venerdì, febbraio 20, 2009

Un fantasma si aggira per l'Eurasia: Eurovision

È febbraio, e nell'Est vicino è tempo di Eurovision. A me non dispiace soprattutto per la declinazione disinvolta della lingua inglese, per l'uso del pentagramma come arma non convenzionale e per le sobrie coreografie. Ultimamente c'è anche il tafferuglio politico.

Due anni fa c'era Vera Serdjučka con la sua allusiva "Tanzing" (Laša Tumbai/Russia Goodbye).
L'anno scorso ha vinto il russo Dima Bilan, convincendoci una volta per tutte dell'esistenza degli addominali bassi. E niente politica, mi pare.
Quest'anno l'edizione si tiene a Mosca.
A causa della recente guerra nel Caucaso, la Georgia aveva inizialmente deciso di boicottare.
Poi ha cambiato idea. Infine ha scelto di farsi rappresentare musicalmente da Stefane and 3G (3G sta per 3 girls, sennò non mi dormite la notte), con una canzone dal titolo un po' controverso, "We don't wanna put in", che fa:

We don't wanna put in/The negative move/It's killing the groove.

Put in, Putin, We don't wanna Putin.

E adesso? Adesso rissa, forse.

Io un po' mi annoio.

Ma è febbraio, lo spazio eurasiatico si infantilizza causa canzonette e io non posso farci niente.
"Chi controlla l'Europa Orientale comanda l'Heartland: chi controlla l'Heartland comanda l'Isola-Mondo: chi controlla l'Isola-Mondo comanda il mondo", scrisse Mackinder.
Che comunque non conosceva i Boney M.

Vi metto il video così potete provare la coreografia:

mercoledì, febbraio 18, 2009

Grande Concorso Completa la Frase!

La frase di oggi è:

"... trova una sorta di fondamento scientifico in una ricerca condotta da psicologi dell'Università di Princeton (Usa)".

Aiutino: uomini, cervello, corteccia, succinti.

Salute your solution:
"Basta un bikini e la donna diventa una 'cosa'. Lo slogan della donna 'oggetto' trova una sorta di fondamento scientifico in una ricerca condotta da psicologi dell'Università di Princeton (Usa).
[...]
La ricerca è stata condotta realizzando una serie di risonanze magnetiche al cervello degli uomini scelti come volontari, nel momento in cui venivano loro sottoposte immagini di donne vestite in abiti succinti. Le parti del cervello che entravano in attività erano quelle generalmente associate alla corteccia premotoria, che si attiva quando si ha la visione di oggetti, quali una casa, una macchina e così via".

E così via.

Donna in bikini, uomo in tilt - il cervello vede solo un oggetto

Così io penso bene di mandare a M. questo link che potrebbe risolvere il nostro problema del costume da bagno. Poi lo dico al nostro consulente (eddie) e lui mi risponde che forse era meglio se prima chiedevo consiglio a lui, che era meglio mandargli solo lo stralcio del capoverso finale, dove dice che le donne interagiscono comunque anche se l'uomo è in costume da bagno, "così, per dare un tocco di scientificità al tutto e rassicurare sulle intenzioni".
Secondo me non gli piace il verbo interagiscono, dico io.
Secondo me interagiscono gli piace, ma solo perché non lo riguarda direttamente, dice lui.
Nel frattempo arriva una secca risposta alla mia mail: non risolve per nulla il problema, anzi.
Niente ciao, niente bacio, niente abbraccio. Neanche una virile stretta di mano.
Va bene, comunque c'è tempo. E in ogni caso esistono anche le mute da sub.
Resta il fatto che ho un consulente fantastico.

lunedì, febbraio 16, 2009

Dove vanno le fobie

Sono le undici di sera di sabato e io dovrei avere già spento tutto. Solo che mi ero registrata un Maradona pensando che fosse quello di Kusturica e invece era solo quello di Marco Risi, e chiedo scusa ma Maradona+Kusturica è una cosa e Maradona+Risi un'altra, dunque metto a posto una traduzione, controllo la posta e decido che l'invenzione di una vita privata può cominciare anche lunedì.

Dopotutto le mail di Tlaxcala continuano ad arrivare, perché lì c'è sempre qualcuno sveglio, magari perché nel suo emisfero è mattina o magari perché fa le ore piccole a sistemare i diacritici o a tentare di capire come mai la ǧ turca continui a mutare in una ð islandese.

Tlaxcala mi rassicura perché è piena di gente come me e perché posso andare a dormire sapendo che c'è qualcuno sveglio. Come quando sto in una stanza d'albergo in una città che non conosco, e fuori della finestra c'è gente che fa casino e posso assopirmi. Lo so, gli altri di solito vogliono le camere tranquille, lo scrivono nella mail della prenotazione sotto richieste particolari insieme a non fumatori o piani alti, ma a me va di sapere che c'è gente ancora sveglia. Poi io ricambio, perché mi piace fare le ore piccole, mi piace tornare a casa zigzagando per strade deserte con i semafori che lampeggiano, prendendomi tutte le precedenze, incrociando autobus con la scritta deposito e taxi liberi e camion della spazzatura e metronotte e ciclisti ansanti e solitari. E mentre torno a casa mi immagino quelli che dormono tutti caldi di sonno e un po' sudati, le tapparelle abbassate, le finestre chiuse, e penso "dormite, dai, che se succede qualcosa vi sveglio io". E non so cosa possa essere quel qualcosa.

Dubito che se vedessi un meteorite tuffarsi al largo di Barcola avrei il coraggio di attaccarmi ai citofoni, ma magari sì. Forse dipende dalla grandezza del meteorite.

E così sono lì che controllo la posta un'ultima volta e trovo la mail di M., spedita non dalla casella intestata al personaggio di fantasia ma da quella con il nome vero e il cognome finto da mestiere d'artista. Nella mail c'è soltanto un link e la scritta "Qui". Io prima di aprire ci passo sempre sopra
il mouse, e passandoci sopra il mouse vedo scritto scorpionithailandesi barra scorpionithailandesi.
E tutti noi sappiamo cosa significa una cosa del genere in una Gallery di Repubblica.
E però clicco.
In effetti c'è la faccia di una signora con degli scorpioni neri e molto grandi che ci camminano sopra.
Guardo.

L'ultima volta che mi sono imbattuta in uno scorpione è stata a settembre, quando sono scesa in cantina a prendere una bottiglia di refosco: era piccolo, beige e spiaccicato sul pavimento, un misero graffito, una rappresentazione grafica di artopode, un fossile. Però mi sono spaventata lo stesso, tanto che ho risalito le scale di corsa e ho perfino cercato di entrare nell'appartamento sbagliato. I vicini erano in casa e mi hanno aperto. Stavo abbracciata a una bottiglia di refosco del cividalese e avevo apparentemente smesso di respirare. Come si fa a spiegare.

Dunque ci sono io, c'è il monitor del computer e c'è questa donna con scorpioni molto grandi, nerissimi lucidi e muscolosi che fanno free climbing sulla sua faccia.
E mi spavento? Comincio a dondolare avanti e indietro emettendo un sibilo di terrore? Tento di forzare serrature altrui? Svengo e sbatto la testa? No.
Non che siano belli da vedere. Anzi, sono brutti. Però hanno delle dimensioni da animali da compagnia. È gente che potrebbe starsene a guinzaglio, disporre di una propria ciotola con il nome ("Thor" o "Siegfried"), avere una parvenza di vita sociale, scodinzolare allegra, acciambellarsi in una cuccia, sgranocchiare vitamine, grattarsi, riportare frisbee.
Mi fanno solo schifo e non più orrore metafisico.

Dove vanno, le fobie, quando si esauriscono?
Posso aspettarmi che trovino una porta socchiusa tra le pieghe del mio cervello e finiscano da un'altra parte?
E se mentre sbrino il freezer resto paralizzata davanti a un cubetto di ghiaccio? O improvvisamente mi mettono a disagio i fiori di ciliegio? Le stampe cinesi? Le pesche pelose? Le foto di Miguel Bosè? I cognomi di musicisti? La salsa rosa? I fagioli salterini?
...

E se adesso mi innamoro di un clown bianco?

sabato, febbraio 14, 2009

Tendenza osmizza

Vogliamo forse la spiegazione lunga, personale e complicata?
No.
Vogliamo passare a un kul't ličnosti biondistico, prossima fermata "esprimi il tuo pensiero in 168 caratteri"?
No.
Allora.
Per salvaguardare la sovranità kargicosa e il mio diritto a respirare normalmente, cosa ci sembra di un regime dei commenti a osmizza*, stagionale con sfumature abusive?

Riecco dunque a voi sani e salvi, vivi e vegeti, dispettosi, paffuti e insopportabili come sempre: Srečko, Pivo, Punze, Rado, Valdo, Battista e Torqueano, haloniomi a vostro servizio.

*luogo privato nel quale per periodi limitati - originariamente otto (sloveno osem) giorni - si può vendere vino e altri prodotti di produzione propria. È anche detto frasca, perché la sua presenza è segnalata da un fascio di ramoscelli posto lungo la strada, oppure (a Gorizia) semplicemente privata, privada. Un tempo ci si andava solo a bere vino, portandosi il cibo da casa (tipicamente salumi e l'immancabile ovo sodo).

venerdì, febbraio 13, 2009

G dolci

- Su certe rivistine musicali di allora si toccavano anche certe tematiche.
- Tipo?
- Ma tipo sconfinamenti nel transgender, che per i tempi erano abbastanza audaci.
- Che?
- Eh?
- Ho sempre pensato che la g di gender fosse dura.
- Ghender? Gheeeender?
- Sì.
- Moooghen, Herr Gheeeender, vii gheeen ziii?
- E invece?
- Dolce.
- Altri esempi di g dolce davanti a e più consonante, vediamo.
- Gentle?
- Geriatrics?
- ...
- Ahia! Mi hai fatto male.
- Comunque sempre g dolce, come in gerontophile.

