lunedì, novembre 17, 2008

Well I woke up this morning

La mia attività onirica bulgakoviana vi è ormai nota. Ultimamente ho chiesto un po' in giro, ché fare così tanti sogni e così strani richiede un minimo di organizzazione. Per esempio, è qualcosa che mangio o che non mangio? Vitamine in difetto o in eccesso? È il latte? Ci sono tracce di LSD nel Sensodyne? È il momento particolare della mia vita dominata da Saturno e il fatto che mai come ora sembri sceneggiata da uno a metà tra Calavera e Topo Gigio (cit. L.), cioè tra un adorabile sadico e un roditore biondo con spaventose carenze affettive?

Così ho chiesto in giro.
Solo che a chiedere in giro si ricevono le risposte più strane. Dice che questi sono sogni lucidi, che a volte capita anzi di non essere certi se si è svegli o se si sta sognando, dice che per questo ci sono perfino delle tecniche. A me queste tecniche sembrano sceme. La tecnica numero uno è abituarsi a controllare l'ora a intervalli regolari durante la giornata: così lo si farà anche durante il sogno, per accorgersi che nei sogni gli orologi fanno cose strane, e non tengono mai le lancette o i led al posto giusto. Ma chi lo porta mai, l'orologio.
La seconda tecnica è ancora più scema. Quando non si è certi se si stia sognando bisogna osservarsi le mani. Se mancano delle dita o ce ne sono d'avanzo si sogna. Grazie tante.
Questa tecnica mi sembrava così strampalata che l'ho esposta anche a M., e che vi devo dire: a noi questa roba alla Castaneda ci lascia più scettici di Focus. Del resto: mandateci a un seminario di sciamanesimo mesoamericano e dopo due ore stiamo già organizzando una corsa di fagioli salterini, un mini-torneo di Texas Hold'em o anche un banale giro di Mezcal.
E proprio a gente così devono capitare i sogni lucidi.

Fatto sta che da un po' di tempo sogno che spariscono le cose. C'è il sogno senza sale, il sogno senza carta, il sogno senza acqua.
Di sogni senza acqua ce ne sono due.
Variante uno, manca l'acqua ma fuori piove. L'acqua che piove però [inserire motivo qui: è acida, è salata, è solida] non è potabile e la sognante lucida si avvia a morte sicura.
Variante due, manca l'acqua ma piove in casa e l'acqua che piove non è potabile [inserire motivo qui: è tossica, è bollente, sembra acqua ma non lo è]; la sognante lucida anche qui si avvia a morte sicura.
In questi sogni è spesso presente mio padre, che nella vita reale è quello in grado di risolvere le cose con un cacciavite, un tronchesino, un deviatore, del nastro isolante o un po' di stucco. Ma lui nei sogni lucidi guarda in su e scuote la testa.

È l'alba e sento uno sgocciolio insistente.
Accendo la luce. Il Signor G. mi sta accucciato accanto, sveglio e con uno sguardo in cui leggo "che cazzo è", "dormo di qua perché di là c'è casino" e "sei tu il capo".
Raggiungo il soggiorno. Lo sgocciolio è sempre più forte e comincio a sentire un forte odore di muffa e umidità. Allungo la mano per accendere la lampada a soffitto. Cortocircuito. Il pavimento è bagnato, lo sgocciolio continua, sento odore di muri fradici e di incubo. Ed è buio pesto, il che significa che non posso neanche contarmi le dita delle mani.

Se fosse un sogno lucido in questo momento enterebbe tranquillo tranquillo M. armato di una delle sue battute oniriche tipo "mi dicono che qui si pescano cefali niente male" o "stellina, guarda che ti si sono arricciati i capelli".
Ma niente.
Comincio dunque a pensare di essere sveglia e nel mezzo di un dramma domestico.

