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mercoledì, marzo 06, 2024

Quello che ha firmato e lo scrive su Twitter

LE GRANDI INTERVISTE

QUELLO CHE HA FIRMATO E LO SCRIVE SU TWITTER

– Buonasera, disturbo?
– Buonasera, no no, ma quale disturbo.
– Lei è quello che ha firmato un appello, vero?
– Ho firmato!
– Quello dove c'è anche coso.
– L'appello della sinistra!
– Non solo della sinistra.
– Della sinistra per Israele.
– Valori liberali e progressisti, dico bene?
– Certo!
– Robusta e radicata cultura democratica?
– Rigorosamente, come diceva la bella attrice nella pubblicità degli spaghetti.
– Si parla troppo male del sionismo, che invece.
– Invece in esso vivono i valori di uguaglianza, giustizia, liberazione umana della sinistra democratica e del progressismo.
– Basti pensare alla?
– Straordinaria esperienza dei kibbutz, il progetto e il sogno di una società più
– Come vive uno che firma un appello?
– Normalmente, la mattina mi alzo, faccio la doccia, un po' di yogurt proteico e poi firmo.
– Firma fino a mezzogiorno?
– No, faccio una pausa alle nove e mezza.
– E in quella pausa cosa fa?
– Vado su Twitter e scrivo che ho firmato!
– Reazioni?
– Luci e ombre.
– Ma mi sembrano più ombre, però.
– Ma no, ma no.
– Quell'appello mitizzicchia leggermente, diciamo.
– Non mi pare proprio.
– Un po'.
– No!
– E dài.
– Neanche per sogno.
– Vi fanno schifino i palestinesi, dica la verità.
– Noi vogliamo una rinnovata leadership dell'ANP.
– Vi fanno schifolino.
– Due popoli in due
– Se se. La cosa più bella del suo lavoro?
– Quando metto le cartucce nella stilo.
– La cosa più brutta?
– Quando mi macchio i polsini.
– Grazie buonasera.
– Buonasera.


venerdì, settembre 01, 2006

Il reality palestinese: 24-30 agosto

Vediamo come sono andate le cose questa settimana nel reality palestinese. Ben 30 concorrenti sono stati eliminati, mentre i nominati di questa settimana sono 52. Per rendere il gioco più appetibile e allettare gli sponsor non è stato ancora detto ai palestinesi che Israele ha perso la guerra in Libano; in compenso hanno ricevuto la visita di Kofi Annan, però è stato fatto loro credere che si trattasse di un Morgan Freeman particolarmente tirato a lucido in tour promozionale. Anche per questa settimana dovranno farsi bastare una quantità inferiore di cibo e di combustibile. Acqua, poca. Elettricità, così così. La costruzione del Muro procede speditamente sotto ogni profilo.

Al solito, cito e traduco dal rapporto del Palestinian Center for Human Rights relativo alle azioni dell'Esercito di occupazione israeliano nei Territori Occupati nella settimana dal 24 al 30 agosto 2006 (si sono dimenticati di cambiare la data, ma ho controllato: i dati sono aggiornati, l'altra settimana gli eliminati erano solo 8).

- Le Forze israeliane di occupazione hanno ucciso 30 palestinesi, inclusi 3 bambini, un giovane mentalmente disabile e una donna.
- 20 di queste vittime sono state uccise nel quartiere di al-Shojaeya neighborhood a Gaza City.
- in 3 casi si è trattato di omicidi extragiudiziali, in Cisgiordania.
- Sono rimasti feriti 52 civili palestinesi, inclusi 18 bambini e una donna.
- L'Esercito ha lanciato una serie di attacchi aerei su case della Striscia di Gaza.
- A Gaza City e a Jabalya sono state distrutte tre case.
- L'Esercito di difesa israeliano ha condotto 40 incursioni in comunità palestinesi della Cisgiordania e ha invaso il quartiere di al-Shojaeya a Gaza City.
- Ha arrestato 50 civili palestinesi in Cisgiordania, compresi 6 bambini.
- Ha arrestato un membro del Consiglio Legislativo palestinese a Ramallah.
- Ha arrestato 7 civili palestinesi nella Striscia di Gaza.
- Ha demolito 4 case a Nablus.
- Ha distrutto proprietà private nel quartiere di al-Shojaeya a Gaza City.
- Ha continuato a imporre un assedio totale ai Territori Palestinesi Occupati e uno stretto assedio alla Striscia di Gaza; sono mancati generi alimentari e combustibile. Le truppe israeliane posizionate in vari posti di controllo nella Cisgiordania hanno arrestato 5 civili palestinesi.
- Ha continuato a costruire il Muro di Annessione in Cisgiordania; a questo scopo ha raso al suolo altre aree di terra a Hebron.
- I coloni israeliani hanno continuato ad attaccare civili palestinesi e le loro proprietà nei Territori Palestinesi Occupati; hanno attaccato civili palestinesi e le loro proprietà a Hebron; nel villaggio di Beit Fourik, nei pressi Nablus, è rimasto ferito un bambino palestinese.

Intanto su Gaza continua la pioggia di volantini lasciati cadere dagli aerei israeliani. (aerei: più che sufficiente. Se cominciare a disquisire sul tipo di aereo vi picchio con la madonnina placcata oro zecchino). IMEMC riporta il testo di uno di quei volantini:

"Agli abitanti della Striscia di Gaza.
I membri dei gruppi terroristici continuano a usarvi come scudi umani. Impediscono l'apertura dei valichi con le loro operazioni terroristiche, e dunque siete diventati loro ostaggi.

L'Esercito di difesa israeliano si rende conto che questi valichi per voi sono vitali, e non vuole sprecare l'occasione di riaprirli e di riaprirne di nuovi, come quello di Soufa, per il vostro bene. Tuttavia la continuazione degli attacchi e il transito di terroristi ai valichi non lascia all'Esercito altra scelta se non quella di tenerli chiusi per proteggere le vite dei lavoratori palestinesi e israeliani e proteggere i cittadini dello stato di Israele.

Non permettete a quegli estremisti che servono interessi stranieri di impedirvi di avere un futuro sicuro ed econonomicamente prospero.

Il Comando Centrale dell'Esercito di difesa israeliano".

Giusto perché mi andava di chiudere con un po' di ironia.

giovedì, agosto 24, 2006

In Palestina, intanto

Cito e traduco dal rapporto del Palestinian Center for Human Rights relativo alle azioni dell'Esercito di occupazione israeliano nei Territori Palestinesi Occupati nella settimana dal 17 al 23 agosto 2006.

