1.
Questo sono io.
2.
Questo sono sempre io.
3.
Anche questo sono io.
4.
Questi sono i miei. A Kislovodsk, pare. Scritta: “1952”.
5.
Miša con la palla da volley.
6.
Io con la slitta.
7.
Galja con due gattini. Scritta: “Il nostro angolo degli animali”.
8.
Il terzo da sinistra sono io.
9.
Mercato a Ufa. Scritta: “Mercato a Ufa. 1940”.
10.
Sconosciuto. Scritta: “Alla cara Ёlocka, un ricordo da М. В., Char'kov”.
11.
Questo invece è papà in pigiama e con una zappa in mano. Scritta: “Fervono i lavori”. La calligrafia è la mia.
12.
La mamma con la sarta sorda Tatjana. Sono entrambe in costume da bagno. Scritta: “Fa caldo. Estate 54”.
13.
E questo sono io in maglietta e calzoncini.
14.
Seduti:
15.
Lazutin Feliks.
16.
(E la mano di qualcuno, che scrive qualcosa su un foglietto di carta.)
17.
Golubovskij Arkadij L'vovič.
18.
(E una piccola goccia di pioggia che corre sul finestrino del vagone.)
19.
Rosalija Leonidovna.
20.
(E una piccola busta rosa caduta da una borsetta.)
21.
Košeleva Alevtina Nikitična, donna delle pulizie.
22.
(E silenziosamente si muovono le labbra dello speaker televisivo.)
23.
Il defunto A. B. Sutjagin.
24.
(E un frammento di fotografia che galleggia su un ruscello primaverile.)
25.
Gavrilin A. P., soprannominato a scuola “Tassidermista”.
26.
(E le vene gonfie sulle mani di un vecchio operaio.)
27.
Prof. Witte.
28.
(E un ombrello aperto che sbuca lentamente da sotto il ponte.)
29.
In piedi:
30.
Martem'janov I. S.
31.
E vediamo una foglia solitaria che oppone una resistenza disperata al gelido vento autunnale.
32.
E la scritta: “Che ci faccio qui?”
33.
Mogilevskaja S. Ja. e Pilipenko V. N.
34.
E vediamo sul pavimento gli anelli dorati dei capelli tagliati.
35.
E la scritta: “Ciascuno di fronte a tutti è per tutti e di tutto colpevole”.
36.
Tolkpygin G. Ja.
37.
E vediamo il viso bagnato di lacrime della giornalista italiana.
38.
E la scritta: “Sono passati tanti anni e sei rimasto lo stesso, come disse una volta un poeta di cui mi sono scordato il nome”.
39.
Ioachim Sartorius.
40.
E vediamo un fante di picche tagliato a metà su una poltrona di cuoio.
41.
E la scritta: “Qui ci sarà tutto: lo sciabordio del remo e la tenera parola 'amo' di colei che non ha ancora imparato a conquistare il re con lo sguardo”.
42.
Govendo T. Ch.
43.
E vediamo sei o forse sette pastiglie di un vivace color arancio sul palmo tremante di un bambino.
44.
E la scritta: “Così morirò. Oppure inciamperò e cadrò. La mamma aveva ragione di temere che mi sarei fatto menare per il naso”.
45.
Makeeva O. A.
46.
E vediamo la città di Bochum segnata sulla carta geografica.
47.
E la scritta: “Questo comportamento risale all'epoca in cui ai bambini era proibito disturbare e far rumore".
48.
Konotopov В. Н.
49.
E vediamo un mucchio di escrementi di cane con la traccia fresca di una ruota di bicicletta.
50.
E la scritta: "Quando sei stufo di aspettare le disgrazie nel tuo cantuccio, ricorda le impronte bagnate sul pavimento lavato di fresco".
51.
Zamesov V. N.
52.
E vediamo le dita incerte di un bimbo suonare la Trota di Schubert.
53.
E la scritta: "La pazienza e la gloria sono due sorelle, l'una all'oscuro dell'altra. Taci, nasconditi finché non verrai chiamato a combattere".
54.
