domenica, dicembre 26, 2004

Memo del 26 di dicembre

Scrive il gatto di Babsi nei commenti:
"E dire che questo Cristo era persino un Capricorno".

Non solo Cristo era un Capricorno. Perfino mia suocera lo è.
E questo - tanto per non arrendersi al caos - ha probabilmente la stessa spiegazione del colesterolo buono e del colesterolo cattivo.

Appunti:
1. la prossima volta che si parla delle grandi scoperte dell'umanità, oltre alla penicillina ricordarsi di nominare l'Alka Seltzer;
2. dopo due giorni di incontri ravvicinati con salmone, scampi, gamberi e gamberetti, guardare Alla ricerca di Nemo non è una buona idea;
3. lo so benissimo, che l'anatra segnaposto non è un regalo; chi l'ha messa nella mia borsetta voleva incastrarmi.

venerdì, dicembre 24, 2004

Il signor G.

Buone feste a tutti dal tradizionalista di casa.



E cercate di sopravvivere.

giovedì, dicembre 23, 2004

È ufficiale

Secondo un'indagine Confesercenti-Swg, per gli under 24 il prossimo Natale si presenta "all'insegna delle spese, soprattutto legate ad abbigliamento e tecnologie".
"Il 34% destinerà più soldi dello scorso anno alle strenne mentre il 35% ha speso per la cena della Vigilia ed il pranzo di natale fra i 125 ed i 250 euro".
A Capodanno "resterà a casa solo il 49% dei giovani, il 13% andrà in discoteca ed il 37% viaggerà". E a mezzanotte del 31, "fuochi e botti per il 39% dei ragazzi (tra gli adulti spareranno 15 su 100) circa la metà dei quali disposti a spendere per acquistarli tra 75 e 125 euro".
I sogni nel cassetto? Un viaggio intorno al mondo, la casa al mare, auto e moto di grossa cilindrata.
Italia, anno 2004. Mense dei poveri, persone che frugano nei cassonetti, ci dormono, a volte ci muoiono dentro. Ci siamo?
Quindi direi che è ufficiale: gli under 24 italiani spacciano.

mercoledì, dicembre 22, 2004

Cose di cui vergognarsi

In segno di protesta contro il piano di ritiro israeliano i coloni ebrei della striscia di Gaza hanno deciso di indossare delle stelle di David simili a quelle imposte dai nazisti. E questa cosa non ho intenzione di commentarla, ma andava detta.

Palestinesi morti a Gaza oggi: tre*. Uno di loro aveva cercato di scalare il recinto e i militari "hanno avuto la sensazione che si trattasse di un terrorista"; è morto dissanguato, l'esercito sparava contro chiunque tentasse di portargli soccorso.

Se Giuseppe e Maria volessero partire da Nazareth per far nascere il loro bambino a Betlemme, la notte del 24 dicembre prossimo – passando per Jenin, Nablus, Ramallah e quindi a sud attraverso Gerusalemme – difficilmente ci riuscirebbero, perché Betlemme è isolata.
Il presepe 2004 dovrebbe essere vuoto come un villaggio fantasma del Far West, i negozi degli artigiani chiusi, le luci spente, e la stella cometa che punta da un'altra parte.

*quattro.

martedì, dicembre 21, 2004

Il ladro di biciclette

Settantaduenne monzese ruba 22 biciclette: "Temevo che scoppiasse una guerra e mi stavo attrezzando".

lunedì, dicembre 20, 2004

Incitement-free

Alcuni istituti di ricerca statunitensi ed europei, dopo analisi approfondite, hanno concluso che i libri di testo palestinesi sono privi di incitamento all'odio e alla violenza. Lo dice l'International Herald Tribune, ripreso da Islamonline.
Tranquilli, ai palestinesi non viene insegnato da piccoli a odiare gli ebrei e Israele. Questi bambini conoscono la violenza nel tragitto da casa a scuola, tra le mura domestiche, in classe, o nei cortili: cioè quando l'Esercito di Difesa Israeliano spara loro addosso. A Rana - sette anni - è successo dieci giorni fa, mentre cenava in casa con i suoi genitori, nel campo profughi di Khan Yunis.

domenica, dicembre 19, 2004

Dopo i cinesi i turchi

Alla manifestazione leghista a Milano "una massa variopinta di militanti" ha "mostrato orgogliosa" cartelli con le scritte "no alla Turchia in Europa", "sì alle radici cristiane" e "dopo i cinesi i turchi! Piccola e media impresa a rischio".
Dal messaggio di Bossi citato da Calderoli: "Proprio qui da Milano partì la cavalleria che affrontò e sconfisse i turchi che minacciavano Vienna e che sarebbero potuti arrivare anche a San Pietro".
E poi: "La nostra storia non è in vendita".
Cioè, qualcuno sarebbe interessato a comprare la storia d'Italia e noi perdiamo quest'occasione?

sabato, dicembre 18, 2004

A.

– Tra cinque anni magari rideremo di tutto questo.
– Ah, non tipo tra una settimana?

martedì, dicembre 14, 2004

Missione manzoniana

Sarò via tre o quattro giorni, per quella che potremmo chiamare "missione manzoniana".
Insomma, togliete i bravi, la peste e anche la monaca di Monza. Ecco, proprio quella cosa lì.
Il weblog non sarà aggiornato, ma se volete scambiarvi saluti o informazioni che non includano le parole "esplosivo", "detonatore" o zoppicanti deliri in neolingua senza l'uso delle doppie i commenti restano a vostra disposizione.
Torno.

domenica, dicembre 12, 2004

Democrazia

Marwan Barghouti lascia; è stato convinto, costretto, a lasciare.
La sua candidatura aveva provocato reazioni molto negative e la minaccia di espulsione da Fatah, ma godeva di un ampio consenso popolare: i sondaggi lo hanno dato sempre in testa, e in passato era secondo solo a Arafat.
Sembra che la priorità dei palestinesi (o meglio, della loro dirigenza) sia di dimostrare all'esterno di essere uniti, compatti e capaci di elezioni democratiche, e questo paradossalmente a scapito della democrazia.
Trovo che il commento più lucido e onesto sull'ostilità a Barghouti sia stato quello di Hasan Abu Nimah e Ali Abunimah su Electronic Intifada: "Quello che è davvero irresponsabile, assurdo e difficile da capire è il fatto che un palestinese venga trattato così crudelmente non dai suoi persecutori israeliani ma dai suoi stessi compagni. Marwan Barghouti è criticato così aspramente non mentre vive tra i suoi compagni ma mentre sconta cinque ergastoli in un carcere israeliano per presunti "crimini" commessi per difendere la propria gente quando altri godevano dei privilegi, del falso prestigio e della ricchezza che avevano ottenuto in cambio dei diritti e della dignità del loro popolo".
Resta l'impressione di un'occasione perduta, e la speranza che Barghouti abbia almeno posto delle condizioni (non fare concessioni su Gerusalemme, garantire il ritorno dei profughi e la liberazione dei prigionieri palestinesi): questo dimostrerebbe ancora una volta le sue doti di negoziatore e la sua intelligenza politica.
Intanto Mahmoud Abbas - che piace a Israele, agli Stati Uniti e alla classe media - vincerà le democratiche elezioni palestinesi.

Te piace 'o alberello?

– Fai l'albero, oggi?
– No.
– La vuoi la punta da mettere in cima, quella che si illumina e suona?
– Non faccio l'albero.
– Ah, bene. Perché se lo facevi...
– No.
– Io potevo darti i babbinatale che salgono sulla scaletta.
– Ma non lo faccio.
– Ah, va bene.
– Bene.
– Non è mica necessario. Io per esempio ho quello a fibre ottiche.
– Infatti.
– Non voglio essere invadente.
– Non ti preoccupare.
– Allora ti porto la corona da appendere fuori, quella con i fiocchi e le pigne.
– ...
– Almeno la corona la appenderai, no?

