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giovedì, settembre 17, 2015

Le nozze di Auschwitz e Poesia

Il membro della giuria di un premio letterario per esordienti, sezione “Poesia”, recita la long list e poi contempla in silenzio il buio oltre i vetri, pensando ad Adorno

di Sergej Kruglov

Su tutta la terra si fa buio
Dall’ora sesta all’ora nona
E avanti fino al mattino.
È la festa di nozze di Auschwitz e Poesia.
Anzi, la festa è già finita:
Non restano più cibo né bevande, gli ospiti se ne sono andati,
La notte di nozze è cominciata.

Il poeta, costretto ad assistere alla scena,
È una candela
Che arde d’amore e di paura
E osserva dal principio alla fine
Tutto questo incredibile kamasutra
(Chiudere gli occhi non può – il secolo
fa da stabile stoppino nella cera).

All’alba si è ormai consumato,
Solo di lui rimane in terra
Un mucchio di lacrime
Piccolo e accartocciato.
(Il che, si sa, non è indicativo
della qualità della cera, ma offre solo l’illusoria speranza
Che questa volta il fuoco
Possa essersi saziato.)

sabato, dicembre 15, 2012

Paolo narra del suo incontro con Cristo durante la missione in Cina

di Sergej Kruglov


Al tempo della predicazione ai pagani, mentre vagavo solitario
per le strade della capitale d'Oriente,
alla fine della stagione fredda, quando il gelo ancora imbianca le tegole dei tetti,
lo incontrai
vestito da funzionario di ventiduesima classe;
andava ad ascoltare il canto di Li Dodicesimo,
invitato da qualcuno di rango più elevato,
e quando mi vide
portò due dita alle labbra.
Signore e Dio mio!
Due dei suoi figli possedevano terre in campagna
(c'era stato un terzo figlio, come seppi in seguito,
condannato a morte dall'imperatore per calunnia o per un deplorevole errore
che il signore dell'Impero Celeste
si era affrettato a correggere: la testa
era stata resa ai famigliari in montatura di diaspro
con scuse allegate e un lingotto d'argento da 200 tael).
L'anno prima era stato incaricato
di sovrintendere alla costruzione di una diga.
Aveva consumato centoquarantadue pennelli
e per la mancanza di sonno i suoi occhi erano arrossati
come quelli di un drago,
e le larghe narici erano simili a quelle del rosso Qilin
e segno di coraggio e di eccellenza
del regno a venire.
Dedicava il tempo libero, secondo la moda,
alla preparazione del tè, e in quell'arte dello zafferano
poteva tenergli testa, si diceva,
forse soltanto Cao del monte Hua.
Le lacrime!
Però restò in silenzio
e mi rispose timidamente e a monosillabi, con un sorriso assente.
Ma il giorno della mia partenza,
mentre sedevamo nel padiglione accanto al molo,
compose un'ottava,
elegante e dalle rime perfette,
scritta su un pezzo di seta
in bello stile.
"Una pagina rosa dalle tarme."
Probabilmente le sue vite
erano ormai esaurite. Ricordava un battaglio di legno
sopravvissuto all'incendio del tempio.
Partii. Sulla barca aleggiava la nebbia. Nella nebbia,
languido, volava basso un airone.
Ma l'inverno era finito. I pruni quell'anno
promisero di fiorire per sempre.

Originale: Павел рассказывает о своей встрече с Христом во время миссии в Китае, Снятие Змия со креста, 2003.

Traduzione: Manuela Vittorelli

[Grazie a Sten per l'immagine.]

sabato, novembre 24, 2012

E poi d'un tratto a notte fonda

di Sergej Kruglov


E poi d'un tratto a notte fonda ti svegli e piangi: fruscio dell'anima, oscurità d'autunno, senso d'inutilità. Qualcuno – indigeno, persistente, mai esorcizzato – sta là, accanto alla palizzata, e gratta sul vetro... È la Rus': vuole entrare, porta una verbosa novella? Tace, non ha voce: scendono gocce d'acqua dai suoi capelli, odora di lontananza e di fango autunnale.
Chi è là? Silenzio: il nostro vampiro russo, ortodosso, non è come i vostri. Non è questione di nobiltà, non c'entra il sangue. Il nostro vampiro odora di terra e di coscienza morale; è grezzo, divino.

Sciò, sciò, bisogna dormire... O forze della luce, com'è ancora lontano il mattino, quanto è umido e inesorabile il mondo là fuori. O patria, patria, dove sei tu, patria, e quanto ancora devo aspettare qui, al buio.

Originale: "Так вот вдруг среди ночи очнешься...",  Снятие Змия со креста, 2003.