giovedì, febbraio 12, 2009

VVP, DAM e l'attacco psichico

Un giorno Vladimir Vladimirovič™ Putin sedeva nel suo studio e osservava pensoso il grande tavolo premierale. Sul tavolo era posato un piccolo paniere che conteneva due banconote, una del valore di un dollaro e l'altra del valore di un euro.
A un tratto le imponenti porte dello studio di Vladimir Vladimirovič si spalancarono e fece il suo ingresso il Presidente della Federazione Russa Dmitrij Anatol'evič Medvedev, tutto arruffato.
- Ciao bratello, - disse il Presidente, - Cos'è che fai?
- Ecco qua, - disse Vladimir Vladimirovič™, - esamino il paniere valutario. Compra, dai.
- Quanto? - domandò prontamente Dmitrij Anatol'evič.
- Cento rubli, - rispose Vladimir Vladimirovič™.
- Andata, - annuì Dmitrij Anatol'evič, pescando dalla tasca il portamonete.
- Ma?… - esclamò sorpreso Vladimir Vladimirovič™, - Cos'è che hai lì, un portamonete?!
- Un portamonete, sì - annuì il Presidente, - Perché?
- Fai vedere, - disse Vladimir Vladimirovič™, - Non ne vedevo uno da così tanto tempo….
Il Presidente si strinse nelle spalle e tese a Vladimir Vladimirovič™ il suo portamonete.
- Come mai sei tutto spettinato? - domandò Vladimir Vladimirovič™, contando avidamente le banconote nel portamonete del Presidente.
- Ah, con Obama abbiamo giocato, - rispose Dmitrij Anatol'evič, - E non siamo neanche andati a dormire.
- In che senso avete giocato? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Allora Obama mi telefona, no, - raccontò Dmitrij Anatol'evič, - E mi fa “Dima, cosa stai facendo?” e io “Ma niente”. E lui fa “Niente anch'io. Fa' conto, sono appena diventato Presidente e non capisco ancora cosa devo fare”. “Pensa che io sono Presidente da un anno e neanch'io so ancora cosa fare”, gli dico io.
- E poi si meravigliano della crisi mondiale... - brontolò Vladimir Vladimirovič™.
- Be', e allora, - continuò Dmitrij Anatol'evič senza prestare attenzione al commento di Vladimir Vladimirovič™, - Ci siamo messi a inventarci qualcosa da fare. A un certo punto lui fa “Dai, giochiamo con i satelliti”. “Dai”, dico io. Ci siamo messi ai pulpiti di comando e abbiamo cominciato a giocare. Gioca che ti gioca, noia. Allora abbiamo puntato i satelliti l'uno contro l'altro e siamo passati all'attacco psichico.
- Che attacco, scusa? - Vladimir Vladimirovič™ non capiva.
- Psichico, - ripeté il Presidente, - Be', tipo chi cede prima. Chi torna indietro.
- E chi ha ceduto prima? - domandò Vladimir Vladimirovič™.
- Nessuno, - rispose Dmitrij Anatol'evič arrossendo leggermente, - Non ha ceduto nessuno dei due.
Vladimir Vladimirovič™ fissò il Presidente con un certo stupore.

Origiale: vladimir.vladimirovich.ru

mercoledì, febbraio 11, 2009

Cartine mute

Prendiamo l'esempio del Kargicosastan, il fantastaterello dell'Asia Centrale (circa) che ha recentemente dichiarato la propria indipendenza inscenando una rivoluzione iridata (anche detta dei fiori di campo) pur di attingere alle generose sovvenzioni del Congresso americano. Ma sì, il Kargicosastan, quello con la rima oliva/piva nell'inno nazionale. Sì?

Mettiamo che questo Kargicosastan avesse delle relazioni bilaterali con un altro paese, ma che per una serie di motivi (incompatibilità di interessi strategici, rotte energetiche divergenti, linee di politica estera inconciliabili, senza tener conto del fatto che nel grande gioco e sullo scacchiere geostrategico al Kargicosastan manca più di qualche pedina) abbia deciso da tempo di troncarle pacificamente.
Mettiamo che questo altro paese tenda a imporre protocolli di amicizia tra i popoli che per il Kargicosastan non hanno senso né utilità.

Mettiamo anche che il Kargicosastan abbia messo al lavoro le menti migliori della sua comunità strategica per uscire da questa situazione che ne minaccia la sovranità ma soprattutto il pacifico godimento della quarta rivoluzione Blu-ray, e che le menti migliori gli abbiano suggerito di mantenere il basso profilo.

Va tenuto conto del fatto che il Kargicosastan non è favorevole alla soluzione militare dei conflitti, anche perché ha deciso di sputtanarsi gli armamenti ricevuti in dono dal Congresso degli Stati Uniti convertendoli in moneta sonante, videogiochi, scaffali, letti semimatrimoniali per Stati amici in difficoltà e testine di Lenin che piangono lacrime bianche come le navi nel porto di Arcangelo.

Però adesso vorrebbe tanto dire: va bene basso profilo, va bene non turbare nessuno.
Però basta.
Su questo è anche disposto a perdere la guerra di propaganda, non fa niente.

Noi non vogliamo attaccarvi. Noi non vogliamo farvi la guerra. Noi non vogliamo spedire la nostra flotta a manovrare al largo delle vostre coste. Noi non abbiamo una flotta.
Noi vogliamo solo che prendiate le carte geografiche della regione, che dipingiate il Kargicosastan di un colore a vostra scelta e che sopra ci scriviate:

"ALTRI".

[1. La mappa, "Terminology", è di xkcd ("a proposito, sono solo io o il Giappone e la Nuova Zelanda si somigliano in modo sospetto? Qualcuno li ha mai visti a una festa insieme?"). Cliccate per ingrandire.
2. Io sono il vostro unico grado di separazione da una serie di minerali, vegetali e animali che meno sapete e meglio è, comunque il visto per gli Stati Uniti se fossi in voi non lo chiederei.
3. Se sentite il Manuel, ditegli che giovedì è domani; perché quello c'ha una testa. Bellissima, ma una testa.
4. Dimenticavo: mi sa che Uitanubi ormai si merita un editore].

lunedì, febbraio 09, 2009

Carne pendula

Serie "We read Spazio Azzurro so you don't have to":

Hitler, almeno
Un decreto, nessuna sentenza in giudicato, il garante addirittura li approva e li difende! Nemmeno Hitler si e' spinto cosi' lui usava il gas per uccidere non la se

Luminari
Ma di Celentano, Jannacci e tutti i medici e luminari d'accordo con Berlusconi non parla o scrive nessuno? solo quando danno ragione alla sinistra??

Masso di carne
GUARDATE IN TV COME SI PRESENTA QUEL MASSO DI CARNE CHIAMATO KEBAB SU RAI 2 CHI CUCINA LA PORCHETTA HA UNA BACHECA CHE RIPARA LA POLVERE DALLA CARNE MENTRE IL KEBAB è

Box
ci vuole un atto scritto dal notaio per vendere un box, ma per essere fatti fuori bastano un paio di testimoni ben indottrinati e sei fregato.

Tipo
trasmisioni RAI Speso mi domando come si puo' assistere inermmi a cio' che vediamo sui canali RAI ed in particolarmodo a trasmissioni tipo annozero e ballaro ecc

Toppa nei topici
Già nel '56 Napolitano si schierò in favore della sanguinosa invasione sovietica dell'Ungheria, che costò diverse migliaia di morti. Nei momenti topici toppa sempre.

Scusate
E pensere che ero fiero di essere un membro del partito Silvio deludermi a scusate sono un precario

Ponte
Bene ha fatto ieri il presidente Berlusconi a menzionare tra le grandi opere anche il Ponte: PONTE PONTE PONTE PONTE PONTE PONTE

Attenzione
ATTENZIONE A NON AMMALARSI PERCHE' I SINISTRI CI ELIMINERANNO

Pacco
GUADAGNANO UN PACCO DI SOLDI ,FREQUENTANO I LUOGHI PIU' IN" NON SI FANNO MANCARE NULLA ,E' TUTTO QUESTO CON IL SUDORE DELLA GENTE CHE LAVORA . "ASSURDO"

Falsi
Toyota in perdita di 3 miliardi,Sky/Fox in perdita,produttori memorie flash(chiavette usb) in perdita.Tutti dati falsi! Truccano i conti! Vogliono aiuti statali!

Al naturale
caro Presidente:senza trapianto e con i tuoi capelli al naturale ci piaceresti ancora di più, importante è il tuo pensiero e le azioni di GOVERNO.

Carne che penzola
IL KEBEB NON è IGIENICO QUELLA CARNE CHE PENZOLA SENZA ALCUNA PROTEZIONE IGIENICA A NOI ITALIANI CON LE NS LEGGI SULL'IGIENE NON SAREBBE PERMESSO DI APRIRE SENZA NESS

Mai
silvio non lasciare mai la politica

venerdì, febbraio 06, 2009

Una bella società

Per la serie "we read Spazio Azzurro so you don't have to":

La schedatura rende liberi

per i bambini Rom, se conosciamo chi sono, quanti sono, dove sono, di cosa soffrono possiamo aiutarli… se li lasciamo allo sbando come ora no

Bidibodibù
Sarebbe giusto che gli sgravi fiscali siano applicati anche in altri settori come quello dei materassi e di beni importanti per la salute.

Assassini di diabetici
Morte agli innocenti gravemente malati e onore e lustro agli assassini, terroristi, mamme che ammazzano le figlie diabetiche e via così è una bella società???

Nordest
ANCHE SE NON VIENE DETTO AL TG O RADIOG NUMEROSI SONO I CASI NEL NORDEST DI STRANIERI DI OGNI ETNIA CHE COMPIONO ATTI DI AGGRESSIONE VIOLENZA SIA RESO NOTO A CHI CONTI

Tutti, con violenza
UN ALTRA BANDA RUMENA CHE AGGREDIVA NEL BRESCIANO TUTTI GLI ABITANTI DI UN PAESE CON VIOLENZA E AVEVANO ANCHE UCCISO DEI COMPONENTI DI UNA FAMIGLIA E PER LA SINISTRA N

Apartheid
Basta clandestini nel nostro Paese, le moschee le edifichino a casa loro. Le donne musulmane ed i figli perchè non pregano con gli uomini? Noi in chiesa stiamo insieme

30 garagi 30
DA MESI NELLA MIA CITTA VENGONO SVALIGIATI 30 GARAGI A NOTTE E LE ISTITUZIONI NON SONO IN GRADO DI RISOLVERE,I CITTADINI DISPERATI COSTRETTI ALLE RONDE PER DIFENDERSI.

Intrecciarsi etero e no
Un posto al sole, rai3. l`ho visto e ravvisato : non sposarsi,intrecciarsi etero e no, i figli se la vedano loro, rubare si puo, disprezzo di ogni valore di vita.

Ground control to Major Will
La Cgil di Epifani, sul relitto con per vela, la bandiera rossa di falce e martello, dirige verso le indie, ma sta entrando in orbita terrestre.

Agitata, non mescolata
A commissione nominata, si prenda la Rai per i capelli, e la si squota a far cadere tutto il cattivo gusto,il diseducativo, la politica da due soldi,il blasfemo.

Catoio
Le onorevoli Turco e Bindi, hanno mentito a se stesse. Avranno pace nel dimenti catoio.

Merce
I clandestini sono merce non pulita, va presa con le molle, e gettata via. Non dar seguito a chi difende la causa, di cui solo noi ce ne dovremmo far carico.

Mai più
E questo sarebbe il partito delle libertà?Siete più comunisti dei compagni.Sono disgustato, non vi voterò mai più.

I soldi c'è
la gente non capisce che i soldi tu c'e' li hai! non avresti bisogno di stare in politica x starebene,il tuo altruismo e' visto alla rovescia.

