Sugli attentati di Mumbai io mi starei anche impegnando: il più è distriscarsi dalla gigantesca, irritante, allergenica fuffa complottista per cercare di mettere ordine tra i fatti e trovare buoni commenti e analisi. Al momento però i risultati sono scarsi: mentre mi dilungavo a decifrare il promettente incipit "Maratha warriors like Bal Thakrey and his Shiv Sainiks and Raj Thakrey and his MNS Sainiks were seen nowhere in action of saving their very own Marathi Manush Mumbai" sono solo riuscita a bruciare le zucchine.
Ricapitolando.
1. Ci sono i Deccan Mujaheddin, autori della rivendicazione, ma non si sa esattamente chi siano né cosa vogliano.
2. C'è l'organizzazione militante Laskar-e Toiba (LeT).
3. C'è il Pakistan. Il comandante delle operazioni all'hotel Oberoi ha subito detto che a quanto pare i terroristi venivano dal Pakistan. Cioè, loro dicevano di essere di Hyderabad, ma mentivano. Loro. Insomma. Uno, ce n'è da torturare.
4. C'è il terrorismo islamico interno: gli indiani avrebbero anche arrestato dei simpatizzanti del SIMI, il Movimento degli Studenti Islamici.
5. C'è il grande boss della criminalità di Mumbai, nonché ex uomo della CIA in Afghanistan al tempo della guerra contro i sovietici, Dawood Ibrahim. Terrorismo, riciclaggio di denaro sporco, casinò, narcotraffico, sospetti contatti con la mafia siciliana, soggetto per vari film di Bollywood, parziale ispirazione per un personaggio di Salman Rushdie, forse addirittura già morto: ormai questo Ibrahim io me lo sogno la notte (son belle sparatorie).
6. Ci sono i servizi segreti pakistani.
7. C'è al-Qaeda.
8. C'è la CIA.
9. C'è il Mossad (quello ovunque, peggio dei lettini di rucola negli anni Novanta).
10. Ci sono i militanti indù.
11. Ci sono perfino i separatisti maoisti.
12. E i tailandesi e i somali, via.
Quanta gente.
Sembra la cena della vigilia da mia suocera.
Se stessimo al cinema sarebbe un film tratto da Giochi Sacri di Vikram Chandra. Girato da David Lynch, però.
Non so quando, non so dove e non so come ma aggiornare aggiorno. Lorsignori restino comodi.
Firmato:
La Cuoca di Lenin.
[Zucchine bruciacchiate? Non buttatele, aggiungeteci della provola affumicata e spalancate le finestre].
[continua]
E rieccomi con la scoperta di un bel pezzo di Yoginder Sikand, esperto di Islam e di rapporti interreligiosi in India e aspramente critico nei confronti dell'Hindutva, l'ideologia nazionalista che promuove la supremazia indù. Spiega come si è formato il Lashkar-e Toiba e la sua pericolosa concezione del jihad armato, fa un po' di utile contesto e aggiunge qualche saggia considerazione finale, citando ma tutto sommato tenendo a bada le teorie del complotto su CIA e Mossad. Appena ho tempo posto tutto su 2.0, ma per ora lo trovate su Tlaxcala, qui:
Mumbai sotto assedio, di Yoginder Sikand.
[continua]
Comunque ve l'avevo detto, che Dawood Ibrahim avevo cominciato a sognarmelo la notte.
Che ci sia o no lil suo zampino (e secondo il solitamente bene informato Wayne Madsen, il cui blog è accessibile solo agli abbonati, ci sarebbe) vale comunque la pena di leggere l'ennesimo istruttivo caso di amicizia USA andata a male. Da figlio di poliziotto a re della criminalità di Bombay, a uomo dei servizi americani e pakistani, per poi riconvertirsi in vendicatore e figura di proporzioni bollywoodiane. È addirittura più fotogenico di bin Lade, ha ispirato l'Abraham Zogoiby di Rushdie e il Suleiman Isa di Chandra, più qualche film. Forse adesso è morto. Il che aggiunge un vago charme all'imprendibilità del personaggio.
Dawood Ibrahim: una mente criminale dietro l'incubo di Mumbai?, di Yoichi Shimatsu.
[continua]
Sempre a proposito di Ibrahim (e qua attenti che entriamo nella conspiracy hardcore) il Wayne Madsen di cui parlavo poco fa non solo è stato il primo a puntare su questa pista.
Madsen si concentra anche sulla Chabad House, il centro ebraico dove sono stati uccisi il rabbino e sua moglie. Ibrahim, dice Madsen, sospettava che la mafia israeliana stesse complottando con le bande criminali estremiste indù per soppiantarlo sulla piazza di Mumbai.
Ma la cosa più interessante è che Madsen fa una breve storia delle Chabad House, usate non solo come rifugi e centri logistici per i servizi segreti israeliani ma anche come copertura di attività criminali. La ricostruzione di Madsen si basa su notizie d'agenzia, dunque vale la pena di riportarla. Nel marzo del 1989 la polizia statunitense sgominò una rete criminale a Seattle, Los Angeles, nel New Jersey, in Colombia e Israele che coinvolgeva anche una Chabad House, responsabile di riciclaggio di denaro sporco.
Adi Tal, ex dipendente della linea aerea israeliana El Al emigrato negli Stati Uniti da Israele nel 1983, e il suo braccio destro Nir Goldeshtein, furono giudicati colpevoli dal Tribunale distrettuale di Newark per il riciclaggio di 25 milioni di dollari. Il denaro veniva mandato a Panama e in Colombia e poi esportato illegalmente in Gran Bretagna, Germania Ovest e Israele sotto forma di assegni, assegni circolari, vaglia postali e contanti. Il denaro era poi trasferito su conti panamensi. Tal e Goldeshtein vivevano a Edison, New Jersey, dove si erano trasferiti da Seattle. Goldeshtein aveva tentato di depositare 437.000 dollari nella filiale londinese di Citibank.
I federali dissero che Tal era in combutta con Jose Stroh, specializzato in riciclaggio di denaro sporco per il cartello colombiano di Cali. Furono incriminate sedici persone, ma cinque non vennero mai prese. Di queste cinque, Nir Levy, Rea Lev-Ari e Dov Feldman fuggirono in Israele ed evitarono l'estradizione negli Stati Uniti. Tra i fuggiaschi c'era il reclutatore di Tal, l'israeliano Enrique Korc. Tra gli incriminati c'era il rabbino Sholom Levitin, fondatore e capo della Chabad House di Seattle. Tal disse che il soldi riciclati erano "investimenti" israeliani e Levitin negò che la loro provenienza fosse illegale.
Tal avrebbe detto ai suoi uomini, in prevalenza israeliani, che "il denaro veniva da Israele e serviva per investimenti negli Stati Uniti" o che "aveva in qualche modo a che fare con il Mossad, i servizi segreti israeliani".
Secondo una notizia UPI del 17 marzo 1989, uno degli israeliani incriminati e giudicato colpevole, l'ex capitano dell'aeronautica israeliana Moshe Begim, raccontò che gli avevano detto che i soldi erano del Mossad e servivano a finanziare guerriglieri anticomunisti in America Centrale. Gli inquirenti descrissero Begim e un altro membro della banda israeliana, Baruch Zeltzer, rispettivamente come i capi delle operazioni di Los Angeles e Seattle operations. Zeltzer viveva alla Chabad House di Seattle. Fu giudicato colpevole e condannato anche un altro ex militare israeliano che risiedeva a Seattle, Avsholom Hazan. Due israeliani che avevano preso parte all'operazione di Begim a Los Angeles, Alon Redko e Guy Marom, ex membro della Forza di Difesa israeliana, furono anch'essi condannati. La maggior parte degli israeliani incriminati aveva fatto parte del personale di El Al.
Nel 2007 la polizia israeliana arrestò dei capi Chabad per riciclaggio di denaro sporco. Un canale televisivo israeliano riferì che uno dei sospettati di riciclaggio era Arkadi Gaydamak, un mafioso russo-israeliano che si era anche candidato senza successo a sindaco di Gerusalemme. Tra gli arrestati c'era Yosef Aharanov, direttore della Young Chabad Association, che secondo il JPost era stato a capo della campagna Chabad "Bibi is Good for the Jews", che appoggiava la candidatura di Binyamin Netanyahu a Primo Ministro nel 1996.
Ci sono Chabad House a Bogota e Barranquilla, Colombia; La Paz, Bolivia; Kinshasa, Congo; San Jose, Costa Rica; Santo Domingo, Repubblica Dominicana; Quito, Ecuador; Tbilisi, Georgia; Baku, Quba, e Sumqait, Azerbaijan; Pechino, Guangzhou, Shanghai e Hong Kong, China; Guatemala City, Guatemala; Luang Prabang, Laos; Cancun e Tijuana, Mexico; District Thamel di Kathmandu, Nepal; Cusco e Lima, Peru; Chiang Mai, Phuket e Koh Samui, Thailand; Caracas, Venezuela; e Ho Chi Minh City, Vietnam.
In aggiunta a Mumbai, in India ci sono Chabad House a Bangalore, Goa e Manali.
Fonte: WMR
[Valeva la pena di riassumerlo, secondo me. Ci ho perfino ritrovato Arkadi Gaydamak (ecco un'altra delle sue imprese)]
Aggiornamento del 2 dicembre:
Dopo il fatidico lancio della moneta, le traduzioni, i post di sintesi e gli approfondimenti si trasferiscono su mirumir 2.0.
domenica, novembre 30, 2008
venerdì, novembre 28, 2008
Ci stan camin che fumano
Sempre a proposito di perigliosi viaggi in battello, un classico Baedeker: il Traveller's Manual of conversation in four languages, English, French, German, Italian. With vocabulary, short questions, etc (1896).
Nell'imbarcarsi, e di quel che succede in mare
Entrino, signori, nella scialuppa; badino a non farsi male.
Mi pare che il mare sia agitato di molto. Il vascello si è molto inoltrato in mare, e se mai avessimo una scionata, la scialuppa potrebbe capovolgersi, prima che fossimo arrivati.
Non c'è pericolo.
Non vi è da temere.
Ciò non è nulla.
Eccoci giunti al vascello; ma avete durato gran fatica, avete dovuto remigar molto.
Il vento cresce. Mirate quell'onda spaventevole che viene ad infrangersi contro la nostra nave. Temo che avremo una burrasca: il cielo è molto fosco verso ponente.
Il mare è molto fiero; le onde sono burrascose; il moto del vascello mi rivolge lo stomaco; mi duole la testa.
Ho un gran dolor di capo.
La puzza di catrame mi fa male.
Fiuti un po' d'acqua di Cologna, che le farà bene.
Ho gran voglia di recere.
Bea una goccia di essenza di ginepro, che le sarà di sollievo forticandole lo stomaco.
Sono debole assai; voglio coricarmi in branda.
Sì, si corichi, che le farà bene.
Sto un poco meglio, il riposo mi ha fatto bene.
Il vento si è anche calmato, ed il mare è tranquillo.
Come si chiama quest'uccello?
È un gabbiano.
Mi pare che dovremmo bentosto scorgere la spiaggia, perché sono già dieci ore che siamo in viaggio.
Ed è già un pezzo che vediamo la spiaggia.
Dov'è?
Laggiù quella parte nuvolosa e turchiniccia.
Ah sì! Distinguo adesso molto bene la terra col mezzo del mio telescopio.
Che bastimento è quello che si avvicina a noi?
È la barca della dogana.
Sbarco
Eccoci giunti finalmente sani e salvi; ma abbiamo però corso qualche pericolo; che ne dite, signor capitano?
Anzi, signori: abbiamo fatto buonissimo viaggio. Abbiamo fatto in un giorno e mezzo quel che di solito si fa in tre, quattro, ed in cinque giorni.
[L'insuperabile "Ho gran voglia di recere" gareggia con l'inglese "I am very much inclined to be sick"].
Nell'imbarcarsi, e di quel che succede in mare
Entrino, signori, nella scialuppa; badino a non farsi male.
Mi pare che il mare sia agitato di molto. Il vascello si è molto inoltrato in mare, e se mai avessimo una scionata, la scialuppa potrebbe capovolgersi, prima che fossimo arrivati.
Non c'è pericolo.
Non vi è da temere.
Ciò non è nulla.
Eccoci giunti al vascello; ma avete durato gran fatica, avete dovuto remigar molto.
Il vento cresce. Mirate quell'onda spaventevole che viene ad infrangersi contro la nostra nave. Temo che avremo una burrasca: il cielo è molto fosco verso ponente.
Il mare è molto fiero; le onde sono burrascose; il moto del vascello mi rivolge lo stomaco; mi duole la testa.
Ho un gran dolor di capo.
La puzza di catrame mi fa male.
Fiuti un po' d'acqua di Cologna, che le farà bene.
Ho gran voglia di recere.
Bea una goccia di essenza di ginepro, che le sarà di sollievo forticandole lo stomaco.
Sono debole assai; voglio coricarmi in branda.
Sì, si corichi, che le farà bene.
Sto un poco meglio, il riposo mi ha fatto bene.
Il vento si è anche calmato, ed il mare è tranquillo.
Come si chiama quest'uccello?
È un gabbiano.
Mi pare che dovremmo bentosto scorgere la spiaggia, perché sono già dieci ore che siamo in viaggio.
Ed è già un pezzo che vediamo la spiaggia.
Dov'è?
Laggiù quella parte nuvolosa e turchiniccia.
Ah sì! Distinguo adesso molto bene la terra col mezzo del mio telescopio.
Che bastimento è quello che si avvicina a noi?
È la barca della dogana.
Sbarco
Eccoci giunti finalmente sani e salvi; ma abbiamo però corso qualche pericolo; che ne dite, signor capitano?
Anzi, signori: abbiamo fatto buonissimo viaggio. Abbiamo fatto in un giorno e mezzo quel che di solito si fa in tre, quattro, ed in cinque giorni.
[L'insuperabile "Ho gran voglia di recere" gareggia con l'inglese "I am very much inclined to be sick"].
giovedì, novembre 27, 2008
Là in mezzo al mar
Dal Manualetto della Lingua Russa con la pronunzia figurata, 1906.
In battello, frasi utili
Non voglio mangiare; mi sento male; mi viene da vomitare; soffro il mal di mare; vado a coricarmi.
Un segnale di campana; una collisione; siamo arenati; un guasto in macchina; un incendio; è l'ora del pranzo.
In battello, frasi utili
Non voglio mangiare; mi sento male; mi viene da vomitare; soffro il mal di mare; vado a coricarmi.
Un segnale di campana; una collisione; siamo arenati; un guasto in macchina; un incendio; è l'ora del pranzo.
mercoledì, novembre 26, 2008
Esercizio tolstojano
Dal Manualetto della Lingua Russa con la pronunzia figurata, 1906.
Un tale morendo lascia 24591 rubli; al maggiore figlio lega la quarta parte della somma, al secondo il terzo, al terzo i tre ottavi, il resto ai poveri.
Quanto rimane ai poveri?
Un tale morendo lascia 24591 rubli; al maggiore figlio lega la quarta parte della somma, al secondo il terzo, al terzo i tre ottavi, il resto ai poveri.
Quanto rimane ai poveri?
martedì, novembre 25, 2008
La minuta del giorno
Da Manualetto della Lingua Russa con la pronunzia figurata
(ristampa anastatica di edizione del 1906, regalo di Prezioso Bracciodestro)
All'albergo, ecc.
C'è pranzi in comune? A che ora?
Si può avere il pranzo qui?
Portatemi la minuta.
Dov'è la sala da pranzo?
Portatemi del sapone, un asciugamani, dell'acqua, dei fiammiferi, una candela, un lume, un paralume.
Dov'è la chiave? La bugia? Il cesso?
Fino a che ora si può star fuori la notte?
C'è un chiavino per la porta di strada?
[Grammatiche e frasari anzianotti, mia segreta passione]
(ristampa anastatica di edizione del 1906, regalo di Prezioso Bracciodestro)
All'albergo, ecc.
C'è pranzi in comune? A che ora?
Si può avere il pranzo qui?
Portatemi la minuta.
Dov'è la sala da pranzo?
Portatemi del sapone, un asciugamani, dell'acqua, dei fiammiferi, una candela, un lume, un paralume.
Dov'è la chiave? La bugia? Il cesso?
Fino a che ora si può star fuori la notte?
C'è un chiavino per la porta di strada?