Signori, mia suocera.

sabato, dicembre 11, 2004

Travestimenti

Per la festa in maschera del suo reggimento in memoria della battaglia di Waterloo un soldato britannico si è travestito da terrorista suicida (turbante, barba posticcia e giubbotto imbottito di fili e finti candelotti esplosivi).
Visto nei dintorni della base militare di Aldershot, mentre tornava dalla festa ubriaco, è stato subito circondato e arrestato.
Allora: turbante, barba posticcia, finto giubbotto esplosivo, andatura barcollante. Solo io me lo immagino con la faccia di Peter Sellers?

venerdì, dicembre 10, 2004

Dorme

Com'è possibile pretendere di usare lo scanner di fronte a uno capace di trasformarlo in cuscino, per un pisolino tanto professionale?
Sogni belli, Gito.

Se

Non è tanto la notizia in sé che mi fa ridere.
È pensare alla faccia che avrei fatto vent'anni fa se mi avessero detto che Sylvester Stallone avrebbe girato un film sul Maresciallo Tito commentando "Non ne posso più di film inverosimili".

giovedì, dicembre 09, 2004

Aquile e balene

Sfogliando vecchi appunti ho trovato una frase di Herman Melville che mi piace molto, "I love all the men who dive", io amo tutti gli uomini che si tuffano, che vanno in profondità. E, parafrasando e riassumendo, prosegue così: tutti i pesci sono capaci di nuotare vicino alla superficie, ma ci vuole una balena per scendere giù per cinque miglia o più; e se non riesce a raggiungere il fondo non ci riuscirà neanche tutto il piombo di Galena.
Melville amava i tuffatori del pensiero, coloro che dalle origini del mondo non hanno fatto altro che tuffarsi per poi riemergere con gli occhi iniettati di sangue, tuffarsi e riemergere.
Mi rendo conto che questo corrisponde anche alla mia idea di vera scrittura, che dev'essere per forza correre rischi, affrontare fatiche, opporsi agli attriti: e per tanti che nuotano a filo d'acqua ce ne sono pochissimi altri che tornano su dal fondo con gli occhi arrossati. Melville, cantore di balene e di aquile - le aquile di montagna che anche gettandosi nelle gole più oscure volano più alte degli uccelli di pianura - era uno di loro.
Anch'io amo coloro che si tuffano.
Chissà cosa penserebbero gli oggetti della mia ammirazione sentendosi entusiasticamente catalogare come cetacei.

"Uomo, ammira dunque la balena e modella te stesso su di essa. Cerca anche tu di restare caldo in mezzo al ghiaccio. Vivi anche tu in questo mondo senza farne parte".
Herman Melville, Moby Dick

Falling asleep

"A judge said to have admitted falling asleep during a trial, page 6, G2, December 6, may have been somnolent. He was certainly not somnambulant. Somnolent: drowsy, sleepy; somnambulant: walking while asleep".
The Guardian, Corrections.

Agenzia Walrus/Questi pazzi pazzi rumeni

Ancora loro.
Un ladro è finito in manette perché aveva chiesto a due agenti di spingere la macchina che stava cercando di rubare, mentre lui tentava di metterla in moto. Ma gli agenti, alla vista dell'autoradio sul sedile del passeggero, si sono insospettiti.
Alla polizia di Cluj hanno dichiarato: "È uno dei ladri più spavaldi con cui abbiamo avuto a che fare. Era calmo e controllato, ma un po' trasandato".
Solito Ananova.

Giorni fa, invece, un uomo ha rubato una preziosa collana da una gioielleria di Ramnicu Valcea e si è allontanato a piedi, inseguito dall'orefice. Poi, arrivato all'attraversamento pedonale, ha trovato il semaforo rosso. Perché avrebbe dovuto violare il codice della strada? Così un poliziotto: "Se ne stava lì ad aspettare che il semaforo diventasse verde, per poter attraversare. Non voleva commettere un reato". Preso.

A questo punto è possibile perfino individuare uno schema narrativo, un paradigma del furto in solitaria costituito da sgangherata iniziativa personale, pasticcio e plateale smascheramento; immancabilmente, il ladruncolo pecca d'ingenuità (o si astiene dal commettere due reati contemporaneamente) e la polizia non nasconde una certa benevolenza, una sorta di burbera ammirazione.

martedì, dicembre 07, 2004

Cronache della città di G./Sogni

Per aprire un albergo a cinque stelle a Gorizia bisogna essere ottimisti o megalomani: presidenti, celebrità, ballerine e calciatori arrivano e se ne vanno prima del tramonto, oppressi dalla bellezza intollerabile del luogo e dei suoi abitanti. La sera circola un solo autobus, con la scritta incoraggiante "servizio notturno - alberghi cittadini". Vuoto come una diligenza fantasma.
Credo che l'ultimo turista di un certo status e censo sia stato qualcuno della dinastia Asburgo, e non dev'essersi neanche fermato per la notte. Da allora, la città è stata distrutta un paio di volte. Ci ha dormito il solito Hemingway, che scoperta, e Patty Pravo dieci giorni fa (perché messa a terra dall'influenza proprio prima dello show). Ma cinque stelle con parco e beauty farm, via.
L'hotel si chiama Dante.
Si trova forse in via Dante? No!
Può Dante averci dormito? Ma va'!
Eppure all'ingresso c'è un busto del poeta, e tempo fa si mormorava - orrore - di stanze ispirate alla Divina Commedia ("Buonasera, mi dà la suite dei lussuriosi, grazie"), progetto per fortuna accantonato.
La risposta va cercata nel vissuto del proprietario: "Ho sempre avuto una grande passione per Dante, perché da piccolo facevo dei sogni simili ai suoi".
Poi ci si domanda come fa uno a metter su un cinque stelle a Gorizia.

Cronache della città di G./Disappunto

Tutto si può dire dei goriziani, tranne che si lascino sfuggire una bella occasione per manifestare scontento: hanno perfezionato una mimica e un'intonazione da professionisti del disappunto, irradiano insoddisfazione.

Fiera di Sant'Andrea, domenica pomeriggio. La giornalista di una rete privata ha il compito ingrato di intervistare i passanti.
– Buongiorno, signora, ha fatto acquisti?
– No! Non ho soldi, guardi!
– Ma è piacevole passeggiare tra le bancarelle, vero?
– Ah, no, questa fiera fa schifo. Ogni anno peggio.
– Ma l'aria di festa...
– Non ho soldi!
– Ma i profumi delle leccornie e di dolciumi...
– E di pecorino! Che mi lo odio, il pecorin!

Luogo comune festivo contro artista del malumore, zero a uno.

lunedì, dicembre 06, 2004

Cronache della città di G./Jackpot

Notizie dalla terra dell'abbondanza: a Grado si è appena liberato un posto di bagnino.

domenica, dicembre 05, 2004

Blog di confine

Io non ne parlo quasi mai. Parlo, è vero, della città di G. in termini tra lo scherzoso e il denigratorio (nulla che non si meriti, comunque). O delle "città gemelle". O della Jugoslavia. Ma del confine quasi mai.
Per motivi di lavoro stasera mi trovavo a preparare (abbastanza stancamente, ma con una certa rassegnata diligenza) la scheda di presentazione di un libro sul confine - o meglio su alcune proposte di progettazione del territorio di confine tra Gorizia e Nova Gorica - quando mi sono imbattuta nelle parole di Franco Dugo, artista goriziano:
"la definizione 'uomo di confine' la posso accettare, intendendo con ciò che la mia vita è stata segnata dalle vicende della storia di questa terra. E forse mi sento 'uomo di confine' nel senso un po' particolare di sentirsi ai margini, per motivi piuttosto banali. Per esempio per la difficoltà comune, anche a persone colte, di collocare geograficamente questa città. Il goriziano si trova per forza, mentalmente al confine. A Gorizia bisogna andarci, non la si attraversa per raggiungere altre città".
Mentre leggevo mi sono resa conto che questa percezione mi è familiare e costituisce - anche mio malgrado - parte della mia identità. Gorizia non è una città di confine; è il confine.
Io non ne parlo quasi mai: ma dovrò farlo, prima o poi, e forse andrà per le lunghe.
Fate finta allora che questo blog sia come la città di G.: dovete proprio venirci, mica attraversarlo per andare da un'altra parte. Almeno finché non ci avrò messo i link.

giovedì, dicembre 02, 2004

Sarò noiosa/Marwan Barghouti parte terza

Ne avevo parlato fino alla nausea qui e poi qui.
Poteva bastare.
Però Barghouti ha deciso di candidarsi alla presidenza dell'Autorità nazionale palestinese: "un'opportunità e un rischio", scrive Arab Monitor. Quindi attacco con la terza puntata, che è solo la traduzione di alcune parti di un articolo scritto da Barghouti e apparso sul Washington Post del 16 gennaio 2002.

