti che mai: gli −ismi sono un veleno potente, mala fede è con loro. Il SIR (Servizio Informazione Religiosa), sorta di agenzia stampa della CEI, afferma che "in caso di referendum confermativo partecipare è un dovere civico ancora più rilevante". Si noti bene: non rilevante ma ancora più rilevante. Il signor Edoardo Patriarca, portavoce dell'associazione Scienza e Vita, un attimo prima di precipitare dallo specchio su cui tentava di arrampicarsi, si stupisce che "alcuni esprimano stupore o parlino di paradosso rispetto all'invito all'astensionismo per il referendum sulla procreazione assistita, quando è chiara a tutti la profonda differenza".
La differenza tra referendum abrogativo e confermativo è chiara. Ciò che non è chiaro è a quale titolo e per quali fini esponenti religiosi e presunte associazioni a carattere etico esprimano opinioni o rilascino dichiarazioni su un argomento privo di connotazioni religiose, scientifiche ed etiche come l'assetto costituzionale della Repubblica Italiana, stato libero e sovrano e non un protettorato del Vaticano. Da quale pulpito i vescovi si scaglino (purtroppo senza schiantarsi al suolo) contro le dichiarazioni del Presidente della Telecamera, che osa "dare lezioni al Papa" a proposito di Pacs, lo sa solo Dio.
Per fortuna la società Trenitalia, covo di senzaddio, accoglie le parole del presuntuoso Fausto Bertinotti ("Il Papa è preoccupato della secolarizzazione che investe il mondo, è angosciato da un mondo in cui la modernizzazione gli fa paura perché mette in discussione certi valori"), naturalmente a modo suo. Da luglio l'offerta Famiglia cambierà e gli sconti sui biglietti non riguarderanno più la sola rigida e monolitica famiglia ma tutti i gruppi da 3 a 5 persone costituiti da almeno un adulto e un ragazzo. Con buona pace del papa.
Sento la chiave girare nella toppa, il Capo è tornato. Sbuffa come il Lokomotiv Mosca, dice che non ne può più e se ne va a Gravo (?) a farsi baciare dal sole, dal mare e dai pappataci. Ha passato il dito su tutti i mobili della casa, rimproverandomi di non aver spolverato nulla: "Sono Lema, sai? Non li fanno più così!". Ora si lamenta anche del blog, mi accusa perfino di aver scardinato le Categorie del Tempo e i Fusi Orari dell'Universo Mondo. A me pare che Haloscan sia semplicemente entrato in una bolla spazio-temporale, rotolando ovunque.
Ecco, lo sapevo:
- Hai sete, vuoi bere?
- No, grazie.
- Ecco qua.
Davanti a me, sulla scrivania, troneggia minaccioso e sfrigolante un bicchiere grande come un secchiello da ghiaccio, colmo di acqua e idrolitina, additivo chimico di cui la signora Miru abusa in quantità industriali. "Mi piace, conferisce all'acqua un lieve gusto salato", trilla. Mi saluta ed esce di casa, trascinando a fatica un'enorme borsa da mare. Bene. Questo bicchiere fa la fine degli altri, nel vaso dell'agonizzante girasole.
Quando ho spiegato alla signora Miru di essere un cane polivalente non immaginavo di ritrovarmi badante, colf e cat-layer: pensavo a un ruolo di alto profilo e grande responsabilità nel Mondo dell'Editoria o nella Galassia Linguistica. E invece sono qui, in cucina, a rabboccare di pasta tricolore gli incantevoli vasi espositivi e di croccantini altrettanto tricolori la ciotola dello stupido gatto. La cosa peggiore, però, è che in me prevale l'istinto zelante e pinolo del sommergibilista anche nelle mansioni più noiose o avvilenti. Ad esempio, quel contenitore: non riesco a tollerarlo, è più forte di me. Graziosi vasi bianchi decorati con motivi floreali e lepidotteri in blu cobalto, sul modello della ceramica Blueware. Ma ogni volta che il mio sguardo cade su quella mensola, non posso evitare gli sgrisoli. Un elegante corsivo ne indica il contenuto, potete guardare anche voi: coffee, sugar, tea e sale. Sale, non salt, in uno stampatello da geometra! Incuriositi, sollevate il tappo di legno: rilucenti e opalescenti grani di sale? Macché, fino! Diffidate dalle donne che usano il sale fino per la pasta, sono capaci di tutto.