[Grammatiche e frasari anzianotti, mia segreta passione]
I Migliori Cervelli d'America
E dai, si temeva Larry Summers al Tesoro, invece è finito soltanto al Consiglio nazionale per l'economia.
Larry Summers! (di Mark Ames non si butta mai via niente).
Larry Summers! (di Mark Ames non si butta mai via niente).
lunedì, novembre 24, 2008
Brutto Posto di Confine Vanta Bellezza Interiore, Digos si Dissocia
Se chiedete a un goriziano della sua città farà il possibile per convincervi ad andarvene. Allargherà le braccia, atteggerà il volto alla sua migliore espressione tendenza Basaglia e si giustificherà così:
"Siamo indietro su tutto",
o anche
"Abbiamo solo il castello, ma è finto",
oppure, se va di fretta:
"A Gorizia non c'è niente".
Da tre anni questo brutto posto di confine si riempie per qualche giorno di cultura gratis: mostre, cinema, poesia, profezie, emozioni, letteratura, economia, ideologia, musica, psicanalisi, vino. Il pubblico è attento, divertito e molto vario, in ogni caso diverso dal Genere Grandi Eventi, quello che fa numero e bivacca disorientato fotografando col flash gente vista alla tv.
Grazie signor Princis, grazie associazione ex-border.
Noi si apprezza tanto, soprattutto di questi tempi.
Firmato: La Cuoca di Lenin.
[Un commosso ringraziamento anche ai due zelanti agenti della Digos che nella notte tra venerdì e sabato hanno tirato giù dal letto Mario Capanna nella sua stanza d'albergo alla Transalpina ("Come mai a Gorizia? Cosa deve fare qui? Intende andare in Slovenia?"). Alle due di notte. Mario Capanna. Adesso ditemi voi].
"Siamo indietro su tutto",
o anche
"Abbiamo solo il castello, ma è finto",
oppure, se va di fretta:
"A Gorizia non c'è niente".
Da tre anni questo brutto posto di confine si riempie per qualche giorno di cultura gratis: mostre, cinema, poesia, profezie, emozioni, letteratura, economia, ideologia, musica, psicanalisi, vino. Il pubblico è attento, divertito e molto vario, in ogni caso diverso dal Genere Grandi Eventi, quello che fa numero e bivacca disorientato fotografando col flash gente vista alla tv.
Grazie signor Princis, grazie associazione ex-border.
Noi si apprezza tanto, soprattutto di questi tempi.
Firmato: La Cuoca di Lenin.
[Un commosso ringraziamento anche ai due zelanti agenti della Digos che nella notte tra venerdì e sabato hanno tirato giù dal letto Mario Capanna nella sua stanza d'albergo alla Transalpina ("Come mai a Gorizia? Cosa deve fare qui? Intende andare in Slovenia?"). Alle due di notte. Mario Capanna. Adesso ditemi voi].
giovedì, novembre 20, 2008
Quattro volte Žižek
mercoledì, novembre 19, 2008
SOFA, So Good?
Questo post serve a raccogliere un po' di link e fondamentalmente a giustificare il gioco di parole nel titolo.
Tre giorni fa i media hanno diffuso la notizia dell'approvazione da parte del governo iracheno del SOFA (Status of Forces Agreement, Accordo sullo Status delle Forze Armate) con gli Stati Uniti. Si è scritto che l'accordo prevede il ritiro totale delle truppe USA dall'Iraq entro la fine del 2011.
Innanzitutto cos'è un SOFA lo capite benissimo qui dallo Zio che riporta alcuni utili estratti da Nemesi di Chalmers Johnson.
Fatto?
Se nel frattempo vi è sorta la domanda "Ma allora è possibile che gli Stati Uniti trovino il modo di garantirsi delle basi permanenti all'estero senza dover passare per l'approvazione del Congresso?", allora sappiate che la risposta è: sì, grazie ai SOFA.
Fatto?
Si parla spesso di un solo accordo, come osserva la Berrigan nel suo pezzo, ma in realtà gli accordi firmati sono due: il SOFA e lo Strategic Framework Agreement (Accordo quadro strategico): "un quadro strategico a lungo termine che [...] definirebbe per anni le relazioni tra i due paesi nei settori dell''economia, cultura, scienza, tecnologia, sanità e commercio'", secondo le parole del negoziatore americano, l'ambasciatore Crocker (fonte Reuters).
Come nota Moon of Alabama, però, il portavoce del primo ministro iracheno Al Maliki ha parlato anche di "aspetti legali e giudiziari".
Dunque, dov'è che si trova questo SFA? Si può leggere? Pare di no.
Non è che, come osserva sempre MoB, il SOFA di cui tutti parlano finirà per essere uno specchietto per le allodole mentre i veri piani strategici sull'Iraq si decidono da un'altra parte?
Un minuto di mumble mumble complottista.
Fatto?
Per tornare al SOFA, è interessante notare che non è ancora stato diffuso ufficialmente (sapete, tipo su un sito del governo statunitense). Il testo è stato pubblicato da Al Sabah di Baghdad, e il blogger e giornalista Raed Jarrar rimanda alla sua traduzione in inglese.
Fatti che meritano attenzione:
L'agenzia di informazione iraniana Fars è stata tra i primi a diffondere il testo in arabo (fonte: Missing Links); inoltre le autorità religiose iraniane avrebbero espresso approvazione riguardo l'accordo. Viene da pensare, come scrive Helena Cobban, che la permanenza delle truppe americane in Iraq fino alla fine del 2011 sia considerata come una garanzia che per i prossimi tre anni nessuno a Washington deciderà di attaccare l'Iran; lo proverebbe la rapidità con cui le principali fazioni del governo iracheno - pesantemente influenzate dall'Iran - hanno approvato questo SOFA.
La portavoce della Casa Bianca Dana Perino ha già detto che il "termine ultimo" citato dall'accordo è solo "aspirational", "un'aspirazione".
In rete si trova anche il testo dell'accordo con tanto di modifiche e revisioni (il file .pdf sta sempre dallo zio, io il file word l'ho caricato qui), che sono segnate in rosso.
È giunto il momento della traduzione breve ma illuminante?
Credo di sì. Secondo Chris Floyd il SOFA servirebbe a creare un'utile illusione che la guerra sia ormai magicamente alle spalle e la renderà meno visibile alla coscienza pubblica; e visto che le "aspirazioni" espresse nell'accordo dipendono dalle "circostanze" e le circostanze in tempo di guerra cambiano, Obama avrà abbondante spazio di manovra per decidere che l'America è più sicura se le truppe restano. L'epoca del pensiero magico: la cortina di fumo del SOFA e il potere presidenziale.
E così, a quanto pare,
indipendentemente dai contenuti del SOFA, presto il nuovo presidente degli Stati Uniti avrà la facoltà esecutiva di modificarlo: dunque Obama potrà tenere le truppe in Iraq per tutta la durata della sua amministrazione, e di questo deve essere grato a Bush, che ha fatto sì che l'accordo non raggiungesse mai lo status di un trattato e dunque non sia soggetto a dibattito e voto al Congresso.
E infine, la parola del giorno: aspirational, \ˌas-pə-ˈrā-sh(ə-)nəl\
Da aspiration, \ˌas-pə-ˈrā-shən\
3 a: a strong desire to achieve something high or great.
Il tutto, come sempre, li nobilita.
Tre giorni fa i media hanno diffuso la notizia dell'approvazione da parte del governo iracheno del SOFA (Status of Forces Agreement, Accordo sullo Status delle Forze Armate) con gli Stati Uniti. Si è scritto che l'accordo prevede il ritiro totale delle truppe USA dall'Iraq entro la fine del 2011.
Innanzitutto cos'è un SOFA lo capite benissimo qui dallo Zio che riporta alcuni utili estratti da Nemesi di Chalmers Johnson.
Fatto?
Se nel frattempo vi è sorta la domanda "Ma allora è possibile che gli Stati Uniti trovino il modo di garantirsi delle basi permanenti all'estero senza dover passare per l'approvazione del Congresso?", allora sappiate che la risposta è: sì, grazie ai SOFA.
Fatto?
Si parla spesso di un solo accordo, come osserva la Berrigan nel suo pezzo, ma in realtà gli accordi firmati sono due: il SOFA e lo Strategic Framework Agreement (Accordo quadro strategico): "un quadro strategico a lungo termine che [...] definirebbe per anni le relazioni tra i due paesi nei settori dell''economia, cultura, scienza, tecnologia, sanità e commercio'", secondo le parole del negoziatore americano, l'ambasciatore Crocker (fonte Reuters).
Come nota Moon of Alabama, però, il portavoce del primo ministro iracheno Al Maliki ha parlato anche di "aspetti legali e giudiziari".
Dunque, dov'è che si trova questo SFA? Si può leggere? Pare di no.
Non è che, come osserva sempre MoB, il SOFA di cui tutti parlano finirà per essere uno specchietto per le allodole mentre i veri piani strategici sull'Iraq si decidono da un'altra parte?
Un minuto di mumble mumble complottista.
Fatto?
Per tornare al SOFA, è interessante notare che non è ancora stato diffuso ufficialmente (sapete, tipo su un sito del governo statunitense). Il testo è stato pubblicato da Al Sabah di Baghdad, e il blogger e giornalista Raed Jarrar rimanda alla sua traduzione in inglese.
Fatti che meritano attenzione:
L'agenzia di informazione iraniana Fars è stata tra i primi a diffondere il testo in arabo (fonte: Missing Links); inoltre le autorità religiose iraniane avrebbero espresso approvazione riguardo l'accordo. Viene da pensare, come scrive Helena Cobban, che la permanenza delle truppe americane in Iraq fino alla fine del 2011 sia considerata come una garanzia che per i prossimi tre anni nessuno a Washington deciderà di attaccare l'Iran; lo proverebbe la rapidità con cui le principali fazioni del governo iracheno - pesantemente influenzate dall'Iran - hanno approvato questo SOFA.
La portavoce della Casa Bianca Dana Perino ha già detto che il "termine ultimo" citato dall'accordo è solo "aspirational", "un'aspirazione".
In rete si trova anche il testo dell'accordo con tanto di modifiche e revisioni (il file .pdf sta sempre dallo zio, io il file word l'ho caricato qui), che sono segnate in rosso.
È giunto il momento della traduzione breve ma illuminante?
Credo di sì. Secondo Chris Floyd il SOFA servirebbe a creare un'utile illusione che la guerra sia ormai magicamente alle spalle e la renderà meno visibile alla coscienza pubblica; e visto che le "aspirazioni" espresse nell'accordo dipendono dalle "circostanze" e le circostanze in tempo di guerra cambiano, Obama avrà abbondante spazio di manovra per decidere che l'America è più sicura se le truppe restano. L'epoca del pensiero magico: la cortina di fumo del SOFA e il potere presidenziale.
E così, a quanto pare,
indipendentemente dai contenuti del SOFA, presto il nuovo presidente degli Stati Uniti avrà la facoltà esecutiva di modificarlo: dunque Obama potrà tenere le truppe in Iraq per tutta la durata della sua amministrazione, e di questo deve essere grato a Bush, che ha fatto sì che l'accordo non raggiungesse mai lo status di un trattato e dunque non sia soggetto a dibattito e voto al Congresso.
E infine, la parola del giorno: aspirational, \ˌas-pə-ˈrā-sh(ə-)nəl\
Da aspiration, \ˌas-pə-ˈrā-shən\
3 a: a strong desire to achieve something high or great.
Il tutto, come sempre, li nobilita.
lunedì, novembre 17, 2008
Well I woke up this morning
La mia attività onirica bulgakoviana vi è ormai nota. Ultimamente ho chiesto un po' in giro, ché fare così tanti sogni e così strani richiede un minimo di organizzazione. Per esempio, è qualcosa che mangio o che non mangio? Vitamine in difetto o in eccesso? È il latte? Ci sono tracce di LSD nel Sensodyne? È il momento particolare della mia vita dominata da Saturno e il fatto che mai come ora sembri sceneggiata da uno a metà tra Calavera e Topo Gigio (cit. L.), cioè tra un adorabile sadico e un roditore biondo con spaventose carenze affettive?
Così ho chiesto in giro.
Solo che a chiedere in giro si ricevono le risposte più strane. Dice che questi sono sogni lucidi, che a volte capita anzi di non essere certi se si è svegli o se si sta sognando, dice che per questo ci sono perfino delle tecniche. A me queste tecniche sembrano sceme. La tecnica numero uno è abituarsi a controllare l'ora a intervalli regolari durante la giornata: così lo si farà anche durante il sogno, per accorgersi che nei sogni gli orologi fanno cose strane, e non tengono mai le lancette o i led al posto giusto. Ma chi lo porta mai, l'orologio.
La seconda tecnica è ancora più scema. Quando non si è certi se si stia sognando bisogna osservarsi le mani. Se mancano delle dita o ce ne sono d'avanzo si sogna. Grazie tante.
Questa tecnica mi sembrava così strampalata che l'ho esposta anche a M., e che vi devo dire: a noi questa roba alla Castaneda ci lascia più scettici di Focus. Del resto: mandateci a un seminario di sciamanesimo mesoamericano e dopo due ore stiamo già organizzando una corsa di fagioli salterini, un mini-torneo di Texas Hold'em o anche un banale giro di Mezcal.
E proprio a gente così devono capitare i sogni lucidi.
Fatto sta che da un po' di tempo sogno che spariscono le cose. C'è il sogno senza sale, il sogno senza carta, il sogno senza acqua.
Di sogni senza acqua ce ne sono due.
Variante uno, manca l'acqua ma fuori piove. L'acqua che piove però [inserire motivo qui: è acida, è salata, è solida] non è potabile e la sognante lucida si avvia a morte sicura.
Variante due, manca l'acqua ma piove in casa e l'acqua che piove non è potabile [inserire motivo qui: è tossica, è bollente, sembra acqua ma non lo è]; la sognante lucida anche qui si avvia a morte sicura.
In questi sogni è spesso presente mio padre, che nella vita reale è quello in grado di risolvere le cose con un cacciavite, un tronchesino, un deviatore, del nastro isolante o un po' di stucco. Ma lui nei sogni lucidi guarda in su e scuote la testa.
È l'alba e sento uno sgocciolio insistente.
Accendo la luce. Il Signor G. mi sta accucciato accanto, sveglio e con uno sguardo in cui leggo "che cazzo è", "dormo di qua perché di là c'è casino" e "sei tu il capo".
Raggiungo il soggiorno. Lo sgocciolio è sempre più forte e comincio a sentire un forte odore di muffa e umidità. Allungo la mano per accendere la lampada a soffitto. Cortocircuito. Il pavimento è bagnato, lo sgocciolio continua, sento odore di muri fradici e di incubo. Ed è buio pesto, il che significa che non posso neanche contarmi le dita delle mani.
Se fosse un sogno lucido in questo momento enterebbe tranquillo tranquillo M. armato di una delle sue battute oniriche tipo "mi dicono che qui si pescano cefali niente male" o "stellina, guarda che ti si sono arricciati i capelli".
Ma niente.
Comincio dunque a pensare di essere sveglia e nel mezzo di un dramma domestico.
Un'ora dopo ho già in mano alcune informazioni utili: l'impianto di riscaldamento dell'appartamento del piano di sopra ha deciso di scaricare il suo contenuto d'acqua su casa mia; il salvavita è scattato perché l'acqua scendeva dalla lampada a soffitto (e non so voi, ma a me il binomio acqua+elettricità sa di morte stupida; tra le cose che mi fanno paura lo metterei subito dopo gli scorpioni ma molto prima dei clown bianchi); da una metratura consistente del soffitto del soggiorno, della cucina e dello studio, e cioè di due terzi della casa, scende filtra zampilla e sgocciola tanta acqua evidentemente non potabile.
Sembra di stare in un film di Tarkovskij.
Accanto a me ci sono l'affranto vicino del piano di sopra e l'affranta sua moglie. Poco dopo si accodano mesti i vicini del piano di sotto, perché il Rio de la Plata ha raggiunto anche loro. Tutti lì, in pigiama, lividi, spettinati e con le torce in mano a prenderci gli schizzi e a chiederci quanto dureranno. Nel frattempo abbiamo chiuso l'acqua ai vicini, messo la caldaia assassina in condizioni di non nuocere e stabilito dei turni di guardia.
A quel punto arriva mio padre con un set di cacciaviti per smontaggio lampada e riattivazione corrente elettrica.