Traduzione: Manuela Vittorelli

[Grazie a Sten per l'immagine.]

giovedì, novembre 15, 2012

Notte

di Sergej Kruglov



Brividi di bella scrittura, ispirata imitazione dei modelli! O lieve, promettente, spietatamente attento fiore d'autunno inodore, bagliore di vetro in un caleidoscopio, stile delle libere associazioni! E voi, mele al forno lasciate a raffreddare, massime metafisiche. Ma in questa città sull'oceano, quanto ti svegli all'alba in una corrente d'aria fredda, puoi solo raccontare storie: così, se il vento spegne la candela, il mattino dopo puoi ricominciare da una frase lasciata a metà.

È stata una serata densa, pungente; ma adesso sono le due di notte, è quasi mattina; sulla città si stendono la garza e il soffice sale del coprifuoco, le vie sono tranquille. Arcieri nubiani, ombre di lontane steppe silenziose si curvano sui muri, occhi felini d'ottone osservano i passi nell'oscurità – tu, vittima antelucana che turbi la pace! – una pallottola, come una vedova, geme, si allontana nell'abisso dei vicoli, un grido e poi ancora il silenzio. Il morto punta gli occhi sulla luna oceanica che si erge traballante sopra la città, gli occhi ricordano vagamente uno sguardo; il comandante della pattuglia fa scattare l'accendino, si china – così quell'ufficiale dimostra ventidue anni, è uno del posto, pallido e tremante come una ninfa delle fognature; il fioco scintillio degli stivali, gli anni dorati della vita studentesca, la lontana Uppsala, l'umanesimo, le discussioni, Platone, Fichte, – l'adolescenza e la giovinezza, nemici! L'ufficiale si raddrizza e con un gesto ordina il dietrofront alla pattuglia – il serpente di fidanzamento al dito, l'elastico gemito del cinturone, il gemito dell'innocenza nei letti caldi e merlettati dell'oceano, patria, sposa, selciato notturno.

Mezz'ora prima che questo accadesse ero stato svegliato da uno spiffero gelido nella mia stanza, al mio piano; l'amico che si era fermato a dormire si mosse nel sonno, la coperta scivolò sul pavimento; l'anima, tiepida, giovane, goffa, lo avvolgeva, come ripetendo l'acquerello delle fragili membra, il ventre, il triangolo dell'abbronzatura dove c'era lo scollo della camicia; lo svegliai: "È ora". In silenzio, come tutti gli animali notturni, uscì – e sbrigativo e silenzioso fu il congedo sulla soglia – la porta d'ingresso sbatté; e lì, dove i volantini fremevano sui muri con le ali di sofismi predatori, dove la luna lasciava cadere giù nei vicoli perpendicolari raggi invisibili, là nel buio lo accolse anche la pallottola felina della pattuglia. Lo spiffero che scorrazzava nella stanza trovò infine una via d'uscita e si tuffò fuori, nell'oceano, nel cielo basso, e le tende si gettarono al suo inseguimento lanciando un disperato allarme.

Ascoltammo la musica, preparammo il tè in bicchieri di vetro; quasi alla cieca, a luce spenta, dialogammo sulle carte, gli assi logori e il castello di carte, carcasse di simboli, – tutto quel che è rimasto di lui sul tavolo, tra le tazze e i petali di primula; beata mancanza di costrizioni! L'arte di costruire con sovrano distacco un castello di carte quando tutt'attorno scintillano i pugnali del poker, si intrecciano come serpi i neri cappi della divinazione! L'arte di esser fuori dell'arte: questo lo fu sempre, il mio amico che se ne andò senza aspettare il mattino. Io mi addormentai e sognai che con un rasoio tagliavo a grosse fette pergamene pesanti e oleose di Couperin, e intanto rigiravo distrattamente tra le dita scatole musicali di Rameau piene di spilli, e all'improvviso mi svegliai urlando e piangendo lacrime disperate. Le scatole caddero sul pavimento accanto al letto, andando in mille pezzi. Rimasi a lungo a guardarle, a osservare con il capo chino il collo piegato dell'uccellino meccanico.

Anima, anima che ti sei ritrovata d'un tratto liberata sui Troni di Luce, anima dolce e sciocca! A chi potrai insegnare i tuoi aforismi febbrili? A chi serviranno le tue libere associazioni, quel mucchio di illusioni avvizzite che avevi preso a noleggio chissà quando? Non piangere, non sperare. Racconta la tua storia, anima in fuga; solo racconta la tua storia.

Originale: "Озноб изящного писательства...", Снятие Змия со креста, 2003.

