Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha sentito la necessità di pubblicare questi 10 fatti su Guantanamo:
1. Tra i detenuti ci sono guardie del corpo di bin Laden, persone che costruivano bombe, addestravano e favoreggiavano i terroristi, nonché presunti terroristi.
2. Si spendono più soldi per i pasti dei detenuti che per le truppe statunitensi di stanza a Guantanamo. Ai detenuti vengono offerte fino a 4200 calorie al giorno. L'aumento di peso medio per detenuto è di 9 chili.
3. La chiamata alla preghiera viene fatta cinque volte al giorno. Ci sono delle frecce che indicano ai detenuti la direzione della Mecca.
4. I detenuti ricevono cure mediche, dentistiche, psichiatriche e oculistiche a spese dei contribuenti americani. Nel 2005 sono state effettuate 35 pulizie dei denti, 91 otturazioni, e sono state fabbricate 174 paia di occhiali.
5. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa visita i detenuti a intervalli di pochi mesi. Tra i detenuti e le loro famiglie sono stati scambiati più di 20.000 messaggi.
6. Le attività ricreative comprendono la pallacanestro, il calcio, la pallavolo, il ping pong e giochi da tavolo. Vengono fornite scarpe da ginnastica alte.
7. I detenuti che lasciano la struttura ricevono un Corano, un giubbetto di jeans, una maglietta bianca, un paio di blue jeans, scarpe da ginnastica alte, una borsa di articoli per l'igiene personale e un cuscino e una coperta per il volo di rientro.
8. Gli svaghi includono programmi televisivi in lingua araba, compresi i Mondiali di Calcio. La Biblioteca dispone di 3500 volumi in 13 lingue. Il libro più richiesto è Harry Potter.
9. Guantanamo è la struttura di detenzione più trasparente in tutta la storia della guerra. L'Unità Operativa Congiunta ha ospitato più di 1000 giornalisti provenienti da più di 40 paesi.
10. Nel 2005 Amnesty International ha dichiarato che "la struttura detentiva di Guantanamo Bay è diventata il gulag dei nostri tempi".
Dunque:
1. Qui o c'è qualcuno che ingolla ogni giorno 8000 calorie o i conti non mi tornano.
2. Ho l'impressione che il mantra sia, alquanto misteriosamente, "scarpe da ginnastica alte".
3. Quindi anche a Guantanamo sanno che siamo Campioni del Mondo, Campioni del Mondo, Campioni del Mondo, Campioni del Mondo?
4. Tra gli articoli per l'igiene personale per il volo di rientro non ci saranno mica dei liquidi?
5. A proposito di trasparenza: vi ricordate quanto era trasparente Camp X Ray?
6. Si resta guardie del corpo anche quando non c'è più il corpo?
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sabato, settembre 16, 2006
10 fatti su Guantanamo
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mercoledì, settembre 13, 2006
Banksy va a Disneyland
Una decina di giorni fa aveva sostituito in varie città del Regno Unito l'ultimo disco di Paris Hilton con 500 copie del suo personale remix. Nel finesettimana Banksy ha sistemato una bambola gonfiabile a grandezza naturale vestita da prigioniero di Guantanamo accanto al trenino delle Montagne Rocciose di Disneyland-California. La figura ammanettata e incappucciata è stata rimossa un'ora e mezza dopo, quando il personale del parco a tema ha chiuso l'attrazione per motivi di sicurezza. Quindi questo è anche un Falso Allarme per Bambola Gonfiabile.
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domenica, giugno 11, 2006
Atto di guerra asimmetrica
Ecco una bella nomination per il premio Orwell 2006.
Tre detenuti che si impiccano usando i propri vestiti e le lenzuola, secondo il Contrammiraglio Harry Harris, comandante della Joint Task Force-Guantanamo, lo fanno per screditare gli Stati Uniti: non è disperazione causata da anni di sofferenze e di detenzione arbitraria senza un giusto processo, è un atto concertato di guerra asimmetrica.
Leggo sul sito della CNN che "si definisce 'guerra asimmetrica' 'un conflitto in cui un antagonista molto più debole usa tattiche non ortodosse o basate sulla sorpresa per attaccare i punti deboli del più forte'".
Ieri TalkLeft ha pubblicato l'e-mail appena ricevuta dal professore di Seton Hall Mark Denbeaux, che con il figlio Joshua rappresenta alcuni detenuti di Guantanamo, compreso uno di quelli che stanno facendo lo sciopero della fame. La traduco:
"Joshua ed io siamo appena tornati da Guantanamo. Uno dei nostri clienti è stato portato via durante il colloquio perché tentava di uccidersi e necessitava di essere alimentato a forza. Ha detto che avrebbe preferito morire piuttosto che restare lì, e ci hanno confiscato gli articoli di giornale in cui Bush annunciava di voler chiudere Guantanamo. A quello stesso detenuto che era così depresso da voler morire è stato impedito di leggere una notizia che avrebbe potuto dargli speranza.
Il nostro cliente Mohammad Rahman si trova in gravi condizioni di salute che non vengono curate. A 32 anni gli è stato impiantato un pacemaker e gli è stata sostituita una valvola cardiaca. Ora sembra che la valvola abbia ricominciato a dare dei problemi. Abbiamo cercato di ottenere la sua cartella medica, ma senza risultato, e di procurargli delle vere cure per i suoi gravi problemi cardiaci e altri seri disturbi. Loro non solo non forniscono nulla di tutto ciò, ma interrompono il colloquio 'per proteggere la sua salute e la sua vita' sottoponendolo ad alimentazione forzata.
Sono stati i tre giorni peggiori della mia vita. E c'è molto di più. E adesso il governo offre questa assurda descrizione dei suicidi".
Tre detenuti che si impiccano usando i propri vestiti e le lenzuola, secondo il Contrammiraglio Harry Harris, comandante della Joint Task Force-Guantanamo, lo fanno per screditare gli Stati Uniti: non è disperazione causata da anni di sofferenze e di detenzione arbitraria senza un giusto processo, è un atto concertato di guerra asimmetrica.