L'acqua continua a venir giù. Il pubblico è ora costituito da vicini affranti con anziana suocera al seguito, altri vicini preoccupati, signora morta, figlia della signora morta, bambina del pianoforte, bambina del flauto dolce e anche dentista del pianterreno (perché l'acqua quando si infiltra si infiltra).
Il signor G. ha conquistato un'altura (il lettore dvd) e assiste alla scena con l'aria di pensare "e a me tante storie per una pisciatina".
A quel punto riappare mio padre, questa volta armato di trapano, perché state certi che se c'è un lavoro impopolare da fare lui è pronto a farlo, anche se si tratta di bucare il soffitto. E di bucarlo più volte, visto che tra mio padre e il corso d'acqua c'è una trave che rompe i coglioni.
Una volta bucato il soffitto scendono, non per vantarci, 150 litri d'acqua, cioè sei secchiate da venticinque litri goccia più goccia meno.
Restiamo tutti incantati come davanti alle fontane di Versailles o al presepe più bagnato del mondo, a raccontarci storie di spandimenti, infiltrazioni, scarichi della lavastoviglie malamente innestati, calcare e lavatrici, trapani anarchici e tubature compiacenti.
Poi, silenzio.
Poi, la voce di mio padre: "E pensare quanto abbiamo faticato per avere l'acqua corrente in casa".
L'acqua, finalmente stanca di correre, si ferma.
Adesso c'è solo una libreria enorme da svuotare e un pavimento da asciugare. Ho passato il phon sulle stampe di Utamaro. Ho consolato il vicino affranto che tra una foto e l'altra ("per l'assicurazione") covava ormai propositi suicidi:
- Che disastro, ci vorranno mesi perché si asciughi tutto.
- Tranquillo, sono cose che si risolvono.
- E questo odore di muri bagnati, terribile.
- Ma no.
- Troppo gentile, troppo gentile! Pago tutto, danni diretti e indiretti!
- Però adesso non si metta a piangere che qua è già abbastanza umido.
Se vedete Saturno, o anche Topo Gigio, ditegli di piantarla. Col Calavera me la vedo io.
18.37.
Fortunatamente è stata una giornata serena e ventosa.
Peccato solo che faccia buio presto.
Peccato anche che - per un fenomeno meteorologico cui non mi sento di dar torto - sul soggiorno sia calata una fitta nebbia. Mia madre, che era passata per rendersi utile ("hai mica bisogno che ti lavo i vetri?"), ha appena tamponato il signor G. dopo una manovra azzardata e ora tenta la via della constatazione amichevole.
Ma io sono sorprendentemente calma.
Mi conto le dita.
Dieci.
Cazzo.
Così ho chiesto in giro.
Solo che a chiedere in giro si ricevono le risposte più strane. Dice che questi sono sogni lucidi, che a volte capita anzi di non essere certi se si è svegli o se si sta sognando, dice che per questo ci sono perfino delle tecniche. A me queste tecniche sembrano sceme. La tecnica numero uno è abituarsi a controllare l'ora a intervalli regolari durante la giornata: così lo si farà anche durante il sogno, per accorgersi che nei sogni gli orologi fanno cose strane, e non tengono mai le lancette o i led al posto giusto. Ma chi lo porta mai, l'orologio.
La seconda tecnica è ancora più scema. Quando non si è certi se si stia sognando bisogna osservarsi le mani. Se mancano delle dita o ce ne sono d'avanzo si sogna. Grazie tante.
Questa tecnica mi sembrava così strampalata che l'ho esposta anche a M., e che vi devo dire: a noi questa roba alla Castaneda ci lascia più scettici di Focus. Del resto: mandateci a un seminario di sciamanesimo mesoamericano e dopo due ore stiamo già organizzando una corsa di fagioli salterini, un mini-torneo di Texas Hold'em o anche un banale giro di Mezcal.
E proprio a gente così devono capitare i sogni lucidi.
Fatto sta che da un po' di tempo sogno che spariscono le cose. C'è il sogno senza sale, il sogno senza carta, il sogno senza acqua.
Di sogni senza acqua ce ne sono due.
Variante uno, manca l'acqua ma fuori piove. L'acqua che piove però [inserire motivo qui: è acida, è salata, è solida] non è potabile e la sognante lucida si avvia a morte sicura.
Variante due, manca l'acqua ma piove in casa e l'acqua che piove non è potabile [inserire motivo qui: è tossica, è bollente, sembra acqua ma non lo è]; la sognante lucida anche qui si avvia a morte sicura.
In questi sogni è spesso presente mio padre, che nella vita reale è quello in grado di risolvere le cose con un cacciavite, un tronchesino, un deviatore, del nastro isolante o un po' di stucco. Ma lui nei sogni lucidi guarda in su e scuote la testa.
È l'alba e sento uno sgocciolio insistente.
Accendo la luce. Il Signor G. mi sta accucciato accanto, sveglio e con uno sguardo in cui leggo "che cazzo è", "dormo di qua perché di là c'è casino" e "sei tu il capo".
Raggiungo il soggiorno. Lo sgocciolio è sempre più forte e comincio a sentire un forte odore di muffa e umidità. Allungo la mano per accendere la lampada a soffitto. Cortocircuito. Il pavimento è bagnato, lo sgocciolio continua, sento odore di muri fradici e di incubo. Ed è buio pesto, il che significa che non posso neanche contarmi le dita delle mani.
Se fosse un sogno lucido in questo momento enterebbe tranquillo tranquillo M. armato di una delle sue battute oniriche tipo "mi dicono che qui si pescano cefali niente male" o "stellina, guarda che ti si sono arricciati i capelli".
Ma niente.
Comincio dunque a pensare di essere sveglia e nel mezzo di un dramma domestico.
Un'ora dopo ho già in mano alcune informazioni utili: l'impianto di riscaldamento dell'appartamento del piano di sopra ha deciso di scaricare il suo contenuto d'acqua su casa mia; il salvavita è scattato perché l'acqua scendeva dalla lampada a soffitto (e non so voi, ma a me il binomio acqua+elettricità sa di morte stupida; tra le cose che mi fanno paura lo metterei subito dopo gli scorpioni ma molto prima dei clown bianchi); da una metratura consistente del soffitto del soggiorno, della cucina e dello studio, e cioè di due terzi della casa, scende filtra zampilla e sgocciola tanta acqua evidentemente non potabile.
Sembra di stare in un film di Tarkovskij.
Accanto a me ci sono l'affranto vicino del piano di sopra e l'affranta sua moglie. Poco dopo si accodano mesti i vicini del piano di sotto, perché il Rio de la Plata ha raggiunto anche loro. Tutti lì, in pigiama, lividi, spettinati e con le torce in mano a prenderci gli schizzi e a chiederci quanto dureranno. Nel frattempo abbiamo chiuso l'acqua ai vicini, messo la caldaia assassina in condizioni di non nuocere e stabilito dei turni di guardia.
A quel punto arriva mio padre con un set di cacciaviti per smontaggio lampada e riattivazione corrente elettrica.
L'acqua continua a venir giù. Il pubblico è ora costituito da vicini affranti con anziana suocera al seguito, altri vicini preoccupati, signora morta, figlia della signora morta, bambina del pianoforte, bambina del flauto dolce e anche dentista del pianterreno (perché l'acqua quando si infiltra si infiltra).
Il signor G. ha conquistato un'altura (il lettore dvd) e assiste alla scena con l'aria di pensare "e a me tante storie per una pisciatina".
A quel punto riappare mio padre, questa volta armato di trapano, perché state certi che se c'è un lavoro impopolare da fare lui è pronto a farlo, anche se si tratta di bucare il soffitto. E di bucarlo più volte, visto che tra mio padre e il corso d'acqua c'è una trave che rompe i coglioni.
Una volta bucato il soffitto scendono, non per vantarci, 150 litri d'acqua, cioè sei secchiate da venticinque litri goccia più goccia meno.
Restiamo tutti incantati come davanti alle fontane di Versailles o al presepe più bagnato del mondo, a raccontarci storie di spandimenti, infiltrazioni, scarichi della lavastoviglie malamente innestati, calcare e lavatrici, trapani anarchici e tubature compiacenti.
Poi, silenzio.
Poi, la voce di mio padre: "E pensare quanto abbiamo faticato per avere l'acqua corrente in casa".
L'acqua, finalmente stanca di correre, si ferma.
Adesso c'è solo una libreria enorme da svuotare e un pavimento da asciugare. Ho passato il phon sulle stampe di Utamaro. Ho consolato il vicino affranto che tra una foto e l'altra ("per l'assicurazione") covava ormai propositi suicidi:
- Che disastro, ci vorranno mesi perché si asciughi tutto.
- Tranquillo, sono cose che si risolvono.
- E questo odore di muri bagnati, terribile.
- Ma no.
- Troppo gentile, troppo gentile! Pago tutto, danni diretti e indiretti!
- Però adesso non si metta a piangere che qua è già abbastanza umido.
Se vedete Saturno, o anche Topo Gigio, ditegli di piantarla. Col Calavera me la vedo io.
18.37.
Fortunatamente è stata una giornata serena e ventosa.
Peccato solo che faccia buio presto.
Peccato anche che - per un fenomeno meteorologico cui non mi sento di dar torto - sul soggiorno sia calata una fitta nebbia. Mia madre, che era passata per rendersi utile ("hai mica bisogno che ti lavo i vetri?"), ha appena tamponato il signor G. dopo una manovra azzardata e ora tenta la via della constatazione amichevole.
Ma io sono sorprendentemente calma.
Mi conto le dita.
Dieci.
Cazzo.
Palle
Con i carri armati russi a soli 50 chilometri da Tbilisi, il 12 agosto, Sarkozy disse a Putin che il mondo non avrebbe accettato la deposizione del Governo georgiano. Secondo Levitte [Jean-David, consigliere diplomatico di Sarkozy, N.d.T.], il russo non sembrava preoccupato per la reazione internazionale. “Saakashvili lo appenderò per le palle” dichiarò Putin.
Sarkozy pensò di aver capito male. “Appenderlo?” chiese. “Perché no?” disse Putin. “Gli americani hanno appeso Saddam Hussein.”
Sarkozy, dandogli del tu, cercò di ragionarci: “Sì, ma vuoi finire come Bush?”. Putin rimase brevemente interdetto e poi disse: “Ah. Anche tu hai ragione”.
Fonte: The Times
Sarkozy pensò di aver capito male. “Appenderlo?” chiese. “Perché no?” disse Putin. “Gli americani hanno appeso Saddam Hussein.”
Sarkozy, dandogli del tu, cercò di ragionarci: “Sì, ma vuoi finire come Bush?”. Putin rimase brevemente interdetto e poi disse: “Ah. Anche tu hai ragione”.
Fonte: The Times
venerdì, novembre 14, 2008
Le Migliori Menti di Una Generazione, Per Fortuna Non la Mia
- Ti dirò, piaciuti i Soulwax.
- Bello?
- Bello perché vario, spaziano.
- Io ho sentito Craig.
- Techno di Detroit, spacca. Bravo?
- Picchiatissimo.
- E poi un tipo, come si chiama. All'inizio molto tranquillo, poi è cresciuto.
- Alla Grotta com'è?
- Beh, essendo kiccissimo è una figata.
- E il Fly?
- Una menata. Fanno mezz'ora e vanno via.
- Ma il posto migliore era il Sottosopra.
- Fighissimo.
- Ti ricordi il palchetto, che si poteva ancora fumare, sembrava di essere sulle giostre con le luci e il fumo che sapeva, che sapeva... di vaniglia, quasi.
- Figata.
- Peccato che ha chiuso.
- Adesso ha aperto un kebab. Mi pare.
- Cio', e invece Edo lo becco che mi ascolta minimal.
- Non capisce un cazzo, cerca best tracks minimal su emule.
- La minimal dopo dieci minuti ti scassa.
- Anche prima.
- Sai cosa, a me le robe elettro-modaiole non mi piacciono.
- Neanche a me.
- ...
- Vai a Venezia?
- Sì, vado a informarmi per l'esame da avvocato.
- Ah.
- ...
- Anch'io.
"Daju sovety", "Do consigli".
- Bello?
- Bello perché vario, spaziano.
- Io ho sentito Craig.
- Techno di Detroit, spacca. Bravo?
- Picchiatissimo.
- E poi un tipo, come si chiama. All'inizio molto tranquillo, poi è cresciuto.
- Alla Grotta com'è?
- Beh, essendo kiccissimo è una figata.
- E il Fly?
- Una menata. Fanno mezz'ora e vanno via.
- Ma il posto migliore era il Sottosopra.
- Fighissimo.
- Ti ricordi il palchetto, che si poteva ancora fumare, sembrava di essere sulle giostre con le luci e il fumo che sapeva, che sapeva... di vaniglia, quasi.
- Figata.
- Peccato che ha chiuso.
- Adesso ha aperto un kebab. Mi pare.
- Cio', e invece Edo lo becco che mi ascolta minimal.
- Non capisce un cazzo, cerca best tracks minimal su emule.
- La minimal dopo dieci minuti ti scassa.
- Anche prima.
- Sai cosa, a me le robe elettro-modaiole non mi piacciono.
- Neanche a me.
- ...
- Vai a Venezia?
- Sì, vado a informarmi per l'esame da avvocato.
- Ah.
- ...
- Anch'io.
"Daju sovety", "Do consigli".
giovedì, novembre 13, 2008
War Nerd: Congo, il Guerriero Nkunda è 'Nfico
War Nerd: Congo, il Guerriero Nkunda è 'Nfico
di Gary Brecher
Se mai foste interessati a trovare un eroe, ecco come riconoscerlo: i telegiornali ne faranno un mostro 24 ore su 24, 7 giorni su 7. L'eroe mostro di oggi è il generale tutsi Laurent Nkunda, capo delle forze “ribelli” che starebbero “puntando” su Goma nel Congo Orientale.
La BBC, il solo canale di informazione che finga di prendere l'Africa sul serio, ha la sua giornalista predatrice numero uno, Orla Guerin, che sta sul caso Nkunda ogni santo giorno. Forse non conoscete il nome della Guerin ma se vi piacciono le notizie di guerra la riconoscerete perché avrete visto i suoi servizi da qualche zona di morte africana. In quei posti è perfetta, le stanno da Dio. Ha la faccia di un teschio, solo che i teschi sorridono, e un accento da paura che riporta alla mente il porridge freddo e la dannazione degli avanzi del giorno prima.
Non so da dove viene, ma devono aver dato una festa quando se n'è andata. In questo video della BBC c'è Olga che dice quanto sia una vergogna che i “profughi” del Campo di Kibati debbano fare la ressa per il cibo, preoccupati come sono di essere travolti dai “ribelli” di Nkunda. Da come la mettono giù Orla e le altre reti, nel Congo Orientale andava tutto bene finché il capo “ribelle” Nkunda non ha ordinato alle sue truppe di avanzare. Quando i “profughi” innocenti hanno saputo che Nkunda stava per arrivare hanno cominciato a fuggire, creando una “crisi umanitaria”.
Anche i mezzi di informazione cartacei ci stanno dando dentro, come il fogliaccio britannico The Guardian secondo il quale le truppe di Nkunda potrebbero in effetti avere “ucciso civili”, come se fosse una cosa insolita in Africa Centrale. L'articolo del Guardian accenna solo di sfuggita al fatto che i “civili” uccisi si trovavano in una “roccaforte delle milizie hutu”: quelle stesse milizie che uccisero la maggioranza della popolazione tutsi in Ruanda nel 1994. È come se gli ebrei avessero formato un esercito per respingere i nazisti, e quando i poveri nazisti si sono ritirati gli ebrei avessero fatto un'incursione per scoraggiare i “profughi” dal ricadere nella vecchia deprecabile abitudine del genocidio. Che è un'atrocità, certo. Solo che i nazisti, diamogliene atto, hanno avuto coraggio da vendere e hanno combattuto fino all'ultimo uomo; le “milizie” hutu invece hanno saputo solo fare a pezzi neonati e violentare bambine, e sono scappate alle prime voci che il nemico si stava avvicinando. Ecco perché sono ancora in circolazione.