- Le Forze israeliane di occupazione hanno ucciso 8 palestinesi; in due casi si è trattato di omicidi extragiudiziali.
- Una donna di Rafah è morta per le ferite riportate in un precedente attacco in cui erano rimasti uccisi sul colpo i suoi due figli.
- Ci sono stati 26 feriti tra i civili palestinesi, compresi 8 bambini e una donna.
- L'Esercito israeliano d'occupazione ha lanciato una serie di attacchi aerei contro abitazioni della Striscia di Gaza.
- A Rafah e a Jabalya sono state distrutte due case.
- L'Esercito israeliano ha condotto 44 incursioni nelle comunità palestinesi della Cisgiordania, e altre due nella Striscia di Gaza.
- Ha arrestato 64 palestinesi in Cisgiordania, compresi 5 bambini e 4 donne.
- Ha arrestato il vice primo ministro e il segretario del Consiglio Legislativo palestinese.
- Ha fatto irruzione nelle sedi di 3 società caritatevoli a Hebron.
- Ha raso al suolo almeno 30 dunam (1 dunam = 1000 metri quadri) di terra coltivabile e ha arrestato 5 attivisti palestinesi nella Striscia di Gaza.
- Ha continuato a imporre un assedio totale ai Territori Palestinesi Occupati e uno stretto assedio alla Striscia di Gaza; sono mancati generi alimentari e combustibile. Le truppe israeliane posizionate in vari posti di controllo nella Cisgiordania hanno arrestato 9 civili palestinesi, compresi due bambini.
- È continuata la costruzione del Muro di Annessione in Cisgiordania. Sono state confiscate altre terre a Tulkarem. È ripresa la costruzione di una sezione del Muro nei pressi dell'insediamento "Shavi Shomron", nella Cisgiordania settentrionale. È stata usata la forza per disperdere manifestanti che protestavano pacificamente contro la costruzione del muro nel villaggio di Bal'ein, a ovest di Ramallah.

Citazione del giorno:
"Ah, un altro piccolo sporco segreto da 5000 anni di storia: la pulizia etnica funziona".
Ralph Peters, Armed Forces Journal (via Kurt Nimmo)

lunedì, agosto 21, 2006

Vacanza rovinata

Cominciamo la settimana in scioltezza, con questa notizia di una decina di giorni fa: Tre israeliani esplusi dalle Fiji (via Kabobfest). Mh?
Amit Ronen, Eldar Avracohen e Nimrod Lahav avevano lasciato Israele in febbraio per un viaggio in Australia. In luglio avevano deciso di trascorrere una settimana alle Fiji. Lì, grande momento di indignazione: come ha scritto Avracohen in una vibrante lettera di protesta all'ambasciatore israeliano in Australia, all'aeroporto oltre ai passaporti hanno chiesto loro le carte d'identità.

"Abbiamo consegnato all'ufficiale i nostri passaporti, e lei quando ha visto che siamo israeliani ha chiesto anche le carte d'identità. Le abbiamo risposto che non capivamo perché fossero necessarie le carte d'identità e lei ci ha gridato: 'Però sapete molto bene come chiederle ai palestinesi umiliandoli'".

Sono stati trattenuti per diverse ore e poi rispediti in Australia. Secondo Avracohen è stata l'esperienza più umiliante della sua vita.

Ebbe', vacanza rovinata.

Nella foto, villeggianti palestinesi a un checkpoint israeliano.



martedì, febbraio 28, 2006

Per coloro che non se ne fossero accorti

"Per coloro che non se ne fossero accorti, Israele si oppone alla soluzione dei due stati. Ha fatto tutto quello che era in suo potere per impedire a uno stato Palestinese di sorgere e continuerà a farlo finché potrà contare sulla complicità dei suoi potenti amici e sull'estesa indifferenza dell'opinione pubblica.

In tali circostanze spetta a noi chiederci perché ad Hamas sia stato ordinato ­ da Israele e da quegli stessi potenti amici ­ di accettare la "soluzione dei due stati", soprattutto tenendo conto del fatto che, diversamente da Israele, ha dichiarato chiaramente e ripetutamente che avrebbe accettato uno stato palestinese sui territori occupati da Israele nella guerra del 1967, la Cisgiordania, la Striscia di Gaza e Gerusalemme Est. E questo è stato ribadito esplicitamente da tutti i suoi principali rappresentanti: Zahar, Haniye, Meshal, e Yassin e Rantisi prima di essere assassinati.

La Giudea e la Samaria, che costituiscono (o costituivano) la Cisgiordania settentrionale e meridionale, sono state suddivise e spartite nei vari decenni tra centinaia di migliaia di coloni ebrei perché vi insediassero le loro case, i loro frutteti e i loro giardini. Sono attraversate e circondate da strade riservate esclusivamente agli ebrei che collegano la terra, le case, i frutteti e i giardini a Israele. Vi sono stati schierati guardie, soldati, carri armati e bandiere israeliane che difendono e proteggono i coloni ­ le loro case, i loro frutteti e i loro giardini ­ dando loro la certezza di essere israeliani appartenenti ad un unico stato ebraico."

Tratto da un articolo di Jennifer Loewenstein, disponibile su 2.0.

venerdì, febbraio 17, 2006

La dieta palestinese

Israele prepara pesanti sanzioni economiche all'Autorità nazionale palestinese (Anp) a partire dall'insediamento questo sabato di Hamas nel Consiglio legislativo palestinese. Tra le prime sanzioni ci sarà l'interruzione del trasferimento dei fondi per il pagamento di dazi doganali e di altre imposte che Israele riscuote per conto dell'Anp. Sono stati proposti anche la revoca dei permessi di ingresso ai lavoratori palestinesi di Gaza e il divieto totale di attraversamento fra Gaza e la Cisgiordania.
Però il governo israeliano non vuole essere accusato di affamare i civili palestinesi, e quindi non saranno tagliati i finanziamenti alle agenzie umanitarie.
Come ha detto il consigliere del premier Dov Weissglas, "È come una visita dal dietologo. Vogliamo farli dimagrire, non morire."

martedì, gennaio 31, 2006

Questo è odio

"Mentre si contavano i voti delle elezioni palestinesi e il mondo si rendeva conto delle dimensioni della schiacciante vittoria di Hamas, Aya al-Astal si è allontanata da casa e gironzolando si è avvicinata alla recinzione che si trova lungo il confine tra la striscia di Gaza e Israele.
I suoi genitori, che stavano seguendo i risultati del voto alla televisione, si sono accorti che la loro bambina di nove anni non c'era più. Non sanno esattamente cosa sia successo, ma l'esercito israeliano ha detto in seguito che il comportamento di Aya era sospetto e ricordava quello di un terrorista - si era avvicinata troppo alla recinzione - e così un soldato le ha sparato addosso ripetutamente, colpendola al collo e squarciandole lo stomaco.