Leggo sul sito della CNN che "si definisce 'guerra asimmetrica' 'un conflitto in cui un antagonista molto più debole usa tattiche non ortodosse o basate sulla sorpresa per attaccare i punti deboli del più forte'".
Ieri TalkLeft ha pubblicato l'e-mail appena ricevuta dal professore di Seton Hall Mark Denbeaux, che con il figlio Joshua rappresenta alcuni detenuti di Guantanamo, compreso uno di quelli che stanno facendo lo sciopero della fame. La traduco:
"Joshua ed io siamo appena tornati da Guantanamo. Uno dei nostri clienti è stato portato via durante il colloquio perché tentava di uccidersi e necessitava di essere alimentato a forza. Ha detto che avrebbe preferito morire piuttosto che restare lì, e ci hanno confiscato gli articoli di giornale in cui Bush annunciava di voler chiudere Guantanamo. A quello stesso detenuto che era così depresso da voler morire è stato impedito di leggere una notizia che avrebbe potuto dargli speranza.
Il nostro cliente Mohammad Rahman si trova in gravi condizioni di salute che non vengono curate. A 32 anni gli è stato impiantato un pacemaker e gli è stata sostituita una valvola cardiaca. Ora sembra che la valvola abbia ricominciato a dare dei problemi. Abbiamo cercato di ottenere la sua cartella medica, ma senza risultato, e di procurargli delle vere cure per i suoi gravi problemi cardiaci e altri seri disturbi. Loro non solo non forniscono nulla di tutto ciò, ma interrompono il colloquio 'per proteggere la sua salute e la sua vita' sottoponendolo ad alimentazione forzata.
Sono stati i tre giorni peggiori della mia vita. E c'è molto di più. E adesso il governo offre questa assurda descrizione dei suicidi".
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sabato, marzo 04, 2006
Qualcosa per il weekend
Non che uno debba leggersi 5000 pagine nel finesettimana, ma finalmente sono state rese pubbliche le trascrizioni delle testimonianze dei detenuti di Guantanamo davanti al Tribunale di revisione dello status dei combattenti. Almeno un'occhiata preliminare è consigliatissima. Poi ci penso io a fare un Guantanamo digest.
Sono stati resi noti anche i nomi: tempo fa il giudice federale Jed Rackoff aveva infatti respinto l'obiezione dell'amministrazione secondo la quale si sarebbe violata la privacy dei prigionieri.
Sono stati resi noti anche i nomi: tempo fa il giudice federale Jed Rackoff aveva infatti respinto l'obiezione dell'amministrazione secondo la quale si sarebbe violata la privacy dei prigionieri.
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mercoledì, marzo 01, 2006
The Dracula Thing
"Ricordate, se si trascinava Dracula alla luce del sole si scioglieva. Be', cercare di trascinare in tribunale un detenuto è qualcosa del genere. I fatti sono come la luce del sole per Dracula. L'ultima cosa che vogliono è affrontare i fatti davanti a una corte. Ma il loro giorno è arrivato".
Il procuratore capo Moe Davis, colonnello dell'Air Force, riferendosi a due detenuti di Guantanamo che stanno per andare sotto processo davanti ai "tribunali militari".
Il procuratore capo Moe Davis, colonnello dell'Air Force, riferendosi a due detenuti di Guantanamo che stanno per andare sotto processo davanti ai "tribunali militari".
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mercoledì, febbraio 22, 2006
Il colore dei tubi (altre curiosità da Guantanamo)
[Nota: non leggete questo post se siete ipersensibili o impressionabili, avete lo stomaco delicato, state per mettervi a tavola o siete minori di - che ne so - tredici anni. Anche quattordici, per sicurezza. Bambini, via.]
Dopo aver negato per due settimane, il responsabile del centro di detenzione di Guantánamo Bay, Cuba, ieri ha confermato che lo scorso mese i militari hanno fatto ricorso a "metodi più aggressivi" nei confronti dei detenuti in sciopero della fame.
Il generale Bantz J. Craddock ha ammesso che i soldati hanno cominciato a legare alcuni detenuti a "sedie di costrizione" per alimentarli a forza e a isolarli dopo aver scoperto che alcuni si liberavano del cibo ingerito aiutandosi a vicenda.
Il generale Craddock ha detto di aver esaminato l'uso delle sedie di costrizione e di aver concluso che la pratica era "non inumana".
Le sedie sono state usate per alimentare 35 detenuti, 3 dei quali sarebbero ancora sottoposti al trattamento.
Un prigioniero yemenita, Emad Hassan, ha così descritto la sedia ai suoi avvocati:
"La testa viene immobilizzata con un cinghia, le mani ammanettate e le gambe legate. Ti chiedono, 'Hai intenzione di mangiare o no?' e se non vuoi ti inseriscono il tubo. Ci sono persone che si sono urinate e defecate addosso, hanno vomitato e hanno cominciato a sanguinare. Chiedono di poter andare al bagno, ma non glielo permettono. A volte fanno loro indossare dei pannoloni."
Un altro ex-scioperante, Isa al-Murbati of Bahrain, ha descritto un'esperienza simile: il 10 gennaio un ufficiale è entrato nella sua cella d'isolamento e gli ha detto che se non accettava di mangiare cibo solido lo avrebbero legato alla sedia e alimentato a forza. Quando si è rifiutato i soldati lo hanno afferrato per il collo, lo hanno scaraventato sul pavimento e legato alla sedia di costrizione. Anche lui ha dovuto ingerire due grandi sacche di liquido, che gli sono state introdotte nello stomaco molto velocemente. Ha descritto il dolore come "una coltellata nello stomaco".
I detenuti hanno raccontato che i dottori di Guantánamo erano soliti inserire e rimuovere i lunghi tubi di plastica introdotti nel naso dei prigionieri ad ogni pasto, causando dolori fortissimi ed emorragie. In seguito hanno avuto la cortesia di lasciare i tubi inseriti per ridurre le sofferenze.
Il generale Craddock ha rivelato che i dottori sono stati così condiscendenti con i detenuti nutriti a forza da permettere loro di scegliere il colore dei tubi di plastica. [grassetto mio]
Fonte: "Force-Feeding at Guantánamo Is Now Acknowledged", New York Times.