K
In Italia ci sono ancora troppi immigrati klandestini, senza lavoro e senza dimora. Spesso sono dediti: allo spaccio, al lenocinio, al furto, al racket, alle violenze

Oooooo
Liberalizzazione mercato lavoro, liberalizzazione mercato lavoro, liberalizzazione mercato lavoro, liberalizzazione mercato lavoroooooooooooooooooooooooooooooooooooooo

Iiiiiiiii
Abolizione canoce rai, abolizione canone rai, abolizione canone rai, abolizione canone rai, abolizione canone rai, abolizione canone rai

Silvio ti admiro
Signor Silvio Berlusconi continua cosi sei un uomo forte ti admiro tantissimo sei forte anzi sei numeroUNO

Il mio premier è diverso
Sono molto soddisfatto per le ultime esternazioni dell'on. Berlusconi. Sapere che abbiamo un concetto diverso della moralità mi riempe di gioia. Iniziavo a preoccupar

Il colpo della strega
Brunetta, grazie per 70 EUR, dopo aver lavorato con due influenze, il colpo della strega mi sarei aspettato 400 EUR, considerato che consulenti lavorano strapagati.

L'è un bel problema
QUELLI I SOLDI CE L'HANNO SE NON SI PONE UN FRENO TRA QUALCHE ANNO SARANNO PIU' MOSCHEE CHE CHIESE

Ripetere?
Scajola, secondo te, dopo che uno paga contatore energia elettrica maggiorato, irpef 1,333333, la medesima persona per 15 gg, si e no, paga la TARSU a ruolo altrove?

mercoledì, febbraio 04, 2009

Per capirci

- Ubuntu non mi riconosce il modem, mi toccherà passare alla filodiffusione?
- Vedrai che troviamo i driver. Mandami modello e caratteristiche: sistema in pannello di controllo, sezione hardware e quindi gestione periferiche.
- Va bene, grazie. Da qualche parte ho letto ricompilare il kernel, ti avverto che io non so farlo.
- Prima di spiegarti come si ricompila il kernel - operazione consigliata ma non indispensabile - bisogna connettere il notebook ad internet. Mi devi inviare i dati del modem.
- È quello della tin.
- Cosa significa "quello della tin"? Non mi servono i dati del modem adsl.
- Ah.
- Nel senso che se mi dici che Ubuntu non riconosce il modem io penso alle periferiche direttamente connesse, ovvero il - per capirci - CXT.
- CXT? Dici che così ci capiamo?
- Il modem interno al notebook!
- Pensa che mi ero completamente dimenticata del modem interno.
- Does the modem work? Right click on the panel and select add to panel.
Choose "Modem monitor" and click OK. Right click and select properties.
Enter the password. Click add, and choose modem (PPP). Enter a phone number on the next screen. Enter username and password. Apply the changes and then select Activate from the phone applet menu. Does the machine dial out correctly?
- E adesso perché ci parliamo in inglese?

No, perché a questo punto mi trovavo uno di Manchester, che mi andava in giro d'inverno con la maglietta uguale uguale.
Voi avete capito qual è il panel o devo toccare a caso lo schermo come se fosse un calendario dell'avvento?
E se non lo trovo?
Fino a che punto riuscirò a essere vaga senza risultare sospetta?
Dove ho messo username e password di libero?
Esiste ancora, libero?
Ma soprattutto.
Sarà normale finire in transfert da installazione di nuovo sistema operativo?
Normale conoscendomi, intendo.

lunedì, gennaio 26, 2009

Tendenza Cirillo

Com'era il film. Bulgaro, coproduzione bulgaro-ungaro-sloveno-tedesca con sottotitoli, perché ci sono tutte le indicazioni che stiamo attraversando un momento bulgaro. Pieno di comunisti abbastanza cattivi e belle facce. Senza tener conto che è tutta roba che sta in zona Cirillo. Uno di quei film che ti fanno venir voglia di prendere la prima corriera per Plovdiv.
A un certo punto, anzi, mi è venuta una grande idea e non sono riuscita a starmene zitta, così gli ho bisbigliato nell'orecchio:
- Ci compriamo un tandem?"
- Mfph, no.
- Dai.
- No!
- Ci sei mai andato?
- Sì.
Sì, ha detto, ma era un "sì, non me ne parlare".
- Com'è, difficile?
- Insomma, preferisco stare davanti.
- Sindrome del controllo. Bene, perché io preferisco stare dietro e guardare il panorama.
- Comunque no.
- Dai.
E così avanti tutta la sera, come sempre quando mi metto in testa una cosa. Anche lui è così, tipo tempo fa gli è presa la fissa che dovessi sostituire il signor G. con un gatto più giocoso e gioviale nei suoi confronti. Per questo non mi faccio problemi con l'espressione dei miei desideri.
- Beh, non pensare che ci facciamo i Carpazi e i Balcani subito, prima ci alleniamo sul Collio per qualche mese.
- No.
- E dai. Monti, natura, panorami strepitosi, vette, montanari un po' orsi ma cordiali. Cimiterini come piace a te. Ci facciamo i passi.
- No.
- Basta che ogni giorno troviamo un posto dove lavarci, perché a me piace abbastanza lavarmi, ma per questo ci sono i ruscelli. Però niente costume da bagno, te lo giuro, facciamo lavaggi separati.
- No. Comprati la biciclettina.
- Volevo i pattini in linea, solo che adesso nei negozi ci sono ancora gli scarponi da sci.
- Da Decathlon per esempio ci sono tutto l'anno, i pattini in linea.
- Ma io non ce l'ho, Decathlon. E devo andarci da sola, devo. Andarci.
- Va bene, vorrà dire che ti accompagnerò io.
- Davvero?
- Ma sì.
Così ho fatto finta di rinunciare al tandem.
Oggi però ho comprato una bella guida dei Balcani con suggerimenti per ciclisti. Ma non glielo dico, preferisco studiarci su e poi metterlo di fronte a un itinerario irresistibile, foto di vecchine sdentate che ci sorridono con grazia ortodossa dai balconi, mappe dettagliatissime, eleganti borracce termiche e teli antipioggia (per non parlare di quella tenda istantanea della pubblicità, quella che si monta lanciandola in aria o con una semplice gomitata).

Il mondo è grande e la salvezza sta dietro l'angolo.
Voglio dire, questo era il titolo del film.

mercoledì, gennaio 21, 2009

Fumo? Funghi! Viaggio?



"Avete chiesto che Vi permettessimo di fumare nei ristoranti. Purtroppo questo non possiamo farlo. Però adesso da noi si possono mangiare i funghi!
Gustate il panino 'Viaggio'!
Il nuovo burger con i funghi. Solo da Carl's Jr."

martedì, gennaio 20, 2009

Black human is going to first president



Hello every one.
How are you doing today.
Nice to see you.
My news is OBAMA.
OBAMA is black human.
Black human is going to first president.
OBAMA is win.

[Dal blog di un professore americano che vive in Giappone, insegna ai ragazzi delle superiori e ogni tanto pubblica le creazioni in Engrish dei suoi studenti.
Arigato gozaimasu, Andrea!].

lunedì, gennaio 19, 2009

Grande Concorso Completa la Frase!/2



Ne avete abbastanza di studi pseudoparaultraquasiscientifici sulle origini di dipendenze/manie/fobie/istinti/vezzi/turbe psichiche/golosità/capricci e della vittoria schiacciante di Voyager sul comune buon senso?

Partecipate al Grande Concorso Completa la Frase (senza l'aiutino di Google) e Vinci una Madonnina Placcata Zecchina!

La frase di oggi è: "... è il sorprendente risultato di uno studio dell'Università di Newcastle".

Voi tentate di completarmi la frase che poi ce la ridiamo un po' tra noi.

LA SOLUZIONE
Ed ecco la frase completa:
"La ricchezza del loro partner assicura alle donne, oltre a un futuro economicamente solido, un sesso appagante con un maggior numero di orgasmi: è il sorprendente risultato di uno studio dell'Università di Newcastle, di cui dà notizia il Times nell'edizione online".

Link.

Ora, capite: si fanno ricerche! Noi stiamo qua - chi in Siberia con le galosce, chi a fare logistica delle virgole, chi a cercare uno che gli compri il Chelsea -, e a Newcastle c'è un tale dottor Pollet che trae conclusioni sorprendenti for a living.

Il colpo di scena, badate bene, è che il Pollet non mi è andato in giro a somministrare questionari tra le donne in età orgasmica di Newcastle, lui ha preso i risultati di uno studio cinese.

Dunque magari la variabile non sono i soldi ma l'anatra laccata alla pechinese o la fonduta sichuanese (voi vi aspettavate che scrivessi involtini primavera, lo so, stavo per). O qualche cosa che sta nel tè.

La perla: "La novità di questa ricerca consiste nel fatto che l’orgasmo non ha funzione riproduttiva".
E questa è la buona notizia (non so voi, ma io un po' me la sentivo).
La cattiva notizia è che è misteriosamente legato agli Studi di Settore.

giovedì, gennaio 15, 2009

Se pensavate che la vita di un merlo laborioso fosse facile



1. Un merlo laborioso ha raccolto nel primo volo 3 chili di insetti, e nel secondo volo 2 volte di più. Il merlo operoso* si è mangiato 1/3 di tutti gli insetti catturati, e ha diviso gli altri in parti uguali tra i suoi tre uccellini. Quanti chili di insetti sono rimasti a ciascun uccellino?

*il merlo operoso e il merlo laborioso sono lo stesso merlo, mi sono presa questa libertà per un attacco di sinonimite e per complicare la soluzione moltiplicando vertiginosamente il numero di cargo - ops, merli - coinvolti, N.d.T.!

Più che un merlo, un pellicano.
Un condor.
Un corriere UPS.

martedì, gennaio 13, 2009

Di funghi e bambine



14.
Ventidue bambine, passeggiando per il bosco, hanno trovato 88 funghi, ma poi metà delle bambine si è persa. Di quante volte il numero di funghi trovati nel bosco è maggiore del numero di bambine che si sono perse?

[Perché organizzare squadre di ricerca quando possiamo contare i funghi rimasti?]

sabato, gennaio 10, 2009

La Striscia di Straccis



Il Piccolo, 9 gennaio 2009.

Ve l'avevo detto, che ultimamente avevo un po' da fare.

venerdì, gennaio 09, 2009

Schivare si può

Lo scorso settembre.
- Buonasera, favorisca patente e libretto.
- Buonas... un momento, eh.
- Torna a casa?
- Sì, ehm.
- Passato una bella serata?
- Abbastanza, grazie.
- Viene dalla Strada del Vallone?
- Sì. No, sa, perché io ero terrorizzata dalla guida, e invece adesso questa strada tutte curve di notte mi piace tantissimo.
- Attenzione, però.
- Vado piano.
- Attenzione ai caprioli.
- Certo.
- Se un capriolo le attraversa la strada, non lo schivi.
- Eh?
- Non lo schivi, mai.
- Ma.
- Un mio amico è morto per schivare un riccio. Sul Vallone.
- Va bene.
- Tutto a posto, buonanotte.
- Buonanotte.
- E si ricordi: mai schivare un capriolo.

Questa notte.
Stava immobile sul ciglio della strada, poi ha attraversato, si è bloccato, ho sterzato, ha ripreso a correre, ho inchiodato. Ho sentito i suoi zoccoli che scalciavano contro il mio paraurti mentre prendeva lo slancio per correre via e scartare verso il bosco.

Ho schivato un cucciolo di capriolo.
Quel tratto di strada non era ghiacciato, non arrivavano auto in senso opposto, i freni funzionavano e lui era bellissimo. La radio trasmetteva "All along the watchtower", versione di Jimi Hendrix, e da due minuti era il mio compleanno.

