‘Sfacciato, impetuosetto, ma riconoscente, zelante, ordinato e molto diligente’: così fu definito Michail Jakovlev. Musicista di talento, cantava accompagnandosi con la chitarra e mise in musica opere di Del’vig e Puškin, sia negli anni del liceo che in seguito. Al liceo, tuttavia, dove fu soprannominato ‘il pagliaccio’, era più noto per le sue imitazioni. Il suo vastissimo repertorio comprendeva duecento ruoli: oltre a studenti e insegnanti, orsi italiani (n. 93), loro addestratori (n. 94), un samovar (n. 98), addestratori di orsi russi (n. 109), Alessandro I (m. 129), una nave (n. 170) e un sergente degli ussari impazzito (n. 179).
Quando Puškin viveva a Mosca chiese a un amico di San Pietroburgo quale fosse l’ultima imitazione di Jakovlev. ‘L’alluvione di San Pietroburgo’ fu la risposta. ‘E com’è?’ ‘Molto realistica’.”
Pushkin: A Biography, di T. J. Binyon, 2002
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giovedì, novembre 02, 2023
giovedì, settembre 17, 2015
Le nozze di Auschwitz e Poesia
Il membro della giuria di un premio letterario per esordienti, sezione “Poesia”, recita la long list e poi contempla in silenzio il buio oltre i vetri, pensando ad Adorno
di Sergej Kruglov
Su tutta la terra si fa buio
Dall’ora sesta all’ora nona
E avanti fino al mattino.
È la festa di nozze di Auschwitz e Poesia.
Anzi, la festa è già finita:
Non restano più cibo né bevande, gli ospiti se ne sono andati,
La notte di nozze è cominciata.
Il poeta, costretto ad assistere alla scena,
È una candela
Che arde d’amore e di paura
E osserva dal principio alla fine
Tutto questo incredibile kamasutra
(Chiudere gli occhi non può – il secolo
fa da stabile stoppino nella cera).
All’alba si è ormai consumato,
Solo di lui rimane in terra
Un mucchio di lacrime
Piccolo e accartocciato.
(Il che, si sa, non è indicativo
della qualità della cera, ma offre solo l’illusoria speranza
Che questa volta il fuoco
Possa essersi saziato.)
di Sergej Kruglov
Su tutta la terra si fa buio
Dall’ora sesta all’ora nona
E avanti fino al mattino.
È la festa di nozze di Auschwitz e Poesia.
Anzi, la festa è già finita:
Non restano più cibo né bevande, gli ospiti se ne sono andati,
La notte di nozze è cominciata.
Il poeta, costretto ad assistere alla scena,
È una candela
Che arde d’amore e di paura
E osserva dal principio alla fine
Tutto questo incredibile kamasutra
(Chiudere gli occhi non può – il secolo
fa da stabile stoppino nella cera).
All’alba si è ormai consumato,
Solo di lui rimane in terra
Un mucchio di lacrime
Piccolo e accartocciato.
(Il che, si sa, non è indicativo
della qualità della cera, ma offre solo l’illusoria speranza
Che questa volta il fuoco
Possa essersi saziato.)
Originale: Член жюри литературной премии «Дебют» в номинации «Поэзия» прочел лонг-лист и молча смотрит в ночное окно, поминая Адорно
Traduzione: Manuela Vittorelli
Traduzione: Manuela Vittorelli
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giovedì, marzo 20, 2014
Sanzioni
Sanzioni. Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha perso il diritto di entrare nel negozio "Miele".
Firmato: La Direzione del negozio "Miele".
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lunedì, dicembre 16, 2013
mercoledì, ottobre 16, 2013
Perché gli dei
[...]
Perché gli deici avvertono fin dall'inizio,
segnalano le curve scivolose,
tracciano rune su carte da parati estranee,
come i ciechi, con le labbra o con le dita
ci spiegano qualcosa,
e si infuriano
quando non li capiamo.
quando non li capiamo.
Da "Dva sna" ("Due sogni"), Grigorij Kružkov.
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sabato, gennaio 26, 2013
Per uomini coraggiosi eccetera
Canzone del pugile sentimentale (1966)
di Vladimir Vysockij
Un colpo, un colpo, un altro colpo
Ancora un colpo ed ecco che
Boris Butkeev (Krasnodar)
Tira un montante.
Mi stringe nell’angolo,
Io quasi gli sfuggo
Ma il suo pugno mi stende
E non mi sento tanto bene.
E Butkeev pensa, mentre mi spacca la mascella:
"Che bello vivere, che bella la vita!"
"Dieci, nove, otto" e al sette sono ancora steso,
Piangono a dirotto le mie compaesane.