Aya è stata il secondo bambino ucciso dall'esercito israeliano la scorsa settimana. Soldati nei pressi di Ramallah hanno sparato al tredicenne Munadel Abu Aaalia alla schiena mentre con due suoi amici camminava lungo una strada riservata ai coloni ebrei. L'esercito ha detto che i ragazzi avevano in mente di lanciare pietre contro auto israeliane, e questo è considerato dall'esercito terrorismo."

La madre di Aya ha detto:

"le hanno sparato al collo e allo stomaco. Lo stomaco le usciva di fuori. Non abbiamo idea del perché sia andata là, ma era una bambina. Era così piccola. Aveva nove anni. Non portava l'hijab. Era chiaro che era solo una bambina. Questo è odio."

Fonte: The Guardian, 30 gennaio 2006.

Due voci dal Glossario dell'espropriazione, di De Rooij:

Zona di sicurezza : Zona di morteAlla fine di dicembre 2005 Israele ha dichiarato una zona di sicurezza, cioè un'area arbitraria vicino al confine con Gaza (dalla parte dei palestinesi) in cui tutti coloro che vi si fossero trovati sarebbero stati uccisi. Inoltre, Israele sta anche ideando delle mitragliatrici automatiche fissate al muro che spareranno su qualsiasi cosa da una certa distanza. Anche se la vera natura di queste zone di morte è nota, alcuni giornalisti continuano a chiamarle "zone di sicurezza". E poi, visto che Israele si riserva il diritto di intervenire ovunque, questo significa che tutti i territori occupati sono zone di tiro libero.

Omicidio di minore gravità : Omicidio sanzionato
Molto prima dell'attuale intifada, a Hebron nel 1996 un colono israeliano colpì con una pistola l'undicenne Hilmi Shusha, uccidendolo. Un giudice israeliano prosciolse l'omicida, dicendo che il bambino era morto per conto suo "a causa della pressione emotiva." Dopo numerosi appelli e dopo le pressioni della Corte Suprema, che definì l'atto "omicidio di minore gravità," il giudice rivide la sentenza e, mentre infuriava l'Intifada di al Aqsa, condannò l'omicida a sei mesi di servizio in una comunità e a una multa di poche centinaia di dollari. Il padre del bambino accusò la corte di aver rilasciato una "licenza d'uccidere". Gideon Levy di Ha'aretz descrisse eloquentemente quella multa come il "prezzo di saldo di fine stagione della vita di un bambino," riferendosi ai dati raccolti da B'tselem, la principale organizzazione di difesa dei diritti umani in Israele, che documentava decine di casi simili in cui i colpevoli erano stati prosciolti o se l'erano cavata con una tirata d'orecchi.

mercoledì, gennaio 25, 2006

Non la testa, non l'anima/Intervista a Marwan Barghouti

Avevo raccolto un po' di materiale su Marwan Barghouti poco più di un anno fa, in due post: questo e questo

Questa è la traduzione della trascrizione completa dell'intervista esclusiva di Lindsey Hilsum a Barghouti per Channel 4 News del 22 gennaio 2006.

Marwan Barghouti: Gli israeliani sono riusciti ad arrestare il mio corpo, ma non la mia testa, non la mia anima. Non ci riusciranno. Non spezzeranno la nostra volontà di indipendenza e di libertà.
Sono rimasto in isolamento per la maggior parte del tempo. Non ho visto nessuno, non ho ricevuto le visite dei miei figli, di mia moglie, né di nessun altro.
Le è la prima giornalista, insieme agli altri che sto vedendo ora. Oggi è il primo giorno della mia vita in prigione in cui incontro qualcuno, dopo quattro anni.

Penso che Hamas faccia parte del popolo palestinese e che abbia il diritto di partecipare alle elezioni, e io personalmente in questi anni e anche l'anno scorso ho cercato di convincerli e di fare pressioni perché partecipassero alle elezioni.

Quindi ben venga questa decisione storica di Hamas, perché che cosa significa decidere di partecipare alle elezioni? Significa che credono nella democrazia, che sono pronti a lavorare secondo le regole della legge e della democrazia, e questo è molto importante.

Lindsey Hilsum: Quindi è la fine della lotta armata, è chiusa l'epoca delle bombe e dei fucili?

MB: Il popolo palestinese, questo dovrebbe essere chiaro, ha comunque il pieno diritto di resistere alle operazioni militari israeliane nei territori occupati.
Pensa forse che gli israeliani avrebbero lasciato Gaza se non ci fosse stata l'intifada, la resistenza? No. Sono rimasti 38 anni. Perché se ne vanno da Gaza? Io penso che sia un grande risultato dell'intifada.
Ma i palestinesi dovrebbero dare una possibilità a ogni genere di tentativo, internazionale e locale, e così faremo.
Mi creda, gli israeliani considerano un terrorista chiunque si opponga all'occupazione. Non è così.

Non credo che gli israeliani siano nella posizione e nella condizione di descrivere le persone, e credo che siano gli ultimi al mondo a poter parlare di terrorismo.

LH: Ma hanno prove specifiche. L'hanno portata davanti a un tribunale, avevano persone che a loro dire erano state assassinate. Hanno dimostrato il suo coinvolgimento, i documenti che dimostravano che lei pagava delle persone perché mettessero in atto attentati suicidi.

MB: Assolutamente no. E io non tratto con il tribunale israeliano. Non riconosco il diritto di Israele a condannare un capo palestinese, un membro palestinese del parlamento.

Gli israeliani non hanno rispettato la democrazia. Sanno benissimo che io non ho diretto attacchi militari qua e là. È la verità. Sono molto esplicito sul fatto che sostengo l'intifada palestinese e la resistenza palestinese.

Io le parlo mentre mi trovo in carcere, non mentre sono fuori. E, anche così, continuo a dirlo.