[Per M.: non te lo posso promettere, che non lo rifarò].

giovedì, gennaio 08, 2009

I Mostri della Razza Tlaxcalteca...

... Adesso hanno il russkij blog, dove raccoglieranno le traduzioni in russo, daranno notizia di ciò che si traduce dal russo e riprenderanno notizie e comunicati.
Russi, russisti, amici, congiunti, conoscenti, inquilini, coinquilini, casigliani: fate girare. Passatemi anche qualche bell'indirizzo email russo (siti di informazione, agenzie di stampa) cui possa mandare un entusiasmante comunicato, ché le idee non sono mai troppe. Ci fanno comodo anche, come sempre, traduttori disposti a regalarci un po' del loro tempo.

Link: Тлакскала пo-русски

Grazie, con molti baci,
M.

mercoledì, gennaio 07, 2009

Di meglio

"Dalla città di Beit Hanoun, nella parte settentrionale di Gaza, si è alzata una torre di fumo dopo un altro bombardamento, lunedì mattina, e una mezza dozzina di israeliani, in cima a una collina polverosa, osservava la scena come un gruppo di strateghi militari da salotto. Avi Pilchick ha bevuto un lungo sorso di Pepsi e ha appoggiato un piede sulla sedia da giardino che si era portato dietro per guardare i combattimenti. 'Stanno andando bene', ha detto Pilchick, 20 anni, a proposito delle forze israeliane che combattevano contro i militanti palestinesi di Gaza, 'ma possono fare di meglio'".

Fonte.

"Com'è facile cancellare la storia dei palestinesi, distruggere il racconto della loro tragedia, scansare la grottesca ironia che – in qualunque altro conflitto – i giornalisti si sarebbero affrettati a sottolineare: il fatto che gli originari, legittimi proprietari della terra israeliana sulla quale esplodono i razzi di Hamas vivono a Gaza.

Ecco perché Gaza esiste: perché i palestinesi che vivevano ad Ashkelon nei campi circostanti – Askalaan in arabo – vennero privati delle loro terre nel 1948 quando fu creato Israele e finirono sulle spiagge di Gaza. Queste persone – o i loro nipoti e bisnipoti – fanno parte del milione e mezzo di profughi palestinesi stipati nella fogna di Gaza, l'80% delle cui famiglie un tempo viveva in quello che è ora Israele. Questa è storicamente la verità: la maggior parte degli abitanti di Gaza non viene da Gaza.

Ma a guardare i telegiornali si direbbe che la storia sia cominciata ieri, che un manipolo di pazzi antisemiti barbuti sia spuntato all'improvviso tra le baracche di Gaza – una feccia umana costituita da miserabili senza origini – e abbia cominciato a lanciare missili contro un Israele pacifico e democratico scatenando la sacrosanta reazione dell'aviazione israeliana. In questa storia non c'è posto per il fatto che i nonni delle cinque sorelline uccise nel campo di Jabalya venissero proprio dalla terra i cui attuali proprietari le hanno bombardate e uccise.

Sia Yitzhak Rabin che Shimon Peres dissero negli anni Novanta che avrebbero voluto che Gaza semplicemente scomparisse, sprofondasse nel mare, e il perché lo capite da soli. L'esistenza di Gaza è un promemoria permanente delle centinaia di migliaia di palestinesi che si sono visti portare via le loro case da Israele, che sono fuggiti o sono stati cacciati per paura o per la pulizia etnica israeliana 60 anni fa, quando l'Europa del secondo dopoguerra veniva travolta da ondate di rifugiati e quando il destino di un mucchio di arabi cacciati dalla loro terra non preoccupava il mondo".

Estratto da: Robert Fisk, Why bombing Ashkelon is the most tragic irony, 30 dicembre 2008, traduzione mia.

sabato, gennaio 03, 2009

400 colpi fanno almeno cinque ergastoli

I 400 colpi di Truffaut secondo il Televideo de La 7 (Hat tip: Insostituibile Bracciodestro Andrea).





"Uscito di galera per tentato furto, Ray ora fa il pasticciere. Quando due compari gli propongono un colpo milionario, non dice di no e lo mette a segno. La zia, cui era affidato il figlio Timmy, gli rispedisce il ragazzino che Ray non vedeva da tempo. Il terribile piccolino, per ottenere le attenzioni paterne, lo ricatta nascondendo il bottino".

Per giustizia poetica potremmo inventare una trama nouvelle vague per il film Papà ti aggiusto io?

Grazie Andrea, son bei momenti.

mercoledì, dicembre 31, 2008

Un mestiere pericoloso - il Discorso di Caracas di Roberto Bolaño

Il 2 agosto 1999 Roberto Bolaño ricevette a Caracas il Premio Rómulo Gallegos per il suo romanzo I detective selvaggi: quello che doveva essere un semplice discorso di accettazione si rivelò una riflessione divagante, ironica e dolorosa sulla vita, l'impegno, l'appartenenza, il mestiere delle armi e quello della scrittura, la giovinezza, il sogno, lo scrivere come lettera d'amore o come lettera d'addio a una generazione.
Di modi per farvi gli auguri ce ne sarebbero tanti; oggi questo per me è il migliore: buon anno, restate sempre giovani e nel 2009 leggete almeno un libro di
Bolaño.

[Nella foto: stencil fotografato nei pressi del MACBA, Barcellona]


Discorso di Caracas
di Roberto Bolaño

Ho sempre avuto un problema con il Venezuela. Un problema infantile, frutto della mia educazione disorganizzata; un problema minimo; ma comunque un problema. Il centro del problema è di natura verbale e geografica. Probabilmente è dovuto anche a una sorta di dislessia mai diagnosticata. E con questo non voglio dire che mia madre non mi portasse mai dal dottore; anzi, fino all'età di dieci anni fui un assiduo frequentatore di studi medici e perfino ospedali, ma a quel punto mia madre decise che ero abbastanza forte per cavarmela.

Ma torniamo al problema. Da piccolo giocavo a calcio. Avevo la maglia numero 11, quella di Pepe e Zagalo ai Mondiali di Svezia, ed ero un giocatore entusiasta ma mediocre, anche se calciavo con il sinistro e pare che chi calcia con il sinistro non stoni durante la partita. Nel mio caso non era vero: stonavo quasi sempre, anche se talvolta, diciamo ogni sei mesi, mi capitava di giocare una buona partita e di recuperare almeno in parte l'enorme credito perduto. La sera, com'è naturale, prima di addormentarmi pensavo e ripensavo alle mie penose doti di calciatore. Fu allora che intuii consapevolmente per la prima volta la mia dislessia. Calciavo con il sinistro ma scrivevo con la destra. Era un dato di fatto. Mi sarebbe piaciuto scrivere con la sinistra, ma usavo la destra. Ed eccolo lì, il problema. Per esempio, quando l'allenatore diceva “Passala a destra, Bolaño”, non sapevo dove passarla. E a volte capitava perfino che quando giocavo sulla fascia sinistra e sentivo il mio allenatore sgolarsi, dovessi fermarmi a pensare: sinistra – destra. Destra era il campo di calcio, sinistra era calciare fuori, verso i pochi spettatori, bambini come me, o verso i miseri pascoli che circondavano i campi di calcio di Quilpue, o Cauquenes, o della provincia di Bío-Bío. Con il tempo, naturalmente, imparai ad avere un punto di riferimento ogni volta che mi chiedevano indicazioni o mi informavano su una via che stava a destra o a sinistra, e quel riferimento non era la mano con cui scrivevo ma il piede con cui calciavo il pallone.

Con il Venezuela, più o meno nello stesso periodo – cioè fino a ieri – avevo un problema simile. Il problema era la sua capitale. Per me la cosa più logica era che la capitale del Venezuela fosse Bogotá. E la capitale della Colombia, Caracas. Perché? Be', per una logica verbale, o la logica delle lettere. La v di Venezuela è simile, per non dire legata, alla b di Bogotá. E la c di Colombia è cugina prima della c di Caracas. Può sembrare irrilevante, e probabilmente lo è, ma per me costituì un problema di prima grandezza quando, in una certa occasione, in Messico, durante una conferenza sui poeti urbani della Colombia, mi misi a parlare della potenza dei poeti di Caracas, e la gente – gente cortese ed educata come voi – rimase zitta, in attesa che concludessi la digressione sui poeti di Caracas e cominciassi a parlare di quelli di Bogotá, ma quello che feci fu continuare a parlare di quelli di Caracas, della loro estetica della distruzione. Li paragonai perfino ai Futuristi italiani – con i dovuti distinguo, naturalmente – e ai primi Lettristi, il gruppo fondato da Isidore Isou e Maurice Lemaître, il gruppo dal quale sarebbe nato il germe del Situazionismo di Guy Debord, e a quel punto il pubblico cominciò a fare delle congetture. Dovettero pensare che i poeti di Bogotá fossero emigrati in massa a Caracas, o che i poeti di Caracas avessero svolto un ruolo decisivo nel nuovo gruppo di poeti di Bogotá, e quando conclusi il mio discorso, bruscamente come mi piaceva fare allora, il pubblico si alzò in piedi, applaudì timidamente e poi si precipitò a leggere il manifesto all'ingresso. E mentre me ne stavo andando, accompagnato dal poeta messicano Mario Santiago, che veniva sempre in giro con me e che sicuramente si era accorto del mio errore pur non dicendo niente, perché per Mario gli sbagli e gli errori e gli equivoci sono come le nuvole di Baudelaire che migrano nel cielo, cioè qualcosa da osservare ma mai correggere – mentre me ne stavo andando, insomma, ci siamo imbattuti in un vecchio poeta venezuelano (e quando dico “vecchio” ripenso a quel momento e mi rendo conto che il poeta venezuelano era probabilmente più giovane di me adesso), il quale ci disse con le lacrime agli occhi che doveva esserci stato un errore, che non aveva mai sentito nominare questi misteriosi poeti di Caracas.

A questo punto del discorso ho l'impressione che don Rómulo Gallegos debba rivoltarsi nella tomba. “Ma a chi hanno dato il mio premio?” starà pensando. Mi perdoni, don Rómulo. È solo che perfino doña Bárbara, con la b, suona come Venezuela e Bogotá, e anche Bolivar suona come Venezuela e doña Bárbara. Bolivar e Bárbara, che bella coppia sarebbero stati, anche se gli altri due romanzi di don Rómulo, Cantaclaro e Canaima, potrebbero tranquillamente essere romanzi colombiani, il che mi porta a pensare che forse lo sono, e che sotto la mia dislessia potrebbe esserci un metodo, un bastardo metodo semiotico o grafologico o metasintattico o fonemico o semplicemente poetico, e che la verità delle verità è che Caracas è la capitale della Colombia, proprio come Bogotá è la capitale del Venezuela, come Bolivar, che è venezuelano, muore in Colombia, che è anche Venezuela e Messico e Cile.

