Putin presenta al pubblico il suo regalo
di Andrej Kolesnikov
Nel pomeriggio di giovedì si è saputo che i giornalisti del “pool governativo” erano attesi a Novo-Ogarevo per le otto di sera. Su cosa sarebbe successo neanche una parola, il che ha fatto crescere enormemente le aspettative e le ipotesi. Abbiamo ricevuto in risposta solo vaghi accenni. Ci hanno assicurato che si sarebbe trattato di un incontro informale del premier con i giornalisti, e che non si sarebbe parlato di economia. Ovviamente dopo queste parole nessuno credeva che il premier non avrebbe fatto alcuna dichiarazione su questioni economiche.
Già si sapeva che il primo ministro quella sera era atteso alla Casa Bianca per discutere della crisi finanziaria. E più il tempo passava, tanto più si rafforzava la certezza che ci aspettasse una grossa sorpresa, tanto per cambiare sgradita.
E il tempo passava sì. Siamo arrivati a Novo-Ogarevo alle sette di sera. L'incontro, come si sa, era stato fissato per le otto. Ma né alle nove né alle dieci c'era alcun indizio del fatto che il premier stesse lasciando la Casa Bianca per tornare a Novo-Ogarevo.
A quel punto le opinioni dei giornalisti, per usare un eufemismo, divergevano ormai ampiamente. Si era già formata una scuola di pensiero secondo la quale per parlare di economia era effettivamente troppo tardi, perché a quell'ora nessuno guarda più la televisione e i giornali hanno già chiuso le pagine. Dunque si sarebbe parlato di altro.
C'è stato chi ha ipotizzato che il labrador Koni avesse partorito. Ho parlato con un tizio che non si vantava delle sue informazioni e anzi sembrava volerle tenere più o meno per sé, ma che ha comunque raccontato che secondo lui il premier per il suo compleanno (che si festeggia il 7 ottobre) aveva ricevuto in regalo un'automobile e che voleva presentarla alla stampa. Quel giornalista ha perfino scritto sul suo bloc notes “auto” e “regalo” e ci ha aggiunto l'ora in cui aveva espresso quella geniale ipotesi, così che poi, quando si fosse avverata, nessuno potesse incolparlo di non aver detto nulla.
Mi sorprendeva soprattuto la sicurezza con la quale il giornalista, che pretendeva di conoscere e perfino di sapere cosa pensasse il premier, si è messo a scommettere “qualsiasi cosa” con un altro giornalista: se Vladimir Putin ci avesse mostrato un'automobile lui avrebbe vinto, in tutti gli altri casi avrebbe perso. Insomma, era disposto a mettersi in una posizione scomoda a priori, tanto era convinto di averci azzeccato.
Si è sparsa la voce che il premier ci avrebbe aspettati sulla piattaforma di atterraggio per gli elicotteri. Così è spuntata la convinzione che gli avessero regalato un elicottero.
Ma alle undici di sera l'ottimismo era ormai svanito. È prevalsa nuovamente l'ipotesi di qualche importante dichiarazione. Ci avevano assicurato già due volte che il premier stava arrivando, e due volte che era ancora alla Casa Bianca. Di certo stava limando il discorso.
Pochi pensavano che ci avrebbe comunicato le sue dimissioni. Un primo ministro non può mica lasciare in balia del fato il suo paese in un momento di crisi. Ma a mezzanotte ormai non si poteva più escludere nulla.
Tanto più che l'incontro è stato a un tratto spostato in un altro edificio della residenza, e quando sono state sistemate le telecamere, i fotografi si sono inginocchiati sul pavimento e i giornalisti della carta stampata si sono stretti nello spazio restante, nella stanza si è imposta un'atmosfera di tale solennità che sotto il suo peso solo una cosa si desiderava: sapere che anche tu eri una piccola parte di quel grande paese, la Federazione Russia, e che proprio tu saresti stato tra i pochi a sapere quello che sarebbe successo a questo paese ormai il mattino dopo. E tutti noi eravamo spossati da questa consapevolezza, o non consapevolezza. E resistevamo come potevamo.