LH: Dunque cosa pensa adesso degli attentati suicidi che continuano a verificarsi? Ce n'è stato uno giorni fa a Tel Aviv…

MB: Siamo contrari.

LH: Sì, ma cosa pensa dei palestinesi che lo fanno?

MB: Penso che gli israeliani non aiutino i palestinesi a raggiungere una soluzione nelle loro discussioni interne. Più di una volta i palestinesi sono stati vicini a una decisione al proposito. Ma durante l'intifada gli israeliani hanno ucciso 800 bambini palestinesi.

LH: E questo giustifica l'uccisione di bambini israeliani da parte dei palestinesi?

MB: No. In ogni caso nessuno può giustificare l'uccisione di civili – bambini, donne, in qualunque luogo del mondo. Dovrebbero essere tenuti fuori. Questo dev'essere chiaro. In Palestina e in Israele.

Abbiamo bisogno di due capi che siano pronti a prendere decisioni, decisioni critiche, e a correre rischi, dal lato palestinese e da quello israeliano.
E io credo che il mio popolo sia pronto alla pace con il popolo di Israele. Dovremmo agire secondo le categorie democratiche riconosciute in tutto il mondo. Dovemmo costruire uno Stato democratico, e io penso che il popolo palestinese sia perfettamente qualificato a farlo.

LH: Ma a Gaza stanno combinando un disastro. Guardi Gaza, persone che si sparano tra loro, che rapiscono stranieri, è il caos.

MB: Penso che sia un grave crimine rapire un giornalista o uno straniero. Ho mandato un messaggio attraverso i mezzi di informazione alle persone che conosco là e spero che non lo rifaranno.

MB: [A proposito della partecipazione delle donne alla lotta] Hanno assunto un ruolo importante nella lotta contro l'occupazione e spero che nel futuro vedremo un primo ministro palestinese donna.

LH: Pensa che trascorrerà il resto della sua vita in prigione? Cinque ergastoli...

MB: No. Assolutamente no. Sarò libero insieme a tutti questi altri detenuti. Gli israeliani non possono tenerci tutti e diecimila in carcere. E alla fine scopriranno… sa quello che è successo in Sudafrica? Alla fine sono andati da Mandela e hanno negoziato. E cos'è successo, anche in Irlanda?

LH: In Irlanda? Si sono parlati.

MB: Alla fine si sono parlati. E hanno rilasciato tutti i prigionieri. Il governo britannico li considerava dei terroristi. Io penso che noi siamo combattenti per la libertà. Nel futuro, mi vedo come un cittadino palestinese che esercita il proprio diritto in uno Stato democratico palestinese. Questo è il mio sogno.

Originale in inglese: http://www.channel4.com

Tradotto dall'inglese in italiano da Mirumir e rivisto da Davide Bocchi, membri di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica (transtlaxcala@yahoo.com). Questa traduzione è in Copyleft.

sabato, gennaio 21, 2006

Non sono gli ulivi, di Amira Hass

11 gennaio 2006

C’è qualcosa di molto umano in queste centinaia e centinaia di ulivi spezzati, i rami amputati tesi verso il cielo come se stessero implorando aiuto. Lo scorso venerdì, a Tawana, nelle colline a sud di Hebron, 120 alberi; a Burin, a sud di Nablus, agli inizi di questa settimana, circa 50 alberi; più o meno altri 100 a Burin il 24 dicembre; e 140 alberi, nuovamente a Burin, il 14 dicembre.

La polizia ha contato 733 alberi sradicati nel 2005. Secondo la lista (incompleta) di 29 casi di sabotaggio agricolo documentati dai gruppi per la difesa dei diritti umani Yesh Din e B'Tselem da marzo a dicembre, sono stati messi fuori uso 2616 alberi: sradicati, rubati, bruciati, spaccati, segati. Solo a Salem in quattro volte ne sono stati sradicati 900. Anche ammettendo che chi ha calcolato i danni abbia esagerato, entrambe le parti concordano sul fatto che gli israeliani stanno compromettendo i vigneti e le piantagioni.

Il moltiplicarsi negli ultimi mesi di immagini di alberi distrutti “da ignoti” è stato abbastanza traumatizzante da indurre il procuratore generale ad attaccare l’immobilismo delle autorità, e il ministro Gideon Ezra a convocare un incontro durante il quale si è deciso di mettere in atto misure di controllo “sugli insediamenti riconosciuti come problematici.”

Il trauma, tuttavia, è selettivo. L’Esercito di Difesa Israeliano ha sradicato migliaia di ulivi e di alberi da frutto, terre coltivate e serre, e continua a farlo – per rendere sicure le proprie strade e per aumentare la visibilità dei soldati; per costruire torri di guardia, posti di blocco e la barriera di separazione; e inoltre per realizzare altre strade e recintare gli insediamenti.

Nel solo villaggio di Qafeen, per esempio, per realizzare la barriera di separazione sono stati sradicati 12.600 ulivi. Migliaia di altri alberi – forse decine di migliaia – e migliaia di acri della Cisgiordania sono rimasti intrappolati dietro i muri, le recinzioni e le zone cuscinetto che circondano gli insediamenti. Solo a Qafeen 100.000 alberi sono imprigionati dietro la recinzione e per la maggior parte dell’anno ai loro proprietari è vietato accedervi. Non possono fare altro che guardarli da lontano e lasciarli in uno stato di completo abbandono. Naturalmente come spiegazione viene citata la “sicurezza”, ma per qualche motivo la sicurezza finisce sempre per causare un’ulteriore efficace sottrazione di territorio palestinese a beneficio dell’insediamento confinante, oppure per ampliare o rendere più confusa la Linea Verde e l’annessione del territorio a Israele.

Le persone che restano impressionate da questi episodi ignorano che le piantagioni di Salem e Tawana sono prossime a strade che sono chiuse al traffico palestinese perché collegano degli insediamenti. È l’Esercito di Difesa Israeliano a chiudere e a bloccare le strade e le centinaia di chilometri di ottimo asfalto della Cisgiordania precluse al traffico palestinese.