Traduzione: Manuela Vittorelli

[Grazie a Sten per l'immagine.]

martedì, novembre 13, 2012

Silenzio

di Sergej Kruglov

Silenzio, sempre e ovunque,
Spaventoso e caro,
Come spaventoso è tutto ciò che è caro,
Telaio per i fruscii.
E tu, che giaci in bozzoli
Di carne, cervello, solitudine,
Biancheria intima,
Coperta chiomata,
Camera da letto,
Casa (Casa!) di sbuffi, ombre, camini, finestre –
Cos'hai tenuto in serbo per il silenzio? Un fruscio.



Originale: "Тишина... всегда и везде, всю ночь...", Снятие Змия со креста, 2003.

Traduzione: Manuela Vittorelli

Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come cronista nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus).


[Grazie a Sten per l'immagine.]

sabato, giugno 02, 2012

Giugno

di Sergej Kruglov

Dipartimento. Giugno. Chiazze di luce meridiana in biblioteca. Sonno vischioso, tavoli, mucchi di libri; povera, terrorizzata, dolce, rapace memoria, cosa sei? Sostrato o accidente?
Dio e il Diavolo discutono nei corridoi assolati e polverosi dell'università come due professori, uno dei quali è trasandato, ossuto e geniale e l'altro è tranquillo, si ricama da solo i fazzoletti da naso, possiede un gatto e un paio di pantofole, ha le emorroidi; la discussione è astratta, senza prepotenze. Il tuo compito è farti gentilmente strada tra i due, perché più in là sventolano le mani e aspettano: il sole, l'estate, il penultimo esame.



Originale: da Poesie in prosa, in "GF - Novaja Literaturnaja Gazeta", Mosca 1994.

Traduzione di Manuela Vittorelli

Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come cronista nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus).

[Grazie a Sten per l'immagine.]

domenica, aprile 22, 2012

Da aprire in Galilea

di Sergej Kruglov

a L., per il suo compleanno


Amici lontani hanno spedito un regalo:
un batticoda, fragile uccello invernale,
imprigionato nella mica ghiacciata dell'Erebo-Neva.

Acquerello piumato, dolore glaciale,
Tutto fiorisce sulle pietre assolate
Sotto il dolce lentissimo bacio del cielo.




Originale: "Вскрыть в Галилее", inedito, febbraio 2012.

Traduzione: Manuela Vittorelli

Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come cronista nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus).


[Grazie a Sten per l'immagine.]

sabato, marzo 10, 2012

La gara, che ha avuto inizio a Blois

di Sergej Kruglov



                                                                                Per F. M.

La gara, che ha avuto inizio a Blois,
prosegue in questa desolazione.
Là mangiammo dolcemente, dolcemente, la bocca piena
di dolce saliva, e dolcemente gli angeli cantavano per noi.
Qui una volta c'erano denti. Adesso
novembre ha congelato le gengive marce delle strade
e i pioppi sono nervi rinsecchiti
tra le radici del tempo.
Tutti quelli che vivevano qui, che sono stati mangiati, sono morti
ma hanno promesso di tornare. E adesso tornano;
il luogo è sempre più affollato, più dell'Inferno.
I riflessi della masticazione sono ancora vivi, senti?
E comunque noi non siamo nati qui, nella classifica
siamo solo undicesimi,
e siamo liberissimi di emigrare,
di trasferirci dalla provincia masticatrice alle isole.
Le isole! Mentre loro gareggiano e
masticano, masticano. Mentre le moltitudini
si masticano a vicenda.

Originale: "Состязание, начавшись в Блуа", Снятие Змия со креста, 2003.

Traduzione: Manuela Vittorelli

Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come cronista nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus).


[Grazie a Sten per l'immagine.]

sabato, gennaio 21, 2012

Esercizi oziosi di un eclettico

Esercizi oziosi di un eclettico nel leggere sui giornali quale poeta ha ricevuto o non riceve mai il premio Andrej Belyj
di Sergej Kruglov



Gli eclettici conoscono di sfuggita ma con precisione centinaia di vecchi nomi.
Vecchi. Soltanto i nomi, non più di questo. I più realisti
tentano col sudore della fronte di tirar fuori
almeno un nome nuovo.
I loro sforzi si rivelano a volte straordinariamente non infruttuosi – e gli eclettici
ricorderanno con altrettanta ostinazione anche questo nuovo nome. Soltanto il nome.

