"Humor is laughing at what you haven't got when you ought to have it".
Langston Hughes
– E chi abbiamo qui?
Sua madre la spinge un po' avanti e dice: Manuela.
E aggiunge:
– Questa bambina è stata iscritta all'asilo, ma non l'ha frequentato molto, non voleva andarci.
"Questa bambina". Tanto valeva farsi accompagnare da Antonia, almeno lei avrebbe detto "Mia nevòde, signor maestro. No asilo".
– Non è stata all'asilo.
– Però ha imparato a leggere e a scrivere bene.
– Manolita, ti piace leggere?
Alza lo sguardo e trova due occhi serissimi che lo stanno fissando da un po'.
"Manolita".
– Abbastanzino.
All'ospedale, dopo l'operazione alle tonsille. Le ha portato il quaderno giallo, lo sfogliano insieme.
– E cos'è questa, una pantegana.
– È un topo, i tuoi compagni si esercitano sulle T. Te l'ho disegnato io, così sai quello che stiamo facendo.
– Mi piace.
– Non preoccuparti, per i compiti.
– Perché devo stare qua?
– Anemia, febbre.
– I globuli bianchi si sono mangiati i globuli rossi, dice la suora.
– Diciamo così.
– Io pensavo che vincessero sempre quelli rossi.
– Quasi sempre.
– Ah, bòn.
– Ma non dirlo alla suora.
I singhiozzi lunghi dei violini d'autunno sono Verlaine, le anime profonde come fiumi Langston Hughes. Però lo scoprirà anni dopo, che è Hughes quello che il maestro legge loro in prima elementare.
– Piace, Manolita?
Lei abbassa lo sguardo, sporge il labbro inferiore, piega gli angoli della bocca all'ingiù.
– Abbastanzino.
Vorrebbe dire: moltissimo.
– Scrivo sul registro: 'La bambina ostenta indifferenza'.
– La vedete questa frase? 'Non mi piace il gelato'. Questa è una negativa. Invece la frase 'Mi piace il gelato' che cos'è? Su, bimbotti, metto in palio un cono con due palline.
– È una positiva.
Si ferma con il gessetto a mezz'aria.
– È un'affermativa. Però il gelato te lo sei guadagnato.
– Hai dato alla mamma la foto della classe?
– Sì.
– Piaciuta?
– Dice che forse dovevo sorridere.
– E tu?
– Era meglio se sorridevo, ma mi sono dimenticata.
– Ma no, sei bella.
– Avevo le scarpe rosse.
– E allora?
– Pizzicavano i piedi.
Lo rivede per caso una mattina di luglio, al mercato coperto, durante le prime legittime vacanze scolastiche della sua vita. Le ricorda che hanno un gelato in sospeso. Mentre lecca il cono fragola-vaniglia lo sente chiacchierare con Antonia e la mamma di villeggiatura, di perturbazioni e del Colonnello Bernacca. Ascolta distrattamente, il gelato le sta già sgocciolando sulla mano.
– Si invecchia, care signore. L'altro giorno su un sentiero mi è mancato il respiro.
– Ma no, è in forma!
Antonia con una mano fa dondolare la borsa della spesa e con l'altra si accarezza i capelli sfiorandoli appena. Un'idea benedetta, dormire con i bigodini.
– Abbronzato, dimagrito.
– Lei è uno sportivo, signor maestro.
Lui incrocia il suo sguardo serio – si è dimenticata di sorridere – e una domanda senza punto interrogativo:
– Ma adesso sta bene.
– Abbastanzino – dice lui.
Ridono. Lei no, è impegnata a leccarsi il polso appiccicoso.
L'autunno qui è già stato nominato con i violini singhiozzanti di Verlaine, e non ritornerà. Lo stesso vale per la febbre e per i letti d'ospedale. Non c'è posto per la supplente – la sciocca maestra Wanda – e per le sue rime sulla pioggerellina di marzo che picchia argentina, né per il telefono che squilla un pomeriggio di novembre (la nonna corre, scivola in curva, ride, solleva la cornetta, urla "Pronto!", poi allunga la cornetta alla mamma).
Ha cominciato a trovarsi bella, in quella prima foto di classe in cui fissa l'obiettivo senza sorridere e tiene i pugni chiusi sulle ginocchia, ostaggio preoccupato di un paio di scarpe strette.
Ora usa regolarmente i punti interrogativi e nelle fotografie sa fare la faccia simpatica. Ha nomi e soprannomi in abbondanza ma non ha più lasciato che la chiamassero Manolita, anche se ormai difficilmente a qualcuno potrebbe venire in mente di farlo.
A volte le capita di pensare che forse lo permetterebbe, anche solo per un giorno, in cambio di una poesia o di un gelato.
Oggi, per esempio: oggi lo pensa.
Tutto quello di cui ha bisogno adesso è un paio di scarpe strette.
Ha imparato a ridere di quello che non ha.
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