[...] Per Israele l’unico modo per garantire la propria sicurezza è semplicemente porre fine all’occupazione israeliana del territorio palestinese, durata 35 anni. Gli israeliani devono abbandonare il mito secondo il quale sarebbe possibile avere contemporaneamente la pace e l’occupazione dei territori, e una coesistenza pacifica tra padrone e schiavo. La mancanza di sicurezza in Israele nasce dalla mancanza di libertà dei palestinesi. Israele avrà la sicurezza solo dopo la fine dell’occupazione, non prima.
Quando Israele e il resto del mondo avranno compreso questa fondamentale verità, il seguito sarà chiaro: ponete fine all’occupazione, permettete ai palestinesi di vivere in libertà e lasciate che Israele e Palestina negozino sullo stesso piano di equità e indipendenza un futuro pacifico con stretti legami economici e culturali.
Non dimentichiamo che noi palestinesi abbiamo riconosciuto Israele sul 78% della Palestina storica. È Israele che si rifiuta di riconoscere il diritto della Palestina a esistere sul restante 22% del territorio occupato nel 1967. E tuttavia sono i palestinesi a essere accusati di non scendere a compromessi e di perdere le occasioni di pace. Francamente, siamo stufi di prenderci sempre la colpa per l’intransigenza israeliana quando tutto ciò che vogliamo ottenere è l’attuazione della legge internazionale.
E non abbiamo fiducia negli Stati Uniti, che forniscono ogni anno miliardi di contributi per finanziare l’espansione da parte di Israele di colonie illegali, che “combattono il terrorismo” fornendo a Israele gli F-16 e gli elicotteri militari usati contro la popolazione civile inerme, che “difendono la libertà e gli oppressi” coccolando Sharon nonostante sia stato accusato di crimini di guerra per la sua reponsabilità nel massacro dei profughi palestinesi nel 1982. Il ruolo dell’unica superpotenza mondiale si è ridotto a quello di un semplice spettatore che non ha nulla da offrire se non lo stanco ritornello del “Ponete fine alla violenza”, e che non fa niente per affrontare le radici di quella violenza: la negazione della libertà dei palestinesi.
[…]
E così noi ci difenderemo. Se Israele si riserva il diritto di bombardarci con gli F-16 e gli elicotteri, non dovrà sorprendersi quando i palestinesi ricorreranno ad armi difensive per tirarli giù. E se io, e il movimento Fatah al quale appartengo, mi oppongo fermamente agli attacchi ai civili israeliani, nostri futuri vicini, mi riservo il diritto di proteggere me stesso, di resistere all’occupazione del mio paese e di combattere per la mia libertà. Se ci si aspetta che i palestinesi negozino sotto l’occupazione, allora bisogna aspettarsi che Israele negozi mentre noi resistiamo a quell’occupazione.
Io non sono un terrorista, ma non sono nemmeno un pacifista. Sono un semplice palestinese, un uomo della strada, e chiedo solo ciò che ogni oppresso ha sempre chiesto – il diritto di aiutarmi da solo in assenza di qualsiasi altro aiuto.
Questo principio può portare anche al mio assassinio. Per questo, chiariamo la mia posizione, perché la mia morte non venga accantonata con leggerezza dall’opinione mondiale come un altro dato statistico nella “guerra al terrorismo” di Israele. Per sei anni sono stato rinchiuso come prigioniero politico in un carcere israeliano, dove sono stato torturato, dove sono rimasto appeso e bendato mentre un israeliano mi colpiva i genitali con un bastone.
Dal 1994, però, quando ho creduto che Israele fosse veramente intenzionata a terminare l’occupazione, sono stato un instancabile sostenitore di una pace basata sull’equità e la lealtà. Ho guidato delegazioni di Palestinesi in incontri con parlamentari israeliani per promuovere la comprensione reciproca e la collaborazione. Perseguo ancora la coesistenza pacifica tra i paesi uguali e indipendenti di Israele e Palestina, sulla base di un completo ritiro dai territori palestinesi occupati nel 1967 e di una giusta soluzione al problema dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni dell’Onu. Non voglio distruggere Israele ma soltanto porre fine all'occupazione del mio Paese.

Christmasholic



Una certa persona di famiglia potrebbe essere definita natalomane: lo si nota dagli addobbi nel salotto, dal redivivo alberello a fibre ottiche, da una lampada dai colori pastello che emette fasci di luce e musica, dai presepi improvvisati un po' ovunque, mentre Ella la cagnolina sfoggia un berretto da babbo natale. L'anno scorso ho scambiato per una saliera un pastore di ceramica con pecora in spalla (un consiglio: tutto quello che si trova nei paraggi di una cometa non è commestibile). La cena della Vigilia ci si sente un po' come i personaggi di un presepio vivente postmoderno. Saranno anche le musiche natalizie in sottofondo, ma se in quel momento mi apparisse un biondino alato e riucciuto in abito lungo con lo striscione "Pace in terra agli uomini di buona volontà" lo troverei anche normale ("ancora un po' di parmigiano?" "no, quella non è una saliera, caro").
Quella certa persona di famiglia da qualche anno ha deciso di imboccare la strada (dovrei dire il tunnel) dei regali utili, dei regali di coppia.
L'espressione "regalo per la coppia" in questo contesto evoca tante cose letalmente tediose: che ne so, ciabatte in tinta, pigiami abbinati, una trapunta doppia, due tazzone per il caffelatte... Mai che venga in mente a nessuno che magari a tutti e due piacerebbe il dvd di Tetsuo.
E che insidioso sa essere l'aggettivo "utile".
"Vi serve una piccola aspirapolvere raccoglibriciole?" (disperatamente)
"Vi piacerebbe, vero, una pentola a pressione per due persone?" (mi hai letto nel pensiero)
"E un cestello per cuocere a vapore nella pentola a pressione per due persone che vi ho regalato lo scorso anno?" (chi lo immaginava che una pentola a pressione potesse avere più optional di una Smart?)
"E un decanter per il vino rosso?" (e l'apribottiglie, quando?).
Quest'anno l'interrogatorio è stato più complesso, e rivelava una discreta conoscenza delle tecniche della CIA.
"Un ferro da stiro da viaggio?" (nnn-nnn)
"Un asciugacapelli da viaggio?" (mi chiedo se voglia mandarci a tutti i costi in esilio)
Poi, dopo breve riflessione, di fronte alla mia faccia sgomenta:
"Ah, ecco!"
"Eeee....?"
"Un'affettatrice!"
"..."
"E per te, A., pensavamo a un set per la bourguignonne".
"Mamma, ma vivo solo" (immaginarsi, prego, la scena di A. che rincasa la sera tardi e si prepara una bourguignonne per uno).
"Puoi sempre invitare qualche collega-a" (e per collega-a intende collega donna, con relativa fantasia sul figlio che rincasa e allestisce una bourguignonne per quattro seducenti donne manager, in una sala da pranzo illuminata dalla luce delle candele).
Ho 22 giorni per dirottare l'affettatrice che mi sta puntando come un meteorite.
Io dico che quell'asciugacapelli da viaggio potrebbe servire.

mercoledì, dicembre 01, 2004

Agenzia Walrus/Shine on you crazy diamond

Non si capisce bene per quale motivo, ma alcuni scienziati britannici hanno stilato un elenco delle 100 cose da fare prima di morire: ammesso che possa interessare vedere il dito medio di Galileo, ordinare azoto liquido per preparare a casa propria il gelato più omogeneo del mondo, o imparare il Choctaw (una lingua che ha ben due tempi passati, e della quale io avevo sentito dire che ne ha ben tre). E ancora: bollire un uovo con un telefono cellulare, dare il proprio nome a una nuova specie, clonare l'animaletto domestico, estrarre il proprio DNA, vedere un atomo. Insomma, tutte le cose migliori che la scienza può offrire nel campo delle "nuove esperienze" invece di occuparsi delle solite quisquilie.
Fino allo sfizio estremo, al gloriosamente inutile e al supremamente idiota: diventare un diamante da un carato (bastano poche ceneri e sei il migliore amico delle ragazze, dicono).
Questi non devono conoscerla, la canzone di De Andrè.