Mi rialzo, mi tuffo, schivo
Guadagno qualche punto.
Non è vero che risparmio
Le forze per la fine,
È che fin da piccolo non mi riesce
Di colpire un uomo in faccia.
E Butkeev pensa, mentre mi spacca le costole:
"Che bello vivere, che bella la vita!"
Dalle tribune, fischi e urla:
"Attaccalo, quel vigliacco!"
Butkeev cerca il corpo a corpo
E io mi aggrappo alle corde.
Ma lui mi si butta addosso, è un siberiano
Testone come tutti i siberiani,
E io gli dico "Piantala, scemo,
Non vedi che sei stanco, riposati un po’".
Ma lui non ascolta e pensa, col fiato corto,
"Che bello vivere, che bella la vita!"
E continua a picchiare, porco diavolo,
Questo dovrebbe stare nella polizia.
Che poi la boxe non è solo menarsi, è uno sport
Per gente coraggiosa eccetera.
Ma quello non si ferma: uno, due, tre pugni.
Fa tutto da solo e perde le forze.
L’arbitro mi alza il braccio
Che non ha tirato neanche un colpo.
Se ne sta al tappeto, Butkeev, e pensa che la vita è bella.
Sarà bella per qualcuno; per altri, neanche un po'.
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sabato, dicembre 15, 2012
Paolo narra del suo incontro con Cristo durante la missione in Cina
di Sergej Kruglov
Al tempo della predicazione ai pagani, mentre vagavo solitario
per le strade della capitale d'Oriente,
alla fine della stagione fredda, quando il gelo ancora imbianca le tegole dei tetti,
lo incontrai
vestito da funzionario di ventiduesima classe;
andava ad ascoltare il canto di Li Dodicesimo,
invitato da qualcuno di rango più elevato,
e quando mi vide
portò due dita alle labbra.
Signore e Dio mio!
Due dei suoi figli possedevano terre in campagna
(c'era stato un terzo figlio, come seppi in seguito,
condannato a morte dall'imperatore per calunnia o per un deplorevole errore
che il signore dell'Impero Celeste
si era affrettato a correggere: la testa
era stata resa ai famigliari in montatura di diaspro
con scuse allegate e un lingotto d'argento da 200 tael).
L'anno prima era stato incaricato
di sovrintendere alla costruzione di una diga.
Aveva consumato centoquarantadue pennelli
e per la mancanza di sonno i suoi occhi erano arrossati
come quelli di un drago,
e le larghe narici erano simili a quelle del rosso Qilin
e segno di coraggio e di eccellenza
del regno a venire.
Dedicava il tempo libero, secondo la moda,
alla preparazione del tè, e in quell'arte dello zafferano
poteva tenergli testa, si diceva,
forse soltanto Cao del monte Hua.
Le lacrime!
Però restò in silenzio
e mi rispose timidamente e a monosillabi, con un sorriso assente.
Ma il giorno della mia partenza,
mentre sedevamo nel padiglione accanto al molo,
compose un'ottava,
elegante e dalle rime perfette,
scritta su un pezzo di seta
in bello stile.
"Una pagina rosa dalle tarme."
Probabilmente le sue vite
erano ormai esaurite. Ricordava un battaglio di legno
sopravvissuto all'incendio del tempio.
Partii. Sulla barca aleggiava la nebbia. Nella nebbia,
languido, volava basso un airone.
Ma l'inverno era finito. I pruni quell'anno
promisero di fiorire per sempre.
Originale: Павел рассказывает о своей встрече с Христом во время миссии в Китае, Снятие Змия со креста, 2003.
Traduzione: Manuela Vittorelli
[Grazie a Sten per l'immagine.]
Al tempo della predicazione ai pagani, mentre vagavo solitario
per le strade della capitale d'Oriente,
alla fine della stagione fredda, quando il gelo ancora imbianca le tegole dei tetti,
lo incontrai
vestito da funzionario di ventiduesima classe;
andava ad ascoltare il canto di Li Dodicesimo,
invitato da qualcuno di rango più elevato,
e quando mi vide
portò due dita alle labbra.
Signore e Dio mio!
Due dei suoi figli possedevano terre in campagna
(c'era stato un terzo figlio, come seppi in seguito,
condannato a morte dall'imperatore per calunnia o per un deplorevole errore
che il signore dell'Impero Celeste
si era affrettato a correggere: la testa
era stata resa ai famigliari in montatura di diaspro
con scuse allegate e un lingotto d'argento da 200 tael).
L'anno prima era stato incaricato
di sovrintendere alla costruzione di una diga.
Aveva consumato centoquarantadue pennelli
e per la mancanza di sonno i suoi occhi erano arrossati
come quelli di un drago,
e le larghe narici erano simili a quelle del rosso Qilin
e segno di coraggio e di eccellenza
del regno a venire.
