lunedì, settembre 21, 2009

Screwbank comedy

– Allora vado a ritirarti il bancomat.
– Grazie. Hai tutto?
– Delega, documenti, una storia convincente. Vado.

Mi hanno detto che oggi torna il cassiere. Che lui si occupa dei bancomat. Che lui si occupa di tutto.
Entro. Due sportelli, deserti. Una sosia di Shelley Duvall mi fissa terrorizzata da un ufficio vuoto fastosamente battezzato servizio clienti privati.
Aspetto.
Dopo un po' passa un femminone in tailleur blu. Aspetta il cassiere?, dice. Sì, rispondo. Vado a vedere se è nel caveau, fa lei. Torna dopo un po', senza cassiere. È in bagno, mi sussurra con un sorriso allusivo, torna subito.
Intanto è entrato un cliente. Alto, ordinatamente spettinato, incravattato, indossa un impermeabile beige, ha uno sguardo mite e smarrito e sembra un avvocato: o è John Cleese o è un avvocato.
Niente cassiere.
Entra un secondo cliente. È vecchio, già incazzato, e urla. Questa banca è una vergogna, dice, voglio quattromila euro. Ma si capisce presto che i quattromila euro sono suoi, mica vuole tenerci tutti sotto tiro con il bastone.
Arriva il cassiere. Cicciotto, calvo, ha l'aria di uno che è stato in ferie nel posto giusto ma nel momento sbagliato, tipo monsoni o colpo di Stato. Indossa una camicia di lino arancione.
– Buongiorno. Sono passata a ritirare un bancomat, una sua collega mi ha detto che lei sa già di che si tratta.
Ma lui non lo sa. Gli si sbianca anche la camicia, a lui. Non lo so, dice. Cerchi di spiegarmi. Provi. Io gli dico che a questa – esito, perché dopo tutto lui parlando al telefono con la sua banca mi aveva chiamata “la signora” – a questa persona si è smagnetizzato il bancomat di Intesa-San Paolo mentre si trovava in Italia, che ci avevano indicato l'agenzia più vicina di Banca Intesa, che la persona risiede all'estero e ha chiesto a me, che sono per così dire la sua. La sua persona. Di ritirare la tessera per suo conto. E io ho la delega, ho il documento d'identità, ho un sorriso per tutte le occasioni e una buona storia. Il bancomat dovrebbe stare già qui, guardi.
Purtroppo, dice lui, purtroppo questa banca sta passando a un'altra proprietà. Fusione, assorbimento. Transizione. Catastrofe. Cose così. Non è detto che il bancomat ci sia, dice, la posta qui si perde per strada, lei non ha idea.
Capisco, dico. Invece non capisco, ma non voglio deprimerlo.
Poi si rilassa, estrae una busta. Forse siamo fortunati, dice, forse abbiamo avuto fortuna. Lui la chiama così.
Voglio quattromila euro, urla il vecchio alle mie spalle agitando il bastone.
Dunque siamo a posto, dico.
No, fa il cassiere, ora bisogna telefonare e sperare che ce lo attivino.
Siamo tutti d'accordo che è meglio far passare avanti il vecchio. Voglio quattromila euro, dice lui.
Nel frattempo Wendy Torrance ha ricevuto una telefonata. No, dice, capisco. Capisco, ma purtroppo non mi è possibile chiamarle il direttore, attualmente non c'è un direttore.
John Cleese, intanto, mi spiega che qui sta cambiando tutto, anche l'iban. Che lui se ne sarebbe già andato, se non gli praticassero delle condizioni eccellenti. Condizioni eccellenti, ripete guardingo e a bassa voce, come se mi stesse bisbigliando la combinazione del caveau o descrivendo minutamente le condizioni mediche di sua suocera.
Il vecchio ha finito. Infila i quattromila in una busta, si allontana con spostamenti millimetrici dallo sportello, si blocca, mi si inchina davanti. I miei omaggi, dice. “Anzi, i miei osettembri. Data la stagione.” E se ne va.
È nuovamente il mio turno. Seguono: una delicata telefonata alla sede di Roma, la ripetizione di codici alfanumerici sempre diversi, sguardi allarmati, cenni d'assenso, lunghi silenzi.
Bene, dice poi il cassiere. Ecco il suo bancomat. Ecco la busta con il pin. Potrebbe darmi qualche altro documento? Per sicurezza, aggiunge.
Sfilo la patente e il codice fiscale, ma ormai sono pronta ad allungargli anche il passaporto, i bancomat, la Postepay, le tessere della Coop, di Ubik, di un supermercato per piccoli animali e di Pikapolonica. Basta così, dice lui magnanimo.

Questa gente pensa che li vogliamo rapinare a piccole dosi: svuotando bancomat, magari 300 euro alla volta. Che siamo la Baader-Meinhof dei timidi, le Patty Hearst di Spazio Azzurro, Dillinger in infradito ed espadrillas.
Io e la mia persona queste cose ce le facciamo andar bene. Tanto non possiamo neanche chiedere di parlare con il direttore. Attualmente non c'è un direttore.

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