Ogni parola, ogni singola disgustosa dannata parola di questi articoli della BBC e del Guardian è una cazzata. Mi dà la nausea ascoltare di continuo queste bugie. La ragione per cui il piccolo esercito di Nkunda (che dovrebbe contare dai 5000 ai 10.000 uomini) questa settimana è avanzato nel Congo Orientale è che le bande hutu stavano diventando un po' troppo aggressive con i villaggi tutsi, uccidendo gli uomini e sequestrando donne e bambine per farne schiave sessuali. Nkunda sa molto bene che nessun altro proteggerà i tutsi, per il semplice motivo che nessuno l'ha mai fatto. E così ha deciso di farlo lui. Nkunda è un grand'uomo, una persona brillante, un eroe, un genio militare che parla quattro lingue e ha sconfitto gli eserciti più forti in circolazione con meno di 10.000 uomini. È l'unico leader in gamba che quella parte dell'Africa abbia mai visto. Vale la pena di osservare come l'hanno fatto a pezzi, perché lì vedrete all'opera le stesse tecniche usate per fare a pezzi tutti i veri eroi.
Cominciamo con il trucco più vecchio, chiamare qualcuno che non ti piace “ribelle”. Come ha deciso, la BBC, che Nkunda è un “ribelle”? Non devono esistere un governo, una legge, un ordine pubblico, per potersi ribellare? Contro chi si starebbe ribellando, Nkunda? Non c'è legge nelle foreste del Congo Orientale. Le Nazioni Unite hanno una patetica forza simbolica di caschi blu che se ne vanno in giro ad ammazzare zanzare e a chiedere pompini alle ragazze del posto, ma il vero potere prima che arrivassero i soldati di Nkunda era nelle mani dei capi dei “profughi” hutu.
“Profugo”: un'altra parola fantastica, che fa il paio con “ribelle”. Rende gli hutu vittime innocenti, che tremano di paura all'avvicinarsi dei cattivi vecchi tutsi. Be', naturalmente è un'altra bugia ipocrita. Questi “profughi” sono bande capeggiate dalla gente peggiore del mondo: i leader dell'Interahamwe e dell'Impuzamugambe, le “milizie” hutu che in Ruanda nel 1994 massacrarono 800.000 uomini, donne, bambini e neonati tutsi.
Anzi, chiamare questi squadroni della morte “milizie” è far loro un complimento. Scoprirete che la BBC e le altre reti hanno tutta una serie di nomi per le squadre della morte: “terroristi” se vi odiano, “paramilitari” se non sono sicuri ma non vi inviterebbero alle feste di compleanno dei loro bimbi, e “milizie” se gli andate a genio. Chiamare le squadre genocide hutu “milizie” è come definire il Columbine una marachella. La ragione per cui questi hutu sono nella giungla è semplice: hanno massacrato quasi un milione di ruandesi in meno di quattro mesi, ai tempi felici di Clinton, e poi sono scappati quando i tutsi, che sono sempre stati più coraggiosi degli hutu, hanno formato un piccolo esercito, l'RPF (Fronte Patriottico Ruandese), e hanno scacciato le ben più consistenti “milizie”. La verità è che i tutsi si sono comportati così bene in tutta quella storia che il mondo avrebbe dovuto rallegrarsene ed elogiarli. Vi dirò, se fossi stato al comando dell'RPF quando è rientrato in Ruanda camminando su mucchi di cadaveri maleodoranti fatti a pezzi dai machete, mi sarei ispirato al nome che Foday Sankoh diede alla marcia del suo esercito di svitati su Freetown, su in Sierra Leone: “Operazione Uccidere Tutto Ciò Che Respira”. Ma i tutsi non l'hanno fatto. Non si sono vendicati, hanno lasciato vivere gli hutu e hanno perfino tentato di instaurare un governo decente con elementi di entrambe le tribù. Sono fottutissimi santi, e invece qui dovrebbero fare la parte dei cattivi?
Permettete che ve lo dica ancora una volta, poiché nessuno qui sembra volerlo ricordare: ottocentomila civili tutsi massacrati a colpi di machete in meno di quattro mesi. Un vero sforzo comunitario, come la costruzione di fienili degli Amish, solo un tantino più sanguinario. Se volete farvi un'idea di come ci sono riusciti, vi raccomando un libro intitolato Machete Season, La stagione del machete.
È un libro semplicissimo: consiste in interviste a una banda di contadini hutu che trascorsero tre mesi a fare spedizioni quotidiane nella locale palude dove i civili tutsi superstiti cercavano di nascondersi. Raccontano tutti la stessa storia: “Ogni mattina ci alzavamo, prendevamo i machete e cercavamo dei tutsi da fare a pezzi. A volte stupravamo in gruppo le ragazze carine, perché quelle tutsi hanno la pelle così delicata, con tutto il latte che bevono. Ma quando avevamo finito ammazzavamo anche loro. Dopo settimane che li accoppavamo i tutsi non facevano neanche più resistenza. Si limitavano a starsene lì e ad aspettare che li finissimo. Che tempi”.
Se avete amici o parenti convinti che le persone siano fondamentalmente buone e sciocchezze di questo tipo, a Natale regalate loro questo libro. Li sistemerà subito. La gente parla di “banalità del male”, ma questo è ben peggio. È gente non ne ha nemmeno la nozione. Le sole persone per cui possano provare dispiacere sono loro stessi, perché devono farsi un po' in galera finché le Nazioni Unite non li lasceranno andare. Parlano della loro “sfortuna”, riferendosi all'arresto. In un certo senso hanno ragione, perché sono i soli hutu a essere stati presi e puniti.
Gli altri sono fuggiti nelle foreste del Congo Orientale. Sono i “profughi” per i quali Orla Guerin si addolora tanto: i fottuti mostri che hanno fatto del loro meglio per ammazzare tutta la popolazione tutsi del Ruanda in novanta giorni, manco si fosse trattato di un gioco a tempo.
E neanche in Congo hanno cambiato abitudini. Le milizie hutu hanno conservato i machete (“pangas”), hanno mantenuto il controllo della loro gente e si sono tenuti in allenamento facendo incursioni nei villaggi a caccia di donne e ragazze. Sono noti per marchiare le donne catturate come fossero bestiame, segnandole come schiave sessuali per sempre. A volte le lasciano andare, quando restano incinte, così possono tornarsene al villaggio con il bambino di uno stupratore hutu nella pancia. Bel ritorno a casa, dev'essere. Ma il più delle volte quando si stancano di una donna la trascinano nella foresta, la massacrano e la lasciano lì per gli animali.
Vi starete chiedendo dove prendono cibo e acqua questi begli esemplari di umanità. Be'. Le Nazioni Unite, sempre pronte a schierarsi dalla parte sbagliata in tutti i conflitti, erano lì proprio per dare loro da bere e da mangiare quando sono scappati dal Ruanda sotto l'avanzata dell'RPF, che in poche settimane ha ripreso il paese.
È buffo il modo in cui le Nazioni Unite si sono premurate di aiutare questi miserabili maiali, perché invece quando un milione di tutsi veniva scannato nessuno ha fatto niente. Ci vuole un po' per ammazzare così tanta gente con le mani. È un'attività aerobica. E nessuno, assolutamente nessuno, ha fatto niente durante la stagione del machete.
Oh, ma non appena gli hutu sconfitti hanno attraversato in fuga il confine, con le mani che grondavano ancora sangue di neonato, i caschi blu erano già lì con i loro sacchi di riso per consolarli. Fino a poco tempo fa per tutto questo non c'era una vera spiegazione. Io pensavo addirittura che non servisse: così vanno le cose, soprattutto in Africa. I cattivi vincono sempre e i virtuosi giornalisti della BBC si schierano sempre dalla loro parte. Be', penso ancora che in generale vada così, ma ultimamente un pezzo del rompicapo è diventato molto più chiaro. Sono desolato di dire che i francesi c'erano dentro fino al collo, per tutta la stagione del machete, secondo un rapporto indipendente pubblicato nell'agosto del 2008. Perfino io ne sono rimasto sconvolto. Secondo questo rapporto, “La Francia ebbe la responsabilità della morte di alcune delle 800.000 persone massacrate in Ruanda tra aprile e luglio del 1994, la maggioranza delle quali tutsi o hutu moderate uccise dalle milizie hutu”.
“Gli stessi soldati francesi furono direttamente coinvolti nell'assassinio di tutsi e di hutu accusati di nascondere tutsi” dice il rapporto. “I soldati francesi commisero molti stupri, soprattutto di donne tutsi.” Il defunto presidente francese François Mitterrand e l'ex primo ministro Dominique de Villepin erano tra le autorità accusate dal rapporto di avere fornito supporto di “natura politica, militare, diplomatica e logistica”.
Adesso vorrei non aver mai difeso i rappresentanti militari francesi come feci quando tutti i neocon li attaccavano. Quella volta me le sentii, e per cosa poi? Solo perché potessero spazzar via indisturbati i tutsi, “il popolo alto”, una delle tribù più coraggiose, intelligenti e marziali del mondo. E tutto questo perché ai francesi piaceva come gli hutu parlavano il francese. Dev'essere la ragione più stronza per appoggiare un genocidio che abbia mai sentito: “Ah, m’sieu, è verò hanno uscìso dei bebè, ma parlano il fronscèse così bene! Gli hutu non userebbero mai e poi mai il pronome sbagliato; quando dicono 'Siamo venuti a usciderti, piscìno' usano sempre il 'tu' e quando dicono 'E adesso uscidiamo te, vecchiò', o 'vecchià', usano sempre il rispettoso 'vous'! E che ascento, così parisièn!” Ma sì, toh, una piccola vendetta per il francese che ho dovuto studiare a scuola. I pii europei amano dire come l'Africa Centrale sia il cuore di tenebra, come sia profondo e oscuro ed esistenziale, ma non ammetterebbero mai quanto abbiano contribuito a mantenerla in questo stato spalleggiando sempre, sempre, sempre i peggiori bastardi di tutta la foresta. Questo lo sapevo già dei britannici; hanno fatto cose così atroci in Africa che a Londra esiste tutta un'industria editoriale che si occupa di far sì che la verità non trapeli mai. E questa è la ragione per cui si hanno storie come quelle di Orla Guerin o quella merda del Guardian. E la cosa divertente è che i giornali e i canali “progressisti” sono i peggiori bugiardi, i migliori complici di genocidio in circolazione. Be', adesso capisco che i francesi sono altrettanto cattivi. Pensavo, tipo, che potessero non esserlo; c'è sempre stata questa battuta tra i militari che i francesi perdono le guerre perché le combattono seguendo le regole. Ricordo di aver letto una lettera furiosa della Regina Elisabetta a Enrico IV – grandissimo uomo, il più grande della sua epoca – in cui lo malediceva per non aver cancellato l'intera popolazione di una città cattolica durante le guerre di religione. E invece no, i francesi di oggi fanno proprio schifo uguale.
Nkunda presto sarà morto. Potete contarci, visto che tutti i “buoni” sono contro di lui. E quei poveri poveri “profughi” saranno liberi di sequestrare e stuprare ragazzine tutsi e poi affettarle con i loro amati pangas, e Orla potrà raccontarci che in Congo è tornata la pace, adesso che il “ribelle” non c'è più.
Originale: War Nerd: Congo Warrior Nkund is NcoolPubblicato l'11 novembre 2008
[A proposito del rapporto ruandese sulle responsabilità della Francia, commento di Jean-François Dupaquier pubblicato l'8 agosto scorso da Le Monde]
di Gary Brecher
Se mai foste interessati a trovare un eroe, ecco come riconoscerlo: i telegiornali ne faranno un mostro 24 ore su 24, 7 giorni su 7. L'eroe mostro di oggi è il generale tutsi Laurent Nkunda, capo delle forze “ribelli” che starebbero “puntando” su Goma nel Congo Orientale.
La BBC, il solo canale di informazione che finga di prendere l'Africa sul serio, ha la sua giornalista predatrice numero uno, Orla Guerin, che sta sul caso Nkunda ogni santo giorno. Forse non conoscete il nome della Guerin ma se vi piacciono le notizie di guerra la riconoscerete perché avrete visto i suoi servizi da qualche zona di morte africana. In quei posti è perfetta, le stanno da Dio. Ha la faccia di un teschio, solo che i teschi sorridono, e un accento da paura che riporta alla mente il porridge freddo e la dannazione degli avanzi del giorno prima.
Non so da dove viene, ma devono aver dato una festa quando se n'è andata. In questo video della BBC c'è Olga che dice quanto sia una vergogna che i “profughi” del Campo di Kibati debbano fare la ressa per il cibo, preoccupati come sono di essere travolti dai “ribelli” di Nkunda. Da come la mettono giù Orla e le altre reti, nel Congo Orientale andava tutto bene finché il capo “ribelle” Nkunda non ha ordinato alle sue truppe di avanzare. Quando i “profughi” innocenti hanno saputo che Nkunda stava per arrivare hanno cominciato a fuggire, creando una “crisi umanitaria”.
Anche i mezzi di informazione cartacei ci stanno dando dentro, come il fogliaccio britannico The Guardian secondo il quale le truppe di Nkunda potrebbero in effetti avere “ucciso civili”, come se fosse una cosa insolita in Africa Centrale. L'articolo del Guardian accenna solo di sfuggita al fatto che i “civili” uccisi si trovavano in una “roccaforte delle milizie hutu”: quelle stesse milizie che uccisero la maggioranza della popolazione tutsi in Ruanda nel 1994. È come se gli ebrei avessero formato un esercito per respingere i nazisti, e quando i poveri nazisti si sono ritirati gli ebrei avessero fatto un'incursione per scoraggiare i “profughi” dal ricadere nella vecchia deprecabile abitudine del genocidio. Che è un'atrocità, certo. Solo che i nazisti, diamogliene atto, hanno avuto coraggio da vendere e hanno combattuto fino all'ultimo uomo; le “milizie” hutu invece hanno saputo solo fare a pezzi neonati e violentare bambine, e sono scappate alle prime voci che il nemico si stava avvicinando. Ecco perché sono ancora in circolazione.
Ogni parola, ogni singola disgustosa dannata parola di questi articoli della BBC e del Guardian è una cazzata. Mi dà la nausea ascoltare di continuo queste bugie. La ragione per cui il piccolo esercito di Nkunda (che dovrebbe contare dai 5000 ai 10.000 uomini) questa settimana è avanzato nel Congo Orientale è che le bande hutu stavano diventando un po' troppo aggressive con i villaggi tutsi, uccidendo gli uomini e sequestrando donne e bambine per farne schiave sessuali. Nkunda sa molto bene che nessun altro proteggerà i tutsi, per il semplice motivo che nessuno l'ha mai fatto. E così ha deciso di farlo lui. Nkunda è un grand'uomo, una persona brillante, un eroe, un genio militare che parla quattro lingue e ha sconfitto gli eserciti più forti in circolazione con meno di 10.000 uomini. È l'unico leader in gamba che quella parte dell'Africa abbia mai visto. Vale la pena di osservare come l'hanno fatto a pezzi, perché lì vedrete all'opera le stesse tecniche usate per fare a pezzi tutti i veri eroi.
Cominciamo con il trucco più vecchio, chiamare qualcuno che non ti piace “ribelle”. Come ha deciso, la BBC, che Nkunda è un “ribelle”? Non devono esistere un governo, una legge, un ordine pubblico, per potersi ribellare? Contro chi si starebbe ribellando, Nkunda? Non c'è legge nelle foreste del Congo Orientale. Le Nazioni Unite hanno una patetica forza simbolica di caschi blu che se ne vanno in giro ad ammazzare zanzare e a chiedere pompini alle ragazze del posto, ma il vero potere prima che arrivassero i soldati di Nkunda era nelle mani dei capi dei “profughi” hutu.
“Profugo”: un'altra parola fantastica, che fa il paio con “ribelle”. Rende gli hutu vittime innocenti, che tremano di paura all'avvicinarsi dei cattivi vecchi tutsi. Be', naturalmente è un'altra bugia ipocrita. Questi “profughi” sono bande capeggiate dalla gente peggiore del mondo: i leader dell'Interahamwe e dell'Impuzamugambe, le “milizie” hutu che in Ruanda nel 1994 massacrarono 800.000 uomini, donne, bambini e neonati tutsi.