Non so se riuscite a capire quello che voglio dire.
Pobre Negro, per esempio, di don Rómulo, è un romanzo eminentemente peruviano. La Casa Verde, di Vargas Llosa, è un romanzo colombo-venezuelano. Terra Nostra, di Fuentes, è un romanzo argentino, anche se vi consiglio di non chiedermi su cosa io basi questa mia affermazione, perché la risposta sarebbe prolissa e noiosa. L'accademia patafisica insegna (e anche misteriosamente) la scienza delle soluzioni immaginarie, che come tutti sapete è quella che studia le leggi che regolano le eccezioni. E questo trauma nell'ordine delle lettere è, in un certo senso, un problema immaginario che richiede una soluzione immaginaria.

Ma torniamo a don Rómulo prima di arrivare a Jarry e notiamo alcuni strani segnali lungo il cammino. Ho appena vinto l'undicesimo Premio Rómulo Gallegos. Numero 11. Giocavo con la maglia numero 11. Questa a voi potrà sembrare una coincidenza, ma a me fa tremare i polsi. Il numero 11, che non sapeva distinguere la destra dalla sinistra e confondeva Caracas con Bogotá, ha appena vinto (e uso questa parentetica per ringraziare ancora la giuria, in particolare Ángeles Mastretta) l'undicesimo Premio Rómulo Gallegos. Cosa ne penserebbe don Rómulo? L'altro giorno, al telefono, Pere Gimferrer, che è un grande poeta e inoltre sa tutto e ha letto tutto, mi ha detto che a Barcellona ci sono due targhe commemorative collocate sulle case in cui don Rómulo aveva vissuto. Secondo Gimferrer (anche se non ci metterebbe la mano sul fuoco), il grande scrittore venezuelano cominciò a scrivere Canaima in una di quelle case.

La verità è che io prendo al 99,9% alla lettera quello che dice Gimferrer, e così, mentre Gimferrer parlava (una delle case con le targhe non era una casa ma una panchina, il che solleva una serie di dubbi; per esempio se don Rómulo durante il suo soggiorno a Barcellona – e dico “soggiorno” e non “esilio” perché un latino-americano non è mai in esilio in Spagna – avesse lavorato su una panchina o se la panchina fosse giunta in seguito a installarsi nella casa del romanziere)... Come dicevo, mentre il poeta catalano parlava, ho cominciato a pensare alle mie ormai lontane (ma non meno stancanti, soprattutto nel mio ricordo) passeggiate nel quartiere Eixample, e mi sono visto nuovamente lì, che me ne andavo a zonzo nel 1977, 1978, forse 1982, e all'improvviso ho visto una via nella luce del tramonto, vicino a Muntaner, e ho scorto un numero, il numero 11, e poi mi sono allontanato un po', ed ecco lì la targa. Questo è ciò che ho visto, con gli occhi della mente.

Ma è anche probabile che durante gli anni trascorsi a Barcellona sia davvero passato per quella via e abbia visto la targa, una targa che magari dice “Qui visse Rómulo Gallegos, romanziere e uomo politico, nato a Caracas nel 1884, morto nel 1969”, e poi altre cose, scritte in caratteri più piccoli, come i suoi libri, i riconoscimenti, e via dicendo. Ed è possibile che abbia pensato, senza fermarmi, a un altro famoso scrittore colombiano, anche se avrei potuto farlo solo senza fermarmi, insisto, perché allora conoscevo i libri di don Rómulo in quanto erano obbligatori a scuola in Cile o in Messico, non ricordo quale dei due paesi, e mi era piaciuto Doña Bárbara, anche se secondo Gimferrer Canaima è migliore, e naturalmente sapevo che don Rómulo era venezuelano e non colombiano. Il che significa ben poco, essere colombiani o venezuelani, e a questo punto torniamo, come respinti indietro da un fulmine, alla b di Bolivar, che non era dislessico e al quale non sarebbe dispiaciuta un'America Latina unita, una preferenza che condivido con il Liberatore, giacché per me è lo stesso se la gente dice che sono cileno, anche se alcuni colleghi cileni preferiscono considerarmi messicano o mi chiamano messicano, anche se alcuni colleghi messicani preferiscono chiamarmi spagnolo, o perfino disperso in battaglia. E di fatto per me è lo stesso essere considerato uno spagnolo, anche se alcuni colleghi spagnoli vanno su tutte le furie e cominciano a dichiarare che sono venezuelano, nato a Caracas o Bogotá, il che non mi dà molto fastidio, anzi, il contrario.

La verità è che sono cileno e sono anche molte altre cose. E giunti a questo punto devo abbandonare Jarry e Bolivar e cercare di ricordare lo scrittore che disse che la patria di uno scrittore è la sua lingua. Non ne ricordo il nome. Forse era uno scrittore che scriveva in spagnolo. Forse era uno scrittore che scriveva in inglese o in francese. La patria di uno scrittore, disse, è la sua lingua. Suona un po' demagogico, ma concordo pienamente con lui, e so che talvolta non abbiamo altra scelta che diventare un po' demagogici, proprio come a volte non abbiamo altra scelta che metterci a ballare un bolero sotto la luce dei lampioni o di una luna rossa. Sebbene sia anche vero che la patria di uno scrittore non è la sua lingua, o non solo la sua lingua, ma anche la gente che ama. E a volte la patria di uno scrittore non è la gente che ama ma i suoi ricordi. E altre volte la sola patria di uno scrittore è la sua lealtà, e il suo coraggio. In realtà molte possono essere le patrie di uno scrittore, e a volte l'identità di quella patria dipende molto da quello che sta scrivendo in quel momento. Le patrie possono essere tante, mi viene ora da pensare, ma il passaporto può essere uno solo, e quel passaporto è evidentemente la qualità della sua scrittura. Il che non significa scrivere bene, perché chiunque può farlo, ma scrivere meravigliosamente bene, e nemmeno quello, perché chiunque può scrivere anche meravigliosamente bene. Cos'è, allora, la scrittura di qualità? Be', quello che è sempre stata: saper infilare la testa nel buio, saper saltare nel vuoto, sapere che la letteratura è fondamentalmente un mestiere pericoloso. Correre lungo il bordo del precipizio: da una parte l'abisso senza fondo e dall'altra i volti amati, i volti amati sorridenti, e i libri, e gli amici, e il cibo. E accettarlo, anche se talvolta può pesarci addosso più della lastra tombale che copre i resti di ogni scrittore morto. La letteratura, come potrebbe dire un canto popolare andaluso, è pericolosa.

E adesso che sono tornato al numero 11, che è il numero di quelli che corrono lungo le fasce, e adesso che ho citato il pericolo, ricordo la pagina del Quijote in cui si discutono i meriti delle armi e delle lettere, e suppongo che, alla fine, ciò di cui si discute sia la differenza nel livello di rischio, che è anche il livello di virtù, insito in ciascuna occupazione. E Cervantes, che era un soldato, fa che le armi vincano sulle lettere e il soldato vinca sull'onorevole occupazione del poeta. E se leggiamo bene queste pagine (cosa che adesso, mentre scrivo questo discorso, non sto facendo, anche se dal tavolo a cui sono seduto riesco a vedere le mie due edizioni del Quijote), ci sentiremo un forte aroma di malinconia, perché Cervantes fa vincere la sua gioventù, il fantasma della sua perduta gioventù, sulla realtà dell'esercizio della prosa e della poesia, che fino ad allora gli era stato tanto avverso. E questo mi torna alla mente perché in grande misura tutto quello che ho scritto è una lettera d'amore o una lettera d'addio alla mia generazione, noi che siamo nati negli anni Cinquanta e che a un certo punto abbiamo scelto le armi (anche se in questo caso sarebbe più giusto parlare di “militanza”) e abbiamo dato il poco che avevamo, o la cosa più grande che avevano, che era la nostra giovinezza, a una causa che credevamo la più generosa del mondo e che in un certo senso lo era, ma in realtà no.

Inutile dire che abbiamo lottato con le unghie e con i denti, ma avevamo dei capi corrotti, leader codardi, un apparato di propaganda peggiore di un lebbrosario. Abbiamo lottato per partiti che, se avessero vinto, ci avrebbero immediatamente spedito in un campo di lavori forzati. Abbiamo combattuto e abbiamo riversato tutta la nostra generosità in un ideale morto da cinquant'anni, e alcuni di noi lo sapevano, come facevamo a non saperlo se avevamo letto Trotsky o eravamo trotskisti? Eppure l'abbiamo fatto, perché eravamo stupidi e generosi, come lo sono i giovani, dando tutto e non chiedendo niente in cambio. E adesso di quei giovani non resta niente, quelli che non sono morti in Bolivia sono morti in Argentina o in Perù, e quelli che sono sopravvissuti sono andati a morire in Cile o in Messico, e quelli che non sono morti lì sono stati uccisi in seguito in Nicaragua, in Colombia, a El Salvador. Tutta l'America Latina è disseminata delle ossa di quei giovani dimenticati. E questo è quello che spinge Cervantes a scegliere le armi a scapito della poesia. Anche i suoi compagni erano morti. O vecchi e abbandonati, nella miseria e nell'oblio. Scegliere era scegliere la gioventù, scegliere gli sconfitti e quelli che avevano perduto tutto. E questo fa Cervantes, sceglie la gioventù. E perfino in questa debolezza malinconica, in questo vuoto dell'anima, Cervantes è il più lucido, perché sa che gli scrittori non hanno bisogno di nessuno che esalti il loro lavoro. Siamo noi stessi a esaltarlo.
Spesso lo facciamo maledicendo l'ora in cui abbiamo deciso di diventare scrittori, ma generalmente tendiamo ad applaudire e a ballare quando siamo soli, perché questo è un mestiere solitario, e recitiamo le nostre pagine a noi stessi, ed è il nostro modo di lodarci, e non abbiamo bisogno che qualcuno ci dica cosa dobbiamo fare e tanto meno che il nostro lavoro venga dichiarato il più onorevole di tutti. Cervantes, che non era dislessico ma che il mestiere delle armi aveva menomato, sapeva perfettamente quello che diceva. La letteratura è un'occupazione pericolosa.

Il che ci conduce direttamente ad Alfred Jarry, che aveva una pistola e amava sparare, e al numero 11, l'estremo sinistro, che guarda con la coda dell'occhio mentre sfreccia come un proiettile accanto alla targa e alla casa dove era vissuto don Rómulo. E spero che a questo punto del discorso don Rómulo non sia più arrabbiato con me, che non appaia in sogno a Domingo Miliani chiedendogli perché mi abbiano assegnato il premio che porta il suo nome, un premio che per me è enormemente importante – sono il primo cileno a riceverlo –, un premio che raddoppia la sfida, se mai fosse possibile, come se la sfida per sua stessa natura non fosse già raddoppiata o triplicata. Un premio, dunque, parrebbe un atto gratuito, e ora che ci penso potrebbe essere così, un premio ha in effetti in sé qualcosa di gratuito. È un atto gratuito che non parla del mio romanzo o dei suoi meriti ma della generosità di una giuria. (Fino a ieri, non conoscevo nessuno dei suoi membri). Che sia chiaro, perché come i reduci di Lepanto di Cervantes e come i reduci delle guerre fiorite latino-americane, la mia unica ricchezza è la dignità. Lo leggo e non ci credo. Io che parlo di dignità. Forse lo spirito di don Rómulo non apparirà in sogno a Domingo Miliani, ma a me.
Ma queste parole sono ormai scritte, a Caracas (Venezuela), e una cosa è chiara: don Rómulo non può apparirmi in sogno per la semplice ragione che non riesco a dormire. Fuori cantano i grilli. Calcolo che a occhio e croce ce ne saranno dieci o ventimila. Forse la voce di don Rómulo è uno dei loro canti, confuso, gioiosamente confuso, nella notte venezuelana, nella notte americana, nella notte che appartiene a tutti noi, a quelli che dormono e a quelli che non riescono a dormire. Mi sento come Pinocchio.