Old age

Sede centrale di Friulcassa, ex Cassa di Risparmio di Gorizia, ore 10.30. Cinque sportelli, mai aperti tutti contemporaneamente.
Bisogna munirsi di biglietto numerato, e io ho il 4. Il display segna il 79. Ho venticinque persone davanti.
Sono circondata dalla terza età e anche dalla quarta: uomini malmessi in giubbotto trapuntato e berretto di feltro che parlano di tasse e di soldi, donne in cappotto cammello e berretto d'angora che fissano i display. A un certo punto un vecchio in trapuntato blu e cuffia marrone approfitta di un momento di distrazione e si lancia verso uno sportello libero ("se non ci va nessuno..."). Aveva fino a quel momento giocato la parte del rincoglionito estremo, impedito dal dolore all'anca.
Il suo scatto sorprende tutti.
Gli uomini se la prendono con il display luminoso ("con tutti questi anziani..."). Le donne se la prendono con il furbo.
Una signora sui settanta (quella che aveva il numero 8 e si era convinta che ben 74 persone le fossero passate avanti) mi fa: "Teniamoli d'occhio". Adesso, superata la perplessità numerica, ha l'aria di una che la sa lunga: "Non sanno aspettare, gli uomini".
Io penso ai cassieri, a come dev'essere restare indifferenti davanti a questi dannati varicosi e sciupati messi in fila dietro alla linea di cortesia o seduti qua e là, col numero e la bolletta in mano. A come dev'essere esporre la scritta "sportello chiuso" davanti a facce così. Ci si abitua?

T. mi scrive che all'inaugurazione di una mostra a Trieste, durante il rinfresco a bordo piscina, lui e A. hanno scambiato due chiacchiere con una signora anziana: "Ci ha detto che lei le mostre a Trieste le vede tutte e che sono tutte bellissime. Ma sai perché? Per il rinfresco. E mi è stato confermato - da un giovane professore universitario che considerava la cosa assai divertente - che a Trieste questa di andare per inaugurazioni o convegni per sbarcare il lunario con qualche pasto gratis e per stare al caldo è abitudine di molti pensionati". E conclude: "non è forse invece che quelle mostre o convegni, quei rinfreschi e quel caldo gli spettano di diritto perché lo pagano anche loro, e vanno a prendersi una parte di quello che gli spetta? La cosa non è per nulla divertente, caro il mio professore". Si chiude un occhio, si racconta la cosa pensando che faccia ridere: chissà se ci si abitua, a questo.

Old age is
a flight of small
cheeping birds
skimming
bare trees
above a snow glaze.


William Carlos Williams, "To Waken an Old Lady".

martedì, novembre 30, 2004

Belly Dancers vs George Bush

Bush atterra in Canada e trova i manifestanti ad attenderlo. E che manifestanti: "You'll see the Raging Grannies in addition to radical cheerleaders, Belly Dancers Against Bush, (and) Artists Against War who have created an 'Unwelcome Mat'", dice soddisfatto Joe Cressy del comitato No to Bush.
Non so cosa mi incuriosisce di più: se le nonnine scatenate, le ragazze pon-pon radicali e le danzatrici del ventre contro Bush o l'appariscente assenza delle spogliarelliste.

lunedì, novembre 29, 2004

Zero the Hero

"Any number divided by zero is undefined, not zero as reported last Sunday in a Starship article about the number zero. Zero divided by zero is also undefined. The Star regrets the error".
Toronto Star, sezione "Corrections".

Agenzia Walrus/Questi pazzi pazzi rumeni

Eccoli, di nuovo.
Per la seconda volta in un mese un cieco ruba una macchina e va a schiantarsi contro un albero. Aveva dichiarato: "Volevo dimostrare a me stesso che potevo fare tutto quel che volevo, nonostante il mio handicap". Questa volta si era fatto accompagnare da un altro cieco e da un vedente, che avrebbe dovuto fargli da navigatore. È successo a Izvoare, in Romania. Lo dice Ananova.

sabato, novembre 27, 2004

Con i tempi che corrono/2

... but many Padanians are armed, mi fa notare Dust al volo prima di comporre "Il pandàno" (sottotitolo, Salvaguardiamo una specie in via d'estinzione):

Lungo il placido Eridano
sempre immerso nella bruma
bello come un dio pagano
che fatica e che consuma
mai sdraiato sul divano
disdegnando la carega
là tra i fumi ed il metano
vive insieme alla sua Lega
il pacifico pandàno.

Lungo il placido Eridano
sempre immerso nella bruma
bello come un dio pagano
che fatica e che consuma
mai sdraiato sul divano
disdegnando la carega
là tra i fumi ed il metano
vive insieme alla sua Lega
il pacifico pandano

Animale assai nostrano
concentrato in nord Italia
è più sacro del Corano
E' inseguito da una taglia
chi molesta il buon pandano
Si munisca di una sega
e si asporti quella mano
o provvederà la Lega
Giù le zampe dal pandano !

Patatonia è un luogo strano
(il paese ov'è diffuso)
pianeggiante e anche montano
dal confine un po' confuso
con un clima assai malsano
Ma il pandano non si piega
né al terrone né al pantano
E si stringe alla sua Lega
Ce l'ha duro, quel pandano !

Dei sudisti tien lontano
la marmaglia spendacciona
Non si mischia col romano
ché si sa, Roma è ladrona
A chi non è puro ariano
lui l'accesso a forza nega
Ma decresce piano piano
(pur protetto dalla Lega)
non prolifico, il pandano.

Link

venerdì, novembre 26, 2004

Con i tempi che corrono

... non si sa mai, e allora volevo dire che:
no Padanian was harmed in the making of this weblog.

Dicono

La Lega ha offerto una taglia di 25.000 euro per trovare gli assassini del benzinaio di Lecco: "Nessuno può permettersi di toccare un padano", dichiara all'Ansa il Ministro Calderoli, non senza un tocco western: "Io avrei preferito qualcosa tipo 'vivo o morto', ma mi hanno detto che la legge non lo consente".

Plurals

"Jonny Wilkinson (Gregan's Wallabies plot new England fall, page 27, November 23) is recovering from a biceps injury, not a bicep injury. The singular of biceps is biceps. The plural of biceps is biceps".
The Guardian, sezione "Corrections".

mercoledì, novembre 24, 2004

Possession: lui, lei, lui, e molti tentacoli

O. è un tipo flemmatico. Ma mettigli in dubbio le regole del cinema di fantascienza e si inviperisce: insomma, capisci presto che se tu e lui in questo momento vi trovaste in un'astronave allegramente diretta verso Orione non esiterebbe a trasformarti in spazzatura cosmica lanciandoti fuori dal portellone. Inutile obiettare che quel dato film "sì, è sci-fi, ma in fondo mette in scena una tensione psicologica (o sociale, o ideologica)...": prima di rendertene conto sei già metaforicamente fuori dal portellone, a fare ciao con la manina.