Dedicava il tempo libero, secondo la moda,
alla preparazione del tè, e in quell'arte dello zafferano
poteva tenergli testa, si diceva,
forse soltanto Cao del monte Hua.
Le lacrime!
Però restò in silenzio
e mi rispose timidamente e a monosillabi, con un sorriso assente.
Ma il giorno della mia partenza,
mentre sedevamo nel padiglione accanto al molo,
compose un'ottava,
elegante e dalle rime perfette,
scritta su un pezzo di seta
in bello stile.
"Una pagina rosa dalle tarme."
Probabilmente le sue vite
erano ormai esaurite. Ricordava un battaglio di legno
sopravvissuto all'incendio del tempio.
Partii. Sulla barca aleggiava la nebbia. Nella nebbia,
languido, volava basso un airone.
Ma l'inverno era finito. I pruni quell'anno
promisero di fiorire per sempre.
Originale: Павел рассказывает о своей встрече с Христом во время миссии в Китае, Снятие Змия со креста, 2003.
Traduzione: Manuela Vittorelli
[Grazie a Sten per l'immagine.]
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sabato, novembre 24, 2012
E poi d'un tratto a notte fonda
di Sergej Kruglov
E poi d'un tratto a notte fonda ti svegli e piangi: fruscio dell'anima, oscurità d'autunno, senso d'inutilità. Qualcuno – indigeno, persistente, mai esorcizzato – sta là, accanto alla palizzata, e gratta sul vetro... È la Rus': vuole entrare, porta una verbosa novella? Tace, non ha voce: scendono gocce d'acqua dai suoi capelli, odora di lontananza e di fango autunnale.
Chi è là? Silenzio: il nostro vampiro russo, ortodosso, non è come i vostri. Non è questione di nobiltà, non c'entra il sangue. Il nostro vampiro odora di terra e di coscienza morale; è grezzo, divino.
Sciò, sciò, bisogna dormire... O forze della luce, com'è ancora lontano il mattino, quanto è umido e inesorabile il mondo là fuori. O patria, patria, dove sei tu, patria, e quanto ancora devo aspettare qui, al buio.
Originale: "Так вот вдруг среди ночи очнешься...", Снятие Змия со креста, 2003.
Traduzione: Manuela Vittorelli
[Grazie a Sten per l'immagine.]
E poi d'un tratto a notte fonda ti svegli e piangi: fruscio dell'anima, oscurità d'autunno, senso d'inutilità. Qualcuno – indigeno, persistente, mai esorcizzato – sta là, accanto alla palizzata, e gratta sul vetro... È la Rus': vuole entrare, porta una verbosa novella? Tace, non ha voce: scendono gocce d'acqua dai suoi capelli, odora di lontananza e di fango autunnale.
Sciò, sciò, bisogna dormire... O forze della luce, com'è ancora lontano il mattino, quanto è umido e inesorabile il mondo là fuori. O patria, patria, dove sei tu, patria, e quanto ancora devo aspettare qui, al buio.
[Grazie a Sten per l'immagine.]
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giovedì, novembre 15, 2012
Notte
di Sergej Kruglov
Brividi di bella scrittura, ispirata imitazione dei modelli! O lieve, promettente, spietatamente attento fiore d'autunno inodore, bagliore di vetro in un caleidoscopio, stile delle libere associazioni! E voi, mele al forno lasciate a raffreddare, massime metafisiche. Ma in questa città sull'oceano, quanto ti svegli all'alba in una corrente d'aria fredda, puoi solo raccontare storie: così, se il vento spegne la candela, il mattino dopo puoi ricominciare da una frase lasciata a metà.
Brividi di bella scrittura, ispirata imitazione dei modelli! O lieve, promettente, spietatamente attento fiore d'autunno inodore, bagliore di vetro in un caleidoscopio, stile delle libere associazioni! E voi, mele al forno lasciate a raffreddare, massime metafisiche. Ma in questa città sull'oceano, quanto ti svegli all'alba in una corrente d'aria fredda, puoi solo raccontare storie: così, se il vento spegne la candela, il mattino dopo puoi ricominciare da una frase lasciata a metà.