Nomi, convenzioni, glosse, segni, forfora,
lanugine del caso: polvere del tempo, patina,
distorsione dei lineamenti, quadri alle pareti, cocci, teschi,
linee di Nazca, tentativi
di ricostruire una mano partendo dalle unghie,
mura distrutte di una città situata sulla riva di un fiume
che bagnava la cinta ed è ora irrealisticamente prosciugato,
e secco come il fiume è il seme puberale,
unico ricordo di istanti dolcissimi e perfetti di onanismo
sfociati all'improvviso, scricchiolando, nella scrittura
del bambino Onfim, –
che ne è stato di te, archeologia ormai adulta,
dove sei, infanzia credula dagli occhi nudi?
Ricordi? Il manuale di storia
non ti faceva ridere: era
il tuo specchio, uno specchio che non trovavi divertente,
nel migliore dei casi te ne vergognavi.
Dopo aver ricordato chiudi la bocca, inghiotti la saliva:
dalla pagina dello specchio guardati,
vecchio eclettico, bambino della grotta di Tešik-Taš.
Riflessi, specchi. Altri nomi.

Eclettismo. Perdita di profondità,
attraversamento per riaffiorare
dall'altra parte e viceversa.

Difficilmente,
quando nel tuo sguardo si riflette
simile a una protuberanza l'imbarazzo di una donna
costretta, semivoltata, a infilarsi
come una rosa in un vaso di cristallo un tampone tra le gambe,
quando si rovescia in volo obliquo un acquazzone estivo,
o il fuoco piomba su una città,
o un bambino di due anni
pensa al sogno appena fatto,
o nove grammi di alcol plumbeo
tracciano la traiettoria azzurra della luce verso la base del cervello
e il mondo si raccoglie nel palmo di una mano come sale rosso, –
difficilmente ricordi qualcos'altro oltre ai nomi,
magari utili solo per un cruciverba, uno schema a forma di croce
la cui soluzione colma il vuoto dei cieli
di chi ricorda i nomi
dell'arte e del sangue (le ultime due parole
finiscono talvolta al tre e all'otto verticale).

Originale: "Досужие экзерсисы эклектика на тему сообщений в газетах о том, кто из поэтов получил, а равно никогда не получит премию Андрея Белого", Снятие Змия со креста, 2003.

Traduzione: Manuela Vittorelli

Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come cronista nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus).

disegni scribacchiati su strisce di corteccia di betulla (berësty) da Onfim, un bambino di circa 7 anni vissuto a Novgorod agli inizi del 13° secolo, sono tra le testimonianze più antiche di arte infantile.
Nella sepoltura neanderthaliana di Tešik-Taš, nei Monti Bajsun-Tau (oblast' di Surchan-Dar'ja, Uzbekistan), è stato trovato lo scheletro di un bambino di nove anni.

[Grazie a Sten per l'immagine.]

sabato, novembre 26, 2011

Tre o quattro in tutto


In un inizio livido di primavera 

di Sergej Kruglov

In un inizio livido di primavera
fumavi a letto, la coperta lilla
tirata giù a metà; dietro i vetri
il vento alzava la polvere con le dita dei pioppi spezzati;
dal mozzicone si levava un fumo grigio-celeste. Rispondendomi guardasti
verso la luce biancastra: le pupille si fecero invisibili, l'interno si fuse con la sfera,
goccia di consistenza aliena, e dondolando cadde in una coppa
piena del burro azzurrognolo di Gainsborough.
Poi la sfera divenne un puntino insopportabile.
No, tu non c'entri –
tu eri da me per caso,
niente di particolare, te ne andasti senza finire il tè
nemmeno il tempo di scambiarsi i numeri di telefono; ma quell'istante sferico
era una chiara cavità nella trama dell'illusione,
punto compreso in sé dove s'incrociano
vie carovaniere di emanazioni angeliche e demoniache
irrappresentabili.
Di questi punti, basi di trasbordo del reale,
ce ne saranno tre o quattro in tutto. Per vederli non è indispensabile
affilare la mente e conoscere a fondo
le zone erogene della fantasia.
Dopo averli visti
sopravvivere è praticamente impossibile.

Originale: "Ранней серой весною", Снятие Змия со креста, 2003.

Traduzione: Manuela Vittorelli. 

Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come cronista nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus).

[Grazie a Sten per l'immagine.]

sabato, novembre 12, 2011

In un abisso di acquazzoni e stelle

Lacrime per un vecchio film dell'infanzia

di Sergej Kruglov

             A Saša Egorov

Mio uomo nero, Negoro mio!
Prendimi, rapiscimi, trascinami nelle giungle africane,
scarlatte, verdi, terracotta,
gettami, solo e legato, i mezzo ai bruti e alle sciagure,
precipitami in un abisso di acquazzoni e stelle, consegnami
al Grande Mganga incantatore! –
ma il cattivo non ascolta: ridendo selvaggiamente
mi riporta indietro, indietro. Incespico,
la febbre canta nelle vene; stessa riva,
stessa nave senza equipaggio,
stessa luce feroce
e il ritorno nella gelida e vecchia patria.
La misericordia del male senza pietà per il prigioniero.