A Trieste c'è ogni anno un bellissimo festival del cinema di fantascienza, Science plus Fiction, grazie al quale ieri abbiamo potuto vedere Possession di Andrzej Zulawski, versione originale sottotitolata: film che abbiamo inseguito per anni, un po' un mito adolescenziale, con quell'aria sempre vagamente peccaminosa che hanno le pellicole maledette o anche solo sfigate.
Ed eccolo, dunque: fotografia livida, ambientazione berlinese minevoecentottanta (una Berlino Ovest deserta, quasi metafisica), movimenti di camera continui e vorticosi, forse esagerati. Marc (una via di mezzo tra uomo d'affari e agente segreto, interpretato da Sam Neill) al ritorno da una delle sue missioni trova ad aspettarlo la moglie Anna (Isabelle Adjani) e il loro bimbo di cinque anni. Capisce subito che Anna ha qualcosa che non va: è distante, infastidita, sfuggente. In breve, ha un amante.
Solo che tra una scena isterica e l'altra si comprende che Anna non si dà a Heinrich, cultore saccente del sesso tantrico con cui ella ha avuto una relazione, ma – ben più appassionatamente – a un mostro tentacolare e viscido, un polpo gigante e sanguinolento uscito dalla fantasia di Carlo Rambaldi. Il mostro va prendendo progressivamente una forma più distinta, più umana. Diventa a questo punto chiaro, al pubblico ma non al marito ancora completamente all'oscuro della faccenda, che è Anna stessa ad aver dato forma alla creatura (partenogenesi? È solo un'ipotesi).
Per proteggere il suo segreto la donna fa fuori un paio di detective assoldati dal marito e anche un'amica; lui a sua volta uccide il maestro di sesso tantrico e un misto di poliziotti e altri personaggi. Marito e moglie, tra una cosa e l'altra, tentano entrambi, ma con poca convinzione, il suicidio con un coltello elettrico (follia). Dopo varie disquisizioni sullo sdoppiamento, sulla dicotomia corpo/anima, su Dio, sulla fede e il caos, il film si avvia verso l'enigmatico finale: il polpo ha preso le sembianze del marito della donna, è ora "completo"; Anna e Marc muoiono dopo una sparatoria con la polizia; il loro bambino tenta il suicidio cercando di annegare nella vasca da bagno, mentre la donna a cui era stato affidato (la sua maestra di scuola, che tanto per confondere le idee è impersonata sempre da Adjani) si appresta ad aprire la porta a colui che crede Marc (del quale è forse innamorata) e che invece è il mostro. Chiusura sullo sguardo attonito di Isabelle, mentre si sente il frastuono di quella che sembrerebbe una catastrofe nucleare.

In auto, poi, appesantiti dal film e dai tacos mangiati poco prima (perché le proiezioni di Science plus Fiction si tengono al multisala del centro commerciale Torri d'Europa, e la gente deve pure nutrirsi in questi ambienti artificiali), O. e io ci siamo scambiati alcuni commenti ("proprio come me lo immaginavo", e "che prodotto degli anni Settanta!") e delle informazioni utili.
E quindi, saranno stati i tacos, sarà stato il film, ma sarà stato soprattutto che O. aveva tutta l'aria di addormentarsi al volante: insomma ho detto le parole maledette.
"In fondo, non è nemmeno un vero film di fantascienza".
Lui, improvvisamente sveglissimo, ha cominciato a elencare le sue benedette regole del genere, e con questo siamo approdati sani e salvi in garage (ma io avevo messo la sicura).
A casa, comunque, in momenti distinti e facendo finta di nulla, abbiamo entrambi consultato The Aurum Film Encyclopedia of Science Fiction, ovvero il Tomo Unico della Legge.
Ed ecco.
Possession dovrebbe stare nell'anno 1981, tra Piranha II: Flying Killers e The Protectors, Book I. Invece neanche l'ombra.
Abbiamo scelto di non commentare la cosa.

L'Iconocl/asta

Consiglio di lettura: Dust, ispirandosi all'apparizione miracolosa della Madonna del formaggio messa all'asta su Ebay (come tutto è soggettivo: dove alcuni potrebbero vedere la Madonna io ci ho visto mia zia Palmira da giovane. Cosa ci facesse mia zia Palmira su un pezzo di montasio, sulle prime non mi è sembrata una domanda fondamentale), ha scritto questo:

La visione è quella cosa
che si imprime sulla fetta
Se mangiasti troppo in fretta...
be', fra poco tornerà

Puoi cercarla sull'hamburger,
la schiacciata ed il panino
Evita il cacciatorino
altrimenti viene a pois

Dalla pizza margherita
ti sorride Berlusconi
che fra tasse e patrimoni
di miracoli ne fa

Sopra il toast che già pregusti
Bossi a un tratto ti compare
Ti sconsiglio di addentare
perché a male è andato già

Che traspare su quel sandwich
pieno zeppo di pancetta ?
C'è Bin Laden che l'affetta !
[ Non diciamolo al mullah ]

La tartina mostra un viso
E' la Vergine Maria !
No, ricorda più una spia...
Oh, madonna, ma è James Bond !

Sul Big Mac vedi apparire
dei Duran Duran il volto
E leccando il grasso sciolto
potrai dir "Simon l'è Bòn"

Sulla fetta di toscano
che avido e fremente impugni
ti congeleranno i grugni
di Schifani e di Maron

Perciò, attento, non buttarti
su ogni tipo di panino
Trangugiar ciò che è divino
non è segno di bon ton

Se l'oggetto te lo pappi
tu sarai un iconoclasta
Se lo metti invece all'asta
ci farai qualche milion

Link

Agenzia Walrus/Questi pazzi pazzi rumeni

Ci risiamo.
Un prete di Parcovaci ha denunciato il furto di una lacrima miracolosa che era apparsa su un'immagine della Madonna. La polizia ha subito stanato la colpevole, che così ha spiegato la dinamica della sottrazione: "Mi sono avvicinata all'immagine per pregare e ho cercato di portar via la lacrima con le labbra, baciandola, senza però riuscirci. Allora l'ho tolta con un fazzoletto e me la sono portata via".
Il fazzoletto con la lacrima è adesso esposto accanto al dipinto della Madonna.
L'ispettore Taranu ha commentato: "una cosa è certa: è il primo caso di questo genere in tutta la nostra storia". E ci mancava solo che dicesse: "in tutta la nostra onorata storia di lacrimazioni mariane".
Sostiene Ananova: e chi, sennò?

lunedì, novembre 22, 2004

Vilipendio di cadavere

La finezza, il tatto, la classe di certi giornali di provincia.
Una donna di 68 anni qualche giorno fa è stata uccisa con cinque colpi alla testa nella sua casa di Spilimbergo, in provincia di Pordenone.
Ieri Il Piccolo di Trieste titolava in prima pagina "Massacrata a bottigliate la "pettegola" del paese".
La fotografia ritrae una donna anziana sorridente, con la permanente, un vestito a fiori e una collanina di perle scure. Il pezzo descrive sommariamente la "macabra scena" del delitto (le bottiglie di vino, un mozzicone di sigaretta, alcune impronte), poi il cronista giudizioso traccia un sintetico ritratto della vittima. E qui viene il bello: la donna viene descritta come una "personalità bizzarra", un'"attaccabrighe", una donna "problematica, non pericolosa, ma con rapporti non buoni con il vicinato" (insomma, vecchia, rompicoglioni, balorda, e mai che si facesse i fatti suoi: state attenti che quelle così a Spilimbergo fanno una brutta fine). Viveva in un "monolocale dell'Ater" ed era "seguita dai servizi sociali": sinonimo, evidentemente, di quel genere di problemi che attirano le bottigliate in testa.
Certi redattori dovrebbero leggersi (o rileggersi) gli articoli di nera di Dino Buzzati: non solo il loro stile ne guadagnerebbe abbondantemente, ma forse imparerebbero anche che non si maltrattano così le donne vive, figuriamoci quelle morte ammazzate.

Agenzia Walrus/Questi pazzi pazzi serbi

Sempre a proposito dell'immagine dei balcanici:
un sarto serbo ha inventato una cravatta da annodare attorno al pene: insomma, il classico regalo "per l'uomo che ha già tutto". "Spero che i clienti la compreranno per fare una buona impressione al primo appuntamento", dice Neven Vrgoc, che sostiene di avere tra i suoi clienti Arnold Schwarzenegger, Jacques Chirac e Bill Clinton e conta di lanciare la nuova idea-regalo per Natale.
La notizia è, tanto per cambiare, su Ananova.

domenica, novembre 21, 2004

Pinokkio e il canotto del comandante B.