Lo sradicamento di 100 alberi sabota la capacità di un’intera famiglia di provvedere al proprio mantenimento. La chiusura delle strade sabota la vitalità economica dell’intero popolo palestinese. L’Esercito di Difesa Israeliano naturalmente dirà che è necessario proteggere i cittadini israeliani. Ma allora perché tutti si sorprendono e si indignano quando quegli stessi cittadini continuano ad estendere la logica del controllo israeliano sui territori occupati?
Secondo quella logica, Israele ha il diritto di istituire un doppio principio legale nei territori occupati: uno per gli ebrei, e un altro per i palestinesi. Se da un lato gli ebrei godono di diritti illimitati per quanto riguarda le abitazioni, la libertà di movimento, i mezzi di sostentamento, le infrastrutture, l’utilizzo dell’acqua e della terra, dall’altro i palestinesi vengono sistematicamente privati dei diritti umani e civili. Secondo quella logica i palestinesi sono costretti a cavarsela con porzioni di terra sempre più piccole di cui devono dimostrare di essere i legittimi proprietari. Le porzioni di terra più ampie, la cui proprietà non è registrata presso l’Amministrazione del Territorio di Israele, appartiene automaticamente a “Israele” e ai consigli dei coloni.

I coloni non dettano le politiche, ne sono il risultato. Vivono tutti in pace e senza scrupoli di coscienza alla faccia di centinaia di comunità impoverite ed efficacemente trasformate in prigioni per permettere all’Esercito di Difesa Israeliano di continuare a proteggere ciò che lo stato d’Israele ha intrapreso: il controllo della maggior parte possibile di territorio, l’espulsione del maggior numero possibile di palestinesi. Una minoranza di israeliani non aspetta che a distruggere siano l’Esercito di Difesa e lo stato; distrugge già da sé. È facile lasciarsi impressionare da una minoranza e dimenticare la responsabilità di tutti.

Fonte in inglese: http://www.haaretz.com/hasen/spages/668697.html
Tradotto dall'inglese all’italiano da Mirumir e rivisto da Davide Bocchi, membri di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica (transtlaxcala@yahoo.com). Questa traduzione è in Copyleft.

giovedì, novembre 03, 2005

Loro ci stanno attenti

Purtroppo il problema va avanti da settembre, ma non per questo bisogna smettere di parlarne. Oggi sul Guardian è uscito un articolo del quale riporto alcuni estratti interessanti per capire quello che sta passando la popolazione della Striscia di Gaza:

"Israele sta impiegando una nuova terrificante tattica contro i civili palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza, ricorrendo ad assordanti "bombe sonore" che provocano terrore, causano aborti e traumatizzano i bambini. Dopo lo sgombero dei coloni ebrei dalla Striscia di Gaza sono cominciati i boom sonici provocati dagli aerei dell'aviazione israeliana che superano la barriera del suono, cosa che accade spesso di notte. I palestinesi hanno paragonato l'onda d'urto a un terremoto o a una grossa esplosione. Dicono che è some essere stati colpiti da un muro d'aria, che provoca dolore agli orecchi e causa talvolta sanguinamenti dal naso e 'lascia l'organismo in preda a un tremore interno'.
Il ministero della salute palestinese ha dichiarato che le bombe sonore hanno causato aborti e problemi cardiaci. Le Nazioni Unite hanno chiesto che si ponga fine a questa tattica, affermando che causa attacchi di panico nei bambini. Le scosse hanno anche danneggiato gli edifici causando crepe nei muri e mandando in pezzi i vetri di migliaia di finestre.
[...]
Durante la scorsa settimana gli aerei israeliani hanno causato 28 boom sonici volando ad alta velocità e a bassa quota sulla Striscia di Gaza, a volte a distanza di un'ora l'uno dall'altro e di notte. Nel mese di settembre l'aviazione israeliana ha causato 29 boom sonici in cinque giorni.
Un ufficiale dei servizi dell'esercito israeliano che ci è stato vietato di nominare ha detto che la tattica è stata pensata per incrinare il consenso dei civili nei confronti dei gruppi armanti palestinesi. 'Vogliamo mandare un messaggio senza far del male alla gente. Vogliamo incoraggiare i palestinesi a far qualcosa per risolvere il problema del terrorismo,' ha detto. 'Quali sono le alternative? Noi non siamo come i terroristi che sparano ai civili. Noi ci stiamo attenti. Ci assicuriamo che nessuno rimanga ferito.'
[...]
L'agenzia dell'ONU per i profughi palestinesi ha detto che una maggioranza dei pazienti ricoverati per le conseguenze dei boom sonici è costituita da minori di 16 anni che soffrono di sintomi come attacchi d'ansia, enuresi, spasmi muscolari, temporanea perdita dell'udito e difficoltà respiratorie.
Anche se gli israeliani dicono che le onde d'urto non causano feriti, i dottori dell'ospedale di Gaza affermano che i sorvoli hanno provocato numerosi aborti. Questi ultimi sono aumentati del 40%, secondo il chirurgo Jumaa Saqqa, che è anche il portavoce dell'ospedale. 'Non c'erano altri sintomi, e l'aumento ha avuto luogo dopo i boom sonici. Non vediamo altra spiegazione. Il numero di pazienti ricoverati in cardiologia è raddoppiato. Alcuni di essi hanno subito danni gravi.'
Il ministero della sanità palestinese ha stimato che gli aborti causati dalle onde d'urto sono almeno 20.
[...]
L'esercito è stato costretto a scusarsi dopo che un boom sonico è stato sentito in territorio israeliano, la scorsa settimana. Il quotidiano Maariv ha descritto il suono paragonandolo a 'un bombardamento pesante. Il rumore che ha scosso i cieli israeliani è stato terrorizzante. Migliaia di cittadini sono saltati giù dai loro letti in preda al panico, molti di loro hanno telefonato preoccupati alla polizia e ai pompieri. I centralini sono andati in tilt.'"

Fonte: "Palestinians hit by sonic boom air raids", The Guardian.

lunedì, settembre 05, 2005

Il problema di questi graffiti



- Stai dipingendo il muro, lo fai sembrare bello.
- Grazie.
- Non vogliamo che sia bello, odiamo questo muro, vattene via.

Il problema è che i graffiti di Banksy in Cisgiordania sono proprio belli.

(via electronic intifada)

giovedì, agosto 18, 2005

Pensavo una cosa

Un paio di giorni fa. Sento bussare alla porta del bagno: è O., con la Repubblica in mano, impassibile anche se sottilmente esasperato:
- Pensavo una cosa. Ma una mappa della Striscia di Gaza e della West Bank?
- La stai chiedendo alla persona giusta.

