Si chiamava Pierulli Riccardo ed era un piccoletto con un grosso naso a patata e un gran ciuffo elettrico di capelli rossi. Mi scortava a casa tutti i giorni. A un certo punto, di solito al primo semaforo, si metteva a urlare VITTO TI AMO. Io acceleravo e tentavo di staccarlo, ma lui VITTO TI AMO, VITTO TI AMO. Quando finalmente riuscivo a sbattergli il portone in faccia era già passato a VITTO FAMMI LO SPOGLIARELLO VITTO METTITI NUDA.
Tutti i giorni così, con minime varianti ispirate alle scelte di abbigliamento: FONZIE TI AMO, SALOPETTA TI AMO, FULARINO TI AMO. I vicini si godevano l'inseguimento. Antonia aspettava di sentire VITTO TI AMO per buttare la pasta. Eravamo puntualissimi.
La Crissi Sverzutti, che sostenevadi conoscere Pierulli dai tempi dell'asilo, sosteneva che avesse cominciato a parlare non prima dei sei anni. Io cercavo di immaginarmi quei favolosi sei anni di mutismo.
In terza lui si lasciò bocciare e io presi a frequentare un giocatore di basket che mi accompagnava a casa con la Simca blu metallizzato del nonno latinista. Ci perdemmo di vista.
Ci incrociammo in piscina, un pomeriggio d'inverno. Mi avvicinai io, lui ricambiò indifferente il mio ciao. Costume olimpionico, osservò d'un tratto serissimo. Poi, mentre già mi allontanavo (livida, impettita, i piedi a papera nelle ciabatte di gomma, indifesa, probabilmente ridicola), con la coda dell'occhio lo vidi. Scandiva in silenzio VITTO TI AMO, le sopracciglia alzate sopra gli occhi sgranati color ovomaltina.
Oggi fa il consulente finanziario.
Secondo la Crissi Sverzutti, che sostiene di aver frequentato con lui Economia e Commercio, è stato nell'UDC, poi nell'Italia di Mezzo, infine nel PD.
Come i migliori troll.
Se mi chiede l'amicizia accetto.
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