Sboccia la primavera, l'estate è alle porte, maturano i referendum, si svegliano dal letargo i vescovi della CEI. Infatti, proprio un anno fa, la Chiesa Cattolica si era mobilitata suggerendo l'astensione allo scopo di far fallire la consultazione popolare in tema di procreazione medicalmente assistita. I vescovi avevano rifiutato sdegnati l'accusa di ingerenza, trascurando il fatto che quanto non viene ingerito può essere assunto per altre vie. Ora ci riprovano, più compatti e incoerenti che mai: gli −ismi sono un veleno potente, mala fede è con loro. Il SIR (Servizio Informazione Religiosa), sorta di agenzia stampa della CEI, afferma che "in caso di referendum confermativo partecipare è un dovere civico ancora più rilevante". Si noti bene: non rilevante ma ancora più rilevante. Il signor Edoardo Patriarca, portavoce dell'associazione Scienza e Vita, un attimo prima di precipitare dallo specchio su cui tentava di arrampicarsi, si stupisce che "alcuni esprimano stupore o parlino di paradosso rispetto all'invito all'astensionismo per il referendum sulla procreazione assistita, quando è chiara a tutti la profonda differenza".
La differenza tra referendum abrogativo e confermativo è chiara. Ciò che non è chiaro è a quale titolo e per quali fini esponenti religiosi e presunte associazioni a carattere etico esprimano opinioni o rilascino dichiarazioni su un argomento privo di connotazioni religiose, scientifiche ed etiche come l'assetto costituzionale della Repubblica Italiana, stato libero e sovrano e non un protettorato del Vaticano. Da quale pulpito i vescovi si scaglino (purtroppo senza schiantarsi al suolo) contro le dichiarazioni del Presidente della Telecamera, che osa "dare lezioni al Papa" a proposito di Pacs, lo sa solo Dio.
Per fortuna la società Trenitalia, covo di senzaddio, accoglie le parole del presuntuoso Fausto Bertinotti ("Il Papa è preoccupato della secolarizzazione che investe il mondo, è angosciato da un mondo in cui la modernizzazione gli fa paura perché mette in discussione certi valori"), naturalmente a modo suo. Da luglio l'offerta Famiglia cambierà e gli sconti sui biglietti non riguarderanno più la sola rigida e monolitica famiglia ma tutti i gruppi da 3 a 5 persone costituiti da almeno un adulto e un ragazzo. Con buona pace del papa.
Sento la chiave girare nella toppa, il Capo è tornato. Sbuffa come il Lokomotiv Mosca, dice che non ne può più e se ne va a Gravo (?) a farsi baciare dal sole, dal mare e dai pappataci. Ha passato il dito su tutti i mobili della casa, rimproverandomi di non aver spolverato nulla: "Sono Lema, sai? Non li fanno più così!". Ora si lamenta anche del blog, mi accusa perfino di aver scardinato le Categorie del Tempo e i Fusi Orari dell'Universo Mondo. A me pare che Haloscan sia semplicemente entrato in una bolla spazio-temporale, rotolando ovunque.
Ecco, lo sapevo:
- Hai sete, vuoi bere?
- No, grazie.
- Ecco qua.
Davanti a me, sulla scrivania, troneggia minaccioso e sfrigolante un bicchiere grande come un secchiello da ghiaccio, colmo di acqua e idrolitina, additivo chimico di cui la signora Miru abusa in quantità industriali. "Mi piace, conferisce all'acqua un lieve gusto salato", trilla. Mi saluta ed esce di casa, trascinando a fatica un'enorme borsa da mare. Bene. Questo bicchiere fa la fine degli altri, nel vaso dell'agonizzante girasole.
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