Un'ora dopo ho già in mano alcune informazioni utili: l'impianto di riscaldamento dell'appartamento del piano di sopra ha deciso di scaricare il suo contenuto d'acqua su casa mia; il salvavita è scattato perché l'acqua scendeva dalla lampada a soffitto (e non so voi, ma a me il binomio acqua+elettricità sa di morte stupida; tra le cose che mi fanno paura lo metterei subito dopo gli scorpioni ma molto prima dei clown bianchi); da una metratura consistente del soffitto del soggiorno, della cucina e dello studio, e cioè di due terzi della casa, scende filtra zampilla e sgocciola tanta acqua evidentemente non potabile.

Sembra di stare in un film di Tarkovskij.

Accanto a me ci sono l'affranto vicino del piano di sopra e l'affranta sua moglie. Poco dopo si accodano mesti i vicini del piano di sotto, perché il Rio de la Plata ha raggiunto anche loro. Tutti lì, in pigiama, lividi, spettinati e con le torce in mano a prenderci gli schizzi e a chiederci quanto dureranno. Nel frattempo abbiamo chiuso l'acqua ai vicini, messo la caldaia assassina in condizioni di non nuocere e stabilito dei turni di guardia.

A quel punto arriva mio padre con un set di cacciaviti per smontaggio lampada e riattivazione corrente elettrica.

L'acqua continua a venir giù. Il pubblico è ora costituito da vicini affranti con anziana suocera al seguito, altri vicini preoccupati, signora morta, figlia della signora morta, bambina del pianoforte, bambina del flauto dolce e anche dentista del pianterreno (perché l'acqua quando si infiltra si infiltra).
Il signor G. ha conquistato un'altura (il lettore dvd) e assiste alla scena con l'aria di pensare "e a me tante storie per una pisciatina".

A quel punto riappare mio padre, questa volta armato di trapano, perché state certi che se c'è un lavoro impopolare da fare lui è pronto a farlo, anche se si tratta di bucare il soffitto. E di bucarlo più volte, visto che tra mio padre e il corso d'acqua c'è una trave che rompe i coglioni.
Una volta bucato il soffitto scendono, non per vantarci, 150 litri d'acqua, cioè sei secchiate da venticinque litri goccia più goccia meno.

Restiamo tutti incantati come davanti alle fontane di Versailles o al presepe più bagnato del mondo, a raccontarci storie di spandimenti, infiltrazioni, scarichi della lavastoviglie malamente innestati, calcare e lavatrici, trapani anarchici e tubature compiacenti.
Poi, silenzio.
Poi, la voce di mio padre: "E pensare quanto abbiamo faticato per avere l'acqua corrente in casa".

L'acqua, finalmente stanca di correre, si ferma.
Adesso c'è solo una libreria enorme da svuotare e un pavimento da asciugare. Ho passato il phon sulle stampe di Utamaro. Ho consolato il vicino affranto che tra una foto e l'altra ("per l'assicurazione") covava ormai propositi suicidi:
- Che disastro, ci vorranno mesi perché si asciughi tutto.
- Tranquillo, sono cose che si risolvono.
- E questo odore di muri bagnati, terribile.
- Ma no.
- Troppo gentile, troppo gentile! Pago tutto, danni diretti e indiretti!
- Però adesso non si metta a piangere che qua è già abbastanza umido.

Se vedete Saturno, o anche Topo Gigio, ditegli di piantarla. Col Calavera me la vedo io.

18.37.
Fortunatamente è stata una giornata serena e ventosa.
Peccato solo che faccia buio presto.
Peccato anche che - per un fenomeno meteorologico cui non mi sento di dar torto - sul soggiorno sia calata una fitta nebbia. Mia madre, che era passata per rendersi utile ("hai mica bisogno che ti lavo i vetri?"), ha appena tamponato il signor G. dopo una manovra azzardata e ora tenta la via della constatazione amichevole.

Ma io sono sorprendentemente calma.
Mi conto le dita.
Dieci.
Cazzo.

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