“Ma dove sta il Lago di Raibl?” si informò poi la Claudia che vantava una passione per la geografia. “Praticamente in Isvizzera” risposi io con un gesto nobile che abbracciava un esteso arco montuoso in cui la Carnia fraternizzava con le Dolomiti e le Alpi Graie, e i laghi erano un unico specchio d’acqua che emergeva e scompariva, addormentandosi furlano e svegliandosi elvetico.
La Svizzera era sinonimo di lungo soggiorno fatto di passeggiate, sedie a sdraio e pranzi al sacco, di albergatori riservati e puntigliosi, di versanti cordiali. Invece noi al Lago di Raibl ci eravamo andati in giornata, partendo all’alba carichi di canne stivaloni e mulinelli per partecipare al Torneo di pesca a coppie “Lui e Lei”. Lui era mio padre, Lei ero io.
Antonia era addetta alla distribuzione delle cotolette impanate, mentre il contributo di mia madre si esauriva in un tifo un po’ scolastico (“Dai dai”, “Tiralo su tiralo su”) che si spegneva alla vista delle esche vive. Io in quanto Lei sapevo maneggiare i lombrichi, sapevo lanciare, sapevo dosare lo strattone, sapevo recuperare. A papà bastava. Papà faceva tutto il resto.
Quel giorno appena scesa dall’auto mi ero innamorata, all’improvviso, con le gambe che ancora mi facevano Giacomo Giacomo. Lui era mio coetaneo, era biondo, indossava una polo a righe rosse e blu ed era il figlio del Pagorani, nostro avversario, acerrimo rivale pescasportivo del padre mio. Naturalmente non ci scambiammo neanche una parola, solo sorrisi ebeti. Io lì, con la canna in una mano e una cotoletta impanata nell’altra, mentre mia madre faceva “Dai dai!” e mio padre bisbigliava “Quando mangia, polso fermo e tac. Polso fermo e tac!”. Lui là, a sorridere abbracciato a un barattolo di vermi.
Vincemmo noi, non so perché. Un buon posto, pasturato bene. Fortuna nel sorteggio. Bilance truccate. Giudici corrotti.
Con il figlio del Pagorani ci salutammo nel parcheggio facendo ciao con la mano in mezzo ai clacson e alle auto in retromarcia, avvolti in una nuvola di polvere, moscerini e freschìn. Così voleva il nostro destino di Montecchi e Capuleti del Lago di Raibl, nel Friuli svizzero. Io però almeno mi tenevo stretta la coppa “Lui e Lei”.
Sulla strada del ritorno lui gomitò in macchina, ma questo me lo raccontò poi mio padre ridendo sotto i baffi.
Con il figlio del Pagorani ci salutammo nel parcheggio facendo ciao con la mano in mezzo ai clacson e alle auto in retromarcia, avvolti in una nuvola di polvere, moscerini e freschìn. Così voleva il nostro destino di Montecchi e Capuleti del Lago di Raibl, nel Friuli svizzero. Io però almeno mi tenevo stretta la coppa “Lui e Lei”.
Sulla strada del ritorno lui gomitò in macchina, ma questo me lo raccontò poi mio padre ridendo sotto i baffi.
Nel tema furono naturalmente omessi gli aspetti romantici.
“Mi piace la tua sintesi” commentò la maestra Burziani. “Vomitare, però, con la V.”
“Maestra, a me solo scrivere o dire la V mi fa gomitare!”
“Va bene” disse lei, e con la matita fece un segno morbido come una traccia lieve di rossetto.
“Mi piace la tua sintesi” commentò la maestra Burziani. “Vomitare, però, con la V.”
“Maestra, a me solo scrivere o dire la V mi fa gomitare!”
“Va bene” disse lei, e con la matita fece un segno morbido come una traccia lieve di rossetto.
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