Il premier ha fatto il suo ingresso nella stanza a mezzanotte e mezza. Indossava una giacca marrone e dei jeans, e io ho pensato: non si fanno discorsi sullo stato della nazione vestiti così (a meno che non si tratti in effetti di annunciare le proprie dimissioni).
Ha cominciato a parlare, e io mi sono detto: no, comunque non ne verrà niente di buono.
- Non mi aspettavo, - ha detto Vladimir Putin, - che ci fossero tante telecamere. Ma vabbe'... Con alcuni di voi lavoro ormai da molto tempo, con altri da meno... Comunque voglio dire...
Io già mi immaginavo i titoli dei giornali: russi, occidentali, orientali... Mi è sembrato che il paese stesse già sussultando.
Almeno ero presente a un fatto di portata storica.
- Vi prego di non fare rumore, di non urlare, di non strillare... - il premier ha poi continuato dopo una breve pausa. - È una misura di carattere personale. Prego, accomodiamoci nella stanza accanto.
Per qualche motivo aveva deciso di continuare il suo discorso nella stanza accanto. Perché? Come saperlo? Avrà avuto le sue ragioni. Siamo entrati nella stanza accanto. E ho visto il tigrotto. Se ne stava così, dentro due ceste col fondo piatto. Era piccolo. Ha voltato il capo nella nostra direzione e io ho pensato: Vladimir Putin resta.
Si è inginocchiato accanto al tigrotto (che poi si è rivelata una tigrotta) e ha cominciato ad accarezzarlo. Lo faceva con grande attenzione e ha consigliato a tutti di fare lo stesso. Non ce n'erano tanti, che avevano voglia di accarezzare la bestiola. Si è saputo che aveva due mesi e mezzo, che era un regalo (comunque un regalo, allora) di compleanno e che aveva appena mangiato due chili di carne e per questo era così tranquilla. Tutti i tentativi di sapere chi fosse l'autore del regalo si sono infranti contro la sua sovrumana benevolenza...
- Da dove viene? - ha ripetuto la domanda Vladimir Putin.- Dalla Russia. È cittadina russa.
- Vivrà con lei?
- Deve vivere in condizioni normali. Così la metteremo in un ottimo zoo.
Ho pensato che per un tigrotto difficilmente uno zoo rappresenta delle condizioni normali. A meno che non sia nato in uno zoo.
La tigrotta è rimasta sorprendentemente tranquilla. Mi sono chiesto se non l'avessero un po' sedata. Ma il signor Putin ha reagito con indignazione alla domanda.
A quel punto le luci delle telecamere hanno abbagliato la tigre, che ha cominciato a soffiare.
- Un po' più attenti, - ha detto il premier.
Ho pensato che si preoccupasse per i giornalisti.
- Poi si spaventa e scappa, - ha continuato Vladimir Putin.
- Se si spaventa, noi scappiamo più veloci di lei, - ho buttato lì io.
I giornalisti hanno cominciato a suggerire nomi per la tigrotta, tra cui Mašen'ka e Alenka.
- Sì, Mašen'ka, - si è rallegrato il signor Putin. - Ieri mi hanno suggerito proprio questo nome!
Non riusciva a staccarsi da lei e continuava ad accarezzarla e accarezzarla...
In quelle sei ore uno di noi aveva fatto una scommessa e adesso pensava che doveva pagarla, e ha perfino detto che era pronto ad andare fino in fondo.
Gli altri semplicemente guardavano la tigre. Vladimir Putin voleva semplicemente mostrarla al pubblico. Tutto lì. Non c'erano stati grandi sconvolgimenti. Ma avrebbero potuto essercene. Di ogni tipo. E soprattutto nessuno se ne sarebbe meravigliato. L'attuale momento politico ed economico è tale che tutti sono pronti a qualsiasi svolta degli eventi.
Tranne, forse, che a vedere in uno degli uffici di Vladimir Putin una tigre dell'Amur.
Fonte: Kommersant' (RUS)
Originale pubblicato l'11 ottobre 2008
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