sabato, luglio 21, 2012

Un posto all'ombra/8. Tic e tac



Il tic e tac è l'uscita di scena rapida e inaspettata, la fatalità, la spallata misericordiosa. Come sta il Nevio? È morto. Come? Tic e tac.

Il Gedeone, che a novantanove anni è finito in una casa di riposo di Nova Gorica ed è creduto morto da quasi tutti, non è materiale da tic e tac. Il Pepi va a trovarlo tutti i giorni, per convincerlo a investire qualche migliaia di euro nel futuro: si presenta all'ora della minestrina e imboccandolo gli parla di silenzi e di foglie mosse dal vento, di marmi e monumentini, tutti insieme, Gedeone, tutti insieme all'ombra dei cipressi. Il Gedeone si limita ad aprire e chiudere la bocca, senza un sì, senza un no, lo sguardo fisso sul cucchiaio. Poi arriva il momento in cui il Pepi manca platealmente la bocca spalancata e il Gedeone gli strappa di mano il cucchiaio. La visita è finita. Il Pepi si alza, raccoglie moduli bancari e dépliant, si infila la biro nel taschino, saluta tutti e se ne va.

Per quelli come il Pepi il tic e tac tocca sempre agli altri. A lui sono rimaste le illusioni travestite da Vosvaghen del 2008, otto posti, sei beghine da portare a Medjugorje due volte la settimana, andata e ritorno, preghiera e meditazione, 1200 euro/settimana garantiti, netti e garantiti, un lentissimo interminabile tic da riempire alla rinfusa di denaro, parole vane, menù turistici e vini della casa.


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