Link

lunedì, dicembre 29, 2008

Gaza: la storia non raccontata

Gaza: la storia non raccontata
di Ramzy Baroud

19 dicembre 2008

È incomprensibile che una regione come la Striscia di Gaza, così ricca di storia, così satura di dignità, possa essere ridotta a pochi soffietti editoriali, frasi scarne e affermazioni riduzioniste, comode ma ingannevoli, prive di ogni significato rilevante o perfino di un autentico valore analitico.

Il fatto è che la Striscia di Gaza è ben più del milione e mezzo di palestinesi affamati che starebbero scontando la militanza di Hamas o la “punizione collettiva” di Israele, a seconda di come i mezzi di informazione decidono di etichettare il problema.

Ma soprattutto l'esistenza di Gaza da tempo immemore non dev'essere giustapposta alla sua vicinanza a Israele, al fallimento o il successo nel “garantire” a una minuscola città israeliana – costruita su terra sottratta a quella che solo 60 anni fa era considerata parte della Provincia di Gaza – la sicurezza che le è necessaria. È proprio questa aspettativa che ha reso l'uccisione e il ferimento di migliaia di palestinesi a Gaza un prezzo che valeva la pena di pagare, dal cinico punto di vista di molti.

Queste aspettative irrealistiche e l'indifferenza per una storia importante continueranno a costare care e serviranno solo agli scopi di coloro che sono interessati alle rapide generalizzazioni. Sì, Gaza può anche essere economicamente morta, ma le sue lotte e tribolazioni attuali sono coerenti con un patrimonio di conquiste, colonialismo e occupazioni straniere, e anche con il trionfo collettivo del suo popolo nella sua capacità di elevarsi al di sopra della tirannia degli invasori.

In tempi relativamente recenti Gaza è diventata una storia ricorrente con l'afflusso dei profughi del 1948, cacciati dalle loro case dalle milizie sioniste o fuggiti per il bene delle loro famiglie con la speranza di poter tornare quando la Palestina fosse stata ristabilita. Queste persone si stabilirono a Gaza vivendo in assoluta povertà, una situazione che continua, più o meno, fino a oggi.

La storia di Gaza e Gaza stessa erano ampiamente irrilevanti, se non addirittura rivoltanti. Dal punto di vista dei rifugiati che si riversavano nella Striscia dal sud della Palestina esse rappresentavano la somma della loro perdita, umiliazione e, a volte, disperazione. Importava poco ai contadini profughi, mentre fuggivano a Gaza, il fatto che stessero probabilmente camminando sulla stessa antica strada che correva lungo la costa palestinese quando Gaza era l'ultima metropoli per i viaggiatori diretti in Egitto che stavano per imbarcarsi in una spietata traversata del deserto attraverso il Sinai.

Allora non importava che Gaza fosse la città, come sta scritto nel Libro dei Giudici, dove Sansone aveva compiuto le sue famose gesta ed era morto. Il Cristianesimo importava ai profughi solo nella misura in cui le antiche chiese di Gaza offrivano riparo alle stanche membra in fuga da cecchini, proiettili e massacri. Perfino la credenza, forte tra i musulmani, che il bisnonno del Profeta Maometto, Hashem, fosse morto durante uno dei suoi viaggi dalla Mecca al Levante e fosse stato sepolto a Gaza, aveva soprattutto una valenza sentimentale. La sua tomba nella città di Gaza veniva visitata da molti profughi, che si inginocchiavano e pregavano Dio perché un giorno permettesse loro di tornare alla loro umile esistenza e alla vita dalla quale erano stati separati con la forza.

Ma la storia di Gaza assunse maggiore rilevanza per i rifugiati quando si resero conto che la loro permanenza temporanea nella Striscia si sarebbe probabilmente prolungata. Solo allora le tante storie di conquiste, tragedie, trionfi ma anche pura bontà divennero essenziali. Un pellegrino in Terra Santa, che passò per Gaza nel 570 d.C., scrisse in latino: “Gaza è una città splendida, piena di cose piacevoli; i suoi uomini sono i più onesti, si distinguono per la loro generosità e per il calore che dimostrano ad amici e visitatori”.

La storia di Gaza divenne ancora più importante quando i rifugiati si accorsero che i loro scontri con Israele non erano ancora finiti, e che avevano bisogno di una grande tenacia morale per sopravvivere a ciò che sarebbe stato visto come una delle più gravi catastrofi umanitarie di recente memoria. E di fatto c'era un grande passato storico di cui meravigliarsi e dal quale trarre forza e conferma.

I conquistatori sono arrivati e ripartiti, Gaza è rimasta dov'è. Questa è stata la lezione ricorrente per intere generazioni, perfino millenni. Gli antichi egizi vennero e se ne andarono, come pure gli hyksôs, gli assiri, i persiani, i greci, i romani, gli ottomani, i britannici e ora gli israeliani. E in tutto questo Gaza è rimasta forte e fiera. Né la sanguinosa conquista di Alessandro Magno nel 332 a.C. né il feroce attacco di Alessandro Ianneo nel 96 a.C. hanno spezzato lo spirito di Gaza o tolto qualcosa alla sua grandezza eterna. È sempre rinata per poi raggiungere un grado di civiltà inaudito, come fece nel V secolo d.C. Fu a Gaza che nel 1170 i crociati cedettero il controllo strategico della città a Saladino per aprire un'altra epoca di prosperità e crescita, occasionalmente interrotta da conquistatori e stranieri con ambizioni coloniali, ma senza successo. Le rovine dimenticate delle civiltà passate non facevano che ricordare che i nemici di Gaza non avrebbero mai prevalso, e che tutt'al più avrebbero registrato la loro presenza con un altro edificio di roccia e cemento presto dimenticato.

Adesso Gaza sta attraversando un'altra fase di difficoltà e di sfide. I suoi moderni conquistatori sono spietati quanto quelli antichi. È vero, Gaza soffre ma resta in piedi, la sua gente è piena di risorse e resistente come è sempre stata, battagliera come è sempre stata, e decisa a sopravvivere a tutti i costi, perché questo è quello che gli abitanti di Gaza sanno fare meglio. E io lo so bene, è la mia terra natale.

Originale: Gaza: The Untold Story

Originale pubblicato il 19 dicembre 2008

Manuela Vittorelli è membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica. Questo articolo è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne autori, traduttori, revisori e la fonte.


URL di questo articolo su Tlaxcala: http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=6689&lg=it

[Traduzioni, sintesi e analisi saranno postate dall'altra parte su 2.0, come sempre e senza interruzioni festizie; qui vedremo, contro il piombo fuso al momento la leggerezza funziona poco. Vi abbraccio].

venerdì, dicembre 26, 2008

Happy War, Xmas is Over

Natale 2008. Fun facts.

1. Ho scoperto che se dimentico a casa un'intera borsa di regali non se ne accorge nessuno. L'inconveniente è facilmente risolvibile girellando per il soggiorno con fare indifferente, preferibilmente a ritmo di samba, e agguantando tutto ciò che capita sottomano (cornici in lega di titanio, set di candele galleggianti al profumo di mangobanana, Babbi Natale porcellanati sculettanti al ritmo di jingle bells rock, crocifissi arte povera, paffuti Gesù Bambini iperrealisti) e poi miagolare con il migliore sguardo da bionda "ce l'hai un po' di carta da regalo che non ho fatto in tempo... ?"

2. Ho sempre considerato una cattiveria gratuita mettere il crocifisso nel raggio visivo del Gesù Bambino pisolante nel presepe. Al di là di tutto. No?

3. Sono usciti dal paniere:
a. Le catene di sant'Antonio di sms: virali, moleste, seriali, stucchevoli. Ne sono arrivate solo due, un vago e confuso augurio di vedere il Natale con gli occhi di un bambino (immaginarsi due occhi di bambino su una faccia normale, Maria Vergine che impressione) e una roba lunga come i dieci comandamenti che ho ritrovato pari pari nella pubblicità a tutta pagina della Despar sul giornale. Sì, ciao, eh.
b. Le sculture di pasta al sale! Ve le ricordate?, un momento fa esistevano, e poi puf, sparite nell'iperuranio. Penso che dipenda da un tempo di dimezzamento brevissimo e dall'umidità: a un certo punto si sono sgretolate simultaneamente, in una catastrofe di ghirlande crollate, petali impazziti, frutti sfatti, steli afflosciati. Ma mai troppo presto: ciao.
c. I termometri galileiani. E ho detto tutto.

4. Voglio trascinare davanti al Tribunale dell'Aia quello che una mattina si è svegliato e ha reso obbligatorio con un ukaz il salmone in tutte le pietanze natalizie. Da noialtri il salmone è ovunque: sulle tartine, nella pasta, dentro i secondi, nei bignè, nascosto nel cestino del pane, nel panettone al posto dei canditi.
Secondo me ci ha messo lo zampino uno scandinavo stronzo. Oppure è colpa del self-service dell'Ikea che ha incoraggiato nell'insicura mentalità italiana l'equazione salmone=welfare nordico. Comunque non è naturale, io sono per l'introduzione del cefalo sulle tavole del nord-est.

5. Grande passo avanti: ho ricevuto in regalo un copridivano. Fatto bizzarro, ha lo stesso colore del portadocumenti in lana cotta dello scorso anno. Quale colore? Salmone. Dio. Frase accompagnatoria: "Puoi usarlo anche come copriletto". Ma che culo.

6. La star della Vigilia è la saliera a forma di sfera di vetro con la neve dentro. Cioè, teoricamente tu la rovesci ed esce il sale. Solo che fa impressione, hai sempre paura che invece del sale da quel sinistro buchino si riverseranno sulle linguine, nell'ordine: un liquido semidenso non identificato e vagamente galileiano; della neve sintetica; casette di foggia varia; un'orda di personaggini brulicanti e leggermente deformi alla Bruegel il vecchio, pattinatori, vecchie con cesti di mele marce, cani, cacciatori, capretti sgozzati, stragi degli innocenti in miniatura, Icari in picchiata. Guardate che fa impressione. Naturalmente sulle linguine e sulla coda di rospo al salmone il sale manca sempre. C'è regolarmente quello che tenta di fare il furbo e lo chiede a gran voce. "C'è il sale?" "Ce l'hai davanti!" "Dove?" "Lì, lì" "Ehm" "Ma sì, la palla con la neve". A quella famiglia il funzionalismo gli fa una pippa, credetemi. Alvar Aalto per loro è l'inventore delle penne alla panna e salmone. O un portarotoli dell'Ikea.

7. Poi c'è il macinapepe gigante, quello a forma di missile terra-aria. Sta lì, in mezzo al tavolo. Spunta in tutte le foto come la Torre Eiffel a Parigi, ed è così grande da limitare il campo visivo dei commensali: "Sai che l'altra volta hanno fatto il brasato?" "Sì, ma guarda che c'ero anch'io" "Ah, cazzo, ma va?"

8. La scusa più azzardata, eroica e disperatamente vana per schivare il pranzo di Natale in famiglia è ancora una volta di D., la mia pasionaria preferita:
- Eh, forse non posso, ho quel problema alla tiroide.
- Ma va', se le analisi sono a posto.
- Ah. Sì?
- Sì.
- Va bene. Allora vorrà dire che sono cardiopatica.

Goodbye Natale, hello simpatico Santo Stefano. Auguri, deliziosi portatori di onomastico!

Io Santo Stefano me lo immagino come un esteta della pantofola che se avesse potuto scegliere col cavolo che avrebbe fatto il protomartire lasciandosi lapidare per finire sul calendario. "Dai, Stefi, scendi che ci sono i liberti incazzati!" "'Speta che finisco il cicchino" "Scendi!" "Momento che mi scade il kefir" "Dai!" "Andate avanti voi, che c'ho l'azzimo in forno!"

mercoledì, dicembre 24, 2008

Fai felice Gesù Bambino, adotta un bignè

Mi è stato appena cinicamente comunicato il menù di stasera, con malinconico disclaimer incorporato: "Peccato che noi il pesce non lo sappiamo cucinare".

Antipasti vari con salmone, gamberetti e bignè ripieni di formaggio.
Pasta corta con gamberetti, vongole e zucchine.
Rombo al forno con patatine e pomodorini.
Formaggi.
Insalata di rinforzo (chissà perché la chiamano così, ho sempre il dubbio che ci buttino dentro una manciata di stimolanti sintetici e di funghetti psichedelici: spiegherebbe molte cose).
Panettone, se A. si ricorda di portarlo.
(Ti prego, ricordati, o ci tocca riciclare i bignè. Anche se non ci sono tutte e tre le Marie va bene lo stesso, portane almeno una).

Perché ho improvvisamente voglia di violare i diritti umani di qualcuno?

Ancora pazzi per la Moldavia/Moldova

Che barba che noia.
Che barba che noia.
Che barba che noia.

Oh, però.

Ultimo sviluppo di una lunga complicata guerra tra autorità cittadine e governo: a Chisinau la polizia ha arrestato un albero di Natale.

Link

martedì, dicembre 23, 2008

Vogliamo l'occhio e anche la sua parte

Racconto di D.:

"Sai che mio padre si è operato alla cataratta. Un occhio, l'altro a marzo. Adesso con quell'occhio ci vede benissimo. E così l'altro giorno a telefono mi fa:
- Sono stato al centro commerciale con la mamma e la sua amica Tosca.
- Eh.
- Sono brutte.
- Ma chi.
- La mamma e la Tosca. Adesso le vedo. Sono brutte. Truccate a quel modo, con il blu sugli occhi, tutte quelle pieghe.
- Ossantodio.
- Tu non puoi parlarle?
- A chi, alla mamma?
- Sì.
- E no, papà.
- È brutta.
- ...
- È che a me piacerebbe la Barbara D'Urso.
La Barbara D'Urso, gli piace. Metà dei suoi anni.
E comunque ci vedeva anche prima. Un giorno al mare mi indica una tizia e mi fa 'Quella lì io la chiamo l'impettita, sta nel condominio di fronte'. Perché impettita, dico io? 'Guardala. Comunque in costume non è mica tanto magra'. In costume sembriamo tutti più grassi, dico io. 'Ma a vederla girare per casa in mutande non mi sembrava', dice lui".

L'uomo di pace e il suo cappello

Finalmente una citazione dal War Nerd che (per quanto mi riguarda) non ha bisogno di disclaimer:

"Ah, che meraviglia: Bono ha preso un altro premio. Ecco una cosa che renderà il nostro mondo migliore, Bono che prende un altro premio. La cosa peggiore è il nome del premio: 'Uomo di pace'. Esatto: se qualcuno di voi dovesse ancora dubitarne, il 16 dicembre 2008 un gruppo internazionale di vecchi svitati si è riunito e ha nominato ufficialmente Bono uomo di pace dell'anno.

Ci sono tante persone degne di essere odiate a questo mondo, ma non riesco a pensare a nessuno che meriti due pallottole al petto e una alla testa più del nostro amico Bono. O come si chiama. Bono è il nome che si è scelto quando ha messo insieme il suo gruppetto rock cattolico, gli U2. Sarà stato un omaggio a Sonny e Cher: 'Santo Bono, che fu martirizzato da un albero su una pista di sci'. E il nome strambo che hanno dato al gruppo, U2, come 'you too', 'anche tu': a un tempo spiritoso e inclusivo, il genere di umorismo che perfino i liberal sono in grado di afferrare. Questi tizi erano gli ingegni degli anni Ottanta, capito. L'amichetto di Bono dai tempi della scuola cattolica si chiama 'The Edge', il che è ancora più buffo. Quando pensi a uno affilato pensi subito a uno come gli U2, a cervelli fini tipo Bono che una volta ha prenotato un biglietto aereo di prima classe per il suo cappello da cowboy".

Link: Exiledonline

domenica, dicembre 21, 2008

Genialno



Dovete.
Fidatevi.
Ma prego.

Buddha Sweetie Boys, "Budda-pop ha špalach" (Buddha-pop sulle traversine)

Prosvetlenie je-ee
Probuždenie je-ee
Sostradanie
Očiščaet ummm
Mani Padme Hum!

[Illuminazione - Risveglio - Compassione - Purifica la mente - Om Mani Padme Hum!]

venerdì, dicembre 19, 2008

Com. Serv. Num. 5468/bis

Sì, su 2.0 era scomparsa la sidebar a destra.
Da circa un mese non funzionavano più i feed.

Adesso funziona tutto di nuovo e per ora si va avanti così, sempre su:

http://mirumir.altervista. org

Vorrei evitare migrazioni su altre piattaforme e soprattutto cambiamenti di indirizzo. In compenso con il nuovo anno 2.0 diventerà probabilmente più ricco e (spero) più interessante.

Grazie per la pazienza,
baci.

giovedì, dicembre 18, 2008

Meilare l'iban

- Scusi, ci ho messo un po' perché lei mi risultava ancora come azienda.
- Ma io non è che sono mai stata un'azienda, eh.
- Beh, tipo.
- Allora, me lo fa questo conto con home banking a 0,80 euro al mese bancomat gratis da comune mortale?
- Domani le meilo l'iban.

Io non so se faccio bene a fidarmi di uno che tiene le foto dei figli sopra il calorifero.

mercoledì, dicembre 17, 2008

Il Kursk, la tragedia e il kitsch

"Per soli 300 rubli, circa 10 dollari, i russi possono ora decorare i loro acquari con riproduzioni del Kursk, il sottomarino affondato otto anni fa nel quale morirono soffocati 118 marinai russi. Notate il certificato che garantisce l'importante fatto che la decorazione per acquari è 'Made in Russia'.

Quale migliore regalo di Natale per i vostri pesciolini? Immaginate i vostri Pesci Arlecchino che sfrecciano sotto lo scafo, i Baciucchioni che se la spassano sull'elica, quel curiosoni di Danio Choprai che sbocconcellano il mangime nella mensa del Kursk... è insieme divertente e istruttivo!

Alcuni blogger russi stanno già gridando 'troppo presto!' Altri pensano/sperano che sia uno scherzo, il che ci riporta al grido di dolore 'troppo presto!'. Come ha belato un blogger, 'Un americano metterebbe una copia del Titanic nel proprio acquario?'

Risposta: No.
Ma solo perché quando muoiono gli americani è una tragedia, quando muoiono altre persone è kitsch. La commedia non è un affare semplice come si crede, gente".

Mark Ames, Russians decorate their aquariums with Kursk replicas

Ames ha ragione.
Comunque, risposta: Magari sì.


Link

martedì, dicembre 16, 2008

Finale di partita (iva)

Eh, il magazzino.
Allarga le braccia
dondola il capo
prende in mano una tazzina
guarda la tazzina
come se non fosse una tazzina
ma un componente elettronico
un multimetro
una stazione saldante
un oscilloscopio
un rifrattometro
tutta roba che fa reddito,
e ammettiamo che sia anche un valore,
ma reddito,
lì ferma in magazzino.
Immobile.
Tu lo sai, dice,
lo sai che chiudere
è più difficile che separarsi?
Ha la faccia stanca
di uno che ha dormito in auto
davanti alla casa dell'ex.

lunedì, dicembre 15, 2008

Comunicazione di Servizio, Sovietici, Zombie, Spore e... Metallica?

Comunicazione di servizio
Mie vaghe stelle dell'URSS,
in questi giorni sto (felicemente) chiudendo con il vecchio lavoro: le unità tempo sono molto poche, dunque per ora continuerò soprattutto a tradurre stabilmente per Tlaxcala e a pubblicare su 2.0. Non preoccupatevi se risponderò in ritardo o in maniera poco soddisfacente alle mail (ma sarebbe troppo chiedervi di scrivermi comunque perché tanto le leggo?) e se farò apparizioni solo sporadiche nei commenti.
Posterò disordinatamente, non so ancora se pochissimo o tanto, se pironate di fatti miei o vecchi frasari, poesie sul mondo fluttuante o link vichinghi.
Si vedrà.
La festina prenatalizia nei commenti comincia oggi per continuare, direi, fino agli inizi di gennaio. Delurkarsi, travestirsi, declamare, sprizzare, ballare e no litigare che a dicembre mi siete sempre nervosi.
Vi abbraccio.

Spore!
Ma l'avete visto il video di "All Nightmare Long" dei Metallica (URSS, fantascienza, horror, bario, zombie, spore che rianimano la carne, robot sovietici che occupano città americane piene di morti viventi, ecc.)?

Un paio di spore anche per i Metallica, grazie (come fanno a restare musicalmente carne morta dal 1988?), però il video vale.

venerdì, dicembre 12, 2008

L'efficacia della comunicazione



Da una grammatica russa per l'ottava classe (terza media):

Dialogo

1. Scrivete le parti mancanti del dialogo;

2. Indicate le frasi semplici composte da un solo elemento e determinatene il tipo;

3. Valutate il dialogo dal punto di vista dell'efficacia della comunicazione (v. § 2-3)


- Cosa posso regalarti per il tuo compleanno?

- ...

- Ma comprerò comunque qualcosa! Magari c'è qualcosa che ti serve?

- ...

- Ma è impossibile!

- ...

- Accidenti, ma mi costerà un sacco! Pensi che abbia tutti questi soldi? E chi te le vende, queste cose, senza ricetta medica?

[Cosa ha chiesto, il festeggiato? Cialis, Viagra, Xanax, Levitra, Ambien, Valium, blue pills? Sanguisughe fresche?]

giovedì, dicembre 11, 2008

Tosto, un medico

Dal Traveller's Manual of conversation in four languages, English, French, German, Italian. With vocabulary, short questions, etc. (1896)

Desidererei parlare con un medico, sono alquanto indisposto.
Vorreste avere la bonta di farmene chiamare uno, e tosto.