Dopo aver negato per due settimane, il responsabile del centro di detenzione di Guantánamo Bay, Cuba, ieri ha confermato che lo scorso mese i militari hanno fatto ricorso a "metodi più aggressivi" nei confronti dei detenuti in sciopero della fame.
Il generale Bantz J. Craddock ha ammesso che i soldati hanno cominciato a legare alcuni detenuti a "sedie di costrizione" per alimentarli a forza e a isolarli dopo aver scoperto che alcuni si liberavano del cibo ingerito aiutandosi a vicenda.
Il generale Craddock ha detto di aver esaminato l'uso delle sedie di costrizione e di aver concluso che la pratica era "non inumana".
Le sedie sono state usate per alimentare 35 detenuti, 3 dei quali sarebbero ancora sottoposti al trattamento.
Un prigioniero yemenita, Emad Hassan, ha così descritto la sedia ai suoi avvocati:
"La testa viene immobilizzata con un cinghia, le mani ammanettate e le gambe legate. Ti chiedono, 'Hai intenzione di mangiare o no?' e se non vuoi ti inseriscono il tubo. Ci sono persone che si sono urinate e defecate addosso, hanno vomitato e hanno cominciato a sanguinare. Chiedono di poter andare al bagno, ma non glielo permettono. A volte fanno loro indossare dei pannoloni."
Un altro ex-scioperante, Isa al-Murbati of Bahrain, ha descritto un'esperienza simile: il 10 gennaio un ufficiale è entrato nella sua cella d'isolamento e gli ha detto che se non accettava di mangiare cibo solido lo avrebbero legato alla sedia e alimentato a forza. Quando si è rifiutato i soldati lo hanno afferrato per il collo, lo hanno scaraventato sul pavimento e legato alla sedia di costrizione. Anche lui ha dovuto ingerire due grandi sacche di liquido, che gli sono state introdotte nello stomaco molto velocemente. Ha descritto il dolore come "una coltellata nello stomaco".
I detenuti hanno raccontato che i dottori di Guantánamo erano soliti inserire e rimuovere i lunghi tubi di plastica introdotti nel naso dei prigionieri ad ogni pasto, causando dolori fortissimi ed emorragie. In seguito hanno avuto la cortesia di lasciare i tubi inseriti per ridurre le sofferenze.
Il generale Craddock ha rivelato che i dottori sono stati così condiscendenti con i detenuti nutriti a forza da permettere loro di scegliere il colore dei tubi di plastica. [grassetto mio]
Fonte: "Force-Feeding at Guantánamo Is Now Acknowledged", New York Times.
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lunedì, febbraio 20, 2006
I tre di Tipton - post in sospeso
[Ho tenuto questo post in sospeso per un paio di giorni perché pensavo che la notizia circolasse e fosse smentita o confermata. In seguito Craig Murray ha dichiarato che le sue fonti sono le persone che erano presenti ai fatti, e che la vicenda gli è stata riferita nell'ufficio di Winterbottom. A questo punto, visto che il racconto risulta essere di prima mano e vero, ecco il post]
Del film di Michael Winterbottom si è sentito parlare, nei giorni scorsi: The Road to Guantanamo racconta la storia vera di Shafiq Rasul, Asif Iqbal e Ruhal Ahmed, tre amici musulmani di Tipton, nelle West Midlands (sarebbero diventati noti come "i tre di Tipton"), che partirono per andare a un matrimonio in Pakistan, finirono catturati dalle forze statunitensi in Afghanistan e infine portati a Guantanamo, dove trascorsero due anni di carcere e furono sottoposti a un trattamento brutale e umiliante.
Prolungati interrogatori stabilirono che non avevano alcun collegamento con al Qaeda, e furono rilasciati nonostante i loro appelli fossero stati ignorati dalle autorità del Regno Unito. I mezzi d'informazione britannici trasmisero in diretta il rimpatrio di questi "sospetti terroristi", che furono immediatamente prelevati dalla polizia e nuovamente sottoposti a interrogatorio. La stampa praticamente ignorò il loro successivo rilascio, ma anche la polizia britannica riuscì a stabilire che non avevano niente a che fare con il terrorismo.
La scorsa settimana il regista Michael Winterbottom, accompagnato dai tre ex-detenuti e dal cast, ha presentato il suo film al Festival del Cinema di Berlino.
Al ritorno in patria i tre di Tipton sono stati nuovamente arrestati e trattenuti per ore dalla Sezione Speciale in base alla legge britannica per la prevenzione del terrorismo: è stato loro chiesto dove fossero stati e chi avessero incontrato. Sono inoltre state fatte delle domande sulla politica del regista.
E non è finita.
Facevano parte del gruppo anche i tre attori - estranei ad affiliazioni politiche o religiose, ma di origini asiatiche - che interpretano gli ex-detenuti nel film: arrestati e interrogati anche loro, per ore.
I tre di Tipton sono innocenti. Sono stati due anni a Guantanamo, da innocenti.
E anche gli attori che li interpretano sono innocenti. E forse il film non è nemmeno un gran film.
Di fronte a una storia così preferirei credere che Craig Murray si fa un bicchierino, di tanto in tanto.
Link
Del film di Michael Winterbottom si è sentito parlare, nei giorni scorsi: The Road to Guantanamo racconta la storia vera di Shafiq Rasul, Asif Iqbal e Ruhal Ahmed, tre amici musulmani di Tipton, nelle West Midlands (sarebbero diventati noti come "i tre di Tipton"), che partirono per andare a un matrimonio in Pakistan, finirono catturati dalle forze statunitensi in Afghanistan e infine portati a Guantanamo, dove trascorsero due anni di carcere e furono sottoposti a un trattamento brutale e umiliante.
Prolungati interrogatori stabilirono che non avevano alcun collegamento con al Qaeda, e furono rilasciati nonostante i loro appelli fossero stati ignorati dalle autorità del Regno Unito. I mezzi d'informazione britannici trasmisero in diretta il rimpatrio di questi "sospetti terroristi", che furono immediatamente prelevati dalla polizia e nuovamente sottoposti a interrogatorio. La stampa praticamente ignorò il loro successivo rilascio, ma anche la polizia britannica riuscì a stabilire che non avevano niente a che fare con il terrorismo.