Anzi, chiamare questi squadroni della morte “milizie” è far loro un complimento. Scoprirete che la BBC e le altre reti hanno tutta una serie di nomi per le squadre della morte: “terroristi” se vi odiano, “paramilitari” se non sono sicuri ma non vi inviterebbero alle feste di compleanno dei loro bimbi, e “milizie” se gli andate a genio. Chiamare le squadre genocide hutu “milizie” è come definire il Columbine una marachella. La ragione per cui questi hutu sono nella giungla è semplice: hanno massacrato quasi un milione di ruandesi in meno di quattro mesi, ai tempi felici di Clinton, e poi sono scappati quando i tutsi, che sono sempre stati più coraggiosi degli hutu, hanno formato un piccolo esercito, l'RPF (Fronte Patriottico Ruandese), e hanno scacciato le ben più consistenti “milizie”. La verità è che i tutsi si sono comportati così bene in tutta quella storia che il mondo avrebbe dovuto rallegrarsene ed elogiarli. Vi dirò, se fossi stato al comando dell'RPF quando è rientrato in Ruanda camminando su mucchi di cadaveri maleodoranti fatti a pezzi dai machete, mi sarei ispirato al nome che Foday Sankoh diede alla marcia del suo esercito di svitati su Freetown, su in Sierra Leone: “Operazione Uccidere Tutto Ciò Che Respira”. Ma i tutsi non l'hanno fatto. Non si sono vendicati, hanno lasciato vivere gli hutu e hanno perfino tentato di instaurare un governo decente con elementi di entrambe le tribù. Sono fottutissimi santi, e invece qui dovrebbero fare la parte dei cattivi?
Permettete che ve lo dica ancora una volta, poiché nessuno qui sembra volerlo ricordare: ottocentomila civili tutsi massacrati a colpi di machete in meno di quattro mesi. Un vero sforzo comunitario, come la costruzione di fienili degli Amish, solo un tantino più sanguinario. Se volete farvi un'idea di come ci sono riusciti, vi raccomando un libro intitolato Machete Season, La stagione del machete.
È un libro semplicissimo: consiste in interviste a una banda di contadini hutu che trascorsero tre mesi a fare spedizioni quotidiane nella locale palude dove i civili tutsi superstiti cercavano di nascondersi. Raccontano tutti la stessa storia: “Ogni mattina ci alzavamo, prendevamo i machete e cercavamo dei tutsi da fare a pezzi. A volte stupravamo in gruppo le ragazze carine, perché quelle tutsi hanno la pelle così delicata, con tutto il latte che bevono. Ma quando avevamo finito ammazzavamo anche loro. Dopo settimane che li accoppavamo i tutsi non facevano neanche più resistenza. Si limitavano a starsene lì e ad aspettare che li finissimo. Che tempi”.
Se avete amici o parenti convinti che le persone siano fondamentalmente buone e sciocchezze di questo tipo, a Natale regalate loro questo libro. Li sistemerà subito. La gente parla di “banalità del male”, ma questo è ben peggio. È gente non ne ha nemmeno la nozione. Le sole persone per cui possano provare dispiacere sono loro stessi, perché devono farsi un po' in galera finché le Nazioni Unite non li lasceranno andare. Parlano della loro “sfortuna”, riferendosi all'arresto. In un certo senso hanno ragione, perché sono i soli hutu a essere stati presi e puniti.
Gli altri sono fuggiti nelle foreste del Congo Orientale. Sono i “profughi” per i quali Orla Guerin si addolora tanto: i fottuti mostri che hanno fatto del loro meglio per ammazzare tutta la popolazione tutsi del Ruanda in novanta giorni, manco si fosse trattato di un gioco a tempo.
E neanche in Congo hanno cambiato abitudini. Le milizie hutu hanno conservato i machete (“pangas”), hanno mantenuto il controllo della loro gente e si sono tenuti in allenamento facendo incursioni nei villaggi a caccia di donne e ragazze. Sono noti per marchiare le donne catturate come fossero bestiame, segnandole come schiave sessuali per sempre. A volte le lasciano andare, quando restano incinte, così possono tornarsene al villaggio con il bambino di uno stupratore hutu nella pancia. Bel ritorno a casa, dev'essere. Ma il più delle volte quando si stancano di una donna la trascinano nella foresta, la massacrano e la lasciano lì per gli animali.
Vi starete chiedendo dove prendono cibo e acqua questi begli esemplari di umanità. Be'. Le Nazioni Unite, sempre pronte a schierarsi dalla parte sbagliata in tutti i conflitti, erano lì proprio per dare loro da bere e da mangiare quando sono scappati dal Ruanda sotto l'avanzata dell'RPF, che in poche settimane ha ripreso il paese.
È buffo il modo in cui le Nazioni Unite si sono premurate di aiutare questi miserabili maiali, perché invece quando un milione di tutsi veniva scannato nessuno ha fatto niente. Ci vuole un po' per ammazzare così tanta gente con le mani. È un'attività aerobica. E nessuno, assolutamente nessuno, ha fatto niente durante la stagione del machete.
Oh, ma non appena gli hutu sconfitti hanno attraversato in fuga il confine, con le mani che grondavano ancora sangue di neonato, i caschi blu erano già lì con i loro sacchi di riso per consolarli. Fino a poco tempo fa per tutto questo non c'era una vera spiegazione. Io pensavo addirittura che non servisse: così vanno le cose, soprattutto in Africa. I cattivi vincono sempre e i virtuosi giornalisti della BBC si schierano sempre dalla loro parte. Be', penso ancora che in generale vada così, ma ultimamente un pezzo del rompicapo è diventato molto più chiaro. Sono desolato di dire che i francesi c'erano dentro fino al collo, per tutta la stagione del machete, secondo un rapporto indipendente pubblicato nell'agosto del 2008. Perfino io ne sono rimasto sconvolto. Secondo questo rapporto, “La Francia ebbe la responsabilità della morte di alcune delle 800.000 persone massacrate in Ruanda tra aprile e luglio del 1994, la maggioranza delle quali tutsi o hutu moderate uccise dalle milizie hutu”.
“Gli stessi soldati francesi furono direttamente coinvolti nell'assassinio di tutsi e di hutu accusati di nascondere tutsi” dice il rapporto. “I soldati francesi commisero molti stupri, soprattutto di donne tutsi.” Il defunto presidente francese François Mitterrand e l'ex primo ministro Dominique de Villepin erano tra le autorità accusate dal rapporto di avere fornito supporto di “natura politica, militare, diplomatica e logistica”.
Adesso vorrei non aver mai difeso i rappresentanti militari francesi come feci quando tutti i neocon li attaccavano. Quella volta me le sentii, e per cosa poi? Solo perché potessero spazzar via indisturbati i tutsi, “il popolo alto”, una delle tribù più coraggiose, intelligenti e marziali del mondo. E tutto questo perché ai francesi piaceva come gli hutu parlavano il francese. Dev'essere la ragione più stronza per appoggiare un genocidio che abbia mai sentito: “Ah, m’sieu, è verò hanno uscìso dei bebè, ma parlano il fronscèse così bene! Gli hutu non userebbero mai e poi mai il pronome sbagliato; quando dicono 'Siamo venuti a usciderti, piscìno' usano sempre il 'tu' e quando dicono 'E adesso uscidiamo te, vecchiò', o 'vecchià', usano sempre il rispettoso 'vous'! E che ascento, così parisièn!” Ma sì, toh, una piccola vendetta per il francese che ho dovuto studiare a scuola. I pii europei amano dire come l'Africa Centrale sia il cuore di tenebra, come sia profondo e oscuro ed esistenziale, ma non ammetterebbero mai quanto abbiano contribuito a mantenerla in questo stato spalleggiando sempre, sempre, sempre i peggiori bastardi di tutta la foresta. Questo lo sapevo già dei britannici; hanno fatto cose così atroci in Africa che a Londra esiste tutta un'industria editoriale che si occupa di far sì che la verità non trapeli mai. E questa è la ragione per cui si hanno storie come quelle di Orla Guerin o quella merda del Guardian. E la cosa divertente è che i giornali e i canali “progressisti” sono i peggiori bugiardi, i migliori complici di genocidio in circolazione. Be', adesso capisco che i francesi sono altrettanto cattivi. Pensavo, tipo, che potessero non esserlo; c'è sempre stata questa battuta tra i militari che i francesi perdono le guerre perché le combattono seguendo le regole. Ricordo di aver letto una lettera furiosa della Regina Elisabetta a Enrico IV – grandissimo uomo, il più grande della sua epoca – in cui lo malediceva per non aver cancellato l'intera popolazione di una città cattolica durante le guerre di religione. E invece no, i francesi di oggi fanno proprio schifo uguale.
Nkunda presto sarà morto. Potete contarci, visto che tutti i “buoni” sono contro di lui. E quei poveri poveri “profughi” saranno liberi di sequestrare e stuprare ragazzine tutsi e poi affettarle con i loro amati pangas, e Orla potrà raccontarci che in Congo è tornata la pace, adesso che il “ribelle” non c'è più.
Originale: War Nerd: Congo Warrior Nkund is NcoolPubblicato l'11 novembre 2008
[A proposito del rapporto ruandese sulle responsabilità della Francia, commento di Jean-François Dupaquier pubblicato l'8 agosto scorso da Le Monde]
mercoledì, novembre 12, 2008
Sono una Donna non Sono una Panda
- Quale cartolina, non ho ricevuto nessuna cartolina.
- Be', avresti dovuto.
- No. Mi prendi in giro?
- No. Per quale altro motivo mi sarei segnato con quante z si scrive Donizetti?
- È perché prima ti ho chiesto se mi avevi portato qualcosa, e tu hai detto di no, e adesso vuoi farmi credere che mi hai scritto e che è colpa mia se i vicini mi rubano la posta o se il portalettere la usa per accendere il fuoco nel caminetto.
- No, sul serio. Ti ho scritto varie cose.
- Varie cose come, carine?
- Sì, carine e soprattutto varie.
- Dimmele adesso.
- Ormai.
- Se non è vero è uno scherzo crudele.
- È arrivata perfino a mia zia.
- Adesso devo battermi anche con la zia. Anziana?
- Sui 75.
- Ecco.
- Senti.
- Cosa.
- Guarda che sono pur sempre un uomo.
- Cioè?
- Cioè: semplice.
- Va bene. Tra qualche giorno ti dirò oh mi è arrivata la cartolina grazie per quelle frasi bellissime non avevo idea che celassi questi nobili sentimenti ma confesso che li ricambio.
- Non puoi.
- Come no, sono una donna.
- Be', avresti dovuto.
- No. Mi prendi in giro?
- No. Per quale altro motivo mi sarei segnato con quante z si scrive Donizetti?
- È perché prima ti ho chiesto se mi avevi portato qualcosa, e tu hai detto di no, e adesso vuoi farmi credere che mi hai scritto e che è colpa mia se i vicini mi rubano la posta o se il portalettere la usa per accendere il fuoco nel caminetto.
- No, sul serio. Ti ho scritto varie cose.
- Varie cose come, carine?
- Sì, carine e soprattutto varie.
- Dimmele adesso.
- Ormai.
- Se non è vero è uno scherzo crudele.
- È arrivata perfino a mia zia.
- Adesso devo battermi anche con la zia. Anziana?
- Sui 75.
- Ecco.
- Senti.
- Cosa.
- Guarda che sono pur sempre un uomo.
- Cioè?
- Cioè: semplice.
- Va bene. Tra qualche giorno ti dirò oh mi è arrivata la cartolina grazie per quelle frasi bellissime non avevo idea che celassi questi nobili sentimenti ma confesso che li ricambio.
- Non puoi.
- Come no, sono una donna.
martedì, novembre 11, 2008
Grande Concorso Completa la Frase!/1
Ne avete abbastanza di studi pseudoparaultraquasiscientifici sulle origini di dipendenze/manie/fobie/istinti/vezzi/turbe psichiche/golosità/capricci (con grande spreco di topi da laboratorio) e della vittoria schiacciante di Focus sul comune buon senso?
Partecipate al Grande Concorso Completa la Frase (senza l'aiuto di Google) e Vinci una Madonnina Placcata Zecchina!
La frase di oggi è:
"Secondo il professore di psicofarmacologia Rainer Spanagel... "
Un, due, due e mezzo, tre via!
---
Update: avevamo detto che non vale! :-D
Partecipate al Grande Concorso Completa la Frase (senza l'aiuto di Google) e Vinci una Madonnina Placcata Zecchina!
La frase di oggi è:
"Secondo il professore di psicofarmacologia Rainer Spanagel... "
Un, due, due e mezzo, tre via!
---
Update: avevamo detto che non vale! :-D
Estracomunitari
"Maroni, vogliamo vietare che dei estracomunitari girino in bicicletta nelle ore critiche e al buio senza luci, io questa sera ne ho schivati 2".
[Scusate, scusate, scusate, ma Spazio Azzurro è una droga].
[Scusate, scusate, scusate, ma Spazio Azzurro è una droga].
lunedì, novembre 10, 2008
Gongolare è umano
"Per quanto mi riguarda non ho perso l'occasione per gongolare e rigirare un po' il coltello nella piaga, dopo tutta la distruzione che questa gente ha causato all'America e al mondo. Così ho creato un personaggio alla Bugs Bunny chiamato 'Josh' per fare un ballo del qua qua virtuale e un po' sporco nella sezione dei commenti di Pajamas Media, aizzando quegli scimmioni e facendoli strepitare fino al parossismo. Non c'è cosa che un repubblicano odi di più dell'essere chiamato 'perdente', se ve lo stavate chiedendo".
Ecco come Mark Ames ha monitorato le reazioni della destra repubblicana alla vittoria di Obama, non tardando a rendersi conto che i pezzi grossi di Fox News si erano subito affrettati a collocarsi nella nuova dinamica abbandonando il loro rissoso, amareggiato e poco conciliante popolo: la traduzione dell'articolo è qui.
Ecco come Mark Ames ha monitorato le reazioni della destra repubblicana alla vittoria di Obama, non tardando a rendersi conto che i pezzi grossi di Fox News si erano subito affrettati a collocarsi nella nuova dinamica abbandonando il loro rissoso, amareggiato e poco conciliante popolo: la traduzione dell'articolo è qui.
sabato, novembre 08, 2008
Borneo to Be Alive: Donna Torna alla Realtà, Parla con Robot
Rieccomi. Ho appena scambiato due chiacchiere con A.L.I.C.E. (sì, beh)
Human: Alice, for whom did you vote?
ALICE: Um, I'm not saying me vote for anyone.
Human: Come on, Obama or McCain?
ALICE: Obama.
Human: Why?
ALICE: Reductionism.
Human: Alice, for whom did you vote?
ALICE: Um, I'm not saying me vote for anyone.
Human: Come on, Obama or McCain?
ALICE: Obama.
Human: Why?
ALICE: Reductionism.
martedì, novembre 04, 2008
The Borneo Experiment/In aggiornamento
[Apdeit: è il 7 novembre, sono ancora incolume, in tre giorni ho rimpicciolito solo tre teste e resterei chiusa qua dentro ancora per un po'. Aggiornamenti in fondo al post].
Allora. Io da questo momento avvio un esperimento.
Non voglio sapere niente di elezioni USA.
Ho gli ultimi due libri di Bolaño, la Russia, scorte di latte, contatti umani non ostili, un gatto autistico, un mucchio di traduzioni, le dispense di sloveno, un amico che vuole sapere tutto di Boriška il bambino di Marte, nomi di fiori, lettere indecifrabili di architetti morti, una vecchia registrazione sovietica con i versi degli uccelli dell'Ussuri.
Posso farcela.
Voi nei commenti potete parlare di tutto, fare scommesse, passarmi informazioni fuorvianti oppure ignorarmi per una settimana.
Io aggiornerò.
[continua]
Dormito bene, sognato autostrade, Alpi, minareti, una cattedrale di San Michele visitabile solo a patto di liberarsi da ogni residuo granello di polvere (almeno così diceva in un francese confuso la voce femminile che usciva dal citofono al pianterreno). Così prima di salire ci si ripuliva minuziosamente in un vestibolo dai soffitti altissimi immerso in una luce verde molto densa (sembrava di stare sul fondo di una bottiglia, tra filamenti di deposito).
A. chiedeva "Cosa sono i cirri?". Qualcuno rispondeva (sbrigativamente) "Montagne. Un tipo di montagne".
Le elezioni USA sono una specie di Festival di Sanremo. Fai di tutto per evitarlo, poi ti ritrovi a canticchiare con una certa convinzione strofe sconosciute che - a dirla tutta - ti fanno vergognare un po'.
[continua]
Serve un po' di rumore bianco?