All'amica che mi telefona e mi chiede se per caso sono finita da qualche parte nello spazio verso il settore delta (sarcasmo), io potrei rispondere che ho passato parte del pomeriggio a leggere e a strapazzare Pinocchio, per evitare che il comandante Babsi metta in atto la sua minaccia-tipo, che consiste nel "gonfiare il canotto" (ovvero – come me la immagino io, evocando sudati fotogrammi coppoliani – scendere giù per il Naviglio, seguire il Po fino alla foce, e poi su per un tratto di mare e infine risalire canali e poi l'Isonzo fino alla fosca città di G.). Il seguito è meno chiaro, ma io sospetto che voglia incendiarmi un cassonetto a scopi dimostrativi, aizzarmi contro i condomini, organizzare una protesta pacifica finalizzata alla mia espulsione dalla Nizza austriaca, e infine espropriarmi proletariamente il gatto. Non lo so con sicurezza, mai prendere sottogamba le donne geniali.
Io ho due alternative.
Posso sperare che - essendo il canotto sprovvisto di sistemi di illuminazione - prenda per sbaglio il Timavo, che è carsico.
Oppure posso malmenare Pinocchio, trasformarlo nel moscovita compagno P., spedirlo a Strelnik che ha avuto un'altra geniale idea, e contare sul fatto che il comandante e chiunque lo desideri possano definitivamente accertare i miei limiti "letterari", e amen.
Con la mia amica al telefono ho tagliato corto e ho detto che avevo da fare tre lavatrici.

venerdì, novembre 19, 2004

Agenzia Walrus/Questi pazzi pazzi rumeni

Che vi dicevo?
Il sindaco di Baia Mare in Romania aveva messo a disposizione della cittadinanza un numero verde per segnalare disservizi e dice di essere stato invece sommerso dalle chiamate di casalinghe annoiate, pronte a dichiarargli e a dimostrargli il loro amore ("mi sono state fatte dichiarazioni, e addirittura proposte erotiche").
"Capisco che le signore hanno i loro desideri, ma questi problemi vanno risolti da un'altra parte, non in Municipio", dice il sindaco molestato.
Titolo: "Stop pestering me for sex", Ananova.

Problemi d'immagine

Si prende un reality show americano, chiamato "The Apprentice", in cui i partecipanti si sfidavano per conquistare un posto di dirigente per Donald Trump.
Si sviluppa il format, e lo si chiama "The Ambassador": 14 concorrenti dovranno mettere alla prova per 12 settimane le proprie abilità diplomatiche in qualità di "portavoce", e ogni episodio si svolgerà in un paese diverso. Il migliore vincerà un anno di lavoro da trascorrere negli Stati Uniti, come "ambasciatore" del proprio paese, spese incluse. La giuria sarà costituita, tra gli altri, da un ex capo della sicurezza e da un ex portavoce dell'esercito; qua e là ho letto anche di due ex primi ministri.
Vi do degli indizi.
Il paese nel quale si svolgerà il reality ha qualche problema di immagine.
Negli ultimi quattro anni si è attirato le critiche internazionali.
I suoi abitanti ritengono che i loro rappresentanti politici non abbiano sufficiente carisma per combattere la cattiva stampa.
Non è l'Italia (ma ultimamente l'Italia gli è molto amica).
Ama definirsi "l'unica democrazia del Medio Oriente".
Giusto, proprio Israele. So che l'espressione "qualche problema di immagine" era fuorviante, ma è così che loro chiamano gli ultimi quattro anni e la seconda Intifada.

mercoledì, novembre 17, 2004

Agenzia Walrus/Questi pazzi pazzi bulgari

Fateci caso: tra le notizie bizzare raccolte ogni giorno dalle agenzie di stampa sul web sono davvero troppe le stranezze attribuite ai rumeni e ai bulgari (seguiti in genere dai serbi, mentre i croati figurano immancabilmente tra i "furbi" e gli "ingegnosi" - in effetti posso confermare che hanno appena inventato una pastiglia per fregare l'etilometro). Semplicemente non posso credere alle storie che li dipingono invariabilmente come tonti, campagnoli e gaffeurs: o i paesi balcanici hanno affidato in blocco la promozione della propria immagine a una compagnia pubblicitaria di delinquenti, o hanno il resto del mondo che gli rema contro.
Ho intenzione di segnarmele, queste notizie (Ananova, dico soprattutto a te).
A partire da oggi:

Uomo esige rimborso per maiale gay. Galen Dobrev, 43 anni, di Shumen in Bulgaria, ha spiegato costernato alla corte: "Gli interessavano solo i maiali maschi!".
Ananova

La lega dei dritti

E allora? Forse avevo frainteso... mi era sfuggito qualcosa... Ahimè che mai non ho capito del tutto gli inglesi, ho tirato a indovinare, capivo circa metà quando mi andava bene... Cosa altro mi avranno detto in tutti questi anni?
E intanto la parte più furba della società europea, la lega dei dritti, mafiosamente in marcia... Si capivano a gesti...

Luigi Meneghello, Il dispatrio

martedì, novembre 16, 2004

Sarò noiosa/Marwan Barghouti parte seconda

Si tratta, dicevo, di estrarre un po' di cose che avevo archiviato negli ultimi tempi, di tradurle e di aggiornarle con fatti più recenti. È per lo più un lavoro di compilazione; come al solito, cito le fonti più rappresentative e sintetiche, questa volta incorporandole nel testo per comodità.