Conoscete un medico che parli inglese? Basterebbe che capisse il francese.

Potreste indicarmi una farmacia?
Voglio comprare alcune medicine, un po' di sal (solfato di soda), del rabarbero, del calomelano, bleu pills. Avete sanguisughe fresche? Queste non s'attaccano, abbiate la bontà di cambiarle.

Potrei avere un bagno caldo?

mercoledì, dicembre 10, 2008

Le ansie immotivate non esistono

- No, e allora. L'altro giorno, verso le sette di sera, suonano il campanello. E cosa penso, io?
- Col cavolo che apro.
- E infatti, che magari è la suocera che mi porta in dono una confezione natalizia di zampe di gallina.
- O di criceti morti.
- Appunto. Però mi accorgo che stanno suonando anche agli altri appartamenti, dunque tiro su il citofono per sentire se qualcuno risponde. E infatti la tizia del piano di sotto risponde.
- Grande origlio.
- Grande origlio, ma già ero un po' alterata perché pensavo a quelli che si approfittano delle persone anziane e sole per spillargli soldi. Tipo i miei, che se a mia madre dicono "Signora, raccogliamo soldi per un'ambulanza, potrebbe servire anche a lei", quella scuce subito. Maledetti. Così la vicina dice "Chi è?" e questo le fa "Sono di una grande azienda, mi apra".
- Sè, grande azienda. L'Uomo del Monte.
- "Ma come si chiama?" insiste lei; e lui "Sono di un'azienda, lei mi apra che poi glielo spiego". E allora non ce l'ho fatta più.
- E?
- Gli ho urlato nel citofono con la mia peggiore voce da prof: "Senta. Lei capisce, vero, quanto tutto ciò risulti patetico e ridicolo? Chiedere alla gente di aprirle la porta di casa così? Se ne rende conto? Sì? E allora alzi i tacchi e se ne vada!"
- Alzi i tacchi!
- Ah, sì. E se ne vada.
- Come vorrei essere capace di dire esattamente questo, nei momenti giusti, invece di balbettare imbarazzo e buona educazione.
- Io sono capace di dirlo solo al citofono, però.
- Ma è già qualcosa. "Patetico, ridicolo, alza i tacchi".
- Piace?
- Tantissimo.
- L'altro giorno il medico mi ha chiesto se soffro di ansie immotivate.
- Ma esistono, le ansie immotivate? Un motivo c'è sempre. Almeno per noi.
- Infatti: gli ho chiesto cosa intendesse.
- Curioso.
- E lui, "Mettiamo che sia seduta tranquilla sul divano di casa sua e che improvvisamente si innervosisca all'idea che possa squillare il campanello".
- Ma pensa te.
- Quell'uomo non conosce i venditori di Folìto.
- Quell'uomo non ha idea.
- "No, allora niente ansie immotivate", ho detto io.

martedì, dicembre 09, 2008

La Piccola Aiutante di Babbo Natale

Reparto piccoli elettrodomestici, piatti, bicchieri, posate, tappi, vasellame, presine di silverplate, tovagliette all'americana per uno e mezzo, vassoi arte povera, macinapepe grandi come RPG-7 e dosatori di zigulì.
In un hotelette.
Nel mezzo della gelida taiga bassofriulana.
Una donna, un tormento prenatalizio: mia madre.
- Che ansia, ho perso mezz'ora a scegliermi i gambaletti da Calzedonia e mi mancano ancora sei persone.
- Mamma, non è mai successo di arrivare alla Vigilia senza regali.
- No, ma una volta è successo che mi sono slogata la caviglia il tredici di dicembre.
- E capirai.
- Le disgrazie succedono.
- Ma per favore.
- Cosa potrei regalarti?
- Mamma, non lo so.
- Ma ci sarà una cosa che desideri, ti piace e ti serve? Dico io?
- A proposito, sai che a Luca e alla Luisa hanno regalato una macchina del caffé bellissima e gigantesca?
- Oh, finalmente una bella idea!
- Beh, sì, occupa un po' di spazio, però...
- Ma no, intendevo un paio di tazzine graziose per Luca e la Luisa.
- ...
- Quel mestolo di silicone azzurro lo vuoi mettere qui che paghiamo tutto insieme o ce l'hai in mano per caso?
- Per caso.
- Ah, volevo proprio dire.

venerdì, dicembre 05, 2008

Come ella dice citrosodina da codeste parti?

Dal Traveller's Manual of conversation in four languages, English, French, German, Italian. With vocabulary, short questions, etc (1896)

Signori, la cena è in tavola.

Andiamo presto, per ché è tardi. Dobbiamo alzarci a buon'ora domattina.

Io non ho appetito; andrei quasi a letto senza cena.

Vuole dell'umido?

Un tantino, signore; ella è molto cortese. Egli è ottimo quest'intingolo.

Posso servirle un poco di questa indivia? È buonissima.

Mille grazie. Che cosa c'è in codesto altro piatto vicino a lei?

Sono fagiuoli. Ne vuol ella?

No, signore; la ringrazio, voglio mangiare una costerella di castrato.

Vuole un piccioncino, oppure una quaglia?

Grazie. Favorisca di darmi un poco di codesta pernice.

Assaggi di questo pasticcio.

Con piacere. Ancora un po' di crosta, la prego.

Chi dimanda del lepre? Ecco del lombo.

Che cosa c'è in quel piatto all'altro capo della mensa?

Sarà bue arrosto.

Giovanni, accostatemi quel piatto, ch' io trinci quella pollastra.

Signore, pigli dell'insalata, è molto buona, e l'olio è delicato.

No, signora, la ringrazio, non ne mangio mai. Mi dia piuttosto la metà d'un piccione.

Gliene darò un intero; porga il tondo; ella lo mangerà bene.

Giovanni, smoccolate le candele, e date qua l'utello.

Siamo tutti un po' Nicola

Adesso in questo articolo è tutto a posto.
Questa mattina, però, il Corriere aveva trasformato il defunto capo della chiesa ortodossa russa Alessio II - beh - nell'ultimo zar di Russia. Fortuna che c'è sempre un Mostro della Razza Umana che fa salva-schermo per la gioia del Miro. Grazie, Domenico!



Oh ad averci tempo: i legami tra chiesa ortodossa e KGB, le voci sulla presunta appartenenza ai servizi di Alessio II...
Ma non ci ho tempo.
Forse.

[Intanto è di oggi la notizia che i resti di Nicola II trovati a Ekaterinbug nel 1991 e nel 2007 sono veramente di Nicola II. Link, RUS].

giovedì, dicembre 04, 2008

Le custodi

"... Una donna della Galleria Tretjakov mi ha detto che spesso ci torna nel giorno libero, per sedersi davanti a un quadro che le ricorda la casa della sua infanzia. Un'altra custode fa ogni giorno un tragitto di tre ore all'andata e tre ore al ritorno, perché a casa resterebbe seduta nella veranda a lamentarsi delle sue malattie, 'come fanno le vecchie'. Preferisce godersi la gente che osserva, circondata dalla storia del suo paese".

Andy Freeberg, Russian Art Museums Guardians.

[Se anche voi è capitato di pensare che quelle presenze sono interessanti e belle quanto le opere a cui fanno la guardia, e le loro storie magari di più].

mercoledì, dicembre 03, 2008

Utili espressioni di entusiasmo meteorologico

Dal Manualetto della Lingua Russa con la pronunzia figurata, 1906.

Dimoia; l'aria è mite; fa bel tempo; che bel tempo!; che bella giornata!
c'è un bel sole; il sole è troppo cocente; fa caldo; fa un caldo soffocante;
si gronda sudore; c'è molta polvere.

martedì, dicembre 02, 2008

Si parlava di case

"Esiste un rito magico con il quale si invoca e si propizia la pioggia innaffiando la polvere secca della terra. Allo stesso modo si invoca e si propizia l'universo costruendo una casa. La casa è la ricostruzione dello spazio dell'universo come l'acqua versata sulla terra è la ricostruzione della pioggia. [...]
La casa non è una macchina per abitare e l'architettura è fuori di queste faccende.
La casa non è una macchina per abitare perché l'uomo non è né un minerale, né un prodotto chimico, né un raggio luminoso, né un pezzo di ferro, né di legno. Non è un atomo, né un'onda elettromagnetica.
L'uomo è un affare strano che affolla i campi sportivi e si scalmana, riempie gli ospedali e urla, gremisce le chiese e si commisera, si accalca nei teatri e si commuove, affolla le spiagge e si lava.
L'uomo è un affare strano con tumori e sesso, con pazzia e lacrime e così via.
Provate a dire a un medico che gli ospedali sono macchine per guarire, vi riderà in faccia".

Ettore Sottsass, 1956

Donna Viaggia Nel Passato, Inventa Aggettivi, Sogna Lauree Altrui

Sono nella casa in cui abitavo prima. Mi sto vestendo e come sempre nei sogni non so cosa mettermi. Sono già leggermente in ritardo perché devo essere al tuo esame di laurea alle 15.30. Per mia comodità l'esame si tiene a G., all'auditorium, e io ho in mano anche un invito pieghevole in cui si annuncia appunto il tuo esame. A colori, il pieghevole.
Come spesso succede nei miei sogni, io sono lì che penso cosa mettermi ma visualizzo anche l'auditorium, che è ancora vuoto, e mi dico che in effetti in queste cose si accumulano ritardi e farò comunque in tempo.
Mentre sto cercando le scarpe giuste entra in casa mia madre. Come ti sembrano?, le chiedo. Belle, con questa fibbia sono veramente galastine.
Intanto il tempo passa e sono già le quattro e venti, ma tanto io nella mia mente vedo anche l'auditorium e so che ci sono ancora poche persone. Però mi chiedo se ti metterà ansia startene lì in mezzo, in quel posto troppo grande.
Per fortuna i collant che inizialmente erano neri e non andavano bene diventano di un colore naturale, quello che sulle confezioni chiamano castoro o avana o anche daino.
Basta, mamma, dico. Andiamo che devo anche trovare parcheggio.
Così usciamo. È primavera inoltrata e solo ora vedo quello che indosso: un vestito chiaro a fiorellini, leggero e abbastanza bello.
Avvicinandoci alla mia auto notiamo che un vicino di casa ci ha parcheggiato sopra la sua cabrio nera. Mia madre protesta come suo solito. Sul marciapiede fuori di un'osteria ci sono dei vecchi seduti su sedie di paglia. Protestano anche loro per solidarietà, gesticolando. Ce n'è uno che assomiglia vagamente a un luccio.
Nel sogno però a me sembra abbastanza normale che le macchine parcheggino sopra altre macchine. Infatti con qualche manovra e l'aiuto dei vecchi riesco a uscire e parto.
Mentre cerco un parcheggio (al limite parcheggerò sopra un'altra auto) la zona B della mia mente ti vede che entri nell'auditorium, cammini tranquillo fino alla scrivania al centro e ti siedi.
Lo sapevo che si presentava in maglietta, penso.