È stata una serata densa, pungente; ma
adesso sono le due di notte, è quasi mattina; sulla città si
stendono la garza e il soffice sale del coprifuoco, le vie sono
tranquille. Arcieri nubiani, ombre di lontane steppe silenziose si
curvano sui muri, occhi felini d'ottone osservano i passi
nell'oscurità – tu, vittima antelucana che turbi la pace! – una
pallottola, come una vedova, geme, si allontana nell'abisso dei vicoli,
un grido e poi ancora il silenzio. Il morto punta gli occhi sulla
luna oceanica che si erge traballante sopra la città, gli occhi
ricordano vagamente uno sguardo; il comandante della pattuglia fa
scattare l'accendino, si china – così quell'ufficiale dimostra
ventidue anni, è uno del posto, pallido e tremante come una ninfa
delle fognature; il fioco scintillio degli stivali, gli anni dorati
della vita studentesca, la lontana Uppsala, l'umanesimo, le
discussioni, Platone, Fichte, – l'adolescenza e la giovinezza,
nemici! L'ufficiale si raddrizza e con un gesto ordina il dietrofront
alla pattuglia – il serpente di fidanzamento al dito, l'elastico
gemito del cinturone, il gemito dell'innocenza nei letti caldi e
merlettati dell'oceano, patria, sposa, selciato notturno.
Mezz'ora prima che questo accadesse ero
stato svegliato da uno spiffero gelido nella mia stanza, al mio
piano; l'amico che si era fermato a dormire si mosse nel sonno, la
coperta scivolò sul pavimento; l'anima, tiepida, giovane, goffa, lo
avvolgeva, come ripetendo l'acquerello delle fragili membra, il
ventre, il triangolo dell'abbronzatura dove c'era lo scollo
della camicia; lo svegliai: "È ora". In silenzio, come
tutti gli animali notturni, uscì – e sbrigativo e silenzioso fu il
congedo sulla soglia – la porta d'ingresso sbatté; e lì, dove i
volantini fremevano sui muri con le ali di sofismi predatori, dove la
luna lasciava cadere giù nei vicoli perpendicolari raggi invisibili,
là nel buio lo accolse anche la pallottola felina della pattuglia.
Lo spiffero che scorrazzava nella stanza trovò infine una via
d'uscita e si tuffò fuori, nell'oceano, nel cielo basso, e le tende
si gettarono al suo inseguimento lanciando un disperato allarme.
Ascoltammo la musica, preparammo il tè
in bicchieri di vetro; quasi alla cieca, a luce spenta, dialogammo
sulle carte, gli assi logori e il castello di carte, carcasse di
simboli, – tutto quel che è rimasto di lui sul tavolo, tra le
tazze e i petali di primula; beata mancanza di costrizioni! L'arte di
costruire con sovrano distacco un castello di carte quando
tutt'attorno scintillano i pugnali del poker, si intrecciano come
serpi i neri cappi della divinazione! L'arte di esser fuori
dell'arte: questo lo fu sempre, il mio amico che se ne andò senza
aspettare il mattino. Io mi addormentai e sognai che con un rasoio
tagliavo a grosse fette pergamene pesanti
e oleose di Couperin, e intanto rigiravo distrattamente tra le
dita scatole musicali di Rameau piene di spilli, e all'improvviso mi
svegliai urlando e piangendo lacrime disperate. Le scatole caddero
sul pavimento accanto al letto, andando in mille pezzi. Rimasi a
lungo a guardarle, a osservare con il capo chino il collo piegato
dell'uccellino meccanico.
Anima, anima che ti sei ritrovata d'un
tratto liberata sui Troni di Luce, anima dolce e sciocca! A chi
potrai insegnare i tuoi aforismi febbrili? A chi serviranno le tue
libere associazioni, quel mucchio di illusioni avvizzite che avevi
preso a noleggio chissà quando? Non piangere, non sperare. Racconta
la tua storia, anima in fuga; solo racconta la tua storia.
Originale: "Озноб изящного писательства...", Снятие Змия со креста, 2003.
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martedì, novembre 13, 2012
Silenzio
di Sergej Kruglov
Spaventoso e caro,
Come spaventoso è tutto ciò che è caro,
Telaio per i fruscii.
E tu, che giaci in bozzoli
Di carne, cervello, solitudine,
Biancheria intima,
Coperta chiomata,
Camera da letto,
Casa (Casa!) di sbuffi, ombre, camini, finestre –
Cos'hai tenuto in serbo per il silenzio? Un fruscio.
Originale: "Тишина... всегда и везде, всю ночь...", Снятие Змия со креста, 2003.
Traduzione: Manuela Vittorelli
Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come cronista nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus).
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sabato, giugno 02, 2012
Giugno
di Sergej Kruglov
Dipartimento.
Giugno. Chiazze di luce meridiana in biblioteca. Sonno vischioso,
tavoli, mucchi di libri; povera, terrorizzata, dolce, rapace
memoria, cosa sei? Sostrato o accidente?