Marwan Barghouti fa parte della cosiddetta nuova guardia, costituita da coloro che sono cresciuti in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e hanno avuto una formazione ben diversa dai capi di Oslo: sono persone più povere ma anche più colte e istruite, e conoscono Israele meglio dei loro predecessori, soprattutto i “tunisini” che hanno trascorso lunghi anni in esilio; alcuni, come Barghouti, parlano l’ebraico.
C’è poi la questione del potere e dell'autorevolezza: nel giugno del 2003 Barghouti è in grado di organizzare dalla sua cella un periodo di sospensione delle ostilità: Hamas, le Brigate dei Martiri di Al-Aqsa e la Jihad Islamica concordarono di cessare gli attacchi contro Israele per tre mesi (una tregua che però non regge). In quell’occasione l’analista politico israeliano Yossi Alpher dichiara: “Questo rafforza la sua posizione come potenziale successore, facendo pensare che in un prossimo scambio di prigionieri possa essere liberato”. E ciò suggerisce che Israele, nonostante la retorica ufficiale e la successiva durissima condanna, possa avere in realtà visto in Barghouti il futuro capo dell’Autorità Palestinese. Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui, contrariamente a ciò che lui stesso prevedeva (ai soldati che lo catturarono a Ramallah disse: “siete venuti per arrestarmi o per uccidermi?”), non è stato assassinato. Uno dei motivi, non l'unico: quando viene arrestato e sottoposto a interrogatorio risulta subito chiaro che attraverso di lui si vuole dimostrare che Arafat è direttamente implicato negli atti terroristici. Si ritiene dunque che possa approfittare dell’occasione per denunciare Arafat e aprirsi la strada verso la leadership, ma non è così. Già in un'intervista del 2001 è esplicito: “Gli israeliani sono pazzi. Prima di tutto, pensate davvero che Arafat abbia dato l'ordine di cominciare questa Intifada? Questa Intifada non è cominciata per un ordine, e non cesserà mai per un ordine. Cesserà quando avrà raggiunto il suo obiettivo, che è quello di porre fine all'occupazione israeliana. E, in secondo luogo, queste attività militari [contro l'occupazione] non sono organizzate da Arafat”. Barghouti ha sempre mostrato rispetto per Arafat, anche se molto meno per gli altri capi di Fatah, quei moderati che ora probabilmente impediranno una sua candidatura alla presidenza.
A questo proposito, è degli ultimi giorni la notizia, confermata dalla moglie, secondo cui Barghouti sarebbe intenzionato a candidarsi alle prossime elezioni del 9 gennaio 2005. Il problema è fino a un certo punto la prigionia, soprattutto considerata la natura politica del processo. La storia ci ricorda negoziati condotti con successo da leader in prigionia, come Mandela e Jomo Keniatta. Inoltre, Barghouti è ormai considerato il leader delle migliaia di prigionieri palestinesi, che gli hanno già assicurato il loro appoggio.
Proprio il paragone con Mandela ricorre sempre più spesso negli ultimi tempi.
In “Can Barghouti be the Palestinian Mandela?”, pubblicato oggi su Arab News, Roger Harrison tratta questo aspetto, notando come il tempo trascorso in carcere da Mandela non abbia danneggiato la sua immagine e la sua credibilità: “la sua condanna era il risultato di ciò che lo stato in cui viveva percepiva come terrorismo”. Del resto, aggiunge Harrison, gli Stati Uniti non sono nuovi al riconoscimento di “ex terroristi” nel ruolo di leader politici. Harrison cita gli altri punti a favore di Barghouti, tutti già noti: è nato nei territori, viene dal basso, non si è mai compromesso con figure politiche straniere, parla bene l’ebraico ed è stato in contatto con i diversi strati della società israeliana. Come nel caso di Mandela, i suoi obiettivi sono stati essenzialmente militari e la sua organizzazione ha radici locali. È favorevole alla negoziazione e, facendo parte della generazione che ha raggiunto la maturità politica nel dopo-Oslo, non ha mai parlato di eliminazione di Israele come i suoi predecessori, ma di riconoscimento di due entità uguali e indipendenti.
Zeev Schiff di Ha-aretz ha scritto recentemente che Barghouti crede nella possibilità di una pace con Israele.
Il consenso popolare non dovrebbe mancargli ed è confermato dall'alto numero di voti con cui nel 1996 è stato eletto al Consiglio legislativo palestinese. In un articolo intitolato “Le Cas Barghouti” pubblicato su Le Monde un paio d'anni fa, Gilles Paris riassumeva la posizione di Barghouti e riportava le parole del direttore del Centro palestinese per i diritti umani di Gaza, Raji Sourani: “Marwan ha una forte vena popolare. È sempre a contatto con la gente, sempre in giro nella polvere e nel fango dei campi profughi, con i suoi jeans e con le sue scarpe pesanti. Fatah ha un debito di gratitudine nei suoi confronti. Senza di lui Hamas rischiava di prendersi tutto!”
Anche Dominique Moisi, vicedirettore dell'Istituto francese di relazioni internazionali, è convinto che Barghouti sia l’unico ad avere “carisma e legittimità rivoluzionaria”: “Ci si deve chiedere seriamente se esistano alternative a Barghouti, se si vuole creare un Olp forte che possa resistere a Hamas o a movimenti ancora più estremisti. Un Olp debole non è una buona cosa né per gli israeliani né per la comunità internazionale”.
Così giudica il suo attuale orientamento politico l’analista palestinese Hani Al-Masri (citato qui): "Marwan è ora più vicino al Marwan di prima dell’Intifada. Prima dell’Intifada era un moderato e appoggiava i negoziati con Israele, compresi i governi guidati dal Likud e dallo Shas. Ha preso le distanze dall’alleanza con Hamas e con la Jihad Islamica, anche se è più vicino agli Islamisti di quanto lo sia ogni altro leader di Fatah".
Barghouti potrebbe quindi essere un valido interlocutore per Israele e un leader autentico e popolare per i palestinesi. Il fatto che Israele finora un interlocutore non l’abbia voluto, perché il modo migliore per evitare di negoziare e procedere per decisioni unilaterali è negare che vi sia un negoziatore dall’altra parte, purtroppo è un altro discorso. Così come lo sarà l'eventuale scelta dei vertici di Fatah di non candidarlo.

[la prima parte è qui]

lunedì, novembre 15, 2004

Agenzia Walrus/tutta colpa del VMAT2

Il fanatismo religioso è dovuto a un gene e probabilmente Cristo, Budda e Maometto (che "condividevano una serie di esperienze mistiche e di alterazioni della coscienza" - mi chiedo come la mettiamo con Thimoty Leary) ce l'avevano. Questa perla ci viene gentilmente fornita da Dean Hamer, dell'US National Cancer Institute. Quanto ci consola, diciamo da 0 a 100, che ci sia gente che studia il patrimonio genetico per combattere il cancro e si imbatte ("oh, e questo cos'è?") nel VMAT2, il gene del divino?
Hamer è quello che nel 1993 dichiarò di aver trovato una sequenza del DNA collegata all'omosessualità maschile. È solo questione di tempo, e prima o poi smaschererà anche il gene della predisposizione al sol dell'avvenire, alla salsa rosa, alla pizza con le patatine e alla cioccolata bianca. Quel giorno il mio corpo sarà donato alla scienza.

domenica, novembre 14, 2004

Sarò noiosa/Marwan Barghouti parte prima

A proposito del mio breve post su Marwan Barghouti, A. commenta:
"Gli israeliani non lo rilasceranno mai. E poi, il peso politico maggiore è in mano ad al Fatah che si è già ribattezzata 'Martiri di Arafat'; al-Fatah detiene quasi il 50% dell'appoggio palestinese dentro i territori e la stragrande maggioranza al di fuori della Palestina (profughi). È normale che la leadership sia ricoperta da un membro del partito di Arafat. Barghouti è l'unico uomo forte che c'è oggi in Palestina, e i palestinesi hanno bisogno di un uomo forte, ma non rappresenta al Fatah ed è in galera. La questione è molto più complessa di quanto sembra".

Proprio perché la questione è complessa, e non la possiamo riassumere nei mille caratteri consentiti dai commenti vorrei ricostruire quello che so di Marwan Barghouti: mi accosterò all'argomento come persona normalmente interessata e senza pretese di completezza. Quello che scriverò non è indiscutibile e deriva da varie fonti (le principali sono indicate a piè di post, ne ho consultate altre che però non fanno che ribadire concetti già espressi e le ometto perché ridondanti). Precisazioni e interventi che mi aiutino a capire meglio saranno i benvenuti. Non è mia intenzione risultare faziosa, pesante o inopportuna. Se verso la riga numero cinque vi viene il dubbio che lo stia diventando, chiudete e ci vediamo alla prossima.
Questa è la prima puntata.