La scorsa settimana il regista Michael Winterbottom, accompagnato dai tre ex-detenuti e dal cast, ha presentato il suo film al Festival del Cinema di Berlino.
Al ritorno in patria i tre di Tipton sono stati nuovamente arrestati e trattenuti per ore dalla Sezione Speciale in base alla legge britannica per la prevenzione del terrorismo: è stato loro chiesto dove fossero stati e chi avessero incontrato. Sono inoltre state fatte delle domande sulla politica del regista.
E non è finita.
Facevano parte del gruppo anche i tre attori - estranei ad affiliazioni politiche o religiose, ma di origini asiatiche - che interpretano gli ex-detenuti nel film: arrestati e interrogati anche loro, per ore.
I tre di Tipton sono innocenti. Sono stati due anni a Guantanamo, da innocenti.
E anche gli attori che li interpretano sono innocenti. E forse il film non è nemmeno un gran film.
Di fronte a una storia così preferirei credere che Craig Murray si fa un bicchierino, di tanto in tanto.
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Altre curiosità su Guantanamo
È noto che gli Stati Uniti promisero (e apparentemente pagarono) ingenti somme di denaro in cambio della cattura di persone identificate come "combattenti nemici" in Afghanistan e in Pakistan.
Ecco il testo di uno dei volantini distribuiti in Afghanistan:
"Diventate più ricchi e potenti di quanto possiate sognare... Potrete ricevere milioni di dollari se aiuterete le forze anti-talebane a prendere gli assassini talebani e di al Qaeda. Il denaro vi basterà per prendervi cura della vostra famiglia, del vostro villaggio e della vostra tribù per tutta la vita. Pagate il bestiame e i dottori e i libri di scuola e l'alloggio per tutti i vostri familiari."
Dal Rapporto sui detenuti di Guantanamo compilato da Mark e Joshua Denbeaux e dagli studenti dell'Università di Seton Hall sulla base dei dati forniti dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. Qui il pdf in inglese (ho già detto che è un pdf?).
Il 28 marzo del 2002 il Segretario della Difesa Donald Rumsfeld disse:
"Come è accaduto in conflitti precedenti, il paese che fa dei prigionieri generalmente decide che non è il caso di rimandarli sul campo di battaglia. Tengono in arresto quei combattenti nemici per la durata del conflitto. Lo fanno per una semplicissima ragione, che ritengo ovvia, e cioè impedire loro di tornare a combattere e, in questo caso, a uccidere altri americani e a condurre altre azioni terroristiche."
Tuttavia il Rapporto di Seton Hall conclude che la grande maggioranza dei detenuti di Guantanamo non ha mai partecipato ad alcun combattimento contro gli Stati Uniti su un campo di battaglia.
Inoltre, nel rapporto si legge che solo il 5% dei detenuti di Guantanamo definiti come "combattenti nemici" fu arrestato direttamente dalle forze statunitensi; l'86% fu catturato dal Pakistan o dall'Alleanza del Nord e successivamente consegnato agli Stati Uniti, proprio all'epoca in cui questi ultimi offrivano i premi in denaro.
Ma emergono altri dati interessanti:
I detenuti presi in considerazione sono 517.
Per il 55% non è stata accertata la responsabilità di atti ostili contro gli Stati Uniti o gli alleati della loro coalizione.
Solo l'8% rientra nella definizione di "combattenti di al Qaeda". Dei restanti detenuti, il 40% non ha nessun legame certo con al Qaeda e il 18% non ha affiliazioni né con Al Qaeda né con i Talebani.
Il Governo ha arrestato molte persone basandosi sulle sempici affiliazioni a un esteso numero di gruppi che di fatto non si trovano sulla lista delle organizzazioni terroristiche della Sicurezza Nazionale. Inoltre, il nesso tra questo tipo di detenuti e tali organizzazioni varia considerevolmente. L'8% è "combattente per", il 30% è considerato "membro di", mentre una larga maggioranza - il 60% - è in arresto per semplice "associazione" a un gruppo o con dei gruppi che secondo il Governo sono organizzazioni terroristiche. Per il 2% dei prigionieri non è stato identificato alcun collegamento con gruppi terroristici.
E queste sono alcune delle prove citate dal Governo per dimostrare che i detenuti rientrano nella definizione di "combattenti nemici":
- associazione con individui e/o organizzazioni non specificati e non nominati;
- associazione con organizzazioni ai cui membri il Dipartimento della Sicurezza Nazionale aveva dato il permesso di entrare negli Stati Uniti;
- possesso di fucili;
- uso di una guest-house;
- possesso di orologi Casio;
- uso di capi d'abbigliamento militare.
Ecco il testo di uno dei volantini distribuiti in Afghanistan:
"Diventate più ricchi e potenti di quanto possiate sognare... Potrete ricevere milioni di dollari se aiuterete le forze anti-talebane a prendere gli assassini talebani e di al Qaeda. Il denaro vi basterà per prendervi cura della vostra famiglia, del vostro villaggio e della vostra tribù per tutta la vita. Pagate il bestiame e i dottori e i libri di scuola e l'alloggio per tutti i vostri familiari."
Dal Rapporto sui detenuti di Guantanamo compilato da Mark e Joshua Denbeaux e dagli studenti dell'Università di Seton Hall sulla base dei dati forniti dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. Qui il pdf in inglese (ho già detto che è un pdf?).
Il 28 marzo del 2002 il Segretario della Difesa Donald Rumsfeld disse:
"Come è accaduto in conflitti precedenti, il paese che fa dei prigionieri generalmente decide che non è il caso di rimandarli sul campo di battaglia. Tengono in arresto quei combattenti nemici per la durata del conflitto. Lo fanno per una semplicissima ragione, che ritengo ovvia, e cioè impedire loro di tornare a combattere e, in questo caso, a uccidere altri americani e a condurre altre azioni terroristiche."
Tuttavia il Rapporto di Seton Hall conclude che la grande maggioranza dei detenuti di Guantanamo non ha mai partecipato ad alcun combattimento contro gli Stati Uniti su un campo di battaglia.
Inoltre, nel rapporto si legge che solo il 5% dei detenuti di Guantanamo definiti come "combattenti nemici" fu arrestato direttamente dalle forze statunitensi; l'86% fu catturato dal Pakistan o dall'Alleanza del Nord e successivamente consegnato agli Stati Uniti, proprio all'epoca in cui questi ultimi offrivano i premi in denaro.
Ma emergono altri dati interessanti:
I detenuti presi in considerazione sono 517.
Per il 55% non è stata accertata la responsabilità di atti ostili contro gli Stati Uniti o gli alleati della loro coalizione.
Solo l'8% rientra nella definizione di "combattenti di al Qaeda". Dei restanti detenuti, il 40% non ha nessun legame certo con al Qaeda e il 18% non ha affiliazioni né con Al Qaeda né con i Talebani.
Il Governo ha arrestato molte persone basandosi sulle sempici affiliazioni a un esteso numero di gruppi che di fatto non si trovano sulla lista delle organizzazioni terroristiche della Sicurezza Nazionale. Inoltre, il nesso tra questo tipo di detenuti e tali organizzazioni varia considerevolmente. L'8% è "combattente per", il 30% è considerato "membro di", mentre una larga maggioranza - il 60% - è in arresto per semplice "associazione" a un gruppo o con dei gruppi che secondo il Governo sono organizzazioni terroristiche. Per il 2% dei prigionieri non è stato identificato alcun collegamento con gruppi terroristici.
E queste sono alcune delle prove citate dal Governo per dimostrare che i detenuti rientrano nella definizione di "combattenti nemici":
- associazione con individui e/o organizzazioni non specificati e non nominati;
- associazione con organizzazioni ai cui membri il Dipartimento della Sicurezza Nazionale aveva dato il permesso di entrare negli Stati Uniti;
- possesso di fucili;
- uso di una guest-house;
- possesso di orologi Casio;
- uso di capi d'abbigliamento militare.
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sabato, febbraio 18, 2006
Curiosità da Guantanamo
Uno yemenita, che qualcuno ha accusato di essere una guardia del corpo di bin Laden, durante un lungo interrogatorio è crollato e ha detto esasperato, 'OK, ho visto bin Laden cinque volte: tre su Al Jazeera e due durante un telegiornale in Yemen'. Questa confessione così figura nel suo verbale di 'combattente nemico': 'Il detenuto ha ammesso di conoscere Osama bin Laden.'"
Fonte: "Empty Evidence", di Corine Hegland, National Journal.
Fonte: "Empty Evidence", di Corine Hegland, National Journal.
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sabato, gennaio 28, 2006
The Guantanamo Happy Meal
Link a 2.0 sulle condizioni dei detenuti di Guantanamo che fanno lo sciopero della fame per ottenere un giusto processo. Anticipazione: stanno molto male.
Intanto so lavorando all'ipnopedia.
Intanto so lavorando all'ipnopedia.
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venerdì, gennaio 06, 2006
Tre chicchi di riso e quattro formiche
Lettera di un operatore di Al Jazeera detenuto a Guantánamo al suo avvocato britannico Clive Stafford-Smith
Punito per tre chicchi di riso e quattro formicheDi Sami Muhydin al Hajj, 6 novembre 2005
Caro Clive,
Permettimi di confessarti una cosa. Non posso fare a meno di continuare a chiedermi: “Perché mi puniscono?” Questa domanda mi ossessiona, non riesco a togliermela dalla testa.
La mia storia di punizioni è cominciata alla prigione di Bagram. Avevamo il permesso di andare al bagno solo due volte al giorno: la prima subito dopo l’alba e la seconda prima del tramonto, e ciascuno doveva attendere il proprio turno.
Ricordo una volta in cui ne avevo veramente l’urgenza, e sussurrai all’orecchio della persona che era davanti a me di lasciarmi passare avanti. Allora il soldato di guardia mi urlò rabbiosamente: “Non parlare,” e mi ordinò di uscire. Mi legò le mani con del filo di ferro e mi lasciò là fuori tutto il giorno a tremare di freddo, tanto che dovetti orinarmi addosso provocando l’ilarità dei soldati e delle puttane.
Poi, a Kandahar :
In piena estate, mentre stiamo sotto un sole bruciante e su un suolo bollente, un soldato grida: “Tu, fermati, e anche il secondo, il terzo e il quarto! Perché parlate? Mettetevi in ginocchio, le mani sulla testa”. Noi obbediamo e ci lascia lì, sotto quel sole torrido, le ginocchia sulle pietre roventi, finché uno di noi non sviene e gli altri vanno a soccorrerlo.
Una settimana dopo il nostro arrivo a Guantánamo un mattino presto i soldati arrivarono e ordinarono ai detenuti di mettere le braccia attraverso l’apertura usata abitualmente per far passare il cibo: dissero che volevano farci l’iniezione antitetanica.
Quando venne il mio turno li informai che prima di partire da Doha mi ero fatto vaccinare contro il tetano, la febbre gialla, il colera e le altre malattie e che secondo il medico questi vaccini erano validi cinque anni. Dunque non dovevo rifarli.
L’ufficiale mi urlò di non mettermi a discutere: “Metti fuori il braccio per il vaccino, o te lo tiriamo fuori a forza,” disse. Io mi rifiutai di farlo. Per il momento mi lasciarono in pace, ma ritornarono dopo aver finito con gli altri. Io continuai a non accettare di rifarmi vaccinare. Allora mi requisirono tutto, dal materasso allo spazzolino da denti, e mi costrinsero a coricarmi sulla rete di ferro per tre giorni e tre notti.
La domanda che torna a tormentarmi è sempre la stessa: “Perché mi puniscono? La medicine sono obbligatorie? Siamo diventati un branco di pecore ammassate? Dobbiamo accettare tutto senza discutere, senza fare la minima obiezione e senza sapere nulla di quello che ci accade?”
Ma mi è successo di peggio. Una sera mi coricai molto presto. Ero esausto dopo essere stato interrogato per ore. Feci l’errore di coprirmi la testa e le mani. Ero profondamente addormentato quando udii le grida e gli ordini di un soldato: “Tira fuori la testa e le mani da sotto la coperta”. Mi svegliai di soprassalto e mi affrettati a obbedire. In effetti ci avevano proibito di dormire con la testa o le mani sotto la coperta.
Mi ero appena riaddormentato quando il soldato venne a picchiare violentemente sulla porta della mia cella e gridò: “Perché hai messo il dentifricio al posto dello spazzolino?” Mi accusò di disobbedire deliberatamente alle leggi e ai regolamenti militari e mi ordinò di raccogliere le mie cose. Fui punito per un’intera settimana.
E mi si ripresenta l’eterna domanda: “Perché mi puniscono? È una ragione sufficiente per punirmi, requisire tutte le mie cose e farmi dormire per una settimana sulla rete di ferro, senza materasso né coperte?”
Un’altra volta stavo consumando la mia colazione, che consisteva in un barattolo di cibo freddo. Quando ebbi finito di mangiare, un soldato venne a raccogliere i resti del pasto e i sacchetti di plastica. Si fermò sulla porta della mia cella e cominciò a contare i pezzi di plastica e a metterli insieme. All’improvviso si mise a gridare: “Dov’è il pezzo che manca?” Io cominciai a frugare tra le mie cose, invano. Allora andò a riferire la cosa ai suoi superiori e ritornò con questa sentenza: meritavo una punizione che servisse da esempio per gli altri detenuti.
E così mi requisirono le mie cose per tre giorni, durante i quali mi scervellai per trovare una risposta a questa bruciante domanda: “Perché mi puniscono, cosa mai avrei potuto fare con quel pezzetto di plastica introvabile?”
Un’altra volta la provvidenza fece sì che finissi nello stesso blocco di detenzione con Jamel dell’Uganda, Mohamed del Ciad e il britannico Jamel Blama. Ci univa non solo la prigionia, ma anche il colore della pelle e l’odioso colore della tuta arancione dei detenuti. La nostra pelle nera era una ragione sufficiente perché i guardiani bianchi si accanissero contro di noi e ci punissero senza motivo. Spesso ci svegliavano nel mezzo della notte con il pretesto di perquisire la gabbia.
Una notte mi svegliarono per un’altra perquisizione. Non trovarono niente di sospetto... a parte tre chicchi di riso per terra che avevano attirato delle formiche. Mi inflissero una punizione di sette giorni. Ancora una volta ne approfittai per chiedermi ossessivamente: “Perché mi puniscono?” Non riuscivo a capire come tre chicchi di riso e quattro formiche potessero costituire un motivo sufficiente.
Un’altra notte due soldati si fermarono davanti alla porta della mia gabbia. Avevano con sé delle catene e delle manette. Quando bussarono violentemente alla porta mi svegliai in preda al terrore. Mi ammanettarono e mi condussero al blocco Romeo, dove mi misero in una gabbia dopo avermi spogliato di tutto lasciandomi con la sola biancheria intima addosso. Nient’altro, nemmeno il sapone o lo spazzolino da denti.
Chiesi inutilmente una spiegazione per quella punizione, ma le mie domande restarono senza risposta fino all’indomani, quando su mia insistenza un responsabile venne a dirmi ero stato condannato a passare due settimane nella gabbia perché un soldato aveva trovato un chiodo sul bordo esterno dell’apertura d’aerazione della mia cella! Allora dissi al responsabile: “Come mi sarei procurato quel chiodo e come avrei fatto a metterlo sul bordo esterno dell’apertura, e perché?” Ma si voltò e se ne andò, ignorando le mie domande.
E così passai là 14 giorni seduto, evitando per pudore di dire le preghiere perché ero seminudo, e dormii per 14 fredde notti invernali sulla rete di ferro, senza coperte né materasso.
I tormenti e le provocazioni dei soldati si moltiplicarono e si diversificarono.
Una volta venimmo a sapere che un soldato aveva calpestato il Sacro Corano, sporcandolo con le impronte delle sue scarpe. I detenuti si ribellarono e decisero di restituire le copie del Sacro libro all’amministrazione americana per evitare che fossero profanate sotto i nostri occhi, tanto più che il generale si era già impegnato a far sì che questo genere di provocazione non si ripetesse. Ma la promessa non fu mantenuta.
I detenuti allora decisero di non lasciare le loro celle, nemmeno per andare a fare la passeggiata e la doccia di cui avevano tanto bisogno, finché tutte le copie del Sacro Corano non fossero state raccolte.
Com’era loro abitudine, i responsabili vennero subito a urlare ordini e minacce. Fecero uscire le valorose forze anti-sommossa, che aprirono le gabbie e si misero a picchiare i detenuti, li incatenarono e li ammanettarono. Tagliarono loro i capelli, la barba e i baffi e li gettarono in gabbie singole.
Arrivò anche il mio turno. Mi spruzzarono del gas negli occhi, poi cinque soldati si misero a picchiarmi, mi portarono fuori e mi gettarono a terra. Uno di loro mi afferrò la testa e cominciò a sbatterla contro il pavimento di cemento. Un altro mi colpì sull’arcata sopracciliare, causandomi un taglio da cui presto cominciò a uscire molto sangue. Tutto questo accadde mentre ero steso a terra, ammanettato e incatenato. Mi tagliarono capelli, baffi e barba e mi buttarono in una gabbia singola, ricoperto di sangue.
Dopo un’ora un soldato venne a chiedermi, attraverso l’apertura della porta, se mi servivano le cure di un medico. Rifiutai l’offerta e mi raccomandai a Dio, mostrandogli l’ingiustizia dei miei carcerieri. A un certo punto mi accorsi che stavo svenendo a causa della perdita di sangue, e allora chiesi di essere medicato. Mi diedero tre punti di sutura all’arcata sopracciliare, mi fasciarono la testa e mi diedero dei sonniferi, dicendo che erano degli antibiotici. Il tutto, attraverso un’apertura di pochi centimetri.
Mi addormentai, oppresso dall’ingiustizia terribile di quegli uomini.
La mattina del giorno dopo avevo appena aperto gli occhi quando mi trovai di nuovo ossessionato dalla stessa domanda: “Perché mi puniscono? La difesa della mia fede e della mia religione è forse un crimine punibile con il carcere? La nostra richiesta di ritirare le copie del Corano perché non siano profanate sotto ai nostri occhi è un crimine? Perché mi trovo qui? Il fatto che io sia partito per l’Afghanistan per trascorrervi quattro settimane con una telecamera per conto di Al Jazeera dopo la guerra d’aggressione contro un popolo disarmato è anch’esso un crimine per il quale devo essere punito con più di quattro anni di carcere? E per il quale devo essere accusato di terrorismo?”
Tante domande si affollavano nella mia mente, tormentandomi lo spirito e andando ad infrangersi contro tutti gli slogan ingannevoli di cui si gloriano i promotori della libertà, i difensori della democrazia e i protettori della pace in terra.
Originale: http://www.aljazeera.netTradotto dall’arabo in francese da Ahmed Manaï, membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica (transtlaxcala@yahoo.com), dal francese in spagnolo da Juan Vivanco a http://www.rebelion.org, dallo spagnolo in inglese da Ernesto Paramo, membro di Tlaxcala, dal francese in italiano da Mirumir, membro di Tlaxcala. Questa traduzione è in copyleft.
Versione francese: http://quibla.net/guantanamo2006/guantanamo1.htm
Versione spagnola: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=25069
Versione inglese: http://peacepalestine.blogspot.com
Punito per tre chicchi di riso e quattro formicheDi Sami Muhydin al Hajj, 6 novembre 2005
Caro Clive,
Permettimi di confessarti una cosa. Non posso fare a meno di continuare a chiedermi: “Perché mi puniscono?” Questa domanda mi ossessiona, non riesco a togliermela dalla testa.
La mia storia di punizioni è cominciata alla prigione di Bagram. Avevamo il permesso di andare al bagno solo due volte al giorno: la prima subito dopo l’alba e la seconda prima del tramonto, e ciascuno doveva attendere il proprio turno.
Ricordo una volta in cui ne avevo veramente l’urgenza, e sussurrai all’orecchio della persona che era davanti a me di lasciarmi passare avanti. Allora il soldato di guardia mi urlò rabbiosamente: “Non parlare,” e mi ordinò di uscire. Mi legò le mani con del filo di ferro e mi lasciò là fuori tutto il giorno a tremare di freddo, tanto che dovetti orinarmi addosso provocando l’ilarità dei soldati e delle puttane.
Poi, a Kandahar :
In piena estate, mentre stiamo sotto un sole bruciante e su un suolo bollente, un soldato grida: “Tu, fermati, e anche il secondo, il terzo e il quarto! Perché parlate? Mettetevi in ginocchio, le mani sulla testa”. Noi obbediamo e ci lascia lì, sotto quel sole torrido, le ginocchia sulle pietre roventi, finché uno di noi non sviene e gli altri vanno a soccorrerlo.
Una settimana dopo il nostro arrivo a Guantánamo un mattino presto i soldati arrivarono e ordinarono ai detenuti di mettere le braccia attraverso l’apertura usata abitualmente per far passare il cibo: dissero che volevano farci l’iniezione antitetanica.
Quando venne il mio turno li informai che prima di partire da Doha mi ero fatto vaccinare contro il tetano, la febbre gialla, il colera e le altre malattie e che secondo il medico questi vaccini erano validi cinque anni. Dunque non dovevo rifarli.
L’ufficiale mi urlò di non mettermi a discutere: “Metti fuori il braccio per il vaccino, o te lo tiriamo fuori a forza,” disse. Io mi rifiutai di farlo. Per il momento mi lasciarono in pace, ma ritornarono dopo aver finito con gli altri. Io continuai a non accettare di rifarmi vaccinare. Allora mi requisirono tutto, dal materasso allo spazzolino da denti, e mi costrinsero a coricarmi sulla rete di ferro per tre giorni e tre notti.
La domanda che torna a tormentarmi è sempre la stessa: “Perché mi puniscono? La medicine sono obbligatorie? Siamo diventati un branco di pecore ammassate? Dobbiamo accettare tutto senza discutere, senza fare la minima obiezione e senza sapere nulla di quello che ci accade?”
Ma mi è successo di peggio. Una sera mi coricai molto presto. Ero esausto dopo essere stato interrogato per ore. Feci l’errore di coprirmi la testa e le mani. Ero profondamente addormentato quando udii le grida e gli ordini di un soldato: “Tira fuori la testa e le mani da sotto la coperta”. Mi svegliai di soprassalto e mi affrettati a obbedire. In effetti ci avevano proibito di dormire con la testa o le mani sotto la coperta.
Mi ero appena riaddormentato quando il soldato venne a picchiare violentemente sulla porta della mia cella e gridò: “Perché hai messo il dentifricio al posto dello spazzolino?” Mi accusò di disobbedire deliberatamente alle leggi e ai regolamenti militari e mi ordinò di raccogliere le mie cose. Fui punito per un’intera settimana.
E mi si ripresenta l’eterna domanda: “Perché mi puniscono? È una ragione sufficiente per punirmi, requisire tutte le mie cose e farmi dormire per una settimana sulla rete di ferro, senza materasso né coperte?”
Un’altra volta stavo consumando la mia colazione, che consisteva in un barattolo di cibo freddo. Quando ebbi finito di mangiare, un soldato venne a raccogliere i resti del pasto e i sacchetti di plastica. Si fermò sulla porta della mia cella e cominciò a contare i pezzi di plastica e a metterli insieme. All’improvviso si mise a gridare: “Dov’è il pezzo che manca?” Io cominciai a frugare tra le mie cose, invano. Allora andò a riferire la cosa ai suoi superiori e ritornò con questa sentenza: meritavo una punizione che servisse da esempio per gli altri detenuti.
E così mi requisirono le mie cose per tre giorni, durante i quali mi scervellai per trovare una risposta a questa bruciante domanda: “Perché mi puniscono, cosa mai avrei potuto fare con quel pezzetto di plastica introvabile?”
Un’altra volta la provvidenza fece sì che finissi nello stesso blocco di detenzione con Jamel dell’Uganda, Mohamed del Ciad e il britannico Jamel Blama. Ci univa non solo la prigionia, ma anche il colore della pelle e l’odioso colore della tuta arancione dei detenuti. La nostra pelle nera era una ragione sufficiente perché i guardiani bianchi si accanissero contro di noi e ci punissero senza motivo. Spesso ci svegliavano nel mezzo della notte con il pretesto di perquisire la gabbia.
Una notte mi svegliarono per un’altra perquisizione. Non trovarono niente di sospetto... a parte tre chicchi di riso per terra che avevano attirato delle formiche. Mi inflissero una punizione di sette giorni. Ancora una volta ne approfittai per chiedermi ossessivamente: “Perché mi puniscono?” Non riuscivo a capire come tre chicchi di riso e quattro formiche potessero costituire un motivo sufficiente.
Un’altra notte due soldati si fermarono davanti alla porta della mia gabbia. Avevano con sé delle catene e delle manette. Quando bussarono violentemente alla porta mi svegliai in preda al terrore. Mi ammanettarono e mi condussero al blocco Romeo, dove mi misero in una gabbia dopo avermi spogliato di tutto lasciandomi con la sola biancheria intima addosso. Nient’altro, nemmeno il sapone o lo spazzolino da denti.
Chiesi inutilmente una spiegazione per quella punizione, ma le mie domande restarono senza risposta fino all’indomani, quando su mia insistenza un responsabile venne a dirmi ero stato condannato a passare due settimane nella gabbia perché un soldato aveva trovato un chiodo sul bordo esterno dell’apertura d’aerazione della mia cella! Allora dissi al responsabile: “Come mi sarei procurato quel chiodo e come avrei fatto a metterlo sul bordo esterno dell’apertura, e perché?” Ma si voltò e se ne andò, ignorando le mie domande.
E così passai là 14 giorni seduto, evitando per pudore di dire le preghiere perché ero seminudo, e dormii per 14 fredde notti invernali sulla rete di ferro, senza coperte né materasso.
I tormenti e le provocazioni dei soldati si moltiplicarono e si diversificarono.
Una volta venimmo a sapere che un soldato aveva calpestato il Sacro Corano, sporcandolo con le impronte delle sue scarpe. I detenuti si ribellarono e decisero di restituire le copie del Sacro libro all’amministrazione americana per evitare che fossero profanate sotto i nostri occhi, tanto più che il generale si era già impegnato a far sì che questo genere di provocazione non si ripetesse. Ma la promessa non fu mantenuta.
I detenuti allora decisero di non lasciare le loro celle, nemmeno per andare a fare la passeggiata e la doccia di cui avevano tanto bisogno, finché tutte le copie del Sacro Corano non fossero state raccolte.
Com’era loro abitudine, i responsabili vennero subito a urlare ordini e minacce. Fecero uscire le valorose forze anti-sommossa, che aprirono le gabbie e si misero a picchiare i detenuti, li incatenarono e li ammanettarono. Tagliarono loro i capelli, la barba e i baffi e li gettarono in gabbie singole.
Arrivò anche il mio turno. Mi spruzzarono del gas negli occhi, poi cinque soldati si misero a picchiarmi, mi portarono fuori e mi gettarono a terra. Uno di loro mi afferrò la testa e cominciò a sbatterla contro il pavimento di cemento. Un altro mi colpì sull’arcata sopracciliare, causandomi un taglio da cui presto cominciò a uscire molto sangue. Tutto questo accadde mentre ero steso a terra, ammanettato e incatenato. Mi tagliarono capelli, baffi e barba e mi buttarono in una gabbia singola, ricoperto di sangue.
Dopo un’ora un soldato venne a chiedermi, attraverso l’apertura della porta, se mi servivano le cure di un medico. Rifiutai l’offerta e mi raccomandai a Dio, mostrandogli l’ingiustizia dei miei carcerieri. A un certo punto mi accorsi che stavo svenendo a causa della perdita di sangue, e allora chiesi di essere medicato. Mi diedero tre punti di sutura all’arcata sopracciliare, mi fasciarono la testa e mi diedero dei sonniferi, dicendo che erano degli antibiotici. Il tutto, attraverso un’apertura di pochi centimetri.
Mi addormentai, oppresso dall’ingiustizia terribile di quegli uomini.
La mattina del giorno dopo avevo appena aperto gli occhi quando mi trovai di nuovo ossessionato dalla stessa domanda: “Perché mi puniscono? La difesa della mia fede e della mia religione è forse un crimine punibile con il carcere? La nostra richiesta di ritirare le copie del Corano perché non siano profanate sotto ai nostri occhi è un crimine? Perché mi trovo qui? Il fatto che io sia partito per l’Afghanistan per trascorrervi quattro settimane con una telecamera per conto di Al Jazeera dopo la guerra d’aggressione contro un popolo disarmato è anch’esso un crimine per il quale devo essere punito con più di quattro anni di carcere? E per il quale devo essere accusato di terrorismo?”
Tante domande si affollavano nella mia mente, tormentandomi lo spirito e andando ad infrangersi contro tutti gli slogan ingannevoli di cui si gloriano i promotori della libertà, i difensori della democrazia e i protettori della pace in terra.
Originale: http://www.aljazeera.netTradotto dall’arabo in francese da Ahmed Manaï, membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica (transtlaxcala@yahoo.com), dal francese in spagnolo da Juan Vivanco a http://www.rebelion.org, dallo spagnolo in inglese da Ernesto Paramo, membro di Tlaxcala, dal francese in italiano da Mirumir, membro di Tlaxcala. Questa traduzione è in copyleft.
Versione francese: http://quibla.net/guantanamo2006/guantanamo1.htm
Versione spagnola: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=25069
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