Ecco le voci degli uccelli della taiga dell'Ussuri, prima parte (5 Mb):
gluchaja kukuška - cuculus saturatus
obyknovennaja kukuška - cuculus canorus
širokokrylaja kukuška - hierococcyx fugax
širokorot - eurystomus orientalis
sinechvostka - tarsiger cyanurus
dikuša - falcipennis falcipennis (maschio)
dikuša - falcipennis falcipennis (femmina)
čërnyj žuravl' - grus monacha
bol'šekljuvaja vorona - corvus macrorhynchos
taežnaja ovsjanka - emberiza tristrami
tolstokljuvaja penočka - phylloscopus schwarzii
korol'kovaja penočka - phylloscopus proregulus
seryj ličinkoed - pericrocotus divaricatus
mucholovka-mugimaki - muscicapa mugimaki
korotkochvostka - urosphena squameiceps
sinjaja mucholovka - muscicapa cyanomelana
bol'šoj černogolovnyj dubonos - eophona personata
solovej-svistun - pseudaedon sibilans
sinij solovej - larvivora cyane
sizyj drozd - turdus hortulorumcuculus saturatus
Poi mi ringraziate con calma.
[continua]
Per il suo primo discorso sullo stato della nazione alla Duma Dmitrij Medvedev ha scelto proprio oggi. Visto che lo seguiamo in cinque poteva invitarci a pranzo e spiegarci due cose tra l'antipasto e il secondo. "Ah, e poi gnam, mfh, chiederò l'estensione del mandato presidenziale a sei anni", "Apperò'" "Sì, e a cinque di quello mfh gn parlamentare" "Va bene, basta che fai bocconi piccoli e che non ti metti subito davanti al computer dopo mangiato".
[continua]
Roba che filtra: Gasparri, Obama & Alcaida (sms a tradimento di Bracciodestro, commenti adocchiati su Faccialibro). Obama avrebbe detto che quando Gasparri parla tutta Tora Bora ride. Credo, non sono sicura.
[continua]
Altre due ore trascorse in beata impermeabilità a parlare con il subcomandante F. di zapatisti, anarchici, Bosnia, differenze tra il portoghese di Portogallo e portoghese do Brasiu, pittrici russe, poeti del Mozambico, sciure tedesche, celebrità sparagnine, neonazisti pentiti riparati in Svezia, basi NATO, il femminile di auteur e i caratteri unicode. Il signor G. dorme, il Lenino sorride accigliato, io so solo che ha vinto il tizio giovane: un altro mondo è dunque possibile. Dovrebbero farle più spesso, queste elezioni americane.
[continua]
Sbirciando nei commenti leggo che a Washington Obama ha il 93%: devo crederci? Cos'è, come Russia Unita in Cecenia? L'ultima volta che si è votato in Cecenia Kadyrov ha detto che si aspettava un'affluenza del 100% "e anche più". La Commissione Elettorale, chiamata in causa, ha riconosciuto che l'affermazione era tecnicamente corretta. Al-Obama ha dunque un consenso kadyroviano?
Comunque i link-trappola con US nell'indirizzo non li clicco, sappiatelo.
[continua]
Tanto io la penso come il subcom. (Come mi è veltronico dentro, il Joffrin).
[continua]
04.11 22:18 Американские дети проголосовали за Обаму
04.11 21:42 Голый ковбой проголосовал за Джона Маккейна
04.11 22:18 I bambini americani hanno votato per Obama.
04.11 21:42 Il cowboy nudo ha votato per John McCain.
[continua]
Liberi di non crederci, ma: ancora immune.
Se mi mandate link sospetti io ricambio con la seconda parte degli uccelli della taiga e poi interrogo.
[continua]
1. Sono immune.
2. Non voglio uscire da questo post.
3. Hanno incoronato il nuovo re del Bhutan, soprannominato "il principe affascinante" per il suo bel fisico (cito; grazie toni_i!).
4. Adesso cerco una foto del nuovo re del Bhutan e vi so dire.
5. Cercando.
6. Cliccando.
7. Guardando.
8. È molto bello.
[continua]
Да сдравствует революция. Prosto tak, così.
[continua]
Sogno. Sto cucinando. Improvvisamente il contenitore del sale fino scompare sotto i miei occhi: un momento prima è lì, poi non c'è più. Un'altra volta la stessa storia, dice mia madre. Lo sai che tuo zio va a raccontarlo in giro. Capisco così che non è la prima volta che capita, e che zio Pepi lo spaccia in giro come il miracolo della sparizione del sale.
Telefona M. Ma stella, ti è scomparso di nuovo il sale? Chi te l'ha detto, domando? Le voci girano, dice. Io minimizzo. Te l'ho sempre detto che usi i contenitori sbagliati, dice lui.
[continua]
Zò, comunque non penserete mica che qua stiamo a pettinare la testina di Lenino?
"Russia contro Europa: la solita vecchia storia", di John Laughland
[continua]
Papà e mamma di signore abbronzato si sono conosciuti a un corso di russo? Dice il Times.
[Ritorno pilotato alla realtà, con moltissima calma; continua]
Va bene, usciamo di qui.
Allora. Io da questo momento avvio un esperimento.
Non voglio sapere niente di elezioni USA.
Ho gli ultimi due libri di Bolaño, la Russia, scorte di latte, contatti umani non ostili, un gatto autistico, un mucchio di traduzioni, le dispense di sloveno, un amico che vuole sapere tutto di Boriška il bambino di Marte, nomi di fiori, lettere indecifrabili di architetti morti, una vecchia registrazione sovietica con i versi degli uccelli dell'Ussuri.
Posso farcela.
Voi nei commenti potete parlare di tutto, fare scommesse, passarmi informazioni fuorvianti oppure ignorarmi per una settimana.
Io aggiornerò.
[continua]
Dormito bene, sognato autostrade, Alpi, minareti, una cattedrale di San Michele visitabile solo a patto di liberarsi da ogni residuo granello di polvere (almeno così diceva in un francese confuso la voce femminile che usciva dal citofono al pianterreno). Così prima di salire ci si ripuliva minuziosamente in un vestibolo dai soffitti altissimi immerso in una luce verde molto densa (sembrava di stare sul fondo di una bottiglia, tra filamenti di deposito).
A. chiedeva "Cosa sono i cirri?". Qualcuno rispondeva (sbrigativamente) "Montagne. Un tipo di montagne".
Le elezioni USA sono una specie di Festival di Sanremo. Fai di tutto per evitarlo, poi ti ritrovi a canticchiare con una certa convinzione strofe sconosciute che - a dirla tutta - ti fanno vergognare un po'.
[continua]
Serve un po' di rumore bianco?
Ecco le voci degli uccelli della taiga dell'Ussuri, prima parte (5 Mb):
gluchaja kukuška - cuculus saturatus
obyknovennaja kukuška - cuculus canorus
širokokrylaja kukuška - hierococcyx fugax
širokorot - eurystomus orientalis
sinechvostka - tarsiger cyanurus
dikuša - falcipennis falcipennis (maschio)
dikuša - falcipennis falcipennis (femmina)
čërnyj žuravl' - grus monacha
bol'šekljuvaja vorona - corvus macrorhynchos
taežnaja ovsjanka - emberiza tristrami
tolstokljuvaja penočka - phylloscopus schwarzii
korol'kovaja penočka - phylloscopus proregulus
seryj ličinkoed - pericrocotus divaricatus
mucholovka-mugimaki - muscicapa mugimaki
korotkochvostka - urosphena squameiceps
sinjaja mucholovka - muscicapa cyanomelana
bol'šoj černogolovnyj dubonos - eophona personata
solovej-svistun - pseudaedon sibilans
sinij solovej - larvivora cyane
sizyj drozd - turdus hortulorumcuculus saturatus
Poi mi ringraziate con calma.
[continua]
Per il suo primo discorso sullo stato della nazione alla Duma Dmitrij Medvedev ha scelto proprio oggi. Visto che lo seguiamo in cinque poteva invitarci a pranzo e spiegarci due cose tra l'antipasto e il secondo. "Ah, e poi gnam, mfh, chiederò l'estensione del mandato presidenziale a sei anni", "Apperò'" "Sì, e a cinque di quello mfh gn parlamentare" "Va bene, basta che fai bocconi piccoli e che non ti metti subito davanti al computer dopo mangiato".
[continua]
Roba che filtra: Gasparri, Obama & Alcaida (sms a tradimento di Bracciodestro, commenti adocchiati su Faccialibro). Obama avrebbe detto che quando Gasparri parla tutta Tora Bora ride. Credo, non sono sicura.
[continua]
Altre due ore trascorse in beata impermeabilità a parlare con il subcomandante F. di zapatisti, anarchici, Bosnia, differenze tra il portoghese di Portogallo e portoghese do Brasiu, pittrici russe, poeti del Mozambico, sciure tedesche, celebrità sparagnine, neonazisti pentiti riparati in Svezia, basi NATO, il femminile di auteur e i caratteri unicode. Il signor G. dorme, il Lenino sorride accigliato, io so solo che ha vinto il tizio giovane: un altro mondo è dunque possibile. Dovrebbero farle più spesso, queste elezioni americane.
[continua]
Sbirciando nei commenti leggo che a Washington Obama ha il 93%: devo crederci? Cos'è, come Russia Unita in Cecenia? L'ultima volta che si è votato in Cecenia Kadyrov ha detto che si aspettava un'affluenza del 100% "e anche più". La Commissione Elettorale, chiamata in causa, ha riconosciuto che l'affermazione era tecnicamente corretta. Al-Obama ha dunque un consenso kadyroviano?
Comunque i link-trappola con US nell'indirizzo non li clicco, sappiatelo.
[continua]
Tanto io la penso come il subcom. (Come mi è veltronico dentro, il Joffrin).
[continua]
04.11 22:18 Американские дети проголосовали за Обаму
04.11 21:42 Голый ковбой проголосовал за Джона Маккейна
04.11 22:18 I bambini americani hanno votato per Obama.
04.11 21:42 Il cowboy nudo ha votato per John McCain.
[continua]
Liberi di non crederci, ma: ancora immune.
Se mi mandate link sospetti io ricambio con la seconda parte degli uccelli della taiga e poi interrogo.
[continua]
1. Sono immune.
2. Non voglio uscire da questo post.
3. Hanno incoronato il nuovo re del Bhutan, soprannominato "il principe affascinante" per il suo bel fisico (cito; grazie toni_i!).
4. Adesso cerco una foto del nuovo re del Bhutan e vi so dire.
5. Cercando.
6. Cliccando.
7. Guardando.
8. È molto bello.
[continua]
Да сдравствует революция. Prosto tak, così.
[continua]
Sogno. Sto cucinando. Improvvisamente il contenitore del sale fino scompare sotto i miei occhi: un momento prima è lì, poi non c'è più. Un'altra volta la stessa storia, dice mia madre. Lo sai che tuo zio va a raccontarlo in giro. Capisco così che non è la prima volta che capita, e che zio Pepi lo spaccia in giro come il miracolo della sparizione del sale.
Telefona M. Ma stella, ti è scomparso di nuovo il sale? Chi te l'ha detto, domando? Le voci girano, dice. Io minimizzo. Te l'ho sempre detto che usi i contenitori sbagliati, dice lui.
[continua]
Zò, comunque non penserete mica che qua stiamo a pettinare la testina di Lenino?
"Russia contro Europa: la solita vecchia storia", di John Laughland
[continua]
Papà e mamma di signore abbronzato si sono conosciuti a un corso di russo? Dice il Times.
[Ritorno pilotato alla realtà, con moltissima calma; continua]
Va bene, usciamo di qui.
War Nerd: Jack Al-Sparrow vs Buoni Samaritani
[Inserire disclaimer qui]
War Nerd update: Jack Al-Sparrow vs. Buoni Samaritani
di Gary Brecher
Ma sono o non sono bravo a programmare questi articoli? Il giorno dopo il pezzo sui guai dell'Etiopia in Somalia esplodono cinque autobombe in due città somale contro il consolato di Etiopia, il Palazzo Presidenziale, un Quartier Generale delle Nazioni Unite e i Servizi Segreti del Puntland.
Prima volta che sento parlare di Servizi Segreti del Puntland, tra l'altro. Il Puntland è la parte più appuntita della Somalia, la costa in alto che si spinge nell'Oceano Indiano e poi si dirige a ovest verso Gibuti. Il Puntland ha fatto parecchio notizia perché è da lì che vengono i più tosti pirati del mondo. Forse i Servizi davano fastidio al business locale. Avrei pensato che il loro compito principale fosse quello di individuare le navi più promettenti, di fare il sopralluogo prima del colpo per poi passare le informazioni ai Long John Silver del posto. Be', se invece c'erano delle forze anticrimine adesso sono carne macinata. Così imparano, quei buoni samaritani, a fare i furbi con il Corno.
Devo però fermarmi un momento a rendere merito ai bellissimi pirati somali. Di questi giorni stanno tutti a PARLARE di pirateria ma nessuno fa niente. Eccetto i somali. Ci sono tutti questi marmocchi che vogliono essere come Jack Sparrow, li sento che tormentano le loro mamme mentre cerco di pranzare da Wendy’s: solo che i ragazzini somali non stanno mica lì a piagnucolare con i genitori per farsi comprare giocattoli costosissimi. No, loro escono e prendono quello che vogliono abbordando navi straniere che cercano di sgattaiolare oltre la costa del Puntland.
Dio, dev'essere una delle viste più spaventose del mondo, un motoscafo pieno di scheletri somali armati fino ai denti e pronti a saltare a bordo. Gli equipaggi delle navi vengono soprattutto da posti dell'Asia meridionale, sono buoni lavoratori tamil e bengalesi, e non hanno firmato per fare la spalla ai Pirati del Puntland.
Ogni tanto non manca un po' di giustizia poetica, come quando hanno sequestrato uno yacht francese e hanno preso in ostaggio l'equipaggio, tempo fa. Sfortunatamente gli stappa-champagne sono stati salvati.
E si può scommettere che il denaro è passato di mano. Le compagnie di navigazione non amano parlare di riscatto, però pagano. Così ci sono un bel po' di somali che sfoggiano ricchezze e motoscafi lungo la costa del Puntland, yo ho ho e un bel po' di soldi. L'altro giorno ho visto uno di quegli articoli ipocriti dal titolo “Cosa induce i somali alla pirateria?” La domanda più stupida che ci sia; perfino l'occhiello dava la risposta: “Donne, soldi, droga”. Questo risponde alla vostra domanda? Per non dire, come ho spiegato nell'articolo precedente, che i somali sono tradizionalmente dei predatori. A loro piace. Piace anche al vostro nipotino grassoccio appassionato di video-game, solo che lui non ha il fegato per farlo. Cosa pensate che stia facendo appiccicato alla sua console, se non falciare gente per rubargli la roba? Solo che i somali prendono e lo fanno, a sangue freddo.
Comunque nella Somalia a pezzi di oggi il Puntland ha il ruolo del cattivo. La parte nord-occidentale è il cocco di mamma della Somalia: è lì che trovate i somali buoni. Hargeisa, dove è scoppiata la maggior parte delle bombe, è la capitale della Somalia santarellina. Quello che è successo è il vecchio modo della Somalia di dire no all'innovazione occidentale. Consideratelo un voto per la tradizione: la cara vecchia tradizione di rubare e di tagliare gole. La stessa cosa che fa il vostro tesorino quando gioca con l'X-Box, capite.
Gli attentatori probabilmente non erano pirati, perché la pirateria è più una scelta di carriera, perché da queste parti nessun capo è stato mai in grado di convincere i propri ambiziosi sottoposti a tentare la strada degli attentati suicidi per migliorare il proprio curriculum. Neanche Johnny Depp potrebbe rinfocolare lo spirito di squadra se finisse un discorso con “Arrr, miei prodi, fatevi saltare in aria!”.
Probabilmente gli attentatori erano islamici, perché un vero groupie islamico pensa seriamente che finire vaporizzato in un camion imbottito di fertilizzante sia il modo migliore per raggiungere la felicità e la ricchezza passando per il Paradiso. Probabilmente queste bombe sono collegate alle Corti islamiche che governavano la Somalia prima che gli etiopi (con l'aiuto di Cheney) le cacciassero da Mogadiscio. Per altre informazioni leggete qua sotto, come si dice noi giornalisti.
Originale: Exiledonline
Originale pubblicato il 30 ottobre 2008
War Nerd update: Jack Al-Sparrow vs. Buoni Samaritani
di Gary Brecher
Ma sono o non sono bravo a programmare questi articoli? Il giorno dopo il pezzo sui guai dell'Etiopia in Somalia esplodono cinque autobombe in due città somale contro il consolato di Etiopia, il Palazzo Presidenziale, un Quartier Generale delle Nazioni Unite e i Servizi Segreti del Puntland.