Dio e il Diavolo discutono nei corridoi assolati e polverosi dell'università come due professori, uno dei quali è trasandato, ossuto e geniale e l'altro è tranquillo, si ricama da solo i fazzoletti da naso, possiede un gatto e un paio di pantofole, ha le emorroidi; la discussione è astratta, senza prepotenze. Il tuo compito è farti gentilmente strada tra i due, perché più in là sventolano le mani e aspettano: il sole, l'estate, il penultimo esame.
Originale: da Poesie in prosa, in "GF - Novaja Literaturnaja Gazeta", Mosca 1994.
Traduzione di Manuela Vittorelli
Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come cronista nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus).
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Dio e il Diavolo discutono nei corridoi assolati e polverosi dell'università come due professori, uno dei quali è trasandato, ossuto e geniale e l'altro è tranquillo, si ricama da solo i fazzoletti da naso, possiede un gatto e un paio di pantofole, ha le emorroidi; la discussione è astratta, senza prepotenze. Il tuo compito è farti gentilmente strada tra i due, perché più in là sventolano le mani e aspettano: il sole, l'estate, il penultimo esame.
Originale: da Poesie in prosa, in "GF - Novaja Literaturnaja Gazeta", Mosca 1994.
Traduzione di Manuela Vittorelli
Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come cronista nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus).
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domenica, aprile 22, 2012
Da aprire in Galilea
di Sergej Kruglov
a L., per il suo compleanno
Amici lontani hanno spedito un regalo:
un batticoda, fragile uccello invernale,
imprigionato nella mica ghiacciata dell'Erebo-Neva.
Acquerello piumato, dolore glaciale,
Tutto fiorisce sulle pietre assolate
Sotto il dolce lentissimo bacio del cielo.
Originale: "Вскрыть в Галилее", inedito, febbraio 2012.
Traduzione: Manuela Vittorelli
Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come cronista nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus).
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a L., per il suo compleanno
Amici lontani hanno spedito un regalo:
un batticoda, fragile uccello invernale,
imprigionato nella mica ghiacciata dell'Erebo-Neva.
Acquerello piumato, dolore glaciale,
Tutto fiorisce sulle pietre assolate
Sotto il dolce lentissimo bacio del cielo.
Originale: "Вскрыть в Галилее", inedito, febbraio 2012.
Traduzione: Manuela Vittorelli
Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come cronista nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus).
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mercoledì, aprile 11, 2012
VVP e lo sciopero della fame
Un giorno Vladimir Vladimirovič™ telefonò al presidente della Commissione elettorale centrale Vladimir Evgen'evič Čurov.
– Pronto, fratello, – disse Vladimir Vladimirovič™, – Cos'è che combini?
– Sto elaborando un nuovo calcolo statistico, – rispose Vladimir Evgen'evič , – Io lo chiamo "calcolo di Čurov".
– Calcolo di Čurov? – indagò Vladimir Vladimirovič™.
– Sì! – disse il presidente, – Si baserà non sulle previsioni matematiche, ma sulle previsioni nostre!
– Fico, – disse Vladimir Vladimirovič™, anche se non ci aveva capito nulla, – Ascolta, ti chiamo perché... Mi è arrivata una lettera. Cos'è che succede ad Astrachan?
– Ad Astrachan? – si meravigliò Vladimir Evgen'evič, – Ma niente...
– Be', si sono messi a fare lo sciopero della fame... Vediamo... – Vladimir Vladimirovič™ scartabellò un poco, – Ecco. Un certo Šein Oleg Vasil'evič, del partito "Russia Giusta".
– Ma sì, quello continua a digiunare, – borbottò il presidente, – Gli telefono tutti i giorni, ci ragiono...
– Bisogna risolvere 'sta cosa, no? – disse Vladimir Vladimirovič™ , – La gente si preoccupa!
– E dov'è che si preoccupa, la gente? – trasecolò Vladimir Evgen'evič, – Ad Astrachan?!
– Ma sì, – rispose Vladimir Vladimirovič™.
– Bratello, – disse sorridendo il presidente, – Ad Astrachan la gente si preoccupa quando fanno lo sciopero della fame i lucci. O, Dio non voglia, le aringhe. Se Šein digiuna, ad Astrachan non si preoccupano mica. Affumicarlo non lo si affumica, caviale non ne tiene. Inutile preoccuparsi.
– Ah, vabbe', – Vladimir Vladimirovič™ si strinse nelle spalle, – Tu ne sai più di me.
E Vladimir Vladimirovič™ riattaccò.
– Pronto, fratello, – disse Vladimir Vladimirovič™, – Cos'è che combini?
– Sto elaborando un nuovo calcolo statistico, – rispose Vladimir Evgen'evič , – Io lo chiamo "calcolo di Čurov".
