Il titolo va preso alla lettera. Per Kluge si tratta proprio di fare la genealogia dei sentimenti del XIX e XX secolo. Operazione condotta in maniera musil-brechtiana, a furia di collage, aforismi e atti unici, trattando i sentimenti come oggetti e l'Opera come la fabbrica che storicamente ha prodotto questi oggetti su vasta scala. Perché i sentimenti, a ben vedere, al cinema sono oggetti recalcitranti in quanto durevoli, mentre il cinema continua a essere incostante e sempre più mutevole. Intelligente, Kluge studia i sentimenti come un fisico poeta. Sperimenta la loro durata e ne attende l'esplosione. Ma l'esplosione dei sentimenti è sempre un enigma. Lo si vede chiaramente nella cronaca nera, nei libretti d'opera o nelle estasi silenziose del cinema muto. È lì che Kluge si mostra al contempo scienziato, filosofo e – ragionevolmente – poeta. Il suo film somiglia al divertissement di un professore euforico di fronte a una classe pietrificata ma tutto sommato felice. […] La forza dei sentimenti ci riporta a una certa Germania: quella di Lichtenberg e di Musil, la Germania ironica, tagliente, disincantata. Come si sarà capito, il film è irraccontabile. Ma perché è fatto di una miriade di storie. È impossibile riassumerlo, perché non cessa di riassumersi strada facendo. Ma è sontuoso, serio e buffo.
Serge Daney, La Maison cinéma et le monde – 2. Les Années Libé (1981-1985), P.O.L., Paris 2002.
Cinepanettone tedesco a reti unificate per l'Italia dell'Amore: grazie allo zombi La Forza dei Sentimenti di Alexander Kluge (raro, bellissimo) sta qui, in versione integrale: