Qualche giorno fa con U. discutevamo dell'uso circoscritto (a un luogo: Gorizia; e spesso a un'unica generazione: la nostra) di alcune espressioni.
Per esempio: l'infantile "che divo!" per riferirsi a qualcosa di fighissimo.
Oppure l'esclamazione "Illu!", che richiede occhi sbarrati, ostentazione di stupore e tono ascendente. "Guarda lì, mi stupisco": ricorda il Middle English "lo" ("used to call attention or to express wonder or surprise" spesso "in a literary or humorous way", secondo il Webster e il Collins), per strano che possa sembrare.
"Illu!" è quello che ho detto ieri pomeriggio, lo sguardo dapprima posato distrattamente sul panorama, poi messo a fuoco. Sul monte Sabotino è riapparsa la scritta "Naš Tito", tracciata con grandi sassi bianchi negli anni Settanta e poi lasciata a confondersi tra la sterpaglia. Susciterà malumori da una parte e dall'altra.
Io nei prossimi giorni fisserò quel mio orizzonte emotivo risistemato e sussurrerò tra me e me "illu!" più e più volte. Forse, ma senza farmi sentire e con più di un mezzo sorriso, anche "che divo".
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