D'accordo, mi arrendo: non ne posso più neanch'io delle foto di coloni israeliani in lacrime, degli articoli commossi e partecipi, della fetta di vita del colono medio di Gush Katif. Ha ragione Sharif Hamadeh quando parla di "pornography of the disengagement".
Se personalmente riesco a fare i conti con la malafede (e un Fassino qualunque quando dice che bisogna rivalutare Sharon è in assoluta e flagrante malafede), l'ignoranza mi dà ancora qualche problema.

L'occupazione militare del territorio palestinese continua, come continua la colonizzazione della West Bank. Se da un lato Israele sgombera le colonie nella Striscia di Gaza (che costituisce solo il 4,8% del territorio palestinese occupato), dall'altro continuerà a costruire le proprie colonie e il Muro nella West Bank (il Muro, ce lo ricordiamo, il Muro?), prendendosi più del 45% del territorio palestinese occupato.
I coloni sono stati la causa dell’occupazione militare israeliana del territorio palestinese. La terra palestinese è stata confiscata per costruirvi colonie e strade di esclusiva proprietà di israeliani, spesso in nome della “sicurezza”; case palestinesi e siti storici sono stati demoliti. Sul territorio palestinese occupato è stato imposto un duplice sistema di leggi: i coloni israeliani, che sono circa 430.000, sono sottoposti al diritto civile israeliano e hanno maggiori diritti dei 3,5 milioni di palestinesi che sono sottoposti alla legge militare di Israele, e dunque privati della libertà.
Agli israeliani è garantita la completa libertà di movimento nel territorio palestinese occupato e in Israele, mentre i palestinesi sono relegati alle strade esclusivamente palestinesi (che conducono solo in aree palestinesi), vivono dietro centinaia di posti di blocco e di barriere stradali (situate sul territorio palestinese occupato) e necessitano del permesso di Israele per attraversare quei posti di blocco.
L'economia palestinese langue, i commerci sono ostacolati dai numerosi controlli che costringono a un sistema di trasporto fondato su un continuo carico e scarico dei prodotti. Per esempio, le merci che vengono da Hebron (nella West Bank) e sono destinate a Nablus (anch’essa nella West Bank) devono essere caricate e scaricate circa sette volte, con un aumento dei costi e dei tempi. E le serre delle colonie ora sgomberate? Producevano prodotti organici, prevalentemente da esportazione, e godevano degli ingenti sussidi dello Stato israeliano. E siccome la falda acquifera costiera di Gaza è inquinata, potevano contare sul trasporto di acqua da Israele. Come potranno funzionare senza finanziamenti e senz'acqua pulita, e con un sistema di distribuzione reso tanto lento e oneroso dai controlli e dalle ispezioni israeliane?
C'era anche un aeroporto, a Gaza, inaugurato nel 1998 da Clinton e dal presidente Arafat. È stato chiuso dagli israeliani, che poi hanno distrutto la pista e la torre di controllo. Non che ci fossero le premesse perché un Aeroporto Internazionale di Gaza potesse operare regolarmente.
Attualmente i palestinesi necessitano di permessi israeliani per spostarsi all’interno della West Bank occupata, tra la West Bank occupata e la Striscia di Gaza occupata e verso Israele. I palestinesi della Striscia di Gaza hanno bisogno del permesso israeliano anche per attraversare confini internazionali se vogliono visitare altri paesi e questo permesso viene concesso raramente (meno del 30% della popolazione palestinese lo ottiene).
E, dimenticavo (meglio scriverlo): la Striscia di Gaza ha un’area di 365 kmq, e ha una popolazione palestinese stimata in 1,3 milioni di abitanti, che vivono su 55 kmq di terra edificata. Questo ne fa il luogo più densamente popolato della terra.

E poi sulle prime pagine dei giornali leggo del dramma dei coloni israeliani.
Ma no, devo essere giusta: ieri anche i palestinesi sono riusciti a far parlare di sé. Per farlo, come al solito, hanno dovuto lasciarsi ammazzare in tre.

sabato, luglio 09, 2005

La carovana si è fermata a Bregana

La Carovana per la Palestina è stata bloccata al confine tra Slovenia e Croazia, pare a causa di una pistola giocattolo e di un ragazzo palestinese privo di visto. I poliziotti croati non sono stati comprensivi.
Sì, t., in bicicletta era meglio.
Non si fa così, però.

Link in inglese.
Link in italiano.

mercoledì, maggio 25, 2005

Forse

Dalla trascrizione di una comunicazione via radio tra soldati israeliani nei pressi di Rafah, striscia di Gaza meridionale, avvenuta nell'ottobre del 2004:

Sentinella: Abbiamo individuato una femmina araba a circa 100 metri sotto la nostra postazione, vicino all'ingresso dei carri armati leggeri.
Quartier generale: Posto d'osservazione "Spain", la vedete?
Posto d'osservazione: Affermativo, è una ragazzina. Ora sta correndo in direzione est.
QG: Qual è la sua posizione?
PO: Attualmente si trova a nord del settore autorizzato.
Sentinella: Zona sbagliata.
[Spari]
PO: Adesso è dietro un terrapieno, a 250 metri dalle caserme. Continua a correre in direzione est. I colpi sono indirizzati su di lei.
QG: State parlando di una ragazza sotto i dieci anni?
PO: Circa dieci anni.
QG: Roger.
PO: PO a QG.
QG: Ricevuto, passo.
PO: È dietro il terrapieno, spaventata a morte, è sotto tiro, i colpi passano a un centimetro da lei.
Sentinella: Le nostre truppe stanno correndo verso di lei. Sono a circa 70 metri.
QG: Quindi il comandante di compagnia e la sua squadra sono fuori?
Sentinella: Affermativo, con alcuni altri soldati.
OP: Ricevuto. Sembra che una delle postazioni l'abbia abbattuta.
QG: Come, hai visto lo sparo? È a terra?
OP: È a terra. Adesso non si muove.
Comandante di compagnia [a QG]: Io e un altro soldato stiamo entrando. [alla Squadra] Avanti, confermare l'uccisione!
CC [a QG]: Abbiamo sparato e l'abbiamo uccisa. Ha... indossa pantaloni... jeans, e una camicia. Aveva anche una kefiah in testa. Confermo anch'io l'uccisione. Passo.
QG: Roger.
CC [a tutti]: Qualsiasi movimento, chiunque si muova nella zona, anche se è un bambino di tre anni, dev'essere ucciso. Passo.