Ricordi com'era bello
e bianco e nero tutto questo
sullo schermo a colori?

Era così. E avevo quindici anni anch'io
quando scoprii quest'innocenza.

Nota: il film è Pjatnadcatiletnij kapitan (Sojuzdetfil'm, 1946) di Vasilij Žuravlëv, adattamento del romanzo di Jules Verne Un capitaine de quinze ans. Il malvagio cuoco Negoro, mercante di schiavi e ricattatore, era interpretato da Michail Astangov. Il film è qui: http://video.mail.ru/mail/jonniarts/4307/1966.html.

Originale:  "В слезах над старой кинолентой детства", Снятие Змия со креста, 2003.

Traduzione: Manuela Vittorelli.

Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come cronista nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus).

sabato, ottobre 22, 2011

Elegia puškiniana

Elegia puškiniana 
di Sergej Kruglov

Ad Avgust B., con un'avvertenza: neanche sui pini russi crescono le mele blu, 
ma esse sono abbastanza gustose, e i loro torsoli scivolosi. 

Prima di lui non c'erano versi né linguaggio.
Sarà buffo e desolante
quando neanche dopo ce ne saranno.

L'autunno ci sorprende sempre in cammino.
Ultima fermata, Boldino. Più in là non si può andare, caro:
nel mondo c'è il colera. In quarantena sotto cieli stranieri,
resterai ospite indefinitamente.
La casa senza padrone è vuota, avvolta nella nebbia fin dal mattino.
I servi si sono dispersi lungo le strade acide:
non c'è nessuno a cui versare caffé decaffeinato,
nessuno da sbarbare o da svenare –
l'autunno arrugginisce tutto quel che è tagliente.
Siediti accanto alla finestra, mescola le carte
e disponi il solitario in questo o in quel modo – uscirà sempre e comunque
Puškin, nessun altro. E non sorprende:
Puškin in questo mazzo è tutti e quattro i semi.
Dovrai sciogliere gli inchiostri secchi, come nella fiaba?
Ma i tuoi testi di Boldino
non li conoscerà nessuno,
forse due o tre volte
si rivolterà nella tomba
l'ossuta musa russa.
Musa fortunata: è riuscita a morire per prima.
Quando qui ti raggiungerà
il colera del secolo, l'ultima cosa che vedrai
sarà il Puškin di quel solitario, un cielo basso da cornacchie
e una fine del mondo interminabile e crudele.
Che voglia di andare a casa, dolce amico mio,
amico lontano, mia soffice nuvola!
Noi, certo, sapevamo dell'autunno – ma davvero,
davvero la nostra estate è stata tanto lunga?

Originale: "Пушкинская элегия", Снятие Змия со креста, 2003.

Traduzione: Manuela Vittorelli.



Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come reporter nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus).


[Grazie a Sten per l'immagine.]

domenica, ottobre 02, 2011

La distribuzione degli elefanti sulle isole

La distribuzione degli elefanti sulle isole
di Sergej Kruglov

Denso come marmellata è il sangue del tango portoricano.
Robinson si entusiasma, ulula, bacia
una sbavatura su un alluce calloso!
Oggi tiene a battesimo una nuova letteratura insulare.
Felice Venerdì s'inchina
agli applausi del mare,
lancia goffi baci in aria verso i gabbiani,
i granchi strisciano sulla scena con imbarazzanti bouquet
di moccio salato.
Venerdì ha vinto il Premio Booker!
Culla tra le braccia l'enorme busta viola.
Venerdì è un poeta, oggi per l'emozione è agitato
come un cocktail “El Choclo”, ha perfino una cannuccia
che gli spunta in mezzo all'inguine!
Robinson, ballando, accarezza la radiolina
che tiene in mano –
“Girl, Don’t Cry Fo’ Louie!” –
e aggira felice la madre passandole alle spalle,
il battesimo all'ombra di una palma da cocco:
barbuto e giallodentato, spaventoso,
simile al cammello del Battista, il canuto Crusoe
benedice il suo dio-bambino, attaccandosi
al capezzolo di cioccolato al latte
del giovane maestro-stilista;
il succo della letteratura! tutto immacolato;
ah, se soltanto – prega Venerdì – la celebrazione della poesia
e la pioggia di premi non finissero mai! aiuto, Signore!
Ma Robinson, sintonizzando la sua radio su un tango – qui l'unico
fardello dell'uomo bianco è questo – lo istruisce:
così, così, figlio mio! sei il nuovo orgoglio del mondo!
Spalma uno strato di preghiera più spesso dell'olio di cocco – sull'orecchio di Dio!
su e giù, su e giù! tango nelle pieghe! Così!
E intanto quel Dio bruno dalle vermiglie labbra se la ride:
D'ora in poi su queste isole lo spirito
creerà a proprio piacimento.

