sabato, giugno 24, 2006

Ezio l'Ufo

"Eine stillstehende Uhr hat doch täglich zweimal richtig gezeigt".
"Un orologio fermo fa pur sempre l'ora giusta due volte al giorno".
Marie Von Ebner-Eschenbach
(citata in Woody Allen, Anything Else)



– Ho visto Ezio, l'altro giorno.
– Poveretto.
– Io non me la ricordo bene, la storia di Ezio, ero troppo piccola quando ne ho sentito parlare per la prima volta. Vostro coetaneo, più o meno?
– Più giovane, l'età di tua zia.
– Ezio era strano fin da bambino. Sensibile e intelligente, ma strano.
– I nonni vivevano a Trieste.
– Poi la nonna è morta, il nonno era malato.
– E i genitori di Ezio lo portavano spesso dal nonno, perché gli tenesse compagnia. Si metteva accanto al letto, giocavano a carte...
– Leggevano...
– Una sera Ezio prende un'ascia. Avrà avuto quindici anni.
– E spacca la testa del nonno.
– Manicomio criminale, elettroshock, cliniche. Psichiatrico, poi legge Basaglia.
– Adesso vive con i genitori anziani, è figlio unico.
– Tutto bene. Loro si chiudono a chiave in camera, la sera.
– Da ragazzo era fissato con gli Ufo. Lo chiamavamo Ezio l'Ufo.
– Adesso invece ascolta Radio Maria.
– Poveretto.
– Credo che i suoi fossero consanguinei, il problema era lì.
– I nostri però non erano consanguinei, Elio, e neanch'io sono tanto normale.
– Me l'ha detto anche il dentista, ieri: "Suo fratello non è tanto normale, sa". Forse non dovresti chiamarlo dottor Živago.
– La somiglianza c'è. Comunque neanche i miei figli sono tanto tanto normali.
– Eh.

[Mi guardano. Zitti.]

– Papà, zio. Cazzo volete.

– Ezio ha sempre avuto la passione del volo. Ti ricordi, aveva quell'aereo che suo padre gli aveva saldato in fonderia...
– Sì, solo che ce lo tirava in testa. Aveva la passione degli aerei, ma anche delle teste. Per non parlare delle asce.
– Scusate, ma Ezio qualche volta esce di casa?
– Sì, ha anche un lavoretto in una comunità.
– Ah, e cosa fa?
– Lavora in una falegnameria.
– Tra tutti i lavori.
– Papà, a te capita di restare solo con lui?
– Sì. Parliamo, e poi lo aiuto a spostare le casse dello stereo. Le sposta di continuo.
– Certe volte chiede di quella scema di nostra sorella. Lei gli telefona apposta dicendogli che passerà a trovarlo, in realtà è per evitare che lui vada da lei.
– Che genio.
– Il genio della famiglia.
– Certe volte Ezio chiede anche di te: "Che intelligente, tua figlia", dice. "Che brava".
– Sì, capita che chieda di te.
– Ah.
– È un uomo in gamba, ma sfortunato. L'importante è che non ci siano in giro oggetti contundenti.

[Mi fissano.]

– Beh, io andrei. Ciao.
– Che fai stasera, sei sola?
– Sì.
– Chiudi bene la porta.
– Lo farò.

[Mi allontano. Quando mi volto a guardarli mi accorgo che mi stanno ancora fissando.]

– Ohi. Papà, zio.
– Eh.
– Se non date a Ezio il mio indirizzo è meglio, però.
– Ma no.
– Il tuo, figurati.
– Diceva sempre: "Com'è gentile vostra s-sorella, mi t-telefona spesso".
– E noi gli abbiamo dato quello della z-zia.

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