Jeremy Scahill di Democracy Now sintetizza per Counterpunch l'intervista di Naomi Klein a Giuliana Sgrena (riassunta qui), e commenta:
"Giuliana Sgrena sarebbe probabilmente la prima a dire che concentrare tutta l'attenzione sul suo caso significherebbe perdere di vista le dimensioni della tremenda violenza quotidiana che gli iracheni devono sperimentare per mano degli Stati Uniti. [...]
[Giuliana] sa meglio di chiunque altro che se lei e l'ufficiale italiano ucciso dalle truppe USA mentre cercava di portarla in salvo fossero stati semplici civili iracheni, questa sarebbe stata ancora di più una "non storia" di quanto già lo sia nella stampa americana.
Con i casi di Terri Schiavo e Michael Jackson da seguire, è piuttosto difficile per la maggior parte degli organi di informazione trovare il tempo per riferire di qualcuno degli oltre 100.000 civili iracheni uccisi dall'inizio dell'invasione, due anni fa.
Ecco perché casi come quello di Sgrena sono importanti: perché rappresentano un'occasione per mostrare al mondo quel tipo di realtà che gli iracheni devono affrontare ogni giorno delle loro vite. Il numero di rapimenti è allarmante; i soldati americani sono sempre pronti a sparare. Le uccisioni vengono giustificate dal comando americano - ed è già tanto che siano ammesse - proponendo una versione dei fatti superficiale e inconsistente che non reggerebbe in nessun tribunale americano (tranne forse una corte militare)".
Ecco perché, secondo Scahill, il caso di Giuliana Sgrena
"getta una luce importante sulla cultura dell'impunità che circonda l'occupazione americana dell'Iraq. Se questo è il modo in cui Washington tratta l'Italia, uno dei suoi alleati più stretti nella cosiddetta guerra al terrore, quando i soldati stitunitensi uccidono il secondo uomo più importante dei servizi segreti, immaginate la lotta degli iracheni che muoiono a decine di migliaia. Non hanno una figura potente come Silvio Berlusconi che parli per loro. Hanno invece i giornalisti indipendenti come Giuliana Sgrena, che rischiano la vita per raccontare queste storie".
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