Originale: Раздача слонов на островах


Traduzione: Manuela Vittorelli



Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come reporter nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus).


[La motosega me l'ha prestata Sten.]

sabato, gennaio 08, 2011

Guardando dalla finestra del ministero

Guardando dalla finestra del ministero
il parco oscurato da un acquazzone


di Sergej Kruglov

Veder uscire nello stesso istante
da una porta Swift e dall'altra Defoe:
eccolo, autunnale eppure indocile, il segreto stilistico
della letteratura inglese.

Originale: ГЛЯДЯ НА ЗАШТРИХОВАННЫЙ ДОЖДИКОМ ПАРК ИЗ ОКНА МИНИСТЕРСТВА

Traduzione: Manuela Vittorelli

lunedì, dicembre 27, 2010

Elegia per l'eliminazione dell'ultimo licantropo di questi luoghi

Elegia per l'eliminazione dell'ultimo licantropo di questi luoghi,
in coincidenza con il Natale


di Sergej Kruglov

Smisurato Natale.
La notte sta finendo. Gennaio è come un palo conficcato nel cuore,
una bocca piena d'aglio;
rami di pino, agrumi; corpi imbalsamati d'abeti.
Un coltello piantato nel legno, solitario nella radura cristallina.
L'ultimo sangue di questi luoghi –
il sangue diluito del licantropo dei boschi, antico come una stella –
cola nella neve come argento. Crepita
la vita, raffreddandosi.
È stato un brutto viaggio, come tutti gli ultimi.
L'asse probabilmente logoro,
sabbia ghiacciata negli ingranaggi.
Tre piste conducono a Betlemme:
i babbi natale portano i doni,
gli scuri profili sfilano in mezzo all'ocra rossastra dei pini
tra le zampe croccanti degli abeti;
il viaggio è lungo, ma non ci sarà nessuno con cui dolersene.
E la mangiatoia a Betlemme è vuota, il vento
ha ammucchiato la neve sulla soglia.
Tra i resti impolverati
dei doni lasciati qui nei secoli
si congelano ragnatele e tane di ratti ciechi.
Imbalsamatori e terrei cacciatori di lupi,
gli abitanti del deserto di Betlemme
si riproducono qui da migliaia di anni,
ma nessuno mai genera bambini. Solo continua a sorgere, ogni inverno,
nel cielo grigio come pelliccia
una tassidermica stella.

Originale: Элегия на уничтожение последнего оборотня этих мест, приуроченное к Рождеству


Traduzione: Manuela Vittorelli


Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come reporter nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus)

[Grazie a Sten per le finestre che ridacchiano.]

sabato, dicembre 18, 2010

Un seme di cumino

Il gusto della vita
di Sergej Kruglov

Il gusto della vita è un seme di cumino sotto la lingua,
stilla di gusto
che scivola giù,
ricordo di un'altra
superstizione: non voltarti!
guarda me:
sono malato ma non muoio,
muoio ma non di malattia,
perché qualcosa mi ha spezzato
come un guscio, mio ermafrodita-agrume,
mi ha distrutto il corpo
e ha trovato libertà e luce,
perché non me ne dolgo
e perché
vita e morte quello sono
un seme di cumino
sotto la lingua.

Originale: Вкус к жизни; зернышко тмина под языком.

Traduzione: Manuela Vittorelli.


[Grazie a Sten per la cotognata.]