Innanzitutto, chi è Marwan Barghouti?
Marwan Hassib Hussein Barghouti, nato a Ramallah il 6 giugno 1958, è membro del Consiglio Legislativo Palestinese e segretario di Al Fatah (Fateh) per la Cisgiordania.
Barghouti aderisce ad Al Fatah all'età di 15 anni. Si laurea in storia e scienze politiche all'Università di Birzeit, dove consegue anche un master in relazioni internazionali. All'Università è eletto presidente del corpo studentesco per tre successivi mandati.
Nel 1978 finisce imprigionato per 7 anni nelle carceri israeliane, dove è vittima di torture.
Nel 1987 è costretto a lasciare la Palestina per la Giordania. Durante la prima intifada è ufficiale di collegamento degli uffici dell'OLP ad Amman e Tunisi.
Ritorna in Palestina nel 1994 dopo gli accordi di Oslo, dei quali è convinto sostenitore.
Nel 1996 è eletto nel Consiglio legislativo palestinese, e intraprende una lenta lotta per la democratizzazione di Fatah e contro la corruzione. Il movimento delle donne palestinesi lo considera un valido alleato nella lotta per l'emancipazione femminile.
Convinto che il processo di pace di Oslo possa portare a un totale ritiro di Israele dai territori occupati e alla fondazione di uno Stato palestinese indipendente con capitale Gerusalemme, incoraggia stretti rapporti con i leader israeliani, anche di destra, favorevoli alla soluzione di due Stati separati indipendenti e sovrani. Nel 1998 si rende conto che mentre Israele parla di pace gli insediamenti illegali di ebrei nei territori occupati continuano incessanti, intaccando di fatto proprio quella terra sulla quale vengono condotti i negoziati. Barghouti allora si identifica con il diffuso sentimento popolare che vede in Oslo un processo fraudolento, e guida in tutta la Cisgiordania manifestazioni che chiamano a concentrarsi sull'obiettivo fondamentale: porre fine all'occupazione.
In particolare, vede nell'espandersi degli insediamenti israeliani una chiara indicazione dell'inganno e della malafede di Israele.
In una famosa dichiarazione, Barghouti dice: "abbiamo tentato sette anni di intifada senza negoziati, e poi sette anni di negoziati senza intifada; forse è giunta l'ora di tentare entrambi simultaneamente". Riassume così ciò su cui la maggior parte degli osservatori politici palestinesi è d'accordo: lo Stato di Israele dev'essere costretto ad accettare l'indipendenza palestinese. I negoziati non portano da nessuna parte se non ci sono anche atti di sfida, di resistenza e di espressione della volontà nazionale palestinese.
Barghouti si trasforma così da fautore del dialogo a carismatico sostenitore della lotta contro l'occupazione. Si oppone ai negoziati di facciata, che secondo lui servono solo a prendere tempo per consentire a Israele di appropriarsi della terra palestinese e di compattare e rafforzare l'occupazione.
Il 15 aprile 2002 viene rapito dall'esercito israeliano a Ramallah, detenuto illegalmente e processato per terrorismo e altri reati gravi. La detenzione e il processo appaiono in flagrante contraddizione con varie norme di diritto internazionale, contenute, fra l'altro, nella IV Convenzione di Ginevra del 1949 e negli accordi fra Israele e Palestina. L'arresto è illegale, in quanto avvenuto in violazione degli accordi ad interim tra Israele ed Olp. In base agli Accordi di Oslo, del 1993, Ramallah rientra infatti sotto la denominazione di area A, ovvero zona sottoposta a giurisdizione palestinese; in quanto membro eletto del Consiglio legislativo palestinese, Barghouti avrebbe dovuto godere dell'immunità parlamentare. Immediatamente dopo l'arresto, è stato condotto da Ramallah a Gerusalemme e successivamente trasferito in Israele, in violazione della Quarta Convenzione di Ginevra, dove è stato prima detenuto a Petak Tikva e poi a Tel Aviv.
La giustizia israeliana gli ha notificato 37 accuse di omicidio nei confronti di civili israeliani, morti per attentati suicidi ed esplosivi, attribuendo a Barghouti la responsabilità e la paternità delle morti. La maggior parte delle accuse cadono durante le udienze del processo, tuttavia per cinque di questi omicidi, tutti avvenuti nel 2002, è indicato come il mandante, e per questo condannato, nel luglio del 2004, a cinque ergastoli.
Fin dall'inizio del processo a suo carico, Barghouti si è sempre definito leader politico del popolo palestinese e non capo di una fazione di guerriglieri; la sua attività politica è sempre stata centrata sulla rivendicazione dei diritti inviolabili del popolo palestinese e sulla denuncia dell'occupazione militare israeliana nei territori occupati: "non mi interessa essere condannato a uno, o dieci, o cinquanta ergastoli; il giorno in cui sarò libero sarà quello in cui finirà l'occupazione".
Nel corso degli interrogatori e della sua detenzione, Marwan Barghouti è stato sottoposto a torture di tipo fisico e psicologico, e a un regime di isolamento. La sua salute è gravemente compromessa dalle condizioni della prigionia: una sola ora d'aria al giorno, confinamento in una cella umida e senza ventilazione di tre metri quadrati incluso il bagno, infestata da insetti. Al Comitato per la sua liberazione a Ramallah dicono che negli ultimi tempi ha sofferto di forti dolori al petto e alla schiena e di insufficienza respiratoria. Oltre a non somministrargli le cure mediche di cui ha bisogno, le autorità israeliane non concedono che le sue condizioni di salute siano accertate da medici indicati dai familiari, né che sia trasferito in ospedale.

[continua]

Fonti:
Palestine History
Giuristi Democratici
bbc
"Profile: Marwan Barghouti, radical pragmatist", di Graham Usher, Al Ahram Weekly
"Interview with Marwan Barghouti" di Jefferson Fletcher, Media Monitors
Campaign to free Marwan Barghouti
"Political show trial for Marwan Barghouti", di William Hughes, Counterpunch
"The trial of Marwan Barghouti", di Uri Avnery, Counterpunch

sabato, novembre 13, 2004

Quizilla kills me

Il test "What kind of elitist are you?" mi qualifica come Book and language snob (ne ho fatti altri due: secondo "Which French Revolutionary are you?" sono Marat, e "Which political stereotype are you?" mi conferma comunista).
Niente che non sapessi già.
Gente come me, in caso di rivoluzione, finisce al massimo a scrivere per la propaganda. Mal che vada, in un ufficio senza finestre a stilare sofisticate liste d'epurazione.

Il capo c'è

E, toccato il fondo dello scoramento, come potrebbe questo blog non dire (o meglio, scrivere) con entusiasmo: "Vai Barghouti!"?
Ci sono di mezzo cinque ergastoli (ai quali si aggiungono altri 40 anni, per sicurezza), metodi di detenzione all'israeliana, ma il capo - con la giusta dose di carisma e legittimità - c'è.

venerdì, novembre 12, 2004

12 novembre

Oggi ho bisogno di Walt Whitman. Non quello su di giri che ha contagiato la poesia americana di un vitalismo quasi insopportabile (pur liberandola una volta per tutte dalla staticità e dall'accademismo), ma il Whitman dei versi in memoria di Lincoln: altro presidente, altro secolo e diversa stagione dell'anno, quella in cui dolcemente e crudelmente fioriscono i lillà. Esprimono il rispetto per un capo, il dolore dei suoi soldati, l'amore per una terra, e la forza della poesia: così parlano al mio cuore.

1
Hush'd be the camps to-day;
And, soldiers, let us drape our war-worn weapons;
And each with musing soul retire, to celebrate,
Our dear commander’s death.

No more for him life’s stormy conflicts;
Nor victory, nor defeat no more time’s dark events,
Charging like ceaseless clouds across the sky.

2
But sing, poet, in our name;
Sing of the love we bore him because you, dweller in camps, know it truly.

As they invault the coffin there;
Sing as they close the doors of earth upon him one verse,
For the heavy hearts of soldiers.

giovedì, novembre 11, 2004

Quando le cose finiscono

Quando le cose finiscono ormai hanno un loro numero e il mondo dipende allora dai suoi relatori, ma per poco tempo e non del tutto, non si esce mai del tutto dall'ombra, gli altri non finiscono mai e c'è sempre qualcuno per cui si racchiude un mistero. [...]
E quanto poco rimane di ogni individuo nel tempo inutile come la neve scivolosa, di quanto poco rimane traccia, e di quel poco tanto si tace, e di quello che non si tace si ricorda dopo solo una parte minima, e per poco tempo: mentre viaggiamo verso il nostro sfumare lentamente per transitare soltanto alla schiena o al rovescio di quel tempo, dove non si può continuare a pensare se non si può continuare a prendere commiato: "Addio risate e addio oltraggi. Non vi vedrò più, né voi mi vedrete. E addio ardore, addio ricordi".

Javier Marías, Domani nella battaglia pensa a me



(un paio di sere fa D. mi chiedeva come mai non avessi mai acceso la candela di Gerusalemme. Eccola.)

vignetta apparsa oggi su Le Monde.

Giovanardi Carlo continua a leggere il giornale durante l'annuncio in aula della morte di Arafat.
Il centrosinistra rumoreggia.
"Ma è morto un terrorista!" protesta Lo Presti Nino di Alleanza Nazionale.
"Sei un cretino!" lo apostrofa Giordano Franco di Rifondazione Comunista.
"Vieni qui sei hai coraggio!" rincara la dose Cento Paolo dei Verdi.
Solo l'intervento dei commessi ha impedito che gli insulti si trasformassero in contatto fisico tra i litiganti.

Ditemi che questa gente non ci somiglia.