– Calcolo di Čurov? – indagò Vladimir Vladimirovič™.
– Sì! – disse il presidente, – Si baserà non sulle previsioni matematiche, ma sulle previsioni nostre!
– Fico, – disse Vladimir Vladimirovič™, anche se non ci aveva capito nulla, – Ascolta, ti chiamo perché... Mi è arrivata una lettera. Cos'è che succede ad Astrachan?
– Ad Astrachan? – si meravigliò Vladimir Evgen'evič, – Ma niente...
– Be', si sono messi a fare lo sciopero della fame... Vediamo... – Vladimir Vladimirovič™ scartabellò un poco, – Ecco. Un certo Šein Oleg Vasil'evič, del partito "Russia Giusta".
– Ma sì, quello continua a digiunare, – borbottò il presidente, – Gli telefono tutti i giorni, ci ragiono...
– Bisogna risolvere 'sta cosa, no? – disse Vladimir Vladimirovič™ , – La gente si preoccupa!
– E dov'è che si preoccupa, la gente? – trasecolò Vladimir Evgen'evič, – Ad Astrachan?!
– Ma sì, – rispose Vladimir Vladimirovič™.
– Bratello, – disse sorridendo il presidente, – Ad Astrachan la gente si preoccupa quando fanno lo sciopero della fame i lucci. O, Dio non voglia, le aringhe. Se Šein digiuna, ad Astrachan non si preoccupano mica. Affumicarlo non lo si affumica, caviale non ne tiene. Inutile preoccuparsi.
– Ah, vabbe', – Vladimir Vladimirovič™ si strinse nelle spalle, – Tu ne sai più di me.
E Vladimir Vladimirovič™ riattaccò.
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sabato, marzo 10, 2012
La gara, che ha avuto inizio a Blois
di Sergej Kruglov
Traduzione: Manuela Vittorelli
Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come cronista nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus).
[Grazie a Sten per l'immagine.]
Per F. M.
La gara, che ha avuto inizio a Blois,
prosegue in questa desolazione.
Là mangiammo dolcemente, dolcemente,
la bocca piena
di dolce saliva, e dolcemente gli
angeli cantavano per noi.
Qui una volta c'erano denti. Adesso
novembre ha congelato le gengive marce delle strade
e i pioppi sono nervi rinsecchiti
tra le radici del tempo.
Tutti quelli che vivevano qui, che sono
stati mangiati, sono morti
ma hanno promesso di tornare. E adesso
tornano;
il luogo è sempre più affollato, più
dell'Inferno.
I riflessi della masticazione sono
ancora vivi, senti?
E comunque noi non siamo nati qui,
nella classifica
siamo solo undicesimi,
e siamo liberissimi di emigrare,
di trasferirci dalla provincia
masticatrice alle isole.
Le isole! Mentre loro gareggiano e
masticano, masticano. Mentre le
moltitudini
si masticano a vicenda.
Originale: "Состязание, начавшись в Блуа", Снятие Змия со креста, 2003.
Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come cronista nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus).
[Grazie a Sten per l'immagine.]
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lunedì, marzo 05, 2012
Perché il Paese veda: il reality show delle elezioni russe
"Mettere tutto su internet, perché il Paese veda cosa succede concretamente nelle urne.
Per eliminare i sospetti di brogli elettorali"
Vladimir Putin, dicembre 2011
Quasi 200.000 webcam installate nei seggi per dimostrare la trasparenza delle elezioni presidenziali.
Che.
Meravigliosa.
Idea.
Repubblica Cecena, Vedenskij municipalnij rajon, Mesedoj. Seggio N. 49. Casa privata. Riposino.
Kirovskaja oblast', Kirov. Seggio N. 49. Discoteca.
Vladimirskaja oblast', Muromskij rajon, villaggio Saksino. Seggio N. 934. Oblomov è vivo e, nel suo pigro starsene sdraiato in pose pigre, mangia semini.
Penzenskaja Oblast', Nižnelomovskij Rajon, villaggio di Krivošeevka. Seggio n. 845. Negozietto.
Quello che intende fare con le sedie è chiaro da subito. Quello che non ci si aspetta del tutto è il momento pianistico. Sverdlovskaja oblast', Prigorodnyj rajon, Gornouralskij. Seggio N. 650.
Tjumen', seggio N. 952. Tavolata.
Krasnodarskij kraj, città di Soči, Nadžigo. Seggio N. 4410. Il più allegro, dice il titolo del video su YouTube. Perché non hanno visto quelli di Tjumen'.
Russia, Novgorodskaja oblast', Ljubytinskij rajon, Vodogon. Seggio N. 160. Dormitina.
Tatarstan, Agryzskij rajon, Staraja Čekalda. Seggio N, 492. Dormitina gatto.