Prima volta che sento parlare di Servizi Segreti del Puntland, tra l'altro. Il Puntland è la parte più appuntita della Somalia, la costa in alto che si spinge nell'Oceano Indiano e poi si dirige a ovest verso Gibuti. Il Puntland ha fatto parecchio notizia perché è da lì che vengono i più tosti pirati del mondo. Forse i Servizi davano fastidio al business locale. Avrei pensato che il loro compito principale fosse quello di individuare le navi più promettenti, di fare il sopralluogo prima del colpo per poi passare le informazioni ai Long John Silver del posto. Be', se invece c'erano delle forze anticrimine adesso sono carne macinata. Così imparano, quei buoni samaritani, a fare i furbi con il Corno.
Devo però fermarmi un momento a rendere merito ai bellissimi pirati somali. Di questi giorni stanno tutti a PARLARE di pirateria ma nessuno fa niente. Eccetto i somali. Ci sono tutti questi marmocchi che vogliono essere come Jack Sparrow, li sento che tormentano le loro mamme mentre cerco di pranzare da Wendy’s: solo che i ragazzini somali non stanno mica lì a piagnucolare con i genitori per farsi comprare giocattoli costosissimi. No, loro escono e prendono quello che vogliono abbordando navi straniere che cercano di sgattaiolare oltre la costa del Puntland.
Dio, dev'essere una delle viste più spaventose del mondo, un motoscafo pieno di scheletri somali armati fino ai denti e pronti a saltare a bordo. Gli equipaggi delle navi vengono soprattutto da posti dell'Asia meridionale, sono buoni lavoratori tamil e bengalesi, e non hanno firmato per fare la spalla ai Pirati del Puntland.
Ogni tanto non manca un po' di giustizia poetica, come quando hanno sequestrato uno yacht francese e hanno preso in ostaggio l'equipaggio, tempo fa. Sfortunatamente gli stappa-champagne sono stati salvati.
E si può scommettere che il denaro è passato di mano. Le compagnie di navigazione non amano parlare di riscatto, però pagano. Così ci sono un bel po' di somali che sfoggiano ricchezze e motoscafi lungo la costa del Puntland, yo ho ho e un bel po' di soldi. L'altro giorno ho visto uno di quegli articoli ipocriti dal titolo “Cosa induce i somali alla pirateria?” La domanda più stupida che ci sia; perfino l'occhiello dava la risposta: “Donne, soldi, droga”. Questo risponde alla vostra domanda? Per non dire, come ho spiegato nell'articolo precedente, che i somali sono tradizionalmente dei predatori. A loro piace. Piace anche al vostro nipotino grassoccio appassionato di video-game, solo che lui non ha il fegato per farlo. Cosa pensate che stia facendo appiccicato alla sua console, se non falciare gente per rubargli la roba? Solo che i somali prendono e lo fanno, a sangue freddo.
Comunque nella Somalia a pezzi di oggi il Puntland ha il ruolo del cattivo. La parte nord-occidentale è il cocco di mamma della Somalia: è lì che trovate i somali buoni. Hargeisa, dove è scoppiata la maggior parte delle bombe, è la capitale della Somalia santarellina. Quello che è successo è il vecchio modo della Somalia di dire no all'innovazione occidentale. Consideratelo un voto per la tradizione: la cara vecchia tradizione di rubare e di tagliare gole. La stessa cosa che fa il vostro tesorino quando gioca con l'X-Box, capite.
Gli attentatori probabilmente non erano pirati, perché la pirateria è più una scelta di carriera, perché da queste parti nessun capo è stato mai in grado di convincere i propri ambiziosi sottoposti a tentare la strada degli attentati suicidi per migliorare il proprio curriculum. Neanche Johnny Depp potrebbe rinfocolare lo spirito di squadra se finisse un discorso con “Arrr, miei prodi, fatevi saltare in aria!”.
Probabilmente gli attentatori erano islamici, perché un vero groupie islamico pensa seriamente che finire vaporizzato in un camion imbottito di fertilizzante sia il modo migliore per raggiungere la felicità e la ricchezza passando per il Paradiso. Probabilmente queste bombe sono collegate alle Corti islamiche che governavano la Somalia prima che gli etiopi (con l'aiuto di Cheney) le cacciassero da Mogadiscio. Per altre informazioni leggete qua sotto, come si dice noi giornalisti.
Originale: Exiledonline
Originale pubblicato il 30 ottobre 2008
lunedì, novembre 03, 2008
War Nerd: Dalla testa del rinoceronte al ventre della iena
[Qui mi sa che ci vuole il solito disclaimer grande come un condominio. In questi giorni, con l'aiuto fondamentale di Andrea, sto leggendo e traducendo un po' di cose su Somalia, pirateria, navi NATO e russe nell'Oceano Indiano, sequestro della nave ucraina Faina, Africom; e visto che il tema si sta allargando - e che con la complicità del prezioso bracciodestro sono ormai passata da Jack Sparrow alla maledizione dei rifiuti tossici - ho pensato che in attesa di qualche eventuale post riassuntivo con vari link e diramazioni non sarebbe stato male rilassarci con un paio di traduzioni fresche fresche del War Nerd].
War Nerd: Dalla testa del rinoceronte al ventre della iena
di Gary Brecher
Un paio d'anni fa accennavo al fatto che le truppe dell'Etiopia stavano occupando Mogadiscio e commentavo che per noi era un esperimento perfetto. Adesso potevamo finalmente sapere se qualcuno era in grado di pacificare quel posto.
Be', è arrivata la risposta, perché l'esercito etiope ha appena annunciato che lascerà la Somalia non appena riuscirà a firmare un finto accordo con la fazione somala più vicina. Ne hanno avuto abbastanza.
E non li biasimo: due anni in Somalia sono come due anni nel canile di Michael Vick [il giocatore di football americano coinvolto nello scandalo dei combattimenti clandestini tra cani, N.d.T.]. No, peggio. Se gli anni dei cani sono anni umani moltiplicati per sette, gli anni in Somalia sono anni umani moltiplicati infinite volte più una. Il motto dell'Ufficio Turistico somalo dovrebbe essere “Non è mai troppo tardi per andarsene!” Non biasimo Clinton per la fuga dopo la faccenda di Black Hawk Down; lo biasimo per non avere ritirato le truppe il giorno dell'insediamento. Si fa prima a trasformare i cani di Vick in quaccheri che a insegnare ai somali, i diavoli del deserto per antonomasia, a essere pacifici.
Vi chiederete come mai gli etiopi abbiano finito per intraprendere il compito disperato – anzi, semplicemente ridicolo – di convincere i somali a giocare pulito. La risposta breve, perché so che la maggior parte delle persone vuole la versione da 30 secondi, è che l'Etiopia non ha mai visto un pezzo di terra che giudicasse indesiderabile, e Cheney aveva dato il via libera perché la Somalia era caduta nelle mani degli “islamici”.
Però se adesso smettete un momento di cazzeggiare e mi prestate un po' d'attenzione vi do una risposta più onesta. Innanzitutto, dire che Mogadiscio era caduta nelle mani degli islamici è come dire che Barstow è caduta nelle mani dei battisti: è sempre stato così. Ovviamente ai somali la faccenda dell'Islam piace, perché paragonata all'ideologia di base somala che è “ciascuno per sé e mangiamoci i perdenti”, la legge islamica è tutta tenera tolleranza. È buffo immaginare i somali che supplicano i mullah: “Vi prego vi prego, istituite la Sharia! Siamo pronti per quelle tranquille menate da hippy! Questa roba macho somala è troppo dura!” Vedete, quando l'Islam si è diffuso dal Marocco a Giakarta ha travolto tutte le tribù. Ad alcuni, pivellini di città, la Sharia faceva paura perché era roba tosta. Ma per i somali, abituati com'erano a combattere tutto il giorno per poche capre affamate per poi svegliarsi l'indomani e ricominciare a combattere per le stesse capre pidocchiose, la Sharia era l'Estasi. “Un momento, mi state dicendo che la Sharia proibisce il furto? Niente furto? Così forse posso dormire con entrambi gli occhi chiusi per la prima volta in vita mia? Evvai!”
A detta di tutti Mogadiscio era quasi pacifica quando gli islamici erano al potere. Era un po' come ai primi tempi dei taliban a Kabul: a nessuno importava che i taliban fossero “democratici” finché tenevano basso il livello delle sparatorie e delle pallottole vaganti. La democrazia è per i ricchi. Vi garantisco che se vi toccasse vivere come fanno a Kabul o a Mogadiscio non ci terreste tanto neanche voi. Non con le sparatorie tra signori della guerra che vi infuriano sotto casa ogni volta che uscite a prendere l'acqua dalla pompa del quartiere. Logora in fretta, questo genere di vita: dover stare attenti ai cecchini ogni volta che si attraversa la strada. Qualche anno così e si comincia a vedere di buon occhio un po' di fanatismo islamico dove tutto è vietato, tipo fare rumore, canticchiare un motivetto o far volare un aquilone o che ne so. Un bel “Fermi e zitti!” a tutto il vicinato, compresi i signori della guerra e i loro scagnozzi masticatori di qat capaci di far saltare in aria i ragazzini nei vicoli solo perché non riescono a gestirsi lo sballo.
Così a Mogadiscio le cose si erano calmate, in stile Sharia, e la città era al sicuro dalle sparatorie e dalle pallottole vaganti per la prima volta nella sua storia. Ma questo non andava bene, e così l'esercito etiope è sceso dalle montagne e ha attraversato il deserto fino a Mogadiscio. Ma gli etiopi non devono essersi divertiti, visto che la loro occupazione è andata come tutte le altre. Più che una gatta da pelare, una gatta rabbiosa da pelare. È stato abbattuto qualche centinaio di soldati etiopi, gli etiopi hanno ammazzato qualche migliaio di somali dando via a tutta una serie di folli vendette e poi, dopo essersi fermati per un po' hanno detto “fanculo” e se ne sono andati come avevano fatto i Rangers e la Delta Force quindici anni fa.
Questo risponde alla domanda che mi facevo in quel pezzo di qualche anno fa: può un esercito africano fare un lavoro migliore del nostro, occupando Mogadiscio? E proprio come pensavo la risposta era: “Macché”. Il fatto è che quello che noi consideriamo un maledetto casino al quale dispensare opere di carità per la maggior parte dei somali è naturale. Non per tutti: i somali avevano la fama di essere i migliori burocrati di tutto il Corno d'Africa, che ci crediate o no, sotto i regimi coloniali. Non sono gente stupida. Ma sono nomadi per natura, e i nomadi non hanno il concetto di un governo centrale che protegga tutti. Vogliono proteggersi da soli. I somali vivono in pratica come pensano di vivere i survivalisti dell'Idaho: per conto proprio, proteggendo le loro famiglie. I picchiatelli dell'Idaho lo fanno in modo completamente sbagliato, come qualsiasi somalo o bedù sarebbe in grado di dirgli: non devi nasconderti in una capanna di legno a lucidare il fucile giorno e notte, circondato da sensori di movimento. Ti devi muovere, insieme alle tue capre. Continui a muoverti, stai all'erta, non ti fidi di nessuno al di fuori del tuo clan. Se proprio vuoi farlo non puoi asserragliarti in casa con la tua famiglia, perché vi metteranno sotto assedio e vi spazzeranno via. Hai bisogno di un clan. Così i somali si organizzano in clan per reciproca difesa, combattono e scappano. Prima usavano i cammelli, poi hanno conosciuto l'auto dei loro sogni, il pickup Toyota, e non si sono più voltati indietro. Monta una mitragliatrice pesante sovietica o un cannone AA su quel coso e hai esaudito un sogno.
Nel frattempo c'erano anche dei somali in giacca e cravatta, che cercavano di vivere all'occidentale a Mogadiscio. Ma ha vinto il deserto, ha vinto la tradizione. La Somalia ha scelto la vita epica: sparare raffiche da un technical, non passare scartoffie. Una notizia non tanto buona se eri, per dire, una madre di famiglia con tre figli a carico, ma un'OTTIMA notizia se eri un ragazzetto sconvolto dal qat che non vedeva l'ora di premere il grilletto.
Così il caos, la fame, ecc. di cui si lamentano i buoni samaritani sono solo la versione somala della rivoluzione reaganiana: tornate alle radici! Vivete come i vostri nonni! Solo con le Toyota al posto dei cammelli. Più veloci, non puzzano, non mordono. Con me funzionerebbe.
E quando vivi così la guerra è nell'ordine delle cose, come il sole che sorge al mattino. Alzati e splendi, alzati e spara! Alzati e accoltella! O le capre o la morte, come probabilmente diceva il Patrick Henry somalo.
E non scandalizzatevi tanto. Se avete letto l'Iliade conoscete la storia. Questo ci insegnano i professori, anche se i bastardi non lo ammetteranno mai: scorrerie per il bestiame, scorrerie per gli schiavi, scorrerie per il semplice piacere di uccidere.
Naturalmente per ballare bisogna essere in due, quando i clan smettono di ammazzarsi tra loro e guardano oltre l'orizzonte alla ricerca di bersagli più grossi da abbattere unendo le forze. È così che pensano i nomadi. È così che i mongoli si sono trasformati in una marea rossa: hanno smesso di rubarsi gli yak tra loro e si sono resi conto che c'erano bottini migliori in Cina o in Asia Centrale.
Ed è qui che entra in gioco l'Etiopia. Quando i somali hanno esplorato l'interno si sono imbattuti nell'impero etiope che si spingeva a est, dalle montagne verso il deserto di Ogaden. I somali erano predatori per natura; gli amhara, la tribù etiope dominante, erano agricoltori, affamati di terra come tutti gli agricoltori e dunque bravi a impossessarsene. Quando sulla carta geografica si scontrano due tribù come quelle la guerra è nell'ordine delle cose.
Gli amhara erano originariamente gente di montagna, di posti dove fa freddo all'equatore e perfino i babbuini hanno il pelo lungo. Ma avevano mandato i loro coloni nelle calde e secche pianure della Somalia per generazioni. Quei coloni finirono nel mezzo di una classica guerra africana nel deserto di Ogaden dal 1976 al 1978, quando l'esercito somalo avanzò fino alla capitale dell'Etiopia, Addis Abeba. Fu una di quelle magnifiche guerre convenzionali nel Corno d'Africa che nessuno ha avuto il buon senso di filmare, accidenti, e così non riusciremo mai a vederla come dovremmo. Dev'essere stata una gran cosa, perché i somali erano specializzati in attacchi con mezzi corazzati attraverso il deserto. Avevano una grossa ed efficiente forza di carri armati russi, vecchi ma solidi T-34 (IL carro armato del XX secolo) e T-54/5. Se si considera che la popolazione dell'Etiopia è circa sei volte più grande di quella della Somalia, fa impressione pensare che le colonne di carri armati somali si sono addentrate così tanto nel paese nemico. Ma i somali avevano un grande vantaggio: ogni somalo è un assassino nato. È la sola cosa che conoscono.
Avevano anche il vantaggio di combattere contro un paese che si stava disintegrando. L'Etiopia non è mai stata il posto più organizzato del pianeta. È famosa per un bel po' di cose strane, come le pulci peggiori del mondo e la più antica e bizzarra versione del Cristianesimo, ma non per essere precisa come un orario ferroviario tedesco. L'Etiopia era uno di quei paesi in cui l'esercito era l'unica parte dello Stato a funzionare. Nel 1974 alcuni intraprendenti ufficiali comunisti dichiararono che l'Etiopia non era altro che un casino feudale ingiusto e sul punto di crollare. Il che era assolutamente vero. Sfortunatamente – e probabilmente questo lo avrete già indovinato – quello che avevano in mente loro era perfino peggiore. Molti di questi ufficiali erano stati educati a Mosca e ne avevano ricavato l'impressione che i russi fossero comunisti, e così da bravi studenti una volta tornati a casa vollero applicare ciò che avevano imparato. Fa ridere, adesso che sappiamo che a quell'epoca in Russia i veri comunisti non esistevano già più. I russi si saranno sentiti mancare di fronte ai loro amici abissini che narravano cinguettanti le glorie del comunismo. Scommetto che avrebbero voluto urlare: “Ehi, amico, no! È solo... raccontarvi queste storie è il mio lavoro, ma nessuno si aspetta che ci crediate!”
A essere onesti, un fiero ufficiale etiope avrebbe avuto tutte le ragioni per incazzarsi: metà della popolazione era costituita da braccianti poverissimi che lavoravano la terra dei signori amhara in cambio di una quota da fame del raccolto. La popolazione era in crescita vertiginosa e la terra mancava. Più gente, meno terra e un folle mucchio di signori, signore e monaci a comandare. Era come l'Inghilterra medievale, ma con un'esplosione demografica in corso e un esercito incazzato.
Così all'inizio della rivoluzione etiopica c'è un meraviglioso incredibile casino. Prendete una carta geografica dell'Etiopia e vedrete che ricorda la testa di un rinoceronte messa di profilo (un rinoceronte che guarda verso est, diciamo, pensando probabilmente “Dio come mi piacerebbe nuotare fino a Diego Garcia e scroccare qualche birra, scappare da questo ghetto...")
Il corno del rinoceronte entra nei deserti della Somalia. E adesso vediamola dal punto di vista etnico: gli amhara, la tribù cristiana dominante, controllano solo le montagne, all'incirca dove dovrebbe trovarsi l'orecchio del rinoceronte. In cima alla testa ci sono i territori ribelli, l'Eritrea e il Tigrè. A est e lungo il margine del deserto ci sono gli afar, forse la peggiore tra le tribù del Corno d'Africa; quando gli amhara sentono la parola “afar” dicono “Via, via, niente da far!” Un po' di umorismo tribale, ehm. Comunque spostandosi a destra su questa testa di rinoceronte che comincio a rimpiangere di avere evocato, il corno del rinoceronte è tutto somalo, e giù lungo la mandibola si incontrano gli oromo.
Ok? Ne avete abbastanza di teste di rinoceronte? Anch'io. Allora, nel 1974, proprio nel mezzo di questo bel castello di carte, o di ossa tenute insieme con la Vinavil – no, non sto ricominciando con un altro rinoceronte – in questo casino entra il Derg, un gruppo di 120 ufficiali etiopi di ispirazione comunista, per la maggioranza del Tigrè e della regione Amhara, decisi a incasinare l'unica zona relativamente stabile del paese, le montagne dell'Amhara, cacciando l'aristocrazia, liberando i servi e distribuendo loro la terra. Sorpresa sorpresa, è andata un po' male.
Prossimamente continuerò a parlare di questo e di un libro che racconta quello che accadde allora dal punto di vista di un bambino che lo visse – già questo vale una medaglia – e apparteneva a due diverse fazioni ribelli, una somala e l'altra amhara/comunista. È una delle storie migliori che conosca, e uno dei modi migliori per capire cosa potrebbe nascere in un paese che è molto più lontano dal posto in cui vivete di quanto lo sia Plutone.
War Nerd: Dalla testa del rinoceronte al ventre della iena
di Gary Brecher
Un paio d'anni fa accennavo al fatto che le truppe dell'Etiopia stavano occupando Mogadiscio e commentavo che per noi era un esperimento perfetto. Adesso potevamo finalmente sapere se qualcuno era in grado di pacificare quel posto.
Be', è arrivata la risposta, perché l'esercito etiope ha appena annunciato che lascerà la Somalia non appena riuscirà a firmare un finto accordo con la fazione somala più vicina. Ne hanno avuto abbastanza.
E non li biasimo: due anni in Somalia sono come due anni nel canile di Michael Vick [il giocatore di football americano coinvolto nello scandalo dei combattimenti clandestini tra cani, N.d.T.]. No, peggio. Se gli anni dei cani sono anni umani moltiplicati per sette, gli anni in Somalia sono anni umani moltiplicati infinite volte più una. Il motto dell'Ufficio Turistico somalo dovrebbe essere “Non è mai troppo tardi per andarsene!” Non biasimo Clinton per la fuga dopo la faccenda di Black Hawk Down; lo biasimo per non avere ritirato le truppe il giorno dell'insediamento. Si fa prima a trasformare i cani di Vick in quaccheri che a insegnare ai somali, i diavoli del deserto per antonomasia, a essere pacifici.
Vi chiederete come mai gli etiopi abbiano finito per intraprendere il compito disperato – anzi, semplicemente ridicolo – di convincere i somali a giocare pulito. La risposta breve, perché so che la maggior parte delle persone vuole la versione da 30 secondi, è che l'Etiopia non ha mai visto un pezzo di terra che giudicasse indesiderabile, e Cheney aveva dato il via libera perché la Somalia era caduta nelle mani degli “islamici”.
Però se adesso smettete un momento di cazzeggiare e mi prestate un po' d'attenzione vi do una risposta più onesta. Innanzitutto, dire che Mogadiscio era caduta nelle mani degli islamici è come dire che Barstow è caduta nelle mani dei battisti: è sempre stato così. Ovviamente ai somali la faccenda dell'Islam piace, perché paragonata all'ideologia di base somala che è “ciascuno per sé e mangiamoci i perdenti”, la legge islamica è tutta tenera tolleranza. È buffo immaginare i somali che supplicano i mullah: “Vi prego vi prego, istituite la Sharia! Siamo pronti per quelle tranquille menate da hippy! Questa roba macho somala è troppo dura!” Vedete, quando l'Islam si è diffuso dal Marocco a Giakarta ha travolto tutte le tribù. Ad alcuni, pivellini di città, la Sharia faceva paura perché era roba tosta. Ma per i somali, abituati com'erano a combattere tutto il giorno per poche capre affamate per poi svegliarsi l'indomani e ricominciare a combattere per le stesse capre pidocchiose, la Sharia era l'Estasi. “Un momento, mi state dicendo che la Sharia proibisce il furto? Niente furto? Così forse posso dormire con entrambi gli occhi chiusi per la prima volta in vita mia? Evvai!”
A detta di tutti Mogadiscio era quasi pacifica quando gli islamici erano al potere. Era un po' come ai primi tempi dei taliban a Kabul: a nessuno importava che i taliban fossero “democratici” finché tenevano basso il livello delle sparatorie e delle pallottole vaganti. La democrazia è per i ricchi. Vi garantisco che se vi toccasse vivere come fanno a Kabul o a Mogadiscio non ci terreste tanto neanche voi. Non con le sparatorie tra signori della guerra che vi infuriano sotto casa ogni volta che uscite a prendere l'acqua dalla pompa del quartiere. Logora in fretta, questo genere di vita: dover stare attenti ai cecchini ogni volta che si attraversa la strada. Qualche anno così e si comincia a vedere di buon occhio un po' di fanatismo islamico dove tutto è vietato, tipo fare rumore, canticchiare un motivetto o far volare un aquilone o che ne so. Un bel “Fermi e zitti!” a tutto il vicinato, compresi i signori della guerra e i loro scagnozzi masticatori di qat capaci di far saltare in aria i ragazzini nei vicoli solo perché non riescono a gestirsi lo sballo.
Così a Mogadiscio le cose si erano calmate, in stile Sharia, e la città era al sicuro dalle sparatorie e dalle pallottole vaganti per la prima volta nella sua storia. Ma questo non andava bene, e così l'esercito etiope è sceso dalle montagne e ha attraversato il deserto fino a Mogadiscio. Ma gli etiopi non devono essersi divertiti, visto che la loro occupazione è andata come tutte le altre. Più che una gatta da pelare, una gatta rabbiosa da pelare. È stato abbattuto qualche centinaio di soldati etiopi, gli etiopi hanno ammazzato qualche migliaio di somali dando via a tutta una serie di folli vendette e poi, dopo essersi fermati per un po' hanno detto “fanculo” e se ne sono andati come avevano fatto i Rangers e la Delta Force quindici anni fa.
Questo risponde alla domanda che mi facevo in quel pezzo di qualche anno fa: può un esercito africano fare un lavoro migliore del nostro, occupando Mogadiscio? E proprio come pensavo la risposta era: “Macché”. Il fatto è che quello che noi consideriamo un maledetto casino al quale dispensare opere di carità per la maggior parte dei somali è naturale. Non per tutti: i somali avevano la fama di essere i migliori burocrati di tutto il Corno d'Africa, che ci crediate o no, sotto i regimi coloniali. Non sono gente stupida. Ma sono nomadi per natura, e i nomadi non hanno il concetto di un governo centrale che protegga tutti. Vogliono proteggersi da soli. I somali vivono in pratica come pensano di vivere i survivalisti dell'Idaho: per conto proprio, proteggendo le loro famiglie. I picchiatelli dell'Idaho lo fanno in modo completamente sbagliato, come qualsiasi somalo o bedù sarebbe in grado di dirgli: non devi nasconderti in una capanna di legno a lucidare il fucile giorno e notte, circondato da sensori di movimento. Ti devi muovere, insieme alle tue capre. Continui a muoverti, stai all'erta, non ti fidi di nessuno al di fuori del tuo clan. Se proprio vuoi farlo non puoi asserragliarti in casa con la tua famiglia, perché vi metteranno sotto assedio e vi spazzeranno via. Hai bisogno di un clan. Così i somali si organizzano in clan per reciproca difesa, combattono e scappano. Prima usavano i cammelli, poi hanno conosciuto l'auto dei loro sogni, il pickup Toyota, e non si sono più voltati indietro. Monta una mitragliatrice pesante sovietica o un cannone AA su quel coso e hai esaudito un sogno.
Nel frattempo c'erano anche dei somali in giacca e cravatta, che cercavano di vivere all'occidentale a Mogadiscio. Ma ha vinto il deserto, ha vinto la tradizione. La Somalia ha scelto la vita epica: sparare raffiche da un technical, non passare scartoffie. Una notizia non tanto buona se eri, per dire, una madre di famiglia con tre figli a carico, ma un'OTTIMA notizia se eri un ragazzetto sconvolto dal qat che non vedeva l'ora di premere il grilletto.
Così il caos, la fame, ecc. di cui si lamentano i buoni samaritani sono solo la versione somala della rivoluzione reaganiana: tornate alle radici! Vivete come i vostri nonni! Solo con le Toyota al posto dei cammelli. Più veloci, non puzzano, non mordono. Con me funzionerebbe.
E quando vivi così la guerra è nell'ordine delle cose, come il sole che sorge al mattino. Alzati e splendi, alzati e spara! Alzati e accoltella! O le capre o la morte, come probabilmente diceva il Patrick Henry somalo.
E non scandalizzatevi tanto. Se avete letto l'Iliade conoscete la storia. Questo ci insegnano i professori, anche se i bastardi non lo ammetteranno mai: scorrerie per il bestiame, scorrerie per gli schiavi, scorrerie per il semplice piacere di uccidere.
Naturalmente per ballare bisogna essere in due, quando i clan smettono di ammazzarsi tra loro e guardano oltre l'orizzonte alla ricerca di bersagli più grossi da abbattere unendo le forze. È così che pensano i nomadi. È così che i mongoli si sono trasformati in una marea rossa: hanno smesso di rubarsi gli yak tra loro e si sono resi conto che c'erano bottini migliori in Cina o in Asia Centrale.
Ed è qui che entra in gioco l'Etiopia. Quando i somali hanno esplorato l'interno si sono imbattuti nell'impero etiope che si spingeva a est, dalle montagne verso il deserto di Ogaden. I somali erano predatori per natura; gli amhara, la tribù etiope dominante, erano agricoltori, affamati di terra come tutti gli agricoltori e dunque bravi a impossessarsene. Quando sulla carta geografica si scontrano due tribù come quelle la guerra è nell'ordine delle cose.
Gli amhara erano originariamente gente di montagna, di posti dove fa freddo all'equatore e perfino i babbuini hanno il pelo lungo. Ma avevano mandato i loro coloni nelle calde e secche pianure della Somalia per generazioni. Quei coloni finirono nel mezzo di una classica guerra africana nel deserto di Ogaden dal 1976 al 1978, quando l'esercito somalo avanzò fino alla capitale dell'Etiopia, Addis Abeba. Fu una di quelle magnifiche guerre convenzionali nel Corno d'Africa che nessuno ha avuto il buon senso di filmare, accidenti, e così non riusciremo mai a vederla come dovremmo. Dev'essere stata una gran cosa, perché i somali erano specializzati in attacchi con mezzi corazzati attraverso il deserto. Avevano una grossa ed efficiente forza di carri armati russi, vecchi ma solidi T-34 (IL carro armato del XX secolo) e T-54/5. Se si considera che la popolazione dell'Etiopia è circa sei volte più grande di quella della Somalia, fa impressione pensare che le colonne di carri armati somali si sono addentrate così tanto nel paese nemico. Ma i somali avevano un grande vantaggio: ogni somalo è un assassino nato. È la sola cosa che conoscono.
Avevano anche il vantaggio di combattere contro un paese che si stava disintegrando. L'Etiopia non è mai stata il posto più organizzato del pianeta. È famosa per un bel po' di cose strane, come le pulci peggiori del mondo e la più antica e bizzarra versione del Cristianesimo, ma non per essere precisa come un orario ferroviario tedesco. L'Etiopia era uno di quei paesi in cui l'esercito era l'unica parte dello Stato a funzionare. Nel 1974 alcuni intraprendenti ufficiali comunisti dichiararono che l'Etiopia non era altro che un casino feudale ingiusto e sul punto di crollare. Il che era assolutamente vero. Sfortunatamente – e probabilmente questo lo avrete già indovinato – quello che avevano in mente loro era perfino peggiore. Molti di questi ufficiali erano stati educati a Mosca e ne avevano ricavato l'impressione che i russi fossero comunisti, e così da bravi studenti una volta tornati a casa vollero applicare ciò che avevano imparato. Fa ridere, adesso che sappiamo che a quell'epoca in Russia i veri comunisti non esistevano già più. I russi si saranno sentiti mancare di fronte ai loro amici abissini che narravano cinguettanti le glorie del comunismo. Scommetto che avrebbero voluto urlare: “Ehi, amico, no! È solo... raccontarvi queste storie è il mio lavoro, ma nessuno si aspetta che ci crediate!”
A essere onesti, un fiero ufficiale etiope avrebbe avuto tutte le ragioni per incazzarsi: metà della popolazione era costituita da braccianti poverissimi che lavoravano la terra dei signori amhara in cambio di una quota da fame del raccolto. La popolazione era in crescita vertiginosa e la terra mancava. Più gente, meno terra e un folle mucchio di signori, signore e monaci a comandare. Era come l'Inghilterra medievale, ma con un'esplosione demografica in corso e un esercito incazzato.
Così all'inizio della rivoluzione etiopica c'è un meraviglioso incredibile casino. Prendete una carta geografica dell'Etiopia e vedrete che ricorda la testa di un rinoceronte messa di profilo (un rinoceronte che guarda verso est, diciamo, pensando probabilmente “Dio come mi piacerebbe nuotare fino a Diego Garcia e scroccare qualche birra, scappare da questo ghetto...")
Il corno del rinoceronte entra nei deserti della Somalia. E adesso vediamola dal punto di vista etnico: gli amhara, la tribù cristiana dominante, controllano solo le montagne, all'incirca dove dovrebbe trovarsi l'orecchio del rinoceronte. In cima alla testa ci sono i territori ribelli, l'Eritrea e il Tigrè. A est e lungo il margine del deserto ci sono gli afar, forse la peggiore tra le tribù del Corno d'Africa; quando gli amhara sentono la parola “afar” dicono “Via, via, niente da far!” Un po' di umorismo tribale, ehm. Comunque spostandosi a destra su questa testa di rinoceronte che comincio a rimpiangere di avere evocato, il corno del rinoceronte è tutto somalo, e giù lungo la mandibola si incontrano gli oromo.
Ok? Ne avete abbastanza di teste di rinoceronte? Anch'io. Allora, nel 1974, proprio nel mezzo di questo bel castello di carte, o di ossa tenute insieme con la Vinavil – no, non sto ricominciando con un altro rinoceronte – in questo casino entra il Derg, un gruppo di 120 ufficiali etiopi di ispirazione comunista, per la maggioranza del Tigrè e della regione Amhara, decisi a incasinare l'unica zona relativamente stabile del paese, le montagne dell'Amhara, cacciando l'aristocrazia, liberando i servi e distribuendo loro la terra. Sorpresa sorpresa, è andata un po' male.
Prossimamente continuerò a parlare di questo e di un libro che racconta quello che accadde allora dal punto di vista di un bambino che lo visse – già questo vale una medaglia – e apparteneva a due diverse fazioni ribelli, una somala e l'altra amhara/comunista. È una delle storie migliori che conosca, e uno dei modi migliori per capire cosa potrebbe nascere in un paese che è molto più lontano dal posto in cui vivete di quanto lo sia Plutone.
Originale: Exiledonline
Originale pubblicato il 29 ottobre 2008
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