Crimini di guerra forse non è l'espressione esatta. Ma è la prima che viene in mente.

lunedì, aprile 11, 2005

La solita calma relativa

Oggi John Petrovato su Znet tratta un tema che mi interessa molto, e sul quale mi è capitato di riflettere un po' in questi giorni leggendo i quotidiani italiani e stranieri.
Mi spiego. Quando si è diffusa la notizia dell'uccisione di tre adolescenti palestinesi da parte dell'Esercito di difesa israeliano, avvenuta sabato appena fuori dal campo profughi di Rafah, i mezzi d'informazione sono stati concordi nel sottolineare che si trattava del più grave incidente da quando, nel febbraio scorso, Abu Mazen e Sharon hanno annunciato un periodo di tregua. Dimenticando di dire che questi mesi proprio calmi non sono stati. E poi: l'esercito israeliano ricorre allo schema collaudato, il cosiddetto "shoot first, ask questions later", e nessuno più si preoccupa: semmai, ci si affretta a citare la dichiarazione ufficiale di Israele, secondo la quale si trattava di persone sospette. E poi: l'episodio si è verificato nella cosiddetta "zona di sicurezza" che si trova in territorio palestinese, e nessuno più si meraviglia. Quella zona di sicurezza viene costantemente allargata abbattendo le abitazioni palestinesi, in violazione della legge internazionale, ed evidentemente la cosa è ormai comunemente accettata dall'opinione pubblica e dai mezzi di informazione.
No: tutti d'accordo, invece, sul fatto che si è trattato dell'incidente più grave dopo un periodo di "calma", e che questo mette in pericolo la fragile pace conquistata a fatica di recente. Fragile pace? Eppure le notizie e i lanci di agenzia li leggo anch'io: o devo forse cambiare pusher?
Ecco perché mi sembra importante quello che oggi scrive Petrovato:

"Quando si parla della cosiddetta calma degli ultimi mesi, si dovrebbe sottolineare che la 'fragile pace' è stata quotidianamente minacciata da centinaia di atti di umiliazione, di paura e di violenza nei territori occupati. Se le uccisioni mettono in pericolo questa 'fragile pace', anche la minaccia e la messa in atto della violenza la mettono in pericolo. Di fatto, ogni volta che i mezzi militari israeliani invadono villaggi e città (cosa che accade tutti i giorni in Cisgiordania) e impediscono alla gente di uscire di casa, la fragile pace è in pericolo.
Ogni volta che una persona è prelevata a caso mentre è in coda a un posto blocco (all’interno dei territori palestinesi) e picchiata e umiliata di fronte alla sua famiglia, la pace è pericolo.
Ogni volta che una donna o il bambino che porta in grembo muoiono perché i militari israeliani impediscono a un’ambulanza di portarli all’ospedale, la pace è in pericolo. Ogni volta che la terra è sottratta a una famiglia palestinese per costruirvi il cosiddetto muro di sicurezza o a beneficio di cittadini ebrei di Israele, la pace è in pericolo.
Ogni incidente in cui i coloni israeliani, che risiedono illegalmente nei territori occupati, attaccano fisicamente i palestinesi e le loro proprietà senza essere puniti, la pace è in pericolo (come è accaduto la scorsa settimana, quando coloni israeliani mascherati hanno attaccato dei palestinesi e le loro case in diverse località della Cisgiordania; o il 7 aprile, quando le guardie private dei coloni israeliani hanno sparato a quattro membri di una famiglia del villaggio di Deir Ballut mentre lavoravano nei campi).
Ogni volta che un genitore sa che suo figlio è stato maltrattato dai militari israeliani, la pace è in pericolo (come è successo ieri, quando i soldati israeliani hanno fatto irruzione in un asilo e hanno trattenuto un’ottantina di bambini in una stanza per 90 minuti).
Ogni volta che le proteste non violente vengono affrontate dall’esercito israeliano con la violenza, con percosse, arresti, e l’uso di proiettili rivestiti di gomma, la pace è in pericolo (come quando cinque manifestanti non violenti sono stati feriti in seguito a un attacco con gas lacrimogeni, granate sonore e proiettili di gomma, l’8 aprile scorso, in un villaggio a ovest di Ramallah).
Ogni volta che un palestinese è imprigionato e torturato in un carcere israeliano senza processo o possibilità di vedere un avvocato o i familiari, la pace è in pericolo. E ogni volta che i media si scandalizzano di fronte alla sofferenza degli israeliani ma chiudono un occhio sulla sofferenza dei palestinesi, ancora una volta la pace è in pericolo".

Ho l'impressione che quella Palestina simbolica di cui parla Ramzy Baroud nel pezzo citato oggi sul blog di Umkahlil (la versione completa è qui) abbia davvero dirottato la Palestina reale: la Palestina "aleggia nella coscienza mondiale come poco più di un simbolo", mentre "la realtà della Palestina - la sofferenza, la perdita, la disperazione e il dolore, i campi profughi, i posti di blocco, gli insediamenti in espansione, il muro, le vite spezzare, le prigioni affollate, la rabbia e il predominante sensazione di essere stati traditi, le bombe umane, l’economia devastata, i frutteti distrutti dalle ruspe, una paura del futuro che dura da cinquant'anni – tutto questo sembra essere la parte meno rilevante".

venerdì, aprile 08, 2005

Modelli di "occupazione democratica"

Oggi Counterpunch pubblica un articolo di Neve Gordon, professore dell'Università Ben-Gurion, in Israele. È interessante il parallelismo che Gordon traccia tra lo schema dell'occupazione israeliana in Cisgiordania e Striscia di Gaza e quello dell'occupazione statunitense dell'Iraq: entrambi si fondano sul principio dell'outsourcing, o terziarizzazione, che consiste nel trasferire alcune funzioni alle autorità locali per mantenere indisturbato il controllo delle risorse.
Israele è dunque la chiave per comprendere la strategia di Bush in Iraq, perché l’attuale amministrazione ha adottato il modello di “occupazione democratica” che Israele ha introdotto in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza:

"Dopo lo scoppio della prima Intifada palestinese, nel dicembre del 1987, Israele dovette dispiegare un numero relativamente ingente di truppe per sostenere l’occupazione, esattamente come gli Stati Uniti stanno facendo in Iraq. Questo fece sì che l’occupazione israeliana si trasformasse da iniziativa economicamente redditizia a perdita finanziaria; così Israele ebbe l’ingegnosa idea di trasferire la responsabilità della popolazione occupata pur continuando a mantenere il controllo sulle risorse naturali (in questo caso, la terra e l’acqua).
In seguito a una serie di negoziati fu fondata Autorità palestinese, un’entità che si prestò al ruolo di gestire la vita quotidiana degli abitanti dei Territori Occupati mentre Israele continuava a controllare più dell’80% della terra. In pochi mesi le istituzioni civili necessarie ad amministrare la popolazione nelle società moderne – e tra queste l’istruzione, la sanità, i servizi – passarono dalle mani di Israele a quelle della neonata autorità, alla quale fu concessa anche una forma limitata di sovranità. Così, senza rinunciare al proprio diritto di governare la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, Israele in un certo senso subappaltò la gestione della popolazione all’Autorità Palestinese, riducendo così in modo rilevante il costo dell’occupazione".

