Esercizi oziosi di un eclettico nel leggere sui giornali quale poeta ha
ricevuto o non riceve mai il premio Andrej Belyj
di Sergej Kruglov
Gli eclettici
conoscono di sfuggita ma con precisione centinaia di vecchi
nomi.
Vecchi. Soltanto i nomi, non più di questo. I più
realisti
tentano col sudore della fronte di tirar fuori
almeno
un nome nuovo.
I loro sforzi si rivelano a volte
straordinariamente non infruttuosi – e gli eclettici
ricorderanno
con altrettanta ostinazione anche questo nuovo nome. Soltanto il
nome.
Nomi,
convenzioni, glosse, segni, forfora,
lanugine del caso: polvere
del tempo, patina,
distorsione dei lineamenti, quadri alle
pareti, cocci, teschi,
linee di Nazca, tentativi
di
ricostruire una mano partendo dalle unghie,
mura distrutte di una
città situata sulla riva di un fiume
che bagnava la cinta ed è
ora irrealisticamente prosciugato,
e secco come il fiume è il
seme puberale,
unico ricordo di istanti dolcissimi e perfetti di
onanismo
sfociati all'improvviso, scricchiolando, nella scrittura
del bambino Onfim, –
che ne è stato di te, archeologia
ormai adulta,
dove sei, infanzia credula dagli occhi nudi?
Ricordi? Il manuale di storia
non ti faceva ridere: era
il
tuo specchio, uno specchio che non trovavi divertente,
nel
migliore dei casi te ne vergognavi.
Dopo aver ricordato chiudi la
bocca, inghiotti la saliva:
dalla pagina dello specchio
guardati,
vecchio eclettico, bambino della grotta di
Tešik-Taš.
Riflessi, specchi. Altri nomi.
Eclettismo.
Perdita di profondità,
attraversamento per
riaffiorare
dall'altra parte e viceversa.
Difficilmente,
quando
nel tuo sguardo si riflette
simile a una protuberanza l'imbarazzo
di una donna
costretta, semivoltata, a infilarsi
come una
rosa in un vaso di cristallo un tampone tra le gambe,
quando si
rovescia in volo obliquo un acquazzone estivo,
o il fuoco piomba su una città,
o un bambino di due anni
pensa al sogno appena
fatto,
o nove grammi di alcol plumbeo
tracciano la traiettoria
azzurra della luce verso la base del cervello
e il mondo si
raccoglie nel palmo di una mano come sale rosso, –
difficilmente
ricordi qualcos'altro oltre ai nomi,
magari utili solo per un
cruciverba, uno schema a forma di croce
la cui soluzione colma il
vuoto dei cieli
di chi ricorda i nomi
dell'arte e del sangue
(le ultime due parole
finiscono talvolta al tre e all'otto
verticale).
Originale: "
Досужие экзерсисы эклектика на тему сообщений в газетах о том, кто из поэтов получил, а равно никогда не получит премию Андрея Белого", Снятие Змия со креста, 2003.
Traduzione: Manuela Vittorelli
Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come cronista nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus).
I disegni scribacchiati su strisce di corteccia di betulla (berësty) da Onfim, un bambino di circa 7 anni vissuto a Novgorod agli inizi del 13° secolo, sono tra le testimonianze più antiche di arte infantile.
Nella sepoltura neanderthaliana di Tešik-Taš, nei Monti Bajsun-Tau (oblast' di Surchan-Dar'ja, Uzbekistan), è stato trovato lo scheletro di un bambino di nove anni.
[Grazie a Sten per l'immagine.]