E poi d'un tratto a notte fonda ti svegli e piangi: fruscio dell'anima, oscurità d'autunno, senso d'inutilità. Qualcuno – indigeno, persistente, mai esorcizzato – sta là, accanto alla palizzata, e gratta sul vetro... È la Rus': vuole entrare, porta una verbosa novella? Tace, non ha voce: scendono gocce d'acqua dai suoi capelli, odora di lontananza e di fango autunnale.
Sciò, sciò, bisogna dormire... O forze della luce, com'è ancora lontano il mattino, quanto è umido e inesorabile il mondo là fuori. O patria, patria, dove sei tu, patria, e quanto ancora devo aspettare qui, al buio.
[Grazie a Sten per l'immagine.]
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