domenica, giugno 13, 2010

Lasciamo perdere le sfere intermedie


Passare giorni di luglio tutti uguali in una cittadina di provincia della Siberia orientale, dove il cemento dei condomini si è addormentato, prima di aver finito di fottere una pastorella quarantacinquenne sazia di maccheroni; vivere e amare tra gli strumenti di tortura dell'estate in monotono movimento; in questo paesino vicino al centro immaginario del mondo, nel vento che sposta la polvere ma non l'aria, nella penombra e nel marciume – perché da nessuna parte è altrettanto buio quanto nel cerchio al centro della candela; in questa disposizione di fogne, gusti ordinari, mosche, inutile affaccendarsi e piccoli teppismi; nella città del non-splendore e dei suoni incompiuti, del genere più basso di materialismo, nella patria spirituale degli ammiratori in giacca e cravatta di Nekrasov, delle caramelle da poco senza involucro, nella Babilonia della non-poesia che si spinge ai limiti dell'inesistenza; nel punto non segnato sulle guide che non conduce né all'Inferno né al Paradiso (lasciamo perdere le sfere intermedie), nella città dimenticata dalla guerra e dall'illuminismo, dove vive un messia che parla alla TV locale e soffre di adenoidi; dove tutto è squallido, sudato, insufficiente e spietato; dove putridi torrenti passeracei di tanto in tanto escono dagli argini, portando distruzione nelle serre, negli orti e nelle tane di ratti, oltre che accenni di dissenteria e di colera; qui dove un tempo, tanto tempo fa che è come se non fosse mai accaduto, i cammelli delle carovane della Via della Seta si spezzarono le zampe, e i discendenti di dei pagani, famose tribù di fabbri e di stregoni, si estinsero per l'alcolismo e la diarrea, e adesso sulle equivoche collinette urbane composte di escrementi umani crescono pomodori di dimensioni mostruose nutriti dalle radiazioni che vengono dalle vallate vicine; dove i trasporti pubblici sono più illusori di Fata Morgana e le piazze aride, i pioppi indifferenti e un'architettura bastarda debordano ovunque sotto lo sguardo, perché le cuciture di questa realtà si sono ormai logorate da molto tempo; al centro della regione in cui i fatti dell'Europa e dell'Asia arrivano un mese dopo come grandi notizie, e le notizie non arrivano mai, dove le mode dei balli delle due Americhe muoiono come topi avvelenati stramazzati a metà strada mente correvano verso l'acqua; in questo luogo, o tempo, o coscienza, o altra dimensione dell'Essere, inaccessibile al genio, che continua a vivere qui malgrado tutto – mi alzo tutte le sere quand'è ancora chiaro, scosto le tende per far passare la luce dell'ubiquo sole locale che tramonta, preparo il tè; e aspetto; e spero, spero. Il mio compagno delle vacanze estive, Tommaso da Kempis, è seduto a tavola da un bel po': è calmo e serio, sta lavorando. Scrive il suo libro, scrive e scrive, diligente e muto, strizzando gli occhi di tanto in tanto, l'indice contro la tempia. “Stai ancora scrivendo!” – mi guarda con disapprovazione e continua a scrivere il suo libro imitativo, teso nella sua imitazione se non come una scimmia diciamo come una gatta incinta di una scimmia. Sorseggia il tè georgiano che gli ho servito e che si sta raffreddando – classe superiore, quello che odora di salsiccia! neanche lui toccherebbe i tè di prima e seconda categoria che abbondano nel negozio coloniale locale e puzzano come il calzino di uno scapolo – niente, niente, non li assaggerebbe per niente al mondo – e con la voce tintinnante di un mentore e di un vecchio amico fedele indaga “E così? questa tua vita non è forse un crimine e una negazione di Dio?” “No!” esclamo. “Questa è la mia vita, e questo, tutto questo, non è un crimine, anzi! è una malattia, e questo, e no! è una sfortuna, un'allucinazione oscura, una pestilenza, un'anemia che assomiglia al mal di denti, alla carie, alla pediculosi, alla composizione di versi per un anniversario, alla lebbra, al cimurro; nella geografia del cielo e della terra questa vita e questo luogo sono un luglio che marcisce per sempre tra le chiappe di Dio Signore, ed Egli è troppo pigro per guardarsele allo specchio! e tu, amico, vai avanti, continua a scrivere.” Stringe le labbra, si gira e riprende a far scricchiolare la penna, strizzando gli occhi, mentre io esco sulla veranda, cerco di ricordare il sogno del giorno prima, mi accendo la prima sigaretta della sera e ancora mi aggrappo alla speranza: cosa c'è là, nell'ocra del cielo crepuscolare? non è una nuvola? forse è una nuvola; forse la luce di un lampo illuminerà il nostro giardino pieno di lappole e di lattine, forse una voce tonante dai cieli dirà che siamo tutti perdonati, che possiamo tornare a casa; forse! e un acquazzone, uno spaventoso, gioioso, lacrimoso acquazzone di nostro Signore si rovescerà su di noi, sul giardino, sulla cittadina, su questo crescente, tremolante, verdastro, stillante luglio, una pioggia purificatrice e disinfettante di insetticida e di candeggina, di fuoco e di zolfo bollente.