E infine Vladivostok. Immenso.
Fonte: radulova.livejournal.com
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giovedì, febbraio 23, 2012
Tutto, anche
"Nelle donne tutto è cuore, anche la testa."
Kolomna, elezioni comunali.
Campagna di Marina Danilina.
Probabile fail.
Link: radulova
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sabato, gennaio 21, 2012
Esercizi oziosi di un eclettico
Esercizi oziosi di un eclettico nel leggere sui giornali quale poeta ha
ricevuto o non riceve mai il premio Andrej Belyj
di Sergej Kruglov
Gli eclettici conoscono di sfuggita ma con precisione centinaia di vecchi nomi.
Vecchi. Soltanto i nomi, non più di questo. I più realisti
tentano col sudore della fronte di tirar fuori
almeno un nome nuovo.
I loro sforzi si rivelano a volte straordinariamente non infruttuosi – e gli eclettici
ricorderanno con altrettanta ostinazione anche questo nuovo nome. Soltanto il nome.
Nomi, convenzioni, glosse, segni, forfora,
lanugine del caso: polvere del tempo, patina,
distorsione dei lineamenti, quadri alle pareti, cocci, teschi,
linee di Nazca, tentativi
di ricostruire una mano partendo dalle unghie,
mura distrutte di una città situata sulla riva di un fiume
che bagnava la cinta ed è ora irrealisticamente prosciugato,
e secco come il fiume è il seme puberale,
unico ricordo di istanti dolcissimi e perfetti di onanismo
sfociati all'improvviso, scricchiolando, nella scrittura
del bambino Onfim, –
che ne è stato di te, archeologia ormai adulta,
dove sei, infanzia credula dagli occhi nudi?
Ricordi? Il manuale di storia
non ti faceva ridere: era
il tuo specchio, uno specchio che non trovavi divertente,
nel migliore dei casi te ne vergognavi.
Dopo aver ricordato chiudi la bocca, inghiotti la saliva:
dalla pagina dello specchio guardati,
vecchio eclettico, bambino della grotta di Tešik-Taš.
Riflessi, specchi. Altri nomi.
Eclettismo. Perdita di profondità,
attraversamento per riaffiorare
dall'altra parte e viceversa.
Difficilmente,
quando nel tuo sguardo si riflette
simile a una protuberanza l'imbarazzo di una donna
costretta, semivoltata, a infilarsi
come una rosa in un vaso di cristallo un tampone tra le gambe,
quando si rovescia in volo obliquo un acquazzone estivo,
o il fuoco piomba su una città,
o un bambino di due anni
pensa al sogno appena fatto,
o nove grammi di alcol plumbeo
tracciano la traiettoria azzurra della luce verso la base del cervello
e il mondo si raccoglie nel palmo di una mano come sale rosso, –
difficilmente ricordi qualcos'altro oltre ai nomi,
magari utili solo per un cruciverba, uno schema a forma di croce
la cui soluzione colma il vuoto dei cieli
di chi ricorda i nomi
dell'arte e del sangue (le ultime due parole
finiscono talvolta al tre e all'otto verticale).
Originale: "Досужие экзерсисы эклектика на тему сообщений в газетах о том, кто из поэтов получил, а равно никогда не получит премию Андрея Белого", Снятие Змия со креста, 2003.
Traduzione: Manuela Vittorelli
Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come cronista nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus).
di Sergej Kruglov
Gli eclettici conoscono di sfuggita ma con precisione centinaia di vecchi nomi.
Vecchi. Soltanto i nomi, non più di questo. I più realisti
tentano col sudore della fronte di tirar fuori
almeno un nome nuovo.
I loro sforzi si rivelano a volte straordinariamente non infruttuosi – e gli eclettici
ricorderanno con altrettanta ostinazione anche questo nuovo nome. Soltanto il nome.
Nomi, convenzioni, glosse, segni, forfora,
lanugine del caso: polvere del tempo, patina,
distorsione dei lineamenti, quadri alle pareti, cocci, teschi,
linee di Nazca, tentativi
di ricostruire una mano partendo dalle unghie,
mura distrutte di una città situata sulla riva di un fiume
che bagnava la cinta ed è ora irrealisticamente prosciugato,
e secco come il fiume è il seme puberale,
unico ricordo di istanti dolcissimi e perfetti di onanismo
sfociati all'improvviso, scricchiolando, nella scrittura
del bambino Onfim, –
che ne è stato di te, archeologia ormai adulta,
dove sei, infanzia credula dagli occhi nudi?
Ricordi? Il manuale di storia
non ti faceva ridere: era
il tuo specchio, uno specchio che non trovavi divertente,
nel migliore dei casi te ne vergognavi.