E distinguiamo nella penombra il profilo di un enorme ratto che annusa il viso di un bambino addormentato.
55.
Questo sono io.
56.
Ed ecco che infine appare un grande bottone d'argento sul soprabito da viaggio di un giovane diretto al capezzale di un parente in punto di morte.
57.
E trema la pistola da duello nella mano dell'ufficiale zoppo.
58.
E trema il romanzo francese aperto a metà nella mano della giovane dama.
59.
E trema la tabacchiera d'argento nella mano del giovane pallido.
60.
E trema la croce di peltro nella mano del soldato ubriaco.
61.
E trema il grande samovar d'argento nelle mani del medico militare ubriaco.
62.
E scuote leggermente il becco lucido il grande uccello nero immobile sul busto di gesso di un'antica dea.
63.
Questo sono sempre io.
64.
Lazutin Feliks: "Grazie. Adesso devo andare".
65.
(Se ne va.)
66.
Martem'janov Igor' Stanislavovič. Novità di stagione: Raccolta di saggi di critica letteraria – М.: Sovremennik, 1987.
67.
Golubovskij Arkadij L'vovič: "Be' insomma. Penso che me ne adrò".
68.
(Se ne va.)
69.
Tolpygin Gennadij Jakovlevič. Gelido calore di gennaio: poesie e poemi. – Tula: Priokskoe, 1986.
70.
Rosalija Leonidovna: "Si è fatto tardi. Devo andare".
71.
(Se ne va.)
72.
Mogilevskaja Susanna Jankelevna, Pilipenko Vladimir Nikolaevič. Noi stiamo bene! E voi?: Antologia per alunni audiolesi delle classi 4ª-6ª. – М.: Prosveščenie, 1984.
73.
Košeleva Alevtina Nikitična, donna delle pulizie: "Oh, signore! Che cosa sto facendo? Devo andare".
74.
(Se ne va.)
75.
Sartorius Ioachim. Cerchi in lega: Romanzo / Trad. dal tedesco e postfazione di V. A. Rivkina. – М.: Nauka, 1984.
76.
Il defunto A. V. Sutjagin: "Le capita mai, Ljubočka, di sentirsi letteralmente come se tutto quello che accade a lei a attorno a lei – come quella vecchietta laggiù che cerca qualcosa nella borsa, e quel gatto che scompare dietro l'angolo – fosse l'espressione di un significato grande e segreto, e bastasse un minimo sforzo per comprenderlo all'improvviso e per sempre? Come dice, scusi?"
77.
"Niente, la sto ascoltando."
78.
"Le capita o no?"
79.
"Che cosa?"
80.
(Se ne va)
81.
Govendo Tamara Charitonovna. Questioni di poetica neoconvenzionale nelle ultime opere di James Dawson // Aktual'nyj labirint. 3. – М., 1992. – pp. 12-21.
82.
Makeeva Ol'ga Aleksandrovna. Riti calendariali delle tribù della sponda sinistra // Ibid., pp. 12-21.
83.
Konotopov Valerij Nikolaevič. Il dramma di Tomas Bauer "La vaccaia e il principe elettore". Per un'analisi dei temi principali // Ibid., pp. 12-21.
84.
Zamesov Viktor Nikolaevič. La crisi della coscienza parassitaria. Quali sono i prossimi sviluppi? // Ibid., pp. 12-21.
85.
Gavrilin A. P.: "Noi, per esempio, diciamo: ecco il rumore del vento. Non è così?"
86.
"Be', sì... "
87.
"Però a far rumore non è il vento ma ciò che sta sul suo cammino: i rami, le tegole, i camini. Ma il vento, Ljubočka, non fa rumore. Quale rumore dovrebbe fare?"
88.
"Effettivamente..."
89.
(Se ne va)
90.
Prof. Witte (da solo): "Signori! Com'è possibile? Non bastano le forze per sopravvivere a questo. Eppure io onestamente ci provo. Lo sa Iddio, io onestamente ci provo".
91.
(Scoppia a piangere.)
92.