Sergej Kruglov, Poesie in prosa, in "GF - Novaja Literaturnaja Gazeta", Mosca 1994.

Traduzione: Manuela Vittorelli.

Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come reporter nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus)

[Grazie a Sten per le palme.]

sabato, dicembre 19, 2009

Ancora uno, l'ultimo testo in versi

ancora uno, l'ultimo testo in versi,
diciannovesimo tra i più recenti. In fila
si allontanano da me in una prospettiva vacua: zitti,
attendono pazienti l'uno accanto all'altro,
esangui, deboli, accigliati profughi bambini
in coda allo sportello: ecco che si apre, e l'Esercito della Salvezza notturno
comincia nel mezzo dell'abisso
a distribuire pane e lacrime.

quello sportello dà sull'altro lato: laggiù,
oltre le distorsioni della nebbia, c'è la patria presunta.
quando sento un suono, lo schiocco di una corda che si spezza nel mio cuore,
allora so: là, a casa,
un altro lettore e amico, che si fidava,
mi ha dimenticato per sempre. e poi ancora un altro.
e un altro ancora.

Originale: "Еще один, последний стихотворный текст", Снятие Змия со креста, 2003.

Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come reporter nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus)
Traduzione di Manuela Vittorelli.

sabato, dicembre 12, 2009

Un giorno Iosif Brodskij

Un giorno Iosif Brodskij

di Sergej Kruglov

Un giorno Iosif Brodskij,
impronta culturale di un'epoca, sua coscienza stanca
ma anche noto letterato,
mi disse dal suo ritratto in bianco e nero
qualcosa come: «Finché la lingua
russa è morta, si può evitare
la poesia». Ricordo che allora ero d'accordo; però
con il trascorrere degli anni, nel susseguirsi impercettibilmente,
irreparabilmente uguale delle diverse immagini di fondo stagionali
su questa nostra stessa pagina fitta di monologhi e di marginalia,
mi sono convinto che l'arte di evitare la poesia
è abbastanza complicata, e accessibile solo a esperti
d'alto livello. In Russia, dio ti ringrazio, non ce ne sono
e dubito
che ne spunterà qualcuno: il tempo passa, l'età vaneggia con sospetto
di un lirismo delicato,
sulla foto di Brodskij, come una macchia di colore, appare
il bubbone della malattia del secolo: la giovinezza; e la lingua russa
non muore, la poesia
continua a riempire il mondo fino all'orlo, tanto che quello
è illividito fino a scoppiare
e ormai esplode.

E ben gli sta! non mi dispiace. Questo sentire,
naturalmente, entra in contrasto con le nuove religioni,
con i comandamenti di tristi premi nobel morti –
però, senza timori per la vita dell'anima immortale,
io resto quasi calmo: che il mondo affoghi pure
nella poesia, nelle convulsioni che precedono la morte
pronunciando con voce roca di densa saliva slava
preziosi ma già incoerenti anglicismi ebraici.

Originale: "Однажды Иосиф Бродский"(inedito)


Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come reporter nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus)
Traduzioni: Manuela Vittorelli.

[Grazie a Sten per il ritratto.]

sabato, dicembre 05, 2009

Goethe

Goethedi Sergej Kruglov

Grido con foga: “Avrei voluto tanto
restare a lungo giovane,
un lattante! E che il mio corpo
non si squagliasse, come una brocca gelida
piena di mercurio ardente.
L'anima corrode la mia carne: mi piacerebbe essere
un consigliere segreto – diciamo – settantaduenne,
forte e vivace, pronto a bruciar d'amore, –
come Goethe!”
Tu scoppi a ridere: “Purtroppo, amico mio,
sei un poeta. Che ci vuoi fare,
è la poesia che brucia.
Chi non scrive poesie vive tranquillo
e attivo, come una macina
che non ha mai visto il grano.
Che sarà mai quel Goethe!
Fosse stato scrittore
mica avrebbe vissuto così a lungo.
La sua salvezza fu
non scrivere neanche una riga,
non è così?” – e alzi lo sguardo.
L'orrore
mi paralizza. La stanza si logora
e si guasta, come una mente superstiziosa.
L'aria diviene opaca. Avvampano da sole le candele,
simili alle dita di un eretico.
Un bicchiere di vino oscilla incerto
e vola giù dal tavolo. Per tutto il tempo della sua caduta
tu mi guardi (un sorriso maligno
come albugine notturna che preme contro i vetri),
e non dici una parola.

Originale: ГЕТЕ, Снятие Змия со креста, 2oo3


Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come reporter nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj.


Traduzione di Manuela Vittorelli.



[Grazie a Sten per il bicchiere.]