– Antonia, se non stai un po' zitta finisce che ti ammazzo.
– Perfino!
– Ai parenti dico che sei tornata nella tua Lovadina.
– Ah, caro mio...
– Invece ti ammazzo qua in cucina, scavo un buco e ti ci butto dentro.
– E dopo ti tocca cambiare tutte le piastrelle.
Le discussioni tra mio padre e la nonna finivano immancabilmente con un proposito di omicidio e si arenavano sulle piastrelle scompagnate. Io li fissavo con un'espressione di bovino stupore, la mamma lasciava la stanza in lacrime e le zie seguivano tutto con il binocolo dalla casa vicina.
– Mamma, ma papà non ammazza davvero la nonna, no?
– No, sono due stupidi.
– Perché poi quando vengono la Claudia e la Raffaella se ne accorgono, se c'è qualcosa che non va con il pavimento. E le zie? Poi deve ammazzare anche le zie, e non abbiamo una casa tanto grande.
– Non le ammazza, le zie.
– Che strano, poi. Ci sono la legnaia e il sottoscala. Perché vuole seppellirla proprio in cucina?
– Non stare ad ascoltare quello che dice tuo padre.
Era l'agosto del 1973, e il babbo aveva due ossessioni: la Nonna Morta Sotto Il Pavimento (o Almeno Zitta) e La Grande Trota. Per quest'ultima sentiva di essere vicino a una soluzione. Da circa tre mesi all'imbrunire andava a fare la posta alla marmorata gigante che il suo amico d'infanzia Gianni, a tutti noto come Tarzan per lo stile di vita alternativo, diceva di aver intravisto nell'Isonzo dalle parti della Centrale Elettrica.
Con le ferie l'attività di vigilanza si era intensificata: il babbo partiva di buon mattino lasciandosi alle spalle una scia di Autan e di ottimismo, tornava a pranzo (il tempo di litigare con la nonna) e poi si riappostava fino a sera. Dopo una settimana di pesca intensiva aveva già cominciato a stabilire un legame empatico con il pesce ("pensa da trota, sii la trota"), peraltro senza averlo mai visto.
Antonia era scettica.
– Magari non esiste!
– Esiste.
– Magari non la sai pescare. Fa' veder l'esca.
– No.
– Fa' veder l'esca, mica te la mangio!
– Antonia, se non stai zitta...
– Allora chiedo all'Aldo.
– Antonia!
L'Aldo era il vicino vagamente imitativo, pescatore dilettante e sprovveduto, sempre alla ricerca di consigli che non sarebbe mai riuscito a mettere a frutto. Papà ci aveva imposto il silenzio stampa sulla Grande Trota: voleva evitare di trovarsi accanto Aldo con il suo entusiasmo da neofita proprio mentre "pensava da trota" fissando in silenzio il galleggiante.
– Ciao, papà è uscito?
– Per quanto mi consta...
– A pescare?
– No, no.
– A far esca?
– Forse...
– Progressi con il pesce?
– No eh be'...
– C'è la mamma?
– No.
– La nonna?
– Buongiorno signor Aldo!
– Signora, cosa mi dice di suo genero?
– Tanto una brava persona, mio genero.
– Sa se va a pescare, oggi?
– Ne so, di cose...
– Nonna!
– Sul pesce?
– Ah, no, sul pesce non so niente, arrivederla!
Accadde un pomeriggio. Papà pensava da trota, mamma era uscita a fare la spesa, io leggevo un libro e Antonia si stava curando il mal di testa con l'Optalidon e una pezza bagnata sulla fronte.
– Omadonna mi sa che mi gira la testa.
– Nonna!
– Mi stendo per terra solo un momento.
– Chiamo le zie?
– No no, adesso faccio un pisolino.
Poco dopo la mamma aprì la porta di casa, entrò in salotto e trovò me che vegliavo quella che le sembrò la salma di sua madre. Antonia morta davanti alla bambina e suo marito a fissare un galleggiante: ebbe la presenza di spirito di rimandare lo svenimento, di cacciare indietro le lacrime e di chiamare un'ambulanza. In un secondo momento si rese conto che Antonia respirava ancora. O meglio rantolava. O meglio, come si sarebbe chiarito in seguito, russava.
Quella sera papà tornò con la Trota - una marmorata di 14 chili - e una lieve tachicardia. Non potevo crederci.
– Papà!
– Vedi che c'era. Dov'è la mamma?
– All'ospedale con la nonna.
Mettiamoci nei panni di quest'uomo e delle sue coronarie: La Grande Trota tra le braccia e la Suocera all'Ospedale, nello stesso giorno. Sembrava quasi che il silenzio improvviso lo intimidisse. Per fortuna in quel momento qualcuno si attaccò al campanello del portone: Aldo.
Risultò che la nonna aveva esagerato con gli Optalidon. In seguito ebbe anche una reazione allergica che le fece gonfiare le labbra. Fu così che la vidi la mattina dopo, quando entrai correndo nella camerata e mi fermai incespicando davanti al suo letto:
– Nonna, l'ha presa, l'ha presa!
– La Tfota!
– 14 chili. Cos'hai alla bocca.
– Feazione allefgica. Che paufa che go ciapà, Mafìa Vefgine.
Vista così, con la camicia da notte bianca, la nuvoletta di capelli grigi, gli occhi velati, la pelle lentigginosa e le labbra gonfie, Antonia sembrava pure lei un pesce, ma di una specie antichissima e ormai estinta, un fossile vivente. Dovette pensarlo anche il babbo, che rimase a guardarla a distanza prima di avvicinarsi.
– Allofa tanti complimenti per la tfota.
– L'esca era quella giusta.
– O il pesce efa stanco.
– Anche.
– Ti pensavi che mofivo.
– Avevo già scavato il buco in cucina.
Di quel giorno resta una foto, che chiameremo il Baffo e la Bestia. Lui esibisce una camicia caki con le maniche arrotolate, blue jeans a zampa d'elefante con i taschini applicati sul davanti e chiusi da una zip, sandali di cuoio marrone, occhiali da sole con lenti fumè, caratteristica calvizie, baffi generosi, basette lunghe e un innaturale pallore da extrasistole. Sembra uscito da un film di Fernando di Leo, potrebbe essere il poliziotto in borghese ma anche il pregiudicato con precedenti per furto con scasso e ricettazione. E poi c'è lei, enorme, pesante. La Grande Trota stanca di correre.
La foto è miracolosamente a fuoco, ad Aldo per l'emozione tremavano le mani.
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