"È sempre lei! Lei! Quella stupida borghesuccia dell'Antonina! E a cosa mi sia servito quel suo fantastico cugino, quella bestia odiosa adornata da un diploma universitario, lo sa solo Dio. Comunque credo di sapere quel che devo fare!"
93.
(Se ne va.)
94.
"Guarda. Prima bisogna strofinarlo con questa spugnetta. Guarda, adesso ti mostro. Ecco, con la spugnetta. E poi con il panno asciutto. Perché non faccia la ruggine. Capito?"
95.
(Se ne va.)
96.
"Mi hanno detto che sarebbero venuti la sera della festa. Allora ho fatto un dolce con le mele. Gli piacciono tanto le mele. Mi sono vestita e ho aspettato. Loro però mi telefonano dagli Šuster. Dicono che gli Šuster li hanno invitati da loro e che ci sono andati. E adesso? Sono scombussolata. Me ne sto qui come una stupida con il mio dolce. Allora ti ho chiamata perché ho pensato che ti andava di venire a mangiarlo, perché piace anche a te. Ma non ci sei. Ho perfino pianto un po'. È stato così triste. Vabbe', senti, non farci caso..."
97.
(Se ne va.)
98.
"Sai, io magari vado."
99.
"Dov'è che vai, scemo? L'attico è libero. C'è tutto: cuscini, coperte..."
100.
"No, no. Grazie. Devo andare. (Guarda l'orologio.) Mezzanotte e dieci. Vado".
101.
"Be', allora in bocca al lupo".
102.
(Se ne va).
103.
Questo sono io.
104.
E questa è la mattina dorata in cui il ragazzino della porta accanto scappò da un'infuriata zia Zoja.
105.
E questo sono io.
106.
E questo è il profilo semidimenticato di Laričeva Rai. I miei occhiali dalla montatura semplice. Io ho nove anni, lei dodici.
107.
E questo sono io.
108.
E queste sono le quattro parole che pronunciò Sanëk quando Koljan piegò il ferro di cavallo e non riuscì più a raddrizzarlo.
109.
E questo sono io.
110.
E questo è l'"evviva" di una bandiera rossa in una città in festa e questi sono i visi freschi delle ragazze del nostro cortile.
111.
E questo sono io.
112.
E questa è la musica dell'inno che risuonò bellissima alle sei precise. Forse qualcuno si era dimenticato di spegnere l'altoparlante.
113.
E questo sono io.
114.
E questo sono io in maglietta e calzoncini.
115.
E questo sono io in maglietta e calzoncini con una coperta sulla testa.
116.
E questo sono io in maglietta e calzoncini con una coperta sulla testa che corro su un praticello assolato.
117.
E questo sono io in maglietta e calzoncini con una coperta sulla testa che corro su un praticello assolato, insieme alla mia marmotta.
118.
Insieme alla mia marmotta.
119.
(Se ne va.)
"ЭТО Я", 1995.
Traduzione: Manuela Vittorelli.
Lev Rubinštein, nato nel 1947 a Mosca, scrive cataloghi poetici (kartoteki) su schede bibliografiche (kartočki) organizzate in sequenze numeriche: pratica che si tende far risalire al suo lavoro di bibliotecario ma che in realtà rientra elle sperimentazioni degli anni Sessanta e Settanta e che lo ha reso una delle figure centrali del movimento concettualista moscovita. Le sue poesie non esprimono una voce autoriale ma riflettono un montaggio di voci, stili e linguaggi: il poeta si ritrae dal testo, disattendendo le aspettative del lettore e abbandonandolo alle prese con citazioni e istruzioni. Spesso i suoi cataloghi si basano sulla ripetizione anaforica di una formula d'apertura che si riproduce in tutte le schede.
"Qual è per me lo scopo dei cataloghi? Innanzitutto sono una metafora materiale del mio intendere il testo come oggetto, come unità tridimensionale, e la lettura come movimento nelle profondità, rimozione e superamento sequenziale di strati, una metafora del mio intendere la lettura come sforzo, spettacolo, gioco." (Third Wave: The New Russian Poetry, 1992)
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