Dopo aver ricordato chiudi la bocca, inghiotti la saliva:
dalla pagina dello specchio guardati,
vecchio eclettico, bambino della grotta di Tešik-Taš.
Riflessi, specchi. Altri nomi.
Eclettismo. Perdita di profondità,
attraversamento per riaffiorare
dall'altra parte e viceversa.
Difficilmente,
quando nel tuo sguardo si riflette
simile a una protuberanza l'imbarazzo di una donna
costretta, semivoltata, a infilarsi
come una rosa in un vaso di cristallo un tampone tra le gambe,
quando si rovescia in volo obliquo un acquazzone estivo,
o il fuoco piomba su una città,
o un bambino di due anni
pensa al sogno appena fatto,
o nove grammi di alcol plumbeo
tracciano la traiettoria azzurra della luce verso la base del cervello
e il mondo si raccoglie nel palmo di una mano come sale rosso, –
difficilmente ricordi qualcos'altro oltre ai nomi,
magari utili solo per un cruciverba, uno schema a forma di croce
la cui soluzione colma il vuoto dei cieli
di chi ricorda i nomi
dell'arte e del sangue (le ultime due parole
finiscono talvolta al tre e all'otto verticale).
Originale: "Досужие экзерсисы эклектика на тему сообщений в газетах о том, кто из поэтов получил, а равно никогда не получит премию Андрея Белого", Снятие Змия со креста, 2003.
Traduzione: Manuela Vittorelli
Sergej Gennad'evič Kruglov, nato nel 1966 a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk, ha studiato giornalismo a Krasnojarsk e ha poi lavorato come cronista nel giornale locale Vlast' Trudu. Scrive poesie dal 1993. Nel 1999 è stato ordinato sacerdote della Chiesa ortodossa russa. Vive in Siberia. È sposato e ha tre figli. Nel 2008 ha ricevuto il premio Andrej Belyj. Ha un blog: http://kruglov-s-g.livejournal.com/ (rus).
I disegni scribacchiati su strisce di corteccia di betulla (berësty) da Onfim, un bambino di circa 7 anni vissuto a Novgorod agli inizi del 13° secolo, sono tra le testimonianze più antiche di arte infantile.
Nella sepoltura neanderthaliana di Tešik-Taš, nei Monti Bajsun-Tau (oblast' di Surchan-Dar'ja, Uzbekistan), è stato trovato lo scheletro di un bambino di nove anni.
[Grazie a Sten per l'immagine.]
[Grazie a Sten per l'immagine.]
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martedì, gennaio 10, 2012
Le 3 parole delle 4
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lunedì, dicembre 12, 2011
Ma se davvero abbiamo
Ma se davvero abbiamo
frainteso il nostro dovere
e la missione nostra
non era di serbar l'antico nome
e la dignità di nobili
con l'uso della caccia,
il fasto dei banchetti e ogni altro lusso,
e di viver del lavoro altrui,
perché non ce l'han detto prima?
Che cosa ho mai imparato?
Che cosa ho visto intorno a me?
Non ho che vegetato,
portato la livrea del mio sovrano,
sfruttato il tesoro dello Stato
e pensavo così di viver sempre...
estratto da N. A. Nekrasov, Chi vive bene in Russia? (1877)
Originale: Кому на Руси жить хорошо.
e pensavo così di viver sempre...
estratto da N. A. Nekrasov, Chi vive bene in Russia? (1877)
Originale: Кому на Руси жить хорошо.
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sabato, dicembre 10, 2011
Sorriso
Sorriso
di Grigorij Kružkov
A V.Č.
Era un uomo cupo,
E quando per un istante
Sul suo volto si accendeva un sorriso,
Per spegnersi inevitabilmente subito dopo,
Si vedeva che in lui la felicità
Bastava solo per una vampata.
Era una specie di premio
Per me, conoscenza casuale,
Passante sbadato,
(Suo segreto compagno
Di tristezza e di pazzia),
E provavo sempre più forte il desiderio
Di rivedere quel miracolo
E di farlo durare ancora per un po',
Così come da bambino
Volevo trattenere i fuochi d'artificio
Sopra i denti dei tetti e delle torri
Nel cielo fatto di fumo, nuvole e neve.
Originale: "Улыбка", На берегах реки Увы, 2002.
Grigorij Kružkov, nato nel 1945, è laureato in fisica teorica e specializzato in fisica delle particelle. Dal 1971 pubblica poesie e traduce, soprattutto i metafisici inglesi. Ha pubblicato quattro saggi sulla letteratura inglese e scrive libri per bambini. Ha insegnato alla Columbia University. Vive a Mosca.
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