A questo punto entrarono in gioco le "elezioni democratiche":

"Le elezioni democratiche che si svolsero nei Territori Occupati nel gennaio 1996 ebbero un’importanza cruciale nel conferire all’AP un certo grado di legittimità. Certo, l’Autorità Palestinese non finì per realizzare tutti i desideri di Israele, e in molti sensi divenne una realtà recalcitrante, ma questo ha poco a che fare con gli obiettivi iniziali di Israele".

Ecco allora perché l'occupazione dei Territori è fondamentale per capire quella dell'Iraq:

"In primo luogo, come Israele, gli Stati Uniti hanno fatto distinzione tra gli abitanti del paese occupato e le loro risorse. L’idea dell’Amministrazione Bush è di permettere agli iracheni di gestirsi da soli, tagliando così i costi dell’occupazione, e allo stesso tempo di continuare a controllare i giacimenti petroliferi.[...]
In secondo luogo, se Israele non è stato di certo il primo paese a inscenare elezioni democratiche in un contesto di occupazione, è stata di certo la prima potenza a reintrodurre questa pratica in era post-coloniale per legittimare un’occupazione in corso. L’Amministrazione Bush ha trovato utile questa strategia perché si adatta perfettamente con il concetto di “diffusione della libertà” in Medio Oriente. Visto che non si può promuovere la libertà e al tempo stesso instaurare un governo fantoccio, Bush è stato molto chiaro a proposito della necessità delle elezioni. Il fatto è che l’obiettivo di queste elezioni non è trasferire potere e autorità nelle mani del popolo iracheno, ma piuttosto legittimare il controllo statunitense della regione".

Quindi l'attuale dibattito tra i liberali sulla legittimità di queste elezioni è poco pertinente: il punto è che, anche se queste elezioni si fossero svolte democraticamente, "gli iracheni non avrebbero ancora voce in capitolo, per esempio, nella questione dell’impiego di truppe straniere nel loro paese. A conti fatti, il nuovo 'governo democratico' in Iraq è stato creato per gestire la popolazione locale così che l’élite economica della potenza occupante possa godere indisturbata delle spoglie di guerra".

lunedì, aprile 04, 2005

Rifiuti

Giusto quello di cui si sentiva la mancanza in Cisgiordania: una bella discarica israeliana.
Per la prima volta dal 1967 Israele ha deciso di trasferire i propri rifiuti (circa diecimila tonnellate) oltre la Linea Verde e di scaricarli nella West Bank. Il progetto è stato intrapreso nonostante i trattati internazionali proibiscano a uno stato occupante di utilizzare il territorio occupato, a meno che ciò non porti benefici alla popolazione locale, e nonostante manchi ancora l'autorizzazione del Ministero dell'Ambiente.
Inoltre questo utilizzo della cava di Kedumim - situata tra l'insediamento di Kedumim e Nablus - metterà in pericolo le fonti idriche palestinesi, contaminando un'importante falda acquifera: e questo perché la discarica, in origine utilizzata per i rifiuti secchi, riceverà e assorbirà rifiuti domestici umidi, e quindi sostanze organiche.
Si creerà così una situazione assurda. La Cisgiordania è piena di discariche abusive (e pericolose per le falde acquifere) perché i palestinesi non hanno il permesso di realizzare strutture moderne di smaltimento dei rifiuti. Quella di Kedumim sarà in effetti una discarica moderna, ma servirà esclusivamente per i rifiuti provenienti da Israele.
Qui il link all'articolo di Haaretz (via Angry Arab).

giovedì, gennaio 27, 2005

La bambina con il fucile

Come fa un quotidiano a convincere i pubblicitari ad acquistare spazi sulle proprie pagine? Si presenta come un giornale in grado di offrire le notizie locali e quelle mondiali, di parlare di politica e di fatti di costume: un quotidiano locale con una più ampia visione del mondo, e dunque in grado di attrarre un pubblico vasto, appetibile e scelto.
Electronic Intifada segnala e denuncia la pubblicità del San Francisco Examiner e del Washington Examiner apparsa su Media Week: a sinistra una bambina che suona il violino, a destra una bambina che imbraccia un fucile; a sinistra, la sigla PTA (Parent Teacher Association, l'Associazione dei genitori e degli insegnanti), a destra la sigla PLO (Palestine Liberation Organization, l'OLP). From PTA to PLO, dal violino al fucile: non c'è giornale locale che sia in grado di dare notizie di così ampia portata.
Lo sfruttamento dell'infanzia a scopi pubblicitari è già odioso, ma questa demonizzazione dei bambini palestinesi è offensiva, di cattivo gusto e falsificante. Tra il 29 settembre 2000 e il 31 dicembre 2004 sono stati uccisi 625 bambini palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Non ce l'avevano, il fucile.

martedì, gennaio 04, 2005

Hi, I'm Richard Gere

"Salve, sono Richard Gere e vi parlo a nome di tutto il mondo. Siamo con voi in queste elezioni. È importante: andate a votare".
È l'appello di Richard Gere al popolo palestinese per le elezioni del 9 gennaio (mi sono sempre chiesta, in effetti: "ma quanto sarà popolare Richard Gere nei territori?" - un casino, evidentemente).
Oggi a Beit Lahiya le truppe di occupazione israeliane hanno sparato colpi di mortaio su alcuni contadini palestinesi che raccoglievano patate e fragole in un campo. Sono state fatte a pezzi sette persone, tra cui almeno cinque ragazzi tra i 10 e i 17 anni. Quattro delle vittime appartenevano alla stessa famiglia.
Il problema non è che i palestinesi non vanno a votare.
È che faticano a diventare maggiorenni.